Streghe Italia Fan Fiction

CONTINUARE A VIVERE (2)


Riassuntino: l’unica delle tre sorelle sopravvissuta ad Azatoth decide di suicidarsi, la vita è diventata un peso insopportabile…

Data composizione: 22 giugno 2000

Fascia d’età: adatto a tutti

Disclaimer: Si ricorda che tutti i diritti sono di proprietà del sito “Streghe Italia” e che tutti i personaggi di “Streghe – Charmed” sono di proprietà Warner Bros Television / Spelling Entertainment e sono utilizzati senza il permesso degli autori e senza fini di lucro


Phoebe viveva da sola nella grande casa da circa due settimane, dopo che le adorate sorelle maggiori le erano state crudelmente strappate dal demone Azatoth (vedi “Il palcoscenico si chiude”). Ormai meditava seriamente di suicidarsi perchè vivere senza di loro era una continua tortura : non riusciva a scacciare dalla mente il momento in cui Piper e Prue venivano colpite a morte e come, prima di sconfiggere Azatoth, le loro anime le parlarono incoraggiandola a dare il colpo di grazia al terribile demone. Ricordava perfettamente il ghigno del malvagio essere (che aveva l’aspetto innocente di un bel bambino di sei anni), dopo che aveva fatto scempio dei corpi di Prue e Piper. Aveva abbandonato l’università, non aveva più contatti col mondo esterno e passava le giornate piangendo, ciondolando in salotto e tormentandosi sul fatto che forse avrebbe potuto fare qualcosa di più per salvarle.

Una splendida mattina di primavera in cui la natura urlava tutta la sua gioia di vivere e la sua bellezza, sentendosi sempre peggio e dopo aver passato una notte in bianco a causa del solito incubo ricorrente (l’ennesima visione della morte delle sorelle), prese la decisione : l’avrebbe fatta finita e le avrebbe raggiunte, non importa dove e a che prezzo, ormai la vita per lei non aveva più nessun senso (infatti, alla fine dello scontro, si stava lasciando morire e deve la sua salvezza, peraltro non voluta, all’intervento di Dan). Meditò un po’ su come attuare il suo proposito, poi decise che respirare un po’ del gas di scarico della macchina sarebbe stato sufficiente, perciò si diresse in garage, chiuse bene la finestra e la saracinesca per non far uscire il veleno, poi accese la macchina, chiuse gli occhi e rivolse un ultimo saluto ad amici e conoscenti perchè stava per lasciare questa valle di lacrime. Tuttavia, dopo cinque minuti d’attesa ed accortasi d’essere ancora viva, pensò “Qui c’è qualcosa che non va”, aprì gli occhi e vide che la stanza era priva di fumo, eppure lei era sicura di aver acceso il motore. Comunque disse : “Ci sono così tanti modi di suicidarsi…”, fece spallucce e rientrò in casa, anche se era un po’ perplessa su ciò che era appena successo. Meditò un paio d’ore e alla fine scelse l’impiccagione, veloce e poco dolorosa, in fondo aveva già sofferto abbastanza. Salì in soffitta, si procurò una corda robusta che fece passare intorno ad una trave, poi la annodò per formare il cappio, si assicurò che tenesse e c’infilò la testa…salvo accorgersi d’averla in mano. A questo punto, sospettando che qualcuno la boicottava, urlò con tutto il suo fiato : “Vieni fuori, chiunque tu sia” e si vide apparire davanti uno strano essere, tutto pelle rossa ed ossa, con uno sguardo molto serio ma non duro o arrabbiato, anzi quasi dolce. Se ne stava fluttuando davanti a lei, con le braccia conserte e le gambe incrociate, come se stesse aspettando una risposta.
“Chi sei, uno stregone, un demone ? E come sei entrato qui ?” gli chiese Phoebe spaventata.
“L’hai già azzeccata. Sono un demone…buono” rispose quello.
“Demone buono ??????? Non sono mica nata ieri. Fatti sotto e dimmi cosa vuoi da me”.
“Mai che mi credano…so che è difficile, ma devi fidarti di me. Mi chiamo Tyral e sono stato mandato qui per impedirti di commettere una sciocchezza”.
“Quale, quella di suicidarmi ? Io non ne posso più della vita, da quando Piper e Prue non sono qui con me. L’unica cosa che voglio è smetterla con questa farsa e raggiungere le uniche persone che mi abbiano mai voluto veramente bene. E sentiamo un po’, chi ti avrebbe mandato a proteggermi ? Sono proprio curiosa”.
“Quanto sei aggressiva, fortuna che non vuoi più vivere…comunque sono stato spedito qui dal consiglio dei demoni buoni dei tarocchi di cui faccio parte. Se ancora non mi credi consulta il tuo fidatissimo Libro delle Ombre”.
Phoebe si avvicino al leggio, sempre tenendo un occhio su Tyral che non sembrava intenzionato a muoversi ne a fare alcunchè tranne osservarla attentamente. Quando cominciò a sfogliare il libro, una folata di vento le mostrò la pagina che stava cercando e vi lesse :

“I demoni buoni dei tarocchi : ex demoni convertitisi al bene ma che vogliono continuare a farsi chiamare col loro vecchio nome da creature del male. Ognuno di loro rappresenta un arcano dei tarocchi”

 e qui c’era tutta la lista dei nomi con relativa carta associata. Phoebe scorse velocemente la pagina alla ricerca di Tyral e quando lo trovò lesse mentalmente: “Tyral, l’ arcano del diavolo, specializzato nel consolare persone che hanno recentemente perso dei cari in incidenti estremamente dolorosi…proprio adatto al mio caso”. Si rivolse al suo interlocutore con parole un po’ meno sferzanti e, ormai tranquilla, disse : “E così tu te ne vai in giro a far cambiare idea a tutti gli aspiranti suicidi…”.
“Non a tutti tutti, solo a quelli che hanno sofferto troppo, tu per esempio”.
“Come vorrei non far parte di questa categoria… e come pensi di distogliermi dal mio nefasto proposito ?”.
“Diciamo che non te lo dico. Vedrai coi tuoi occhi”.
“Come non me lo dici ? E’ mio diritto saperlo”.
“Già, ma l’effetto sorpresa funziona decisamente meglio, ed ora preparati che si va” e detto questo aprì la mano e l’ambiente in cui si trovavano sparì per far posto ad un enorme nulla dimensionale, dal quale poi tornarono ad un paesaggio più reale, per la precisione un cimitero. Nevicava, ma Phoebe non aveva freddo e non sentiva neanche i fiocchi cadergli addosso.
“Ma che è successo ?” chiese rivolta a Tyral.
“Calmati e fra un attimo capirai tutto” fu la secca risposta che ricevette. Lo seguì verso una zona del camposanto dove si stava svolgendo un funerale. Avvicinandosi Phoebe riconobbe tante facce conosciute, Morris, Dan, alcuni suoi compagni di corso all’università ; quando provò a rivolgere loro la parola si accorse che non potevano né vederla né sentirla.
“Basta ! O mi spieghi qualcosa o mi spieghi qualcosa, a te la scelta” tuonò Phoebe.
“Ho una grande gamma di alternative. Prima di spiegarti stai un attimo ad ascoltare”. L’unica voce udibile era quella di padre Vasquez che recitava l’omelia funebre riferita ad una studentessa morta suicida che aveva da poco lasciato la scuola dopo un grave lutto…una certa Phoebe Halliwell…
“Adesso capisco ! Questo è il futuro in cui io mi sono uccisa”.
“E brava Phoebe che ci è arrivata da sola”.
“Ma perché mi hai portato qui ? Non ne vedo il motivo…”.
“Uhm, a quanto pare non sei molto sveglia”.
“Come ti permetti ?”
“Scherzavo, scherzavo. Datti un’occhiata attorno…”. Obbedì al suggerimento e notò che tutti i presenti erano estremamente afflitti, alcuni piangevano, altri trattenevano a stento le lacrime. Si sentivano commenti del tipo : “Poverina, così giovane, e suicida poi. Deve aver sofferto molto dopo la tragica morte delle sorelle”, “Non la conoscevo bene ma mi dispiace molto che sia finita così” ma la frase che la colpì di più fu quella di Morris : “Maledetta stupida, perché l’hai fatto? Non bastavano Prue e Piper, anche tu dovevi andartene… adesso chi mi servirà le soluzioni ai casi difficili su un piatto d’argento? Adesso chi mi comanderà a bacchetta dicendomi dove devo andare e cosa devo fare? Chi lo farà? Stupida, stupida, stupida !!! Sei solo un’egoista, hai pensato bene di farla finita senza ricordarti di noi che saremmo rimasti di qua, a quanto dolore avremmo provato senza la presenza tua e delle tue sorelle” e, finite queste parole, si accasciò a terra e cominciò a piangere disperato, neanche gli avessero ucciso tutta la famiglia. La giovane Halliwell rimase sconvolta dal comportamento del poliziotto, solitamente posato e non incline alle scenate e, per la prima volta da due settimane a questa parte, cominciò a pensare che forse il suicidio non era la via migliore per uscire dalla depressione in cui era sprofondata. Ma il tour non era ancora finito, infatti Tyral la prese per la mano ed insieme cominciarono a volare sopra la città fino alla vecchia villa di famiglia. Il posto era molto trafficato e parecchie persone, forse operai a giudicare dagli elmetti e dai vestiti non proprio firmati che indossavano, facevano avanti ed indietro, prendevano misure ed erano molto, molto impegnati. Phoebe chiese al demone cosa succedesse, ma lui tacque e planò dolcemente vicino al quartier generale del capo cantiere ; quello che udì lasciò la ragazza di sasso : “Allora, dobbiamo buttare giù questa catapecchia entro il tramonto ed al suo posto nascerà un palazzo ultramoderno sede di uffici e negozi. Chiamate altre squadre, ci serve più manodopera possibile”.
“Come la buttano giù ? E perché mai ?” si interrogò.
“Beh, non ci abita nessuno dopo che l’ultima proprietaria si è tolta la vita…ormai è inutile”.
“Ma non possono ! Quella casa rappresenta la mia famiglia, è una parte di me”.
“Ma tu in questo mondo non ci sei più, hai preferito abbandonarlo…”
“E il Libro ?” chiese angosciatissima Phoebe.
“Vai a vedere tu stessa, sai dove trovarlo. Io ti aspetterò qui” rispose.
La nostra eroina, benchè avesse la consistenza di un ectoplasma, decise di non starsene con le mani in mano, attraversò la porta d’ingresso pensando “Brrrr, e pensare che sono viva in realtà…che effetto mi fa comportarmi come un fantasma” e salì rapidamente le scale, anche se forse avrebbe fatto meglio a non farlo : vide due operai che armeggiavano con un accendino intorno al libro, ma pensò subito che non avrebbero mai potuto farlo perché c’era la loro energia magica a proteggerlo. “Che energia magica ?” proruppe Tyral che l’aveva raggiunta “siete morte tutte e tre o sbaglio ?”.
“Ah già…ma allora il libro andrà distrutto ????”.
“Puoi vederlo da sola”.
Gli operai diedero fuoco al libro anche se Phoebe implorava loro di smetterla, pur sapendo che non la sentivano, e poi scapparono dicendo che tra qualche minuto questo edificio sarebbe crollato a causa delle cariche esplosive poste vicino alle fondamenta. I due viaggiatori temporali non uscirono di casa, tanto loro erano come spiriti, e si sedettero in salotto. Phoebe era veramente molto triste e con le mani nei capelli disse : “Dunque è questo che attende la casa ed il libro nel caso io mi suicidassi ? Non c’è possibilità di errore ?”.
“Assolutamente no, questo è ciò che accadrà dopo che tu non farai più parte di questo mondo”.
“E l’unico modo di evitarlo che ho è quello…”.
“Esatto, puoi solo continuare a vivere, anche se so bene che non sarà per niente facile senza Prue e Piper”.
Passarono una manciata di secondi a pensare e a guardarsi negli occhi mentre la casa crollava rovinosamente. Poi Tyral prese il braccio di Phoebe e la condusse via. La poveretta, non abituata a svolazzare, gli chiese : “E adesso dove mi porti ?”.
“A vedere una brutta cosa”.
“E devo proprio vederla ?”.
“Temo di sì”.

Atterrarono nel soffitto di villa Halliwell, quindi Phoebe dedusse che erano tornati indietro nel tempo ma smise di dedurre quando vide se stessa infilarsi la corda al collo : “Tyral, non mi dirai che…”.
“Esatto, cara Phoebe. Questo è l’istante esatto in cui ti dai la morte”.
“Ma perché mi fai soffrire così tanto ? Perché devo vedermi morire ?” disse la ragazza con le lacrime agli occhi.
“Inanzitutto io mi sto limitando a farti vedere le conseguenze di tue azioni e, secondo, sei ancora in tempo per evitare tutto questo…ma ora seguimi, altrimenti perdiamo la tua anima…voglio farti vedere dove va” e le tese la mano aspettando che gliela prendesse. Notando che era titubante, con voce estremamente tranquilla le disse : “Non ti fidi ancora di me ? Se avessi voluto avrei potuto ucciderti già da un pezzo”.
Considerando che ciò che diceva era sensato, Phoebe prese la sua mano ed insieme seguirono la sua stessa essenza mentre compiva il viaggio verso l’aldilà. Una volta giunta a destinazione, si meravigliò del posto : si aspettava di essere in buona posizione per accedere al Paradiso, invece si trovavano nel Purgatorio. “Ma come, non ho sconfitto abbastanza demoni ed aiutato abbastanza innocenti da meritarmi di andare lassù ?”.
“Tecnicamente sì, ma quest’ultimo gesto ti ha fatto perdere la Loro benevolenza e hanno deciso che dovrai espiare per un po’… anzi, per un bel po'…”.
“E per quanto, di preciso ?”. Phoebe era molto curiosa di sapere quanto le sarebbe costata quella ‘bravata’.
“Ehm…diciamo dai 100 ai 150 anni…”.
“Cosaaaaaaaaaaaaaaaaa ?” disse “Dai 100 a 150 anni di sofferenza, sommata a quella già provata sulla Terra ?”.
“Eh sì, purtroppo è così…come vedi, il suicidio non solo non ti farà raggiungere le tue sorelle, che si trovano in Paradiso perché morte in battaglia, ma ti farà provare ulteriore dolore”. Dopo aver udito questo, e aver visto se stessa che saliva il monte del Purgatorio con un enorme masso sulle spalle, non ebbe più dubbi : “Mi hai convinto Tyral, non ho più intenzione di uccidermi…in fondo la vita è bella !”.
“Bene, sono veramente contento di esserci riuscito…ah, sul fatto che la vita è bella, ho sempre creduto che lo sapevi, solo che ultimamente non eri in grado di capirlo appieno a causa dell’enorme dolore che hai provato e che ha offuscato la tua capacità di giudizio. Ora è tempo che tu torni a casa”. Riaprì la mano e si svolse nuovamente il viaggio che avevano compiuto all’inizio, anche se in verso opposto. Quando si ritrovò in soffitta, per prima cosa controllò di avere un corpo materiale e poi gettò lontano da sé quella corda urlando : “Non voglio aver più niente a che fare con te !”.

Pian piano, grazie anche all’aiuto dei suoi amici e dei vari ragazzi che si susseguirono sentimentalmente, riacquistò una vita normale, riprese a frequentare l’università, superando in modo eccellente tutti gli esami, anche se mai e poi mai dimenticherà quel giorno di primavera in cui un demone di nome Azatoth portò via una grossa parte della sua vita… superfluo dire che andava a portare fiori freschi al cimitero tutti i giorni e, anche a distanza di mesi, ogni tanto chiamava le sorelle e faceva riecheggiare il suo grido per i corridoi della casa nella speranza che qualcuno le rispondesse.

 
Scritto da Kaos


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