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SPECIALE

CUORI PRIGIONIERI (Captive Hearts)

Capitoli 67-72


Riassunto: Questa storia, in 118 capitoli, comincia subito dopo gli eventi dell'episodio "Amore alieno" (1.16), e nulla di quello che è accaduto dopo l’episodio è rilevante ai fini della storia. Max non è un re. Tess non esiste, non ci sono Skins o duplicati o Granilith.
Torniamo indietro al tempo in cui Max non ha occhi che per Liz e il suo più grande desiderio, la sua più grande paura è che lei in qualche modo possa ricambiarlo.

Valutazione contenuto: non adatto ai bambini.

Disclaimer: Ogni riferimento a Roswell appartiene alla WB e alla UPN. Tutti gli attori protagonisti del racconto e citati appartengono a loro stessi.


Capitoli 1-6
Capitoli 7-12
Capitoli 13-18
Capitoli 19-24
Capitoli 25-30
Capitoli 31-36
Capitoli 37-42
Capitoli 43-48
Capitoli 49-54
Capitoli 55-60
Capitoli 61-66

Capitolo 67

Max sentì un suono raccapricciante intorno a lui, come il lamento insistente di un animale che stava soffrendo, o morendo, ma lui sapeva che non si trattava di un animale. No, lui aveva già sentito altre volte quel suono e si guardò intorno, cercando di trovarla. Guardò in lontananza, cercando di scorgerla tra gli alberi, ma lei non era lì. Corse lungo il sentiero nel bosco, sentendo il rumore salire di un’altra ottava, un suono penetrante, forte abbastanza da svegliare un morto e, in questo caso, forte abbastanza da penetrare nel sogno di Max e tirarlo con violenza verso la realtà.
Le sue palpebre si aprirono lentamente e avvertì un senso di disorientamento. Non era nel letto. Non era sulla soffice imbottitura del suo materasso che stava sdraiato, ma su qualcosa di più duro, ruvido, per nulla confortevole. Aprì gli occhi e la familiare stoffa del divano riempì la sua visione. Un largo sorriso fiorì sulla sua faccia, quando ricordò perché si era addormentato lì ieri notte, e cosa aveva fatto e con chi l’aveva fatto.
Si allungò pigramente e sbadigliò, strofinandosi gli occhi e spostando la coperta che Liz doveva avergli appoggiato sopra. Si alzò in piedi, ascoltando il terribile gemito che riempiva la casa e gli venne da ridere.
Lui amava teneramente sua moglie. Venerava la terra su cui lei camminava. Lei era perfetta ai suoi occhi … eccetto che per una cosa.
Liz davvero non poteva cantare.
Lei era la persona più intelligente che lui avesse mai incontrato. Era svelta di piedi e di cervello. Veniva a capo di cose che lo lasciavano sbalordito. Poteva trattare con i più grandi scienziati del paese e non aveva paura di sfidare i loro punti di vista in vivaci dibattiti.
Ma per quanto fosse acuta e intelligente e furba, niente di tutto questo avrebbe potuto permettere a Liz di trovare un tono. Perfino i cani del vicinato protestavano quando Liz cominciava a cantare. Se ora avesse aperto la porta d’ingresso, probabilmente avrebbe sentito una mezza dozzina di cani ululare al limite delle loro capacità, supplicandola di smettere.
Max sbadigliò e si stirò ancora, stando accanto al divano del soggiorno senza uno straccio di vestito addosso. Guardò sul pavimento, ma Liz doveva aver preso i suoi boxers quando si era alzata, perché non erano in vista da nessuna parte. Si strofinò il petto con le mani e si diresse in camera da letto, in direzione della sua musicalmente discutibile moglie.
Mentre si avvicinava, sentì ancora l’insistente lamento che proveniva dal bagno e Max capì che Liz stava cantando sotto la doccia, qualcosa che faceva spesso, con grande dispiacere dei sopra citati cani del vicinato. Camminò goffamente in quella direzione, verso lo stridente rumore che riempiva la casa, lasciando scorrere distrattamente la mano dal suo petto all’addome piatto. Le sue dita sfiorarono la piccola massa di peluria che andava dall’ombellico prima di chiudersi sul suo organo maschile dandogli un colpetto.

Entrato nel bagno, andò direttamente al water, sollevò la tavoletta, fece quello che doveva e coscienziosamente riabbassò la tavoletta. Quando tirò lo sciacquone, la voce di Liz salì all’improvviso di un’ottava e lui borbottò “Oops!”. Si girò verso la doccia per guardare la forma indistinta del suo corpo attraverso il box, mentre la voce echeggiava nella stanza.
“Sono così eccitata e non posso nasconderlo, Sto quasi per perdere il controllo e credo che lo farò!” stava cantando Liz a pieni polmoni.
Perché poi stesse cantando quella canzone, lui non ne aveva idea, ma di sicuro le parole gli piacevano. Toccandosi sentì che stava riprendendo vita.
Si, lui si stava eccitando, e no, certamente non poteva nasconderlo!
Doveva ammettere che le parole della canzone avevano i loro meriti, anche se la cantante lasciava a desiderare.
Max traversò il bagno, apri la porta della doccia e guardò Liz mentre l’acqua cadeva sulla sua pelle nuda e le faceva brillare tutto il corpo. La sua schiena era inarcata e aveva la testa inclinata all’indietro nell’acqua che scorreva tra i suoi capelli, mentre stonava vecchie melodie. Aveva gli occhi chiusi, come se si stesse godendo intensamente quel momento e Max restò di sasso pensando quanto fosse bella.
La prima volta insieme, quel giorno quando erano ancora prigionieri nell’istituto e si erano lasciati andare ai loro desideri, era stato sotto una doccia non differente da questa.
Quel giorno si erano consegnati l’uno all’altra la propria verginità e benché Max si fosse rammaricato di molte cose nella sua vita, amare Liz Parker non era una di quelle. Aveva fatto lei la prima mossa, arrivando da lui inaspettatamente, entrambi nudi e vulnerabili, e quando l’aveva vista aveva saputo che non sarebbe stato più capace di resistere. Quando si era unita a lui nella doccia, quando le sue mani avevano toccato la pelle di lei, quando il suo corpo era venuto a contatto di quello di Liz, aveva capito che non c’era modo di fermare una cosa che volevano entrambi. Nell’assoluta innocenza della loro prigionia, avevano fatto l’amore la prima volta, trovando il conforto e la sintonia che tutti e due volevano e di cui avevano bisogno.

E fin da quel giorno, quando avevano avuto bisogno di arrendersi alle emozioni che cercavano di tenere nascoste, fare la doccia insieme era diventato molto erotico per loro e oggi non faceva eccezione. Guardando il corpo nudo di lei con l’acqua che le scorreva sulla pelle, ascoltandola mentre cantava di quanto fosse eccitata, per Max era impossibile nascondere la propria eccitazione.

“Hai bisogno di aiuto?” chiese Max quando lei, fortunatamente, smise di cantare. Gli occhi di Liz si spalancarono, sorpresa di vederlo lì ma compiaciuta del fatto, a giudicare dal largo sorriso che le attraversò la faccia.
“Vuoi che ti aiuti a lavarti qualche cosa?” Max inarcò le sopracciglia, in modo altamente suggestivo.

“In effetti …!” Liz sorrise, mentre Max entrava nella doccia e premeva il suo corpo contro quello di lei. Liz prese la bottiglia di shampoo dal ripiano e disse in tono sensuale
“Potresti lavarmi i capelli.”
“Prima devo darti il buon giorno.” Max le tolse lo shampoo dalle mani e lo rimise sullo scaffale. Prendendole le guance tra le mani si chinò verso di lei e le sfiorò le labbra con un lungo e tenero bacio. Le mani si Liz lo strinsero alla vita e poi scesero a stringere le natiche muscolose, toccandolo nel modo che sapeva piacergli.
“Mi piace il tuo modo di dare il buongiorno.” mormorò Liz contro le sue labbra.
Max le mordicchiò il labbro inferiore, poi Liz si sentì girare fino a che la sua schiena si trovò davanti al petto di Max. Sentì la sua virilità pressare dietro di sé e poi lui si tirò indietro, prendendo la bottiglietta dello shampoo. L’aria si riempì di profumo di fragola, quando lui se ne mise una generosa dose nel palmo della mano e la passò tra i capelli di Liz.
Le dita le massaggiavano la cute, facendole scappare un gemito di piacere e Max sorrise di soddisfazione. Amava far scorrere le mani tra i suoi capelli e sentire i suoni che i suoi movimenti le suscitavano. La fece girare di nuovo e le mise la testa all’indietro sotto al getto d’acqua, sciacquando via il sapone dai suoi capelli scuri. Lei sentì la sua rigidità contro la pancia, ora, e quando le sue mani vi si chiusero intorno, fu il turno di Max di gemere.

Lui prese il sapone e disse “Cos’altro ti devo lavare?” Il suo tono era leggero, innocente, ma lo sguardo nei suoi occhi era ben lontano da questo Brillava di desiderio, riflettendo il fuoco che cresceva dentro di lui, un fuoco che lo illuminava ogni volta che, come ora, si trovava vicino a Liz.
“Credo che la mia schiena abbia bisogno di attenzioni.” disse Liz, a voce bassa.
“Fammi dare un’occhiata.” La girò di nuovo e le alzò i capelli bagnati, fissandoli in cima alla testa, con l’aiuto di un pizzico di magia aliena. Posò le mani sulle spalle e Liz sentì le sue labbra toccarle la pelle, prima alla base del collo e poi dietro l’orecchio sinistro, per scenderle sulla gola. La labbra di Max tracciavano un sentiero verso la spalla e poi sulla schiena, facendo scorrere la lingua lungo la spina dorsale.
Le baciò ciascuna guancia del suo rotondo sedere, mordicchiandola un po’ e ridendo all’uscita dei suoi lamenti. Una mano le scivolò tra le gambe, solo per tormentarla un attimo, poi le sue labbra risalirono per la schiena fino a tornare ancora sul collo. Succhiando dolcemente la sua pelle, Max allungò una mano per prendere il sapone e disse “A me sembra che abbia un sapore di pulito, ma proprio per essere sicuri, ti laverò ugualmente.”
Liz chiuse gli occhi, godendosi la sensazione della mano di Max che la carezzava mentre le insaponava la pelle. I pollici le massaggiarono i muscoli tesi sulla nuca, poi scesero sulle spalle, carezzandola e massaggiandola fino a che si sciolse tra le sue mani. Nel tempo che lui impiegò a raggiungere il fondo della schiena, Liz già fremeva di desiderio per lui. La sua mano insaponata le scivolò tra le natiche, senza tralasciare nemmeno un centimetro di pelle, e poi passò davanti, stuzzicandola con un tocco molto intimo.
Un lamento di protesta le scappò dalle labbra quando lui ritirò la mano e la girò per trovarsi di nuovo faccia a faccia, con la sua erezione che le solleticava la pancia prominente. Max la guardò con un sorriso furbo e disse “Ora è meglio che controlli questo punto.”
Si piegò in avanti e le diede un caldo bacio prima di allontanarla e di scendere verso la sua gola. Le baciò la spalla e il torace, prima di raggiungere i globi del suo seno. Era molto cambiato ora che il suo corpo era quasi pronto per la nascita di Mattew ed era pieno e sodo, e i suoi capezzoli erano diventati molto più sensibili. Ne cercò uno, circondandolo con la lingua fino a farlo diventare una piccola vetta e poi lo risucchiò nella bocca.
Le mani di Liz gli tirarono i capelli, mentre reagiva ai suoi gesti esperti, inarcandosi contro la sua bocca e lamentandosi per l’intenso piacere. Max si spostò la sua lingua dall’altra parte, stuzzicando l’altro capezzolo in cerchio, avanti e indietro fino a farla urlare. Ignorandola, mentre chiedeva di più, si spostò sulla pienezza della sua pancia e più sotto, verso la macchia dei suoi riccioli scuri.
La pienezza del suo corpo perfetto rendeva il far l’amore con lei una sfida, ma Max era pronto. Le aprì le gambe e portò la sua lingua sulle sue labbra intime. Da quell’angolo, non riusciva a raggiungere le parti che voleva, ma era abbastanza vicino a raggiungere il suo scopo. Lei era così eccitata che bastò un piccolo tocco della lingua di Max per scatenare la magia e farla arrivare in paradiso. Mentre entrambi sorridevano di soddisfazione, Max si alzò e disse
“Sembra tutto pulito per me.”
“Max …” mormorò Liz. Lui riusciva a fare per lei cose meravigliose. I suoi capezzoli pulsavano, il suo nucleo femminino tremava, e lei lo voleva in un modo tremendo. Non le interessava di essere grossa come una casa, lo voleva sentire dentro di lei, implacabilmente, nelle sue parti più profonde, e pericolosamente vicino ad ammaccare la testa di Matthew . “Max, ti voglio …”
“E io voglio te.” bisbigliò Max e se la portò più vicina, solo per accorgersi che quella posizione non sarebbe andata bene. Non poteva sollevarla e spingersi dentro di lei come faceva di solito, c’era troppo bambino tra di loro. No, il loro modo di far l’amore non andava più bene.

“Solleva la gamba.” suggerì Max, mentre cercava di manovrare il suo sesso palpitante dentro di lei.
“Aspetta … non in questo modo … prova così …”
“Così non riesco a piegarmi …”
“Spostati un po’ a sinistra, Max …”
“Liz, vai un po’ più indietro …”
“Aw, aw, awwwwww … Un crampo alla gamba!”
“Va meglio, ora piccola?”
“Oh, Max, sei così buono con me! Ora dammi quello che voglio.”
“Ci sto provando, tesoro! Ora vieni qui. Piegati così …”
“Max, mi stai facendo affogare!”
“Cosa ne pensi di questa posizione?”
“Mi arriva il sangue alla testa.”
“E non va bene?”
“Certo! Quando sarò svenuta credo che potrai farmi ogni dannata cosa che vuoi.”
“Okay, dimentica tutto. Cosa ne pensi se ci mettiamo così? Va meglio?”
“Oh, Max! Oh, Dio! Si, così … non fermarti …non fermarti Max, perché ti sei fermato?”
“I crampi! … Puoi guarirmi, ora?”
“Max, siamo senza speranza …”
Max passò la sua mano sulla parete della doccia, creando un sedile che prima non c’era. Si sedette con cautela, e ne provò la resistenza, prima di sorridere a Liz. Se l’avvicinò per baciarla e poi la girò, mettendola a sedere sulle sue gambe. La sua rigidità premeva insistente contro la schiena di lei e Max sollevò Liz facilmente, finché non fu sospesa sopra di lui, per poi abbassarla lentamente sopra la sua esasperata erezione. Liz si lasciò andare ad un gemito di piacere e Max penetrò in lei, uguagliano i gemiti del corpo che si stringeva intorno a lui.

Liz appoggiò la sua schiena contro il petto di lui, lieta di lasciargli il controllo dei loro movimenti, godendo la sensazione delle sue spinte. Cominciò ad abbassarsi, fino al punto di far incontrare i loro corpi e si fermò, per sentire la sua dura lancia scivolare lentamente fuori e dentro il suo corpo.
Max cercò il sapone facendo la schiuma con le mani e con esse le massaggiò il seno, la pancia fino ad arrivare con le dita fra le sue labbra inferiori. Il monte di nervi di lei era gonfio di desiderio e mentre lui l’accarezzava i suoni di approvazione che provenivano dalla gola di lei aumentarono di intensità. Lui sorrise, questo suono era decisamente meglio delle sue doti canore.

La mano di lei coprì quella di lui sentendo come l’accarezzava per poi fermarsi fin dove i loro corpi erano uniti per sentire come la sua asta scivolava con facilità dentro e fuori di lei.
I gemiti di Max aumentarono mentre lo accarezzava e le posò la bocca sul collo, mordicchiandola con i denti. La mano di Liz si spostò oltre il loro punto di unione e Max allargò le gambe, per permetterle di accarezzarlo. Rimase senza respiro quando la mano gli toccò la pelle sensibile dietro le sue sacche e improvvisamente le sue spinte divennero più urgenti. Liz sapeva come fargli perdere il controllo, come farlo impazzire, come portarlo a livelli di passione che mai lui avrebbe creduto possibili.

Le sue braccia la circondarono, abbracciandola stretta mentre con una mano le accarezzava i seni e con l’altra la sua femminilità gonfia di desiderio mentre si spingeva nel suo dolce corpo.
Lui era vicino, molto vicino al paradiso e usò la sua forza di volontà per aspettare Liz, bisognosa ormai solo di una spinta finale per essere portata oltre il limite.
La mano di lui andò fra le sue pieghe e la combinazione di lui che spingeva fra le sue pareti strette e le mani di lui che danzavano sul suo clitoride e i suoi capezzoli, la portarono in quel posto speciale.

Lei gridò mentre l’orgasmo esplodeva in ogni fibra del suo corpo. I suoi muscoli si contrassero intorno al membro di lui, stringendolo ritmicamente, mentre continuava ad accarezzarlo. Mentre si lasciava andare, Max sentì il seme uscire da lui e riempire la camera interna di Liz, e i loro corpi vibrarono insieme per la gioia immensa.
“Oh, Max …” sospirò Liz, e si rilasso contro il suo petto, sentendosi incredibilmente soddisfatta.
“E’ stata … un’avventura.” disse Max, cercando di ricordarsi come si faceva a respirare.
La testa di Liz era poggiata sulla sua spalla e lei lo guardava con uno sguardo adorante. Le diede un bacio sul naso. Le braccia di lui la circondarono, le mani poggiate sul il pancione, e le chiese
“Bellezza cosa vuoi fare di bello, oggi?” Era domenica, ed avevano tutto il giorno per loro.
“Pensavo che potremmo sistemare la stanza di Matthew .” disse Liz, con gli occhi che le brillavano.
“Cosa?” rispose Max bruscamente, con gli occhi fuori dalle orbite.
“Sto scherzando!” rise Liz.
“Dio sia ringraziato!” sospirò Max sollevato.
La rimise in piedi e si risciacquarono insieme, poi la aiutò ad uscire dalla doccia, stando attento perché non scivolasse. La avvolse in un gigantesco asciugamano e poi ne prese un altro e se lo mise intorno alla vita. Liz si diede da fare davanti allo specchio, pettinandosi i capelli bagnati e, nel riflesso, vide Max sorridere mentre la guardava.
“Cosa c’è?” disse, rivolta a Max che era alle sue spalle.
L’intensità del suo sguardo si addolcì, quando incontrò gli occhi di lei, e le si avvicinò per stringere il suo corpo pieno e le sue labbra strofinarono teneramente contro il suo orecchio mentre le mormorava “Ma tu lo sai quanto ti amo?”
Liz annuì, sentendo il calore del suo corpo intorno a lei. “Me lo dimostri ogni giorno.” affermò “Lo vedo nei tuoi occhi, lo sento nel suono della tua voce. Lo so, anche se non me dici, ma mi piace sentirtelo dire.”
Max la fece girare e le mani di lei si posarono sulle sue guance. La guardò come faceva solo con lei e la punta delle sue dita sfiorarono la delicata pelle delle sue guance. “Averti nella mia vita mi ha fatto diventare quello che sono. Tu e Ellie e Matthew, siete tutto quello che conta per me.”
La risposta di Liz le morì in gola, mentre Max spalancò gli occhi e con un sorriso fanciullesco, le afferrò le braccia e le disse “Aspetta qui! Non muoverti!”
Max uscì di corsa dal bagno, mentre Liz fece un passo per seguirlo, chiedendosi cosa volesse fare. La sua voce si alzò di tono e le intimò “Ti ho detto di non muoverti!” e lei si fermò, scuotendo la testa nel rendersi conto di come la conoscesse bene. Lo sentì rumoreggiare in camera da letto e poi lo vide tornare e fermarsi sulla soglia della porta con un’aria di aspettativa sul viso.
“Cosa stai combinando, Max?” gli chiese, trattenendo il respiro. Mentre aspettava la risposta, un mezzo sorriso le comparve sulle labbra.
“Chiudi gli occhi.” le disse, entrando nel bagno. Lei obbedì all’ordine, fidandosi completamente, e lui le venne vicino, l’abbracciò e la guidò in camera da letto. La fece fermare ai piedi del letto e le disse “Adesso puoi guardare!”
Liz aprì gli occhi e lo vide immediatamente, attaccato alla parete sopra al cassettone. Si avvicinò, mentre con voce tremante gli chiese “Come … quando … da dove è uscito fuori?”
Max vide le lacrime nei suoi occhi, mentre guardava, paralizzata, il nuovo disegno sulla parete. “L’ho fatto questa notte, quando non riuscivo a dormire. L’ho rifatto proprio come lo aveva disegnato Ellie. So quanto significa per te, e come eri triste quando il sogno è finito e tu non avevi più il disegno. So che non è lo stesso che lei ha disegnato per te, ma è il più simile che abbia potuto fare.”
“Max …” sussurrò lei con la voce che tremava. Aveva le mani erano davanti alla sua bocca e non riusciva a staccare gli occhi dall’immagine di lei e di Ellie che cavalcavano il bianco animale alato.
Max lo aveva riprodotto perfettamente e le lacrime continuavano a scendere, al ricordo di quanto Ellie teneva a ché lei lo potesse avere.
Liz posò i suoi occhi luccicanti di lacrime su Max e disse “Lo hai fatto per me, Max?”
“Si.” fu la semplice risposta e le asciugò le lacrime dalle guance. Liz seppellì il viso contro il suo petto e lui la strinse tra le braccia, facendo un voto silenzioso ‘Farò qualunque cosa per te, Liz. Smuoverei cielo e terra, se fosse in mio potere, solo per farti felice.”

Capitolo 68

Max aprì la porta del frigorifero e prese un paio di lattine di Cherry Cola e le mise nella piccola borsa termica che era stato incaricato di preparare. Liz era occupata a preparare i sandwiches e a metterli nella borsa di plastica, dove si sarebbero conservati freschi. Avevano deciso di andare al Lake Pleasant per fare un picnic, nonostante le riserve di Max.
Lui aggiunse un paio di bottiglie d’acqua e stava per aprire il frigo e prendere il ghiaccio quando uno spasmo gli passò per la parte bassa dell’addome. La sua testa si voltò di scatto in direzione di Liz e la vide sussultare e massaggiarsi la parte inferiore della pancia.
“Liz?” Max corse al sua fianco e poggiò una mano sopra quella di lei. “Stai bene?”
“Contrazioni di Braxton Hicks.” cercò di dire lei e fece un profondo respiro, mentre passava.
“Sei sicura?” chiese lui preoccupato.
“Affermativo.” gli sorrise lei, poi prese le guance di Max tra le mani e aggiunse “Non fare il solito guastafeste preoccupato!”
“Non posso farne a meno.” Max si lasciò andare ad un sorriso nervoso. “Forse potremmo starcene a casa.”
“Max.” Liz lo guardò sospirando. Avevano toccato questo argomento. “Il lago non è poi così lontano.”
“ E se comincia il travaglio e non riusciamo a raggiungere Rachel e rimaniamo bloccati al lago e la macchina si ferma e il cellulare non funziona e non c’è nessuno intorno per miglia e miglia …”
“Max, calmati.” cercò di tranquillizzarlo Liz. “la nascita di Matthew è prevista tra due settimane. Non sono in travaglio e non ti ricordi che il travaglio dura diverse ore e che avremmo diverse ore di preavviso? Una piccola gita in campagna non mi farà male e il lago non è al di fuori del mondo civile.”
“Potremmo andare al giardino zoologico, invece.” suggerì Max “E’ vicino. E ci sono un sacco di bagni.”
“Molto divertente.” Liz fece roteare gli occhi. Con Matthew che le premeva sulla vescica, come faceva ultimamente, le sembrava di dover andare in bagno ogni cinque minuti.
“Potremmo …” il telefono suonò e Max si girò per andare a rispondere. “Rispondo io.” Liz lo vide attraversare la cucina, chiedendosi chi potesse essere. Non ci volle molto per scoprirlo.
“Pronto?” disse Max, appoggiando il microfono all’orecchio. “Oh, ciao Carl. Come stai? Come è andato il tuo appuntamento con … cosa? Dove? Vuoi che ci incontriamo lì? Adesso? Certo … si … si …Posso essere lì in venti minuti. Si … no … no, va bene. Liz capirà. Okay. Venti minuti. Si. Ciao.”
Chiuse il telefono e si girò verso Liz con uno sguardo spiacente sul viso. “Era Carl.”
“Lo avevo immaginato.” replicò Liz. “Cosa voleva?”
“Un paio d’ore fa, è scomparsa una bambina a Coyote Canyon Park. Vuole che ci incontriamo lì.”
“Oh, Max, è terribile.” Liz sentì un brivido passarle per la schiena. “Pensano che sia …?”
“Che sia stata rapita?” Max finì la domanda per lei. Liz annuì e Liz cercò di distogliere i pensieri dal loro incubo personale. “Forse si è solo persa ed io potrei aiutare a ritrovarla. Forse potrebbe tornare già a casa questa sera. Mi dispiace per la nostra gita …”
“Oh, non ti preoccupare di questo.” Liz si strinse nelle spalle. Andò verso di lui e lo abbracciò forte, e gli diede un ultimo bacio, prima di puntarlo verso la porta di ingresso. “E’ meglio che tu vada. Carl ti sta aspettando.”
“E tu starai bene? Qui, da sola?” le chiese Max quando furono arrivati alla porta. Era ancora preoccupato per la contrazione che avevano sentito.
“Certo che starò bene.” lo prese in giro Liz. “Infatti, ora chiamerò Maria e faro un’ oltraggiosamente dispendiosa telefonata! Voglio sapere se lei e Michael hanno fissato la data del matrimonio.”
“Okay.” Max sorrise all’immagine di Michael che diceva ‘Lo voglio.’ in una chiesa piena di gente. “Tornerò appena posso. Forse avremo abbastanza tempo per fare qualcosa insieme.” La baciò, odiando l’idea di lasciarla sola, ma sapendo che Maria avrebbe voluto parlarle da sola, ed uscì per andare a vedere se riusciva ad aiutare una bambina in pericolo.

***

Mary prese la lista della spesa per la settimana, controllando per essere sicura di avere abbastanza contante: Il buon dottore lasciava sempre una somma generosa per gli acquisti settimanali, più che adeguata per loro tre. Mise la lista nella tasca anteriore della sua borsa, sorridendo alla vista del disegno che Jenny aveva fatto all’inizio della pagina. Quella bambina aveva una tale immaginazione. Addirittura cavalli alati!
lasciò il piccolo appartamento e, uscendo, si fermò in laboratorio. “Dottore, sto uscendo.” lo informò.
Lui alzò la testa dal microscopio e disse “Buona visita a sua sorella. Ci vediamo questa sera.”
“Ciao, Jenny cara.” Mary sorrise alla bambina. Era seduta sul pavimento con un porcellino d’India in braccio e gli accarezzava il soffice pelo.
“Ciao.” Ellie sorrise e mosse la zampa dell’animaletto in un gesto di saluto.
“Oh, ho preparato dei sandwiches per cena e li ho lasciato nel frigorifero.” aggiunse prima di uscire. “E ci sono dei dolci nella credenza, appena usciti dal forno.”
“Grazie, Mary. Cosa faremmo senza di lei!” sorrise Johnson. “ Si diverta e non si preoccupi per noi. In qualche modo ce la caveremo, vero Jenny?”
“Veo.” Ellie continuò a coccolare Mr. Wiggles.
Mary chiuse la porta del laboratorio e si diresse all’ascensore che l’avrebbe fatta salire al pianterreno dello stabile. Una volta fuori, attraversò la strada per prendere l’autobus che l’avrebbe portata a Marty’s Market, dove avrebbe lasciato le ordinazioni per la consegna di domani. Una volta assolta questa incombenza, avrebbe percorso la breve distanza alla casa di cura per passare il pomeriggio con sua sorella. Oggi, sperava di trovare Martha lucida.
mentre traversava la strada, notò attività della polizia nel parco. Luci lampeggiavano sopra una macchina della pattuglia e c’erano anche un’autopompa e un’ambulanza. Qualcuno si doveva essere fatto male. Che peccato. Sperò che non fosse nulla di grave, ma con tutti quei poliziotti sul posto, non poté fare a meno di chiedersi quanto fosse grave.

***

Max si fermò proprio all’interno del parco, venendo fuori dalla sua vecchia ma solida Jeep. Sapeva che sarebbe diventata poco pratica dopo l’arrivo di Matthew , ma gli sarebbe dispiaciuto lasciarla. Aveva tantissimi ricordi legati a quella Jeep. Qualcuno era bello. Qualcuno era più che bello. Qualcuno era veramente, veramente bello, come quella volta che lui e Liz pomiciarono sul sedile posteriore a Buckley Point. Qualcuno non era per niente bello, come quella volta che andarono al Mirror Lake, il giorno che il loro mondo diventò assurdo.
Chiuse la portiera e controllò l’area, cercando Carl. C’erano uomini della polizia sparsi per tutto il parco e Max riconobbe diversi membri della Search and Rescue Unit. Guardandoli da vicino, non vide nessuna faccia sorridente. Notò Carl, che stava insieme ad un gruppo distante e si fece strada nell’erba, in quella direzione.
“Max.” chiamò Carl, mentre lui si avvicinava. “Sono contento che tu sia qui.”
“Presumo che non l’abbiate ancora trovata.” disse Max, con le mani in tasca, mentre si fermava lì accanto.
“No.” Carl scosse la testa. Senza altre chiacchiere, arrivò al nodo della faccenda. Porse a Max una foto ‘13 x 18’ di una graziosa bambina con i capelli biondi e gli occhi azzurri. “Il suo nome è Cindy Morgan. ha quattro anni. Stava giocando sulle altalene con altri bambini, sua madre si è girata per un momento per controllare l’altra bambina e quando si è rivoltata Cindy era sparita. Stamo ancora cercando di trovare qualcuno che abbia visto qualcosa.”
“E’ quella la madre?” chiese Max, guardando in direzione di una donna sui venticinque anni, chiaramente sconvolta.
“E’ lei.” annuì Carl. “Max, ho bisogno che tu controlli il lato ovest, mostri la foto della bimba e senti se qualcuno la riconosce. Prendi nomi e numeri di telefono. Tieni gli occhi aperti se qualcuno ti sembra sospetto. Forse Cindy si è solo persa, forse è stata rapita. Ancora non lo sappiamo.”
Max prese la foto e si diresse dalla parte ovest del parco, sperando che quella ricerca si concludesse presto, con un lieto fine per quella madre che aveva appena visto e per la bambina, che era troppo piccola per le brutte cose che potevano accaderle.

***

“Cosa è successo?” chiese Mary alla giovane coppia che guardava il movimento con interesse.
“Questa mattina, nel parco, è scomparsa una bambina.” rispose la donna.
“Non l’hanno ancora ritrovata?” chiese Mary, con preoccupazione.
“Sembra di no.” rispose il giovane uomo. “Guarda, amore.” lui si girò verso la donna che aveva accanto. “Probabilmente dovremmo andarcene. Tua madre ci aspettava un ora fa.”
Mary li vide allontanarsi e allora riportò la sua attenzione a tutto il movimento di agenti nel parco. Fece una silenziosa preghiera perché la bambina fosse ritrovata sana e salva e si sedette su una panchina, in attesa dell’autobus.

***

Max si avvicinò ad un gruppo di adolescenti che stavano in cerchio e mise una mano nella tasca posteriore per prendere la sua tessera di riconoscimento da poliziotto, schiarendosi la gola. Qualcosa lo colpì, mentre guardava quelle facce giovani, ragazzi che non erano molto più piccoli di lui. Potevano avere sedici, diciassette, forse diciotto anni e lui, alla matura età di vent’anni, si sentiva vecchio, se si paragonava a loro.
Mostrò la sua tessera e disse. con voce autoritaria “Ho bisogno di farvi qualche domanda.” Mostrando la foto di Cindy Morgan , Max cominciò “Avete visto questa bambina?”
Dopo aver stabilito che quei ragazzi non avevano visto né sentito niente di significante, si annotò i nomi e i numeri di telefono in un piccolo blocco che si portava dietro a quello scopo. Prese alcuni appunti e camminò oltre, girando gli occhi intorno. Sul marciapiedi c’era un donna con due bambini, un maschio e una femmina, che stavano osservando il lavoro della polizia. Non lontano c’era una coppia di mezza età, che faceva lo stesso. Più lontano, una donna più anziana, seduta su una panchina sotto il segnale di fermata dell’autobus. Max decise di cominciare con la madre e i due bambini.

***

Una rapida occhiata all’orologio, avvertì Mary che il suo autobus sarebbe arrivato dopo pochi minuti. Controllando la nota della spesa, si accorse che aveva dimenticato di aggiungere il succo di mela, il preferito di Jenny, così cercò di trovare la penna nella borsa. All’inizio non riuscì a trovarla, così appoggiò la lista sulla panchina ed aprì completamente la borsa.
“Eccoti!” esclamò quando le sue dita incontrarono la penna e la prese dalla borsa. “Sapevo che ti eri nascosta da qualche parte.”
Proprio mentre cercava di riprendere la lista poggiata sulla panchina, un improvviso soffio di vento fece volare il foglio.
“Oh, Santo Cielo!” esclamò Mary e si alzò per corrergli dietro.

***

Max finì di interrogare la donna e i bambini, che ovviamente non avevano visto niente, e si voltò a destra verso la coppia di mezza età. Sarebbero stati i prossimi ad essere interrogati. Un movimento alla sua sinistra attirò la sua attenzione e vide la donna anziana che aveva notato prima, seduta sulla panchina del parco, cercare di prendere un foglio di carta che era sfuggito alla sua presa.
Sembrava che fosse in difficoltà e Max allungò il passo per darle una mano. Quando fu vicino vide che il foglio aveva delle scritte da una parte, ma dall’altra c’erano forti tratti di colore, benché non riuscisse a distinguere il disegno. la sua mano si allungò per prendere il foglio, appena un secondo troppo tardi.
La mano di Mary afferrò il foglio ribelle con un grido di esultanza, proprio mentre un’ombra le si posò addosso. Guardò in su, vedendo solo il bagliore del sole alto, imbarazzate di essere stata vista in quella posizione imbarazzante. Una voce, dal suono dolce come il miele, si rivolse a lei.
“Ha bisogno di aiuto?” chiese Max preoccupato. La faccia della donna anziana era rossa per lo sforzo fatto nella caccia di qualsiasi cosa stesse cacciando, e si chiese se non stesse per avere un attacco di cuore o un colpo o qualsiasi altra disgrazia, proprio lì sul marciapiedi. In ogni caso, se fosse successo, c’erano tanti paramedici che vagavano per il parco, aspettando solo qualcosa da fare.
“Oh, sto bene, ragazzo.” rispose Mary. “Ma grazie per l’interessamento.” Si mise dritta a fatica e Max stese la mano per aiutarla, ma lei la scansò. “Santo cielo!” esclamò mentre si sollevava con le sue sole forze.
“Signora,” disse Max, mostrando la sua tessera “Stiamo investigando sulla scomparsa di una bambina, avvenuta questa mattina nel parco.” Le mostrò la foto di Cindy Morgan, e continuò”ha visto questa bambina? Ha notato qualcosa di strano o di insolito intorno a lei?”
“Oh, che bella bambina.” si lamentò Mary guardando la foto.”Dice che è sparita? Oh, dolci Maria e Giuseppe, mi dica che non è vero.”
“Temo sia vero.” disse Max, provando, per qualche ragione, una immediata simpatia per quella donna. Forse perché gli ricordava sua nonna, o forse perché sembrava avere una natura gentile. Comunque fosse, c’era qualcosa in lei, qualcosa che gli faceva venire voglia di seguirla fino a casa sua, dove avrebbe mangiato dolci appena sfornati e bevuto latte al cioccolato.
“Ma dove è arrivato il mondo?” chiese Mary, scotendo la testa.
“Vive qui vicino, signora?” chiese Max, aprendo il suo taccuino.
“Ma si, si.” annuì Mary “Proprio dall’altra parte della strada.” Un rumore raggiunse le sue orecchie e lei guardò in fondo alla strada esclamando “Questo è il mio autobus. Mi dispiace, non posso essere di nessun aiuto. Spero che troviate quella piccola, dolce bambina.”
L’autobus si fermò accanto a loro e Mary camminò lentamente verso la portiera aperta. Come mise un piede sul primo gradino, Max le chiese “Posso avere il suo nome e il suo numero di telefono, nel caso avessi qualche altra domanda da farle?”
“Certo.” guardò Max mentre scriveva “Il nome è Connor. Mary Connor. Il mio telefono è il 555-2775.”
“La ringrazio, signora.” disse Max educatamente chiudendo il blocchetto, mentre lei saliva sull’autobus. Con il sibilo del freno rilasciato, il mezzo si rimise in marcia nel traffico e Max rimase a fissare il palazzo di fronte. Si chiese quale fosse l’appartamento in cui lei viveva. Poteva quasi sentire nell’aria il profumo dei dolci.

Capitolo 69

Max si incontrò con Carl vicino al parco giochi e quando l’uomo gli lanciò uno sguardo pieno di aspettativa, Max scosse la testa. “Mi dispiace, Carl. Un buco nell’acqua. Nessuno di quelli con cui ho parlato ha visto nulla. Erano solo incuriositi da tutto il movimento. nessuno ha visto o sentito nulla.” Max si sentì altrettanto deluso di come appariva Carl. Entrambi volevano una lieta conclusione a questo caso, ma nessuno dei due credeva che sarebbe stato così.
“Hai preso i nomi? I numeri di telefono?” chiese Carl.
“Si.” Max annuì e si infilò il taccuino nel taschino della camicia. Si voltò verso le altalene che erano vuote e isolate da un cordone, e si diresse lentamente in quella direzione. Carl lo guardò con interesse e gli andò dietro, tenendosi a distanza, così che Max non si sentisse seguito. La sua espressione era così intensa, che Carl non poté fare a meno di chiedersi che cosa volesse fare il suo giovane collega.
“Su quale altalena è stata vista l’ultima volta?” chiese Max, sapendo che Carl era proprio dietro di lui.
“Su quella a sinistra.” rispose Carl.
Max andò in quella direzione, sentendo la sabbia spostarsi sotto il suo peso. Esitò, quando fu arrivato all’altalena e lanciò una svelta occhiata all’intorno, sollevato nel vedere che solo Carl gli prestava attenzione. Deglutì, avvertendo un senso di paura, poi allungò lentamente la sua mano e afferrò la fune dell’altalena.
Fu assalito dalle immagini, una dietro l’altra e fece fatica a selezionarle. Nella sua testa risuonarono risate di bambini, immagini di fanciulli che volavano in aria strillando di gioia, madri e padri che li guardavano sorridendo. Questo era un posto per divertirsi e scherzare e provare gioia.
Carl era rimasto immobile, pietrificato dal cambiamento dell’espressione del viso di Max. la sua mano stringeva la fune dell’altalena così forte, che le nocche gli erano diventate bianche. Il suo corpo tremava leggermente e le sue sopracciglia erano unite in un’espressione strana, come se stesse sostenendo un grande sforzo. L’espressione si addolcì ed un lieve sorriso gli comparve sulle labbra, che scomparve quasi subito, quando il suo volto si trasformò in una maschera di ansia e di paura.
L’immagine di una ragazzina, con gli occhi azzurri e i capelli biondi, era apparsa nella sua mente e Max si concentrò mentre le scene si susseguivano. Si stava spingendo con le gambe, tentando di far muovere l’altalena ma senza fare grandi progressi. Chiese a sua madre “Spingimi, mamma! Spingimi!” ma la mamma era occupata a cambiare il pannolino della sorellina. “Stupida bambina. Sporcare il pannolino!” Lei era grande e il pannolino non lo portava più.
Nella visione Max vide Cindy scivolare giù dall’altalena e cadere sulle sue ginocchia, mentre cercava di tenersi in equilibrio sulla sabbia. Quando guardò in su, un sorriso le fiorì in faccia alla vista del gattino grigio in una macchia di alberi, poco lontano. Abbandonò la non cooperativa altalena e corse via per giocare col gattino. Forse la mamma glielo avrebbe fatto portare a casa. Corse verso gli alberi, dimenticando di obbedire agli ammonimenti della madre.
Max aprì gli occhi e tirò via la mano dall’altalena. Senza una parola, andò nella direzione che aveva preso Cindy Morgan qualche ora prima. Carl gli andava dietro, continuando a chiedersi cosa Max stesse facendo, ma non volendo interferire. Non aveva dimenticato il giorno al Maryvale Hospital, quando Max gli aveva detto di essere un chiaroveggente, e sospettò che avesse percepito qualcosa.
“E’ andata da questa parte.” Max ruppe il silenzio e si diresse a lunghi passi verso gli alberi all’estremità nord del parco.
Carl era alle sue calcagna e osservava le sue mani toccare i cespugli, come se sentissero qualcosa. Carl rimase affascinato a guardarlo. Lo conosceva ormai da mesi ma, in qualche modo, era come se non lo conoscesse affatto.
Max rimase fermo tra i fiori selvatici, cercando di ritrovare una traccia. Sapeva che Cindy era passata da lì, aveva seguito il gattino tra gli alberi, ma poi dove si era diretta? Se avesse ritrovato il sentiero che lei aveva percorso, li avrebbe portati dritti da lei. La sua mano sfiorò una foglia ed un’immagine invase la sua mente, facendogli trattenere il respiro.
“Max, cosa c’è? Cosa hai visto?” chiese Carl, appoggiando una mano sulla spalla del ragazzo. Era sempre stato un uomo pratico, poco incline a seguire fantasie o credenze mistiche, e un anno prima si era rifiutato di coinvolgere un chiaroveggente nella risoluzione di un caso, ma questo era stato prima di incontrare Max Evans. Avendo visto Max in azione, Carl era pronto a credere a tutto.
“E’ caduta.” disse Max, con voce piatta. “Stava inseguendo un gattino, è corsa tra gli alberi, ha inciampato in qualcosa ed è caduta.”
Carl avvertì un brivido lungo la spina dorsale, mentre Max raccontava quello che era successo alla piccola Cindy Morgan, non dubitando di lui nemmeno per un attimo.
“Si è rialzata.” continuò Max “Il gattino si è infilato nel folto degli alberi e Cindy lo ha inseguito.”
Max allungò il passo, ripercorrendo la strada che la bambina aveva fatto. Il sottobosco si fece meno folto e improvvisamente Max si trovò sul bordo di una ripida erta coperta da cactus e da radi cespugli. Si accucciò, piegando le ginocchia e cercando di ritrovare la traccia, e il suo corpo tremò, quando un’altra visione lo percorse.
“Gattino!” chiamò Cindy, chiedendosi dove si fosse cacciato l’animaletto. “Gattino, vieni qui!” Girandosi intorno, si rese conto di essersi persa. “Mamma?” chiamò piano. “Mamma, dove sei? Mamma?”
Il tono della voce della bambina era cresciuto e Max avvertì il panico che era nato nel petto della bambina. “Mamma!” la voce era ora agitata. Cindy mise un piede in fallo e Max sentì la sua caduta.
“E’ caduta nel burrone.” disse Max, alzandosi in piedi. I due uomini cominciarono a scrutare i dintorni, cercando di scorgere il rosa di un paio di pantaloncini di velluto o il bianco della maglietta con i gattini rosa davanti, i vestiti che Cindy indossava quando era scomparsa. Max si fece strada cautamente lungo il ripido pendio, controllando il terreno alla ricerca di qualsiasi indicazione che provasse la presenza di Cindy. Quando raggiunse il fondo del burrone, si inginocchio vicino ad un cactus spezzato, notando un pezzetto di stoffa bianca. Quando allungò il braccio per toccarlo, fu scosso da un tremore violento.
Cindy era seduta per terra, sporca e graffiata e si stringeva il braccio ferito contro il petto. Stava piangendo sommessamente e le lacrime lasciavano i segni nella sporcizia sulle sue guance. Sul braccio c’era il sangue che le gocciolava da un taglio sulla spalla e la sua maglietta preferita si era strappata.
“Mamma.” mugolava cullandosi avanti e indietro.”Mamma … mamma … mamma …”.
Per un po’ era rimasta seduta lì, stordita e disorientata, poi si era alzata in piedi. Niente gli sembrava familiare. Cercò di risalire la montagna da cui era caduta, ma non poteva usare il braccio e riscivolò giù. Sentì una spiacevole sensazione di bagnato tra le gambe, si rimise a sedere e pianse di nuovo. Dopo tutto non era una bambina grande.
Era stanca ed affamata, il suo braccio le faceva un male terribile, aveva bagnato i pantaloncini e voleva tornare a casa. Guardandosi intorno sconsolata, ricominciò a gridare “Mamma? Dove sei, mamma? Non riesco a trovarti.”
“Quando è caduta si è rotta il braccio.” Max parlava continuando a guardare in lontananza. Carl non era sicuro se si stesse rivolgendo a lui o stesse parlando all’aria. “Si è fermata qui per un po’ e poi si è incamminata in quella direzione.” Finalmente si girò verso Carl e aggiunse “Non è potuta tornare indietro dalla stessa strada, la pendenza e troppa e lei non può usare il braccio.”
Carl vide Max rialzarsi in piedi, sbalordito dai particolari che stava sentendo. Come faceva a sapere che la bambina si era rotta il braccio? Come poteva sapere in quale direzione era andata e perché aveva preso quella via? Cosa vedeva esattamente Max nella sua testa?
Max continuò a camminare sul fondo del burrone, dirigendosi dalla parte in cui era andata Cindy. Il terreno era scabro e irregolare e Cindy doveva aver avuto molta difficoltà a restare in piedi. Era inciampata di nuovo e si era sbucciata un ginocchio su un sasso, strappandosi i pantaloncini preferiti. Glieli aveva regalati sua nonna per il compleanno, giusto un mese prima.
Nella sua mente Max vedeva Cindy vagare lungo il vecchio fondo. Quando scendeva la pioggia quel fondo si trasformava in un fiume impetuoso ma ora, grazie a Dio, era asciutto e non c’era pericolo di inondazioni improvvise. Max cominciò ad arrancare, tenendo gli occhi bene aperti e la mente in allarme. Avvertiva che Carl gli era proprio dietro e una parte di lui sapeva che aveva valicato il confine di un territorio poco sicuro. La sua storia di copertura avrebbe potuto reggere fino ad un certo punto, ma c’era una bambina lì fuori che aveva bisogno del suo aiuto. Ellie - no, non Ellie – Cindy era nei guai e lui era l’unico che poteva trovarla.
Max si fermò all’improvviso e Carl quasi gli finì addosso.
“Qualcosa l’ha spaventata. Ha sentito un fruscio e si è nascosta.” Max fece scorrere lo sguardo sul terreno e quando vide delle rocce emergere seppe che lei aveva preso quella direzione. Si affrettò da quella parte, con Carl al suo fianco, e come girarono intorno alle rocce il cuore gli balzò nel petto.
Per prima cosa vide una scarpina e poi i pantaloncini rosa, stracciati e sporchi di sangue e di polvere. Fu preso dall’ansia e si chiese se non fosse arrivato troppo tardi. Quante volte nella vita doveva arrivare troppo tardi? La piccola Cindy Morgan entrò completamente nel suo campo visivo, sdraiata per terra con gli occhi chiusi, i vestiti strappati e insanguinati, con un piccolo gattino grigio raggomitolato accanto a lei.
Il gattino si stirò e miagolò all’improvvisa intrusione e Max si inginocchiò accanto a Cindy. Per prima cosa le tastò la gola con la mano, e quando sentì la pelle calda ed il forte pulsare delle vene, si lasciò andare ad un sospiro di sollievo. Usò i suoi poteri per accertare le ferite che aveva riportato, notando che la cosa più grave era il braccio rotto. Il corpicino era graffiato e pieno di lividi e stando lì fuori sotto il sole, si era disidratata. Ma tranne il braccio ed un profondo taglio sulla fronte, tutto il resto sarebbe guarito in fretta.
I suoi occhi si aprirono lentamente e Cindy disse con voce sottile “Dov’è la mia mamma?”
“Ti porto subito da lei.” le sorrise Max. Appoggiò la sua mano sul braccio, riparandosi con il corpo perché Carl non potesse vedere cosa stava facendo. Ci volle un momento perché il piccolo osso del suo braccio si risanasse. I graffi e i lividi sarebbero guariti per conto loro. Max la prese tra le braccia e si alzò in piedi, girandosi verso Carl con la felicità e il sollievo dipinti sulla faccia.
Carl, che fissava Max, con Cindy in braccio, era rimasto senza parole. Max era andato dritto fino a lei. Aveva seguito la traccia lasciata da lei come un segugio insegue un odore, senza mai esitare. Non aveva mai assistito a nulla di simile.
“Fai strada, Carl.” suggerì Max, sentendosi a disagio sotto lo sguardo dell’uomo più anziano.
“Gattino” gridò Cindy quando vide il micio strofinarsi tra le gambe di Carl. tese le braccia e chiese “Voglio il gattino!”
Carl Carl raccolse l’animaletto e Cindy lo prese da lui, stringendolo teneramente. Max lo sentì fare le fusa, poi Cindy lo guardò con i suoi grandi occhi e disse “Il braccio non mi fa più male.”
“Bene.” Max le sorrise, e rivolse lo sguardo verso Carl. Aveva sentito quello che aveva detto la bambina? Aveva visto brillare la luce quando le aveva guarito il braccio? Max non riusciva a decifrare la sua espressione, non riusciva a capire cosa stesse pensando.
“Fatti riportare a casa tua.” disse Carl, tentando di scacciare il senso di sconcerto. faceva strada, dando una mano a Max di quando in quando sul terreno irregolare. Era una sfida risalire la parete scoscesa con Cindy in braccio, ma sembrava che Max non fosse propenso a lasciarla andare. Se la sistemò sul fianco, con le braccine strette intorno al collo e mentre Carl teneva il gattino. Max fece passare un braccio dietro a Cindy , tenendola assicurata al suo fianco e usò l’atro braccio per aiutarsi nella risalita. Una volta raggiunta la cima, tornarono indietro verso il parco. Quando furono in vista della radura, Max fece fermare Carl.
“Quando saremo fuori di qui” Max indicò la folla che si era riunita nel parco, specialmente i giornalisti “dì loro che sei stato tu a trovarla, Carl.”
“Cosa?” Carl fu colto di sorpresa.” Ma sei stato tu, Max. Il merito è tuo.!
“Non voglio attirare l’attenzione.” Max cercò di farsi comprendere. per lui notorietà voleva dire solo guai.
Carl fissò Max, che sembrava così a suo agio con la bambina tra le braccia, e lentamente annuì. Max gli porse la bambina in silenzio e Carl la prese. Max lo vide traversare il campo d’erba, con Cindy che lo guardava da sopra la spalla di Carl e gli faceva ciao con la manina. Vide l’espressione sul viso della giovane madre quando scorse la bambina e come Cindy rispose al suono della voce di sua madre che gridava il suo nome.
Solo per un momento, fu Ellie che vide in braccio a Carl. Fu Liz che vide correre con le lacrime che le scendevano sul viso. Fu Ellie che gettava le sue braccia al collo di Liz ed insieme piangevano di gioia.
Con le ginocchia che tramavano, fece la strada fino alla più vicina panchina e si sedette, cercando di stringere gli occhi per cacciare indietro le lacrime. Alla vista di Cindy che abbracciava sua madre, Max si era morso il labbro inferiore per impedirgli di tremare. Almeno, oggi, una famiglia era felicemente riunita.

***

“Hey.” disse Carl, spuntando alle spalle di Max. Lui era fermo accanto all’ambulanza e guardava Cindy, che i paramedici stavano visitando. Carl era stato assalito appena era stato in vista, subito dopo essere uscito dal folto degli alberi, con la bambina tra le braccia. I giornalisti l’avevano circondato, proprio come Max aveva previsto, ed era sicuro che la faccia di Carl sarebbe finita sul notiziario delle sei.
“Hey, Carl.” rispose Max, lanciando uno sguardo nella sua direzione prima di riportare la sua attenzione su Cindy. Ora era distesa su una barella e la stavano caricando sull’ambulanza. La madre era sul sedile accanto a lei, le teneva la mano come se non volesse più lasciarla andare. Gli occhi di Cindy incontrarono quelli di Max, guardandolo come se fosse il suo salvatore, poi le portiere si chiusero e l’ambulanza corse via.
“Lasciami offrire da bere.” Carl appoggiò la mano sulla spalla del ragazzo. “Hai l’aria di averne bisogno.”
“Non sono abbastanza vecchio per bere.” gli ricordò Max con un sorriso ironico.
“Ah, già. Prenditi una tazza di caffé, allora.” Carl non finiva mai di meravigliarsi del fatto che Max avesse solo vent’anni. ‘Più vecchio dei suoi anni’ era un detto che a Max andava a pennello. Sembrava essere tanto più maturo degli anni che aveva realmente. “Ho visto un bar dall’altra parte della strada. Andiamo a sederci. Potremo parlare.”
Max sentì un po’ di apprensione, ma il tono di Carl era leggero così, forse, tutto sarebbe andato bene. Forse Carl non aveva visto tutto quello che Max temeva. Attraversarono Beardsley Road ed entrarono in un tranquillo caffé. Max si sedette ad un tavolo d’angolo e Carl ordinò due tazze di caffé e decise di ordinare anche un paio di panini dolci. Se Max non l’avesse voluto, Carl era abbastanza affamato da mangiarli tutti e due.
“Che giornata, vero?” disse Carl posando il vassoio sul tavolo e mettendosi a sedere. Max si limitò ad annuire in segno di concordanza senza dire una parola, così Carl posò il caffé e il panino davanti a lui e lo pressò. “Cosa e successo esattamente là fuori, Max?”
“Lo sai già …” esitò Max, tentando di non lasciar trapelare il suo disagio. Avvolse le mani intorno alla tazza del caffé e se la portò vicino, guardando il liquido fumante, mentre diceva “Ne abbiamo già parlato …”
Cosa doveva dire? Sostenere la bugia che aveva già detto, una bugia che Carl poteva credere? Il mondo credeva nei chiaroveggenti e nei medium, ma Max avesse detto ‘Sono un alieno proveniente da un pianeta che è scomparso e noi abbiamo colonizzato la Terra’ chi ci avrebbe creduto?E se avesse provato che era vero, se avesse mostrato a Carl le cose che era in grado di fare, lui come avrebbe reagito? Avrebbe dovuto dare un possibilità a quell’uomo e dirgli chi era realmente? “Carl, io …”
“Tu sei un chiaroveggente.” Carl disse ad alta voce quello che Max sembrava non riuscisse a dire. “Ma cosa significa esattamente? Senti delle voci nella tua testa? Vedi immagini? Come hai fatto a trovare così facilmente quella bambina? Abbiamo le migliori squadre di intervento per questi casi di tutto il paese, e non sono riuscite a trovarla. Tu, invece, sei andato dritto da lei.”
Max si stava sforzando di trovare la cosa giusta da dire. Era così tentato a dire a quell’uomo, a quell’amico, la verità, ma le parole non gli uscivano. “Io vedo …”
“Se mi dici ‘Vedo le persone morte’ io ti strozzo!” Carl sorrise, cercando di alleggerire il suo stato d’animo.
Max rise, sentendo diminuire la sua tensione. Non aveva paura di Carl. Carl era un brav’uomo, un uomo generoso, onesto. Ma il segreto che Max portava con lui non era di quelli che si potevano condividere con facilità. Erano coinvolte troppe persone ed era troppo radicata in lui l’abitudine a tenere nascosta la verità.
“Qualche volta, quando tocco le cose,” Max cercò di spiegare nel migliore dei modi le sue capacità, senza rivelare troppo. “qualche volta vedo delle immagini, impressioni di cose che sono successe. Come quando ho toccato l’altalene, ho visto Cindy saltare giù e correre dietro al gattino.” Fissò Carl in faccia, cercando di valutare la reazione del collega più anziano.
“Allora, una volta raggiunti gli alberi, come hai fatto a seguire i suoi passi?” chiese Carl. “Come hai fatto a sapere che era caduta nel burrone? Voglio dire, tutti i dettagli che tu hai menzionato erano esatti.”
“Veramente, mi sono sbagliato sul suo braccio rotto.” gli ricordò Max.
“Giusto.” disse Carl, guardandolo.
Max si sentiva a disagio, sotto lo sguardo intenso di Carl e guardò il dolce nel suo piatto. Non avrebbe dovuto guarire Cindy, ma lei provava un dolore così forte e gli ci era voluto solo un attimo per farlo. sapeva di avere agito sconsideratamente, ma lei era ferita ed aveva bisogno del suo aiuto e lui non pensava che Carl avesse visto quello che aveva fatto.
Carl osservò Max che giocherellava col dolce che aveva davanti. C’erano così tante cose che non gli quadravano e il braccio della bambina era un altro grande punto interrogativo nella sua testa. Appena aveva visto Cindy stesa per terra dietro le rocce, il suo braccio era piegato in un angolo innaturale. Aveva già visto ossa rotte prima di allora e non c’era alcun dubbio nella sua mente che Max avesse avuto ragione e che Cindy si sorreggeva un braccio rotto. ma quando lui l’aveva sollevata era stato ovvio che il braccio non era rotto. Carl non era il tipo d’uomo che si immaginava le cose, e allora come aveva potuto un braccio rotto, miracolosamente, non essere più rotto? Anche Cindy stessa aveva sottolineato che il braccio non le faceva più male.
Gli tornò alla mente un ricordo di non molto tempo prima, quando Max aveva sbattuto il suo pugno sulla parete del Maryvale Hospital. Carl aveva sentito chiaramente il rumore delle ossa spezzate. Aveva visto il dolore impresso sul viso di Max. Aveva visto le nocche lacerate e sanguinanti. ma solo qualche minuto dopo, quando gli aveva chiesto di lasciargli vedere la mano, ogni evidenza di ferita era sparita. Ci doveva essere qualche spiegazione, ma nemmeno per la sua stessa vita, sarebbe stato in grado di trovarne una.
“Sono contento che non abbia riportato ferite gravi e che siamo riusciti a trovarla prima che le succedesse qualcosa do brutto.” Max si portò il caffé alle labbra e ne prese un sorso, guardando Carl attraverso il fumo.
“Tu l’hai trovata, Max.” gli ricordò Carl. “Io ti sono solo venuto dietro.” Max sorrise quasi inconsciamente e cercò di sviare la conversazione in un’altra direzione. Posò il caffé e prese il dolce per assaggiarlo, chiedendo “Com’è andato l’appuntamento con Rachel, ieri sera?”
Sulla faccia di Carl apparve un sorriso incantato e anche senza una parola, Max capì che era andato bene. “Abbiamo passato una bella serata.” Carl era raggiante. “Una serata veramente bella.”
“Dove l’hai portata?” ghignò Max, mangiando il suo dolce. L’atteggiamento di Carl era completamente cambiato solo a nominare Rachel. Il suo corpo si era rilassato e si era appoggiato alla spalliera della sedia e i suoi occhi avevano preso uno sguardo sognante. Cupido era riuscito a tirare la sua freccia proprio sul sedere di Carl’ C’era l’amore nell’aria?
“Siamo andati a cena in un grazioso posto vicino a Hudson e poi siamo andati a vedere Terminator III.”
“Cosa?” Max scoppiò a ridere, e quasi si strozzò con il caffé. “L’hai portata a vedere Terminator? Non è esattamente un film romantico.”
“Hey!” Carl si appoggiò allo schienale della sedia ed alzò le mani in un gesto di innocenza “E’ stata lei a sceglierlo! Sono rimasto sorpreso quanto te! Credevo volesse andare a vedere quel film di Tom Hanks, ma mi ha detto che le piacevano i film di fantascienza. Chi sono io per mettermi a discutere con lei?”
“Allora è stato un bel film?” chiese Max.
“Che diavolo ne so?” rise Carl. “Non l’ho neanche visto!”
Risero e scherzarono insieme, dividendo la sensazione di un facile cameratismo, mentre finivano il caffé e le paste. Max osservò Carl mentre parlava di Rachel, pensando che se l’espressione che aveva in viso era una indicazione, il suo compagno sarebbe presto entrato a far parte del Club ‘Conosco un alieno’. La parte più difficile era abbassare le difese quanto bastava per lasciar entrare il nuovo membro.
Si alzarono in piedi e Carl lasciò la mancia sul tavolo. Max uscì dalla porta, andando quasi a scontrarsi contro una donna anziana che passava sul marciapiedi.
“Accidenti!” esclamò e la sua mano svolazzò sul seno ampio.
“Le chiedo scusa.” Max si scusò profusamente. “Non l’ho vista. Sta bene?” Guardandola da vicino, la riconobbe e ricordò il loro incontro nel parco poco prima. Mary qualcosa.
“Sto bene. Non preoccuparti per me. ragazzo. Dovrei guardare dove metto i piedi!” Gli occhi di Mary si spalancarono, riconoscendo l’attraente poliziotto e gli chiese “Avete trovato quella povera bambina che era sparita?”
“Si.” Max fece un largo sorriso. “L’abbiamo trovata sana e salva.
“Oh, sia ringraziato Dio Onnipotente.” esclamò Mary. “Una storia con un lieto fine.”
“Si.” sorrise ancora Max, e la vide allontanarsi.

Capitolo 70

Carl chiuse la cartella sulla sua scrivania, felice quando i casi si risolvevano come questo. Spesso, però, non era così. Cindy Morgan era stata curata per le sue ferite al Maryvale Hospital e poi affidata alle cure dei suoi genitori.
Secondo il rapporto medico, aveva un assortimento di graffi e lividi, un taglio sul ginocchio sinistro che aveva richiesto un paio di punti e uno brutto bernoccolo in testa, ma nessun trauma significativo. Avevano eseguito una Tac per escludere complicazioni interne, l’avevano reidratata con una endovena salina e in un paio d’ore era tornata come nuova.
Era successa, comunque, una cosa strana, qualcosa che i dottori non erano riusciti a spiegarsi. In alto, sul suo braccio destro ‘era una strana impronta argentata che le circondava tutto il braccio. I dottori non sapevano cosa fosse o cosa l’avesse provocata. Stando al rapporto, non era venuta via lavandola, né strofinandola, né grattandola via e resisteva al sapone, all’acqua, all’alcool e a qualsiasi altro agente avessero provato. Strano. Carl decise di andare a visitare Cindy per vedere che tutto andasse bene e per dare un’occhiata all’impronta d’argento.
Chiuse la cartella e si sentì soddisfatto che avessero concluso un caso con esito positivo. La piccola Cindy Morgan si era riunita alla sua famiglia, senza nessun danno permanente derivato dalla sua traumatica avventura e ogni giorno che si concludeva con un caso positivo era un giorno di festa per Carl. Se poi ci metteva anche quello che era successo sabato notte, ebbene, Carl non poteva fare altro che sorridere.
Da parte sua, il suo appuntamento con Rachel era partito all’insegna dell’incertezza, con lui che agiva da imbranato, ma Rachel sembrava non averci fatto caso. La cena era andata bene ed il film, ebbene, il film era stato … piacevole! Il suo sorriso si trasformò in un ghigno quando ripensò a come era stato bello sentire Rachel appoggiata contro di lui, stringendogli la mano e premendo la faccia contro la sua spalla.
E poi … lei aveva sollevato la testa per guardarlo, con la luce debole dello schermo sul viso, e i suoi occhi erano grandi e invitanti, e lui si era sporto in avanti … e l’aveva baciata. E lei aveva ricambiato il bacio.
Le aveva appoggiato dolcemente le labbra sulle sue, sapendo che probabilmente non era quello il posto più giusto, ma incapace di trattenersi. Non era più un sedicenne ormai ed era troppo dannatamente vecchio per amoreggiare al cinema, ma non aveva potuto farne a meno. Le labbra di Rachel erano così invitanti e il desiderio di baciarla era così forte e l’occasione era lì e … e … Signore, era stato così bello!
Lui l’aveva guardata incantato, mentre le loro labbra si separavano e aveva visto che anche lei lo stava guardando, con gli grandi occhi e un sorriso in volto. Avrebbe voluto baciarla di nuovo, ma era profondamente consapevole delle persone intorno a loro e riportarono la loro attenzione allo schermo. Le aveva tenuto la mano per tutto il resto del film, anche quando non c’erano parti che facevano paura e aveva continuato a guardarla con la coda dell’occhio.
Alla fine, quando il film era finito e scorrevano i titoli di coda, le luci si accesero ma loro attesero per alzarsi che il pubblico uscisse dalla sala. Sulla strada di ritorno verso casa di Rachel lui la sentì tirarsi un po’ indietro, come se stesse combattendo una battaglia interiore e si maledì per essere andato oltre il limite.
C’era dell’imbarazzo tra di loro, mentre lui guidava in silenzio e quando furono sotto casa di lei, Carl si affrettò ad aprirle la portiera per farla scendere. camminarono fianco a fianco fino alla porta e quando Rachel si voltò di fronte a lui, quando i loro occhi si incontrarono, quando Rachel si passò nervosamente la punta della lingua sulle labbra, Carl la prese tra le braccia e la baciò ancora.
Lei era poco più bassa di lui, e Carl era profondamente consapevole di come il corpo di lei si adattasse al suo. Sentì le sue labbra rendergli il bacio e premette le proprie con maggior calore. L’intensità si fece più profonda, con le braccia di lei dietro la sua schiena e sentì il suo cuore impazzirgli nel petto.
Carl staccò la sua bocca e la guardò negli occhi, senza più respiro. “Vuoi uscire con me un’altra sera? Venerdì prossimo?”
“Si.” Rachel annuì, fissandolo negli occhi.
“Che ne dici di mercoledì? Sei libera mercoledì?”
“Si.” annuì ancora lei, con un sorriso che le sollevava gli angoli delle labbra.
Lui la baciò di nuovo e sussurrò “Che ne pensi di lunedì? Sei libera lunedì, per l’ora di cena? O domani? Hai progetti per domani?”
La baciò ancora e fu il turno di lei di sussurrare “Io … io ho appena disdetto tutti gli impegni.”
Carl guardava nel vuoto, con l’aria del gatto che appena mangiato il canarino e con la schiena appoggiata alla spalliera della sedia, mentre ricordava la notte di sabato. Chris e Tully stavano gironzolando per gli uffici della Squadra e si fermarono di botto, osservando l’uomo che era senza dubbio un impostore. Rocky Montoya non aveva mai sorriso così.
“Sembra che qualcuno sia K.O..” Chris stava quasi urlando.
Carl spalancò gli occhi per la sorpresa all’improvvisa intrusione e perse il precario equilibrio in cui si teneva sulla sedia. Roteò le braccia nel tentativo di non cadere all’indietro, sembrando un idiota totale. Riuscì a mettersi in piedi, proprio mentre la sedia cadeva dietro di lui, e la raccolse in fretta, dicendo “Hey, ragazzi. Cosa è successo?”
“Credo che la questione sia ‘cosa è successo’ a te, Rocky?” lo prese in giro Chris.
“Non capisco di cosa stai parlando!” Carl poteva sentire il calore aumentare sulle sue guance. Non aveva fatto niente al di là di baciare Rachel, sabato sera, non che qualcosa di più non gli fosse passato per la mente. Dannazione si, gli era passato per la mente. Anzi, era ancora nella sua mente.
“Dacci i dettagli succosi!” Chris diede a Carl una fraterna manata sul braccio e fece l’occhiolino al suo compagno. Tully stava aspettando con ansia di sapere perché il suo contegnoso capo stava svolazzando come uno scolaretto.
Max entrò proprio in quel momento e Carl lo afferrò come se fosse una corda di salvataggio e la sua nave stesse affondando. “Max! Bene! Siete tutti qui! Possiamo cominciare!”
Max si guardò intorno nella stanza, chiedendosi se fossero diventati matti o se fuori ci fosse la luna piena o se lui fosse stato sbattuto in una dimensione differente. Sarebbe stata una di quelle giornate …!"

***

“Ciao, Liz.” disse Rachel entrando in sala visita. “Come ti senti, oggi?”
“Bene.” sorrise Liz.
“Avverti qualche fastidio? Qualche altra contrazione? hai avuto qualche perdita o macchie di sangue?”
“Solo le contrazioni di Braxton Hicks.”rispose Liz. “Qualcuna ogni tanto.”
“Hai fatto i tuoi esercizi di respirazione?” chiese Rachel.
“Si.” Liz sorrise. Max sembrava sempre più desideroso di aiutarla, facendo gli esercizi di Lamaze o massaggiandole la schiena o correndole a comprare il gelato nel cuore della notte. Notò il sorriso che si era formato agli angoli della bocca di Rachel e le disse “Okay, tira fuori"! Dimmi come è andata sabato sera.”
“E’ stato …” il sorriso di Rachel si fece ancora più largo, si avvicinò a Liz e disse “…meraviglioso!”
“Lo sapevo!” squittì Liz “ E il cinema?”
“E’ andata proprio come avevi detto"!” rise Rachel.
“E’ vero.” Liz rise con lei “Tu scegli un film come quello e gli uomini tendono a sentirsi protettivi e vogliono tenere l’uomo cattivo lontano da te. Dimmi cosa è successo!”
“Mi ha baciata.” Rachel era raggiante.
“Ti ha baciata?” Liz rimase a bocca aperta “Lì, al cinema?”
“Si.” Rachel non riusciva a smettere di sorridere.
“E …” cercò di farla continuare Liz.
“E’ stato meraviglioso!” Rachel arrossì.
“Oh, Dio, Rachel! Sono così contenta per te!”
“Ma … “ il sorriso di Rachel svanì lentamente.
“Ma, cosa?” chiese Liz.
“Lo sai ‘Ma cosa?’” Rachel si accigliò. “Io non posso … Io non so come dirglielo … Oh, Dio, è così difficile.”
“Tu e Max siete proprio uguali!” disse Liz risentita. “Se non avessi fatto io la prima mossa, probabilmente io e Max saremmo ancora vergini! E’ sempre stato così preoccupato sull’effetto che la sua ‘alienità’ poteva avere su di me. Dopo tutto questo tempo, ancora se ne preoccupa.”
“E se Carl non mi accettasse per quello che sono?” si domandò Rachel. “E se … E se mi trovasse ripugnante? E se gli dicessi la verità e mi voltasse le spalle?”
“Carl non lo farebbe mai.” disse Liz con convinzione. “ Non è quel tipo di uomo.”
“Tu hai più fiducia nell’umanità di quanta ne abbiamo noi.” disse Rachel con amarezza. Il suo clan era già stato minacciato dalla razza umana prima di allora, dalla fragilità e dai pregiudizi umani. Mettere al corrente il mondo della loro esistenza non era una cosa da fare a cuor leggero.
“Te lo concedo.” ammise Liz. “Tu non saprai mai con sicurezza che genere di persona sia finché non ti sarai confrontata con lui, ma Carl è una brava persona. Non ti deluderà, Rachel. me lo sento!”
“Non hai idea di quanto mi auguri che sia così.” disse Rachel ansiosamente.
“Max vorrebbe dirglielo, ma ha paura.” sospirò Liz. “Proprio come ne hai tu.”
“E’ così strano che abbiamo paura di lasciare che un umano scopra il nostro segreto?” chiese Rachel. “Guarda cosa hanno fatto a te e a Max. Vi hanno rinchiusi come se foste dei campioni in un barattolo e via hanno preso Ellie …”
Vedendo l’espressione cambiare sul viso di Liz, Rachel avrebbe voluto rimangiarsi quello che aveva appena detto. “Mi dispiace, Liz.”
“Io credo che dovresti dirglielo.” insistette Liz. “Credo che Carl sia molto più comprensivo di quello che pensi.”
“Vorrei solo che avessi ragione.” sospirò Rachel.
Cambiando argomento, Rachel sollevò il lenzuolo dalla pancia di Liz e disse
“fatti dare un’occhiata …”

***

Max entrò in cucina e andò dritto verso Liz, arrivandole alle spalle, mentre lei stava ai fornelli. Strofinando le sue labbra sul tenero punto dietro all’orecchio, le chiese “Come va la mia ragazza?”
“Bene.” Liz sorrise alla calda sensazione del respiro di Max sulla sua pelle. Tirò in su il viso e gli diede un bacio di benvenuto a casa.
Lui si diresse verso il frigo, ne prese un cartone di succo di frutta e tornò verso lo scolapiatti per prendere un bicchiere pulito. “Come è andata la tua visita da Rachel, oggi?”
Con un sorriso birichino, Liz gli disse “Ha detto che non possiamo più fare sesso. Hai ammaccato la testa di Matthew.”
Il bicchiere gli scivolò dalle mani e cadde sul lavandino, con un rumore che echeggiò in tutta la casa. Si girò con la faccia verso Liz, bianco come un fantasma, e gridò “COSA?”
A Liz bastò guardarlo in faccia per scoppiare a ridere. Era cosi scossa dalle risate che dovette tenersi la pancia con le mani.
“Non è divertente, Liz!” la rimproverò Max. Gli aveva fatto provare una paura del diavolo.
“Si, lo è!” insistette lei, ridendo sempre più forte.
“Cosa ti ha detto veramente Rachel?” disse Max, incrociando le braccia sul petto. Stava cominciando ad imbronciarsi.
Liz tolse il tegame dal fornello e traversò la cucina verso il marito accigliato. Gli prese le guance tra le mani e, cercando di essere seria, gli disse “Mi dispiace, Max!
Lui era ancora adombrato e le sue braccia continuavano a stare fermamente incrociate sul petto.
“Rachel ha detto che va tutto bene. Come da programma. La data stabilita è ancora per il 16. Ma …” disse e l’espressione sulla faccia di Max passò dal broncio alla preoccupazione.
“Ma, cosa?” Max cercò di reprimere le sue paure, ma per lui era impossibile. Aprì le braccia e le strinse intorno a Liz, bisognoso di sentirla vicina.
“Ha detto che non possiamo far l’amore fino a dopo la nascita di Matthew.”
“Perché?” chiese Max, preoccupato di aver fatto qualcosa che fosse stato dannoso per lei o per il bambino.
“Ho cominciato a dilatarmi.”
“Tu hai cosa?” era ridiventato bianco come un fantasma. “Ti stai già dilatando? Questo significa … il bambino … il parto … oh, dannazione … siediti! Tu non dovresti stare in piedi!” la spinse verso il tavolo e la fece sedere.
“Max. Non sono ancora in travaglio!”
“Ma hai cominciato a dilatarti! Oh, Signore, ti stai dilatando!” Max prese un’altra sedia, la mise accanto a quella di lei e si sedette, perché all’improvviso si sentiva le gambe come fossero gelatina. “Oh, Signore, ti stai dilatando!”
“Max, calmati.” Liz dovette mordersi le labbra per non scoppiare a ridere di nuovo. L’espressione della faccia di Max era adorabile, con gli occhi grandi come scodelle, le orecchie rosse e le dita che si tormentavano nervosamente il labbro inferiore.
Gli prese le mani tra le sue, stringendole con dolcezza e gli chiese “Qual è il problema, Max?”
La guardò con i suoi occhi grandi e sinceri, quasi brillanti nel ricco calore dell’ambra, ed esitante disse “Stiamo per avere un bambino … cioè …*stiamo* per avere un bambino.”
“Questo la sapevamo già da un po’ di tempo, Max.” gli ricordò Liz con dolcezza.
“Lo so, ma …” Max si portò la mano sulla fronte e vi si appoggiò, come se la testa gli girasse. “Ma, voglio dire … stiamo per avere un bambino. Proprio qui. In questa casa. Gattonerà sul pavimento. Starà seduto sul seggiolone, proprio qui. Giocherà con la terra del giardino sul retro. Dobbiamo prendere un cucciolo. Un bambino deve avere un cucciolo.”
“Va bene,” Liz gli diede una pacca sul ginocchio, rassicurante.
“Possiamo prendere un cucciolo?” chiese Max, ancora sotto shock evidente.
“Si, avremo un cucciolo.” sorrise Liz. La sua mano prese quella di lui e le loro dita si intrecciarono, quando lei aggiunse “Si, ma aspettiamo che Matthew sia un po’ più grande, okay?”
“Okay.” annuì Max e le strinse forte la mano. Ora cominciava a sentirlo veramente. Un bambino … un vero, reale bambino … il loro bambino … e questa volta non sarebbe stato solo un sogno.

Capitolo 71

Max era seduto dietro a Liz, e le carezzava la pancia con movimenti circolari. Le sue morbide, rassicuranti carezze erano dolci e rilassanti, e dopo aver controllato l’orologio disse “Ora.” facendolo seguire da “Fai un respiro profondo.”
Liz cambiò posizione, guardando la sua faccia sorridente, e disse “Hai ancora qualche minuto per esercitarti, prima di andare al lavoro?”
“Certo.” Max le passo amorevolmente le dita tra i capelli.
Lei si appoggiò contro il suo petto caldo, sentendo le gambe nude di Max contro i propri fianchi e quando lui disse “Ora.” lei fece un’ altro respiro profondo per ricominciare gli esercizi di Lamaze. Lei si era concentrata sulla statua di Pegaso che stava sul cassettone, ma poco prima il suo sguardo si era posato sul disegno attaccato alla parete. Mise a fuoco l’immagine di lei e di Ellie che cavalcavano il maestoso animale, mentre Max continuava a contare i secondi di un’immaginaria contrazione.
Lui sollevò le sua mani dal pancione, abbandonando le morbide, delicate carezze e le poggiò la punta delle dita sulle tempie. Chiuse gli occhi in profonda concentrazione, formando la connessione con lei. Poteva sentire il battito del cuore di Liz, sentiva lo scorrere del sangue nelle vene, percepire i suoi pensieri più intimi. Amava diventare una parte di lei in questo modo, quando erano completamente aperti l’uno all’altra, quando le loro anime diventavano una.
Max riusciva a vedere nella mente di lei, vedere la sua fantasia di volare sopra un cavallo bianco con Ellie sicura tra le sue braccia e lui si univa a loro, seduto dietro a Liz sulla groppa enorme del cavallo alato. Poteva sentire il vento che soffiava tra i suoi capelli e sentire le ali del cavallo che tagliavano l’aria e la gioia di volare in alto sopra ai prati.
Lei si voltò per sorridergli con il sole che le splendeva sul viso e Max sapeva che stava provando tutto quello che anche lui stava provando. All’improvviso il tempo finì e Max sciolse la connessione. Era quasi doloroso separarsi da lei e gli ci vollero alcuni istanti per riabituarsi ad essere da solo.
“Devo andare.” le disse dolcemente all’orecchio.
“Lo so.” Liz girò la testa e gli porse le labbra. Lui la baciò teneramente, carezzandole la gola con le mani e poi si staccò da lei. Liz rimase seduta e Max scivolò via da dietro di lei, scendendo dal letto e dirigendosi verso l’armadio per prendere i vestiti
“Mi piace il modo in cui te ne vai in giro solo con la biancheria intima.” lo prese in giro Liz. La verità era che le piaceva veramente. Il suo corpo era sodo e muscoloso e si muoveva con una sorta di grazia felina. I suoi muscoli si tesero mentre camminava, e lui la guardò da dietro la spalla, con quel suo sorriso sexy.
“Non cominciare qualcosa che sai già che non potremo finire.” la mise in guardia Max. Rachel aveva detto nessun gioco fino a dopo la nascita di Matthew. Lui aveva intenzione di fare il bravo, anche a costo di impazzire.
“Non credo che intendesse dire che tu devi diventare un monaco.”
Lui mise la testa fuori dal guardaroba e inarcò un sopracciglio, guardandola. “E cioè?”
“Vieni qui e te lo farò vedere.” disse Liz in modo allettante.
La sua testa scomparve dietro la piccola porta e Max cominciò a contare lentamente fino a dieci. Se non avesse contato fino a dieci, avrebbe fatto tardi al lavoro. Fece un profondo respiro e si infilò un paio di pantaloni e prese una camicia blu dalla stampella. Infilò le braccia nelle maniche e cominciò ad abbottonarla mentre usciva dallo stanzino.
“Guastafeste!” Liz gli fece il broncio, quando lo vide uscire quasi completamente vestito.
“Me lo stai rendendo tremendamente difficile.” la rimproverò Max, avvicinandosi al letto.
“Questo era lo scopo.” gli sorrise Liz, in modo allettante.
“Liz, devo andare al lavoro.” Max stava cercando con tutte le sue forze di mostrarsi risoluto.
“Okay.” Liz si arrese e lo aiutò con la cravatta.
Max si infilò la camicia nei pantaloni e Liz lo vide chiudere la lampo. L’aveva fatto in modo evidente e molto lentamente e Liz gli diede una manata per averla presa in giro. Lui rise di cuore e tornò nel guardaroba a cercare una cinta.
“Cosa pensi che farai oggi?” Liz alzò la voce perché Max potesse sentirla dallo stanzino. Lui bofonchiò una risposta e lei gli disse a voce ancora più alta “Cosa hai detto? Non ho capito niente.”
“Ho detto,” Max rientrò in camera da letto, portando un paio di scarpe. “Devo finire il rapporto sul caso di Cindy Morgan e poi Carl vuole andare a vederla, questa mattina.”
“Perché?” chiese Liz, curiosa. “Pensavo che fosse un caso di ordinaria amministrazione. Lei si era persa, tu l’hai ritrovata, caso chiuso.”
“Dovrebbe essere così.” Max esitò e posò le scarpe sul pavimento accanto al letto.” Finì di allacciarsi la cinta e poi si sedette sul letto per infilarsi le scarpe. “Non sono sicuro del perché voglia vederla. non me lo ha detto. Forse solo per vedere come sta.”
“Parlando di Carl, Rachel mi ha detto che hanno trascorso una bella serata, sabato sera.” Mentre Max si infilava le scarpe, Liz si chinò per allacciarle.
“Davvero?” Max la guardò con un mezzo sorriso, ricordando l’espressione sognante sul viso di Carl, quando avevano parlato in ufficio, il giorno prima.
“Si, davvero.” Liz fece un sorrisetto. “L’ha baciata!”
“L’ha baciata?” Max se l’era immaginato, ma Carl non era sceso nei dettagli e lui non glielo aveva chiesto.
“Si.” Liz era gongolante.” Al cinema. Lei dice che bacia molto bene.”
“Credo che siano informazioni di cui posso fare a meno.” rise Max.
“Oh, non mi dirai che voi ragazzi non parlate mai di queste cose?” lo riprese Liz.
“No, non lo facciamo.” Max la guardò dritta in faccia. “Noi non parliamo di baci o cose del genere. Noi parliamo solo di sesso.”
“Non hai parlato di noi, vero?” chiese Liz con gli occhi spalancati
“Certo.” Max cercò di non ridere all’espressione scioccata che era nata sulla faccia della moglie e continuò. “I ragazzi sanno benissimo quanto tu sia insaziabile.” Lui si inchinò improvvisamente, ma gli arrivò un manrovescio di Liz. Ridendo, la fece sdraiare sul letto e la guardò negli occhi.”Tutti loro sanno che non ne hai mai abbastanza di me.” Le accarezzò le guance con il dorso delle dita e poi la baciò, incapace di trattenersi.
“Chi non ne ha abbastanza di chi?” chiese Liz, quando entrambi cercarono di riprendere fiato.
“Devo andare.” Max sospirò e si tirò un po’ indietro e allora i suoi occhi si posarono sulla curva della pancia di lei, e lasciò che la sua mano vi si attardasse. Le labbra seguirono la mano e la baciò attraverso la camicia da notte, dicendo “Sii buono con tua madre, oggi. Non fare il karate lì dentro.” Sentì Matthew premere la sua manina e Max ricambiò il saluto, mentre un largo sorriso gli fioriva sul viso. Poteva sentire Matthew nella sua mente: Gli sussurrava parole che lui non poteva ancora sentire ma che sapeva stesse dicendo.
“Anche io ti voglio bene.” disse Max al suo bambino non ancora nato. La sua mano si aprì a ventaglio sopra l’addome di Liz emettendo un tenue baluginio mentre Max cercava di intensificare la connessione. Ora le parole che diceva Matthew gli arrivavano forti e chiare e l’immagine che suo figlio gli stava inviando era netta ed inconfondibile.
“Ci sto lavorando, amico.” ridacchiò Max. Si chinò in avanti e parlò alla pancia di Liz in tono cospiratorio. “Prova a mandare un’immagine di Lassie. Chi può resistere a Lassie?”
“Max’” Liz gli scompigliò i capelli. “Smettila di incoraggiarlo.”
“Vuole un cucciolo, Liz!”
“Si? E chi glielo ha messo in testa?” Liz sentì il letto muoversi, mentre Max cambiava posizione e si mise sopra di lei con la faccia a pochi centimetri dalla sua. Le loro bocche si unirono in un bacio e alla fine lui si decise a staccarsi.
“Devo andare. Chiamami se hai bisogno di me. Chiamami anche se non hai bisogno. Diamine, chiamami e basta.” Rotolò via da lei e scese dal letto. Quando fu arrivato alla porta, le parole di Liz lo fecero bloccare.
“Potremmo fare sesso telefonico!”
Si voltò a guardare la sua faccia da diavoletto. Lei ci godeva a torturarlo. Quello scintillio nei suoi occhi diceva tutto. Liz si passò la lingua sulle labbra, solo per farlo impazzire, e Max senti la sua bocca parlare prima che il cervello riuscisse a capire cosa stesse dicendo “A che ora devo chiamare?”

***

Max era seduto alla piccola scrivania nell’angolo dell’ufficio e stava finendo di scrivere il rapporto su Cindy Morgan. Aveva scritto i fatti puri e semplici, tralasciando i riferimenti ad abilità psichiche, cose incomprensibili e bizzarrie aliene. Il rapporto era dettagliato e preciso, eccetto che per l’omissione di visioni e di ossa rotte che erano guarite da una mano ardente.
Prese dal taschino il notes che aveva usato per appuntare i nomi delle persone che aveva intervistato nel parco. Era routine inserire nel rapporto tutte le informazioni che erano state raccolte durante le ricerche, ma quando guardò i nomi decise che non era necessario. Il caso Morgan era chiuso. Cindy si era semplicemente allontanata dalla madre e si era persa. Era stata ritrovata sana e salva. Non aveva senso conservare una lista di possibili testimoni, quando non c’era nulla da testimoniare. Non aveva senso perdere tempo immettendo informazioni che non potevano avere influenza sul caso.
Max chiuse il blocco ed aprì il cassetto della scrivania che Carl gli aveva assegnato. Lui non era un Detective come gli altri, anche se la maggior parte del lavoro che faceva era lo stesso. La sua qualifica era quella di ‘tirocinante’ sotto la supervisione di Carl. Dopo la laurea di Liz, lui avrebbe dovuto decidere cosa fare. Continuare a lavorare con Carl o riprendere gli studi per diventare Psicologo infantile come era nelle sue originarie intenzioni prima di trasferirsi in Arizona?
Posò il taccuino in cima ad una pila di altri già pieni di registrazioni scritte con la sua ordinata calligrafia, annotazioni dei casi cui aveva lavorato. Ne aveva appena preso uno nuovo e se lo era infilato in tasca, quando il telefono sopra la sua scrivania cominciò a suonare.
“Children Victims Unit. Parla Max Evans. Come posso aiutarla?”
“Ciao, bellissimo.”
Un sorriso gli illuminò la faccia e si mise a sedere. “Ciao, amore.” disse sottovoce.
“Cosa stai facendo?”
“Sto lavorando. Ti manco?”
“Certo … Come sei vestito?”
“Come sono vestito?” chiese Max sorpreso dalla domanda. Si guardò intorno per vedere se ci fosse qualcuno in grado di sentire, poi abbassò la voce. “Lo sai come sono vestito. Stamattina mi hai aiutato a vestirmi.”
“Come pensi che io sia vestita?”
Si mise dritto sulla sedia e si passò le mani tra i capelli. “Liz … cosa hai intenzione di fare?”
“Indovina come sono vestita.”
Max si mosse a disagio sulla sedia e guardò verso Carl, notando quanto fosse assorto nella lettura di alcuni fogli sulla sua scrivania. Si girò per guardare il microfono e rispose “Il vestito con le rose? Quello color pesca?”
“No. Prova ancora.”
“Porti un vestito?”
“Qualcosa del genere.”
“Qualcosa del genere?” Max alzò le sopracciglia. “Qualcosa del genere di un vestito?” Non era che … Liz l’avesse veramente chiamato per … stava continuando il gioco iniziato la mattina, vero?
“Ricordi cosa portavo la notte in cui è stato concepito Matthew?”
“La notte … “
Santo Cielo! Stava parlando dell’uniforme del Crashdown! Sentì la sua temperatura alzarsi bruscamente al ricordo di quella notte quando lei aveva indossato o ‘qualcosa del genere’ quell’uniforme. Dio, che notte! Lei si era aperta l’uniforme, esponendo il suo corpo nudo e quella era diventata una delle notti più eccitanti della sua vita.
“Ricordi?”
“Si.” Max si passò la lingua sulle labbra, mentre rispondeva.
“Ti sono piaciuta, quella notte?”
“Si.” Nella mente rivedeva l’uniforme aperta che drappeggiava il suo corpo, mentre con le mani si accarezzava la pelle. Si era passata le dita sui capezzoli per farli irrigidire. Poi si era accarezzata il torace ed era scesa verso l’addome e i folti riccioli neri. Max stava vivendo di nuovo il vivido ricordo e rivedeva le dita di Liz scivolare tra le gambe …
“Lo stai vedendo adesso nella mente vero?”
“Si.” si lamentò Max, allentandosi la cravatta e slacciandosi il primo bottone della camicia. Stava facendo caldo lì dentro.
“Ti ricordi come mi sono accarezzata il seno?”
“Si.” Max deglutì.
“Lo sto facendo anche ora, Max. Puoi vedermi?”
“Liz …”
“Puoi? Puoi vedere i miei capezzoli che si irrigidiscono? Puoi vedere le mie dita che li stringono? Puoi vederli, Max? Puoi vedermi inchinare la testa e toccarli con la lingua?”
“Liz … “ Dannazione, lei era snodata!
“Ti piace vedermelo fare, Max? Ti piace vedere che mi tocco?”
“Si.” Max cercò di non squittire.
“Lo sto facendo proprio adesso.” gemette Liz.
“Oh Dio, Liz, basta!” disse Max con un rauco lamento.
“Vuoi che smetta? Vuoi che smetta di strofinarmi le dita tra le gambe?”
“Liz, mi stai uccidendo.” Era curvo sul telefono, e sussurrava cercando di non farsi sentire da Carl.
“Dimmi cosa provi, Max. Ti stai eccitando? Le tue pulsazioni sono accelerate? Stai avendo un’erezione, solo per me?”
“Si.” sibilò lui. “E lo sai.”
“Mi piaci così, Max. Mi piace far scorrere la mia lingua sulla tua erezione. E a te piace quando lo faccio?”
“Liz…”
“Ti piace, Max?”
“Si! E tu lo sai che mi piace.” sussurrò animatamente.
“Puoi sentire la mia lingua su di te, Max? Puoi sentire la mia bocca intorno a te? Puoi sentire i miei capelli sulle tue cosce? Puoi sentire la mia testa che si muove in su e in giù?”
“Liz, per favore…”
“Vuoi che mi fermi, Max?” chiese lei seducente.
“Si … no …” Raffigurandosi quello che stava descrivendo, Max stava diventando dolorosamente rigido.
“Puoi sentirti dentro di me, Max? Puoi sentire me intorno a te?”
Una mano si appoggiò sulla sua spalla e Max scattò in piedi, mentre una voce gli diceva “Stai bene, Max?”
Lui chiuse veloce il telefono e si girò verso Carl, con le guance in fiamme. Anche le sue orecchie erano rosse. Aprì la bocca e balbettò “Io … cioè …tu … Ho bisogno di un bicchiere d’acqua!”
Carl seguì con lo sguardo Max mentre traversava la stanza verso il refrigeratore dell’acqua. L’aveva notato curvo sulla sua scrivania, sembrava quasi dolorante, e lui si era alzato per vedere se qualcosa non andasse. Era successo qualcosa a Liz? Notò come, mentre prendeva un bicchiere, la mano di Max stesse tremando. Lo riempì fino all’orlo e lo mandò giù tutto d’un fiato, poi ne riempì un altro.
Il telefono suonò e Carl poté sentire Max che si stava soffocando con l’acqua, lo sentì correre attraverso la stanza e vide la sua disperazione quando Carl raggiunse il microfono per primo. La voce cominciò a parlare prima che lui avesse il tempo di dire ‘Pronto’.
Gli occhi di Carl si spalancarono per le parole che sentì e per chi le stava dicendo ma, all’improvviso, comprese.
Con un baleno di comprensione negli occhi, porse il telefono a Max dicendo “E’ per te!”

***

Carl era seduto nel soggiorno dei Morgan e stava bevendo una tazza di caffé. Melissa Morgan era seduta davanti a lui con in braccio la piccola Cindy e, almeno per la decima volta da quando era arrivato, lo stava ringraziando per aver salvato la figlia.
“Agente Montoya, non so se potrò mai ringraziarvi abbastanza. Mi avete riportato mia figlia.”
“Veramente,” Carl minimizzò il suo ruolo “ha fatto quasi tutto il mio compagno.”
“Dov’è?” chiese Melissa “Non ho ancora potuto ringraziarlo. Ero quasi impazzita quel giorno.”
“Ha il pomeriggio libero.” Carl sorrise, ricordando la faccia di Max quella mattina, quando lui aveva preso la telefonata di Liz. Max era diventato di un centinaio di gradazioni di rosso e, dopo aver sentito quello che Liz gli aveva detto, Carl non se meravigliava. Gli aveva dato libero il resto della giornata, dopo tutto se lo meritava. Aveva lavorato quasi tutta la domenica al caso Morgan, e un uomo ha bisogno di passare un po’ di tempo con sua moglie.
“Da due giorni Cindy non fa che parlare di lui .” Melissa sorrise a sua figlia. “Dice che è un angelo perché brilla.”
“Lo fa, mamma.” disse Cindy eccitata “Brilla dappertutto!”
Carl sorrise all’esuberanza della bambina. le cose che dicono i bambini! Sorridendo all’ esagerazione di Cindy, aprì la cartella sul grembo e consultò i suoi appunti.
“c’è scritto nel rapporto medico del Pronto Soccorso che a parte qualche livido e qualche escoriazione, Cindy è uscita dalla sua avventura quasi illesa. E’ d’accordo con questa valutazione, signora Morgan?”
“Oh, si.” annuì Melissa “Sta bene. Lunedì prossimo andremo a togliere i punti al ginocchio, ma tranne questo, è quasi guarita”
“E’ meraviglioso saperlo.” sorrise Carl.
“Mi sta quasi incollata, da quando è successo, ma c’era da aspettarselo. Non mi vuole perdere di vista. Per lei è stata un’esperienza traumatica.” Spostò lo sguardo da Cindy a Carl ed aggiunse “Anche per me.”
“Posso immaginarlo.” simpatizzò Carl. Guardò ancora una volta il rapporto poi arrivò dritto alla questione che l’aveva portato lì. Indicando la pagina che aveva davanti disse “Qui c’è scritto che c’era un’impronta insolita sul suo braccio destro. Posso darle un’occhiata?”
“Mi dispiace.” Melissa scosse la testa. “Temo che non sia possibile.”
“No?” chiese Carl sorpreso. Gli era sembrata molto cooperativa e ora gli negava una semplice richiesta …ù
“Non c’è più.” spiegò Melissa “Qualsiasi sia stata la causa, era temporanea, perché l’impronta è scomparsa.”
“Me l’hanno fatta gli Angeli, mamma.” Cindy aggiunse la sua alla discussione.
“Si, tesoro, gli angeli ti hanno protetta.”
“Posso vedere?” chiese Carl, ancora più incuriosito.
Melissa tirò su la manica della camicetta di Cindy, esponendo l’intero braccio, ma non c’era nulla da vedere. Qualsiasi impronta argentata il medico avesse riscontrato, era sparita.
Dannazione, pensò Carl guardando la pelle intatta. Il pensiero dell’impronta sconosciuta, causata da un agente sconosciuto, lo aveva intricato. Gli piaceva investigare sui misteri. Amava le sfide difficili, e questa aveva l’aria di essere una di quelle, ma ora evidentemente, era sparita. dannazione.
Carl chiuse la cartella e si alzò in piedi, non vedendo più alcuna ragione per continuare il colloquio. “Grazie, signora Morgan. Credo che abbiamo finito.”
Melissa accompagnò Carl alla porta, con Cindy che li seguiva. Lui salutò e si girò per andarsene, quando Cindy gli prese la manica della giacca. Si accovacciò di fronte a lei e, guardandolo con un aria estremamente seria, Cindy gli disse “E’ stato l’ Angelo Max a farmi il segno sul braccio quando mi ha fatto sparire il dolore.”
“E’ stato lui?” chiese Carl curioso.
“Si.” annuì lei.
“Il braccio ti faceva male, prima che Max ti trovasse?” Carl premette per saperne di più.
“Si.” disse Cindy sottovoce “Veramente tanto e non potevo muoverlo.”
“Ma Max ti ha fatto stare bene?” chiese. Lei annuì ancora, sorridendo.
Carl si alzò in piedi, con più domande adesso di quando era arrivato. Salutò nuovamente e si diresse verso la macchina, assorto nei pensieri.
Max aveva veramente fatto qualcosa a Cindy o era stata solo l’immaginazione di una bambina sottoposta a una prova terribile? Cosa intendeva dire con ‘angeli’ e ‘brillare’ e cosa poteva aver provocato un’impronta d’argento che non poteva essere rimossa, ma che era scomparsa da sola? Carl scivolò dietro al volante della macchina, determinato a trovare le risposte.

Capitolo 72

Mentre camminavano nel sentiero del parco, Max stringeva la mano di Liz. Camminavano senza fretta, godendosi il sole sul viso ed il calore dell’aria. Presto il sole sarebbe stato ardente nel cielo dell’estate, ma oggi era caldo e piacevole.
Avevano finalmente fatto il picnic che avevano programmato per la domenica. Liz era rimasta sorpresa quando Max era rincasato così presto e poi imbarazzata nello scoprire il perché. Sentì Max ridacchiare alle sue spalle e si giro per vederlo scuotere la testa.
“Perché stai ridendo?” gli chiese, quando furono vicini al piccolo stagno.
“Stavo solo ripensando alla faccia di Carl quando gli hai detto quelle cose sconce.” Max rise e le strinse la mano.
“Max,” sospirò Liz, sentendosi le guance arrossire di nuovo. “Non sapevo che avrebbe risposto lui! Pensavo che fossi tu!”
“Sembri così dolce ed innocente, scommetto che pensava non sapessi nemmeno quelle parole.”
“Max,” Liz gli tirò la mano. “Cosa ha detto? Come farò a guardarlo in faccia la prossima volta che lo incontrerò? Dio!” Lei si fermò e si coprì il viso con le mani, appoggiando la fronte contro il petto di Max. “Io … io gli ho chiesto se la mia … lo facesse eccitare!”
Max tirò indietro la testa ridendo così forte che cominciò a fargli male il fianco.
“Max!” lei gli diede un pugno sul petto. “Non è divertente!”
“Si che lo è!” lui le afferrò la mano, continuando a ridere.
“Io non ho mai parlato in quel modo con te.” si lamentò Liz “E la prima volta che lo faccio, finisco per dire parole sconce al tuo capo! Non avrai problemi, vero?”
“Per cosa? Per aver fatto sesso al telefono con mia moglie durante le ore di lavoro?” Max rise di nuovo. “Non hai in programma di farlo diventare un’abitudine, vero?”
“No!” gridò Liz con enfasi. “Non credo che dirò mai più cose sconce!”
“Puoi continuare a dirle a me.” disse Max dolcemente, accarezzandole la nuca con le labbra “Tutte le volte che vuoi.”
“Ti piace se ti dico cose sconce?” chiese Liz, guardandolo con gli occhi sbarrati.
“Decisamente …si.” ammise Max, ricordando le cose che gli aveva detto. “E’ un modo … differente … è eccitante.”
“Davvero?” Un sorriso incerto comparve sulle sue labbra.
“Si.” Lui la guardò con quel suo sorriso timido e il rossore cominciò ad affiorare sulle guance di entrambi.
“Andiamo.” disse Liz, tirandogli la mano. “Andiamo a dar da mangiare alle papere. Poi andremo a casa e mangeremo anche noi.”
“Abbiamo appena mangiato, Liz.” le ricordò Max, mentre lei lo spingeva avanti.
“Max, non sto parlando di cibo.” sorrise. Max piegò la testa mentre un largo sorriso gli illuminò il viso ed il suo appetito cominciò a farsi sentire.

***

Carl ritornò in ufficio e si sedette alla scrivania. Posò il fascicolo Morgan davanti a sé, fissando la copertina e pensando alle cose che aveva detto Cindy. Max era un angelo. Max brillava dappertutto. Max aveva fatto sparire il dolore dal suo braccio, nel punto in cui l’impronta, secondo quanto riferito, era apparsa e poi scomparsa. C’era qualcosa di vero o era solo l’immaginazione di una bambina troppo attiva?
Ma l’impronta sul suo braccio non era un’immaginazione. Era descritta sul rapporto medico, nero su bianco. Tuttavia, poteva essere stata causata da qualsiasi cosa.
Mise da parte la cartella, e guardò l’orologio sulla sua scrivania. Erano le 13.15 e Rachel aveva detto che di solito lei pranzava tra le 12.30 e le 13.30 e lo faceva alla sua scrivania, mentre aggiornava le cartelle cliniche delle pazienti. Doveva chiamarla? Lei gli aveva dato il numero del suo ufficio così che potesse chiamarla, ma la questione era: doveva chiamarla?
Sarebbe stato eccessivo? Avrebbe dato l’impressione di darle la caccia, come un pazzo ossessionato, chiamandola ad ogni momento? Sabato erano usciti insieme. Domenica aveva dovuto lavorare al caso Morgan, il che aveva interferito con i suoi piani per vederla ancora, ma la notte avevano parlato al telefono per ore, anche se a lui erano parse minuti. Ieri sere avevano programmato una cena, ma lei aveva dovuto cancellare l’impegno all’ultimo minuto. Doveva assistere al parto di una paziente. Il dovere la chiamava.
E se fosse stata solo una scusa? E se avesse disdetto la cena perché dopo che lui le aveva parlato domenica notte, lei si fosse resa conto di non avere nulla in comune con lui? E la cena in programma per quella sera? E se avesse cancellato anche quella? Lei era meravigliosa, stupefacente, assolutamente bellissima. Cosa poteva trovare in un uomo come lui?
Non era giovane. Non era alto. E certamente non era attraente. Non si poteva dire che avesse un bell’aspetto. Carl si accigliò. Aveva quel tipo di faccia che la gente definiva ‘piena di carattere’. In altre parole, aveva un brutto viso, ma una bella personalità. Che cosa Rachel avrebbe mai potuto vedere in un uomo come lui?
Il telefono squillò. Carl fu strappato dai suoi scoraggianti pensieri e alzò il ricevitore dicendo “Children Victims Unit, parla l’Agente Montoya.”
“Ciao, Carl.” disse Rachel, e la sua voce suonò dolce e melodiosa nelle sue orecchie.
“Rachel!” si sorprese Carl. Lei aveva chiamato! Lui la stava pensando e lei aveva chiamato! Oh, Dio! pensò scivolando nel panico. Perché aveva chiamato?
“E’ … è un brutto momento?” gli chiese “Sei occupato?”
“No.” rispose svelto Carl. Troppo svelto? “Sono appena rientrato in ufficio. E’ … um … voglio dire … Come è andata la tua giornata?” Si coprì il viso con la mano, chiedendosi che diavolo ci fosse di sbagliato in lui. Quando parlava con lei, faceva sempre la figura dell’idiota.
“Bene.” rispose Rachel. “Bene.”
“Ottimo … veramente ottimo.” Carl roteò gli occhi per la propria inettitudine.
“Carl, a proposito della cena …”
“La cena?” lui sentì il suo stomaco contrarsi. Ci siamo. Un pretesto gentile. La notte scorsa era stata la nascita di un bambino. Stasera avrebbe dovuto lavorare alle cartelle delle pazienti o qualche altra scusa. Per domani si aspettava ‘Mi devo lavare i capelli’. Già la sentiva arrivare.
“Non volevo disturbarti al lavoro, ma mi stavo chiedendo se è confermato l’appuntamento per questa sera a cena?” A Carl, Rachel sembrava avere delle esitazioni. “Mi dispiace aver dovuto rinunciare l’altra sera, ma Rafael Garcia aveva deciso di venire a conoscere il mondo.”
“A cena? Questa sera?” lui inciampò sulle parole. Cercando di riguadagnare il controllo, Carl trattenne le sue esagerate emozioni e disse “Oh, non ti preoccupare di stasera. Quando la natura chiama …” Quando la natura chiama? Quando la natura chiama!!! Sembrava che stesse parlando di pare la pipì nel bosco! Buon Dio Onnipotente! Perché non riusciva a dirne una giusta?
“Si, quando la natura chiama, Rachel obbedisce.” disse lei in un tono basso. “I bambini hanno la pessima abitudine di scegliere sempre il momento sbagliato.”
“Lo fanno?” chiese Carl, incantato dal suono della sua voce.
“Si!” replicò lei con calore. “Una volta ho impiegato un anno per programmare l’anniversario dei miei genitori e ho dovuto lasciare nel bel mezzo della festa per far nascere due gemelli.”
“Oh, Rachel.” simpatizzò Carl. “E’ tremendo …”
“Come dici tu, quando la natura chiama…”
“Per stasera …” cominciò a dire Carl.
“E’ ancora valido l’invito per stasera?” chiese lei nello stesso istante.
“Si.” replicarono entrambi, lei con un punto interrogativo e lui con un vigoroso assenso.
“A che ora?” chiesero assieme e le loro orecchie si riempirono delle loro comuni risate.
“Posso passare a prenderti alle 7.00.” suggerì Carl.
“Perfetto.” acconsentì Rachel. Ancora più perfetto sarebbe stato se avesse detto alle 6.00 o alle 5.00 o anche tra 10 minuti. “Ci vediamo alle 7.00.”
Carl la salutò e riappese il telefono, lasciano che la mano vi si attardasse, mentre ripensava alla loro conversazione. Sorrise alla sua osservazione ‘Quando la natura chiama, Rachel obbedisce. Lei aveva riso della sua uscita infelice. Forse, dopotutto, lei non pensava che fosse un completo imbecille.
Il telefono suonò ancora e Carl lo afferrò immediatamente, chiedendosi se lei si fosse dimenticata di dirgli qualcosa. “Pronto?”
Sentì i disturbi della linea e poi una voce profonda e vagamente familiare disse “Detective Montoya?”
“Si, parli pure.” Carl si sedette rigido, ammonendo se stesso per aver risposto in modo così poco professionale.
“Qui è Mark Lakely. Ho qualche nuova notizia per lei.”
“Signor Wakely,” Carl riconobbe l’investigatore privato.”Cosa c’è di nuovo?”
“Qualcosa di interessante.” insinuò Lakely.
“Allora?” disse Carl impaziente.
“Ho parlato con l’inserviente di Brierwood. Lui dice che sono successe delle cosa strane alla Montagna.”
“Che genere di cose strane?” chiese Carl, prendendo una penna dal cassetto della scrivania ed avvicinandosi un taccuino per prendere degli appunti.
“Ha detto che avevano preso quella ragazza incinta ed un uomo in coma.”
“Un uomo in coma?” Carl scrisse le parole ‘femmina’ e poi ‘incinta’. Poi si spostò sulla parte destra del foglio e scrisse ‘maschio’ seguito dalle parole ‘in coma’.
“Sembra che l’uomo non fosse molto importante. Era la ragazza che interessava loro, e il bambino.”
“Come era l’aspetto della ragazza? Come si chiamava?”
“Lui non lo sa. Non l’ha mai vista. La chiamavano soltanto Soggetto B.”
“Cosa mi dici dell’uomo? Lasciami indovinare, lo chiamavano Soggetto A?”
“No.” rispose Lakely “Lui aveva un nome, o almeno un primo nome. Sembra che qualcuno dei tecnici avesse lavorato con lui. Si chiamava Joshua. Non ha mai sentito il suo cognome.”
“Joshua, huh?” disse Carl, sentendo un formicolio alla nuca. C’era qualcosa, solo che non era sicuro di cosa fosse.
“Si, ma come ho detto non era importante. Erano lì per la ragazza e quello che stava portando in grembo. Volevano il bambino.”
“Perché? Cosa c’era di speciale in quel bambino?”
“Intendiamoci, quell’uomo non ha mai visto la ragazza, ma le voci che giravano dicevano che il bambino non era completamente umano.”
Ancora quella storia, sospirò Carl. “Cos’altro dicevano? Quel Joshua, quell’uomo in coma, era lui il padre del bambino?”
“No. Quell’uomo, l’inserviente, non era lì quando è successo, ma giura che il padre del bambino ha quasi distrutto il posto per trovare suo figlio e la madre del bambino. Era amico di una guardia che quella notte era presente. L’ho rintracciato in una compagnia di Chandler, non lontano da lì. Vuole che ci vada e parli con lui?”
Carl fece silenzio per un minuto e poi prese una decisione. “No. Dammi il nome e l’indirizzo. Me la vedrò io.” Carl si annotò le informazioni e chiese “E’ tutto?”
“No, ci sarebbe un’altra cosa.” accennò Lakely.
“Cosa?”
“Mi ha detto di verificare a Roswell per qualcosa di insolito a proposito di Max Evans e di Elizabeth Parker. Sembra che a lei sia successo qualcosa di strano, nel ristorante di proprietà dei suoi genitori.”
“Qualcosa di strano? Cosa?” Carl si appoggiò in avanti, tamburellando con la penna sul foglio di carta.
“Qualche anno fa, quando ancora andava al liceo, sono girate delle voci che le avessero sparato durante una lite al ristorante e che in qualche modo Max Evans le abbia salvato la vita.”
“E’ vero?” disse Carl, incuriosito.
“Si. Non credo che le abbiano veramente sparato. I paramedici che l’hanno soccorsa, dicono che era molto scossa e che aveva lividi ed escoriazioni dovuti alla caduta, ma le voci intorno al fatto che le abbiano sparato persistono. E poi ci sono state delle altre voci, misteriose.”
Cosa non era misterioso in questo caso? si chiese Carl. “Quali altre voci?”
”Dicono che lei aveva un’impronta argentata sull’addome, proprio dove si supponeva fosse stata colpita. Cosa ne pensa di questo?”
Quel formicolio alla nuca di Carl stava aumentando. Un’impronta argentata? Forse un marchio d’argento che appare e poi scompare?
“Grazie, Lakely.” disse Carl distrattamente. Lo sentì vagamente dire che avrebbe approfondito la ricerca e chiuse il telefono, mentre guardava gli appunti che aveva preso.
Ragazza incinta – Liz?
Bambino – non completamente umano? – Ellie?
Joshua – in coma – Joshua chi?
Liz colpita da un proiettile?
Impronta argentata?
Cosa significava tutto questo? Guardò il nome della guardia che Lakely gli aveva fornito ed il numero telefonico di una società di Chandler. Prese il telefono e cominciò a formare il numero.

***

Liz terminò di gettare il pane alle papere, che emettevano versi striduli per averne ancora. Ne era rimasto solo un pezzo e lei aveva adocchiato un tranquillo germano che stava da una parte, più timido degli altri. Le sembrava che desiderasse fortemente quel cibo, ma fosse troppo timido per combattere con gli altri. Liz si sposto lentamente verso di lui, tendendo la sua mano per tentarlo e cacciando via le anatre più aggressive.
I suoi occhi la guardarono sospettosi, mentre la mano gli tendeva il boccone, ed indietreggiò.
“Vieni.” disse dolcemente Liz. “Non allontanarti. Questo è per te.” La testa dell’animale andava da una parte all’altra, guardandola cautamente avvicinarsi. Il suo collo si tese per un attimo e poi indietreggiò all’improvviso, mentre un’altra papera correva, tentando di afferrare il pane.
Max vide la sua determinazione di raggiungere il papero timido. Lei non si sarebbe arresa e non avrebbe mollato finché non l’avesse convinto a prendere il pane dalla sua mano. Questo gli ricordò che, nonostante tutto quello che avevano passato, lei non si era arresa nemmeno nei suoi confronti.
Non all’inizio, quando lui l’aveva respinta per la paura che fossero troppo differenti. Non più tardi, quando era stata sottoposta a quegli spaventosi trattamenti nell’Istituto, quando erano stati catturati, a causa di chi e cosa lui era. Non quando lui era fuggito lasciandola sola alla in mano ai mostri.
Lei non si era arresa nemmeno quando avevano perso Ellie.
Liz l’aveva sostenuto attraverso tutto, anche dopo che si era lasciato sfuggire Johnson dalle dita. Dal principio alla fine, il suo amore per lui ed il suo sostegno non avevano mai vacillato. Max non riusciva a pensare di poterla amare più di quanto l’amasse ora, ma ad ogni giorno che passava, lui l’amava più del giorno prima.
Liz si sporse, appoggiando una mano su un ginocchio, mentre tendeva in avanti l’altra. Teneva il pezzo di pane tra l’indice ed il pollice, mentre spronava dolcemente il germano a prenderlo. Lui allungò lentamente il collo e si decise a prendere il boccone dalle sue dita. Liz si raddrizzò, portandosi una mano sulla schiena dolorante e gli sorrise, mentre sbatteva le ali e tornava nello stagno.
“Andiamo a casa.” Liz si girò, porgendo la mano a Max e lui incrociò le dita a quelle di lei. Le tenne stretta la mano, mentre camminavano verso il parcheggio e quando passarono accanto alle altalene, lei rallentò e si fermò. Vide i bambini che ridevano e scherzavano, e gli chiese “E’ da qui che è cominciato?”
“Vuoi dire Cindy Morgan?” chiese Max.
“Si.” disse lei, guardandolo.
Lui annuì lentamente, in risposta. “Stava giocando sull’altalena più lontana, poi ha cominciato a seguire un gattino verso quegli alberi.” Allungò il braccio e Liz guardò nella direzione che lui stava indicando.
“So che il lavoro che fai è molto difficile per te.” Liz rivolse lo sguardo verso di lui. “Le cose che vedi, cose che non dovrebbero accadere nemmeno agli adulti, figuriamoci ai bambini … Ma quando trovi un bambino e gli porti via il dolore e lo riporti dalla sua famiglia, è il più grande dono che puoi fare.”
“Qualche volta è duro.” Max la prese tra le braccia. “Ma può anche essere la cosa che più ti ripaga al mondo. Quando ho visto Cindy e sua madre insieme …”
“Lo so.” Liz lo strinse forte, sapendo che per lui era contemporaneamente confortante e doloroso. Appoggiando la testa contro il suo petto, lei guardò in su, vedendo il viso di questo uomo speciale, dell’uomo di cui era stata così fortunata da condividere la vita. Guardò quegli occhi così espressivi, occhi che erano la finestra della sua anima, anima che era buona e pura, e così piena d’amore. Gli accarezzo la guancia e disse “Andiamo a casa.”
Camminando mano nella mano, lasciarono il parco e attraversarono il parcheggio, passando un segnale con disegnato un coyote che ululava sotto il sole del deserto e che portava la scritta ‘Coyote Canyon Park’ incisa nel legno. Max le aprì la portiera della macchina e Liz si fermò un attimo, prima di entrare, dando un’ultima occhiata al parco.
“Mi piace questo posto, Max.” disse, guardando il rigoglioso prato verde, i tavoli da picnic ed il campo da gioco. Le sembrava giusto stare lì. Una parte di lei non voleva lasciare quel posto, quel pacifico, tranquillo posto nel mezzo dell’attività febbrile e della confusione della vita di città. “Dovremmo tornarci ancora.”
“Lo faremo.” promise Max. “Torneremo presto.”

Continua...

Scritta da Debbi aka Breathless
Traduzione italiana con il permesso dell'autrice dall'originale in inglese
a cura di Sirio, con la collaborazione di Coccy85


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