Roswell.it - Fanfiction
SPECIALE

CUORI PRIGIONIERI (Captive Hearts)

Capitoli 61-66


Riassunto: Questa storia, in 118 capitoli, comincia subito dopo gli eventi dell'episodio "Amore alieno" (1.16), e nulla di quello che è accaduto dopo l’episodio è rilevante ai fini della storia. Max non è un re. Tess non esiste, non ci sono Skins o duplicati o Granilith.
Torniamo indietro al tempo in cui Max non ha occhi che per Liz e il suo più grande desiderio, la sua più grande paura è che lei in qualche modo possa ricambiarlo.

Valutazione contenuto: non adatto ai bambini.

Disclaimer: Ogni riferimento a Roswell appartiene alla WB e alla UPN. Tutti gli attori protagonisti del racconto e citati appartengono a loro stessi.


Capitoli 1-6
Capitoli 7-12
Capitoli 13-18
Capitoli 19-24
Capitoli 25-30
Capitoli 31-36
Capitoli 37-42
Capitoli 43-48
Capitoli 49-54
Capitoli 55-60

Capitolo 61

Max cambiò posizione sulla sedia dove era seduto e si passò le mani sulla faccia. Non aveva dormito molto le ultime notti e gli occhi gli bruciavano. Sapeva che doveva cercare di dormire, ma aveva paura. Se avesse dormito, avrebbe potuto sognare e se sognando avesse incontrato Ellie, come avrebbe potuto guardarla in faccia dopo aver fallito con lei così miseramente?
“Max, stai bene?” chiese Daniel e gli toccò un braccio.
Sussultando, Max voltò la testa in direzione di Daniel e cercò di rilassarsi. Era con persone amiche, qui in casa di Daniel. Non gli poteva succedere niente di brutto. Si guardò intorno nella stanza, prima verso Daniel, poi verso Josh, entrambi amici che erano venuti per aiutarlo. Per parlare di come trovare Ellie e riportarla a casa.
“Max?” disse ancora Daniel.
“Sto bene.” rispose Max, raddrizzandosi sulla sedia. Voltò lo sguardo verso Josh e notò che tutti e due lo stavano guardando, preoccupati. “Sto bene, veramente. E’ solo che non riesco a dormire.”
“Questo è comprensibile.” commentò Josh. Sapeva che genere di tensione Max stava sopportando.
“Allora, dove eravamo rimasti?” disse Max, cercando di riprendere la concentrazione.
Daniel consultò gli appunti che aveva davanti e disse “Abbiamo controllato l’appartamento che Johnson usava come facciata …”

***

“Vieni qui, Liz.” disse Rachel spostando una sedia dal tavolo della cucina. “Siediti che ti controllo la pressione del sangue.”
“Perché?” chiese Liz mentre posava in terra Amber. Vide la bambina trotterellare per la cucina con le mani tese, cercando di prendere il biscotto che sua madre le stava porgendo. Riportando a Rachel la sua attenzione, le disse “Mi sento bene. Veramente.”
“Sono sicura che stai bene e noi vogliamo che tu continui a stare bene. La tua pressione era un po’ alta, l’altro giorno e oggi mi sembri un po’ agitata. Voglio solo tenerla sotto controllo.”
“Non c’è nulla che non va in me.” disse Liz dirigendosi verso la sedia e sedendosi. Anche il semplice gesto di sedersi stava diventando complicato, adesso. Amava la sensazione di Matthew che cresceva dentro di lei, amava il modo in cui le loro menti si univano durante il giorno quando lui voleva parlarle, ma la gravidanza aveva anche un altro lato. In quel momento, Matthew le diede un calcio sulle costole. “Ehi tu, li dentro, falla finita!” sorrise Liz e si carezzò la pancia.
“Ho sentito un silenzioso ‘ma’, in quella frase.” disse Rachel mentre fissava la fascia per la misurazione intorno al braccio di Liz e cominciava a gonfiarla.
Liz fissò Rachel, per niente sorpresa del suo commento. Rachel era molto perspicace “Sono preoccupata per Max. Non dorme la notte e so che qualcosa lo preoccupa, ma non ne vuole parlare con me.”
“Qualcosa che riguarda il suo lavoro?” chiese Annie mettendosi a sedere accanto a Liz.
“Lui dice di sì, ma io non gli credo. Sembra così preoccupato per me. L’altra notte ha perso la testa quando è tornato a casa e pensava che non ci fossi. E il giorno dopo ha cercato di convincermi a tornare Roswell fino alla nascita di Mattew. Penso che sia pazzo. Manca solo un mese alla fine del trimestre, non posso lasciare le mie lezioni proprio ora.”
Rachel si tolse lo stetoscopio dalle orecchie e sorrise, dicendo “120 su 60. La tua pressione sta bene.” Riprendendo la conversazione le chiese “Così cosa dici? ha insistito per rimandarti a Roswell?”
“Gli ho detto che non ho nessuna intenzione di andarci, allora ha detto che dovremmo chiedere a mia madre di stare con noi, e se lei non può, di chiederlo alla sua.” Liz inarcò le sopracciglia mentre guardava le due donne e continuò “Ve lo immaginate? Come se questo corpo non fosse abbastanza grande da interferire nella mia vita sessuale, non riesco ad immaginare cosa succederebbe con sua madre che dorme nella stanza a fianco!”
Si misero tutte a ridere e Sarah le guardò con curiosità mentre entrava in cucina. “Cosa c’è di così divertente?”
Annie guardò sua suocera e rise ancora più forte. “La gravidanza e l’arte di amare.” disse e vide Sarah inarcare le sopracciglia.
“Forse dovrei tornare nell’altra stanza. Non credo di voler sentire cosa combina mio figlio a letto!” Risero ancora, poi Liz scostò la sedia e cominciò ad alzarsi. Si fermò e si massaggiò l’addome, mentre era presa da un’altra contrazione di Braxton Hicks.
“Qual è il problema, Sarah? Non vuoi sentire come Josh fa arricciare a Annie le dita dei pi …” cominciò a dire Liz, quando Max entrò in cucina.
“Liz? Stai bene?” le chiese preoccupato, mentre correva verso di lei. Lei si rimise seduta e Max le si inginocchiò davanti, poggiandole una mano su una guancia e l’altra sulla pancia.
“Sto bene, Max.” gli disse rassicurante e guardò verso Rachel, con un’espressione che diceva ‘Hai capito cosa volevo dire?’
“Ho sentito una contrazione.” I suoi occhi preoccupati si staccarono da lei per vedere quel ponticello che era Matthew. Mancavano ancora sette settimane, prima di arrivare alla fine. Era troppo presto per le contrazioni.
“Max.” gli disse gentilmente, sollevandogli il mento per incontrare i suoi occhi “Le hai già sentite prima. Non è niente di cui preoccuparsi.”
Lui lasciò andare un sospiro ed un sorriso di sollievo gli percorse il viso. “Lo so … Solo che …”
“Lo so.” e lo baciò sulle labbra “Solo che sei preoccupato per me. Per noi.” aggiunse, toccandosi la pancia.
La mano di Max coprì la sua e lui le disse “Non posso evitarlo.”
“E io ti amo per questo.” sorrise Liz “ ma ti farai venire un’ulcera se non la smetti.”
“Mi dispiace.” le disse Max e la circondò con le sue braccia, bisognoso del conforto che gli dava sempre il contatto con lei. Stampandosi un sorriso sulla faccia, le disse “Cercherò di migliorare. Di preoccuparmi di meno.”
“Non credo!” disse Rachel con una smorfia.
Liz e Max la guardarono entrambi, e i loro sorrisi erano sinceri, mentre ascoltavano le risate di Annie e Sarah. Rachel trovava sempre il modo di alleggerire la tensione. Max si voltò verso Liz, le diede un bacio veloce, poi si alzò in piedi. Le sue dita si attardarono sulla guancia di lei, poi si allontanò per tornare nello studio. “Me ne vado.” balbettò “Daniel mi stava giusto mostrando il suo nuovo …, sai, il nuovo … programma per il computer.”
Liz annuì e lo vide andare, sentendosi vagamente sconcertata dalla sua ultima frase, poi si alzò e, imbarazzata, esclamò “Ha dimenticato la sua bibita.”
“Quale bibita?” chiese Rachel. “Come sai che voleva una bibita?” Liz la guardò come se avesse fatto una domanda sciocca, come era in realtà, e Rachel disse ridendo “Oh, naturalmente: la connessione Max e Liz.”
Liz sorrise e si avvicinò al frigo per prendere una Cherry Cola per Max e Rachel le chiese, in tono più serio “Attraverso la tua connessione sai che lui vuole una Cherry Cola, ma non sei in grado di dire cosa lo preoccupa così tanto?”
“No.” disse Liz, scuotendo la testa. “Ecco perché sono così preoccupata, perché lui mi ha chiusa fuori.”
Proprio in quel momento suonò il campanello e Sarah cominciò ad alzarsi in piedi. Rachel finì di riporre l’apparecchio per misurare la pressione e chiese “Aspetti qualcun altro?”
“Max ha detto che doveva venire Carl.” disse Liz, e attese la reazione di Rachel.
“Veramente?” disse Rachel, estremamente interessata. Si girò verso l’entrata principale e disse “Vado ad aprire io, Sarah.” e velocemente lasciò la cucina. Liz scambiò un’occhiata di intesa con Sarah e Annie, e si diresse in corridoio con la Cherry Cola per Max.

***

Rachel allungò una mano verso la maniglia della porta, poi si fermò. Si passò una mano sui capelli e si sistemò la gonna, per essere sicura che non fosse alzata, poi raggiunse di nuovo la maniglia. fece un profondo respiro ed aprì la porta e l’aria che aveva inspirato sfuggì dai suoi polmoni.
“Carl!” esclamò, più forte di quanto volesse. Si fece piccola piccola dentro, poi si schiarì la voce e aggiunse “Ciao.”
“Rachel!” Carl la guardò e si sentì incollato al terreno. Non immaginava di trovarla lì. Il suo cervello girava a mille all’ora, cercando di pensare a qualche cosa da dirle, poi aprì la bocca e tutto quello che ne uscì fu “Ciao!”

***

Liz si avvicinò alla porta dello studio, chiedendosi se il nuovo programma di Daniel avesse qualcosa a che fare con la ricerca di Ellie. Era stato così deludente non avere nessuna novità, nessuna traccia di recente. Anche se non portava da nessuna parte, una traccia dava la speranza che quella successiva avrebbe potuto portarli ad Ellie. Erano momenti come questi, senza nessun indizio, che le pesavano di più.
Lei sapeva che più Ellie diventava grande, più sarebbe stata in grado di fornire le notizie che cercavano così disperatamente, ma ancora era troppo piccola. Una volta che avesse imparato a leggere avrebbe potuto aiutarli, ma quel momento sembrava così lontano e lei la voleva a casa subito. Nei loro sogni, lei e Max avevano letto per Ellie e avevano cercato di insegnarle l’alfabeto, ma a due anni e mezzo era ancora troppo piccola.
Una volta che fu arrivata davanti alla porta dello studio, rallentò il passo e sorrise alla voce di Max che le arrivava alle orecchie. Fluttuava nell’aria, una ricca risonanza di cui lei gustava il suono. I suoi occhi e la sua voce l’avevano attirata verso di lui, tanti anni prima. Okay, anche le sue mani, pensò, e il suo sorriso aumentò al ricordo di quando l’aveva toccata la prima volta con quelle mani, il giorno che le aveva salvato la vita. Quelle mani calde e sensuali, con lunghe, affusolate dita. Mani che sapevano esattamente come toccarla …
Certo, se proprio doveva essere onesta con se stessa, non erano solo le sue mani. Il ricordo della prima notte che aveva visto il suo petto, quella notte nell’appartamento di Michael, le tornò alla mente e ammise che non erano solo i suoi occhi, la sua voce e le sue mani, che lei trovava così attraenti. Aveva un torace dannatamente bello da vedere. Ma, ripensandoci bene, non era tutto, no. Lei amava anche quella piccola fossetta sul suo mento ed il piccolo neo sul labbro superiore, Dio, se era sexy! E anche quello sotto il braccio sinistro. Non aveva mai pensato che un neo potesse essere sexy, ma in lui, era sexy tutto! Gli piaceva mordicchiarlo, proprio dove c’era qual neo, sotto il braccio e lui sentiva il solletico e rideva. Signore, come gli piaceva sentirlo ridere! E dopo, naturalmente, lui doveva mordicchiare lei …
La temperatura era salita improvvisamente? Okay, non erano solo gli occhi o la voce o le mani o il petto. Era tutto il suo corpo. La gola elegante che portava alle sue incredibili spalle, i forti muscoli della sua schiena, l’addome senza un filo di grasso, le sue cosce formidabili e si, si … il suo pacchetto. Lei aveva controllato anche il suo pacchetto. Oh, si! Anche molto prima di averlo visto realmente, lei aveva posato lo sguardo su quel pacchetto! Quei giorni nella classe di biologia, quando Max era seduto accanto a lei, ogni tanto aveva sbirciato di nascosto e, oh se le piaceva quello che aveva visto.
Liz si passò il bicchiere gelato do coca sulla gola, cercando di raffreddarsi e si chiese se tutte le donne si eccitavano così facilmente quando erano incinte e se era un effetto alieno?

***

Ci risiamo? pensò Carl tra sé e sé, guardando Rachel. Solo ‘Ciao’? Con tante cose intelligenti che avrebbe potuto dirle, riusciva solo a squittire ‘Ciao’? Si schiarì la voce, sentendo come se la cravatta lo stesse strangolando e disse “E’ bello rivederti ancora. Come stai?”
Rachel lo guardò, illuminato dalla luce del portico e pensò che i suoi occhi erano incredibili. Erano marroni scuro, ma avevano delle pagliuzze d’oro. Oro a 18 carati, pensò. lei soffocò una risata e si chiese da dove fosse uscito quel pensiero. In genere non era soggetta a pensieri sciocchi come quello. Era una donna pratica, non una romantica. Improvvisamente si rese conto che forse si aspettava una risposta, qualcosa che sembrasse intelligente e disse “Um, sto bene. E tu?”
“Bene.” rispose Carl e, dopo una pausa aggiunse “Anche io sto bene.”

***

Improvvisamente non solo il suono della voce di Max ad arrivò alle sue orecchie, ma anche le sue parole divennero chiare e il sorriso scomparve dalla faccia di Liz. Si fermò nel corridoio davanti allo studio, senza poter vedere a quello che stava sentendo.
“Sappiamo che Johnson ha lasciato il Maryvale all’improvviso.” Max stava elencando i fatti che erano stati in grado di accertare. “la scorsa settimana aveva i soliti impegni e questa settimana ha lasciato tutto senza preavviso. Forse qualche cosa lo ha spaventato o ha trovato un lavoro migliore o …”
“O cosa, Max?” chiese Josh, anche se immaginava cosa il suo amico stava per dire.
“O forse qualcosa lo ha spinto a dedicarsi alla ricerca a tempo pieno.” Max odiava perfino pronunciare quelle parole, perché sapeva cosa significavano per Ellie. Era l’incubo che aveva sempre temuto.
“Hai un’idea di cosa potrebbe avergli fatto prendere una decisione del genere?” chiese Daniel.
“Forse.” rispose Max. Ripensò all’ultima volta che avevano avuto un contatto con Ellie, e lo scudo che lei aveva formato. Forse Johnson aveva visto qualcosa? “I poteri di Ellie sono aumentati con la sua crescita e se lui ha visto …”
“Max?”
Max scattò in piedi nell’udire la voce di Liz e la sua testa si voltò verso la porta aperta. Lei era lì, con in mano una Cherry Cola, e lo guardava come se non lo avesse mai visto prima. La gola di Max si serrò e con voce strozzata mormorò “Liz!”

***

Carl sentì l’insetto girare ancora intorno alla sua testa e cercò di schiacciarlo per la terza volta. Mancato ancora. Era attratto dalla luce del portico e svolazzava intorno alla sua testa. Sembrava un idiota, muovendo le sue mani dietro all’animaletto, disse a se stesso. Una zanzara si gettò in picchiata contro il suo orecchio e lui girò di scatto la testa per evitarla. Grande. Era proprio grande.
“Um, c’è Max?” chiese Carl e di colpo pensò “Dio! Come suona stupido. Sembrava un bambino di cinque anni che veniva a cercare un amico per giocare. Avrebbe fatto meglio a dire ‘ Max può venire a giocare fuori con me?’ Gesù!
“Si, si, è qui.” rispose Rachel. Lei stette ferma a guardarlo per un altro minuto, poi si diede uno schiaffo metaforico sulla testa e disse “Entra, Carl. Entra.”

***

“Max, cosa sta succedendo?” Liz l’aveva sentito parlare di Ellie, e di Johnson. Era per questo che era stato così sconvolto, i giorni scorsi? Era successo qualcosa? Qualcosa che aveva a che vedere con lei?
“Liz!” disse ancora Max, e non seppe cosa altro aggiungere. Era arrivata nel momento peggiore. perché non aveva chiuso la porta, quando era tornato dalla cucina? Tutto quello che voleva era proteggerla. Era meglio che lei non sapesse nulla di tutto quello che era successo.
“Max Evans!” esclamò duramente Liz “Qualcosa è successo e io voglio saperlo SUBITO!”
‘Oh dannazione!’ pensò Max guardando la sua faccia seria. Ora era arrabbiata.
Daniel e Josh si scambiarono un’occhiata ed uscirono velocemente dalla stanza.

***

“Grazie.” disse Carl entrando. Scacciò ancora una volta la zanzara ed fece un passo avanti, mentre Rachel chiudeva la porta. Stavano immobili nell’atrio, uno davanti all’altra, guardandosi imbarazzati, finché Carl disse “ Um …Max?”
“Oh, si, giusto!” annuì Rachel “E’ dietro. Vieni, ti faccio strada.” E si voltò per condurlo lungo il corridoio, mentre lui la seguiva.
Passando dal soggiorno, Carl non poté fare a meno di notare il modo in cui Rachel camminava. Era aggraziata ed il suo corpo era sensuale. Poteva immaginare se stesso accarezzare le sue anche e … Whoa! Da dove venivano questi pensieri? Era da parecchio tempo che non faceva fantasticherie come quella.
“Um, Rachel.” chiese Carl, cercando di distogliere la mente da altre cose. “Come sta la signora Henner?”
Rachel si fermò e per un momento fu stupita che lui ricordasse il cognome di Lucy. Era passato un mese da quando le aveva dato un passaggio fino a casa di Lucy per assisterla durante il parto. Doveva avere una memoria eccellente. “Sta benissimo. Il bambino cresce velocemente e Paul si è adattato all’idea di avere un altro bambino in casa.”
Carl rise e subito la tensione della loro conversazione scomparve. “Di sicuro quel giorno era un fascio di nervi.”
“Questa è l’impressione che fa un neo padre.” rise Rachel. “Non hai mai avuto bambini, Carl?”
“No.” rispose lui, con un’ombra di rimpianto nella voce. “Michelle ed io non ne abbiamo avuti.”
“Oh, mi dispiace. Tu saresti stato un grande papà.” Rachel vide le sue sopracciglia inarcarsi ed aggiunse rudemente “Quello che voglio dire è … che i bambini ti ricordano tutta la vita che è intorno a te.”
“E’ proprio così?” commentò Carl.
“Succede quando guardi il viso innocente di un neonato.” Rachel sorrise.”Ma io non sono molto obiettiva.”
Carl non aveva voluto dei bambini per tanto tempo, soprattutto per i cattivi ricordi che si portava dietro essendo cresciuto da solo, per la strada. Poi, quando la malattia di Michelle aveva preso il sopravvento, era stato troppo tardi. Rimpiangeva di non avere una parte di lei, ora che se ne era andata. Il mondo si meritava di avere una parte di lei ancora viva. Delle voci interruppero i suoi pensieri e si voltò per vedere Daniel e Josh entrare in soggiorno.
“Ciao, Carl. Stai cercando Max?” chiese Daniel. Prima che potesse rispondere, Daniel aggiunse “Credimi, non ti farebbe piacere stargli vicino in questo momento.”

***

“Siediti, Liz.” supplicò Max ad una Liz arrabbiata.
“Non dirmi ‘siediti, Liz!” gli disse lei impetuosamente. “Tu me lo stavi tenendo nascosto. Mi dicevi che andava tutto bene, quando tu sapevi che non era vero! Voglio la verità!”
“Liz, per favore, non ti agitare.” la implorò Max. Le sue mani si mossero sulle spalle di lei, poi le accarezzarono i capelli e poi le guance, poi le svolazzarono intorno, nel tentativo di calmarla. “Non fa bene a Matthew se tu ti agiti in questo modo.”
“Non usare Matthew come scusa per mentirmi, Max Evans!” Liz quasi fumava.
“No, Liz. Non è questo che intendevo dire.” disse Max ansioso. “Per favore, tesoro, non ti agitare.”
“Ti ho sentito, Max.” disse Liz e la sua voce si era fatta improvvisamente pacata. ”Ho sentito quello che stavi dicendo.”
Max la guardò negli occhi, e vide che la sua rabbia era sparita per lasciare il posto a qualcos’altro. Paura. Ora c’era la paura lì e i suoi occhi cominciarono a lacrimare. Si appoggiò a lui, che la prese per le spalle, e poi disse delle parole che gli spezzarono il cuore. “Che cosa le è successo, Max? Cosa è successo ad Ellie?”
Max le avvicinò la sedia dove fino a poco prima era stato seduto lui e la fece sedere. Poteva sentirla tremare ed aveva uno sguardo terrorizzato negli occhi. Si mise in ginocchio davanti a lei e le prese le mani. Dal suo aspetto capiva che Liz stava immaginando il peggio e Max capì che grosso errore aveva fatto. Avrebbe dovuto dirle la verità fin dall’inizio.
Liz guardò verso Max, ma riusciva a malapena a vederlo, attraverso le lacrime. Era successo qualcosa ad Ellie. Ecco perché era stato così sconvolto nei giorni precedenti. Era successo qualcosa di orribile e lui aveva paura a dirglielo. Oh Dio, oh Dio, o dolce Dio misericordioso, e se fosse …
Ma aspetta. Lei aveva visto Ellie in sogno la scorsa notte e stava bene. Era felice e sana e l’unica cosa brutta era che Max non si era unito a loro e questo aveva reso triste Ellie. Liz era spaventata dall’ espressione di Max, ma doveva sapere. “Max …?”
“Non è brutto come stai pensando, Liz.” disse Max e le passò le dita tra i capelli cercando di calmarla. Stava cercando di calmare anche se stesso. Ora non aveva scelta, doveva dirle la verità. “Per favore, Tesoro, ascoltami e ti dirò tutto.”
“Cosa è successo, Max?” sussurrò Liz con la voce che tremava.
Max le prese le mani ed appoggiò la fronte contro la sua per un momento, prima di guardarla ancora negli occhi. Fece un profondo respiro e sentì la tensione nella gola e nel petto, mentre le diceva “Abbiamo trovato Johnson, qui a Phoenix, Liz. E’ stato qui per tutto questo tempo. Lavorava al Maryvale. Era qui, Liz, qual lunedì quando sono andato all’ospedale con Carl. Era proprio lì all’ospedale ed io l’ho lasciato andare via. Che Dio mi aiuti, Liz.” Max si nascose il viso tra le mani, mentre un singhiozzo gli usciva dalla gola. “Era proprio lì ed io l’ho lasciato andare via.”
“Max …” sussurrò Liz e le cose cominciarono ad avere un significato. La sua disperazione, la sua devastazione, il modo in cui si era chiuso in se stesso, la sua incapacità di dormire o di sognare. Le mani di lei si strinsero intorno a lui e Max sollevò il suo sguardo angosciato su di lei.
E allora successe, nel momento in cui i loro sguardi si toccarono. Max aveva lasciato cadere le sue difese e la connessione si aprì, mettendo allo scoperto tutto quello che lui aveva sofferto negli ultimi giorni. Il momento all’ospedale, in cui si era reso conto che l’uomo che stavano cercando da tanto tempo, era proprio lì. Le emozioni che controllava a malapena, mentre correva nell’ingresso, cercando la faccia dell’uomo che lo aveva perseguitato. Il suo panico quando aveva realizzato che il mostro era riuscito a scappare. Il dolore che lo sommergeva, mentre colpiva una parete per la frustrazione e la rabbia. La devastazione della sconfitta quando aveva capito che Johnson gli era sfuggito tra le mani. L’odio e il disgusto che provava per se stesso, per essere venuto meno a Ellie, a lei.
“Max …” disse ancora Liz e lo attirò verso di se. le sue braccia lo strinsero forte e gli accarezzò i capelli, mentre premeva la sua testa contro il proprio seno. I suoi occhi scrutarono la stanza, ma non erano le pareti dello studio di Daniel che vedevano. Era l’immagine di Max, nudo e solo, che piangeva sul pavimento della doccia, distrutto. “Max … perché non me lo hai detto?”
Le sue braccia la circondarono e lui si aggrappò a lei come un uomo in punto di morte. Aveva gli occhi chiusi e sentiva la morbidezza del suo seno contro il viso. Dovette lottare per non lasciarsi andare completamente. “Liz.” si lamentò, con la voce spezzata. “Ero andato così vicino …così vicino …”
Lei continuò a stringerlo e Max si stupì di come apparisse calma. Poi lei disse la cosa più sorprendente. Le sue mani si posarono sulle guance di Max e lo allontanarono da lei. Lui guardò verso i suoi occhi che brillavano, mentre gli diceva “Sai cosa significa questo?” e un’ombra di sorriso le sfiorò le labbra. “Ellie è qui, a Phoenix.”
“Ma …” Max cominciò la frase e lei lo fermò mettendogli un dito sulle labbra.
“Ellie è qui, Max. da qualche parte qui intorno. Dopo tutto questo tempo e senza nessuna traccia, nessuna idea di dove cercarla, anni senza nessuna speranza di trovarla, lei e qui.”
“Ma cosa succederà se la porterà da qualche altra parte?”
“Io so no stata con lei tutte le notti, Max. Tu non l’hai vista perché pensavi di esserle venuto meno, ma se tu avessi condiviso i sogni avresti visto che sta bene. Johnson non si è precipitato a casa per portarla via nella notte.”
“Può ancora …”
“No, Max. Se non l’ha ancora portata via, vuol dire che non ha intenzione di farlo.” le sue mani gli accarezzavano la faccia, la sua voce aveva un tono tranquillizzante, e le sue parole erano commoventi mentre cercava di ridargli la speranza. “Noi stiamo per riprenderci la nostra bambina, Max. Io lo so. Devi solo crederci anche tu.”
Max aveva creduto che lei sarebbe stata devastata dalla notizia ma ancora una volta Elizabeth Parker Evans aveva mostrato quanto fosse forte. Quando il mondo di Max era sprofondato nelle tenebre, lei vi aveva riportato un raggio di sole. la sua mano si alzò per accarezzare il viso che amava così tanto e le disse piano “Andiamo a casa, Liz. Andiamo a casa.”

Capitolo 62

Era una calda serata, per essere solo alla fine di aprile ed il buio della notte era spezzato solo da qualche lampione lungo la strada. Le due figure camminavano lentamente, passando dalla luce all’ombra e poi di nuovo alla luce, mentre avanzavano. Intorno a loro, c’era un silenzio confortante, rotto soltanto dal suono dei loro passi sul marciapiedi, che echeggiava nell’aria. Carl camminava con le mani infilate nelle tasche anteriori dei suoi pantaloni scuri e Rachel camminava al suo fianco, con le braccia dondolanti ai suoi lati.
“Allora, da quanto tempo li conosci?” chiese Carl, girando gli occhi in direzione di Rachel Per chiarire aggiunse “Max e Liz.”
“Pressappoco da quando li conosci tu, credo.” rispose lei, incrociando con naturalezza le braccia sul petto. “Ho incontrato Liz per prima. Ci ha presentato Annie. L’ho aiutata a partorire Amber e Liz era interessata al parto in casa, così Annie le ha raccomandato me. Sai, è comprensibile che Liz voglia stare lontano dagli ospedali.”
Naturalmente, tutto quello che diceva era vero, ma una parte di Rachel avrebbe voluto parlare con Carl senza riserve e senza nascondersi dietro mezze verità. Doveva stare molto attenta con che si confidava, Se Carl avesse scoperto il suo segreto, lei non sarebbe stata l’unica a correre dei rischi.
“Al giorno d’oggi, sono molte le donne che preferiscono partorire in casa.” disse Rachel. “e’ più intimo.”
Carl annuì e camminarono in silenzio per un altro minuto e poi disse “Hai notato la loro espressione quando se ne sono andati?”
“Si.” sorrise Rachel.
“Max sembrava uno a cui avessero appena tolto il peso del mondo dalle spalle, non è vero?” disse Carl, mentre passavano di nuovo nell’ombra.
“Si.” fu d’accordo lei. “Max è il tipo che vuole proteggere tutti quelli che ha intorno, specialmente Liz. Sente così tanti sensi di colpa dentro di sé. Non è sua la colpa, se a lei sono successe delle cose brutte a causa sua.”
“A causa sua?” chiese curioso Carl.
“Voglio dire, era con lui quando sono stati presi, e quando lui e scappato, lei è rimasta dentro. Essere libero deve averlo distrutto, sapendo che lei non lo era.”
“Posso immaginare quello che ha passato.” disse Carl scuotendo la testa. “Ecco perché cerca di tenerle nascoste le cose, per proteggerla.”
“Max ha bisogno di capire che lui è più forte se lui e Liz affrontano le cose insieme. Lei lo rende più forte. Non che voglio dire che lui è debole o cose del genere. Assolutamente. E’ solo che Max può …”
“Cosa, Rachel?” chiese Carl quando lei si interruppe.
“Oh, è solo che Max può perdersi nel buio, quando cerca di affrontare tutto da solo. E’ Liz che gli impedisce di perdere la sua strada.”
“Recentemente ha passato un brutto momento. Da quando Johnson gli è sfuggito.” disse Carl a voce bassa e camminarono ancora. “Ma stasera, quando sono usciti abbracciati, dallo studio di Daniel, ho visto un cambiamento in lui. Max è fortunato ad avere Liz.” Carl rimase in silenzio ed il suo pensiero tornò a quando aveva una persona così nella sua vita. pensava che il sole sorgeva ogni mattina solo per poter splendere su Michelle. Guardò Rachel di sfuggita, chiedendosi se un amore così poteva capitare due volte nella vita.
“Siamo arrivati.” disse Rachel fermandosi davanti ad una graziosa casetta bianca con le persiane verde scuro alle finestre. “Casa, dolce casa.”
Carl si sfilò le mani dalle tasche e rimase fermo e imbarazzato di fronte a lei, sapendo che era arrivato il momento di darle la buonanotte, ma desiderando che la serata non finisse ancora.
“Grazie per avermi accompagnata a casa.” gli disse Rachel e lo toccò delicatamente su un braccio. “E’ una notte così bella. Mi ha fatto piacere la passeggiata … e la compagnia.”
“Anche a me.” fu d’accordo Carl, che non riusciva a staccare gli occhi dalle sue labbra. Puntando verso la direzione da cui erano venuti, cominciò a dire “Bene, credo che sia meglio …”
“Vuoi entrare per qualche minuto?” lo interruppe Rachel. “Potrei prepararti del caffé, voglio dire, se tu …”
“Mi farebbe piacere una tazza di caffé.” sorrise Carl.

***

Max era disteso sul letto e accarezzava i capelli della moglie, mentre lei dormiva. Lei era rannicchiata contro di lui, con la testa appoggiata sul suo petto, il suo braccio abbandonato sopra di lui e la pancia tonda che gli premeva contro il fianco. Sentiva la pelle calda della sua gamba sopra di lui e se non fosse stata così profondamente addormentata le avrebbe chiesto di fare di nuovo l’amore con lui.
Sorrise vedendo il suo viso sereno, ancora stupito dalla sua forza interiore. Aveva preso le notizie su Johnson meglio di quanto lui avrebbe mai immaginato. Era stato così spaventato dal dolore che avrebbero potuto darle, sia nel fisico che nelle emozioni, ma lei aveva trasformato una cosa che a lui era sembrata orribile e devastante in qualcosa che aveva avuto un effetto positivo.
La vide cominciare a muovere gli occhi sotto le palpebre e le sfiorò la guancia con la punta delle dita. Aveva preso il sonno REM, magari ora stava vedendo Ellie, toccando Ellie, viveva con Ellie. Lui aveva passato tanti giorni lontano dalla bambina, e allora chiuse gli occhi desideroso di riunirsi alla sua famiglia nella terra dei sogni …

Ellie era inchinata nell’acqua con lo sguardo incollato al minuscolo pesce che nuotava fuori dalla portata del suo dito curioso. L’acqua fredda del ruscello le bagnava i piedini nudi e correva via nel suo viaggio verso la vallata. Un rumore improvviso catturò la sua attenzione, vicino alla riva.
“Mamma, guadda! Una ana!”
Liz seguì la direzione indicata dal dito e sorrise alla vista di una piccola rana degli alberi, acquattata rulla sponda del ruscello. La sua gola si gonfiò mentre emetteva un altro gracidio ed Ellie si sporse e la toccò con il dito. Poi lo ritirò arricciando il naso e dicendo “E’ tutta molla, mamma!”
Liz si mosse in fretta e prese la rana dal sasso dove stava. La sentì agitarsi tra le sue mani unite e si voltò verso Ellie dicendole “Dammi la mano, Tesoro.”
Ellie stese la mano a coppa davanti a lei e Liz vi poggiò sopra le sue, aprendole piano così che la rana cadesse sulla mano di Ellie. Lei la guardò con timore, ma rise quando la rana gracidò di nuovo. Cominciò a saltare dalla sua mano sul polso e poi sul braccio. Ellie lanciò uno strillo di delizia per la nuova esperienza e di paura perché la rana camminava su di lei. Spalancò gli occhi quando, dopo essere arrivata alle sue spalle, fece un salto e si tuffo nell’acqua dietro di lei.
“Awwwww,” gridò Ellie e si girò per andare a caccia della rana. Liz era con i piedi nell’acqua e la gonna sollevata sulle ginocchia e guardava Ellie con allegria. Era così piena di vita.
“Cosa stanno facendo le mie due ragazze?” una voce profonda riempì l’aria.
Ellie si voltò ed un largo sorriso le riempì il viso. “PAPA’, SEI QUI!”
“Si, sono qui.” disse Max, chiudendo gli occhi mentre la stringeva tra le sue braccia, sentendo di essere tornato al posto cui apparteneva. la sollevò e la tenne stretta, sentendo le sue braccine che gli abbracciavano il collo.
La baciò forte sulle guance, sentendosi in colpa per essere stato tanto tempo lontano da lei.
“Ho qualcosa da fatti vedee, papà!” disse Ellie e si divincolò dalle sue braccia. La sua piccola mano si strinse nella sua e lo tirò verso l’acqua.
“Aspetta!” le gridò, ridendo per la sua determinazione. ”Non vorrai che entri lì dentro?” le disse indicando il ruscello.
“Si.” si accigliò lei, come se dovesse essere una cosa facile da capire per lui. Lui era il suo papà. Lui sapeva tutto.
“Allora sarà il caso che mi tolga le scarpe e i calzini, prima.”Max si sedette per terra ed Ellie gironzolò intorno a lui con le mani sui fianchi. Il suo vestitino rosa aveva il corpetto e l’orlo adorni di merletti, in netto contrasto con il suo comportamento da maschiaccio.
“Sbigati, papà.” disse Ellie esasperata “Sta andando via!”
“Chi sta andando via?” chiese Max, mettendo i calzini dentro le scarpe.
“La ana!” e gli prese la mano, tirandolo verso l’acqua.
Lui si voltò verso Liz e sottovoce le chiese “La ana?” e lei muovendo appena le labbra gli disse ‘rana’. Lui sorrise e si lasciò guidare da Ellie verso la sponda del ruscello. Si fermò un momento per arrotolarsi il bordo dei pantaloni e poi entrò nell’acqua insieme ad Ellie, tenendole stretta la mano e sentendo la sensazione di essere finalmente nel posto in cui doveva essere, proprio lì, con Liz ed Ellie e con la presenza di Matthew che aleggiava intorno a loro, come la famiglia che si presupponeva che fossero.
Ellie rallentò e comincio a cercare la rana lungo la riva, nel posto in cui l’aveva vista l’ultima volta, quando era saltata via da lei. Lasciò la mano di Max e si piegò in avanti, tutta concentrata.
“Mamma l’ha messa sulla mia mano ed è saltata sul mio baccio. E’ stato divettente, papà!”
“Davvero?” rise Max. Era cos’ sollevato di vederla in quel modo, felice e sana e piena di vita.
Lei controllò tra i sassi e le canne, poi gridò tutta eccitata “Eccola, papà! Pendila!”
Max guardò in direzione indicata dal ditino e la vide, seduta su un sasso a pelo d’acqua. Gracidò, come per prendersi gioco di lui, e Max fece un balzo verso di lei. La rana saltò un attimo prima che le sue mani l’afferrassero e lui la vide volare attraverso l’aria. Ricadde nell’acqua e Max le corse dietro, seguito da una Ellie eccitata che gli ripeteva “Pendila!” in tono sempre più forte.
Max sguazzava nell’acqua, cacciando la rana che sembrava essere giusto a portata di mano. Si era fermata su una roccia al centro del ruscello e si beffava di Max con forti gracidii. Con un grido di battaglia, Max si lanciò sulla rana: Le sue mani si chiusero trionfanti sopra di lei, ma il suo sorriso di vittoria scomparve il fretta quando il suo piede scivolò su un sasso viscido e lui cadde a faccia avanti nell’acqua.
Si rialzò scuotendo la testa e spruzzando acqua dappertutto.
I suoi capelli erano bagnati, e così la sua faccia, e il davanti della camicia e dei pantaloni erano fradici. Fece un respiro rabbrividì per l’impatto con l’acqua fredda. Poteva sentire le risate di Liz echeggiare intorno a lui e Ellie lo guardava con le mani davanti alla bocca.
Stava in piedi, con l’acqua fino alle caviglie, con i vestiti zuppi, e sentì la dolce voce di Ellie che ridacchiava “Papà, sei tutto bagnato!”
“Stai andando lontano, Max?” lo prese in giro Liz e rise ancora più forte quando lui le lanciò un’occhiataccia. Lui fece un passo avanti, girando a destra di una grande roccia al centro, e Liz gli gridò severamente “Attento a …”
Max fece un altro passo e il letto del ruscello si abbassò dove l’erosione dell’acqua che girava intorno alla pietra aveva formato una buca profonda quasi un metro. Spalancò gli occhi quando il suo piede non trovò il fondo dove si era spettato che fosse, mulinò ripetutamente le braccia nel tentativo di riprendere l’equilibrio, ma fu inutile e finì di nuovo in acqua. Quando ne usci, gocciolando acqua dalle orecchie, dal naso e dal mento, l’acqua gli arrivava a mezza coscia.
“ …dove metti i piedi!” finì Liz. “Lì c’è un punto profondo!” lei rise ancora e così forte che dovette mettersi a sedere.
Gli occhi di Max si spostavano dalla moglie che rideva alla figlia che ridacchiava, nascondendosi il viso con le mani.
“Sono felice di vedere che vi divertite.” disse Max strizzandosi i vestiti inzuppati.
“Papà.” disse Ellie, attirando la sua attenzione su di lei, e poi aggiunse “Sei tutto bagnato antoa.”
Poteva sentire Liz ridere ancora più forte alla frase di Ellie e allora uscì dalla pozza, diretto verso di lei, con i vestiti appiccicati addosso.
Liz vide l’ espressione dei suoi occhi e si allontanò dalla roccia dove era seduta, gridando. “No, Max! No!” A quello stadio della gravidanza non era agile come era di solito, ed il suo tentativo di sfuggirgli era senza speranza. Lui la afferrò e la prese tra le braccia.
“Max!” protestò lei. “Sei bagnato fradicio!” Lui si strofinò ripetutamente contro di lei e la camicetta e la gonna di Liz si bagnarono sul davanti.”Max! rideva e gridava nello stesso tempo. “Max, lasciami andare. Sei gelato!”
“Sono gelato?” chiese Max tenendola stretta.
“Si!” urlò lei.
“Sono bagnato?”le chiese mentre lei si contorceva tra le sue braccia.
“Si!” rise lei, tentando ancora di divincolarsi.
“Sai una cosa?”
“Cosa?” chiese Liz e i suoi occhi si posarono sul viso di lui. Aveva i capelli appiccicati alla testa e l’acqua cadeva a rivoletti dalla sua frangia. I suoi occhi erano così sensuali e le sue labbra erano così piene e pronte che sentì di doverlo baciare.
Max ricambiò il bacio, assaggiando le sue calde e dolci labbra e lasciando che la sua lingua si facesse strada tra di loro e sentendole aprirsi per lasciarlo entrare nella sua bocca. La sua mano scese a prenderla sotto le ginocchia e, senza sforzo, la prese in braccio.
“Tesoro,” le disse in tono serio, guardando i suoi bellissimi occhi. “Tu stai giusto per provare quanto fredda e bagnata sia.” Sollevò le braccia e tornò verso la pozza profonda.
“Non provarci!” disse Liz incredula. I suoi occhi si spalancarono, mentre lui camminava a fatica nell’acqua, e cominciò a scalciare e a dimenarsi. “No, Max, NO! Non voglio bagnarmi!” urlò mentre lui, arrivato alla pozza, fece un altro passo, facendo finire entrambi nell’acqua.
L’acqua fredda spense le sue grida e lei saltò fuori, sputando e strofinandosi la faccia.
Max riaffiorò accanto a lei e le mise le braccia intorno di nuovo. Erano completamente bagnati e Max trovò le sue labbra, coprendo la sua bocca con la propria, affondando le mani nei suoi capelli bagnati e sentendo che lei ricambiava il suo bacio con entusiasmo.
Sentire il corpo bagnato di Liz contro il suo era sensuale ed eccitante, praticamente quanto il dolce e un serio concorrente della glassa … e poi una presenza si introdusse abusivamente tra i loro ardori. Si guardarono l’un l’altra per un momento, poi insieme si voltarono per vedere Ellie, mani sui fianchi, che li stava guardando dall’acqua poco profonda. Aveva uno sguardo perplesso sul viso e allora Miss Rompi Atmosfera, concreta come la madre, li riporto alla realtà dicendo “Papà, cosa è successo alla mia ana?”

***

Max, con indosso dei boxer umidi e una t-shirt, era seduto su una coperta, con il sole che lo scaldava e con Liz seduta di schiena davanti a lui. Lei indossava uno slip, umido come le sue mutande, e lui le passava le mani tra i capelli, asciugandoli nel suo modo speciale. Liz poteva avvertire il calore che emanavano i suoi palmi, e si sentiva felice e rilassata. I loro vestiti erano appesi ai rami degli alberi e si stavano asciugando alla brezza leggera.
Ellie era in braccio alla madre, di faccia a lei, con l’orecchio appoggiato contro la sua pancia. Aveva un sorriso segreto sulla faccia, come se lei e Matthew stessero dividendo un momento particolare.
“Puoi sentire qualcosa lì dentro, piccola?”Liz sorrise alla bambina.
Ellie si tirò su e la rimproverò “Lui è piccolo!” e dette un buffetto sulla pancia della madre. “Io sono gande.”
“Lo sei?” Max le sorrise da dietro le spalle di Liz.
“Si!” lei balzo in piedi e stette dritta con le braccia in alto e disse “Gande così”
“Sei veramente grande!” Max rise e la prese tra le braccia. Fece una pernacchia contro la pelle tenera della sua gola e le fece il solletico, facendola ridere e scalciare sul suo grembo. I suoi piedini vennero a contatto con una parte sensibile della sua bassa anatomia e lui rimase senza fiato. La sua faccia si fece rossa mentre si piegava in due e Liz cadde indietro, ridendo all’espressione nel suo sguardo.
“Stai bene, papà?” chiese Ellie preoccupata.
“Si.” rispose Max con voce da ragazza e questo fece ridere Liz ancora più forte. Lui si schiarì la gola e, voltandosi verso Liz , disse “Tu non vuoi altri bambini, vero?”
Ellie arricciò il naso, inclinò la testa e disse “Cosa?”
“Non importa.” Max rise e la prese di nuovo in braccio. Le baciò la sommità della testa e poi guardò Liz, mentre il suo sguardo diventava serio. Lei annuì, indicandogli che era arrivato il momento, e gli si sedette vicino, con una mano appoggiata sulla gamba di Ellie. Ellie avvertì un cambiamento in loro e li guardò con aspettativa.
“Ellie, noi dobbiamo parlare di una cosa.” le disse Max, prendendola per il mento.
“Sono nei guai?” chiese Ellie con gli occhi spalancati.
“No.” sorrise Max “Per niente.”
“Ellie” disse dolcemente Liz. “Abbiamo bisogno di farti qualche domanda e tu devi restare con noi. Non andare via. Okay?” In passato, quando avevano cercato di ottenere qualche informazione da lei su dove era e con che era, la connessione si era affievolita ed era scomparsa. Liz sospettava che era un sistema di autodifesa, il suo modo di tenere separata la sua vita reale dal mondo dei sogni.
“Okay.” disse Ellie a voce bassa.
“Ellie, è cambiato qualcosa dove vivi tu?” chiese con delicatezza Max.
“Come?” chiese Ellie.
“Hai sentito qualcuno parlare di andare a vivere in un altro posto?”
“No.”
“E’ successo qualcosa di diverso? Qualcuno è andato via? “Hai visto qualcuno mettere le cose dentro scatole o cartoni?” Max la guardò in faccia tentando di decifrare la sua espressione,
”No, papà. E’ tutto uguale.”
“Sei sicura, tesoro? Assolutamente tutto uguale?” Max sentì crescere la speranza. Se niente era cambiato, se non stavano imballando nulla, voleva dire che Johnson non avrebbe lasciato l’area? Era possibile che Johnson non si fosse accorto che Max l’aveva visto?
“Tutto uguale. Ma … ma …” disse esitante, e le sue dita tormentavano il vestitino.
“Cosa, Ellie?” la spronò Max. “E’ tutto uguale, eccetto cosa?”
Lei lo guardava con i suoi grandi occhi scuri, mentre si mordicchiava il labbro. Riluttante, ripose con una voce così bassa, che Max fece fatica a sentirla. “Il mio … il mio attro papà ha detto … che lui lavoa solo con gli animali adesso. In loboatoio,”
“Il tuo altro …” ripeté Max ed Ellie chiuse gli occhi, come se avesse detto qualche cosa di brutto. Lui non l’aveva mai sentita riferirsi a Johnson in quel modo. ‘Il suo altro papà’. Sentire che lo chiamava così era come un calcio nello stomaco, ma non poteva biasimarla. Era straordinario che lei sapesse distinguere i due mondi così bene, nonostante la sua tenera età.
Non c’erano dubbi nella sua mente su chi fosse il suo vero padre, anche se loro non si erano mai toccati, non erano mai stati più vicini della larghezza di una stanza l’uno dall’altra, non si erano più visti dalla notte in cui era nata.
Max la baciò sulla fronte e le lasciò il mento per guardarla negli occhi e sorriderle.
“Il tuo altro papà lavorerà solo con gli animali adesso? Quelli del laboratorio?”
Lei annuì e Max lanciò un’occhiata a Liz, prima di fare la domanda successiva. Odiava chiederglielo, odiava il fatto che Liz fosse lì ad ascoltare la risposta, ma avevano fatto un accordo … niente più segreti.
Tornando a guardare Ellie, le chiese “Ti porta in laboratorio, amore? Le cose che fa agli animali del laboratorio, le fa anche a te?”
“Io amo gli animali.” rispose Ellie. “Io gioco con loo e non li lascio soli. Qualche votta piangono e io li tocco e li faccio stae bene.”
Lei stava evitando la domanda, girandoci intorno, ma era l’ultima cosa che Ellie aveva detto che aveva attirato l’attenzione di Max, una cosa che si poteva dimostrare la più pericolosa di tutti.
“Il tuo altro papà ti ha visto quando li hai fatti stare bene?” le chiese.
“No. Quetto è un segreto.”
Liz trovò la mano di Max e la strinse forte. Johnson faceva esperimenti sugli animali del laboratorio e Ellie, in segreto, li guariva per togliere il dolore. Era una bambina straordinaria, una meraviglia da vedere, con doni straordinari da offrire.
”Hai ragione, Ellie. E’ il nostro segreto.” La baciò ancora e la strinse con un braccio, mentre con l’altro abbracciava Liz, augurandosi di poterle proteggere dal pericolo che avevano di fronte.
“Se ora Johnson ignorava quello di cui era capace Ellie, quanto sarebbe potuto durare? Per quanto tempo sarebbe stata al sicuro?E se la sua improvvisa decisione era dovuta al fatto che aveva scoperto il suo segreto, cosa ne sarebbe stato di lei ora?”

Capitolo 63

Liz era al centro del soggiorno con le mani sui fianchi mentre contemplava la nuova disposizione. Max era dietro di lei e si asciugava il sudore dalla fronte. Era da un’ora che spostava mobili e lei non era ancora soddisfatta.
“Cosa ne pensi di spostare la sedia blu dove sta la sedia a fiori e la sedia a fiori dove sta la sedia blu?” suggerì lei.
“Che differenza fa?” disapprovò Max “Sono sempre sedie!”
“Ma Max,” disse Liz come se parlasse a un bambino. “Una è a fiori e l’altra in tinta unita blu.”
Lui la guardò perplesso, non capendo il significato di quella dichiarazione. La stessa forma, la stessa grandezza, solo i colori differenti.
“Max,” gli disse lei pazientemente “Hanno un differente valore estetico. La sedia a fiori starebbe meglio lì, e la sedia blu starebbe meglio là.”
Max fece un profondo respiro e sospirò, prima di camminare stancamente per la stanza diretto verso la sedia blu. Lui sapeva qual’era il problema. Rachel l’aveva messo in guardia, dopo l’ultimo controllo fatto a Liz. Non mancava molto, ormai, due settimane , forse meno e Matthew avrebbe fatto il suo ingresso nel mondo. Liz stava mostrando tutti i classici sintomi insiti nell’istinto di nidificazione e Max cominciava a pensare che sarebbe stato fortunato se fosse sopravvissuto fino alla nascita.
“Liz, lo sai, faremmo molto prima se tu mi lasciassi cambiare il colore della sedia a fiori in blu e della sedia blu in fiori, prima di muoverle veramente. Ti prometto che rifarò i colori giusti, questa volta.”
La guardò con imbarazzo, ricordando il disastro che aveva combinato la settimana prima. Era andato al negozio per comprare dei nuovi piatti, ed era tornato a casa con il disegno sbagliato. Lei gli aveva mostrato il modello giusto e lui aveva cercato di rimediare allo sbaglio. Aveva poggiato i piatti sul tavolo, vi aveva passato sopra la mano e poi era tornato da Liz con un’espressione soddisfatta sul viso. Con sua somma mortificazione, Liz aveva scosso la testa con disapprovazione.
Aveva detto che il disegno era sbagliato e i fiori erano troppo grandi. Max passò ancora una volta la sua mano sopra i piatti, ma Liz non era contenta. Questa volta i fiori erano giusti, ma le foglie erano sbagliate. Tentò ancora, ma il colore era troppo scuro. Al quarto tentativo, il colore era troppo chiaro. Al quinto, il bianco di sottofondo non era abbastanza bianco. Al decimo tentativo, dopo aver passato la mano sui piatti, il disegno cambiò in un uomo delle caverne che stava rosicchiando un gigantesco osso, con la frase ‘A chi servono i piatti?’ scritta sul bordo. Liz non si era divertita.
Lui era rimasto in cucina a fissarla, sconvolto mentre il labbro inferiore di lei cominciava a tremolare e i suoi occhi si riempivano di lacrime per poi correre nel corridoio piangendo e dicendo che lui non l’amava più.
Lui le era corso dietro chiamandola ‘amore’ e ‘tesoro’ e ‘dolcezza’ e ogni altro nome tenero che gli fosse venuto in mente, ottenendo solo di farla singhiozzare più forte. Rachel l’aveva messo in guardia contro gli ormoni e i cambi di umore. Dio sia ringraziato per Rachel. Alla fine era riuscito a calmarla con il suo ultimo dolce favorito, gelato alla vaniglia con salsa Tabasco. Ultimamente aveva cominciato a gradire la salsa piccante.
Max ritornò con la mente al momento attuale e la guardò speranzoso, mentre lei prendeva in considerazione l’idea di lasciare che lui cambiasse il colore, invece di spostare le sedie. Lui sorrise di sollievo quando la vide annuire. Prima che cambiasse idea, cambiò svelto il tessuto in tinta unita blu in un tessuto a fiori, e il tessuto a fiori, in blu.
Max sorrise felice, soddisfatto della dimostrazione delle sue magie aliene e orgoglioso di se stesso, e poi vide l’espressione della faccia di Liz. Arricciò il naso, mentre guardava la nuova disposizione e scosse la testa. “No, penso che stia meglio nell’altro modo.”
Grazie a Dio non le aveva spostate, pensò Max, mentre allontanava lo sguardo da lei.
“Hai detto qualcosa, Max?” disse Liz accigliata.
“No!” lui scosse la testa. Tornò a guardarla con grandi occhi innocenti e disse “Non ho detto nulla.” La vide a pochi passi da lui, con una mano appoggiata sopra il rigonfiamento della sua pancia e l’altra che tirava il suo labbro, mentre lo guardava severamente, poi lasciò correre e si guardò attorno per la stanza. Sembrava che avesse un pallone sotto il vestito pre-maman e quando camminava aveva un’andatura ondeggiante. Max pensò che era adorabile.
“Penso che … “ disse Liz girando lo sguardo intorno.
Oh no, gridò Max dentro di sé. Sapeva che qualsiasi cosa stava per dire, a lui non sarebbe piaciuto.
“Penso che vorrei provare a spostare la libreria su quella parete.” disse Liz puntando un dito dall’altra parte della stanza.
Max se lo sentiva, che sarebbero state cattive notizie. “Ma Liz,” cercò di farla ragionare. “Ci sono … i libri sopra!” Libri grandi. Libri piccoli. Quintali di pesanti libri.
C’erano anche statue sulla libreria. Da quando l’aveva ritrovata e riportata a casa, Liz aveva cominciato a collezionare statuine di Pegaso. Alcune erano piccole e alcune erano grandi. La maggior parte raffigurava Pegaso con le ali distese, pronto per prendere il volo. Lui non sapeva il motivo per cui le aveva preso così. Lui non era a conoscenza di collezioni fatte PRIMA. Ma DOPO, era quasi ossessionata da Pegaso.
La sua statua preferita, quella che lui gli aveva regalato due anni prima per il suo compleanno, era sul loro guardaroba e lei diceva che vegliava sul disegno di Ellie che era sulla parete del letto. La scorsa settimana, quando lei aveva compiuto vent’anni, Max aveva aggiunto un altro disegno alla collezione. raffigurava Liz che aveva in braccio Ellie, con le fronti che si toccavano e gli occhi chiusi, e la profondità del loro amore era visibile dalle loro espressioni. Era il disegno preferito di Max. Aveva catturato l’immagine delle due persone che amava di più al mondo, insieme, come a loro non era concesso nella vita.. Lei aveva pianto, quando gliel’aveva dato. E lui aveva pianto con lei.
“Lo so che ci sono i libri sopra, Max.” disse Liz e lui si concentrò sul compito che lo aspettava. “Devi solo toglierli, prima di spostarla.”
Nell’ora successiva, lavorarono insieme. Liz gli diceva che cosa fare, e Max lo faceva. Non voleva che lei portasse cose pesanti e non voleva che si allungasse a prendere le cose sugli scaffali più in alto. Anzi, la fece sedere quando vide che lei si massaggiava la schiena. Anche lui lo sentiva, quel familiare dolore alla parte bassa della schiena causata dalle contrazioni di Braxton Hicks che lei aveva cominciato a sentire di recente. L’arrivo di Matthew si stava avvicinando sempre di più, e le false contrazioni che sentivano entrambi, sarebbero presto diventate vere.
Dopo un’ora, Liz era in piedi osservando il soggiorno con un sorriso sul volto. Annuì e disse “Così mi piace.”
Max si guardò attorno nella stanza, con uno sguardo perplesso. “Um, Liz?”
“Lei girò la sua faccia felice verso di lui, chiedendogli dolcemente “Cosa, amore?”
Lui si morse il labbro inferiore e si guardò ancora intorno. Aveva passato tutta la mattinata spostando il divano e le sedie e i tavoli. La mostruosa libreria era stata svuotata, spostata e poi riempita di nuovo, poi risvuotata e rispostata. Lei aveva provato a dare varie collocazioni al divano e alle poltrone. E alla fine, tutto era esattamente nello stesso posto che aveva questa mattina prima che cominciassero.
Lui guardò verso Liz, per farle notare questo fatto, quando i suoi grandi occhi di cioccolata lo fecero sciogliere. Lui le sorrise e disse “Anche a me piace molto così.”
Gli occhi di lei si illuminarono e lei stese la sua mano per accarezzargli la guancia. Si sporse in avanti per baciarlo dolcemente sulle labbra e poi gli disse con entusiasmo “Andiamo a spostare il guardaroba vicino alla finestra …”
Santo Spirito! Ti prego, la camera da letto no! Max, incredulo, chiuse gli occhi e alzò le mani per coprirsi la faccia. Liz si era diretta allegramente in camera da letto e Max si trascinò dietro di lei, tenendosi la testa e brontolando “Oh, no …”

***

Ellie stava seduta alla scrivania, nella sua camera da letto, con una matita i mano e l’album da disegno davanti a lei. La sua linguetta rosea sporgeva dalle labbra, mentre si concentrava nel fare bene il disegno. Era importante che fosse perfetto.
Johnson arrivò silenziosamente dietro di lei, curioso di sapere cosa stesse facendo: Sapeva che le piaceva disegnare ed era piuttosto brava a farlo, sorprendentemente brava per la sua età. Si sporse al di sopra delle sue spalle, i suoi occhi si spalancarono per la sorpresa e le chiese “Cosa stai disegnando Jenny?”
“Niente.” rispose Ellie con indifferenza “E’ solo un disegno.”
“Chi è questa?” chiese Johnson, puntando il dito su una donna con i lunghi capelli scuri.
“Nessuno.” Ellie si fermò, guardando il disegno “E’ solo una signoa bella.”
“Sembra molto bella,” sorrise Johnson. Muovendo il dito su una figura più piccola, le chiese “E questa chi è?”
Ellie stette in silenzio per un momento e poi disse a voce così bassa, che lui la sentì con fatica. “E’ una bambina fottunata.”
Johnson si accovacciò accanto a lei, appoggiando il suo braccio sullo schienale della sedia. “Perché dici che è fortunata?”
“Pecché lei può ttare con la sua mamma.” Ellie lo guardò con i suoi grandi occhi scuri e lui si sentì trapassare da una fitta di rimorso. Lei non aveva mai fatto accenno, prima d’ora, al fatto di non avere una mamma. Lei non ne aveva mai conosciuta una e nemmeno era stata in condizione di sapere cosa significasse avere una madre. Non guardava la televisione. Non giocava con i bambini dei vicini. Tutto quello che aveva conosciuto erano le mura di quell’appartamento e il laboratorio in fondo all’ingresso. Oltre lui, le uniche persone che aveva conosciuto erano Mary e qualche occasionale studente che lui aveva impiegato in laboratorio. non avrebbe dovuto mancarle qualcosa che lei non aveva mai conosciuto, ma sembrava che le mancasse.
“Hai ragione, tesoro.” Johnson le accarezzò i lunghi capelli “La bambina del tuo disegno è fortunata ad avere la mamma, e mi dispiace che tu non l’abbia, ma tu hai me.” Vide i suoi occhi appannarsi, e per un momento pensò che si sarebbe messa a piangere, ma passò subito e lei gli fece un sorriso. Johnson le mise intorno le braccia per offrirle un abbraccio consolante e, dopo una breve esitazione, lei ricambiò l’abbraccio. Per essere una bimba così dolce, Jenny non era generosa nel suo affetto e, di solito, non amava essere toccata. Gli riscaldò il cuore, il fatto che ora lo stesse abbracciando.
“Vuoi venire in laboratorio con me ed aiutarmi a dar da mangiare agli animali?” le chiese, sapendo quanto le facesse piacere. Lei annuì e lui si alzò, porgendole la mano. Lei posò la matita sulla scrivania e, con molta attenzione, chiuse l’album così che il disegno non si sporcasse e gli diede la mano. Si alzò dalla sedia e, dopo aver dato una malinconica occhiata al suo album, lo seguì fuori dalla porta.

***

Carl stava di fronte all’armadio, studiando l’assortimento di camicie appese all’interno e chiedendosi quale doveva prendere. Scelte, scelte, troppo scelte. Michelle aveva preso l’abitudine di scegliere quelle che lui doveva indossare nelle occasioni speciali, perché quelle che prendeva lui stonavano sempre col resto. Forse era daltonico. Forse non aveva molto gusto. Forse le donne erano più brave degli uomini.
Ne scelse una verde scuro, la tolse dalla stampella e la portò davanti allo specchio a tutt’altezza che stava accanto alla porta della camera da letto. Se la mise e l’abbottonò, poi arricciò il naso alla vista della sua immagine riflessa, non soddisfatto dell’aspetto che aveva. nello specchio si vedeva con la camicia a maniche lunghe, un paio di boxer a quadri bianchi e blu ed un paio di calzini neri che gli arrivavano al polpaccio.
“Carl,” disse al suo riflesso “la canzone ‘Sono troppo sexy per la mia camicia’, NON è stata scritta per te.”
Si sbottonò la camicia e, dopo averla tolta , la gettò sopra al letto. Andava ad aggiungersi alle altre tre camicie che già erano sul letto. Tornato all’armadio, decise di provarne una azzurra. Azzurro era un colore sicuro e si intonava ai suoi capelli e al suo colorito scuro. Inoltre, Rachel non aveva detto qualcosa a proposito del fatto che l’azzurro era il suo colore preferito?
Tornato davanti allo specchio, si abbottonò la camicia e si sistemò il colletto e fece un profondo respiro, per poi lasciare che l’aria uscisse lentamente. Era senza speranza. Lui era senza speranza. Quella serata sarebbe stato un disastro, lo sapeva! Era stato contento quando Rachel aveva accettato di uscire con lui, per un vero appuntamento, ma adesso il panico lo stava sommergendo. Doveva passarla a prendere entro mezz’ora e lui ancora non aveva deciso cosa indossare. Ma quello non era un problema che avevano le donne? Dio! Si stava rincretinendo del tutto.
“E azzurro sia.” disse al suo riflesso e si passò la mano tremante tre i corti capelli scuri. Tornò all’armadio e si infilò un paio di Dockers neri, li chiuse sopra la camicia, trovò un paio di scarpe nere ed arrivò il momento di scegliere la cravatta.
Aveva un vasto assortimento di cravatte, le portava tutti i giorni al lavoro e, di solito non era una scelta difficile, ma quella sera nessuna gli sembrava adatta. Con tutto quello stress, era sicuro che avrebbe avuto delle grandi macchie di sudore sotto le ascelle ancora prima di lasciare il suo appartamento. bella impressione che le avrebbe fatto! Forse era il caso di rimandare l’appuntamento.
Guardò verso il telefono, pensandoci seriamente, e quasi saltò fuori dalla sua pelle quando quello cominciò a suonare. Chi diavolo poteva essere? Che fosse Rachel, che era tornata in sé e voleva disdire l’appuntamento? Si era svegliata e si era accorta che doveva essere ubriaca o posseduta o impazzita quando aveva accettato di uscire con lui? Dio Onnipotente, lui avrebbe voluto chiederglielo già da settimane, mesi, fin dal momento che l’aveva vista, e ora lei voleva mandare all’aria l’appuntamento? Perché, Dio? Perché?
Andò verso il telefono e la sua mano si attardò, prolungando l’agonia di sentire la sua dolce voce scaricarlo gentilmente, dicendogli quanto fosse meglio rimanere solo amici, che lei non voleva essere legata a nessuno (intendendo lui) in questo particolare momento della sua vita. In preda alla delusione, alzò il microfono e disse “Pronto?”
“Detective Montoya?” disse una voce profonda dall’altra parte della linea.
“Si. Dica pure.” rispose Carl, assumendo il tono professionale. Ogni traccia del suo nervosismo e della sua indecisione e della sua mancanza di fiducia, era sparita.
Era bravo in quello che faceva, sicuro della sua esperienza professionale e tutto questo si rifletteva nel tono della sua voce.
“Parla Mark Wakely, da Roswell.”
“Si, pronto Mr. Wakely,” ora ne riconosceva la voce. “Cosa posso fare per lei?” Mark Wakely era il detective privato del New Mexico, che Carl aveva contattato diversi mesi prima.
“Veramente, è molto di più quello che io posso fare per lei.” disse Mark in modo enigmatico.
“Significa?” chiese Carl, aspettando che Mark arrivasse al punto.
“Quell’incidente che mi ha detto di controllare.” La voce di Mark tornò a farsi sentire e Carl gli prestò la massima attenzione. “Ho trovato un testimone.”
“Un testimone?” ripeté Carl, intrigato ma irritato che mark la tirasse per le lunghe. “Che cosa hai trovato?:
“Ho incontrato una persona che conosce una persona che ha la sorella che lavora al manicomio di Brierwood e lei dice che uno dei nuovi inservienti le ha raccontato delle storie alquanto strane sul lavoro che aveva al laboratorio governativo fuori Roswell, dove tenevano una ragazza incinta.”
“Sei sicuro di quello che dici?” chiese Carl. “Mi sembra alquanto vago. L’amico di un amico di un amico … non suona molto credibile.” Anche se, le parole laboratorio governativo, ragazza incinta e Roswell suonavano come le tessere che potevano completare il puzzle. Liz era un’adolescente a quel tempo, ed era incinta, ed era un laboratorio del governo quello dove l’avevano portata.
“Ebbene,” riprese Mark “Questo ragazzo sembra piuttosto suonato.”
“Cosa vuol dire?” chiese Carl.
“Va dicendo che la ragione per cui il governo voleva il bambino della ragazza era perché, senti questa, il piccolo non era umano! Quell’uomo sembra essere più matto dei matti che dovrebbe sorvegliare.”
“Deve essere così.” fu d’accordo Carl, chiudendo l’argomento.
“Ad ogni modo, da come quell’uomo ha descritto il padre del bambino, sembra che anche lui non sia umano. Lui ha distrutto il posto per salvare la sua ragazza e il suo bambino inumano e, stando alle apparenze, l’arrabbiato papà ha ucciso un mucchio di gente usando il suo raggio della morte o qualcosa del genere. Questo è quello che racconta quel tipo.”
“Sul serio?” Nell’insieme suonava ridicolo, ma c’era qualche cosa che aveva fatto scattare il suo allarme interno.”Quei ragazzi, che età avevano in quel periodo?”
“dalle storie che ho sentito, sembravano essere ragazzi delle superiori. Diciassette? Diciotto? Forse meno.”
“Quando tu hai detto che lui ha asserito che il bambino non era umano,” chiese Carl “cosa intendevi dire esattamente? Quell’uomo è veramente matto?”
“Non si sa.” Mark si strinse nelle spalle. Poi, ridendo, aggiunse “Forse è posseduto da un demone, come in Buffy.”
“Si, addirittura!” Carl allontanò il pensiero. Che mucchio di stupidaggini.
“Hey, siamo a Roswell. Potrebbe essere un alieno, giusto?” scherzò Mark. “Allora, vuole che vada più a fondo o no?”
Carl ci pensò per un momento, poi contro ogni buon senso, disse “Si, vai avanti. E fammi sapere se scopri qualcosa che abbia un significato.”
“Okay, capo.” disse Mark irriverente. “E’ lei che paga.”
Carl riappese il telefono e stette in piedi, perso per un momento nei pensieri, poi si scosse dalla sua trance: Quello che Mark aveva detto era una cosa pazzesca. Bambino inumano dei miei stivali! Ma le chiacchiere, in genere, contenevano degli elementi di verità, e Carl voleva la verità.
Cosa era successo esattamente a Max Evans e a Liz Parker durante i mesi che avevano trascorso come prigionieri in quel laboratorio del governo? Perché diavolo la loro bambina era stata portata via? Cosa aveva di così speciale quella bambina da indurre Robert Johnson a rapirla?
Erano così tante le domande che gli frullavano in testa, che per la prima volta in quella sera, Carl non si preoccupò dell’appuntamento che aveva con Rachel.
Distrattamente tornò verso l’armadio, trovò una cinta che fece passare attraverso i passanti dei pantaloni ed afferrò un a giacca sportiva dall’attaccapanni. Non fece caso se il tweed della giacca si intonasse con i pantaloni neri e la camicia azzurra che aveva impiegato tanto tempo a scegliere. Dopo aver preso al volo le chiavi della macchina da dove le aveva posate prima, Carl lasciò il suo appartamento con la mente che correva in un milione di direzioni, andando diretto verso Rachel e verso una serata altrettanto interessante.

Capitolo 64

Ellie camminò tra le gabbie, infilando le piccole dita di tanto in tanto per accarezzare un mento in attesa o per accarezzare pelliccia di un amico che premeva contro le sbarre della gabbia. Gli animali erano suoi amici, gli unici amici che aveva. E loro l’amavano.
Era confortante sapere che qualcuno l’amava, anche se era peloso e non poteva parlarle. Lei li amava tutti. Le scimmie, i gatti, i cagnolini e perfino i topolini bianchi, erano tutto quello che aveva. Gli animali erano la sua famiglia, l’unica famiglia che aveva nel mondo reale.
Ecco perché la sua terra dei sogni era molto meglio di quello che incontrava ogni giorno nel mondo reale. Il mondo reale non era un bel posto, ma i suoi sogni … nei suoi sogni il suo vero papà la amava. Nei suoi sogni poteva sentire i baci della sua vera mamma. Nei suoi sogni, lei viveva in un mondo perfetto.
“Qual è il problema, tesoro?” le chiese preoccupato Johnson. Jenny di solito era più allegra, quando veniva il laboratorio. Si, qualcuna delle cose che le faceva lì non erano piacevoli, ma le punture e i prelievi di sangue di solito erano irrilevanti, rispetto alla gioia che provava nel giocare con gli animali. Era una bambina così dolce, e vederla così malinconica gli spezzava il cuore.
“Niente.” Ellie rispose alla sua domanda e poi represse uno sbadiglio. “Sono stanca, voio andae a letto.”
“Okay, dolcezza.” disse Johnson, notando come sembrasse stanca. “Lasciami finire qui e ti porterò subito a letto. Sei sicura di sentirti bene?”
“Sono solo stanca.” gli disse Ellie. Non c’era bisogno che sapesse che il mondo dei sogni la stava chiamando. Stava morendo dalla voglia di andare nel mondo dei suoi sogni. Lei aveva cari tutti i momenti che vi trascorreva, perché presto … presto … la sua mamma non ci sarebbe stata più. Sapeva che ogni momento era diventato prezioso.
Johnson fini alla svelta, ansioso di tornare nell’appartamento. Jenny non era stata la stessa, ultimamente. C’era qualcosa che non andava, qualcosa che la turbava, e lui non sapeva cosa fosse o come porvi rimedio. Finì di aggiungere acqua fresca nelle gabbie , poi prese la bambina e la portò nella sua stanza.
Si addormentò non momento stesso che la sua testa toccava il cuscino, e Johnson si sedette nella sedia accanto al suo letto, per guardarla dormire.
Sarebbe morto, se le fosse accaduto qualcosa. Lei era così speciale, così preziosa, che non poteva immaginare la sua vita senza di lei.
La guardò alla luce della notte, e mentre i suoi occhi cominciavano a muoversi sotto le palpebre lui seppe che era entrata nel sonno REM, il mondo dei sogni. Continuando a guardarla, non poté fare a meno di chiedersi se nei suoi sogni ci fosse anche lui.

***

Max cercò a tentoni le chiavi, poi si arrese frustrato, pensando a cosa diavolo serviva avere poteri alieni se non li usava di tanto in tanto. Invece di stare al buio a cercare la dannata chiave giusta per quella maledetta porta, poteva semplicemente passare la mano sopra la maniglia, aprire la serratura ed entrare tranquillo a casa. Lanciò un’occhiata dietro alle sue spalle, per essere sicuro che nessuno potesse vederlo e poi, col campo libero, usò i suoi poteri per entrare finalmente in casa.
Chiuse la porta dietro di lui ed infilò la mano nella borsa che portava, tirandone fuori il freddo contenitore di gelato alla vaniglia che Liz desiderava e che aveva mandato a comprare al supermercato.
“Liz, tesoro.” la chiamò. “Sono a casa e ti ho portato il gelato.” Non si era preoccupato di piantare tutto quello che stava facendo, pur di farla contenta. Lui si era perso tutto della sua prima gravidanza ed ora voleva vivere tutta l’esperienza, ormoni compresi.
“Liz?” fece capolino in cucina, ma lei non c’era. Doveva essere in camera da letto, decise, ed appoggiò il gelato sul bancone della cucina. Prese una ciotola dalla credenza ed un cucchiaio dal cassetto ed aprì il frigo per prendere la salsa Tabasco. A lei piaceva averne due palline, così le versò nella tazza, usando le dita, al posto di un altro cucchiaio, per spingervi il gelato e poi le pulì con la lingua. “Ummmmmm.” disse con apprezzamento. Anche a lui piaceva il gelato alla vaniglia.
Spruzzò una abbondante dose di Tabasco sul dolce, poi prese la tazza e si diresse in camera da letto. Durante gli ultimi mesi, la voglia di salsa Tabasco era gradatamente aumentata fino al punto di desiderarla apertamente. Lui sospettava che il Tabasco fornisse delle sostanze nutrienti di cui Matthew aveva bisogno.
Canticchiava sottovoce, attraversando il corridoio, passando oltre la camera di Matthew e richiamando ad alta voce sua moglie con l’esca del gelato, mentre si avvicinava alla stanza da letto. “Liz. Ho il tuo gelato. Merito una ricompensa per aver mollato tutto ed essere corso al supermercato …”
La sua voce scese di tono, quando traversò la soglia e dette un’occhiata al letto. Liz era distesa sopra la coperta, già in camicia da notte e dormiva. Aveva la mano sotto una guancia e sembrava così serena, che lui dimenticò il fatto di aver tralasciato tutto per correre a comprare un gelato che lei non avrebbe mangiato.
Si avvicinò al letto e stette a guardarla per un momento, concedendosi la vista dei suoi capelli sparsi sul cuscino, delle guance che brillavano di una naturale luminosità, delle labbra curvate in un lieve sorriso. Dio, come amava guardarla, studiarla mentre lei non se ne accorgeva. Avrebbe potuto farlo per ore, e qualche volta lo faceva. Qualche volta, quando la sua depressione per Ellie raggiungeva limiti estremi, Liz era la sola cosa che gli impediva di impazzire.
Appoggiò la tazza sopra al comodino e, lentamente, si sbottonò la camicia. Se la sfilò dalle spalle, la piegò accuratamente e andò al bagno per metterla nella cesta della biancheria da lavare. Usò la punta del piede destro per sfilarsi la scarpa sinistra, poi la punta del piede sinistro per sfilarsi la scarpa destra e alla fine sciolse la fibbia della cintura e la sfilò. Dopo averla appesa, la sua mano slacciò il bottone dei pantaloni. Si liberò alla svelta dei suoi vecchi e comodi jeans, li mise nella cesta da bravo maritino, vi aggiunse i calzini e tornò in camera da letto indossando solamente i boxer. Si sedette sul letto, facendo attenzione a non disturbare Liz, e poi si stese al suo fianco, lasciando che le sue dita le accarezzassero i lunghi capelli di seta.
La sentì sospirare soddisfatta e poi la vide girarsi, prima sulla schiena e dopo su un fianco, fino a che fu di faccia a lui, continuando a dormire. Max non si mosse per alcuni minuti, per non svegliarla, si limitò a stare disteso e a guardarla, cosa che era bravissimo a fare. Il suo respiro era tranquillo e regolare e Max non poté fare a meno di toccarla. Le sfiorò la guancia, e le labbra, e le spalle e non ci volle molto perché la mano si posasse sulla sua pancia.
Era così grande ora che sembrava stesse per scoppiare e lui si meravigliava di come la sua minuscola mogliettina fosse cambiata così tanto in così poco tempo. La sua mano vagabondò sul suo addome rigonfio, facendolo sentire spaventato ed eccitato dell’imminente arrivo di Matthew . Sarebbe andato tutto bene? Il parto sarebbe avvenuto nella loro casa, proprio in quel letto, e se ci fossero state complicazioni? Se fosse successo qualcosa a lei o a Matthew ? Tante cose potevano andare storte.
Il cordone ombelicale poteva stringersi intorno alla gola del bambino e strangolarlo. La placenta poteva staccarsi dalla parete dell’utero e Liz poteva morire dissanguata. Lo sforzo della nascita avrebbe potuto rallentare il cuore di Matthew e farlo fermare. Liz avrebbe potuto … stop, STOP, STOP! Questo era quello che aveva ottenuto leggendo i libri sulle complicazioni del parto! Adesso era un fascio di nervi, aspettando che si abbattesse un disastro ad ogni minuto.
Naturalmente, non era sorprendente dopo il fatto che la nascita di Ellie era avvenuta col parto cesareo e quando Max era entrato nella sala per salvarla lei giaceva sul tavolo operatorio col sangue che usciva dall’incisione ancora aperta. Quel giorno era stata sul punto di morire.
Lui aveva avuto tanti giorni brutti nella sua vita, ma quel giorno, il giorno della nascita di Ellie, era stato uno dei peggiori. Aveva trovato Liz dopo mesi di ricerche, solo per raggiungerla nel momento in cui la vita le stava sfuggendo. Lui aveva avuto a malapena la forza di guarirla ed era stato costretto a scegliere tra salvare lei o correre dietro a sua figlia. Aveva fatto l’unica scelta possibile, ma la decisione era qualcosa che l’avrebbe ferito ogni giorno della sua vita.
Questa volta non ci sarebbero stati disastri, vero? Dio poteva essere così crudele da metterlo di nuovo in quella posizione, dove avrebbe dovuto scegliere tra Matthew o Liz?
Percependo i pensieri torturati del padre, Matthew premette contro il suo palmo e gli inviò un getto d’amore. La mente di Max fu invasa da un senso di benessere e la stanchezza e la tensione e la preoccupazione volarono via. Un sorriso, che solo l’amore della sua famiglia poteva indurre, brillò sul suo viso e Max sussurrò “Grazie ragazzo. Ne avevo bisogno.”
Max cambiò posizione, avvicinando la faccia a Matthew e piantò un bacio nel mezzo della pancia di Liz. Attraverso la loro connessione, Max sentì ricambiare il suo gesto d’amore, e padre e figlio si legarono in un modo che la maggior parte del mondo non avrebbe mai conosciuto. Nonostante tutte le angosce che aveva affrontato nella sua vita, si sentì veramente un uomo fortunato. Tutto quello che doveva fare era trovare Ellie, e la sua vita sarebbe stata completa.

***

Liz era seduta sulla coperta stesa sull’erba, con la cesta del picnic davanti a lei e l’aprì, controllandone il contenuto, mentre aspettava. Max sarebbe arrivato presto con il gelato, e il pollo fritto e l’insalata di patate erano pronte. Tutto quello di cui aveva bisogno era la sua famiglia, con cui dividerle.
Qualche volta, nel sogno, lei arrivava per prima e qualche volta lo faceva Max, e ogni tanto era Ellie ad aspettarli. Stasera era il suo turno di aspettare gli altri. Sistemò i piatti sulla coperta, con accanto i tovaglioli e poi si stese, godendosi la bella giornata estiva. il sole era caldo, la brezza delicata e l’aria era piena c di uccelli che cantavano e di farfalle che volavano e di qualche occasionale ape che ronzava, ma senza infastidirla. Si stava crogiolando al calore del giorno, quando il suo cuore fece un salto di gioia al suono che si librava nell’aria dietro di lei.
“Mamma!” gridò Ellie eccitata, quando la vide da lontano sotto la macchia di alberi. Corse attraverso l’erba alta che le solleticava le gambe e le ginocchia, e il foglio che teneva in mano sventolava dietro di lei.
“Ellie!” Liz allargò le sue braccia, con un sorriso sulla faccia che andava da un orecchio all’altro. Il suono della voce dolce della sua bambina era musica per le sue orecchie. La vista del suo bel visino, era la cosa più vicina al paradiso. Vide Ellie mentre correva attraverso il prato e poi si nascose la bocca con la mano per coprire un sorriso, quando il foglio che Ellie aveva in mano volò via e lei dovette tornare indietro a riprenderlo. Ellie agiva come se quello fosse il pezzo di carta più importante del mondo.
“Mamma!”, gridò ancora Ellie e volò nelle braccia di Liz, stringendosi l’un l’altra. “Mamma, ho qualcosa pe te!” urlò eccitata.
“Davvero?” rise Liz a quella piccola palla di energia. Si sedette e la prese in braccio meglio che poté, visto che nel suo grembo non rimaneva molto spazio per lei, e diede a sua figlia un bacio sulla fronte. “Che cosa hai per me?”
“Questo!” disse Ellie orgogliosa e le mostrò il pezzo di carta. Era un foglio grande, tolto da un blocco da disegno e quando Liz vide cosa c’era sopra, i suoi occhi si riempirono di lacrime.
“Lo hai disegnato per me?” chiese Liz , battendo veloce gli occhi. Ellie annuì e poi si illuminò quando Liz disse “E’ bello, Ellie. Proprio bello!”
Ad Ellie piaceva disegnare e Liz era arrivata da molto tempo alla conclusione che aveva ereditato il suo talento da Max. Mentre si vedeva, ovviamente, che il disegno era stato fatto da un bambino, con tratti maldestri e linee imprecise, era quello che aveva disegnato che era lampante. Tre figure dominavano la scena. Al centro del disegno c’era un grande cavallo bianco che volava nel cielo azzurro, con le ali spiegate. Un prato, no, non un prato qualsiasi, ma quel prato in cui erano ora, prendeva una grande parte della pagina. A cavallo del magnifico animale, c’era una donna, con fluenti e scuri capelli lunghi. davanti a lei, saldamente stretta dalle braccia della donna, c’era una bambina, dagli stessi capelli. Era facile capire che la donna era Liz e la bambina era Ellie.
“Ti piace, mamma?” chiese Ellie, con i grandi occhi scuri fissi sulla madre. “Io non l’ho ancoa finito, ma volevo pottattelo.”
“E’ bellissimo, Ellie. Mi piace tanto.” Non voleva che Ellie la vedesse piangere, ma c’era qualcosa di così meraviglioso e libero , in quelle due figure che volavano nell’aria, lontane dalla terra. E poi Ellie disse qualcosa e le sue parole toccarono profondamente il cuore di Liz e lei non poté più trattenere le lacrime.
“Un gionno, mamma, noi voleemo fino a casa.”


***

Max era dietro gli alberi ed osservava Liz e Ellie mentre parlavano e ridevano e cantavano insieme. Questi momenti erano importanti, per loro due, e Liz esitava ad intromettersi. passava un sacco del suo tempo nascosto dietro agli alberi, vedendo scorrere il mondo, ma questa volta non gli rincresceva fare solo lo spettatore. Dopo la nascita di Matthew , lui sapeva che avrebbe ancora avuto Ellie, ma Liz no.
Il profumo del pollo fritto gli fece brontolare lo stomaco e lui sorrise tra sé e sé. Questo, dopo tutto, era solo un sogno e lui non avrebbe dovuto sentire gli odori e invece li sentiva. Perché il mondo dei loro sogni era reale. Uscì dal suo nascondiglio, attirato dall’eccellente cucina di sua moglie e dalla prospettiva di stare con le sue due ragazze.
Ellie percepì un movimento con la coda dell’occhio e gridò eccitata. “Papà!” Si divincolò dalle braccia della madre e gli corse incontro, lanciandosi tra le sue braccia. “Papà! Dove sei stato?”
“Max, ti sei perso il pranzo.” lo prese in giro Liz, sapendo quanto gli piacesse.
“Non vi sarete mangiato tutto, vero?” gli rese lo scherzo, mentre si sistemava Ellie su fianchi. “So che tu hai appetito per due, ma mi hai lasciato almeno le briciole?”
“Max Evans! Stai dicendo che mangio come un cavallo?” Liz si finse offesa.
“Beh, non sono stato certo io a mangiare tutto il pollo!” disse lui, facendo l’occhiolino a Ellie. Si avvicinò e si unì a Liz sulla coperta, mentre Ellie si arrampicava sulle sue braccia per vedere cosa c’era nella borsa che lui stava portando.
“Gelato!” gridò felice “Papà ci ha pottato il gelato!”
“Tieni, Max.” disse Liz, porgendogli un pezzo di pollo. “L’ho messo da parte proprio per te.”
“Liz, tesoro, sei così buona con me.” Max sorrise dolcemente dando un morso al cibo delizioso.
“E non dimenticartelo.” gli rispose caustica, togliendogli una briciola dal labbro.
“Posso avee il gelato adesso?” chiese Ellie impaziente.
“Certo che puoi, Ellie.” Liz sorrise, guardandola danzare eccitata intorno alla coperta. “Mentre ti preparo il gelato, perché non fai vedere a papà cosa hai disegnato per me?”
“Okay.” Corse all’angolo della coperta e prese il disegno che Liz aveva arrotolato, poi corse verso Max che stava scuotendo la testa alla sua illimitata vivacità. Lei distese il foglio e Max rimase a bocca aperta, deliziato.
“Ellie! E’ così bello! Siete tu e mamma?”
“Si.” rispose lei e si girò verso la madre, stendendo le mani per prendere la ciotola di gelato. La prese felice, mentre Liz ci spruzzava sopra la salsa Tabasco.
“Ancoa.” disse alla madre che stava riponendo la salsa. “Ancoa di più.” insegnò alla mamma, e quando fu soddisfatta disse “Oa basta.”
“Ti piace la salsa Tabasco?” chiese Liz ed Ellie annuì entusiasta.
“Tutto ha un sapoe più buono, qui.” disse, prendendo un grosso boccone di gelato.
Liz e Max si guardarono, sapendo quello che significava.
Johnson non poteva sapere che lei aveva bisogno del tabasco nella sua dieta. Cercarono di trovare il modo per Ellie di farglielo sapere, senza rivelare come lei sapesse dell’esistenza del Tabasco.
Ellie prese una cucchiaiata di gelato e poi la mise davanti alla pancia di Liz, prima di mangiarla, ridendo per qualche suo intimo segreto. Max la guardò per qualche minuto, mentre lei ripeteva il gesto ancora e ancora, poi guardò Liz, chiedendosi se lei capisse cosa Ellie stesse facendo.
Liz gli dette una guardata come per dire ‘che diavolo ne so’, poi chiese ad Ellie “Cosa stai facendo, tesoro?”
“Matthew è geloso pecché lui non può antoa mangiae il gelato!” disse Ellie con un risolino furbo.
Max scoppiò a ridere come un matto, scoprendo un lato di Ellie che ancora non aveva notato. Stava prendendo in giro di suo fratello! Buona di natura, ma certamente dispettosa su qualcosa che lei poteva e lui non poteva fare. Matthew non era ancora nato e a gelosia tra fratelli già faceva capolino. Matthew poteva anche essere fortunato, a vivere nel mondo reale con mamma e papà, ma Ellie poteva avere il gelato e lui no!

Capitolo 65

Carl era in piedi davanti alla porta di Rachel e spostava nervosamente il peso da un piede all’altro, mentre aspettava. Aveva premuto il campanello da qualche secondo ma gli sembrava che fossero passati minuti, anzi, ore. Aveva sentito il campanello? Era in casa? Aveva ricevuto una chiamata da una delle sue pazienti e doveva far nascere un bambino?
Prese il cellulare dalla tasca, per vedere se ci fossero messaggi: Forse lei aveva chiamato per dire che non era disponibile quella sera per il loro appuntamento. Forse … la porta si aprì e Rachel era lì, con un grande sorriso.
“Ciao, Carl.” gli disse raggiante “Sei in perfetto orario.”
“Ciao!” mormorò Carl. lei era in casa ed era assolutamente bellissima.
Notando il telefono nella sua mano, gli chiese “Devi fare una chiamata? Vuoi usare il mio telefono?”
Carl era senza parole per il modo in cui i suoi capelli di ebano ricadevano in onte incorniciando il suo viso e i suoi occhi sembravano ancora più verdi del solito. Forse perché la camicetta di seta verde che indossava, metteva in risalto il colore dei suoi occhi o perché si intonava al colore della sua pelle, o solo perché lei era veramente, veramente, proprio veramente, veramente bella. Ora la sua lingua era legata e lui non sapeva cosa dire.
“Carl?” Rachel sollevò le sopracciglia “Devi … devi usare il telefono?” Accidenti, come era attraente Carl quella sera. Elegante abbastanza per … Dove sarebbero andati a cena quella sera? Lui non l’aveva detto quando le aveva chiesto di cenare con lui e di andare al cinema insieme. Lei si era vestita ‘casual’, con una camicetta e pantaloni neri, qualcosa per stare a suo agio al cinema. L’avrebbe portata a vedere uno di quei film sui poliziotti pieno di spari e di scene violente? C’era un nuovo film romantico in città, uno con Meg Ryan e Tom Hanks, ma probabilmente a Carl non piacevano le commedie romantiche. probabilmente avrebbe voluto vedere quel film con Arnold Schwarzenegger …
“Telefono?” Carl si scosse e notò che teneva ancora il mano il cellulare. Velocemente lo mise nella tasca e si schiarì la voce, perché era assolutamente sicuro che ne sarebbe uscito fuori solo uno squittio. “No, non ho bisogno di telefonare. Um, sei pronta per andare o devi …?”
Oh, Dio! Poteva sentire la macchia di sudore allargarsi sotto le ascelle. Sarebbe stato terribile. Prima della fine della serata, sarebbe stato peggio di una puzzola. Lei probabilmente avrebbe messo qualche scusa per troncare l’appuntamento appena finita la cena. Perché si stava facendo questo? Se non le avesse mai chiesto di uscire! Lui non era bravo in questa cose!
E poi lei sorrise. Lui non poteva resistere al suo sorriso.
“Sono pronta.” lei sorrise radiosamente.” Lasciami solo prendere una giacca.” Si allontanò dalla porta, dicendo a se stessa di finirla di comportarsi come una studentessa al suo primo appuntamento. Buon Dio! Lei era una donna matura. Aveva avuto una discreta serie di appuntamenti. Le farfalle nel suo stomaco erano proprio ridicole. Ma … nessuno le aveva mai fatto tremare le ginocchia, prima d’ora, prima di incontrare Carl.
Afferrò la giacca dalla spalliera della sedia e poi disse a se stessa di calmarsi, mentre si dirigeva verso il portico. Era così preoccupata di quello che Carl poteva pensare che stava per chiudere la porta senza l’aiuto della chiave. Infilando la mano nella borsa, si rimproverò. Non era il momento di mostrare qualche piccolo trucco alieno.
Si girò, sembrando rilassata e sicura di sé e Carl si chiese se dovesse dirle come si sentisse nervoso. Percorsero il vialetto di cemento in direzione della macchina, con Carl che pregava di non inciampare nei suoi stessi piedi e cadere davanti ai suoi occhi. Rachel sentì la mano di Carl toccarla leggermente sulla schiena, per guidarla verso l’auto e le farfalle nel suo stomaco cominciarono decisamente a sciamare.
Lui aprì la portiera anteriore e dopo che lei si fu seduta, girò in fretta intorno alla macchina. Scivolò dietro il volante e, mentre inseriva la chiave di accensione, le chiese Qual è il tuo veleno? Cinese? Messicano? Italiano?” Oh, mio Dio.! Aveva appena detto ‘Qual è il tuo VELENO?’ Dannazione. Era ovvio che passava troppo dannato tempo con i ragazzi dell’Unità! “Volevo dire, dove ti piacerebbe mangiare?”
“Va tutto bene, per me.” lo rassicurò Rachel. “Non sono di gusti difficili.”
“Bene, allora potremmo provare quel nuovo posto dopo Hudson.” suggerì Carl. C’era stato recentemente e gli era sembrato molto intimo.
“Oh!” Rachel fece un grande sorriso. “Il posto che ha le tendine di merletto e tante candele?”
“Si.” anche Carl sorrise, cominciando a rilassarsi.
“Morivo dalla voglia di andare a quel ristorante.” La mano di Carl era appoggiata sulla leva del cambio, ed improvvisamente quella di Rachel fu sul suo braccio. Lai lo guardò con quegli stupefacenti occhi verdi e aggiunse “E’ giusto ad un paio di isolati dal mio ufficio. Carl, ti dispiace se ci fermiamo lì un attimo? Domani mattina devo andare a Mesa per visitare una paziente, e ho dimenticato la sua cartella. L’ho lasciata sulla mia scrivania. Ti dispiace?”
“No. Assolutamente.” rispose Carl. “Possiamo passare prima al tuo ufficio e dopo possiamo andare a cena. E decidere quale film vogliamo vedere.” lei gli strinse il braccio con uno sguardo riconoscente e Carl quasi gemette, quando lei spostò il braccio, per appoggiarselo in grembo.
Forse, dopo tutto, questa notte non sarebbe stata un disastro.

***

Le palpebre di Max cominciarono a sbattere e lui uscì dal sogno. Ellie era stata la prima a lasciare il loro piccolo prato di paradiso e lui e Liz erano rimasti seduti sulla coperta, abbracciandosi l’un l’altra e desiderando entrambi che il sogno non finisse mai. la tazza del gelato di Ellie era vuota e solitaria ai loro piedi. Questa era sempre la parte più difficile, uscire dal sogno e tornare alla realtà.
Max aprì lentamente gli occhi e si concentrò su Liz, guardandola mentre continuava a dormire. Loro, di solito, si svegliavano dopo il sogno e parlavano di Ellie, di come era loro sembrata, di quello che aveva detto e di quello che aveva fatto. Ultimamente, forse perché era incinta e tanto stanca, lei continuava a dormire. A Max mancavano le piccole chiacchierate che erano soliti fare quando si svegliavano e il ricordo di Ellie era ancora fresco nella loro mente. Con sua sorpresa. vide sbattere le sue palpebre e lei lentamente aprì gli occhi.
“Ciao, tesoro.” disse Liz ancora mezzo addormentata.
“Ciao.” Max face un largo sorriso. Le appoggiò le labbra sulle sue, solo perché gli era impossibile starle vicino senza baciarla, ed insieme sospirarono soddisfatti e si rannicchiarono uno accanto all’altra. Il suo braccio girò intorno alle spalle di lei, facendole posare la testa sul suo petto, e non seppe resistere dal passarle le dita tra i capelli.
“Era così carina, questa sera.” disse Liz ansiosa.
Max le toccò il naso con la punta delle dita e disse “E’ esattamente il tuo ritratto.”
“Non immaginavo che fosse così dispettosa.” rise Liz, ricordando Ellie che metteva il cucchiaio pieno di gelato davanti alla sua pancia, tormentando Matthew .
“Deve averlo ereditato da te.” la prese in giro Max “Perché io non sono mai stato dispettoso.”
“E cosa ti fa pensare che io lo sia?” lo sfidò Liz.
“Liz,” Max le diede un’occhiata alla ‘ma chi credi di imbrogliare?’ “Ti ho osservato per anni. Mi ricordo tutte quelle volte che hai nascosto il pranzo di Alex, quando lui non vedeva.”
“Mi hai visto?” rise Liz sorpresa “Alex ha sempre pensato che fosse Maria!”
“Lo so.” Max rise insieme a lei. Lui pensava che fosse adorabile, mentre lei si era sentita ignobile, ma, dopotutto, erano passati tanti anni.
“Così Ellie ha preso da me il lato dispettoso e da te l’ abilità di disegnare.” ipotizzò Liz.
“Sembrerebbe di sì.” fu d’accordo Max.
“Hai visto come disegna bene?” chiese lei con la sorpresa negli occhi. Lui annuì e lei si sentì un groppo in gola. “Quando me lo ha dato mi ha detto ‘Un giorno, noi voleremo fino a casa.’ Oh, Max …”
“Un giorno sarà a casa, Liz.” promise Max. “Dobbiamo solo continuare a crederci.”
“Lo faccio, Max.” disse solennemente Liz. “Lo faccio veramente, ma vorrei …”
“Cosa, bambina? Cosa vorresti?” le chiese dolcemente.
“Avrei voluto il disegno. Lei …” e la sua voce cominciò a tremare. Max le mise le mani sulla nuca, dandole tutto il conforto che poteva. “Lei voleva che lo avessi io.” continuò Liz. “E’ corsa attraverso il prato con il foglio stretto in mano, tenendolo come se fosse la cosa più importante del mondo, sai, per darmi quel disegno. Come se … come se non volesse che mi dimenticassi del suo aspetto.”
Max sentì le parole morirle in gola e la strinse più forte, non solo per confortare lei, ma anche se stesso. Sentì una lacrima calda cadere da Liz sul suo petto e il mondo cominciò a galleggiare davanti ai suoi occhi. E non era un pianto indotto dagli ormoni. Lei aveva tutte le ragioni per piangere e lui non era un uomo così grande da non piangere insieme a lei.
Mentre la teneva tra le sue braccia, asciugandole le lacrime e sussurrandole parole di consolazione, si chiese se c’era qualcosa che lui potesse fare per impedire che Ellie scivolasse via da lei.

***

“Ci vorrà solo un minuto.” disse Rachel, infilando la chiave nella porta della clinica. Aprì la porta ed entrò, mentre Carl la seguì. Attraversarono l’atrio, diretti sul retro e Carl rimase impressionato quando varcarono la soglia del suo ufficio. Era un’ampia stanza, con fiori in un vaso sopra la scrivania e disegni di bambini che giocavano e si divertivano, attaccati alle pareti.
Uno in particolare attirò la sua attenzione. Lui riconobbe l’aurore. Era un acquerello e non c’era dubbio che l’avesse fatto Max. Liz era seduta sulla riva di un ruscello, con i piedi nell’acqua e il vestito arrotolato sopra le ginocchia. Le era accanto Ellie, nell’acqua fino alle ginocchia e tutte e due guardavano una rana che stava su un sasso, in mezzo al ruscello.
“Me lo ha dato Max.” disse Rachel, avvicinandosi alle spalle di Carl.
“ci avrei giurato che era suo.” annuì Carl. “C’è qualcosa, beh, qualcosa di straziante, sapendo quello che so sull’artista e sui soggetti del disegno.”
“Lo so.” Rachel provava la stessa sensazione. Proprio in quel momento suonò il suo cellulare e Rachel aprì la borsa per prenderlo. Dopo qualche parola, si girò verso Carl e disse “Devo cercare una cosa in archivio. Mi ci vorrà un secondo. Intanto, potresti prendere la cartella sulla mia scrivania?”
“Certo!” acconsentì Carl.
“Grazie.” Rachel sorrise e uscì dall’ufficio, per dirigersi verso l’archivio, dove erano conservati i dati dei pazienti. Alzando la voce, disse “Il nome è Carpenter. Lisa Carpenter. Dovrebbe essere la prima che vedi sulla mia scrivania.”
Max si avvicinò alla scrivania di quercia e vide la cartella, che stava al centro del piano di legno, e controllò il nome. Lisa Carpenter. La prese ed inavvertitamente, prese anche il bordo della cartella che stava sotto. Il contenuto si sparse sul ripiano e Carl si rimproverò per essere stato così maldestro.
Mise da parte la cartella Carpenter e cercò di rimettere in ordine i fogli che erano usciti dalla seconda cartella, quando un nome attrasse la sua attenzione. Elizabeth Evans.
Sentì avvicinarsi i passi di Rachel e velocemente rimise i fogli nella cartella, sperando che Rachel non lo sorprendesse e pensasse che aveva curiosato. Il problema era che lui intendeva realmente curiosare. Era sua natura curiosare quando si presentavano domande senza risposta, e la vita di Max Evans era piena di domande senza risposta.
Spinse i fogli nella cartella, sperando che fossero nel giusto ordine e che non sembrasse essere stata aperta, quando una parola lo colpì. Stampata il lettere rosse nell’angolo più alto di un foglio c’era la parola ‘Ibrido’. Che diavolo voleva dire?
“Ho preso quello che mi serviva.” disse Rachel affacciandosi alla porta dell’ufficio. “Hai trovato la cartella?”
“Proprio dove avevi detto.” Carl le porse la cartella di Lisa Carpenter, per fargliela vedere. Traversò la stanza per arrivare dove era Rachel e mentre lei si avviò verso l’uscita, seguita da Carl, lui lanciò un’ultima occhiata alla cartella sulla scrivania di Rachel. Era lì, pulita e ordinata, e Carl non poté fare a meno di chiedersi chi avesse scritto la parola ‘Ibrido’ sulla cartella di Liz e cosa volesse dire quella parola.

***

Max era disteso a fissare il soffitto della camera da letto e ad ascoltare il silenzio intorno a lui. Liz si era riaddormentata e soffici sbuffi d’aria gli solleticavano il collo ad ogni respiro che lei faceva. Lui sorrise, guardando il suo viso serenamente addormentato.
Stava pensando al disegno che Ellie aveva dato a Liz nel sogno. Lei lo aveva desiderato così tanto ma, chiaramente, quando il sogno era sparito, il disegno era sparito con lui. Ma, forse, lui poteva fare qualcosa.
Max tolse il suo braccio dalle spalle di Liz e si staccò da lei facendo attenzione a non svegliarla. Lei si stiracchiò quando le mise un cuscino sotto la testa poi si allungò e continuò a dormire. Era sempre stanca, ultimamente, con Matthew così vicino al parto e anche se la notte era appena cominciata, lui sapeva che probabilmente avrebbe dormito fino al mattino. Si alzò in silenzio dal letto e si diresse in soggiorno, fermandosi sulla soglia per abbeverarsi alla sua bellezza, prima di entrare in corridoio.
Prese il suo blocco e il materiale da disegno dallo stanzino dove li conservava e li portò sul divano. Ormai era un rito per lui, svegliarsi nel silenzio della notte ferito dai ricordi del passato e desideroso di stringere una bambina dai lunghi capelli di seta e dai grandi occhi scuri. Disegnare la sua immagine la faceva sentire reale e gli ricordava che lei non era solo un sogno.
Quella notte, però, lui prese in mano un pastello e non una matita. Quella notte i suoi tratti non erano dritti e definiti, come nel suo solito stile. Non c’erano i delicati dettagli che di solito metteva nei suoi lavori. I segni che faceva sul foglio erano quelli di un bambino, mentre riproduceva esattamente il disegno di Ellie, come se fosse uscito dalle sue mani. Il cavallo prendeva forma sul foglio e poi la madre che stringeva protettiva sua figlia. Riprodusse alla perfezione il prato sotto alle figure centrali, proprio come lo aveva disegnato Ellie. Posò il pastello, soddisfatto che il suo disegno fosse identico a quello che la bambina aveva dato così orgogliosamente a Liz.
Era il meglio che aveva potuto fare, più simile all’originale andava oltre le sue capacità. Max posò la mano sopra il disegno e chiuse gli occhi, pensando che un giorno … un giorno un disegno fatto da Ellie sarebbe stato appeso al frigorifero. un giorno, le sue risate avrebbero riempito l’aria intorno a lui. Un giorno, non avrebbe dovuto vederla solo nei sogni.

Capitolo 66

Carl era seduto nel cinema buio, cercando di prestare attenzione all’azione sullo schermo, ma Rachel lo rendeva impossibile. Avevano avuto una cena eccellente al simpatico ristorante fuori Hudson. Rachel aveva scelto la lasagna, la specialità della casa, e Carl aveva preso una costata. Aveva suggerito di prendere una bottiglia di vino, un buon merlot, ma lei aveva rifiutato, informandolo di essere astemia.
Nell’attesa dei piatti, parlarono e parlarono quando il cibo fu servito, e parlarono ancora, fino al momento del dessert. Rachel gli raccontò del perché era diventata ostetrica e Carl le disse perché aveva deciso di fare il poliziotto. Carl si sorprese nello scoprirsi semi-intelligente, invece di inciampare ad ogni parola, come aveva temuto di fare. O, almeno, sperava di esserle sembrato semi-intelligente. Lei non gli aveva staccato gli occhi di dosso, così pensò di essere andato bene.
Ripensò alla conversazione che avevano avuto dopo cena, mentre aspettavano che arrivasse il conto. Lei era riuscita a farlo sentire così rilassato, che le parole gli erano uscite dalla bocca, prima che si accorgesse di averle dette …
“Rachel, non ti sei mai sposata? Non posso credere che nessuno ti abbia intrappolata.” Intrappolata? Intrappolata? Che fesseria! Proprio mentre cominciava a credersi intelligente, se ne veniva fuori con uno stupido ‘Intrappolata! Dio Onnipotente!
“Stavo aspettando.” rispose Rachel, per niente imbarazzata dalla sua stupida osservazione.
“Aspettando?” disse svelto Carl. “Aspettando cosa?”
“Che arrivasse l’uomo giusto.” sorrise lei. “Vedi, io credo che per ogni persona, c’è qualcuno lì fuori e se sei fortunato, ma veramente fortunato, potrai trovare quella persona che ti farà sentire intero. Tu sei stato fortunato, Carl. Tu l’hai trovata in Michelle. Si sente dal modo in cui parli di lei, che era l’altra metà di te. Il vostro tempo insieme è stato breve, ma quello che hai avuto è stato speciale. Io sto aspettando di trovarlo. Io non voglio solo …sistemarmi.”
Rachel aveva ragione. Quello che lui aveva avuto con Michelle, era stato speciale. lei era stata tutta la sua vita e, quando l’aveva persa, aveva perso se stesso. Lui era quel tipo di uomo che quando amava, amava completamente. Si chiese ancora una volta se fosse possibile raggiungere un amore così due volte nella stessa vita. Dopo che Michelle era morta, aveva pensato che fosse impossibile, ma guardando il volto di Rachel, guardando i suoi occhi meravigliosi, l’impossibile non sembrava più tanto impossibile.
“Io sono stato fortunato,” convenne Carl. “ma l’ho persa da tanto tempo. Se lei sapesse che, dopo la sua morte, io ho smesso di vivere, non me lo perdonerebbe mai.”
“E’ questo che ti è successo, Carl? hai smesso di vivere?” simpatizzò Rachel, posando una mano sopra quella di lui.
“Si.” ammise Carl per la prima volta, profondamente conscio che le sue dita lo stavano toccando. “L’ho fatto. Ma questo è il passato. La vita ora mi sembra piena di possibilità. si devono prendere, vero? Non si può lasciare che il mondo ti scivoli accanto.”
“hai ragione.” sorrise Rachel, illuminando il suo mondo, e poi, con suo rammarico tolse via la sua mano.
Seduto nel cinema, non poteva fare a meno di pensare a tutte le cose di cui avevano parlato prima. naturalmente, pensare a tutto era duro, in quel momento, considerando il fatto che lei gli stava quasi seduta in braccio! Era stato piuttosto sorpreso quando lei aveva suggerito di andare a vedere il nuovo film di Arnold Schwarzenegger. Era un film di fantascienza e lui aveva dato per scontato che lei volesse vedere un film per femminucce. Quel film con Tom Hanks e, come si chiamava? Meg qualcosa, ma quando aveva suggerito di andare a vedere Terminator, chi era lui per fare obiezioni!
E ora era lì, nel buio, con Rachel che si appoggiava contro di lui e nascondeva la testa contro la sua spalla ogni volta che sullo schermo accadeva qualcosa di brutto, cosa che,per sua fortuna, accadeva molto spesso! Ci fu una scena particolarmente forte, con tutti i più vividi dettagli, e Carl si crogiolò nella sensazione di lei che cercava conforto tra le sue braccia, che cercava la sua mano e la stringeva forte, del viso di lei appoggiato contro il suo braccio, che andava avanti e indietro tra la sua spalla e lo schermo.
Ripensando a quella serata meravigliosa, lui non poteva fare a meno di sorridere. Aveva messo un braccio intorno alle spalle di Rachel. Lei aveva poggiato la testa contro la sua spalla. La mano di lei aveva stretto la sua. Si, decisamente la vita stava diventando bella!

***

Liz sentì la mancanza del suo familiare calore accanto a lei, e i suoi occhi si aprirono lentamente. La sua mano lo cercò automaticamente, ma il lenzuolo era vuoto e le coperte erano state scostate da una parte. Max non era lì. Girò la testa per vedere l’ora e sospirò. L’una e un quarto del mattino.
Spostò la coperta e prese la sua vestaglia, prima di alzarsi. Uscì dal letto e si diresse in silenzio lungo il corridoio e non si sorprese nel vedere Max seduto sul divano, al suo solito posto. Non dormiva mai una notte intera.
Quando la vide entrare nella stanza, sollevò la testa dal suo album da disegno e le fece un sorriso. Era bella, mentre camminava nella stanza con la luce che le formava un alone intorno. Lei era il suo angelo e ogni giorno ringraziava Dio per averla nella sua vita. Camminava con una grazia non facile da ottenere per una donna così vicina alla fine della gravidanza e, quando se la vide davanti, si trovò a desiderarla fortemente.
Liz guardò in giù, nel viso incredibilmente affascinante di Max, e sentì il respiro bloccarsi in gola, allo sguardo ardente che c’era nei suoi occhi. La faceva sciogliere quando la guardava in quel modo. Lui era piegato sul divano, con indosso solo un paio di boxer scozzesi verdi e la luce della lampada che aveva vicino, dava risalto al colorito dorato della sua pelle. Il suo corpo era duro e muscoloso e quando lo vedeva così, il suo cuore cominciava a correre. Piegato sul divano, con le gambe aperte e il torso nudo, e il rigonfiamento nei suoi boxer così invitante, lui praticamente trasudava sesso.
Max chiuse il suo album e lo appoggiò sul cuscino del divano. Guardò verso Liz con un’espressione invitante negli occhi e le mise le mani sui fianchi per attirarla a sé. Liz era di fronte a lui, con le gambe di lato alle sue ginocchia e ammirava il suo viso così sensuale. Max aveva gli occhi socchiusi, uno sguardo assonnato, e le labbra leggermente aperte
“Dove sta andando di bello?” le chiese in tono appassionato. “Vuoi fare una cavalcata?” La mise a sedere sul suo grembo e lei capì subito che genere di cavalcata intendesse. Si sedette su di lui, con le braccia allungate sulla pelle calda del suo torace, mentre le mani di Max le scorrevano sulle cosce di seta.
“Riesci ad indovinare dove vorrei andare?” gli chiese in modo seducente, accomodandosi sopra di lui.
“Oh, si!” rispose Max muovendo i suoi fianchi contro di lei.”Posso portarti dovunque tu voglia andare, e per tutte le volte che vuoi.”
“Hummm.” disse Liz, con un largo sorriso sulla faccia. “Sembra proprio la cavalcata che vorrei fare.”
“Allora sali in groppa.” Max era profondamente consapevole del fatto che c’era molto poco sotto la sua camicia da notte. Lei non portava la biancheria intima e l’unica cosa che li separava era il tessuto dei suoi boxers. Giocando, lui spinse in avanti i suoi fianchi e poté capire quanto lei fosse eccitata dall’umidità che penetrava nei suoi pantaloncini.
Liz sentì la mano di lui sciogliere la cintura della sua vestaglia e lentamente metterla da parte, mentre gli occhi di Max non si staccavano dalla sua faccia.
Le sue mani scivolarono sulle spalle e sfilarono la vestaglia, lasciando ricadere il delicato tessuto sulle sue gambe. La camicia da notte le aderiva al corpo e Max si accorse del modo in cui i suoi capezzoli premevano contro la stoffa. Sollevò la camicia per toglierla ed espose il suo seno, il suo bellissimo, pieno, meraviglioso seno. Lei afferrò l’orlo e lentamente la sfilò dalla testa e la lasciò cadere sul pavimento.
Ora era seduta sopra di lui, in tutto il suo nudo splendore, con il cuore che le correva nel petto. L’intimità con Max le dava sempre quelle sensazioni.
“Alzati.” le disse con la voce rauca e mentre lei si sollevava lui si tolse in fretta i boxers. Liz tornò a sedersi e il suo calore venne a contatto diretto con l’eccitazione di lui. Gli si spinse contro, mugolando di piacere sentendolo così sveglio. Mosse i suoi fianchi avanti e indietro, stimolando i suoi punti più sensibili mentre si strofinava contro la sua dura estensione.
Max era veramente qualcosa di eccezionale da vedere, e da toccare, e da sentire. Le sue mani presero dolcemente il suo membro, accarezzandolo per tutta la sua lunghezza, toccando quei punti che lei sapeva essere più sensibili e godendo dei gemiti sommessi che scappavano dalla gola di lui.
Le mani di Max scivolarono sulle cosce fino ai suoi fianchi e la sollevarono per posizionarsi alla sua entrata. La mano di Liz lo aiutò a trovare la strada e lui scivolò facilmente dentro di lei.
Liz sospirò di soddisfazione sentendolo dentro di sé e le mani di lui tornarono sul suo seno, accarezzandolo dolcemente, stimolandole i capezzoli fino a farli diventare piccole vette rosa, compiaciuto dei gemiti che lei si lasciava sfuggire. Lui sollevò la sua mano in direzione della lampada e la spense, facendo cadere la stanza nell’oscurità. E nell’oscurità sentì il corpo di lei diventare rigido e insensibile e tutti i suoi movimenti sensuali di un minuto prima, cessarono all’improvviso.
“Perché l’hai fatto?” la voce di Liz ruppe il silenzio.
Uh oh, pensò Max. Quel tono non portava a niente di buono. I suoi occhi si stavano abituando al buio e poteva dire che lei lo stava fissando. “Cosa vuoi dire?” le chiese prudente.
“Sai benissimo cosa voglio dire.”
Oh no! Ci siamo. Le mani di Liz si erano scostate dal suo petto e ora erano posate sulle sua anche e nella luce pallida che veniva dalla strada, ora era sicuro che lo stava fissando.
Pensa … pensa … Max sentiva che stava camminando su una fune tesa ed un passo falso, una parola sbagliata, l’avrebbe fatto precipitare nel vuoto. Avrebbe dovuto dire qualcosa? O sarebbe dovuto stare zitto lasciando a lei la prossima mossa? “Tesoro …”
“Tu pensi che io sia grassa, vero? Non vuoi fare l’amore con me con la luce accesa perché ti sembro una balena arenata!”
Oh, dannazione, pensò Max. Adesso era in guai seri. Sembrava quasi che lei stesse per piangere e si stava sollevando da lui e lui stava diventando morbido e si preoccupò sapendo che lei sapeva che lui stava diventando morbido e lo stava interpretando nel modo sbagliato.

“Vedi! Lo sapevo! Hai spento la luce perché non puoi sopportare di vedermi!”
“Liz, no, amore, vieni qui.” le disse avvolgendola con un braccio per impedirle di allontanarsi da lui. Sollevò ancora la mano per accendere la luce e un soffice splendore brillò intorno al corpo nudo di lei.
“Tu sei bellissima, Liz, stupenda. Io non penso che tu sia grassa. Per niente. Sono invece preoccupato che tu non abbia preso abbastanza peso.”
“Davvero?” Liz tirò su col naso e tentò di avvolgersi la vestaglia intorno.
“Veramente,” sorrise Max. Passò le dita sulla guancia di lei e poi le accarezzò dolcemente i capelli. Lasciò scendere la mano fino alla sua pancia sporgente, carezzandola amorevolmente, attraverso il tessuto della vestaglia.
“Io penso che tu sia bellissima in questo stato. Tu sei splendente, Liz.”
“Sei sicuro? Non ti sembro una grassa mucca?”
“No.” disse Max con una risatina. ”Non sembri una giovenca!” Liz gli diede una botta col dorso della mano per essersi preso gioco di lei e lui la prese al volo e l’attirò verso di sé per poterla baciare. Il modo in cui lei si mosse contro di lui, gli fece riprendere nuova vita ed il sorriso di Max divenne uno sguardo malizioso. “Vedi? Sono pronto, voglioso e abile.”
Liz gli sorrise e lui tornò a muovere i suoi fianchi, spingendosi ancora dentro di lei. Liz lasciò cadere la sua vestaglia e Max ancora una volta, alzò la sua mano e spense la luce. Anche nel buio si accorse che lei era di nuovo in collera. Lei incrociò le braccia sul petto e quando cominciò a parlare, lui si rese conto di essere ancora nei guai.
“MAX EVANS, non spegnere mai più la luce!” Liz si allungò verso la lampada e dopo aver riacceso la luce guardò la faccia imbarazzata di Max. “Se non è perché sono grassa, allora cosa c’è?” gli domandò.
“Liz, amore, non sei tu. E’ solo … è solo … che …” balbettò Max, mentre vedeva una Liz arrabbiatissima.
“E’ solo … Cosa?” chiese Liz a denti stretti.
“E’ che … “ Oh, Dio! Come poteva dirlo senza sembrare un idiota?
“E’ che cosa, Max?” Se non glielo avesse detto subito, decise Liz, non gli avrebbe parlato mai più.
“E’ Matthew !.” ammise lui, facendosi piccolo dalla vergogna.
“Matthew ?” disse Liz stupita. “Cosa c’entra Matthew ?”
“Lui mi sta fissando!” esplose Max e Liz lo guardò, sorpresa con assoluto stupore. Le mani di Max indicavano la sua pancia e lui si precipitò a dire. “Lui è proprio lì, mi fissa e sembra che mi dica “Cosa pensi di stare facendo, papà?”

Sentì Liz che cominciava a tremolare e si accigliò, dicendole “Stai ridendo di me?”
Liz si era coperta la bocca con la mano e stava certamente ridendo di lui. Lei annuì ed allora le sue spalle cominciarono a scuotersi, mentre cercava di trattenersi.
“Giuro su Dio, Liz. Mi sembra come se gli colpissi la testa!” disse in fretta Max. “Uscirà fuori con una grossa ammaccatura proprio in cima alla testa.”
Liz tirò indietro la testa e scoppiò a ridere. Tutto il suo corpo era scosso dalle risate e Max decise che adesso il tutto era davvero piacevole.. Lui era di nuovo eretto e se fosse riuscito a tenere la mente lontana da Matthew , non ci sarebbe stato nessun problema.
“Sei pieno di te, vero Max?” disse Liz , ancora scossa dalle risate.
Max la guardò ad occhi stretti e chiese “Cosa vuoi dire?” Non credeva di gradire il senso di quelle parole. Stava umiliando la sua virilità?
“Max,” disse Liz scoppiando di muovo a ridere. “Non sei abbastanza grosso da arrivare a colpirlo sulla testa!”
Lei stava umiliando la sua virilità! Non sapeva cosa dire e rimase a bocca aperta. Lei rise ancora più forte e lui incrociò le braccia al petto e mise il broncio.
“Oh, Max.” inchinandosi verso di lui, per blandire il suo ego ferito. Gli prese il viso tra le mani e gli disse “Tu, grosso adorabile orsacchiotto! Ma sai quanto dovresti essere grande per poterlo colpire sulla testa?” E solo dire quelle parole, la fece scoppiare a ridere di nuovo.
“Quanto grande?” chiese Max, che ancora non era pronto a perdonare l’insulto.
“Enorme!” esclamò Liz e mise con enfasi le sue mani a distanza di mezzo metro l’una dall’altra. “Più grande di qualsiasi cosa che vorrei mi colpisse!”
“Ne sei sicura?” chiese Max, mentre un sorriso cominciava a rilassare la sua espressione. L’attirò a sé, così vicina che poteva sentire il bambino tra di loro. Sperò che Matthew non gli desse un calcio nello stomaco, perché avrebbe veramente rovinato l’atmosfera.
“Sicurissima!” tubò Liz contro di lui. Max la baciò sulle labbra e aggiunse “E inoltre, mi piaci proprio come sei. Sei più che abbondante, ma non abbastanza da ammaccare la testa di Matthew !”
“Ora ti stai prendendo gioco di me, non è vero?” chiese Max e le diede un prolungato bacio prima che avesse il tempo di rispondere. Si stesero entrambi sul divano, lei sulla schiena con Max al suo fianco e sorrisero nel vedere come i loro corpi si adattavano l’uno all’altra. Con la sua gravidanza avanzata e con il suo corpo così pieno, trovare una posizione era un’avventura. Le gambe di Liz coprirono le cosce e i fianchi di Max, e lei lo lasciò fare tutto il lavoro. Scivolò dentro di lei con facilità e si mosse lentamente e con gentilezza, mostrandole quella tenerezza che per lui era una seconda natura.
La baciò sulle spalle e le sue mani si chiusero a coppa sopra il suo seno per stimolare il desiderio di lei e soddisfare il proprio bisogno. Le accarezzò i capezzoli, fino a farli irrigidire e poi ci giocò con le dita per aumentare il suo piacere. La sua bocca catturò l’altra e lui sentì un brivido quando lei rispose con un profondo gemito, un suono che gli echeggiò nel cervello e gli toccò l’anima.
Quello che faceva per darle piacere, e soddisfarla e riempirla di sé, era una ricompensa per lui. Max viveva per farla felice. Il solo starle vicino era più di quanto lui avesse mai sperato da ragazzino, e ora, amarla ed essere amato da lei era la realizzazione del suo sogno più bello, di tutte le speranze a cui aveva ambito, tutti i desideri per cui aveva pregato.
“Max.” sospirò Liz. Gli mise le dita sotto al mento e gli sollevò il viso, per poter raggiungere le sue labbra. I suoi lenti e delicati movimenti erano erotici per lei come quelli di tutti i loro selvaggi momenti. Liz percepiva l’amore che lui sentiva per lei ad ogni tocco, ad ogni carezza, ad ogni bacio che divideva con Max.
“Cosa?” mormorò Max senza fiato, baciandola. La sua mano si spostò sulla nuca di lei sorreggendola, mentre i suoi capelli gli ricadevano a cascata tra le dita. Si spinse più profondamente dentro di lei e i loro corpi cominciarono a bruciare lentamente e senza fiamma, come la loro passione. La sua virilità riempiva completamente lo spazio all’interno di lei, mentre si muovevano in un piacere ormai familiare.
“Ti amo, Max!” sussurrò Liz contro le sue labbra. “Sempre di più ad ogni giorno che passa.” Il suo cuore di Max esultò di gioia al suono di quelle parole così dolci, sorrise e reclamò ancora le sue labbra. Lei era sua e lui era suo, e il loro amore li avrebbe tenuti uniti, non importa quale vita li aspettasse.
Il profumo del loro desiderio riempiva l’aria e i suoni della loro danza echeggiavano intorno a loro.
Max la udì gemere nel suo tono familiare, quello che lo avvertiva che era pronta e si spinse dentro di lei, portando tutti e due in quel posto speciale dove non esisteva nient’altro eccetto loro due e l’amore che dividevano. Le pareti interne di Liz si strinsero intorno a lui mentre veniva e lui la riempì con il suo amore, ed entrambi volarono in alto dividendo la passione e sospirando con soddisfazione, mentre una lieve luminosità percorreva i loro corpi. Si strinsero con le braccia e con le gambe l’una all’altro, continuando ad amarsi con le carezze e con i baci, anche dopo che la loro passione era stata gratificata.
Max lasciò che la sua mano risplendesse sulla pelle di seta di Liz, sfiorandole delicatamente le spalle, il seno, i fianchi e le cosce. Appoggiò la testa sul seno di lei, e la sensazione delle dita che gli accarezzavano i capelli era contemporaneamente calmante e rasserenante. Il loro respiro rallentò e i loro occhi si chiusero, entrambi tranquilli e sicuri nelle braccia dell’altro. La mano di Max si posò sulla pancia di lei e lui sorrise quando un ultimo pensiero gli sfiorò la mente, mentre il sonno lo reclamava.
La testa di Matthew non si era ammaccata.

Continua...

Scritta da Debbi aka Breathless
Traduzione italiana con il permesso dell'autrice dall'originale in inglese
a cura di Sirio, con la collaborazione di Coccy85


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