Streghe Italia Fan Fiction

LE CITTA' DEI VIZI
Settimo episodio: REQUIEM


Breve riassunto: Una donna misteriosa uccide degli antiquari. Procedendo nelle indagini, si scopre che le vittime hanno a che fare con un misterioso anello.

Data di composizione: 10/6/2002 – 10/8/2003

Valutazione del contenuto: Adatto a tutti.

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- Crawler… Tu sei la mia creatura prediletta. Colei che distruggerà per sempre il Trio, vendicandoti per ciò che hanno fatto alla tua famiglia. -
- I miei poteri mi permetteranno di sconfiggere quelle tre maledette e quel loro scimmiesco fratello. Recupererò poi per te l’anello. -
Il demone, sempre coperto dall’oscurità quando era a colloquio con chiunque. Non voleva farsi vedere in volto per motivi noti soltanto a lui – Il recupero del mio anello è la tua priorità, Crawler. Ricordati che io ti ho dato i poteri, e io posso toglierteli con irrisoria facilità. Recupera l’anello sarà quello a permetterti di aggiungere il tuo ideale tanto a lungo carezzato. Lascerò che tu lo usi per sconfiggere il Trio. Poi lo darai a me. Se compirai la tua missione con successo, io aumenterò ancora i tuoi poteri. Ma se fallirai, tornerai ad essere la solita nullità che eri. –
- Non fallirò. L’ultimo aveva già venduto l’anello, ma stavolta arriverò io per prima. -
- Vai, allora. Non lasciare passare altro tempo. La vendetta deve essere consumata fredda. Ma non per questo bisogna farla raffreddare. Al lavoro, mia diletta. -
La donna si rimise in piedi dalla posizione prostrata in cui era, e se ne andò dalla camera immersa nell’oscurità. Il demone spostò una sedia con un solo gesto della mano. L’oggetto sembrò obbedire ai comandi dell’uomo. Si sedette, e unì le man con fare compiaciuto. La sua bocca sottile e arrossata dal sangue fresco di una sua vittima si allargò in un sorriso satanico - Crawler… - bisbigliò - Figlia di Melinda Halliwell e cugina del Trio… Tu sarai il mio biglietto per la vittoria finale. Sconfiggerò la Sorgente e non avrò più alcun rivale. -

Paige tracciò una riga sul sesto barone, segnati su di una pagina della sua agenda con fogli ad anelli - E anche il sesto è andato. -
Daniele stava leggendo un libro, ma pur essendo profondamente immerso nella lettura rispose egualmente alle parole della sorella.
- Eh, già. Ora possiamo prenderci una meritata pausa prima della battaglia finale. -
- Ancora a parlare di lavoro? - domandò scocciata Piper, scendendo dal primo piano con un asciugamano inumidito in testa.
- No, soltanto di svago. -
- Come stanno i tuoi capelli? - domandò Phoebe, forse con il preciso intento di punzecchiare il fratello maggiore.
- Sfibrati e offesi. - rispose Daniele, rimanendo sempre immerso nella sua letteratura.
- Offesi? - domandò Piper stupita.
- One li ha trattati male, e ora sono arrabbiati con lei. -
- Oh, cielo… - commentò Piper, defilandosi - Coi capelli pensanti ho visto proprio tutto! -
Senza scocciature, Daniele riprese a leggere indisturbato. Da qualche giorno non aveva più avuto occasione di allenare un po’ la mente con qualche concetto filosofico. In quel momento, stava meditando sulla concezione del tempo, anche se doveva ammettere che capirlo gli era difficile, anche se era un argomento che gli interessava molto.
- Sono tornata! - esordì Phoebe.
- Fatto una buona passeggiata,tesoro? – domandò Daniele, chiudendo il libro. Non era tempo per quella lettura impegnata. Daniele non aveva ancora raggiunto il livello di concentrazione necessario per poter comprendere. I suoi pensieri erano quasi completamente presi dalla memoria di Sabrina. Riusciva a sentirla solamente attraverso i loro telefonini.
- Sì, grazie. - rispose sbrigativamente Phoebe - Abbiamo notizie sull’ultimo demone che dobbiamo combattere? -
Daniele colse una nota strana in quel suo schivare le domande – Andiamo di fretta, piccolina? -
- No, Daniele. E’ che ho da fare, e non vorrei fare tardi. -
- Per cosa? -
- Ho un appuntamento con Cole, e non vorrei fare tardi. -
- Hai detto due volte “E non vorrei fare tardi”, quindi deve veramente essere importate per te.
- Sì, lo è. - confermò Phoebe, cambiando lo zaino con una piccola borsetta rossa, molto più consona al genere di appuntamento che le si prefigurava.
- Comunque, ancora non ho individuato il nostro bersaglio, però stamattina il vostro amico poliziotto ha fatto una capatina qui. Dice che hanno ucciso cinque antiquari nella zona di San Francisco. Dobbiamo incontrarci a mezzogiorno. -
- Dobbiamo venire anche noi? -
- No, no, Phoebe. Ha chiesto di vedere soltanto me, dal momento che riguarda parzialmente anche me. Pare che delitti simili siano apparsi anche nella mia giurisdizione, e io voglio risolverli. -

- Avete notizie del Barone? -
- No. Il mio

Morris sollevò il sudario funebre in cui la vittima era stata avvolta, e ora stava per venire portata via soptra una lettiga. Disgustato, esaminò le ferite riportate dal cadavere. Un solo, enorme, buco ala testa, poco sopra la nuca, era abbastanza profondo da lasciar intravedere la materia grigia sottostante, tracce della quale potevano ancora vedersi imbrattare il pavimento – Ferita da corpo contundente, che ha sfondato la parete occipitale fino a spappolare parte del cervello. – Morris coprì il cadavere e diede ordine di portarlo via. – Sappiamo qualcosa della vittima? – domandò ad un sergente poco lotano, intento a frugare nel portafoglio della vittima alla ricerca di effetti personali utili alle indagini – Vicard Moloney, nato il 15 gennaio del 1957, di professione antiquario. –
- Un altro antiquario? Strano… - commentò il detective sfilandosi i guanti in lattice – è già il quinto che troviamo in poco più di due settimane. Inizio a pensare che ci sia di mezzo un serial killer. Stesso modo di uccidere. Un solo colpo nella stessa zona della testa, in grado di raggiungere il cervello. Se non erro, questo punto preciso ha una valenza magica rituale. -
- Ispettore, mi scusi. – lo interruppe un secondo agente, di grado inferiore al primo, come testimoniato dall’assenza di gradi sulle maniche – C’è un tizio che chiede di poter attraversare. -
Morris diede un’occhiata nella direzione in cui aveva disposto che restasse la guardia. Daniele cercò di attirare la sua attenzione con gesti delle mani alzate.
- E’ un poliziotto, fallo passare. -
L’agente sollevò la linea gialla tesa fra due colonne della camera. Daniele si abbassò, e rggiunse Morris al centro delle indagini – Felice d’incontrarti, Morris. Nella tua chiamata non sei stato molto chiaro. Che è successo? –
- Abbiamo ritrovato stamattina il corpo di un quinto antiquario, assassinato brutalmente con un solo colpo alla testa. Il cadavere ora sarà trasferito all’obitorio. Avremo modo di esaminarlo là. -
- In che punto della testa? -
- Nel lobo occipitale, verso la parte alta della testa. Sospetto che sia una sorta di rituale. – Morris indico con un dito la precisa posizione del colpo mortale.
- Già. Alcuni serial killer vedono nella loro azione un rituale, qualcosa di magico o sacro. In questo caso la zona colpita è quella del settimo chakra, i punti dell’energia fisica e spirituale di un soggetto. -
- Quindi è un pazzo con la passione della mistica indiana. -
- Può darsi, ma è troppo presto per dirlo. C’è qualcosa che accomuna le vittime? -
- Solamente la professione. Erano tutti antiquari molto ricchi, che godevano di una grande fama a San Francisco. -
- Antiquari… Possibile che avessero altro punti di comunanza? Ad esempio, non potrebbero avere avuto per le mani uno stesso oggetto? -
- Un oggetto come il diamante Hope? – Morris si riferiva alla storia del leggendario diamante, tristemente famoso per aver causato la morte di molti dei suoi proprietari.
- Può darsi. Io ti consiglierei di dare un’occhiata ai registri. Forse l’oggetto che cerchiamo potrebbe essere registrato. -
- E’ un’ipotesi molto fantasiosa, ma possiamo provare. -
- Bene, Morris. Credo di avere bisogno di consultare tu sai cosa. -
- Ho capito. Se ti servisse altro, Piper ha il numero del mio ufficio. -
- Siamo d’accordo, Morris. Ci vediamo. -

- Allora, fratellino? - gli domandò Paige, non appena Daniele entrò in casa, levandosi il cappello e posandolo sull’appendiabiti.
- Hanno trovato il corpo di un antiquario. Ritengo che sia stato ucciso per mano di un demone. Devo cercare sul Libro delle Ombre tutto ciò che riguarda i Chakra, o punti magici e affini. -
- D’accordo. Vado in soffitta a prendere il Libro. -
- Lascia stare, sorellina. Sono venuto solamente a prendere il mio bloc-notes. Mi spiegherai tutto quando sarò tornato. Devo andare con Morris ad esaminare il cadavere all’obitorio. -
- All’obitorio? Bleagh… - Paige fece una smorfia di disgusto, prima di salutare il sardonicamente fratello – Buona visione, allora. -
- Lascia perdere, Paige. Neppure a me alletta l'idea. Fai un buon lavoro, mi raccomando. -
- Vuoi riempirmi il biberon, già che ci sei? – replicò indispettita Paige.
- Pensavo arrivassi al ripiano più basso del frigo. – rispose Daniele, uscendo dalla porta.
Paige, esausta, alzò gli occhi al cielo, ma dovette far forza sulla sua volontà per rispettare il suo obbligo ad andare all'appuntamento che aveva.

- Molto bene. - iniziò Morris, esibendo il tesserino al coroner - I cadaveri vengono uccisi tutti allo stesso modo. Un solo colpo in testa, dietro la nuca. Le forature sembrano provocate da un oggetto contundente simile ad un rompighiaccio, e il foro è tanto preciso da essere quasi perfettamente rotondo. -
- Segno di qualcuno che ha una grande forza. Probabilmente un uomo. In che posizione era la vittima al momento del ritrovamento? -
- Presumiamo che fosse in posizione eretta. Il medico legale afferma che le lesioni al cervello sono state inferte da un colpo vibrato dall'alto verso il basso. -
- Ricapitolando, ispettore: un uomo molto forte e alto, che uccide antiquari, ma in cerca di che cosa? E' stato rubato qualche oggetto particolare alle vittime? -
- No, ma facendo delle ricerche ho scoperto che gli assassinati erano tutti accomunati da una cosa: avevano intrattenuto affari con un certo Alan Frost. -
- Frost? E chi sarebbe questo tipo? -
- E' il curatore del museo di storia greca della città. Colleziona reperti provenienti dalla Grecia antica, del periodo di Pericle. -
- Interessante. Voleva qualcosa dalle vittime? -
- Non ne ho idea. Tuttavia ho già chiesto la convocazione. L' ho a colloquio domani mattina alle 8:00. Se vuoi presenziare, sei il benvenuto. -
- Mi auguro soltanto che non sia un buco nell'acqua. -
- Non vedo perché dovrebbe esserlo. -
Il coroner spalancò i cinque cassetti dell'armadio frigorifero. Erano ad una certa distanza l'uno dall'altro, per cui, li avvisò, avrebbero dovuto fare in fretta, o la necrosi sarebbe proceduta più rapidamente.
Le teste erano rivolte verso l'esterno, così Morris non dovette togliere completamente il sudario per scoprire il corpo. Daniele esaminò la ferita, ancora grondante frammenti di materia grigia e sangue - Questo è l'ultimo in ordine di tempo, vero? -
Morris annuì.
Daniele continuò - Pare che la ferita sia stata subito mortale. Io dico che c'è una sorta di rituale dietro a tutto questo. Forse la pista di Frost è sbagliata. Dovremmo concentrarci su altri fronti oltre a quello. -
- Già, lo pensavo anch'io. -
- Caso contorto. Vorrei vedere i registri contabili degli antiquari. Sono quasi certo che ci sia un collegamento. -
- Si può provare. Vieni con me. Sono nel mio ufficio. -
I due poliziotti lasciarono l'obitorio. Il medico legale richiuse i cassetti, rimettendo tutto come era stato trovato.

Daniele passò due ore sui fascicoli, leggendo, rileggendo e disquisendo con Morris, ma nessuno dei due riuscì a dare una soluzione plausibile, o indizi utili a risolvere il caso. Il commissario italiano si portò la mano alla testa dolente - E' mai possibile? Sono ore che siamo qui e ancora non abbiamo concluso niente. -
- Non curartene. Io e Trudeau ai tempi passavamo giornate peggiori. - Morris cambiò discorso, come se ricordare il suo collega gli avesse fatto ricordare anche qualcos'altro - Ora che mi viene in mente… Come sta Prue? -
- Ora sta bene. - rispose Daniele. Poi sorrise - Ora come ora, non potrebbe prendersi neppure un raffreddore. Dev'essere bella la vita dei defunti. A bighellonare tutto il giorno, e noi qui a lavorare. -
- Sarà come dici, ma io preferisco sopravvivere ancora un po' di tempo. -
Le luci si spensero d'improvviso malgrado ci fosse un sole estivo implacabile e le finestre fossero spalancate, ed un colpo di pistola esplose da qualche parte nell'oscurità, mandando in frantumi il monitor del computer. Daniele e Morris si fecero scudo con la scrivania, estraendo le pistole - E' ora di mettere in pratica il pensiero che mi hai esposto poco fa, collega. -
La Gemma delle Anime riflesse agli occhi di Daniele una visione all'infrarosso dell'ambiente circostante. Espose leggermente la testa dal banco e diede un'occhiata intorno a 360°. Ma non vide nessuno. La stanza era completamente vuota.
- Che cosa vedi? - domandò Morris ansioso.
Daniele ritornò sotto la scrivania - Niente. -
- Come sarebbe a dire niente? -
- Che la visione notturna non rivela alcuna presenza né qui né fuori. -
- Vuoi dire che siamo in balia di un fantasma? -
- Magari. Se così fosse, lo sentirei. -
Un altro sparo sfiorò la guancia di Daniele, che ritrasse la faccia dopo aver sentito il sottile dolore del metallo rovente passargli accanto - AH! C***o! Quel bastardo ci vede come se fosse giorno! Usciamo in fretta di qui, Morris! -
Una raffica di mitragliatrice bloccò loro la fuga.
- Questo pazzo mi dà sui nervi! - esclamò Morris - Dammi una mano. - disse a Daniele, tentando di ribaltare il loro riparo, di modo che potesse coprire loro la fuga impedendo ai proiettili di passare.
- E' completamente inutile. - disse una voce, spegnendosi con una eco prolungata nelle loro menti.
- Chi sei? -
- Io so chi siete, questo conta. Di voi non mi importa nulla, se non la vostra morte. -
- Questo perché sei coinvolta con il caso degli antiquari? - domandò Morris, caricando il carrello della pistola.
- Ispettore Morris, non ho niente a che fare con i traffici di voi mortali. -
- Sei un demone, quindi. - Daniele caricò il più lentamente possibile il cane della sua pistola a tamburo. in un lampo, gli volò via di mano, colpita da un altro proiettile. L'arma cadde a terra, in una zona in cui per tentare di recuperarla avrebbe potuto venire ucciso.
- Ti ho già detto una volta che non interessa il mio nome. Io leggo i vostri pensieri, e sento che siete su una strada che metterà a rischio la vostra vita. Perciò io devo uccidervi. -
- Mi spiace, ma ci teniamo molto. Meglio se passi fra una cinquantina d’anni. -
- Il tuo sarcasmo è fuori luogo, detective, perché ora morirai. Tu, Patrick, le Halliwell e tutti quelli che con loro hanno a che fare! -
- Hai la tua auto parcheggiata qui fuori? -
- Ti sembra questo il momento di fare domande idiote? -
- Non sono idiote. Dobbiamo andarcene di qui. Se abbiamo un auto, sarà più difficile per lei colpirci. -
- Ah, già… Non ci avevo pensato. Preparati, Morris. Quando te lo dico io, scatta e usciamo di qui. -
- Ehi, che hai intenzione di fare? -
- Fuggire di qui, no? Andiamo! -
Daniele alzò le mani a creare la cupola di energia magica che proteggesse sia lui che il collega - Andiamo, Morris! –
I due si fiondarono fuori dalla finestra più veloce che poterono, sotto la cupola protettiva che stava deviando i proiettili come un ombrello fa scivolare su di sé la pioggia. Saltarono dalla finestra, rotolando sull’asfalto. Daniele incitò Morris a correre verso la Delorian del poliziotto. Aprirono le portiere e schizzarono dentro. Misero in moto e corsero via.
Il poliziotto di colore tirò un sospiro di sollievo non appena riuscì a portarsi fuori dalla zona di tiro – Mi piacerebbe sapere chi diavolo era quella. –
- Non ne ho idea. Riflettevo sulla sua voce. Sembrava che non parlasse con noi attraverso l’aria, ma attraverso le nostre menti. -
- Qualche idea? -
- Sinceramente no. Molti demoni sono in grado di interferire con le menti ed i pensieri di altri esseri. Forse uno di questi ha usato su di noi il nostro potere. -
- Ma non abbiamo sfondato la finestra del mio ufficio. - fece presente Morris - Anche se fosse stata un’illusione, sono sicuro che avremmo sentito la finestra rompersi. -
- Non sono sicuro che tu abbia ragione. I demoni distorcono le percezioni, anche quella del tatto. -
Il poliziotto sospirò confuso - Che facciamo adesso? Se vuole uccidere te e le tue sorelle, rischieremmo di portarle a villa Halliwell. -
- Andresti di mezzo anche te, Morris. Quella donna vuole uccidere tutti coloro che hanno a che fare con noi Halliwell. Da te a Victor. -
- Fantastico, accidenti! - sbottò Morris – Adesso dove andiamo? -
- Parcheggia al primo parking lot che trovi, Morris. Ora cerco di contattare Paige. -

- Signorina Matthews, ci dica, lei che precedenti esperienze lavorative ha? - domandò l’esaminatore con cui Paige aveva un appuntamento.
- Ho terminato l’università circa tre anni fa, e per due anni e cinque mesi ho lavorato come sostituto assistente sociale. Il mese scorso sono stata promossa ad assistente sociale. -
- Lei però scrive qui di aver lasciato il suo lavoro. Per quale motivo? -
- Ehm… Diciamo… Per grave incompatibilità. Ogni giorno tornavo a casa estremamente stressata. Ho capito di non essere abbastanza forte per quel genere di lavoro. -
- Molto bene, ho capito. E… Che genere di lavoro prediligerebbe, signorina Matthews? Un’assegnazione d’ufficio, o qualcosa di più dinamico? -
- Beh… Attualmente prediligerei un posto che mi lasci orari molto flessibili. -
- Allora, credo lei sia nel posto sbagliato, signorina Matthews. I nostri orari di lavoro sono molto rigidi. – rispose l’uomo, ridandole il curriculum.

Paige lasciò l’ufficio contrariata e sfinita. Aveva dovuto aspettare per diverse ore di ottenere un appuntamento con quel bellimbusto di Oleine, e ora la congedava con la scusa di un orario di lavoro rigido. Paige si sentì ribollire di rabbia. Squillò il telefonino. La giovane strega non rispose subito alla chiamata. Aspettò di essere salita in macchina prima di aprire la comunicazione. Con tono seccato, disse - Sì, che c’è? -
- Paige! Tesoro, c’è un problema. -
- Che succede? -
- Demone cecchino, tesoro. Sospettiamo che ci stia inseguendo, per cui abbiamo bisogno di rincasare in incognito. Siamo diretti al parcheggio Golden Gate Park. Orbita fin là e aspettaci. Stiamo arrivando. -
- Cosa? Orbitare fin lì? Aspetta un attimo. -
Daniele aveva già richiuso la comunicazione prima di poter sentire la replica della sorella. Paige sbuffò, reclinando la testa all’indietro. Gettò senza cura il telefonino sul sedile del passeggero e mosse verso casa, per paura di dare nell’occhio.

- Non bisogna farli parlare subito. Voglio dire, se non hai tempo e chi interroghi, pensi, ha le informazioni che cerchi, devi fargli dire ciò che sa senza perdere tempo. -
- Io non sono per queste maniere. La tortura è bandita da anni. - replicò il poliziotto di colore.
- Io pure sono contro la tortura. Ma i criminali non meritano la pietà. Se hai deciso di non volerla per gli altri, allora non ne hai diritto. E’ questa la mia filosofia. -
- Devi essere un mastino, dalle tue parti. -
- Ce ne sono anche peggio di me. - minimizzò.
La nuvola blu di Paige comparve nel sedile posteriore dell’auto di Morris. Senza dire nulla, la mezza strega li portò via dall’auto.

Molto lontano, su di una casupola fuori dal parcheggio era appostato il bellissimo cecchino. Di altezza media, corpo snello ma abbastanza formoso, capelli corvini lunghi e ricci. Occhi neri penetranti, resi ancora più intriganti dall’ombretto scuro, e dal rimmel nero che allungava a dismisura le sue ciglia sottili e folte. Crawler fece una smorfia di disappunto con la bocca, alzandosi e saltando giù dalla casupola. Coprì il fucile di precisione con un lungo spolverino nero e s avviò verso il suo bersaglio. Si aspettava quella mossa, avendola letta nella mente di Daniele, ma il vedersi sfuggire la preda da sotto il naso era una cosa che le bruciava ugualmente.
Si avviò verso l‘indirizzo che aveva trovato nella mente di entrambi gli uomini. Prescott Street, 197.

La macchinetta del caffè chiamò a raccolta i patiti della caffeina con il suo calmo ribollire. Daniele spense il gas con un rapido gesto del polso, mentre con l'altra mano prendeva la pattina - Grazie per essere venuta tanto presto. Per un attimo ho come avuto l'impressione di avere un fucile puntato da lontano dritto sulla mia testa. -
- Non sei stato l'unico, Mori. - concordò il poliziotto, asciugandosi del sudore rimastogli sulla nuca da molto tempo.
- Mi piacerebbe sapere chi è quella donna. Tutti i demoni vogliono la morte del Trio, ma a quanto pare, ora ne abbiamo uno che vuole distruggere tutto ciò che lo riguarda. Come se il suo odio fosse così profondo e sradicato da voler cancellare ogni traccia del nome Halliwell. -
- Tu credi che legga nel pensiero, Mori? -
Daniele gli diede una risposta silenziosa abbassando di poco la testa, poi aggiunse fissando dritto avanti a sé - Purtroppo penso di sì. Sa troppo di noi per averlo sentito da qualcuno. Come il mio vero nome, ad esempio. -
Morris azzardò un'altra ipotesi meno pericolosa - Oppure ha un informatore. -
- Al punto in cui siamo, ogni pista può essere quella giusta, almeno teoricamente. -
- Come ci orientiamo allora per scovare la nostra tiratrice? - domandò Paige tornando dalla cucina con un vassoio sul quale facevano bella mostra di sé tre tazzine di espresso fumante. Ne distribuì due ai suoi ospiti, e ne tenne una per lei.
- Io credo che sia meglio lasciare che sia lei a trovare noi. Paige, ascolta. Vai a riprendere Piper e Phoebe, prima che sia troppo tardi. Dobbiamo restare tutti uniti in un unico luogo, perché il potere del Trio raggiunga il culmine del suo potere. Non m'interessa se hanno da fare. Quell'assassina ha priorità su tutto. Valle a prendere, forza. - ordinò Daniele perentoriamente. Paige non rimase molto soddisfatta dalla decisione del fratello, obiettando - Non mi lasci nemmeno finire il caffè? -
Sull'orlo di una crisi isterica, Daniele alzò le mani nel tentate di prendere Paige per il collo, urlandole di muoversi. La giovane riuscì ad orbitare via di casa prima che potesse raggiungerla. Daniele rimase in uno stato d'isteria anche dopo che Apige se ne fu andata. Si portò le mani alle tempie, nelle quali furoreggiava un mal di testa da stress - Quella donna mi sta facendo diventare matto! - gridò con voce ossessa.
Morris gli levò la tazzina dalla portata - Meglio se prendi un tè. - aggiunse in tono confidenziale.
- Lo credo anch’io. - convenne Daniele, provando a calmarsi prima di commettere un qualche gesto affrettato.

anche se con qualche resistenza da parte di entrambe, Paige riuscì a riportare all'ovile le due pecorelle smarrite. Prima Phoebe e poi Piper, che apparve mentre ancora tentava di divincolarsi dalla presa della sorella minore.
- Mi vuoi lasciare, Paige? Ti ho detto che sono occupata. -
- Vuoi dire che non t'interessa la salute di tuo fratello? -
- Che centra adesso lui? - sbottò Piper liberandosi.
Daniele camminò flemmatico in direzione del punto d'arrivo delle due streghe - Ho fatto venire qui tutta la famiglia perché non corra il rischio di venire presa di mira da un demone che si diletta a spegnere le luci e attaccare due poliziotti che si dimenano nel buio come trote fuor d'acqua. -
- Di che parli? -
- Un demone ci ha fatto quasi secchi, una ventina di minuti fa. Non so quale sia il suo nome, né altro che lo riguardi. So soltanto che gira con un fucile da cecchino, ed è una donna. -
- E che crea il buio dalla luce. - aggiunse Morris.
- Giusto. - convenne Daniele - Sa fare anche quello. -
Piper notò un rivolo di sangue che scorreva dalla guancia di Daniele. Non era niente di serio, ma premurosa come sempre, Piper prese da parte il fratello per mettergli un cerotto.
- Già. Quella pallottola si è quasi attaccata al lavoro del mio dentista. - commentò lui toccando la veloce medicazione.
- Ha creato il buio dalla luce e ha cercato di uccidere te e Derryl. - ricapitolò Piper. Daniele non sollevò alcuna obiezione. Avrebbe dato tutto per sapere chi fosse quella donna che l'aveva quasi ucciso. E per sapere da dove provenisse un odio così atavico nei confronti della famiglia Halliwell. Ma ora c'erano cosa più importanti da fare. E le uniche persone che avrebbero potuto fare quel lavoro erano a sua disposizione, sempre che fosse riuscito a rintracciarle per tempo. Daniele andò da Paige. Aveva bisogno del potere suo e di quello di Leo, congiunti, per riuscire nell'intento che si era preposto - Paige. Devo parlarti. - disse alla sorella.
Paige scattò in piedi come una molla.
- Prendi con te Phoebe, e vedete di rintracciare tutti i vostri conoscenti. La donna misteriosa diceva di voler uccidere chiunque conoscesse la famiglia Halliwell i suoi appartenenti, oltre che gli stessi membri. Dobbiamo trovarli al più presto, e solo tu e Leo ne avete il potere. -
- CO-COSA?! - sbraitò Paige sconvolta - Mi vuoi mandare a zonzo per il mondo a rintracciare tutti quelli che ci conoscono? -
- Trascurando i morti, naturalmente. Non preoccuparti. Sfrutterò il residuo rimastomi del tuo potere per aiutarvi. - chiama Leo, mentre sei via. Dobbiamo essere più veloci del demone a rintracciarli tutti, prima che faccia loro del male. -
- Aspetta, aspetta. - Piper lo trattenne per una mancia - Molti della nostra famiglia non sanno della nostra natura. E inoltre, nessuno dei nostri amici sa che siamo streghe. Come faremo? -
- Già. - ammise Daniele - A questo non avevo pensato. - mettendo in funzione i suoi ingranaggi grigi, Daniele trovò una soluzione per ovviare al problema - Prepara una pozione che annulli la memoria, e riempi uno spruzzino. Mettici dentro dell’assenzio e del loto. Molto loto, così l’effetto sarà più duraturo. Muoviti, Piper. Non abbiamo molto tempo. -
Leo apparve. Le sue voci nella testa l’avevano avvertito dell’accaduto - Che farai una volta che li avrai riuniti tutti? -
- Ora siamo fuori dalla portata dell’assassina. Una volta che li avremo riuniti tutti, ce ne andremo in un luogo sicuro. -
- Che luogo sicuro? Non c’è posto dove un Acchiappa Mente non possa arrivare. -
- E’ un’Acchiappa Mente, allora. Un Mindcrawler. -
- Che cos’è? – domandò Piper.
- Un Mindcrawler. Un demone col potere di leggere il pensiero delle altre creature. Non esiste mente tanto forte da resistere alla loro forza mentale. Qualunque pensiero o azione può essere intercettata, il che li rende quasi invincibili. -
- Penseremo poi al demone. Anzi, ci penseremo intanto. Mettiamoci al lavoro, ragazzi. Il tempo non aspetta. -

Fu una settimana di lavoro intenso per tutti e tre. Daniele aveva scelto per trattenerli un posto sicuro, ma non sapeva se il Mindcrawler sarebbe riuscito a leggergli nel pensiero. Era l’unico a sapere quale fosse il luogo prescelto per nascondere tutte le persone in pericolo, questo per ridurre le probabilità che “Crawler” potesse capire i suoi piani. Se non si fosse fatto vedere, sarebbe stato anche meglio. La cosa che lo infastidiva, e non poco, era non essere stato in grado di assorbire il potere del demone quando gli era vicino. Mentre pensava a come salvare gli innocenti, gli venne in mente un’altra cosa. Daniele conosceva il nome dell’ultima vittima in ordine di tempo, e il nome di un sesto antiquario della zona. Anche lui era da salvare, soprattutto se aveva acquistato qualcosa da uno dei precedenti proprietari dell’oggetto misterioso che il demone stava cercando. Come faceva a sapere che il demone era il cerca di un oggetto? Semplice. Perché uccidere gli appartenenti ad una data categoria, se non per conoscere qualcosa, o perché si sono fatti passare un certo oggetto? Valeva la pena di tentare.

Riapparve appena fuori dal negozio di antiquariato del vecchio Carlos Franco, un venditore di antiquariato fra i più longevi della città. Aveva alle spalle una carriera più che quarantennale, e ancora possedeva l’energia necessaria per farla andare avanti da solo. Daniele si guardò intorno, assicurandosi di non aver dato nell’occhio, poi entrò facendo trillare la campanella attaccata al battente superiore della porta. L’interno del negozio era pieno di antichi oggetti d’arte in legno e metalli prezioso, alcuni finemente cesellati. Si chiese per un attimo da dove provenissero quei pezzi tanto pregiati. Ora, lui non era un esperto d’arte come qualcun altro lo era in famiglia, ma di sicuro un antiquario qualsiasi non avrebbe potuto di certo averne tanti e di tale valore. La piccola figura di Franco apparve dalla soglia del retro, separata dal negozio solamente da una tendina in perle - Cosa posso far per lei? -
- Ispettore Mori, Polizia di Stato. -
Franco apparve leggermente turbato dall’intrusione. Daniele però non aveva tempo di parlare troppo, così saltò i preamboli – Mi ascolti, signor Franco. Devo sapere se lei ha avuto un qualche rapporto con gli antiquari uccisi. Lo devo per forza sapere, prima che possa morire anche lei. –
L’uomo si turbò ancora di più. Sembrava quasi terrorizzato. O sapeva perfettamente cosa sarebbe potuto capitargli, oppure era stato colpito così tanto dalle parole di Daniele. Sta di fatto che acconsentì subito alla richiesta, chiedendo a Daniele di seguirlo nel retro.
Oltrepassò la tenda di perline, entrano in un altro antro delle meraviglie. Scaffali interi di reperti della più varia natura, quasi tutti in legni pregiati. Statuette, soprammobili, cornici. Tutto quel ben di Dio avrebbe comprato perlomeno cinque ville Halliwell, con tanto di mobilio.
Presto arrivarono ad un sobrio tavolo di lavoro, dove campeggiava un piccolo scrigno d’oro massiccio per gioielli. L’antiquario lo aprì, spigando brevemente la storia dell’oggetto che vi era racchiuso - L’ho ricevuto proprio stamattina dall’ultimo mio collega morto. Si tratta di un oggetto sul quale pende una maledizione: l’anello di Pandora. –
- Di che si tratta? -
- Secondo la leggenda, chi lo possiede acquisirebbe poteri immensi, al di là di qualsiasi immaginazione. -
- Lei crede a queste cose, signor Franco? -
Franco fece spallucce – Che vuole che le dica, ispettore. Io sono solamente un antiquario. Non m’interessa se esistono le streghe o i folletti. Io voglio solo vivere a lungo, e questo anello non me lo consentirà. –
- Su questo, sono d’accordo con lei. Ascolti, devo requisirlo. Costituisce il movente degli omicidi. Lei deve però venire con me. Potrò offrirle della protezione. -
- Ispettore, io sono arrivato alla fine della mia vita. Le voglio dare quest’anello perché non ho più nulla da perdere. Lei però in cambio, mi deve promettere una cosa. Sventi questi omicidi. La prego. -
- Perché vuole che sia io? -
- Non saprei spiegargliene il motivo, ma qualcuno lo dovrà fare, e io credo che lei sia la persona giusta. -
Daniele iniziò ad avvertire un insolito mal di testa, che si mutò presto in un capogiro, simile a quelli che colgono le persone che non hanno l’abitudine a viaggiare in aereo. Daniele non aveva mai sofferto di quesl tipo di disturbi, e si stupì di averne uno in un momento tanto tranquillo. D’improvviso poi, sentì il dovere di fare qualcosa. Si avventò sul negoziante, proprio un attimo prima che un colpo di fucile distruggesse la piccola finestra del retro bottega. Daniele e l’antiquario terminarono a terra sotto il vigore della spallata del poliziotto, forse al sicuro dalle pallottole dell’attentatore.
- Sei ancora tu, maledetta! - gridò Daniele, alzando il viso al cielo.
- Mi hai riconosciuta, ti faccio i miei complimenti, e bravo anche per aver previsto il mio colpo. -
- Non mi faccio fare i complimenti da un demone. Andiamo, Franco. Dobbiamo fuggire. -
La voce femminile che rimbombava nella testa di Daniele come se echeggiasse in una valle di montagna, avvertì l’uomo in tono canzonatorio - Ah, ah, ah… Io non lo farei, fossi in te. Mentre eri dentro ho installato del C4 alla maniglia. Prova ad aprirla, e finirai in coriandoli. -
Daniele strinse ancor di più i denti, fin quasi a sgretolarne leggermente lo smalto. Stava andando fuori dalla grazia di Dio. Doveva trovare un modo per schermarsi dalla magia di quella donna, ma tutto stava nel capire in che modo. L’unico che gli venne in mente, fu l’assurdità di fasciarsi della testa con dei fogli di alluminio – Mi dia la chiave del negozio. – disse all’antiquario. Questi, seppure nervoso e titubante, acconsentì. Per far sì che non scattasse per sbaglio uccidendo un innocente, Daniele chiuse la porta a chiave. Poi chiamò Paige perché lo portasse in un posto sicuro, possibilmente dove la donna non potesse leggere le loro menti. Che cosa fare?

Paige e Daniele non arrivavano, e Piper iniziava seriamente a preoccuparsi per la loro salute. Camminava nervosamente per il salotto, lasciando un solco dei piedi sul tappeto a furia di camminare.
Rilassati, continuava a dirle Phoebe, egualmente in pena per i suoi due fratelli, ma più concentrata, grazie alle tante ore di yoga cui partecipava settimanalmente. D’un tratto, nella sala apparve Paige senza Daniele.
- Dove sei stata finora? -
- E dov’è Daniele? - le chiese Piper, ancora più in pena di prima.
- E’ in un posto sicuro. Non ha voluto dirmelo. Credo lo faccia per depistare Crawler, ma sono ugualmente insicura. -
- Fantastico. Nel momento del bisogno, lui sparisce. - polemizzò Piper.
- Mi a detto che tornerà non appena avrà trovato il modo di schermarsi dal potere mentale di quella donna. -
- E non ha chiesto l’aiuto del Trio e del Libro delle Ombre? Assurdo. -
Piper convenne con Phoebe, ma dovette rettificare - Sul libro non ci sono tracce di poteri mentali. Esistono persone che possono prevedere il futuro, come Phoebe, mentre non c’è nulla che riguardi la lettura del pensiero, e men che meno come eliminarla. -

Crawler si era finalmente appostata davanti a casa delle Halliwell, da sopra il tetto della casa di fronte alla villa. Non aveva portato con sé il suo fucile. Quel giorno non le sarebbe servito per vincere e vendicarsi. Quel giorno lo aveva aspettato da anni, da quando era stata raccolta orfana dal suo padrone, colui che le aveva dato i suoi poteri di cognizione mentale, e tutto ciò che sapeva. Ma ancora, sentiva che le mancava qualcosa. Forse, era per il fatto di essere sempre stata sola, di non avere mai avuto nessuno con cui potersi sentire uguale. Da che ricordava, era stato sempre lei e il suo padrone, lui esigeva da lei il massimo rispetto, picchiandola se ciò che faceva non rispecchiava le aspettative dell’uomo. Chissà, se fosse stato diverso forse le Halliwell e lei avrebbero potuto anche piacersi. O lavorare insieme. Si stupì di quello che stava pensando. Perché avrebbero dovuto? La loro era una famiglia di assassini, che andava distrutta e privata di tutti i suoi componenti e di quelli che avevano conosciuto, anche solo una volta. Non sarebbe più rimasta memoria di loro, nessuna.
Crawler sentì che qualcuno la stava afferrando da dietro le spalle e le stringeva il collo.
- Non mi hai sentito arrivare, dolcezza? -
- Patrick? -
- Ah, allora lo usi ancora il tuo potere… -
- Come hai fatto a oscurare la tua presenza? -
- Ho scoperto il tuo canale di collegamento mentale. Per caso, ho scoperto che il dotto che utilizzi mi consente di contrastare il flusso dei tuoi pensieri. In più, la pozione rafforzante che ho assunto ha aumentato il mio potere di concentrazione. Credo che tu sia finita. -
- Ah, davvero? – Crawler si tolse dalla custodia nella tuta aderente un coltello, del quale Daniele non aveva la conoscenza. Crawler infilzò l’uomo, lasciandogli la lama conficcata nel costato. Non poteva perdere tempo. Doveva assolutamente uccidere le tre streghe. Poteva averle avvertite, e questo avrebbe giocato a suo svantaggio.

Non aveva più tempo, doveva agire. Dalla sua particolare cintura dalle tasche multiple trasse una delle sue armi magiche forniteledal suo padrone. In questo caso, aveva bisogno di attaccare per prima sfruttando quel poco di fattore sorpresa che le rimaneva. Scagliò la bomba fumogena a terra, scomparendo nel fumo, riapparendo nel salotto di casa Halliwell, portando lo scompiglio. Crawler si scagliò prima su Piper, più vicina, poi su Paige. La afferrò per le spalle della t-shirt, schiacciandola a terra col suo peso. Quando si fu rialzata, Phoebe si era già messa in guardia, e stava attaccando l’estranea con i suoi lunghi calci girati di collo pieno, che atterrò puntualmente sul viso di Crawler. Phoebe era confusa. Se Crawler leggeva nella mente, perché ora non era riuscita a prevedere quel calcio? Allora esisteva un modo per ingannare il suo potere. Doveva farlo ancora se voleva vincere. Ma non ci riusciva più. Era troppo concentrata sul combattimento per poter ricordare cos’avesse fatto per evitarla. Provò con un calcio al fianco, parato con prontezza da Crawler, che in risposta colpì il menisco di Phoebe con una ginocchiata. Il dolore per lei era insopportabile, e nonostante la sua forza di volontà, cadde a terra con la gamba destra inutilizzabile ed indolenzita. Crawler si portò la mano al fianco, credendo di avere ancora il suo coltello da caccia. Vi trovò però solamente la custodia vuota. Doveva averlo lasciato conficcato nel corpo del fratello maggiore. Si disse, pazienza. Non le serviva un coltello per ucciderle. Bastava che rompesse loro il collo, e tutto si sarebbe risolto. Colpevole di averle opposto resistenza, la prima sarebbe stata Phoebe. Comprendendo la situazione, tentò il tutto per tutto sferrando un ultimo destro alla donna. Era seduta per terra, senza la possibilità di muoversi liberamente, e quella era l’ultima spiaggia per provare a sopravvivere. Ma come temeva, Crawler schivò il colpo e la voltò di peso, tenendole bloccato il collo col braccio destro. Sentiva ulna e omero premere entrambi i lati della sua gola, impedendole di respirare correttamente. Vide la mano sinistra di Crawler passarle davanti al viso. Sapeva cosa le sarebbe successo, e perciò tentava rabbiosamente di divincolarsi, ma da quella presa non c’era verso di liberarsi.
- La vendetta ti lascia sempre con l’amaro in bocca… - le sussurrò Crawler, come per far sì che il terrore di Phoebe crescesse – Ciò che amo è la dolcezza iniziale. Il brutto comincia quando ti rendo conto che non hai più una ragione di vita dopo averla consumata. Oh, beh. Si fa presto a trovare un altro espediente. Sayonara, assassine. -
Prima che Crawler potesse girare la testa di Phoebe di scatto, la nuvola di Leo si formò vicino a lei, dalla quale le rovinò addosso Daniele, rimessosi a nuovo grazie al provvidenziale intervento dell’angelo bianco. Daniele si rimise in piedi, mostrando a Crawler il suo stesso coltello – Ti sei scordata qualcosa, dolcezza? –
- Maledetto… - sibilò Crawler rialzandosi - Ti sei salvato per miracolo. Ma non durerà per molto, te l’assicuro! –
Crawler non si mosse per andare a prendere Daniele. Gli leggeva la mente, e sapeva perfettamente cosa gli passava per la testa.
Avrebbe usato Leo per sparire e attaccarla all’improvviso. A destra. La nuvola di Leo apparve, e lei la colpì con uno dei suo calci più potenti, ma quando si accorse che era un trucco era troppo tardi. Daniele le apparve da dietro le spalle, schiacciandola a terra. Per maggiore sicurezza, le si sedette sulla schiena con un ginocchio – Facciamo i conti, dolcezza. Non mi resta molto tempo. –
- Come sapevi il modo per battermi? -
- Non lo sapevo. – rispose Daniele, controllando una boccetta di liquido. Intanto, chiese l’aiuto di Leo. Sapeva come fare le iniezioni. Era un medico, m da quella posizione avrebbe sbagliato tutto. Doveva tenerla ferma, per cui diede la siringa contenente il liquido della boccetta a Leo. Con precisione e senza colpo ferire, Leo provvide ad iniettarle nel braccio la mistura che Daniele aveva preparato mischiando una pozione immobilizzante ad una parte di un solfato in grado di annullare la volontà di chi lo assume, una specie di macchina della verità liquida. L’effetto era garantito per essere immediato, perciò Daniele si alzò, lentamente, come se avvertisse dei forti dolori. Mise una mano sulla spalla di Leo – Controlla che le ragazze stiano bene. Io intanto faccio qualche domanda a Crawler. -
- Come sai il mio nome? – domandò lei stupita.
- Non credere che sia organizzata solamente tu. Grazie a Leo ho scoperto molto su di te. Compreso il fatto che il tuo padrone ti ha usata per vendicarsi di noi. -
- Usato?! – sbottò, alzando la testa dal pavimento – Io non mi faccio usare da nessuno! -
- Mi dispiace deluderti, ma è tutto il contrario. Venti anni fa, un demone chiamato Shelley si impossessò del corpo un medico, riuscendo ad avvicinarsi a sufficienza a Prue, Piper e Phoebe, per estrarre dal loro corpo i cromosomi necessari ad attuare il suo piano. Era il fratello di un demone sconfitto da nostra madre, che intendeva vendicarsi sulle sue figlie. Mi spiace per tutto quello che hai passato, ma purtroppo è così. La storia non si cambia, e prima di morire, voglio che tu sappia la verità, e che hai una famiglia che ti vuole ancora bene. Sei la migliore, fra noi, e… - Leo si avvicinò a Daniele, curandolo. Ma non sarebbe durato per molto, anche se Leo avesse sfruttato appieno il suo potere. Daniele ringraziò a bassa voce, poi continuò - Ora lei ti libererà la mente dalla menzogna del tuo padrone, modificando la tua percezione. Lui non saprà niente di tutto questo, ma quando gli sarai abbastanza vicino, dovrai ucciderlo. Tu conosci il suo punto debole. Forza, Leo… fai quello che devi. Io… Vado a stendermi sul divano… ho bisogno di riposo… - Daniele non fece altro che un passo in avanti, prima di cadere a peso morto sul terreno. Meccanicamente abituato a gettarsi all’aiuto di chiunque fosse in pericolo di vita, Leo si lanciò sul cognato morente. Con la sua consueta diligenza, tastò con due dita il collo di Daniele, cercando vanamente una qualche pulsazione cardiaca. Non riuscì a percepire alcun pompaggio di sangue attraverso le vene del collo, ma continuò lo stesso a cercare, aumentando la pressione. Ma nuovamente, non ebbe alcun esito. La concentrazione da veterano di Leo iniziò a fare spazio ad un’ansia che mai aveva provato prima. Era preoccupato da morire che Daniele potesse rimetterci la vita, e allo stesso tempo per ciò che la sua dipartita avrebbe potuto significare – in negativo – per sua moglie e le sue sorelle. Sapeva perfettamente di non potersi permettere distrazioni. Forse, se avesse usato il suo potere ancora una volta, sarebbe stato in grado di aumentare il suo battito cardiaco, e quindi di avere una possibilità in più per salvarlo. A quel punto, le mani di Leo svilupparono la loro aura taumaturgica, che si sparse per tutto il corpo del cognato. Leo aveva continuato a tenere premute le dita contro la giugulare di Daniele, per questo riuscì a sentire, seppure debole, un accenno di battito. Irregolare e debole, ma stava sempre a significare che era vivo, e ora aveva anche la forza per tentare di rialzarsi. Leo capì tuttavia che qualcosa non andava. Il suo colore e l’intensa sudorazione gli avevano fatto capire che Daniele era arso da una febbre molto alta.
- Non mi resta molto tempo, Leo. – ansimò Daniele.
Leo annuì mestamente. In silenzio, guardò Phoebe che stava accudendo con cura le sorelle stordite. Leo sorbì un bolo di saliva. Era totalmente insapore, come sempre, ma per lui aveva un sapore terribilmente amaro, il sapore dell’impotenza verso ciò che non si vuole accettare, per quanto inevitabile. Voleva continuare a combattere, ma forse quella volta non era più possibile seguitare la battaglia.
- Fa’ in modo che siano loro a sconfiggere il padrone di Crawler. – suggerì sottovoce al cognato. Poi, sorridendo come se niente fosse, gli disse – Io ho troppo sonno. -
Leo sbuffò una risata. Non capiva cosa ci fosse da ridere in un momento del genere, però sentiva che per un attimo il cuore gli era parso più leggero, come liberato da un peso inutile. Che fosse il vero metodo per sopportare la tristezza?
- Sicuro non ci sia un antidoto? –
Leo scosse la testa amareggiato. Daniele chiuse gli occhi e sospirò rattristato – Vado a farmi una dormita. – disse alla fine, prendendo la scala che conduceva al piano superiore, verso la sua stanza provvisoria mentre la febbre iniziava a diventare ancora più alta di quanto già non fosse. Guardandolo andar via lentamente come un’anima in pena, Leo pensò che quel demone l’avrebbe pagata cara, per ciò che aveva fatto.

Shelly riemerse dal buio, come era sua consuetudine fare. Crawler era ancora al suo cospetto, con un’aria più cinica e cupa del solito.
- Ti vedo crucciata, Crawler. Eppure avresti dovuto avere la tua vendetta, giusto? -
Crawler non rispose. Si limitava a fissare un punto indefinito davanti a lei, che non erano neppure gli occhi del suo padrone, punto che fissava solitamente quando gli parlava. Shelley stesso era incuriosito dal suo comportamento anomalo.
- Che ti succede, figliola? – i suoi occhi si socchiusero, mentre il suo pensiero era arrivato a cogliere ciò che il corpo di Crawler stava celando – Non sarà che… - sibilò a denti stretti – non le hai uccise, vero? -
Shelley sentì, senza riuscire a vederlo saettare, il coltello di Crawler penetrargli nel costato, e infondere tutto il veleno contenuto nella lama cava.
Troppo era il veleno che gli si era riversato dentro, e l’azione che aveva avuto con una creatura tanto sensibile alle tossine, fu praticamente immediata. Il suo corpo iniziò subito a sfaldarsi, come se ogni molecola avesse deciso di separarsi da quel corpo in decadimento, prima morale, ed ora anche fisico. Shelley non resistette un secondo di più, e il suo corpo andò in frantumi come un bicchiere di vetro bollente immerso in acqua ghiacciata. Una nuvola di fumo e zolfo si liberò da quello che era un corpo dall’esistenza millenaria, ora ridotto a meno di niente.

La febbre stava salendo, molto lentamente, ma in modo inesorabile. Non era un’esagerazione dire che qualunque straccio bagnato venisse messo sulla testa a Daniele si cuocesse immediatamente. E nemmeno c’era bisogno di alcun termometro per capire a quanto arrivasse la sua temperatura. Di sicuro era ben sopra i quaranta gradi, ma Daniele si stava sforzando di mantenere un contegno molto difficile da trovare in una situazione così vicina alla follia. Era solamente questione d’orgoglio, di orgoglio che faticava a morire anche quando ormai poco aveva a che fare con la situazione attuale.
Le ragazze ancora non si erano riprese dall’attacco di Crawler. Soprattutto Piper e Paige, meno robuste della sorella, non davano ancora segno di volersi riprendere, nonostante le rapide cure di Leo.
- Ma perché non sono morto come avrei voluto da bambino?… - mormorò Daniele, sistemandosi la benda bagnata sulla fronte.
Leo pensava fosse la farneticazione di un moribondo, ma volle comunque stargli vicino per non farlo sentire solo – E come avresti voluto morire? –
- Nel sonno. In questo modo non avrei sentito dolore. E tu? Come sei morto? -
- Non so se dire purtroppo o per fortuna. Non ho avuto nemmeno il tempo di accorgermene. -
- Come? -
- Una bomba. Ricordo solo questo, poi nient’altro. -
- Per fortuna non hai sentito nulla. Beato te. Io invece mi sento come un galletto Amburghese sulla brace. -
- Coraggio, amico… - iniziò a dirgli Leo, ma Daniele lo fermò prima che potesse andare avanti.
- Dimmi che mi salverò, e passerò la mia eternità da fantasma assillandoti fino farti dimettere da angelo bianco. -
- D’accordo. Come ti senti? -
- Ben cotto, grazie. Adesso, vorrei dormire un po’. Chissà mai che riesca a morire nel sonno. -
- D’accordo. Se dovesse servirti qualcosa, usa il cercapersone. Il tuo cellulare è sul comodino. Ci arrivi? -
- Basta cortesie, Leo. – disse Daniele, coricandosi su un lato.
- D’accordo… - mormorò mesto, già comprendendo come sarebbe andata a finire. Non aveva mai smesso di arrendersi, e anche in questo caso avrebbe voluto fare qualcosa per aiutare un compagno di lotta, ma on poteva farlo. E questo non faceva altro che aumentare la sua frustrazione nel sentirsi impotente. Giusto o sbagliato, purtroppo non c’era nulla che potesse fare per evitarlo. Tranne aspettare che il destino si compisse.

Anticipazioni: [narrato dalla voce di Piper] Tempo fa vinsi la Morte, e Lei per un macabro dispetto, due volte tanto punì la mia fortuna, portando via due persone che profondamente amavo. Per questo la odio e la disprezzo, eppure il mio animo, sebbene urli di dolore e con voce squillante gridi vendetta, è sereno. Poiché sono convinta che un giorno le nostre anime, tornate all’apice di bellezza e vigore, torneranno felicemente a vivere insieme, per l’eternità, senza che nessuno possa più separarle.
Episodio finale: NO MORE CRY
Voglia il cielo che un giorno anche per noi vivi ci possa essere da qualche parte la pace.

Scritto da MoonWalker


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