Streghe Italia Fan Fiction

DALLA VOSTRA PHOEBE HALLIWELL...


Breve riassunto: Per conto del Bay Mirror, Phoebe intervista…

Data di composizione: 22/11/2002 –22/11/2002 quattro ore dopo

Valutazione del contenuto: Adatto a tutti, senza distinzioni di età.

Disclaimer: Si ricorda che tutti i diritti del racconto sono di proprietà del sito Streghe Italia e che tutti i personaggi della serie Streghe/Charmed sono di proprietà della Warner Bros. Television/Spelling Entertainment e sono utilizzati senza il consenso degli autori e senza fini di lucro.


San Francisco Bay Mirror, mercoledì 3 dicembre 2002.

MILANO – Arrivo a Milano il pomeriggio del 2 dicembre, e quando chiedo, nel mio italiano incerto, delle informazioni sulla mia destinazione, un piccolo centro di campagna chiamato Bellinzago, mi sento rispondere da tutti quelli che incontro che non hanno idea di dove si trovi. Scoraggiata dagli insuccessi, finalmente trovo un’anima caritatevole che mi insegna la strada da percorrere.
Passo la notte in un grazioso e piccolo albergo vicino al paese dove la mattina seguente avrei dovuto incontrare il mio intervistato.
All’appuntamento giungo leggermente in ritardo. Il mio intervistato mi aspetta fuori da un piccolo bar nel minuscolo centro storico, dal gusto squisitamente rustico.
Noto subito che ha un gusto particolare nel vestire. Sotto una giacca elegante a due bottoni, una camicia blu, quasi invisibile per via della cravatta azzurra, indossava un paio di pesanti jeans invernali, e soprattutto ai piedi porta un paio di scarpe da ginnastica nere.
Gli vado incontro porgendogli la mano.
- Il signor Folli? Sono Phoebe Turner, del Bay Mirror Di San Francisco. -
Lui sorride, ma invece di stringermi la mano, me la bacia gentilmente. Pensavo che non usasse più, ma mi sono piacevolmente ricreduta - E’ un piacere conoscerla, signorina Turner. - poi si corregge, dopo avermi passato allo scanner coi suoi piccoli occhi nocciola penetranti - Oh, mi correggo, signora Turner. -
Capisco che ha visto la fede. Ha colpo d’occhio, penso.
Mi domanda se mi va di prendere un caffè. Volentieri, gli rispondo, e lui mi aiuta a sedermi ad un tavolino all’esterno della sala principale. Un vero gentiluomo, a quanto sembra. Non so perché, ma ha un certo non so che di squisitamente antico, nel suo modo di fare.
Mentre aspettiamo di essere serviti, colgo l’occasione per iniziare la mia intervista.
- Allora, quali sono stati i suoi esordi ? -
- La prego - mi dice lui - Se vuole, possiamo anche darci del tu. -
- Oh, d’accordo. - è un sollievo, anche perché detesto dare del lei. Dopo aver preso fiato ed essersi smollato il non della cravatta, inizia a raccontare, mentre accendo il mio micro-registratore - A dire il vero, è da poco che ho cominciato a scrivere seriamente, anche se ricordo che quand’ero bambino scrissi a macchina un paio di racconti, che ricordo d’aver buttato, perché obiettivamente erano scritti a dir poco malissimo. Questo accadde nel 1995, all’incirca. Da allora lasciai completamente perdere la cosa fino alla seconda superiore, quando ripresi a scrivere racconti. Erano racconti i cui argomenti erano delle riflessioni in generale sulla vita e il dolore, che però non ho mai pensato a pubblicare. Gli unici lettori che ho avuto sono stati alcune mie compagne delle medie, le più pettegole, che vendendomi perennemente chino a scrivere, si sono incuriosite. -
- Che successo hanno riscosso? -
- Direi pressoché nullo, ma per fortuna fu nullo anche il livello di avversione, per cui mi ritenni soddisfatto. -
- Cos’è stato ad aver risvegliato in te l’amore per la scrittura? -
- La voglia di scrivere mi ritornò quando finii di leggere “Il settimo papiro”, di Smith. Quando lo finii, sentii una voce in me dirmi, ordinarmi di scrivere, e così mi rimisi a scrivere. Iniziai con l’ambizioni proposito di scrivere un libro, sul quale lavorai con impegno e determinazione per due anni. -
- E’ pubblicato ora? -
- Purtroppo no. Però sono fiducioso. -
La cameriera ci interrompe per un attimo, portandoci le nostre ordinazioni. Zucchero il caffè e inizio a sorseggiarlo. Aveva un sapore così deciso e un aroma così fragrante da sorprendermi fin dal suo odore - Squisito. - dico, leccandomi le labbra.
- E’ vero. - si associa lui, sorridendomi e mischiando con cura il suo schiumoso cappuccino - Dove eravamo rimasti? -
- Cos’è stato a portarti alla tua grande passione? -
- Ah, sì. Il mio libro. Beh, che posso dire? Spero sia ritenuto meritevole. -
- Dicci qualcosa della tua vita. -
- Oddio, io non credo la mia vita sia un argomenti di conversazione interessante. Comunque sia: sono nato in provincia di Milano, domenica 11 novembre 1984. Sono quindi diciottenne. Da piccolo ero egoista e totalmente irrazionale. Per tutti gli anni delle elementari fui scansato da tutti e maltrattato dai soliti bulli idioti. La conseguenza del loro trattamento fu la nascita in me, a sette anni, i primi semi della misantropia. Malgrado ciò, ricordo che ebbi sempre ottimi rapporti con una ragazza, che ora, attraverso anni di condivisione è diventata la mia fidanzata. -
- E la misantropia? - insinuo, maliziosamente interessata.
- Intermittente come le frecce di una Volkswagen. -
E’ simpatico, penso, nonostante il viso scuro, contornato da una corta barba che segue viso e bocca, e i capelli lunghi e ottimamente curati, neanche fossero quelli di una donna. A prima vista, pensavo ad una persona molto più tetra.
- Ma a parte lei - continua, raccogliendo gli ultimi rimasugli della schiuma del cappuccino in un unico punto sul fondo della tazza - Ho sempre avuto degli insormontabili problemi di relazione, il che mi costò ben otto anni di terapia psichiatrica. I problemi non solo persisterono, ma peggiorarono. -
- E ora? - domando.
- E ora, sono ancora in bilico fra la vita sociale e l’ascetismo, anche se mi avvicino sempre più all’abisso. -
- Se ho ben capito tu hai vissuto, dalle elementari fino ad ora, da solo senza amici? -
- Io non la vedo così tragica. - replica lui, dopo averci pensato - Ho vissuto quattro anni senza amici, e 14 con un’unica vera amica. L’unica ad accettarmi per quello che ero, e non per quello che potevo darle. Vedevo scandalizzato i miei coetanei arruffianarsi i leader e seguirli come macchinette senza cervello. A quattordici anni già m’interessavo di politica, e potevo parlarne soltanto coi professori. Figurati se qualcuno a quattordici anni si può interessare di simili argomenti. Un caso clinico più unico che raro! E questo mi portò ad essere guardato come una spia. Ma ormai cinque anno di indifferenza mi avevano insegnato a disinteressarmi dei giudizi degli altri. Alle superiori e rapporti migliorarono, ma ancora non riuscii a fari nessuna amicizia. Se escludiamo la mia ragazza, non ricevetti mai telefonate da nessuno in cinque anni di conoscenza. -
Ho provato una certa pena per quel poveretto. Certo, io ho sempre vissuto insidiata perché ero una bella ragazza, ed ero molto popolare fra i ragazzi della scuola - Mi sembra quasi incredibile che non sia impazzito, sempre da solo. -
- Te lo ripeto, Phoebe. Ormai la solitudine non mi fa più paura. Anzi, direi che è quasi la mia Atena. -
- Atena ti aiuta come la dèa vera aiutò Ulisse nell’Odissea di Omero? -
- Proprio così. – sorride, e dai suoi occhi riesco a capire che è sorpreso e felice di aver trovato una persona che capisce quello che dice.
- Mi sorprende. Ho sempre dovuto spiegare a tutti il significato di questa frase. -
- Ora un argomento decisamente più tecnico: a chi ti ispiri? -
- A tanti autori, per dire il vero. Io cerco di fare mie tutte le astuzie che posso leggere da un libro. Ad esempio, per l’efficacia narrativa mi ispiro a Luciano De Crescenzo, per la descrizione delle emozioni ad Anne Rice, mentre per un linguaggio comico, preferisco scegliere uno stile simile a quello del giornalista Severgnini. -
- Ne ho sentito parlare. -
- E’ un suo collega, del Corriere della Sera di Milano e corrispondente italiano del Financial Times. -
- Oh, sì. E’ molto famoso anche nel nostro paese. Hai altri scrittori a cui ti ispiri? -
- No, io non ce ne sono altri. -
- Vita segreta, se posso. -
- Resta attaccata al corrimano e non sporgerti troppo, per favore. - mi fa capire di non addentrarmi in particolare troppo scabrosi. Decido di seguire il consiglio.
- Quali sono le tue passioni? -
- Adoro soprattutto la scrittura, ma anche la cucina, infatti sto studiando per diventare aiuto cuoco. Con un po’ di fortuna e parecchio olio di gomito, potrei anche riuscire a far rimanere soltanto il cuoco. -
- Musica. Quale ti dà l’ispirazione? -
- La celtica. -
Il timer del cellulare mi avvisa che il nastro sta per finire. Giro la cassetta, così l’intervista può continuare - E quali interessi hai oltre a scrittura e cucina? .
- Colleziono libri. E’ una passione alquanto dispendiosa, però ha il vantaggio di aprire la mente ed evitare che il cervello si blocchi, cosa a cui ho immolato la mia vita. -
- Cosa intendi per ‘immolato’? -
- A cui ho deciso di dedicare la mia vita. Leggendo s’imparano sempre cose nuove, nelle quali ci si può immedesimare o trovarsi in disaccordo, e questo è meraviglioso poiché bisogna essere in due per fare un discorso. Se chiudiamo tutti gli input, il cervello ristagna e la fantasia muore. Io non ho un fisico da dio greco, come certamente avrei notato, perché io ho sempre voluto render fortissimo il mio cervello tralasciando il corpo. -
Io invece ho fatto spesso il contrario, penso rigirando imbarazzata il cucchiaino fra le dita della mano destra.
- Avrei sempre trovato qualcuno su cui discutere di tutto in generale, ma sfortunatamente, quel giorno ha ancora da venire. -
- Io sono convinta che quel giorno potrà arrivare. Una domanda di rito, per chiudere in bellezza quest’intervista. Dopo essere diventato l’autore più prolifico fra gli spettatori italiani di Streghe, a quali progetti si dedicherà in futuro? -
- Sarò sincero, Phoebe: non lo so. Certamente, non lascerò mai la mia attività di scrittore, anche perché mi piace troppo, e poi… Se volessi darmi il tuo numero di cellulare, potrei aggiornarti e spiegarti il mio futuro giorni per giorno. -
- Ci penserò. - rido, colpita dalla simpatia spontanea che emano quel giovane. E’ un po’ esuberante, ma è piacevole stare in sua compagnia. Ci alziamo, ci scambiamo i numeri di cellulare. Non ha ancora la patente, per cui è costretto a tornare a piedi, ma questo non lo tocca, perché lui adora camminare. Dice che lo aiuta a pensare e a scaricare le tensioni. Capisco che dà un’enorme importanza alla mente umana. Ci salutiamo stringendoci la mano. Ancora, lui mi fa un baciamano e si inchina - Spero un giorno avremo modo di incontrarci di nuovo. -
- Me lo auguro anch’io. - rispondo, sinceramente. Rimango a guardarlo mentre si allontana lungo la via stretta, e perdersi nella nebbia mattutina, assimilarsi ad essa e poi sparire, quando è lontano da me solamente una trentina di metri.

Phoebe Turner Halliwell

Scritto da MoonWalker


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