Roswell.it - Fanfiction

RIVALS AND REBELS


RIASSUNTO: Avete mai immaginato Max e Michael nei panni di due leaders di due differenti bande rivali? Beh, io c’ho provato…

DATA DI STESURA: 05/01/2005 - 13/02/2005

VALUTAZIONE: Siccome i personaggi sono alquanto “selvatici” c’è il caso che possa scappare qualche parola “forte“. E se proprio vogliamo, alcune scene non sono propriamente adatte ai più piccoli.

DIRITTI: Non posseggo nessuno dei personaggi di Roswell, li sto solo prendendo un po’ in prestito. Di mia invenzione, invece, i vari personaggi che compongono i 2 gruppi, i nomi delle bande ed i nomi dei locali. Il racconto è di proprietà del sito Roswell.it.

NOTA DELL’AUTRICE:
Se avete voglia di farmi sapere il vostro parere potete scrivermi a taniapan@tele2.it.
Grazie ad Antonio per questa sezione dedicata ai nostri racconti: è un angolo di puro paradiso per la mia fantasia!!
E grazie a Monica ed Elisa sempre più pazienti e speciali e a Chiara, dolcissima come sempre!


Prima di cominciare…

Come già avrete capito dal piccolo riassuntino, anche in questa storia voglio parlare dei nostri amici in un contesto diverso da quello presentatoci nel telefilm. Quindi non troverete alieni, né tantomeno agenti dell’FBI di una qualche unità speciale a caccia di omini verdi. Volevo solo precisare che l’idea mi è balenata in testa rivedendo nuovamente il film Fast and Furios, avete presente? Insomma, la storia prende spunto da lì, ma si sviluppa in una maniera del tutto differente. C’è anche da dire che io non me ne intendo per niente di auto, quindi quello che ho scritto è scaturito veramente dalla mia mente e se ci dovesse essere qualcosa di errato mi scuso fin da ora.
In questa storia i nostri protagonisti bevono birra, si ubriacano e corrono veloci con le auto; il tutto è servito al solo scopo narrativo… sarebbe meglio non imitarli.
Un’ultima cosa, Liz e Michael in questa occasione sono fratelli nonostante i loro cognomi rimangano inalterati, infatti nel mondo di fantasia che regna nella mia testa, la cara signora Nancy prima si è sposata col Sig. Guerin e successivamente col Sig. Parker.
Buona lettura!


Finalmente Liz stava tornando a casa. Dal finestrino dell’aereo, vedeva la città di Orlando farsi sempre più vicina, mentre il pilota si apprestava ad atterrare. Aveva passato gli ultimi 3 anni a Boston, lontana dal fratello e da Maria. Ma adesso tornava finalmente a casa, con la sua laurea in tasca e in cerca di un lavoro che andasse oltre l’officina di Michael, dove durante il liceo aveva dato una mano con la contabilità. Lui aveva dato l’anima per farla studiare ed ora che ce l’aveva fatta, era grata a Dio di averlo come fratello e di avere in Maria un’amica che la sosteneva nei momenti difficili.
Dopo la laurea aveva rifiutato alcune offerte di impiego a Boston ed ora tornava ad Orlando per cercarsi un lavoro vicino ai suoi cari. La sua famiglia era Michael. I genitori erano morti quando il fratello aveva solo 16 anni e da allora lui era tutto il suo mondo. Il padre di Michael era sparito tanto tempo prima e non aveva più fatto avere sue notizie e così il giovane l’aveva cresciuta, nutrita e l’aveva costretta a frequentare la scuola anche quando lei si rifiutava di studiare. Liz avrebbe voluto rimanergli accanto per dare una mano a portare a casa quei soldi che erano così necessari per la loro sopravvivenza, ma lui, irremovibile come sempre, l’aveva spinta a studiare fino a raggiungere la laurea.
“Ci deve essere qualcosa di meglio per te!” le ripeteva in continuazione e Liz aveva finito col credergli. Lei credeva a tutto quello che Michael le diceva, si fidava ciecamente di lui e l’amava profondamente come non aveva mai amato nessun altro essere umano. L’unica eccezione era rappresentata da Maria, la sua amica d’infanzia e, da qualche anno, la ragazza di suo fratello. Maria era innamorata di lui fin dall’età di 12 anni, poco prima che i signori Parker morissero in quello spaventoso incidente. A quell’epoca Liz, che era sua coetanea, non capiva cosa l’amica trovasse in Michael, in fondo per lei era soltanto il fratello maggiore. Solo più tardi scoprì le sue doti nascoste e realizzò che Maria le aveva già scoperte prima di lei. Dopo la disgrazia dei suoi genitori, erano diventate le persone più importanti della sua vita e quando finalmente il fratello cominciò a nutrire gli stessi sentimenti di Maria, quelle due persone divennero la sua famiglia, una cosa sola.
Michael si manteneva con l’autofficina che aveva rilevato, ancora molto giovane, dal vecchio Jim Valenti, andato ormai in pensione. Aveva cominciato come semplice aiuto meccanico assieme a Kyle, il figlio di Jim, ma col tempo aveva imparato tutti i trucchi del mestiere e Jim era stato più che contento di lasciare la gestione dell’officina a lui e al figlio.
Michael e Kyle si conoscevano fin da bambini ed erano cresciuti insieme prima per strada e poi, grazie a Jim, nell’officina di quest’ultimo. I due erano appassionati di auto e non fu difficile per loro apprendere il mestiere.
Presto impararono le difficoltà della gestione di un’attività e per guadagnare più soldi cominciarono a truccare le auto per le corse clandestine di cui andavano pazzi. Quando la voce cominciò a diffondersi nell’ambiente delle gare, la mole di lavoro crebbe a vista d’occhio e i conti venivano quasi sempre saldati senza far figurare nulla o solo il minimo indispensabile. Tutto questo aveva portato, in poco tempo, anche ad un giro di ricambi rubati in modo che i soldi guadagnati rimanessero completamente nelle loro tasche da poter poi riutilizzare per comprare auto da sistemare per le corse. I furti venivano realizzati con una precisione chirurgica e veniva sottratto solo lo stretto necessario: all’inizio erano gli stessi Michael e Kyle ad eseguirli ma poi, col tempo e soprattutto col denaro disponibile, c’era chi svolgeva il lavoro “sporco” per conto loro.
Oltre ai due proprietari, nell’autofficina lavoravano anche Roy, Lenny e Matt, anche loro amanti delle auto e dell’alta velocità.
Il gruppo era conosciuto da tutti col nome di Wizards e Michael ne era il leader.
Da qualche anno a questa parte, poco dopo la partenza di Liz per il college, il loro “lavoro” subiva la concorrenza spietata dei Phantoms, un gruppo di ragazzi conosciuto durante i raduni delle corse clandestine e che avevano seguito l’esempio di Kyle e Michael: aprire un’autofficina con relativi furti di ricambi e accessori per auto.
Già dal primo incontro durante una gara, tra Michael e Max Evans, a capo dei Phantoms, era subito nata una forte rivalità, che era andata crescendo quando Michael era venuto a conoscenza dell’esistenza dell’officina gestita da Max e Co. proprio nella sua stessa città. E gli affari cominciavano a risentirne.
Il rapporto fra i due era, in verità, molto strano: rivali fino all’ultimo, ma allo stesso tempo con un profondo rispetto l’uno verso l’altro. Senza contare alcune cose in comune: entrambi cresciuti per strada, con una sorella che si erano trovati presto a dover accudire e con una voglia pazzesca di arricchirsi tramite la passione delle corse.
Di tutto questo giro losco, Liz e Maria erano completamente all’oscuro. “E’ roba da uomini!” continuava a ripetere Kyle, mentre per Michael la questione era diversa. Tutto era cominciato poco tempo dopo la partenza di Liz e lui non voleva perdere la credibilità e l’affetto delle donne più importanti della sua vita. Le due ragazze erano tutto per lui e nonostante non avesse intenzione di smettere quel traffico, voleva che loro continuassero a vederlo come un uomo onesto ed integro. (nda: come dire… voleva la botte piena e la moglie ubriaca!).
L’unica cosa di cui le ragazze erano a conoscenza, era la forte passione per le auto e per le gare clandestine, ma tutto finiva lì.
Michael aveva addirittura minacciato i suoi amici e collaboratori perché non spifferassero tutto alle due giovani. E così era. In tal modo, lui poteva continuare a guardare negli occhi la sua Maria e la sorella che, finalmente, tornava a casa.

Era andato lui stesso a prenderla all’aeroporto. Da solo. Non aveva voluto neanche Maria, nonostante sapesse quanto le due ragazze fossero legate, a dispetto dell‘insistenza della giovane nel volerlo accompagnare. Voleva Liz tutta per sé, almeno per il breve tratto di strada che li separava da casa. Solo loro due, come ai vecchi tempi, per poterla abbracciare e tenersela stretta almeno per un po’. Anche lei aveva apprezzato quel gesto e Michael ne era stato contento.
Lasciarono l’aeroporto dopo aver recuperato i bagagli di Liz, li sistemarono in auto e ripartirono diretti verso casa. Il tragitto si svolse tra le chiacchiere dei due fratelli ansiosi di raccontarsi le ultime cose accadute nelle loro vite:
“Finalmente ora puoi prenderti un periodo di riposo.” disse Michael lanciando un’occhiata veloce alla sorella riportando subito lo sguardo sulla strada.
“L’hai detto!” esclamò Liz con un sospiro di sollievo “Voglio prendermi qualche giorno di pieno e completo relax e non ho intenzione di muovere un solo dito!”
“Sai che ti dico? Che te lo sei proprio meritata!”
“Grazie Michael!” disse Liz con un tono serio e guardando il profilo del fratello.
Michael distolse per un attimo lo sguardo dalla strada davanti a lui per posarlo sulla sorella che subito riprese: “Se non fosse stato per te non mi sarei mai laureata. Tu hai reso tutto possibile e non finirò mai di ringraziarti!”.
Michael si spostò nella carreggiata destra dell’autostrada trafficata da centinaia di auto e si fermò in una delle tante piazzole di sosta, mise in folle e tirò il freno a mano quasi in una mossa unica e si girò sul sedile per poter guardare in faccia sua sorella:
“L’ho fatto volentieri, Liz, e lo sai. Non volevo che diventassi come me.”
“Perché? Che c’è di male ad essere come te? Sei la persona migliore che conosca e per me questo è più che sufficiente!”
“Liz, io sono un ignorante, uno che fa fatica a fare 2+2 e per te volevo qualcosa di meglio. Sei la mia unica sorella… la mia famiglia… Tu e Maria siete tutto per me! Non devi più ringraziarmi, Liz. Quello che hai fatto fino ad ora mi ha ripagato di tutto.”
Con le lacrime agl’occhi, Liz abbracciò il fratello e mentre piangeva gli sussurrò all’orecchio: “Non ti deluderò, vedrai!”
“Lo so, Liz. Lo so.”
Appena l’auto si fermò all’entrata del garage della piccola abitazione, Maria uscì dalla porta sul retro, correndo incontro alla sua più cara amica. Durante la corsa gridò il suo nome e quando le fu vicina l’abbracciò con tutta la sua foga. Liz ricambiò con altrettanto slancio il suo forte abbraccio e restarono unite per un lungo attimo, mentre Michael le osservava con uno sguardo dolce. Quelle erano le sue ragazze!

Dopo una settimana passata a risistemare le sue cose senza mettere il naso fuori di casa, Liz si era lasciata convincere da Maria, senza troppa fatica, a passare la serata al Dragon Fly, il locale dove andavano sempre a ballare durante il liceo e che negli ultimi anni era diventato il locale ufficiale degli Wizards.
Come in un tacito accordo tra le parti, quel locale non era frequentato dai Phantoms che gli preferivano il Black Hole, dove sembrava vigesse la stessa regola in quanto il gruppo di Michael non vi metteva mai piede.
Era come se i due gruppi si fossero divisi la città senza accordarsi a tavolino e sembrava che la cosa, almeno per il momento, andasse bene ad entrambe le parti.
Maria aveva parlato di questi Phantoms a Liz, alla quale sembrava che l’argomento non interessasse molto. L’unica cosa che le importava era che l’officina di Michael e Kyle andasse bene, tutto il resto non la toccava. E poi anche Maria sapeva poco di loro, se non che avevano la stessa attività di Michael e la stessa passione per le corse in auto. Non conosceva nemmeno i nomi dei componenti di questo gruppo e quindi l’argomento ebbe vita breve.
Nella settimana successiva, le ragazze avevano passato le loro serate al solito tavolo del Dragon Fly e venivano raggiunte a tarda serata da Michael, Kyle e gli altri ragazzi del gruppo. Liz li conosceva tutti, tranne Matt che era l’ultimo acquisto della squadra. Michael l’aveva assunto un paio di anni prima, quando Liz era lontana da casa, e a parte averlo visto qualche volta durante le sue visite per le vacanze di Natale, Liz sapeva poco di quel ragazzo. Ma si fidava del giudizio del fratello e se era entrato a far parte del loro piccolo gruppo, voleva dire che era un tipo a posto e poteva anche immaginare quanto Michael l’avesse tenuto sott’occhio. Lui era fatto così, prima di fidarsi di qualcuno lo sottoponeva ad ogni tipo di prova e se le superavi, diventavi uno dei suoi uomini fidati. L’unica cosa che la infastidiva di Matt, era il fatto che continuasse a guardarla. La fissava, le sorrideva, ma niente di più; non una parola o un gesto.
Matt era un bel ragazzo alto, biondo, occhi azzurri tanto che qualche volta sembrava uno di quei fotomodelli usciti direttamente da una copertina patinata di una qualche rivista di moda. Ma questa sua incapacità di parlare quando lei era presente, faceva di lui un tipo poco interessante, almeno agli occhi di Liz. A lei piacevano i tipi come suo fratello: decisi e trascinanti, con la battuta pronta al momento giusto. L’avrebbe mai trovato? “Chissà… “ si diceva. Per un periodo, durante il liceo, era stata con Kyle, ma il fatto che si conoscessero fin da bambini era sembrato strano persino a lui. “Per un bel rapporto ci vuole anche un po’ di mistero!” si erano detti “E tra noi due il mistero non è mai esistito!” e così la loro storia era durata solo una settimana, ma la loro amicizia ne era uscita ancora più consolidata.
Maria aveva visto gli sguardi di Matt rivolti a Liz e già sapeva che su di lei non avevano alcun effetto.
“Che strano tipo che è Matt, non è vero Liz?” le disse durante il tragitto verso casa.
“Cosa vuoi dire Maria?” le chiese Liz non cogliendo al volo il senso di quell’affermazione.
“Voglio dire… tutti gli altri ragazzi che lavorano con Michael e Kyle sono spigliati, divertenti, estroversi e rimangono tali anche di fronte alle belle ragazze, ma Matt appena ti vede ammutolisce! Non ho mai visto un ragazzo reagire così nel nostro gruppo. E‘… è… timido!”
“Lo sai Maria che hai ragione!?! Chissà, forse gli faccio paura.”
“Chi? Tu? Ma fammi il piacere!” ed entrambe scoppiarono a ridere.
Liz non era di certo una ragazza che stava sulle sue. Aveva imparato a stare in mezzo ai ragazzi perché era praticamente sempre uscita con il fratello e riusciva ad instaurare un buon rapporto con tutti, ma con Matt la cosa le risultava difficile.
“Sai che faccio?” disse Maria quando ebbe smesso di ridere.
“Che vuoi fare?” chiese Liz curiosa.
“Gli vado a parlare e gli dico che se continua a fare così, si giocherà tutte le chance che potrebbe avere con te.”
“Brava Maria! Prova a fargli un bel discorsetto, se non altro vediamo come reagisce!”
E ridacchiando si scambiarono un “cinque” raggiungendo la porta di casa.
Da diverso tempo Maria si era trasferita a casa di Michael e a Liz era sembrata la cosa più naturale del mondo. Era felice di stare sotto lo stesso tetto con la sua famiglia.

Nei giorni successivi, Liz cominciò a mettersi in cerca di un lavoro adatto alla sua laurea ma la cosa, come previsto, non risultò troppo facile. Addirittura si ritrovò, in alcuni casi, con la porta sbattuta in faccia. Il suo carattere, però, la faceva andare avanti. Nella vita aveva subito di peggio per lasciarsi abbattere da un rifiuto.
Quel pomeriggio di pioggia, a casa con Maria, Liz stava vagliando alcuni annunci di lavoro su di un quotidiano quando Maria le chiese: “Che ne dici se domani andiamo in giro a fare compere?”
“Va bene!” rispose Liz senza rifletterci troppo, ma poi il pensiero le balenò in testa e guardando Maria, chiese: “Tu non vuoi cercarti un lavoro?”
Maria ripose i bicchieri che aveva appena asciugato e sedendosi di fronte a lei rispose: “Ci ho provato sai, per un periodo ho anche fatto la cameriera. Ricordi? Te lo avevo…”
“Si, si, ricordo…” la interruppe Liz ridacchiando: “Mi ricordo anche che ti hanno licenziato per tutti i piatti che hai rotto.”
“Già! Cavolo… non mi hanno dato il tempo di imparare! Ad ogni modo Michael ha sempre detto che non gli importava se trovavo un lavoro e che a lui faceva piacere sapermi in casa.”
“Ma allora gli affari vanno più che bene! Voglio dire, Michael mi ha praticamente mantenuta a studiare…”
“Ma tu hai anche lavorato per mantenerti ed hai anche ottenuto delle borse di studio!” la interruppe Maria.
“Sì, ma senza Michael non ce l’avrei mai fatta!”
“Vai avanti.” disse Maria curiosa di vedere quale fosse il ragionamento dell’amica e dove avrebbe portato.
“Allora: ha aiutato me nello studio e a pagarmi l’appartamento a Boston; tu abiti qui senza contribuire alle spese… senza offesa Maria, sia chiaro, sto solo esaminando le cose…” l’amica annuì e le fece cenno di continuare “…quello che mi chiedo è dove Michael trovi tutti questi soldi!”
“Non ci avevo mai pensato Liz!” disse Maria con stupore “Immagino che l’autofficina renda veramente bene, altrimenti non potrebbe mai farcela.”
“Già!” disse Liz non troppo convinta “Deve per forza essere così!”

Nella notte, dall’altra parte della città…
“Forza ragazzi, è ora!” un impaziente Max Evans si avvicinò all’auto, aprì lo sportello e prese posto davanti al volante. L’auto era uno di quei velocissimi modelli sportivi, molto confortevoli per l’autista e il passeggero a fianco, ma con spazio inesistente per quei poveri passeggeri alloggiati nei sedili posteriori.
“Siamo pronti!” esclamò David, già in posizione alla guida di un camioncino scuro come l’auto sportiva.
“Bene, possiamo andare!” disse Max attraverso il finestrino aperto ed alzando la mano verso l’amico. Quando la ritrasse, spinse il pulsante per far richiudere il finestrino, ingranò la marcia e schiacciò il bottone del telecomando per far aprire la serranda del garage. Non appena fu aperta, uscì dall’autorimessa facendo stridere le gomme sull’asfalto.
“Ti seguo, Max!” la voce di David raggiunse il suo orecchio tramite l’auricolare.
“Bene, siamo in perfetto orario.” gli rispose il ragazzo tramite il piccolo microfono appoggiato a lato della bocca.
I due mezzi si avviarono per le strade illuminate della città, raggiungendo presto la periferia e proseguendo in alcune strade completamente prive di illuminazione. Dopo vari chilometri, i due veicoli entrarono a Sanford, cittadina vicina ad Orlando, e raggiunsero la meta del loro viaggio in una delle tante vie di un‘area industriale.
Posteggiarono il furgoncino vicino al portone di un magazzino, mentre Max, con la sua auto, prese a fare il giro dell’isolato.
“La strada è libera, David. Procedete!” comunicò al ragazzo.
“Bene, ci vediamo tra 10 minuti!” replicò. Scese dal camioncino e raggiunse i suoi due compagni di viaggio già a terra ad attenderlo.
Il robusto portone del magazzino era protetto da una chiusura a codice segreto, ma dopo varie ispezioni erano certi che quello fosse l’unico sistema d’allarme di cui era fornito. La mappa del sistema elettrico del posto, che avevano ottenuto utilizzando una vecchia amicizia di Max, non rivelava la presenza di telecamere nascoste, tuttavia si erano ben accertati che non fossero state posizionate in un secondo tempo.
David estrasse dalla tasca della giacca di pelle una scatolina d’acciaio poco più grande di un cellulare, la posizionò vicino alla tastiera del sistema d’allarme e spinse in sequenza due tasti. Pochi secondi dopo, sul display dell’apparecchio apparve una serie di numeri che David digitò sulla tastiera vicino alla quale aveva appoggiato il suo “straordinario aggeggio”, come lo chiamava lui. Un attimo dopo, il grosso portone si aprì e i tre uomini entrarono nel magazzino.
Riempirono il camioncino con alcune scatole e pacchetti, richiusero il portone, ripristinarono l’allarme e ripartirono. Non appena furono in strada, si ritrovarono l’auto di Max proprio davanti a loro:
“Tutto ok, Max!” si limitò a dire David attraverso il microfono.
“Bene, ragazzi, ottimo lavoro! Andiamo a festeggiare!”
E i due mezzi accelerarono per riprendere la via del ritorno.

Giunti davanti al garage da cui erano partiti, lasciarono i due mezzi usati per il furto all’interno e presero una più comoda jeep per raggiungere il Black Hole.
Una volta dentro il locale ordinarono da bere al barista e, mentre Max si sedeva al solito tavolo dove lo attendevano due bionde, gli altri ragazzi si fermarono al banco a salutare alcuni amici.
“Tutto bene, Max?” chiese la prima ragazza guardandolo significativamente negl’occhi.
“Tutto ok, Isabel”
“Bene! Ora posso rilassarmi.” disse visibilmente sollevata. Isabel Evans era la sorella di Max. Non condivideva quello che faceva il fratello, ma il legame di sangue che li univa era molto più forte di qualsiasi cosa. Ogni volta che il fratello e gli altri ragazzi uscivano “in missione”, come la definivano loro, per lei iniziava l’angosciante attesa. Riusciva a calmarsi solo quando vedeva il fratello sano e salvo.
“Vieni a ballare, Max. Ti ho aspettato fino adesso!” disse una voce implorante al fianco del ragazzo che si era appena tolto la giacca di pelle mostrando alcuni dei tatuaggi che ricoprivano il suo corpo.
“Non ora Tess! Ho solo voglia di bere.”
“Ma Max io…” riprese la ragazza in modo petulante.
“Smettila, ca**o!” la interruppe bruscamente mentre si toglieva di dosso il braccio di lei che si era appoggiato sulla sua spalla “Perché non balli un po’ da sola?!”
Tess si alzò indispettita e lanciandogli un’occhiata di fuoco si allontanò, andandosi a sedere al bancone di fianco a Ross, un altro componente dei Phantoms.
“Max, smettila di trattarla così!” lo rimproverò Isabel a bassa voce.
“Non la sopporto Isabel e tu lo sai! Continui a portartela dietro come se fosse un cagnolino da compagnia.” disse seccato.
“Se non te ne sei accorto, ho bisogno di un po’ di compagnia femminile in questo ‘club’ a prevalenza maschile e comunque… non l’ho invitata io… era già qui quando sono arrivata con Zack.”
“Scusami Isabel, è solo che quella ragazza ha il potere di farmi saltare i nervi solo a sentire la sua vocina squillante e antipatica.”
“Lo so, ha questo effetto anche su di me a volte…” disse ridacchiando, “… ma in fondo è una brava ragazza.”
“Intendi quando non mi sta sempre addosso?” chiese Max con sarcasmo.
“Ovviamente!” rispose Isabel che rincarò la dose: “Che ci vuoi fare Max, ha un debole per te!”
“Credi che le ci vorrà ancora molto tempo per capire che con me non ha speranze?”
“Credo non lo capirà mai!” rispose Isabel ridendo.
“Che fortuna!” esclamò Max ironicamente.
“Dai, l’importante è che non sappia nulla di noi.” lo tranquillizzò Isabel riferendosi ai furti, alle gare e a tutto quello che da molto tempo ormai era il suo mondo… il loro mondo.
“E deve continuare ad essere così. Non mi fido di lei.”
“Tranquillo, non preoccuparti. Ci penso io a tenerla a bada: è il mio diversivo!”

Il giorno successivo…
“Ok Max, con questa auto ho finito. Bisogna provarla e farla verniciare da Craig.” disse David con aria più che soddisfatta.
“Perfetto! Che ne dici di andare a fare qualche prova oggi pomeriggio?”
“Ci sto! Non vedo l’ora di testarla. Sono sicuro che con questo gioiello faremo mangiare parecchia polvere a Guerin e alla sua banda.”
“Ci puoi scommettere!” replicò Max con sicurezza. David era il migliore dei suoi meccanici e si fidava della sua parola. “Dì a Craig di tenersi pronto, la voglio in pista venerdì sera.”
“Ok!” e David si avviò verso Craig intento a fare alcuni ritocchi ad una delle tante auto presenti in officina.
Non appena lo vide arrivare, il ragazzo interruppe il suo lavoro, si drizzò in piedi e sorrise: “Allora, è pronta la tua ultima creazione?”
“Appena finita!”
“Ca**o amico, sei un grande! Quando la provate?”
“Oggi pomeriggio!” rispose David con la smania negl’occhi.
“Bene, preparo l’occorrente per verniciarla.”
“Proprio quello che ero venuto a dirti. Max la vuole per la gara di venerdì.”
“Lo immaginavo. Digli che è tutto pronto. Aspetto solo il vostro OK.”
“Ehi, mi piace l’aquila che hai fatto su questo cofano! Ci sai proprio fare con i disegni e i colori.” si complimentò David ammirando il volatile ben delineato e verniciato.
“Per te ho in mente ben altro.” si lasciò sfuggire l’amico.
“Non dirmi niente, voglio godermi la sorpresa.”
“Come vuoi!” e i due tornarono alle loro occupazioni.
Anche tra i Phantoms l’aria che si respirava era di completa fiducia l’uno nell’altro. Ognuno aveva il proprio compito che veniva svolto alla perfezione. Per questo motivo David non aveva voluto sapere cosa avesse pensato di fare Craig per l’auto che aveva appena completato. Si fidava di lui e questo gli bastava; qualsiasi cosa avesse pensato di disegnare sul cofano della vettura, sapeva già che era azzeccata.

Nel frattempo, all’altro capo di Orlando…
Michael era disteso sotto quello che pareva essere solo il ricordo di un’auto; era talmente malconcia che era quasi impossibile riconoscere quale modello fosse. Per Michael quello era il lavoro più bello: ridare vita ad un veicolo e risistemarlo come se fosse appena uscito da un autosalone.
Era intento ad armeggiare con i suoi attrezzi quando vide apparire le gambe affusolate ed abbronzate di una donna. Si distrasse dal suo lavoro e si perse a guardarle, dalla caviglia resa ancora più sottile da una scarpa elegante col tacco, fin quasi al ginocchio. Non riusciva a vedere oltre perché la visuale era interrotta dall’auto che lo sovrastava. La donna cominciò a muovere qualche passo rimanendo al fianco del mezzo sotto il quale si trovava Michael. Con un movimento lento e deciso, il ragazzo depose a terra l’attrezzo che stava usando fino a qualche minuto prima, allungò la mano ed afferrò la caviglia della donna che lanciò un grido. Con una spinta abbastanza potente, Michael fece muovere il carrello sul quale era disteso e fuoriuscì completamente da sotto l’auto e salutò la sua donna:
“Riesco sempre a fregarti, eh?”
“Str***o! Ogni volta mi fai prendere un colpo!” esclamò Maria portandosi una mano al cuore come per volerlo calmare.
“E’ perché hai la brutta abitudine di camminare troppo vicina alle auto!” la prese in giro Liz, materializzatasi alle spalle dell’amica.
“Ma guarda un po’ chi è venuta a farci visita!” si stupì Michael rimettendosi in piedi. Da quando era tornata a casa, Liz non era ancora andata in officina e la sua presenza lo meravigliò.
“Non potevo resistere a lungo, lo sai. Mi mancava l’odore che si respira qua dentro!”
Liz e Maria erano abituate a stare in quell’officina, era come una seconda casa per loro. Dopo la scuola andavano spesso a trovare Michael e Kyle al lavoro e l’odore che si respirava nello stabilimento faceva ormai parte della loro vita.
“Vieni, ti mostro il nuovo reparto di verniciatura!” disse Michael con orgoglio e si avviò con la sorella verso Lenny, intento a rifinire un’auto.
Rimasta sola, Maria si avviò nella direzione di Matt, che avendo visto entrare Liz si era come paralizzato sul posto. Gli si affiancò, gli mise una mano sulla spalla e seguendo lo sguardo del ragazzo disse: “Carina, non è vero?”
Matt si limitò ad annuire con un cenno del capo senza distogliere lo sguardo dalla schiena di Liz che si intravedeva in lontananza.
“Voglio svelarti un segreto…” annunciò Maria e quando gli occhi colmi di interesse di Matt furono fissi nei suoi, la ragazza cominciò a fargli quel discorsetto di cui avevano parlato lei e Liz qualche sera prima.
Dopo un’ora passata in officina, le ragazze salutarono e si diressero in auto per andare in centro dove avrebbero sicuramente trovato qualcosa da acquistare.
Salirono a bordo, Maria mise in moto e prima di partire si voltò verso Liz:
“Gli ho fatto il discorsetto!” le rivelò ridacchiando.
L’amica intuì al volo a cosa si riferisse e curiosa chiese: “Allora com’è andata?”
“Bene direi!”
“Voglio tutti i particolari!” e ingranata la marcia, partirono dirette verso il centro di Orlando.

“Grazie per il passaggio Isabel, sei stata molto gentile!” disse Tess scendendo dall’auto dell’amica.
“Figurati! Mi ha fatto piacere fare un giro con te.”
“Beh, è meglio che mi avvii a casa…” e si interruppe un attimo volgendo lo sguardo verso la porta d’entrata dell’officina dei Phantoms. Riportando gli occhi sull’amica, riprese: “… ma prima passo a salutare i ragazzi!”
“Ti accompagno.” si offrì Isabel, ridacchiando al pensiero di come avrebbe reagito Max alla vista di Tess.
Le due si avviarono all’entrata dello stabilimento, aprirono la porta e fecero il loro ingresso.
“Salve ragazze!” le accolse subito Zack, che avvicinatosi ad Isabel le diede un bacio veloce sulle labbra, poi avvicinò il viso all’orecchio della ragazza: “Ci vediamo stasera. Ho una sorpresa per te!” le sussurrò maliziosamente.
“Non vedo l’ora!” sussurrò Isabel a sua volta.
“Ehi Tess!” la salutò Ross.
“Ciao.” rispose lei con voce piatta e cercando con lo sguardo Max.
A Ross piaceva Tess, ormai tutto il gruppo se ne era reso conto, ma il comportamento della ragazza cominciava a dargli fastidio: quando Max la trattava male, lei correva da lui; ma se Max la degnava anche solo di uno sguardo, lei non lo filava per niente. Ross stava per scoppiare, non sapeva per quanto ancora poteva sopportare questo comportamento. Nemmeno lui riusciva a spiegarsi il perché reagisse a quella maniera, nonostante la situazione lo facesse stare male. Una volta Max si era alterato nel vedere che Ross continuava a subire, e per questo odiava ancora di più Tess. Gli aveva detto di lasciarla perdere, ma a quanto pareva per Ross non era così facile. E del resto Max cosa poteva saperne? Non si era mai innamorato in vita sua. Ma possibile che Ross non si rendesse conto? Dal canto suo, Max, aveva provato in tutte le maniere a dire a Tess che non era interessato a lei e che fra loro due non ci sarebbe mai stato niente, ma lei continuava imperterrita sulla sua strada. Era irrecuperabile!
Non appena Tess intravide Max, lo sguardo le si illuminò e quando lo vide avvicinarsi assieme agli altri due amici, un sorriso si fece largo sulle sue labbra.
“Ciao Max!” lo accolse non appena lui fu vicino e senza nemmeno degnare di uno sguardo David e Craig.
“Ciao Isabel!” Max salutò apposta solo la sorella ed era tentato di non rivolgere la parola alla ragazza che le stava di fianco e che lo aveva appena salutato, ma oggi si sentiva di buon umore. Stavano per provare un’auto nuova ed era eccitato, quindi rivolse lo sguardo a Tess e, senza troppo entusiasmo, la salutò pronunciando solo il nome.
“Sono venuta solo per salutarvi!” esclamò Tess per far sì che Max continuasse a guardarla.
“Bene!” disse lui ‘Ora puoi anche andartene!’ aggiunse col pensiero. Stava per rivolgersi ad Isabel quando Tess intervenne nuovamente:
“Beh, allora ci vediamo stasera. Solito posto, solita ora.”
“Certo!” esclamò telegraficamente ‘Quando l’inferno si ghiaccerà mi farò vivo’ aggiunse nuovamente col pensiero e nello stesso tempo cominciò a scervellarsi per trovare un altro locale dove poter andare quella sera stessa, almeno per evitarla una volta.
La risposta di Max suonò come un appuntamento alle orecchie di Tess che si avviò all’uscita con il sorriso sulle labbra. Dopo aver salutato tutti, Isabel la seguì lasciando i ragazzi tra di loro. Max li guardò uno ad uno e poi disse:
“Pensate ad un locale dove poter andare a festeggiare come si deve il varo di quell’auto!” la sua voce suonò così autoritaria che la frase appena pronunciata sembrava quasi un ordine. E continuò: “Questa sera non voglio vedere la faccia di Tess!”
“Perché non proviamo ad andare al Mouth? Ne ho sentito parlare bene.” propose David.
“Beh, io ragazzi ho già un appuntamento!” esordì Zack fissando Max con uno sguardo d’intesa. Il ragazzo gli si avvicinò e posandogli una mano sulla spalla disse scherzosamente: “Ti lascio andare solo perché sei il ragazzo di mia sorella, altrimenti…!” e lasciò volontariamente la frase incompleta.
Zack sorrise e Max si rivolse a Ross: “E tu? Ti aggreghi o cerchi di far capire a quella testarda che si sta perdendo dietro la persona sbagliata?”
Max era sempre così: diretto e schietto. Non gli piacevano i giochetti, soprattutto tra di loro che considerava i suoi migliori amici prima ancora che collaboratori. Ross lo sapeva e non si sentì offeso per quella domanda esplicita:
“Credo che la farò stare un po’ sulle spine stasera.“ disse con un moto di ribellione esclusivamente personale, poi aggiunse: “Sono dei vostri!”
“Perfetto! Allora è deciso, stasera diserteremo il Black Hole!”
E i ragazzi si scambiarono un “cinque” prima di tornare alle loro occupazioni.

Dopo aver girato in lungo e in largo il centro della città, Liz e Maria si fermarono in una delle tante tavole calde per mangiare un boccone. Si sedettero, ordinarono ed occuparono il tempo nell’attesa del cibo chiacchierando nuovamente:
“Allora, cosa pensi di fare stasera?” chiese Maria “Andiamo al Dragon Fly a fare due salti?”
“Veramente avrei voglia di cambiare locale una volta tanto!” la interruppe Liz.
“E dove ti piacerebbe andare?”
“A dire il vero credevo che tu potessi darmi qualche buona dritta.”
“Beh, un locale ci sarebbe. Ci siamo stati una sola volta, ma è davvero carino.”
“Una sola volta!?! E come mai?” chiese Liz stupita.
“Beh, lo sai com’è tuo fratello. Gliel’ho chiesto varie volte di tornarci ma lui è così affezionato al Dragon Fly che mi sono arresa.”
“Potremmo andarci stasera allora, che ne dici?”
“Andare dove?” si intromise la cameriera fermatasi al tavolo per servire le loro ordinazioni.
Liz alzò lo sguardo e fissò la ragazza per qualche secondo poi, riconosciutala, spalancò gli occhi per la sorpresa:
“Oh Mio Dio! Tricia, sei proprio tu! Non riesco a crederci!” e si alzò dal tavolo per abbracciarla.
Tricia era una compagna del liceo, una delle poche, a dir la verità, a cui Liz si fosse affezionata e fu una vera gioia rivederla dopo tanto tempo.
Tricia accolse Liz tra le sue braccia e ricambiò il gesto affettuoso: “Liz! Era una vita che non ti vedevo. Non sapevo nemmeno che fossi tornata fino a quando…” si interruppe liberando l’amica dal suo abbraccio e rivolgendo lo sguardo alla ragazza rimasta seduta al tavolo riprese: “… fino a quando Maria non è venuta a trovarmi per darmi la notizia!”
“E per fortuna che questo era il primo ristorante che hai visto!” la rimproverò scherzosamente Liz e Maria sorrise alzando le spalle ed allargando un po’ le braccia.
“E’ passato un sacco di tempo, vero?” riprese Tricia.
“Eh già! Sono ormai tre anni! Ma come stai?” chiese Liz.
”Io bene e vedo che anche tu sei in splendida forma! Allora, dove avete intenzione di andare stasera?” chiese Tricia riprendendo il discorso lasciato in sospeso qualche minuto prima dalle due clienti.
“Volevo portare Liz al Mouth, che ne dici? Le piacerà?” chiese Maria sorridendo.
“Le piacerà eccome!” rispose Tricia.
“Ma perché non vieni con noi?” chiese Liz con entusiasmo “Sarà un’ottima occasione per fare due chiacchiere e per ballare un po’.”
“Certo Tricia, aggregati alle tue vecchie compagne di liceo. Ci divertiremo un mondo!”
“Accetto volentieri. E’ un invito irrinunciabile!”
“Fantastico! Proprio come ai vecchi tempi!” esclamò Liz e le tre ragazze si accordarono per incontrarsi la sera.

Fuori città, in una vecchia e lunga strada lasciata incompleta, due ragazzi dall’aspetto un po’ selvaggio si divertivano a fare avanti e indietro con un’auto che, a prima vista, poteva sembrare il classico catorcio in quanto la carrozzeria doveva ancora essere trattata a dovere. Ma una volta messa in moto, il rombo del motore era limpido, deciso e ruggente e a vederla in funzione pareva che la vettura avesse qualche marcia in più. E la cosa ancora più sorprendente era che quando sembrava aver raggiunto la massima velocità, eccola sfrecciare ancora più veloce con una semplice accelerazione.
Max fermò l’auto con una lunga frenata, andandosi a piazzare poco distante dal punto in cui si trovava David. Scese, lanciò un grido di pura gioia e si avvicinò all’amico:
“Questa volta hai battuto te stesso, David!” esclamò stringendo forte la mano del ragazzo. Max era eccitato. Questo era l’effetto che aveva su di lui la forte velocità. Si sentiva euforico, felice e non vedeva l’ora di portare l’auto alla gara di venerdì sera. Si sentiva già vincitore.
“Ca**o amico, questa si che è un’auto!” ribadì con foga.
“Te l’avevo detto che è una bomba! L’ultimo colpo che abbiamo fatto è stato il più fruttuoso. Quella è roba di prima qualità e i risultati si vedono!” esclamò David euforico quanto Max.
“Si vedono eccome! Ho il sospetto che quello diventerà il nostro ‘fornitore’ ufficiale di parti di ricambio” rise il ragazzo.
“Voglio chiederti un favore, Max.” disse David improvvisamente serio.
“Spara!” disse il giovane imitando l’espressione dell’amico.
“Vorrei gareggiare io con quest’auto contro Guerin. Lo so che per te è importante competere contro di lui e che fra voi due c’è questa rivalità…”
“E’ giusto David!” l’interruppe Max: “Sei l’autore di un’auto fenomenale ed è più che giusto che sia tu a guidarla!”
Max capiva l’esigenza di David, lui avrebbe provato la stessa cosa. Ed era più che normale che avesse voglia di gareggiare contro il suo rivale Michael Guerin, era uno dei migliori piloti in circolazione. E in fondo lui e Guerin si erano affrontati già molte volte, in alcune occasioni aveva vinto, in altre aveva perso, ma questa era l’occasione di David e lui non gliela avrebbe di certo negata.
“Grazie Max!” disse David riconoscente.
“Tu avresti fatto la stessa cosa!” ribattè il giovane e dopo essersi scambiati un “cinque” e la loro solita stretta di mano, Max sospinse David verso l’auto: “Forza, provala di nuovo! Devi conoscerla meglio delle tue tasche!”
David risalì al posto di guida, fece retromarcia, posizionò l’auto all’inizio del tratto asfaltato e schiacciò il pedale dell’acceleratore.

“Maria sei pronta?” disse Liz entrando nella camera del fratello senza bussare. Lo spettacolo che si ritrovò a vedere la fece arrossire di colpo: Michael e Maria erano avvinghiati in un bacio mozzafiato e non appena sentirono la porta aprirsi e la voce di Liz entrare nella stanza, si staccarono per lo spavento.
“Ma all’università non ti hanno insegnato a bussare alla porta?” chiese Michael leggermente scocciato.
“Credo di averla saltata quella lezione!” rispose Liz scherzando, ma con il dispiacere negli occhi per averli interrotti: “Scusate, io… non volevo…”
“Non fa niente Liz. Stavo per raggiungerti!” affermò Maria risistemandosi l’abito.
“Stavi per raggiungermi?” chiese la ragazza spalancando gli occhi per lo stupore: “Ma se sembrava che foste in procinto di stendervi sul letto per proseguire in un altro tipo di ballo!” esclamò Liz sempre più sorpresa.
“Non sarebbe stato male!” intervenne Michael facendo l’occhiolino a Maria.
“Oh, forza Micky! Potrai riprendere quello che avete cominciato più tardi, quando saremo tornate!” disse Liz guardando prima il fratello e poi l’amica.
“L’hai detto Liz! Prepara i tappi per le orecchie, stanotte sarà una notte movimentata!” ribattè Michael stringendo a sé Maria e baciandola sulle labbra.
“Quelli sono sempre pronti!”
“Basta voi due!” si frappose Maria: “Ora andiamo. Ci vediamo quando torno!” e diede un bacio a Michael che la strinse nuovamente a sè. Poi si districò dall’abbraccio, si risistemò il rossetto ed uscì insieme a Liz.

Le due amiche si incontrarono con Tricia proprio davanti al Mouth. Dopo qualche minuto d’attesa, fecero i biglietti ed entrarono nel locale già pieno di gente.
Trovarono un tavolo ancora libero e prima di sedersi, si tolsero le giacche che appoggiarono sulla sedia rimasta vuota.
Non ebbero neanche il tempo di guardarsi in faccia, che un solerte cameriere si avvicinò al loro tavolo con il taccuino e la penna in mano, pronto a prendere le ordinazioni. Dissero il nome dei primi tre cocktails che gli balenarono in mente, il cameriere scrisse e sparì verso il bancone.
Liz, ancora stupita per l’apparizione di quella figura, lo seguì con lo sguardo fino a che lo vide andare dall’altra parte del banco, afferrare tre bicchieri e preparare le loro bevande. Mentre seguiva le precise operazioni del cameriere, il suo sguardo venne catturato da un gruppo di ragazzi seduti ad un tavolo non troppo lontano dal loro. A giudicare dal brindisi che si apprestavano a fare sembrava proprio che stessero festeggiando qualcosa e il pensiero la fece sorridere. Uno di quei ragazzi si voltò di scatto e per una frazione di secondo i loro sguardi si incrociarono, ma lui riportò quasi immediatamente i suoi occhi sulla bottiglia di birra che teneva in mano, portandosela alla bocca e prendendone un sorso.
Improvvisamente la figura dello zelante cameriere riapparve davanti ai suoi occhi, oscurandole la visione di quel bel ragazzo. Con gesti veloci e precisi, il cameriere le appoggiò davanti il drink ordinato, posizionò al centro del tavolo alcuni stuzzichini e così come era apparso, sparì in mezzo alla folla diretto verso un altro tavolo.
“Beh, devo dire che il servizio in questo locale è più che efficiente!” disse Liz rivolta alle sue amiche che, come lei, erano rimaste sbalordite.
“Un altro punto a favore del Mouth.” esclamò Maria.
“E visto che ora siamo provviste delle nostre bevande, direi che possiamo brindare.” propose Tricia.
“A noi!” proclamò Liz alzando in aria il bicchiere.
“A noi!” ripeterono le altre due ragazze e dopo aver unito i bicchieri, bevvero un sorso.
Senza motivo, Liz riportò lo sguardo al ragazzo del tavolo vicino, e fu stupita di trovarlo a fissarla.
Non appena il ragazzo incontrò gli occhi di Liz, sorrise e alzò la bottiglia in segno di brindisi. Liz ricambiò il sorriso ed imitò il gesto di lui alzando a sua volta il bicchiere.
Sempre guardandosi negli occhi, i due bevvero un sorso della loro bevanda e poi vennero risucchiati dai rispettivi amici al tavolo.
“Non mi dirai che stai già flirtando con uno di quei ragazzi là in fondo, vero?” chiese Maria con aria curiosa.
“Beh, ho alzato lo sguardo, ci siamo visti e abbiamo brindato a distanza! E’ buona educazione, non credi?” rispose Liz con un sorriso.
“Direi che la ragazza si sta reinserendo in fretta nel tessuto nella nostra società!” esclamò Tricia.
“Credo che tu abbia ragione!” confermò Maria.
“Dovrò pure cominciare da qualche parte, no?” sorrise Liz e sorseggiò ancora il suo cocktail.
La serata proseguì tra le chiacchiere e le risate delle tre amiche. Era da così tanto tempo che non stavano insieme tutte e tre che quasi non si resero conto che la gente, in pista, aveva già cominciato a ballare.
“Ehi, perché non ci buttiamo anche noi nella mischia?!” suggerì Tricia.
“Ti seguiamo!” esclamò Liz, ed afferrata la mano di Maria, si portarono al centro della pista e cominciarono a muoversi al ritmo della musica.
Dopo parecchio tempo passato a ballare e a scatenarsi, Liz si avvicinò alle due amiche ed urlò per farsi capire: “Vado a prendere da bere, volete qualcosa?”
Le due ragazze fecero cenno di no e Liz si girò, si fece largo tra la folla e riuscì ad avvicinarsi al bancone del locale. Dovette lottare non poco per riuscire a vedere il barista, ma quando si conquistò un posto in prima fila, era determinata a non farsi scavalcare da nessuno. Finalmente il barista la guardò e lei, prontamente, gridò il suo ordine:
“Una birra!” disse, ma non l’aveva detto solo lei. Una voce maschile aveva detto la stessa identica cosa nello stesso identico momento in cui lei l’aveva pronunciata.
In una frazione di secondo, Liz girò la testa a destra e vide lo stesso ragazzo del tavolo di prima spalla a spalla con lei. Capì che anche lui aveva avuto la sua stessa reazione, ma lui, con un gesto galante, le disse: “Fai prima tu!”
Liz non se lo fece ripetere due volte, le ci era voluta una vita per arrivare in quella posizione, e dopo aver scambiato un veloce sorriso con quel bel ragazzo, rivolse nuovamente lo sguardo al barista, rimasto in attesa di sapere cosa dover portare, e disse nuovamente ad alta voce il suo ordine, ma con qualcosa di diverso:
“Due birre!” e quando il barista le fece cenno col capo di aver capito, Liz girò nuovamente la testa verso destra, ritrovando lo splendido ragazzo di prima che le sorrideva.
“Grazie!” disse lui sorridendo e si avvicinò a lei per farsi sentire meglio. “Credo che avrei aspettato un’altra mezz’ora buona prima che quello mi degnasse nuovamente di uno sguardo!”
“Ti capisco benissimo! Ho passato lo stesso inferno per raggiungere il bancone!”
Velocemente il barista depose davanti a loro le due bottiglie di birra e, afferratele, i due cercarono di districarsi dalla folla dietro di loro per poter raggiungere almeno uno dei loro tavoli.
Quando furono vicino a quello che Liz aveva occupato prima con le sue amiche, il ragazzo le si avvicinò nuovamente per parlarle:
“Piacere, io sono Max!” e le tese la mano.
“Piacere, io mi chiamo Liz!” ed afferrò la mano di lui, che gliela strinse in modo fermo e deciso. Quella sì che era una stretta di mano! Con un semplice gesto aveva già fatto sapere qualcosa di se stesso e Liz si ritrovò a sorridergli e a guardarlo negli occhi. -‘Strano colore quegl’occhi’… e quel piercing al sopracciglio mi intriga….- pensò tra sé e sé, e non riusciva a distogliere lo sguardo.
“Vuoi sederti un attimo?” chiese lei accennando alle sedie accanto a loro.
“Volentieri!” rispose lui. -‘Mai conosciuta una ragazza che mi invitasse a sedere’- pensò Max, ma la sua spigliatezza lo aveva colpito. E che corpo! Ottima anche la scelta dell’abbigliamento: pantaloni di pelle nera aderenti ed un top che lasciava scoperta la pancia e le spalle.
“A cosa brindavate prima?” chiese Liz curiosa.
Max sorrise al pensiero di quando lei si era unita a lui in quel brindisi a distanza: “Ad un’auto nuova!” rispose lui.
“Ottimo! E’ la tua?” chiese lei.
“Non proprio!”
“E’ comunque un buon motivo!”
“Direi di sì! Ti piacciono le auto?” questa volta fu lui a fare la domanda.
“Ci sono cresciuta tra le auto!”
“Davvero?” chiese Max stupito -‘Impossibile che abbia trovato una bella donna a cui piacciano le auto’- pensò scettico.
“Certo! Mio fratello le ripara dall’età di 15 anni e io sono cresciuta con lui in mezzo ai motori!”
“Non mi sembra però che tu abbia le mani rovinate!”
“Non ho mica detto che le aggiusto anch’io!”
“Hai ragione!” disse Max e sorrise.
-’Questo ragazzo ha un sorriso splendido!’- pensò Liz e si perse a fissarlo.
“Allora dimmi, cosa fai per vivere?” chiese Max.
Liz rise abbassando lo sguardo, poi riportò gli occhi nei suoi e rispose: “A dire la verità per il momento mi sto godendo la vita!”
“Ottimo lavoro il tuo! Dovresti insegnarmi come si fa!”
“Oh, è semplice. Basta essere appena laureati, tornati a casa da quasi un mese e nessuno che ti vuole assumere!”
“Allora è per questo che state festeggiando tu e le tue amiche?” scherzò lui.
“No!” rise Liz “Diciamo che festeggiamo l’uscita dai soliti schemi e il ritrovamento di una vecchia amica!”
“Buon motivo anche il tuo per festeggiare!”
“Lo credo anch‘io!” e come se avessero avuto lo stesso pensiero, unirono le bottiglie facendole sbattere leggermente una contro l’altra e insieme presero un sorso di birra.
“Vieni spesso qui?” Max cominciò a sondare il terreno, la ragazza gli piaceva e non avrebbe avuto nulla in contrario nel cominciare a frequentare ogni tanto un locale diverso.
“E’ la prima volta! Di solito sono al Dragon Fly.” rispose Liz e Max, involontariamente, si mise in guardia. Sapeva fin troppo bene che quel locale era frequentato quasi esclusivamente dagli Wizards e dai loro tanti amici e quindi la frase di Liz lo fece irrigidire leggermente. Ma fece finta di niente e riprese a parlare:
“Non ci sono mai stato! Com’è?”
“Beh, è un bel locale, non si può certo negare, ma sai è frequentato quasi sempre dalla stessa gente e io avevo voglia di cambiare un po’.”
“Ti riferivi a questo, prima, quando dicevi che stavate festeggiando l’uscita dai soliti schemi?”
“Esattamente! E tu? Ci vieni spesso qui?” chiese Liz a sua volta; non le sarebbe affatto dispiaciuto disertare più spesso il Dragon Fly per vedere questo giovane.
“Anche per me è la prima volta!”
“Scherzi?” chiese stupita Liz.
“No! Di solito siamo al Black Hole!” disse Max per vedere la reazione della ragazza. Liz non ci fece assolutamente caso, per lei la storia della rivalità tra gli Wizards e i Phantoms era una storia ancora lontana, a cui, tra l’altro, aveva prestato poca attenzione anche quando Maria gliela aveva accennata. Quindi la sua espressione rimase invariata e i suoi occhi continuarono a fissare quelli di Max che, notando la sincerità di quello sguardo, tornò a rilassarsi.
“Non ci sono mai stata! Ma visto che da questa sera ho cominciato a rompere la routine, non è detto che non ci faccia un giro una di queste sere!” esclamò lei con fare ammiccante.
“Mi farebbe molto piacere!” disse Max ricambiando lo sguardo di Liz. E pensò che finalmente aveva trovato una ragazza veramente interessante.
“Santo Cielo! Era una vita che non ballavo così tanto!” la voce di Tricia si insinuò tra gli sguardi di Max e Liz che alzarono gli occhi per guardarla.
Maria aveva notato l’intensità delle loro espressioni e sorrise al ragazzo seduto di fronte all’amica salutandolo:
“Ciao!” e si sedette su una delle sedie ancora libere. Tricia seguì il suo esempio e dopo aver spostato le giacche che occupavano l’ultima sedia, si sedette anche lei.
“Ciao ragazze! Stavo tenendo compagnia a Liz che aspettava il vostro ritorno.” disse Max senza esitazione.
“Che gentile!” disse Tricia
“Beh, ci vediamo dopo Liz!” e si alzò dal tavolo.
“A dopo!” disse lei e lo seguì fino a quando il giovane non riprese posto al tavolo con i suoi compagni.
All’arrivo delle amiche di Liz, Max aveva sentito spezzarsi quel feeling che era nato con quella ragazza appena conosciuta. Era strano per lui, non aveva mai provato un’attrazione così particolare per una donna che andasse oltre il solo istinto carnale. Ed era più che convinto che per Liz fosse la stessa cosa. Lo sapeva, se lo sentiva nel sangue. Riprese la conversazione con gli amici e sporadicamente diede veloci occhiate a quella giovane che continuava a divertirsi a pochi tavoli di distanza. Liz faceva la stessa cosa, e non le era più capitato di incontrare il suo sguardo. Maria e Tricia avevano subito approfittato per chiedere informazioni, ma Liz non si era sbottonata più di tanto, e Maria non vedeva l’ora di estorcerle qualche parola in più.
Una mezz’ora più tardi, Liz vide Max alzarsi dal tavolo assieme ai suoi amici. Sapeva che stavano abbandonando il locale e lei voleva assolutamente un’ultima occasione per parlare con lui. Senza perdere un secondo di più, estrasse un tovagliolino di carta dal suo erogatore, afferrò la penna che teneva sempre in borsa e vi scrisse in tutta fretta il suo numero di telefono sotto lo sguardo attento e curioso delle sue amiche. Poi, senza dire una parola, si alzò dal tavolo recuperando il contatto visivo con la figura di Max, che proprio in quell’istante volse lo sguardo nella sua direzione. Liz si avviò verso di lui e Max, istintivamente, si fermò per aspettarla. Quando le fu vicino, lui le appoggiò una mano su un fianco, la cui pelle era rimasta scoperta dalla vita bassa dei pantaloni e dalla piccola quantità di tessuto di cui era composto il top che indossava. Il contatto fu stupefacente per entrambi che, però, mantennero il controllo dei loro sensi già fin troppo allertati.
“Volevo darti questo prima che uscissi!” esordì Liz allungandogli il tovagliolino di carta su cui aveva scritto il numero di telefono.
Max abbassò lo sguardo e scorse la serie di cifre scritte in fretta. Afferrò il pezzo di carta, gli prestò un altro attimo di attenzione e ripiegandolo su sé stesso, lo ripose nella tasca interna della sua giacca di pelle. Poi rialzò lo sguardo e si rivolse a Liz:
“Ci sentiamo presto!” e combattendo l’istinto di baciarla che continuava a farsi sentire, allontanò la mano rimasta ferma sul fianco di Liz, la mise in tasca ed uscì dal locale.
Tornata al tavolo, Liz si ritrovò due paia di occhi che continuavano a fissarla e senza attendere che le amiche aprissero bocca, chiese: “Beh, che c’è? E’ così strano dare il proprio numero a qualcuno?”
“Oh, no! E’ che hai fatto tutto così di corsa…!”
“Sono stata costretta, stava per uscire!”
“Non sei cambiata per niente Liz! Sei sempre decisa nelle tue cose!” affermò Tricia con una punta d’invidia. Poi riprese: “Beh, direi che ormai possiamo andare a casa anche noi, che ne dite?”
“Ci sto! Michael mi sta aspettando sveglio!” disse Maria ammiccante, e raccolse la sua giacca dallo schienale della sedia vicina a lei.
“Sicura che è ancora sveglio? E’ così tardi!” insinuò Tricia scherzosamente.
“Lui non mi delude mai!” affermò Maria sicura, e con questo le ragazze uscirono dal locale.

“Carina quella tipa!” esordì David. I ragazzi si stavano incamminando lungo il marciapiede per raggiungere il posteggio dove avevano lasciato l’auto. Max e David erano rimasti leggermente indietro rispetto a Craig e Ross, e David aveva notato la ragazza che Max si era fermato ad aspettare proprio prima dell’uscita dal locale.
“E spigliata… aggiungerei.” disse Max lanciando un‘occhiata all‘amico.
“E non solo… non è vero?” continuò David.
“Ci puoi giurare! Quella ragazza ha una carica erotica sbalorditiva e… indovina un po’?”
“Cosa?” chiese curioso il giovane al suo fianco.
“Le piacciono le auto!” rispose Max.
“Non ci posso credere! Una bella donna a cui piacciono le auto!” esclamò incredulo.
“Mi ha detto che suo fratello le ripara da molti anni e lei è cresciuta in mezzo ai motori.”
“Il fratello ha un’officina?”
“Non lo so, non gliel’ho chiesto!” e Max si fece pensieroso.
“Che c’è?” chiese David vedendo il repentino cambiamento dell’amico.
“Ora che ci penso c’è una cosa che… non so… mi lascia perplesso.”
“Cioè?”
“Ha detto che frequenta sempre il Dragon Fly e…”
“…e suo fratello ripara le auto!” concluse David che riprese immediatamente: “Vuoi vedere che fa parte degli Wizards?”
“Ca**o, ci mancherebbe solo quella!”
“Non esiste la donna perfetta!” proferì David.
“Devo controllare!” disse Max con decisione ed allungò il passo per raggiungere gli altri già arrivati alla macchina.

“Buona notte, Tricia!”
“Ci sentiamo domani!”
Liz e Maria avevano dato un passaggio a casa alla loro ritrovata amica, e mentre Maria si reimmetteva in strada si rivolse a Liz:
“Ed ora è venuto il momento di raccontarmi qualcosina sul misterioso ragazzo del Mouth!”
“Lo sapevo che non avresti resistito!” rise Liz: “Cosa vuoi sapere?” chiese.
“Che domanda! Tutto, no!”
“Si chiama Max, ha degli occhi di un colore strano ma affascinante, un piercing al sopracciglio destro, qualche tatuaggio sulle braccia, un corpo a quanto pare perfetto e… cos’altro?”
“Beh, che vi siete detti?” suggerì Maria
“Le solite cose, due chiacchiere…”
“E…?”
“E… Maria mi piace da morire! Mi sembra deciso, simpatico, sexy…”
“Ti brillano gli occhi!” constatò Maria.
“Ha detto che mi chiamerà presto!”
“Non so perché, ma sento che lo farà!”
“Ho la tua stessa sensazione!” e giunte a casa, si ritirarono ognuna nella propria stanza.

La mattina seguente Max si recò allo Shadow Café, il bar vicino a casa sua, per fare colazione. Non era sua abitudine, ma Brad, il proprietario e barista del locale, prima di aprire quel bar aveva lavorato per parecchi anni dietro al bancone del Dragon Fly. Chi, se non lui, poteva sapere chi era Liz? Se davvero frequentava sempre quel locale, lui doveva per forza conoscerla.
“Max, come mai da queste parti di mattina?” lo accolse l’uomo appoggiando le mani al banco.
“Ehi, Brad!” lo salutò Max appena entrato ed avvicinandosi all’uomo disse: “Non avevo voglia questa mattina di prepararmi il caffè e il tuo è il migliore della zona.” lo adulò.
“La tua razione è già pronta!” disse mentre gli porgeva la tazza colma del liquido bollente.
“Grazie, Brad!” e prese un sorso della bevanda nera. “Volevo chiederti una cosa!” disse poi riappoggiando la tazza sul banco.
“Tutto quello che vuoi!” disse l’uomo prestandogli la massima attenzione.
“Quando lavoravi al Dragon Fly, ti ricordi di una certa Liz?”
“Cognome?”
“Non ne ho idea!”
“Mi dai poche indicazioni ragazzo.” esclamò l’uomo.
“Capelli lunghi, scuri, ondulati, occhi nocciola, un bel corpo; ha appena finito l‘università…”
“Parker!” lo interruppe Brad, e continuando a fissare Max riprese: “Liz Parker! Corrisponde alla tua descrizione.”
“Ha per caso un fratello che ripara auto?” continuò il giovane.
“Lasciala perdere!” disse bruscamente l’uomo.
“Cosa? E perché mai?” chiese stupito Max. Intuì che doveva esserci qualcosa di strano sotto, se lo sentiva fin dalla notte appena trascorsa e doveva assolutamente sapere cosa fosse.
“Sei proprio sicuro di volerlo sapere?” chiese Brad. L’uomo sapeva benissimo chi fosse Max, anche lui era nell’ambiente delle corse, e sapeva perfettamente chi era il fratello di Liz e la rivalità che c’era fra lui e Max.
“Avanti Brad!” disse Max quasi ordinandoglielo.
“Suo fratello è Michael Guerin! Ora hai capito perché devi lasciarla perdere?” e l’uomo si allontanò per andare a riscuotere quanto dovutogli da un altro cliente.
Max rimase letteralmente paralizzato dalla rivelazione dell’uomo. Ecco cos’era quel presentimento che aveva cominciato a farsi largo durante la notte! Possibile? Liz la sorella di Michael? Ma con tutti quelli che conosceva, doveva proprio essere la sorella del suo più agguerrito rivale?
“Me**a!” disse con impeto, sbattendo un pugno sul banco ed afferrato uno sgabello, vi si sedette.
Nel frattempo Brad tornò da lui: “Hai attutito il colpo?” chiese. Aveva capito che Max aveva un certo interesse per Liz, e immaginava che quello che gli aveva appena rivelato non fosse facile da digerire.
“Ma ne sei proprio sicuro?” chiese Max, sapendo di farsi del male da solo.
“I genitori di Michael si separarono quando lui era ancora un bambino. La madre si risposò con un certo Jeff Parker ed ebbero Liz. I due ragazzi sono cresciuti da soli quando i genitori morirono in un incidente, e Michael cominciò a lavorare nella vecchia officina di Valenti. Michael è il ‘capostipite‘ degli Wizards.” L’uomo sembrava essere molto informato sui due ragazzi e dopo un attimo di silenzio, riprese: “Prima che lasciassi il Dragon Fly per aprire questo posto, Liz partì per Boston per frequentare il college e so che è appena tornata a casa.”
‘Ma come diavolo fa, Brad, a sapere tutte quelle cose?’ si chiese Max ‘Sarà così informato anche su di me ed Isabel?’. La cosa non gli piaceva molto, ma l’uomo gli era stato senz’ombra di dubbio molto utile.
“Max, so cosa c’è tra te e Michael e se vuoi il mio consiglio, lascia stare Liz. Lascia stare il can che dorme, diceva sempre mio nonno, e credo che non avesse tutti i torti.
“Ma io…” Max cercò di dire qualcosa, ma Brad lo interruppe:
“Max, ho cinquant’anni e so perfettamente riconoscere quando un uomo è interessato ad una donna. Solo che questa volta non è quella giusta!”
“Non lo puoi sapere con certezza!” lo sfidò Max.
“No, è vero!” ammise Brad, “Ma tu saresti contento se Michael mettesse gli occhi su Isabel?” e con questa domanda l’uomo lo lasciò per andare a servire un altro cliente.
Senza pensarci un secondo di più, Max lasciò il denaro per il caffè sul bancone, ed uscì dal locale senza salutare l’uomo, che lo guardò attraversare la strada.

Max arrivò a casa e sbattè la porta come una furia. Si diresse in camera, si tolse la giacca di pelle che lanciò sul letto e colpì la parete di fronte a lui con un pugno:
“Me**a!” gridò.
Dopo pochi minuti, il viso di Isabel apparve sulla soglia:
“Che c’è Max?” chiese preoccupata.
La guardò, non si era accorto che nel frattempo che lui era al bar, Isabel era tornata a casa dopo aver passato la notte da Zack.
“Niente, Isabel! E’ tutto a posto!” mentì cercando di sorriderle.
“Sei sicuro?”
“Ma sì! E’ che…” e dovette pensare in fretta ad una scusa: “…non trovo…”
“Il cellulare!” lo interruppe lei con un sorriso.
“Esatto!” disse lui cogliendo al volo la scusa offerta dalla sorella e in quell’istante si rese conto che non l’aveva in tasca.
“L’ho visto sul tavolo della cucina quando sono entrata!”
“Grazie Isabel!” disse e mentre la ragazza spariva dalla porta, Max si sedette sul letto emettendo un sospiro di sollievo.
Scostò la giacca che aveva lanciato sul letto e prendendola in mano gli venne in mente cosa ancora c’era all’interno di una delle sue tasche. Con la mano cercò la tasca interna, rovistò un attimo ed estrasse il tovagliolo di carta che Liz gli aveva dato solo qualche ora prima. Lo aprì e fissò le cifre scritte in sequenza che componevano il numero di telefono.
‘Ma di tutte le ragazze che ci sono in giro, proprio te dovevo incontrare?’ pensò seccato, mentre il ricordo andava al viso di Liz. Poi gli venne in mente l’ultima cosa che gli aveva detto Brad -’Tu saresti contento se Michael mettesse gli occhi su Isabel?’ e a quel punto distese la schiena sulle lenzuola ancora in disordine, lasciando i piedi poggiati a terra e stringendo il tovagliolo di carta ancora nelle sue mani.

Un paio di giorni dopo:
“Allora, notizie dal ragazzo del Mouth?” Maria ormai lo chiamava quasi esclusivamente in quel modo, ma questa volta Liz non sorrise. Aveva creduto fosse un ragazzo deciso e far passare due giorni senza farsi sentire per lei erano già troppi:
“Nessuna!” fu la secca risposta.
“Strano!” disse Maria mentre si apprestava a sedersi sul divano vicino all’amica. “Eppure avrei giurato che ti avrebbe chiamata il giorno successivo!”
“Già! Anch’io mi aspettavo la stessa cosa, ma a quanto pare il nostro sesto senso è andato in vacanza!”
“Beh, Liz, che ci vuoi fare? Ce ne sono tanti di ragazzi in giro!”
“Ce ne sono eccome! E stasera io, te e Tricia sperimenteremo un nuovo locale!”
“Ah sì!?! E perché io non ne sapevo niente?” chiese stupita.
“Perché l’ho deciso ora! Non vorrai mica che mi chiuda in casa a pensare a Max, vero?”
“Non è proprio nel tuo stile. E anche se fosse non te lo permetterei mai! E quale locale avresti scelto?”
“Lo Sweet Waters!” annunciò Liz.
“Ma che razza di nome è?” chiese Maria ridendo “Sembra il nome per un istituto di bellezza.”
“Maria! Così mi deludi!” esclamò Liz fingendosi sconvolta “Dovresti saperlo meglio di me che questo locale è rinomato proprio perché ha dei privè equipaggiati di vasche idromassaggio. Parlandone con Tricia avevamo pensato di prenotarne una ma…”
“…che divertimento ci sarebbe senza neanche un uomo?” la interruppe Maria, finendo per lei la frase in modo scherzoso.
“Proprio quello che stavo per dire!” rise Liz stando allo scherzo dell’amica. “Allora, ci stai?”
“Questa volta passo, Liz!”
“E perché?”
“Semplicemente perché voglio stare con Michael!” rispose sinceramente. “Venerdì mattina parte per Daytona Beach insieme agli altri ragazzi… sai, la corsa… e non lo vedrò fino a sabato sera!”
“Mi ero quasi dimenticata della gara!” ammise Liz facendosi seria per un attimo. “Beh, allora vorrà dire che la prossima volta prenoteremo sul serio una vasca tutta per noi e ci andremo ugualmente anche senza uomini!” scherzò e le due ragazze risero di gusto. Liz sapeva come si sentiva Maria quando Michael partiva per una di quelle gare. Era la stessa ansia che provava anche lei quando sapeva che il fratello gareggiava. Doveva appoggiarla e sostenerla, come aveva fatto Maria nei suoi confronti quando si era trovata in momenti di sconforto.
La loro risata venne interrotta dallo squillo del telefono cellulare di Liz. Le due ragazze si ricomposero e Liz, preso in mano l’apparecchio, schiacciò il pulsante per rispondere alla chiamata:
“Pronto?”
“Ciao Liz!”
La voce calda che provenne dall’altro capo del filo, le fece correre un brivido di piacere lungo la schiena. Era lui! Avrebbe riconosciuto quella voce ovunque!
“Ciao Max!” rispose guardando Maria che nel sentire il nome del ragazzo si alzò velocemente in piedi, si mise di fronte a Liz e prese a gesticolare e a parlare senza realmente emettere suoni: “Lo sapevo che ti avrebbe chiamata!! Lo sapevo!”.
Liz trattenne una risata, si alzò in piedi e si diresse in camera facendo l’occhiolino all’amica che rimase sola in soggiorno.
“Come stai?” chiese lui cominciando la conversazione.
“Bene, grazie. E tu?” disse lei sedendosi sul suo letto.
“Non c’è male!” rispose Max. In realtà si sentiva impacciato, non sapeva cosa dirle al telefono, mentre di persona si sarebbe comportato in una maniera completamente diversa.
“Allora, l’auto che stavate festeggiando l’altra sera funziona a dovere?” chiese Liz, salvandolo da un impacciato silenzio.
“E’ una meraviglia!” rispose “La prossima volta ti faccio fare un giro!”
“Questo vuol dire che ci rivedremo?” chiese lei con voce sensuale, e involontariamente trattenne il fiato in attesa della risposta. All’improvviso pensò che era stata troppo avventata, che forse non avrebbe dovuto fare quella domanda e sempre in una frazione di secondo, pensò che in fondo lei era fatta così, non poteva decidere di essere diversa proprio durante una telefonata. E comunque ormai era andata, le parole le erano già uscite di bocca ed ora attendeva solo di ascoltare la sua risposta.
“In effetti stavo pensando di chiederti se ti andava di uscire stasera. Sei libera?”
“Sei fortunato! Stavo per chiamare un’amica per vederci questa sera. Mi hai risparmiato una telefonata!”
“E pensi di uscire con me anche se non avrò l’auto ‘nuova’?”
“Credo che riuscirò a perdonarti… almeno per questa volta!” e rise delicatamente, provocando un brivido piacevole lungo la schiena di Max.
“E pensi anche di riuscire a venire fino allo Shadow Café?”
“Anche tu conosci quel bar?” chiese stupita.
“Certo, chi non conosce Brad!?!”
“Sarà un’ottima occasione per salutarlo!”
“Ok… allora ti aspetto lì stasera alle… 10 va bene?”
“Perfetto! A stasera!”
“A stasera!” ed entrambi chiusero la comunicazione.
E mentre Liz si distese sul letto con un sorriso soddisfatto, Max ebbe di nuovo un ripensamento. Non era da lui riflettere in continuazione su un’azione che aveva fatto o che doveva compiere. Semplicemente la faceva o non la faceva, niente di più e niente di meno. Invece, solo per fare quella telefonata a Liz, aveva dovuto pensarci due giorni, fino a che si era affidato al suo istinto, come al solito del resto, e il suo impulso naturale gli aveva detto di telefonare perché Liz gli piaceva e lei sembrava ricambiare. Poi, d’improvviso, si alzò dal letto da cui aveva fatto la telefonata, depose il ricevitore che ancora teneva in mano ed esclamò:
“Al diavolo Michael Guerin!” e si avviò lungo il corridoio che portava in soggiorno con la giacca di pelle in mano: “Me la spasserò fino a che mi sarà possibile!” affermò deciso abbandonando ogni titubanza, ed uscì di casa diretto alla sua officina.
Lui non era un tipo da essere assalito dall’incertezza; lui era uno che viveva la vita e che gli piaceva viverla e Liz non doveva costituire un’eccezione. Michael non doveva essere un ostacolo fra loro due ed era deciso a divertirsi con lei fino a che gliene fosse stata data la possibilità o finchè non se ne fosse stancato.
Mentre saliva in auto, promise a se stesso di non pensare più al fatto che Liz fosse la sorella del suo miglior rivale, e non pensava lontanamente che la ragazza potesse essere qualcosa di più di un semplice divertimento.

Quella sera, dieci minuti prima dell’orario prestabilito per l’appuntamento, Liz si trovava già davanti allo Shadow Café. Spense l’auto e vi rimase seduta indecisa se entrare o se aspettare l’ora esatta prima di presentarsi. Rivolse lo sguardo nuovamente alla vetrata del locale che dava sulla strada ed intravide il suo caro amico Brad, indaffarato a sistemare i bicchieri. Un sorriso le apparve sulle labbra e decise di entrare per salutarlo ed ingannare l’attesa chiacchierando con lui.
Nel sentire aprirsi la porta, l’uomo automaticamente rivolse lo sguardo per vedere il nuovo cliente e non appena la vide, sorrise ed uscì da dietro il bancone andandole incontro:
“Ma tu guarda chi è venuta a trovarmi questa sera!” esclamò ed abbracciò la ragazza. Praticamente la conosceva fin da bambina ed era passato parecchio tempo dall’ultima volta che l’aveva vista.
“Come stai Brad?” gli chiese la ragazza non appena l’uomo la liberò dall’abbraccio.
“Bene! Ma come mai da queste parti?”
“Un appuntamento!” rispose lei prendendo posto su uno degli sgabelli al banco, mentre l’uomo si riportò nella sua postazione di lavoro.
“Un appuntamento, eh?” e Brad già immaginava con chi si dovesse incontrare, ma continuò facendo finta di niente: “Ed io che speravo fossi venuta apposta per me!”
“Beh, sono venuta in anticipo proprio per fare due chiacchiere con te!” disse Liz, sapendo benissimo di mentire. Era in anticipo solo perché non vedeva l’ora di incontrare Max, ma questo a Brad non doveva interessare.
“Allora, cosa ti posso offrire?” chiese l’uomo.
“Offrire? Wow, credevo mi facessi pagare il doppio!” rise Liz trascinando nella risata anche Brad.
“Questa sera mi sento buono… “ disse l’uomo: “…ma decidi in fretta o potrei ritirare l’offerta!”
“Un caffè sarebbe perfetto! Il tuo è sempre stato il migliore!”
“Per fortuna che c’è ancora chi la pensa come te, o avrei già chiuso i battenti da un pezzo.” disse l’uomo servendo una tazza alla sua cliente.
Liz ne bevve un sorso e poi si guardò in giro; il locale era deserto, fatta eccezione per una coppia di coniugi seduta in fondo alla stanza:
“Ehi, ma dov’è tutta la gente?” chiese Liz con stupore.
“Ma cara ragazza, sono tutti a casa a godersi la partita di football, non lo sai? E finchè non mi riparano quella maledetta televisione, in serate come queste il locale è un vero strazio.”
“Beh, se non altro ho potuto salutarti con calma e non dovendo lottare per vederti!”
“E’ un ottimo punto di vista il tuo. Dovresti venire anche la prossima settimana allora, c’è la finale!”
“Ti auguro che per allora ti abbiano riparato la televisione, se non altro farai soldi a palate!” disse Liz sorridendo.
“Hai ragione! Lo spero anch’io!” e i due risero.
“Ma allora voi due vi conoscete proprio bene, eh?” li interruppe una voce maschile.
I due erano intenti a chiacchierare e non si erano nemmeno accorti dell’entrata di una persona. Liz riconobbe la voce e subito si girò per vederlo.
“Lo hai detto tu stesso che tutti conoscono Brad!” rispose Liz che poi riprese: “Io, però, lo conosco meglio!” si vantò e guardando l’uomo gli fece l’occhiolino in segno d’intesa e lui ricambiò alzando il pollice in segno affermativo.
“E mi ha anche offerto il caffè!” aggiunse Liz prima di berne un altro lungo sorso.
“Ma tu guarda! Io vengo qui quasi tutte le sere e non mi hai mai offerto niente!” disse Max, fingendo di lamentarsi.
“Prova a travestirti da bella donna e vedremo se sarà possibile rimediare!” scherzò l’uomo.
“Potrei anche provarci!” rise Max e la sua risata coinvolse anche gli altri due.
Rimasero a parlare con l’uomo fino a che Liz non ebbe terminato il caffè offertole, mentre Max sorseggiava un drink, poi i due giovani si apprestarono a cominciare la loro serata.
Liz era già uscita, mentre Max doveva ancora pagare il drink. Il ragazzo alzò lo sguardo per incontrare quello del barista che si fece serio e parlò a bassa voce:
“Vacci piano Max!” gli suggerì l’uomo.
“Ehi, usciamo solo per divertirci!” disse Max continuando ad allungare a Brad la banconota che aveva in mano.
“E’ una brava ragazza, Max. E potresti combinare dei casini con gli Wizards se solo Guerin lo venisse a sapere.” continuò Brad senza prendere la banconota.
“Beh, allora facciamo in modo che lui non lo sappia!” disse Max sventolando il denaro.
“Vai! Questa sera offre la casa!” disse Brad respingendo i soldi: “Ti chiedo solo di non combinare dei casini!”
Max rimise i soldi nel portafogli, guardò di nuovo l’uomo, alzò una mano in segno di saluto e raggiunse Liz che lo aspettava.

“Allora, dove mi porti?” chiese lei non appena Max fu uscito.
“Conosco un locale molto carino, ma è fuori città. Ti va di andarci?”
“Certo, sono ancora nella fase del ‘distruggiamo la routine‘.” sorrise
“Perfetto! Sono sicuro che ti piacerà!” e la condusse fino alla sua auto.
Per l’occasione, Max aveva preso una delle vetture sportive più belle che aveva nell’autofficina. Nessuna ragazza vi era mai salita e non appena Liz la vide ne fu entusiasta:
“Quando prima hai detto ‘ti piacerà’, parlavi davvero del locale o ti riferivi all’auto?” chiese, ed istintivamente ne accarezzò delicatamente il cofano con i polpastrelli delle dita, facendo ben attenzione a non lasciare impronte.
“E’ stupenda!” continuò.
“Grazie!”
“Se è tanto veloce quanto bella come credo, dovrò allacciarmi bene la cintura di sicurezza!”
“Ti prometto che non correrò!” le assicurò lui aprendo la chiusura.
“Mi fido!” disse Liz. Le auto le piacevano, ma la velocità non troppo.
Salirono in auto e non appena Max ebbe messo in moto il motore, partirono alla volta di Sanford.
Il viaggio in auto fu molto confortevole e non solo grazie ai comodi sedili in pelle di cui era dotata l’autovettura. La musica faceva da sottofondo e i due ragazzi chiacchierarono amabilmente fino al locale.
Una volta arrivati, posteggiarono l’auto e si avviarono all’entrata.
“E così questo sarebbe il ‘Breath’!” esclamò Liz guardando l’insegna luminosa. Da come l’aveva detto sembrava che qualcuno gliene avesse parlato un milione di volte.
“Lo conosci?” chiese lui.
“No! Mai sentito!” rise lei.
“Bene, la mia sorpresa non è stata rovinata!”
“Da fuori mi sembra davvero carino!”
“Aspetta di vederlo dentro!”
Il locale non era uno di quelli eleganti e raffinati e a Liz, a dire il vero, non interessava. Non era abituata al lusso e sicuramente Max non era il tipo per quel genere di locale. Era un semplice pub, ben arredato, con della buona musica, dove servivano dell’ottima birra e degli ottimi spuntini e, soprattutto, dove non c’era una marea di gente. Per Liz era semplicemente il luogo perfetto.
Si sedettero in un piccolo tavolo, ordinarono da bere e qualcosa da mangiare e cominciarono nuovamente a parlare:
“Allora…” cominciò Max “…dimmi cosa stai facendo per ‘combattere la routine’.”
“Davvero lo vuoi sapere?” chiese Liz sorpresa.
“Beh, se è addirittura valsa la pena di brindare con le tue amiche… sì, lo voglio sapere. Devo ammettere che sono abbastanza curioso!”
“Vediamo… da dove posso cominciare… beh, innanzitutto non sto più sopra ai libri, e direi che questo è già un passo avanti.”
“Un grosso passo avanti, vorrai dire!” precisò lui.
“Sì, effettivamente la vita è cambiata radicalmente da quando mi sono laureata. Ora mi ritrovo con un sacco di tempo libero!”
“Se ne hai troppo puoi sempre regalarmene un po’.” scherzò lui.
“Non è una cattiva idea. Ti prometto che ci penserò seriamente.” sorrise lei seguendo lo scherzo di Max.
Continuarono a parlare interrompendosi ogni tanto per bere un sorso o per mangiare un boccone del cibo che avevano ordinato.
“Parlami un po’ di te, Max.” esordì Liz dopo un attimo di silenzio.
“Non c’è molto da dire!” disse lui.
“Beh, ma qualcosa ci sarà pure, no? O ti piace fare il misterioso?” chiese lei guardandolo negli occhi.
“Non ho tanti interessi, a parte le auto non c’è molto altro!”
“E questa passione per i motori da dove deriva?” chiese lei interessata.
Max sorrise, pensando alla prima volta in cui aveva assistito ad una gara, e cominciò a raccontare:
“E’ stato mio padre! Lui adorava le gare di formula 1 e di rally e quando ero un bambino, se era possibile, mi portava a vedere qualche corsa locale. Credo che sia nato tutto da lì. Col tempo ho imparato a conoscere i motori e a ripararli; è quello che so fare meglio.”
A Liz venne in mente il fratello; anche per lui quella passione era cominciata più o meno nella stessa maniera, ma ora non voleva parlare di lui, e così fece un’altra domanda: “Hai dei fratelli?”
“Ho una sorella… Isabel. Ha due anni meno di me e non ha la passione per le auto. Credo che non sappia distinguere il cofano dal bagagliaio!” e i due risero. Max si sentiva strano a parlare di sé e della sua famiglia con una ragazza, non ci era abituato, ma Liz aveva il potere di farlo parlare senza aver bisogno di forzare la mano. Ma doveva comunque stare attento a quello che diceva, non avrebbe voluto che la conversazione andasse su Michael Guerin, sugli Wizards, sui Phantoms e tutto il resto. Non ne era completamente sicuro, ma sembrava che Liz ignorasse tutta quella storia, ma rimaneva lo stesso il dubbio che ne fosse informata. Insomma, non voleva rischiare, voleva solo stare con lei e divertirsi. Sapeva che la serata non si sarebbe conclusa nel letto di quella splendida fanciulla, Liz non gli sembrava il tipo, e a dire la verità la cosa non gli interessava… almeno per quella sera. Era ancora in grado di controllare il suo istinto ed era deciso a godersi la compagnia di Liz nel migliore dei modi. L’unico neo di tutta quella storia che continuava a rimanere presente nonostante Max si impegnasse a non pensarci, era che sapeva perfettamente che era la sorella di Guerin. Da alcune cose che la ragazza aveva detto durante il tragitto, era risultato chiarissimo che Brad ci aveva azzeccato. Liz Parker e Michael Guerin erano parenti stretti. Nelle loro vene scorreva lo stesso sangue… sembrava incredibile! Erano due persone completamente diverse, fatta eccezione per la decisione che mostravano entrambi.
La serata continuò in modo perfetto finchè non giunse l’ora di tornare a casa. Liz non aveva idea di quanto tempo avessero passato insieme a sedere a quel tavolo e la cosa, in verità, non le interessava. Max le piaceva proprio e quando salirono in auto, le dispiacque perché l’appuntamento stava per terminare.
Giunti nuovamente nel luogo in cui si erano incontrati, Max parcheggiò l’auto proprio dietro a quella di Liz, di fronte allo Shadow Café. Spense il motore e si rese conto che di lì a poco la creatura al suo fianco se ne sarebbe andata e per un attimo se ne rattristò. Anche Liz ebbe lo stesso pensiero e per qualche secondo, nell’auto, scese il silenzio.
“Beh… ti ringrazio per la bella serata, Max. Sono stata davvero bene!” cominciò timidamente lei.
“Grazie a te per la compagnia! Anch’io sono stato bene!” disse sincero guardandola negli occhi.
“Credi sia possibile rivederci venerdì sera?” osò Liz.
“Se ti va possiamo fare sabato sera, venerdì ho già un impegno!” rispose Max evitando di dirle della gara.
“Ok!” accettò la ragazza “Allora ci vediamo sabato!” e mise la mano sulla maniglia della porta per uscire dall’auto.
Notando la mano della ragazza, Max si affrettò a richiamarla:
“Liz!” non era ancora pronto a farla andare via.
“Sì?” disse lei voltando il viso verso il ragazzo.
In un attimo Max si avvicinò a lei ed appoggiò la sue labbra su quelle di Liz. Tutto durò pochi secondi e Max si allontanò leggermente per poterle vedere gli occhi. Non era sufficiente… quell’assaggio di lei non gli bastava… e riportò le labbra su quelle di Liz, soffermandosi a lungo ed inalando il suo profumo. La mano destra si andò ad appoggiare alla guancia della ragazza mentre quella sinistra si adagiò sul fianco e l’attirò a sé, in un gesto del tutto naturale. Liz si abbandonò completamente a lui portando una mano sulla spalla e l’altra tra i capelli di lui, sospingendolo ancora di più verso di lei. Il bacio si protrasse, languido e dolce, senza alcuna fretta. Quando furono costretti a riprendere fiato, i due si guardarono a lungo negli occhi, il respiro leggermente affannato per il bisogno d’aria ma soprattutto per la loro passione.
“Ti chiamo domani!” disse lui con un filo di voce, ma non era ancora pronto a lasciarla andare. Le sue mani erano ancora ferme su di lei ed avrebbero voluto osare, ma rimasero immobili e tornò a baciarla con ancora più passione. Liz ricambiò nuovamente con altrettanto slancio e la mano che prima era sulla spalla, trovò spazio all’interno della giacca di lui e si appoggiò al fianco, dove sentì il calore della sua pelle attraverso la maglia che indossava. Liz si rese conto di volere di più e per un momento ne ebbe paura. Non le era mai capitato di provare così tanto trasporto verso un uomo conosciuto da poco. Anche in questo Max era diverso dagli altri. Il solo vederlo le provocava una sensazione particolare ed ora, baciandolo e toccandolo, la sensazione veniva triplicata. Ancora una volta il bisogno d’aria si fece sentire e i due ragazzi, ansimanti, dovettero arrendersi. Si guardarono ancora negli occhi: il desiderio era evidente in entrambi. Max si trattenne, conscio di quello che avrebbe voluto fare, ma improvvisamente si rese conto che Liz era diversa da tutte le altre e si meritava un altro tipo di comportamento. Doveva lasciarla andare, ma il suo corpo reagiva nel modo contrario e le sue mani erano ancora saldamente attaccate alla ragazza.
“Credo sia meglio che vada!” disse Liz. Aveva paura di quello che stava provando e di quello che avrebbe potuto fare se solo avesse dato ascolto al suo istinto.
“E’ il momento, vero?” chiese lui per conferma.
“Sì, anche se…” e si interruppe abbassando leggermente lo sguardo.
“Anche se… cosa?” chiese lui cercando gli occhi di lei.
“Devo andare!” disse dolcemente evitando di rispondergli. Sorrise e lentamente ritrasse le mani dal corpo del ragazzo. Max fu costretto a fare altrettanto e ad allontanarsi leggermente da lei. La guardò mentre apriva la portiera e scendeva dall’auto. Prima di chiudere, Liz si affacciò all’interno dell’abitacolo: “Ci sentiamo domani!” disse e prima che potesse ripensarci e rientrare in auto, chiuse la portiera a si avviò alla sua vettura. Max si risistemò sul sedile dell’autista, si rimise la cintura di sicurezza ed attese che l’auto di Liz partisse. La seguì per un breve tratto di strada e quando lei svoltò a sinistra per proseguire verso casa, lui svoltò a destra parcheggiando subito dopo davanti al garage della sua abitazione.

Venerdì: il giorno della gara.
Michael era letteralmente euforico. L’attesa prima della corsa per lui era un modo di caricarsi di energie da scatenare nel momento della gara. Adorava tutto quanto riguardasse il pre-competizione: il viaggio fino alla meta del raduno, le chiacchiere con i suoi amici, la birra che scorreva a fiumi, la musica rock che suonava ad alto volume e poi l’incontro con gli avversari, il cercare di scoprire i punti di forza delle altre auto prima della gara… insomma, tutto! E non vedeva l’ora di partire!
Per Maria, invece, cominciava l’agonia. Mentre Michael se la spassava con il suo ‘hobby’ preferito, lei rimaneva a casa ad aspettarlo. Più di una volta Michael le aveva chiesto di accompagnarlo e lei lo aveva accontentato un paio di volte, ma non le piaceva stare là in mezzo ai camper e alle roulotte. E in più non riusciva a guardare mentre lui gareggiava. Si sentiva morire tutte le volte che lo vedeva salire in macchina e partire; ogni volta non sapeva se ne sarebbe uscito intatto oppure no. Preferiva stare a casa, se non altro non vedeva nulla. Stava male ugualmente, ma almeno non vedeva.
Anche Liz non stava molto calma quando il fratello partiva per quelle corse. Nonostante lei amasse le auto e, al contrario di Maria, le piacesse vedere qualche gara ogni tanto, non riusciva a stare tranquilla quando vedeva Michael o Kyle salire su una di quelle auto e spingere l’acceleratore al massimo per vincere in velocità l’avversario. Si fidava di quei due, sapeva che non sarebbe successo nulla di brutto, ma ad ogni modo non riusciva a godersi la competizione.
I tre ragazzi erano seduti al tavolo della cucina dove stavano consumando la colazione. Michael mangiava in fretta mentre Maria continuava a ripetergli di stare attento. Per quanto non ne potesse più di sentirselo dire, Michael capiva cosa stesse provando la giovane e quindi lasciava semplicemente che la ragazza dicesse le sue raccomandazioni. Liz, invece, seguiva la scena in silenzio e quando Maria non guardava, Michael fissava la sorella, roteava gli occhi come a voler sottolineare quanto fosse annoiato dalle parole di Maria e Liz tratteneva la risata. Michael aveva sempre fatto così anche quando c’era Liz, al posto di Maria, a fare le sue stesse prediche. Col tempo la ragazza aveva imparato che era semplicemente inutile, che era tutto fiato sprecato; non appena il fratello avesse messo il piede fuori casa, si sarebbe completamente dimenticato tutta quella marea di parole e si sarebbe concentrato solo sulla strategia di gara. Ora Liz si limitava ad augurargli buona fortuna, e continuava a pregare col cuore. Ma Maria, per quanto l’amica glielo avesse spiegato, sembrava non capire ed ogni volta si ripeteva la stessa scena: Maria parlava e Michael faceva finta di ascoltare. Anche questo faceva di loro una famiglia.
Quando ebbero finito di fare colazione, Michael raccolse la borsa che portava con sé ad ogni gara, prese le chiavi dell’auto ed invitò le ragazze a salirvi; pochi minuti più tardi erano in strada diretti verso l’autofficina dove era previsto l’incontro con gli altri componenti del gruppo.
Una volta arrivati, caricarono le loro cose sul camper che li accompagnava ad ogni corsa, poi i ragazzi salutarono Liz e Maria e si apprestarono a partire. Lenny si mise alla guida del camper con Roy al suo fianco, Michael e Kyle presero una delle auto per la gara e Matt si mise al volante della seconda vettura. Nonostante le gare fossero clandestine, vigevano delle regole ferree a cui tutti i partecipanti dovevano sottostare ed una di quelle norme era, appunto, il numero di vetture per ogni formazione. Non era concesso, infatti, presentarsi con più di due auto per squadra pena l’eliminazione.
Anche i Phantoms avevano scelto con cura le auto che avrebbero gareggiato e una di quelle era proprio la vettura che David aveva completato da poco e che Craig aveva verniciato a tempo di record, disegnandovi anche una bellissima pantera nera sul cofano. Non appena la vide finita, David fu entusiasta e si complimentò con l‘amico offrendogli subito da bere. Anche loro prepararono il loro camper, salutarono Isabel, venuta ad augurargli buona fortuna, e Tess, che sapeva solo di un raduno tra meccanici, e partirono alla volta di Daytona Beach.
Le due squadre avversarie si incontrarono sulla strada dirette verso la stessa meta. I Phantoms superarono gli Wizards, si scambiarono un semplice saluto durante il sorpasso, e proseguirono allungando il passo su di loro.
“Approfittatene ora per sorpassarci… in gara non ne avrete tempo!” borbottò Kyle alla guida dell’auto mentre ricambiava, alzando la mano, il saluto degli avversari.
“Gli faremo mangiare parecchia polvere, ne sono sicuro!” affermò Michael seduto al suo fianco.
“Dì la verità, ti rode far gareggiare Lenny contro Evans, non è vero?” chiese Kyle.
“Si nota così tanto?” chiese.
“Abbastanza!” confermò Kyle, che poi continuò: “Ma Lenny si merita questa occasione e al posto tuo avrei fatto la stessa cosa!”
“Già! Lenny è migliorato parecchio nelle ultime gare, e deve dimostrare anche a sé stesso di poter fare di più. E il modo migliore è battere uno dei migliori piloti! E Max Evans sa il fatto suo!”
“Come credi che la prenderà Evans quando glielo dirai?”
“Sarà d’accordo, ne sono sicuro! Anche lui sa cosa vuol dire e non si tirerà indietro!” disse Michael con calma. Era sicuro di quello che diceva; sapeva perfettamente che Max non si sarebbe rifiutato perché, per alcuni versi, era proprio come lui e anche Michael, al posto di Max, non si sarebbe tirato indietro. Loro erano i migliori piloti in circolazione e il fatto che altri volessero provare a batterli non poteva fare altro che renderli felici per la posizione che avevano conquistato.

Più avanti, sull’auto che sfoggiava una splendida pantera nera sul cofano, tra Max e David avveniva la stessa conversazione.
“Sono sicuro che per Guerin sarà un piacere tenerti a battesimo. Io farei lo stesso con uno dei suoi!” affermò Max sicuro.
“Mi fido di quello dici!” disse David alla guida della sua auto.
“E fai bene!” concluse Max.
“E con sua sorella come procede?”.
“Procede!” si limitò a rispondere. David era l’unico a sapere di Liz. Cioè, era l’unico a sapere tutta la storia che roteava attorno a Liz. Gli altri Phantoms sapevano solo che Max aveva cominciato a vedersi con una ragazza che loro non conoscevano, ma con David c’era più confidenza; la cosa era dovuta al fatto che i due si conoscevano fin da bambini, mentre gli altri ragazzi, nonostante la forte amicizia, si erano aggiunti lungo il cammino.
“Gliel’hai detto?” chiese semplicemente David.
“No!” rispose Max e rimase in silenzio un attimo come se stesse pensando, poi aggiunse: “Non ancora!”
“Faresti meglio a sputare il rospo… e lo sai! Se lei ti piace davvero, come mi hai fatto capire, combinerai solo dei casini se continui su questa strada!”
“Lo so, ca**o, lo so! Devo pensarci ancora!”
“Ma non ti è ancora andato in fumo il cervello a forza di pensare? Credo di non avertelo mai visto fare da quando ti conosco!” lo prese in giro David per allentare la tensione dell’amico.
“A quanto pare ha una buona resistenza!” rispose Max ed un sorriso riapparve sul suo volto.

Gli Wizards arrivarono a Daytona Beach nel primo pomeriggio, pochi minuti dopo i Phantoms. L’area dell’incontro, molto vasta e soprattutto isolata, vedeva già presenti le altre squadre.
La situazione, al momento, era tranquilla anche se Michael si aspettava che, con l’arrivo della sera e l’elevato tasso alcolico che si sarebbe registrato dopo la corsa, si scatenassero delle risse, in particolare tra due bande note proprio per l’odio reciproco l’una verso l’altra. Difficilmente si riscontravano liti prima della gara, era capitato, sì, ma molto raramente. Il peggio era il post-competizione. Nonostante fossero tutti adulti, c’era sempre qualcuno a cui non andava bene il risultato della corsa e cercava sempre il pretesto giusto per fare a pugni. Anche per questo gli Wizards e i Phantoms erano diversi dagli altri gruppi. Nonostante la loro rivalità fosse nota e fossero degli avversari agguerriti, tra le due squadre c’era sempre stato il rispetto e la lealtà reciproca, qualità che li contraddistinguevano dagli altri team. Eppure i loro componenti si divertivano quanto gli altri, ma senza sfociare in eccessi gratuiti e soprattutto inutili.
“Ehi Michael!” lo salutò un ragazzo: “Come te la passi?”
“Erik!” contraccambiò Michael afferrando la mano che gli veniva tesa. “Bene, e tu? E’ parecchio che non ci si vede!”
“Già! l’ultima gara che avete disputato ero in ospedale. Jenny ha partorito mio figlio!” disse con una luce particolare negl’occhi.
“Complimenti! Non sapevo nulla!” disse Michael felice per l’amico: “Ora che sei padre, però, dovresti mettere la testa a posto!”
“C’ho provato, sai, ma non ci riesco. E’ più forte di me!”
“Ti capisco! Siamo cresciuti in una maniera troppo selvaggia!”
“E’ quello che dico sempre a Jenny!”
“E lei come sta?”
“Sta bene e mi ha detto di salutarvi. E Maria? Continua a non seguirti, eh?”
“Non c’è verso… ama me, ma non quello che faccio!”
“Ah, le donne! Valle a capire!”
“Ho smesso da un pezzo di provarci!” rise Michael seguito da Erik.

Max e i suoi, dopo aver parcheggiato il camper e le auto, cominciarono ad aggirarsi nell’area per salutare, anche loro, ragazzi che non vedevano da tempo. Poi Max e David tornarono al camper e mentre l’amico cominciava a sistemare un po’ di cose, Max prese dalla tasca il cellulare, cercò un numero in rubrica e spinse il tasto per avviare la chiamata. Dopo solo due squilli la voce dall’altro capo rispose:
“Pronto?”
“Ciao Liz!”
“Max! Che sorpresa! Come mai questa telefonata?” chiese stupita.
“Beh, pensavo ti facesse piacere ma se non è così…” cominciò lui in tono scherzoso.
“Ma che dici?! Certo che mi fa piacere! E’ che… non me l’aspettavo, tutti qui!”
“E’ proprio per questo che si chiamano sorprese!”
Liz rise e la sua risata provocò un piacevole brivido lungo la schiena di Max, che riprese:
“Allora, che stai facendo?”
“Niente di particolare! Sono in giro con Maria per negozi! E tu?”
“Le solite cose!” disse vagamente, e riprese: “Cosa farai stasera?”
“Ancora non lo so: Maria vorrebbe che restassimo a casa e io vorrei che lei uscisse con me!”
“Una dura lotta allora!”
“Proprio così! Ti dirò domani com‘è andata!” disse Liz per avere la conferma che lui fosse ancora dell’idea di incontrarla.
“Non vedo l’ora!” disse addolcendo leggermente il tono di voce. Mentre pronunciava quelle parole, vide Michael Guerin e Lenny Stradford avvicinarsi in direzione del loro camper. Max s’irrigidì per una frazione di secondo, poi riprese in mano la situazione:
“Ora devo andare, Liz! Ci sentiamo presto!” disse mantenendo la calma.
“Ok! A presto!” e i due chiusero la comunicazione.
Max rimise in tasca il telefono e fece due passi in avanti per ricevere i due ragazzi, mentre David uscì dal camper e gli si affiancò. Max si sentiva strano: aveva appena parlato con la sorella del suo miglior rivale che gli aveva provocato splendide sensazioni ed ora lui, quel rivale, era lì davanti. Max si sentiva spiazzato, ma il suo carattere forte prevalse e quando strinse la mano di Michael era calmo, come se nulla fosse accaduto.
“Guerin!” lo salutò Max: “Pronto per la sfida?” e sorrise.
“Come sempre, Evans! E tu?” Michael ricambiò il sorriso.
“Idem! Ti va una birra?” gli chiese. Sentiva che Michael doveva dirgli qualcosa e anche lui, del resto, doveva parlargli e gli sembrò il caso di farlo davanti ad una bevanda fresca.
“Una birra è sempre ben accetta!” rispose e i quattro entrarono all’interno del camper dei Phantoms, si sedettero al tavolo e Max servì quattro bottiglie di birra.
“Volevo parlarvi a proposito della gara.” esordì Michael non appena Max si fu seduto di fronte a lui.
“Ho anch’io qualcosa di cui parlare. Ma vai avanti, prima gli ospiti!” disse Max.
“Sono venuto a dirti che Lenny vuole gareggiare con te!”
Max sorrise e continuò a guardare Michael, che rimase meravigliato. Non capiva, ma aspettava che Max gli spiegasse. Ed il ragazzo non si fece attendere:
“Volevo dirti la stessa cosa. David ci vorrebbe provare con te!”
Quando ebbe chiara la situazione, anche Michael sorrise. Era ormai evidente che i due, in quella occasione, non si sarebbero battuti. David e Lenny, nel frattempo, seguivano la conversazione tra i due senza proferire parola, e solo sporadicamente bevevano un sorso della birra che gli era stata offerta.
“A quanto pare dovremo rimandare alla prossima gara per poterci divertire!” affermò Max continuando a fissare Michael negli occhi.
“Pare proprio di si!” confermò il giovane che, subito dopo, bevve un sorso di birra.
I quattro rimasero a parlare qualche minuto, il tempo necessario per Michael e Lenny di finire la birra offerta, poi ritornarono al loro camper.
“Te l’avevo detto che Guerin non avrebbe avuto problemi!”
“Te l’avevo detto che Evans non avrebbe avuto problemi!”
La stessa frase venne pronunciata nello stesso momento a Lenny e a David e sia Max che Michael erano fieri di loro stessi per non essersi sbagliati a giudicare l’avversario.

La sera arrivò in fretta e dopo una cena veloce, i concorrenti della gara salirono a bordo delle loro autovetture per spostarsi vicino alla pista dove sarebbe avvenuta la competizione. Sul posto era già tutto pronto, chi organizzava queste cose sapeva esattamente cosa doveva fare e lo faceva al meglio.
Alle 23.00 in punto si diede inizio alla gara e i primi due piloti si affrontarono, cercando di battersi in velocità lungo tutto il tratto di strada prestabilito. Arrivati in fondo, i piloti eseguirono una veloce inversione e ripercorsero lo stesso tratto di strada in senso contrario, spingendo l’acceleratore fino in fondo e cambiando velocemente marcia.
I primi venti piloti si sfidarono, più si andava avanti e più si vedevano in pista i migliori. Infatti, come da consuetudine, i novelli piloti o semplicemente quelli più scarsi, gareggiavano per primi, facendo crescere la suspance nell’attesa di vedere i campioni.
Fu così che, dopo un paio d’ore, arrivò il turno di Max. Lui e Lenny, prima di salire sulle rispettive autovetture, si strinsero la mano, poi portarono le auto sulla striscia di partenza. I volti di entrambi erano tesi e come si sedettero sui sedili, una scarica di adrenalina si iniettò nelle loro vene. I motori erano su di giri, pronti a scattare non appena la bandierina bianca dell’arbitro si fosse abbassata completamente.
Un uomo, in piedi in mezzo alle vetture, teneva alta la bandierina e non appena vide che i piloti erano pronti, fece scendere il braccio. Nel momento in cui il piccolo rettangolo di tessuto bianco toccò la gamba dell’uomo, i due piloti spinsero ancora di più il pedale dell’acceleratore mentre rilasciavano quello della frizione.
Il risultato fu una partenza scattante, mentre l’adrenalina all’interno dei corpi dei due piloti si era completamente sostituita al sangue.
Per diversi metri le vetture gareggiarono fianco a fianco, poi sembrò che l’auto di Lenny fosse passata leggermente in testa. Raggiunta la fine della pista, i due si affrettarono ad invertire l’auto, le gomme stridettero sull’asfalto scagliando alcuni sassi a qualche metro di distanza e ripartirono a tutta velocità.
Questa volta Max si rese subito conto che l’auto di Lenny era passata in vantaggio. Solo pochi centimetri li dividevano, ma troppi per decretare la sua sconfitta. Strinse i denti e spinse ancora il pedale dell’acceleratore. L’auto si riportò in parità, ma solo per alcuni istanti. Lenny gli lanciò un’occhiata veloce dal finestrino che Max colse di sfuggita, poi il ragazzo, a sua volta, spinse di nuovo il pedale dell’acceleratore riportandosi in vantaggio. Max non si lasciò andare, e strinse ancora di più il volante fino a far diventare bianche le nocche. Ma non ci fu nulla da fare. Lenny tagliò il traguardo qualche frazione di secondo prima di lui.
Oltrepassata la striscia da cui erano partiti, i due piloti frenarono le loro auto percorrendo un lungo tratto di strada a causa della forte velocità. Una volta fermi, Max si tolse i guanti che usava sempre durante le gare e diede un pugno stizzoso sul volante dell’auto. Lenny uscì subito dalla sua vettura e venne accolto nell’abbraccio di Michael e successivamente dagli altri ragazzi del gruppo. Era letteralmente e semplicemente euforico. Non credeva che sarebbe riuscito veramente a battere Max Evans. Ma ora il sogno era diventato realtà e non voleva fare altro che festeggiare.
Max guardò per un attimo la scena rimanendo al volante della sua auto, poi, con calma, aprì lo sportello, scese e si incamminò verso il gruppo degli Wizards.
“Complimenti!” esordì una volta di fronte a Lenny “Sei stato grande!” disse. Non gli era costato presentarsi davanti a lui, era una consuetudine fra i due gruppi congratularsi con il vincitore, ma la sconfitta, senz’ombra di dubbio, gli scottava parecchio. Lenny si avvicinò a Max e gli strinse la mano che il ragazzo gli offriva. Una stretta forte, piena di rispetto e di lealtà. Poi Max si rivolse a Michael:
“Ti conviene stare attento, amico, o presto Lenny ti soffierà il posto!” gli disse sorridendo.
“Lo terrò a mente!” disse Michael ricambiando il sorriso e guardò il ragazzo tornare verso l’auto.

Una mezz’ora più tardi, arrivò il turno di Michael che doveva vedersela con David.
Quest’ultimo era teso al massimo come mai gli era capitato. Era la prima volta che si batteva contro Guerin e l’emozione era tanta. Michael, dal canto suo, si sentiva invincibile, era sicuro che avrebbe vinto. I piloti si portarono sulla striscia di partenza e quando l’uomo ebbe abbassato la bandierina i due sfrecciarono verso la fine della pista. Michael si portò subito in testa e vi rimase fino a che non raggiunsero il limite della strada. Velocemente girò la macchina e stringendo sempre di più il volante, riprese a correre a tutta velocità. L’auto di David lo seguiva a pochi centimetri di distanza, ma lui era ancora in testa e si sentiva già vincitore. A pochi metri prima dell’arrivo, David diede l’ultima spinta utile all’acceleratore e in pochi secondi l’auto arrivò alla stessa altezza di quella di Michael e subito dopo lo sorpassò, tagliando il traguardo per primo. Michael non riusciva a crederci. Era talmente convinto che lo avrebbe battuto, che la sorpresa lo colpì in pieno. Era incredulo! Dopo aver fermato le auto, fu la volta di Michael ad assistere al festeggiamento dell’avversario e come aveva fatto Max prima, il ragazzo si avvicinò al vincitore e si congratulò con lui.
“Credo che anche tu abbia il tuo bel da pensare con David in giro!” esclamò diretto a Max.
“Lo credo anch’io!” e i due si strinsero la mano, raggiungendo poi i rispettivi camper.
Entrambe le squadre festeggiarono separatamente la vittoria di Lenny e di David e la cosa portò inevitabilmente a bere birra in quantità eccessive. Ma il camper serviva proprio a questo: a bere per festeggiare, a non rimettersi in viaggio ubriachi, consentire lo smaltimento della sbornia e ripartire il giorno successivo freschi come delle rose appena raccolte… o quasi!
Il giorno seguente dormirono fino a tarda mattinata, rimisero in sesto il camper, raccolsero le loro cose e ripartirono il pomeriggio verso Orlando, dove vi arrivarono all’ora di cena.

Michael raccontò per filo e per segno quello che era successo il giorno precedente, anche della sua sconfitta contro David. Ma si era rifatto parlando invece di quanto era stato bravo Lenny nell’aver sconfitto il rivale di sempre. Maria e Liz ascoltavano le sue parole lasciandosi trasportare dall’entusiasmo del giovane.
La stessa scena stava succedendo a casa di Max, il quale stava raccontando l’accaduto alla sorella che aveva tralasciato volontariamente di invitare Tess.
Per il dopo cena, Michael si era già accordato con gli Wizards di uscire a festeggiare nuovamente Lenny assieme alla sorella e a Maria, ma Liz gli comunicò di avere un altro impegno. Il fratello ci rimase un po’ male, Liz aveva sempre partecipato volentieri ai festeggiamenti del dopo-gara, ma dopo aver insistito un po’ perché rinunciasse, lasciò che la sorella seguisse i suoi piani. Non le chiese con chi doveva uscire solo perché Maria era riuscita ad impedirglielo, le dava fastidio che trattasse Liz ancora come una bambina, ma Michael, cocciuto com’era, era determinato a scoprire chi fosse la persona che, negli ultimi tempi, si stava vedendo con sua sorella.

Anche i Phantoms avevano deciso di tornare a festeggiare David, la sua vittoria contro Michael Guerin era un evento da celebrare nuovamente. Dopo aver invitato Isabel e Tess, che festeggiava semplicemente il loro ritorno dal raduno, ebbero l’amara notizia che Max non sarebbe stato con loro. I ragazzi ed Isabel accettarono di buon grado il fatto che Max uscisse con questa ancora sconosciuta ragazza, ma Tess non reagì altrettanto bene. Max non le prestò attenzione, non ne aveva il tempo e soprattutto gli mancava la voglia e dopo una doccia veloce, si cambiò ed uscì. Lo Shadow Café l’attendeva.

Come sempre gli Wizards si radunarono al Dragon Fly e dopo l’ennesimo brindisi, Michael provò a chiedere a Maria se sapeva qualcosa della sorella:
“Ma sai dov’è? E‘ uscita e non ha nemmeno detto dove sarebbe andata.”
“So solo che aveva un appuntamento, Michael! Le ho sentito nominare il Breath, ma non ne sono sicura!” disse leggermente scocciata: ”E poi c’è sempre la possibilità che nemmeno lei sapesse dove sarebbe andata, no?”
“E tu sai con chi si sta vedendo, non è vero?” continuò.
“Con un uomo, è chiaro, no?”
“Certo… è chiaro! Ma… chi è?”
“Michael, calmati!” esclamò Maria spazientita: “E’ un ragazzo e Liz è abbastanza grande per giudicare se valga la pena di uscire con qualcuno oppure no!”
“Maria, tu hai perfettamente ragione, ma lei è mia sorella!”
“Ed è la mia migliore amica!” ribattè la ragazza.
Michael sembrò calmarsi un attimo e comunque ormai aveva capito che Maria, anche se fosse stata a conoscenza di qualcosa, non glielo avrebbe mai rivelato. In fondo si trattava della stessa complicità che legava lui e i componenti degli Wizards. Quindi, calmandosi ulteriormente, guardò Maria e riprese a parlare:
“Scusami… è che mi dà fastidio che non sia qui con noi a festeggiare!”
“Ti capisco, Michael!” disse Maria in tono comprensivo: “Ma prima o poi sapevi che sarebbe successo!” e gli diede un bacio sulle labbra.
La serata sembrò proseguire tranquillamente e dopo una birra bevuta in compagnia, Michael si allontanò dal tavolo assieme a Kyle, diretti verso la toilette. Dall’espressione dell’amico, Kyle aveva intuito che c’era qualcosa che non andava ed aspettò pazientemente che fossero entrati nel bagno. Senza motivo, Michael controllò che fossero soli e quando ne fu sicuro, si avvicinò al ragazzo:
“Voglio che tu mi faccia un piacere!” disse con tono deciso.
“Quello che vuoi. Spara!” disse Kyle senza esitazione.
“Devi scoprire con chi si sta vedendo Liz!” disse tutto d‘un fiato.
“Cosa?” chiese l’altro con stupore.
“Mi hai capito benissimo Valenti.”
“Spiegami almeno il perché!” disse Kyle, sempre più attonito. Sapeva che Michael era geloso sia di Liz che di Maria, ma doveva esserci qualcos’altro per arrivare addirittura a far seguire sua sorella.
“Non ho niente in mano ma… ho uno strano presentimento!” disse lui serio.
“E da quando in qua presti attenzione ai presentimenti? Andiamo Michael, tu…”
“Lo so che sembra pazzesco…” lo interruppe: ”…ma voglio che tu lo faccia!” e dopo un attimo di silenzio aggiunse: “Cominciando da stasera!” disse mantenendo il tono serio come l’espressione del viso.
Kyle rimase senza parole e il volto di Michael non lasciava adito a nessun tipo di scherzo. Dopo pochi secondi, Kyle aveva preso la sua decisione:
“D’accordo, Michael, ma devi darmi qualche indizio… qualcosa di concreto da cui possa cominciare!”
“Credo sia al Breath stasera, o perlomeno questo è quello che mi ha detto Maria, ma non era molto sicura.”
“Ok! Parto subito!” disse controllando l’orologio.
“Voglio che memorizzi la faccia di quello che sta con lei!”
“Lascia che te lo dica, Michael… stai esagerando!”
“Può essere… ma voglio essere sicuro!”
Stavano per uscire dal bagno quando Michael rivolse ancora una volta lo sguardo a Kyle:
“Naturalmente… acqua in bocca!”
“Tranquillo!” e i due tornarono al tavolo. Kyle prese la giacca, diede un ultimo sorso alla sua birra e dopo aver salutato gli amici, si diresse verso l’uscita.
Salì in auto e senza perdere altro tempo, partì per Sanford. Dove gli era concesso, Kyle percorse la strada sfruttando la potente auto su cui era a bordo, il che gli permise di arrivare prima alla meta. Raggiunta la cittadina, riportò la velocità ai limiti imposti e raggiunse il parcheggio davanti al locale che Michael gli aveva indicato. Fece un giro con l’auto attorno al posteggio per controllare che ci fosse la vettura di Liz. Dopo una verifica abbastanza accurata, notò che l’auto della ragazza non c’era, ma gli era sembrato di vedere quella di Max.
“Ma che diavolo ci fa qui, Evans?” si chiese ad alta voce e rifece il giro parcheggiando l’auto in lontananza e scendendo per controllare a piedi.
Si fermò proprio vicino alla vettura sportiva che sapeva perfettamente appartenere a Max, ma degli altri ragazzi dei Phantoms non c’era traccia. Impossibile fossero con una unica vettura, in quella di Max ci stavano si e no due persone e mezzo, riflettè Kyle. ‘Che abbia dei giri strani anche qui?’ pensò subito riferendosi ai furti che entrambi i gruppi mettevano in atto. In quel momento sentì delle voci provenire dall’entrata del locale. Era lontano e non vedeva bene i visi di quelle due figure, ma si stavano dirigendo al parcheggio ed era meglio per lui correre al riparo. Si rimise al volante della sua auto e controllò di nascosto i movimenti dei due individui. Vide che si avvicinavano al punto in cui prima si trovava lui, vicino all’auto di Max, ma ancora non riusciva a vedere i volti delle due persone. Poi, i due salirono in auto e con sua somma sorpresa, vide che ad allontanarsi dal parcheggio era proprio l’auto di Evans. Senza nemmeno sapere il perché, mise subito in moto l’auto. Pensava che l’avrebbe beccato in uno dei suoi scambi loschi, ma invece si ritrovò a meravigliarsi quando l’auto prese la strada di casa, direzione Orlando. Continuò comunque a seguirlo, e secondo il suo parere, Liz non sarebbe mai andata in un locale come il Breath. A lei piaceva ballare, scatenarsi al tempo di musica, mentre là non c’era la pista da ballo, anche se servivano della buona birra. Si mantenne a debita distanza dall’auto che seguiva e ripercorse il tragitto che aveva fatto non molto tempo prima. Arrivati nuovamente in città, vide che l’auto di Evans si fermava di fronte al bar di Brad, che aveva visitato qualche volta per salutare l’uomo che conosceva da molti anni. Kyle fermò l’auto più indietro e dall’altra parte della strada in modo che potesse vedere, questa volta, chi scendeva dall’auto. I due si attardavano, probabilmente stavano parlando e quindi Kyle diede uno sguardo in giro. Fu così che notò, poco più avanti dell’auto di Max, la vettura di Liz. Sul momento non collegò le due cose perché notò del movimento nell’auto che aveva seguito. I due si stavano baciando. Dalla sua posizione non riusciva ancora a vedere il volto della persona al fianco di quello che riteneva essere veramente Max, la penombra glielo nascondeva, ma dalla posizione ravvicinata dei due, intuiva che si stessero baciando. Qualche secondo dopo, la persona che occupava il sedile anteriore del passeggero scese e Kyle rimase letteralmente a bocca aperta. Era Liz che, lentamente, si avviò verso la sua auto. Un attimo più tardi, Max scese anche lui dall’auto e la raggiunse, le afferrò una mano, la girò verso di sé e la baciò. Kyle non riusciva a credere ai suoi occhi. Quelli erano veramente Max Evans e Liz Parker che si baciavano. Non era possibile. Non era assolutamente possibile! Kyle non sapeva cosa fare e cominciò a pensare a come l’avrebbe detto a Michael. Già vedeva la faccia dell’amico: prima attonita per la notizia e poi piena di rabbia e di voglia di rompere la faccia al leader dei Phantoms. Non si trattenne oltre, ormai era fin troppo chiaro chi fosse l’appuntamento di Liz e la cosa non gli piaceva per niente. E più si allontanava dai due e più sentiva crescergli la rabbia in corpo.

Liz scese a malavoglia dall’auto di Max. Non avrebbe voluto tornare a casa, ma non poteva rimanere o avrebbe ceduto al suo istinto. Si avviò verso l’auto recuperando le chiavi dalla borsetta che aveva con sé, le estrasse e stava per aprire la serratura della portiera dell’auto. Nel frattempo sentì uno sportello chiudersi e lei, con la coda dell’occhio, vide Max venirle incontro. Subito dopo la mano di lui le afferrava un polso, la girava su sé stessa e la baciava con passione. Liz non riuscì a resistergli, Max aveva un potere particolare e molto forte su di lei a cui non sapeva contrapporsi. E a dire la verità, non aveva neppure la voglia di combatterlo. Si abbandonò tra le sue braccia che la accolsero volentieri e i due corpi si adagiarono alla portiera dell’auto. Le mani di Max si muovevano sul suo corpo provocandole sensazioni e brividi piacevoli. Le accarezzò delicatamente i seni e i fianchi, poi le mani scivolarono fino a fermarsi sul fondo schiena accentuando la presa. La bocca di Max si spostò sul collo di lei e Liz gemette di piacere sussurrando il suo nome. Questo fece perdere ulteriormente la testa a Max, che inebriato dal suo profumo riprese a baciarle la bocca con più passione. Quando furono costretti a riprendere fiato, lui la strinse più forte a sé ed abbassò il viso fino all’orecchio di lei:
“Vieni da me!” le sussurrò, la voce colma di desiderio. Questa volta non era per niente disposto a lasciarla andare, non sarebbe riuscito a sopravvivere a quella notte lontano da lei.
“Non posso!” sussurrò Liz, tentando di resistere all’eccitazione che li avvolgeva.
Max alzò lo sguardo ed incontrò i suoi occhi: “Vieni da me!” ripetè semplicemente e le baciò di nuovo le labbra. Nel bacio, le afferrò una mano e lentamente la sollevò dall’auto a cui erano ancora appoggiati. Lasciò le sue labbra, le guardò ancora gli occhi e senza aggiungere altro, tornarono insieme alla macchina di Max.
Percorsero solo pochi metri e si ritrovarono a casa Evans. Si diressero alla porta d’entrata e una volta dentro, lui le catturò nuovamente le labbra, appoggiandole la schiena sulla porta appena richiusa. Nel riprendere fiato, Liz ebbe un barlume di lucidità:
“Dov’è tua sorella?” chiese ansimante.
“Dorme da Zack!” fu la sua veloce risposta e riprese a baciarla.
In pochi minuti si ritrovarono in camera di Max e nel tragitto il ragazzo aveva abbandonato alcuni indumenti di entrambi. Continuò a baciarla, ormai non riusciva più a farne a meno, e la sospinse delicatamente sul letto. Senza perdere il contatto con le labbra di Max, Liz si accomodò sul morbido materasso attirando a sé il ragazzo.

Kyle continuava a guidare e più ripensava alle mani di Evans sul corpo di Liz, più la rabbia cresceva d‘intensità. “Ma come ca**o faccio a raccontarlo a Michael?!” diceva ad alta voce, come se parlasse con qualcuno. “Come diavolo faccio, eh?” e più ci pensava e più si arrabbiava, e più si irritava e più non sapeva se dirglielo subito o aspettare la mattina seguente. Non sapeva cosa fare. Ad un certo punto, fermò l’auto a lato della strada, tirò il freno a mano e mise la marcia in folle. Doveva riflettere o non sarebbe giunto a nessuna conclusione.
Passò dieci minuti d’orologio fermo in chissà quale via di Orlando a pensare a quello che doveva fare. Poi, finalmente, prese una decisione: “Andrò domani da Michael!” e dopo un altro minuto, ripartì diretto verso casa sua.
Aveva combattuto contro l’istinto di correre da Michael per riferirgli tutto, ma poi aveva pensato a Maria. Fu anche per lei che decise di rimandare tutto al giorno dopo; la ragazza era legatissima a Liz e la notizia l’avrebbe sconvolta, di questo ne era sicuro; non poteva presentarsi a quell’ora della notte e lanciare una bomba del genere, il caos avrebbe regnato sovrano. In più, Michael, aveva sicuramente bevuto parecchio quindi era meglio affrontare tutto il giorno successivo, con la mente libera dai vapori dell’alcool, sperando che Michael e lui stesso riuscissero a mantenere la calma.

La mattina dopo…
L’alba era appena spuntata in cielo quando Max aprì gli occhi. La prima cosa che lo colpì fu il profumo di Liz tutt’intorno a sé, mentre il buio cominciava ad allontanare le ombre della sua stanza. Poi si rese conto che stava abbracciando un corpo e la sua testa non si trovava sul cuscino. Gli ci volle qualche istante prima che il sonno gli permettesse di ricordare quello che era successo la notte appena trascorsa e a quel punto, alzò improvvisamente la testa e si assicurò che la persona sotto di lui fosse veramente Liz e non solo il frutto di un bellissimo sogno. Si trovò ad emettere un sospiro di sollievo quando vide il volto della ragazza ancora addormentata sotto al suo corpo e per un lungo attimo continuò ad osservarla. Dormiva beatamente tra le lenzuola del suo letto che li ricoprivano disordinatamente. Era una visione stupenda e istintivamente riappoggiò il viso nello stesso punto di prima e strinse a sé Liz. Rimase in quella posizione per un tempo che gli sembrò lunghissimo, cullato dal respiro calmo e regolare della donna con cui aveva fatto l’amore. Era la prima volta che vedeva l’alba del giorno dopo nel letto insieme ad una ragazza. A dire la verità era la prima volta che portava una donna nel suo letto, era più comodo andare a casa di una fanciulla e sparire subito dopo essere stati insieme. Ma Liz… lei era completamente diversa; avrebbe voluto svegliarsi sempre così, abbracciandola e poggiando il capo su di lei. Non le interessava chi fosse la sua famiglia, lui la voleva ed era l’unica cosa che importasse. Riflettè su quello che stava provando e se ne meravigliò: mai nessuna era riuscita a colpirlo così come aveva fatto Liz. Accentuò leggermente la stretta attorno al corpo della ragazza, la sentì muovere lievemente sotto di lui ed alzò il viso per vederla risvegliarsi. Liz aprì piano gli occhi e la prima cosa che vide fu il viso di Max che le sorrideva dolcemente. Liz ricambiò il sorriso e Max le si avvicinò per baciarla:
“Ciao!” le sussurrò.
“Ciao!” ricambiò lei, la voce ancora avvolta nel sonno.
“Dormito bene?”
“Benissimo!” rispose e sorrise pensando alla notte appena trascorsa: “E tu?” chiese.
“Mai dormito meglio!” affermò sicuro: “Facciamo colazione?”
“Meglio che vada a casa.” rispose lei accarezzandogli un braccio.
“Anche ieri sera volevi andare a casa e guarda dove siamo finiti.” disse lui dandole un bacio sulle labbra.
“Appunto!” disse lei stirandosi languidamente.
Max fece scivolare una mano sul corpo della ragazza e le baciò il collo:
“Perché non ricominciamo da capo?” sussurrò mettendo, ancora una volta, alla prova la forza di volontà di Liz.
“Vorrei ma…”
“Ma… cosa?” chiese lui continuando a baciarla.
“Questa volta… devo proprio andare!” rispose lei cercando di resistergli.
“Sei proprio sicura?” insistè lui.
“Smettila di tentarmi, Max!” disse lei cercando di allontanarlo da sé senza, in realtà, volerlo fare.
Il ragazzo rise e pensò che se avesse insistito ancora un po’, lei avrebbe ceduto, ma la giovane riuscì a sottrarsi al suo nuovo attacco e lo guardò con aria sconsolata ma decisa:
“Davvero, Max. Devo proprio andare!”
“D’accordo!” disse lui rassegnato. “Ti vedo stasera?” chiese, pensando già al momento in cui si sarebbero rivisti. Liz si alzò per rivestirsi e cominciò ad indossare la biancheria intima lasciata a terra vicino al letto.
“Solito posto?”
“Perché non vieni direttamente qui?” rispose Max con un’altra domanda che aveva tutta l‘aria di essere un‘affermazione, e subito dopo si alzò e si avvicinò a lei intenta a raccogliere la gonna che indossava la sera prima.
“Direi che si può fare!” disse infilandosi l‘indumento. Max si avvicinò ancora di più, le afferrò i fianchi e la baciò. Liz ricambiò e portò le braccia al collo del ragazzo. Poi Max lasciò che finisse di vestirsi mentre lui indossava un paio di boxer.

Nello stesso momento, dall’altra parte di Orlando…
“Cooosa?” gridò Michael. Kyle era andato da lui ed aveva appena finito di raccontargli quanto aveva visto la sera precedente.
“Non ci credo! Devi esserti sbagliato!” continuò in tono furioso.
“Kyle sei sicuro che fosse proprio Liz?” chiese Maria che fino a quel momento non aveva aperto bocca.
“Sì Maria, purtroppo sono più che sicuro!”
“Ma perché non l’hai fermata?” chiese ancora Michael. Era infuriato!
“Ma Michael, cosa avrebbe dovuto dirle?” disse Maria. Capiva che Michael era accecato dalla rabbia e non ragionava razionalmente.
“Qualsiasi cosa, ca**o!” e prese a girare senza meta per la stanza. La sua mente stava già pensando a come l’avrebbe fatta pagare a Max e allo stesso tempo cercava di pensare a come avrebbe dovuto dirlo alla sorella. Era sicuro che lei non era al corrente di nulla mentre Max, certamente, aveva preso tutte le informazioni necessarie e l’aveva circuita per fare un torto a lui. ‘Certo, venerdì sera è stato battuto da Lenny e lui si è preso la rivincita con mia sorella!’ pensò in preda all’ira e più ci rifletteva sopra e più ne era convinto.
Kyle e Maria continuavano a parlare tra di loro ma lui non li sentiva nemmeno. Ma come aveva potuto sbagliarsi tanto su Evans? Non riusciva a spiegarselo. Non si erano mai fatti dei torti l’uno con l’altro e l’aveva sempre reputato una persona da rispettare e che, a sua volta, rispettasse lui. ‘Ma che diavolo gli è venuto in mente?’ si chiese ancora.
Quando si trattava di Liz o di Maria, Michael era come un treno diretto che non faceva fermate intermedie: andava dritto fino alla meta. E questo lo portava anche a fare delle considerazioni errate, ma a lui non importava niente. Ora il suo unico pensiero era quello di dover raccontare a Liz chi fosse Max Evans e, in secondo luogo, pensare a come farla pagare a quel bastardo.
Cercò di calmarsi e di concentrarsi su Liz. Come gliel’avrebbe detto? Di certo non sbraitando come un pazzo! Conosceva bene Liz e se avesse cercato di spiegarglielo imponendole di non vederlo più non avrebbe ottenuto nulla se non l‘effetto contrario. Fece un respiro profondo, si mise a sedere e guardò Maria:
“Parlo io con Liz…” e si rivolse a Kyle: “…poi penseremo a quello str***o!”

Kyle se n’era andato da poco quando Liz fece ritorno a casa:
“Ciao!” disse sorridendo.
“Ciao Liz!” la salutò il fratello con aria seria.
“Che c’è Michael?” chiese Liz allarmata dal tono e dall‘espressione del fratello.
“Devo dirti una cosa!” esordì.
“Non vorrai mica farmi la predica perché ho dormito fuori, non è vero?” chiese lei già pronta al confronto.
“No, ma dobbiamo parlare!”
“Michael, ti prego!” disse Liz scocciata.
“Si tratta di Max!” disse Michael e tacque un attimo per vedere la reazione della sorella.
Liz non gli aveva mai detto il nome del ragazzo con cui si vedeva ed aveva chiesto a Maria di fare altrettanto, almeno fino a che non fosse passato un po’ di tempo. “Te l’ha detto Maria, vero?“ chiese con calma.
“Maria non c’entra, ma so chi è Max Evans!”
“Evans?” ripetè Liz. Quel cognome era sconosciuto per lei e si chiedeva se Michael stesse parlando del suo stesso Max o si stesse sbagliando con un’altra persona.
“Non ti ha nemmeno detto come si chiama, quel bastardo!” affermò Michael, che subito riprese: “Liz, avrai sentito parlare dei Phantoms, non è così?”
“Sì, Maria mi ha detto che sono i vostri rivali, ma ad essere sincera la cosa non m’interessava molto!” ammise lei.
“Beh, Liz, Max Evans… il tuo Max… è il capo dei Phantoms!”
“Non è vero!” dichiarò fissando il fratello.
“E’ vero Liz!”
“Quindi mi stai dicendo che Max Evans, lo stesso Max con cui mi vedo, è il tuo maggior rivale?” chiese incredula.
“Proprio così!” confermò il fratello.
La giovane rimase attonita per un secondo capendo perfettamente il perché Michael si stesse comportando il quella maniera: nonostante la calma che ostentava, Liz sapeva benissimo quanta ira ribolliva nel sangue del ragazzo. Poi un pensiero le passò per la mente:
“E tu come fai a sapere che il Max con cui sono uscita è lo stesso Max Evans di cui mi stai parlando?”
“Kyle ti ha vista ieri sera!”
“Cosa? Kyle mi ha vista? E dove, si può sapere?” chiese contrariata.
“Davanti allo Shadow Café!”
“E che diavolo ci faceva lì?” la ragazza cominciava ad alterarsi.
“Liz, la città è piena di strade frequentate da tutti ed ognuno può circolare. Ti ha vista e basta!”
“Già certo, e la prima cosa che ha fatto è stata quella di venirti a riferire tutto, non è vero?” rispose irritata.
“Prima o poi l‘avrei scoperto, Liz!”.
“D’accordo, ma perché non parlarne prima con me?” chiese la ragazza sempre più alterata.
“Semplicemente perché ha ritenuto giusto dirlo a me, tutto qui!” rispose Michael che continuava a mostrare una calma che non aveva.
“Ma certo, andiamo a raccontarlo prima al capo, perché sua sorella è una tale scema da non capire certe cose!” disse Liz con sarcasmo.
“Non è per questo Liz!”
“Ah no? E quale sarebbe il motivo? Se avessi saputo chi era Max Evans, con tutta probabilità lo avrei evitato. Credi che non ti conosca? Che non sappia quali siano i tuoi amici e i tuoi nemici? Conosco la tua vita Michael, e so anche dei furti che tu e gli Wizards mettete a segno mentre ti crogioli nell’idea che io ne sia all’oscuro. Se ti fossi fidato un po’ più di me, probabilmente tutto questo non sarebbe successo!”
Fu la volta di Michael a rimanere stupito. Non credeva che sua sorella fosse al corrente dell’attività sporca dell’officina:
“E tu come fai…?” ma Liz lo interruppe:
“Beh, Michael, non ci vuole di certo un genio per capire che c’è qualcosa di strano! Il tuo tenore di vita è troppo alto per il lavoro che fai e non sei nemmeno tanto bravo a nascondere le tracce, ma non ho intenzione di dirti come l’ho scoperto visto che mi hai sempre tenuto tutto nascosto!”
“D’accordo Liz!” disse Michael facendo intendere che non avrebbe indagato e riportò l‘argomento su quello che più gli interessava: ”Quello che ti chiedo è di non vedere più Max Evans!”
“Voglio una spiegazione migliore Michael!” disse Liz, non voleva che il fratello le dicesse semplicemente cosa poteva o non poteva fare. Non le bastava.
“Perché è il mio rivale. Perché tramite te vuole danneggiare me. Ti sta usando Liz, come ha fatto con tutte le altre ragazze.”
“E perché lo starebbe facendo?” chiese non ancora soddisfatta.
“Invidia, rivalsa, ripicca… ci sono tanti motivi! Ma tu ti sei mai chiesta il perché non ti avesse mai detto il suo cognome? Perché ha voluto tenerlo nascosto? Perché sapeva chi eri, Liz, e ha voluto giocare con te. Sapeva che l’avrei scoperto e che la cosa mi avrebbe ferito.”
“E’ tutto così assurdo!” esclamò Liz, ma le parole del fratello cominciavano a fare breccia.
“Liz, pensaci. Cosa ti ha raccontato di sé? Ti ha mai detto che mi conosce? Ti ha mai detto che anche lui corre nelle gare clandestine? Ti ha detto che venerdì sera è stato battuto da Lenny?”
“No.” fu la semplice risposta di Liz, che cominciò a pensare alle tante domande rivolte a Max lasciate in sospeso o a cui non aveva dato una risposta esauriente. L’espressione di Liz si fece dubbiosa e Michael riprese a parlare:
“Allora è come dico io!” disse con sicurezza “Ti ha mentito solo per il puro piacere di farlo e di usarti come piacevole mezzo per prendersi la rivincita su di me!”
“Non è possibile!” disse incredula e si lasciò cadere su una sedia della cucina. Le parole di Michael continuavano a ripetersi nella sua testa, mentre sulla sua pelle c’era ancora il profumo di Max e il ricordo di una notte fantastica. ‘Ora capisco il perché ci siamo sempre visti davanti al bar di Brad… non poteva di certo venire a prendermi a casa!’ ripensò mentre il fratello la fissava. Liz cominciava a mettere insieme tutti i pezzi del puzzle e le parole di Michael servivano da collante tra di loro. Ora tutto sembrava assumere una forma completamente diversa.
“Mi dispiace Liz!” disse Michael inginocchiandosi di fronte a lei.
“Possibile che sia stata così stupida?”
“In parte è anche colpa mia, avrei dovuto avere più fiducia in te!”
Gli occhi di Liz si riempirono di lacrime e Michael l’abbracciò forte a sé.
“Passerà tutto, Liz, vedrai. Passerà anche questa!”

Liz trascorse il pomeriggio ad oziare e a riflettere su quanto Michael le aveva raccontato quella mattina. Aveva pensato mille volte di prendere in mano il telefono, chiamare Max e sfogare la rabbia e la tristezza che si erano rinchiuse nel suo cuore. E per mille volte aveva rinunciato, perché non sapeva se sarebbe riuscita a dirgli veramente quello che pensava. All’ora di cena Liz, Michael e Maria si erano ritrovati a tavola nel più completo silenzio: anche Maria, di solito molto chiacchierona, non sapeva di cosa parlare. Ad un tratto, quando ebbero finito di mangiare, Liz ruppe il silenzio:
“Stasera esco!” disse e si alzò. Aveva finalmente deciso. Sarebbe andata al suo appuntamento con Max e gli avrebbe detto in faccia quello che pensava, senza nascondersi dietro al ricevitore di un telefono. La debolezza non faceva parte del suo carattere e la forza che la distingueva era tornata in lei dopo un momento di sconforto.
“E dove vai?” chiese Michael.
“Ti fidi di me?” chiese lei a sua volta.
“Sì!” rispose il fratello.
“Allora ci vediamo dopo!” e si chiuse in camera sua.
Michael sapeva perfettamente dove sarebbe andata sua sorella, ma non poteva fermarla. Doveva lasciarla andare perché sapeva benissimo che sarebbe stata peggio se non si fosse sfogata con la persona che le aveva causato quel dolore. La cosa non gli piaceva per niente, ma non poteva bloccarla.
Dopo un paio d’ore, Liz uscì diretta a casa di Max.

Giunta davanti alla porta, Liz fece un respiro profondo e suonò il campanello.
Max aveva appena finito di farsi la doccia, si infilò velocemente un paio di jeans e senza preoccuparsi di mettersi la T-shirt, andò ad aprire sapendo già chi avrebbe trovato dietro la porta.
“Ciao! Vieni dentro!” la invitò senza dare troppo peso all’espressione seria di Liz. Una volta entrata, Max richiuse la porta e si voltò verso di lei per baciarla. Con una mossa rapida, Liz evitò di incontrare le sue labbra lasciando Max stupito e dubbioso e prima che lui potesse parlare, lei lo precedette:
“Allora, come sta il nostro caro Max Evans?”
Il tono che aveva usato e il fatto che avesse detto il suo nome e il suo cognome lo misero allarme… ‘Un momento, come fa a sapere il mio cognome?’ pensò e si fece più serio.
“Che c’è Liz?”
“Credo tu sappia benissimo cosa c’è che non va, visto che so il tuo cognome e tu non me lo hai mai detto!”
Max rimase spiazzato e capì che Liz sapeva tutto.
“Chi te lo ha detto?” chiese, sapendo già la risposta.
“Un certo Michael Guerin! Ti dice qualcosa questo nome? O il nome degli Wizards? E vediamo se conosci anche i Phantoms!” Liz trattenne a stento la rabbia e continuò a parlare in maniera contenuta, per quanto le fosse possibile.
“Liz, io…” ma lei non lo lasciò continuare:
“Dimmi, Max, odi così tanto mio fratello al punto di prenderti gioco anche di me?”
“Non è così Liz!”
“Non è così, eh? Allora spiegamelo tu com’è! Spiegami il perchè non mi hai mai detto chi eri, cosa facevi… perché lo hai tenuto nascosto?” chiese alterata.
“Di certo non per prenderti in giro!”
“Allora spiegami la ragione!”
Max rimase in silenzio perché non sapeva come spiegarle quello che lui stesso aveva provato nello scoprire che lei era la sorella del suo rivale e quello che provava per lei ora.
Nel vedere l’esitazione di Max, Liz riprese a parlare:
“Allora ha ragione mio fratello! Volevi divertirti un po’ con la sorella del tuo rivale per poterti sentire migliore di lui, non è vero Max?” e lo guardò negli occhi.
Lui ricambiò lo sguardo e la risposta fu secca: “NO!” e prima che Liz potesse dire qualcos’altro continuò: “E ti dico un’altra cosa: tuo fratello ha un ego talmente grande che è riuscito a farti credere che io uscissi con te per arrivare in un certo modo a lui. Non credevo che Guerin fosse così patetico!”
“Per ora di patetici ne vedo solo uno e si trova proprio davanti a me!”
A quelle parole la calma di Max lasciò spazio alla rabbia. Afferrò il polso della ragazza e quando la sua attenzione si pose pienamente su di lui riprese a parlare:
“Non ti è mai venuto in mente che io potessi pensare che tu sapessi chi ero e che fossi tu a volerti prendere gioco di me? Non ci hai mai pensato che io avessi accettato lo stesso di uscire con te nonostante il rischio di tuo fratello? Prova a vederla così: lui usa te per arrivare a me!”
“Ma che ca**o stai dicendo?” disse Liz sconcertata, e subito dopo si rese conto che le parole di Max potevano avere un senso.
“Che c’è Liz?” chiese Max non appena vide Liz cambiare espressione: “La cosa ti sembra sensata? In ogni caso l’unica che ci sta rimettendo sei tu: perdi me e allo stesso tempo la fiducia per tuo fratello che ti ha insinuato un dubbio del genere!”
“Io non ti ho mai mentito!”
La stretta di Max sul polso di Liz si rafforzò, l‘attirò più vicino a sé e la guardò dritta negl’occhi: “Anch’io non ti ho mai mentito mentre ti baciavo, ti accarezzavo e facevo l’amore con te! E credimi, in quei momenti tuo fratello non era minimamente tra i miei pensieri!” l’irritazione ancora nella sua voce.
Liz si divincolò dalla presa di Max e stava per andarsene quando lui riuscì a bloccarla contro la parete della stanza: “Dimmi Liz, tu mi mentivi in quei momenti? Pensavi a quanto avresti fatto felice tuo fratello quando gli avresti detto che mi stavi fregando? O era un tuo divertimento personale?”
Gli occhi di Liz si riempirono di lacrime che cominciarono a rigarle le guance:
“Non ti ho mai mentito, Max! Ho fatto l’amore con te perché lo volevo e non certo per altri motivi! Dio, come fai a pensarle certe cose?” disse disgustata.
“E tu perché le hai pensate nei miei confronti?”
“Io credevo che…”
“Ti fidi troppo di Michael e hai creduto che anche questa volta ti dicesse la verità, e invece si sbaglia di grosso! Non voglio pensare che lo abbia fatto apposta, ma ti sta facendo stare male e io soffro come te!”
“Devo andare…” non poteva più rimanere lì, non ce la faceva.
“Liz…”
“Devo andare, Max!” disse di nuovo liberandosi dal ragazzo ed aprendo in fretta la porta.
“Pensaci Liz!” riuscì a gridarle prima che lei entrasse in auto e partisse a tutta velocità.

I giorni seguenti furono per Liz una vera tortura: da un lato credeva a Michael, non l’aveva mai fatta soffrire e non l’avrebbe mai fatto intenzionalmente. Allo stesso tempo le parole di Max erano sensate tanto quanto quelle del fratello. Da qualunque lato la si guardasse, sia Michael che Max avevano le loro ragioni. E lei? Cosa pensava? Era questo che non riusciva a capire. Non sapeva chi dei due avesse ragione e non riusciva a farsi un’opinione tutta sua. Rimase chiusa nella sua stanza per due giorni interi. Solo Maria riusciva a farla parlare e a volte l‘aveva fatta anche sorridere.
“Non pensare con la tua testa, Liz… devi lasciarti guidare dal tuo cuore!” gli aveva detto Maria. Già, ma da che parte andava il cuore? Verso Max? Oppure verso Michael?
“Perché non provi a stare nel mezzo?” le aveva risposto Maria e Liz non aveva smesso di pensare a quelle parole. Forse era veramente la cosa giusta da fare. Il suo cuore la portava da entrambe le parti e forse era il caso di far convivere insieme quei due tipi di amore che provava: da un lato l’amore per il fratello, dall’altro l’amore per Max. Ma era vero amore quello per Max? Non lo sapeva, ad ogni modo era un sentimento veramente grande se riusciva a lasciarla tanto spiazzata. Aveva già sperimentato la forte attrazione per quel ragazzo, ma c’era di più, qualcosa che andava oltre.
Dopo un paio di giorni, Liz decise che era il caso di riappacificarsi col fratello, non poteva continuare ad evitarlo e comunque lui era la sua famiglia. A poco a poco Liz riprese a parlargli, ma l’argomento ‘Max’ era severamente vietato.

Dopo quel giorno, Max non l’aveva né più vista, né più sentita. Non sapeva cosa fare. Ed era strano! Se si fosse trattato di un’altra ragazza non ci avrebbe dato neanche il minimo peso e sarebbe passato a quella successiva in un batter di ciglia. Ma Liz l’aveva stregato. Non sapeva spiegarsi il perché, ma quella ragazza aveva fatto colpo su di lui. Era la prima volta che gli capitava e non sapeva esattamente come comportarsi.
Continuò il suo lavoro all’officina, cercando di far finta di niente, ma non era così semplice. David si era accorto del suo cambiamento e anche senza chiedere cosa fosse successo lo sostenne incondizionatamente.
Lasciò trascorrere ancora qualche giorno e poi, stanco di rimanere nell’incertezza, prese in mano il telefono e cercò di contattarla. Lei non gli aveva mai risposto, anzi vedendo sul display a chi apparteneva il numero, spingeva direttamente il tasto per rifiutare la chiamata. Max provò a chiamarla per un paio di giorni e più lei non rispondeva e più cresceva in lui la voglia di vederla. Poi si decise a chiamarla con un altro telefono: forse così le avrebbe almeno risposto. Ed ebbe ragione: la chiamò da una cabina telefonica vicino a casa e, al terzo squillo, sentì la voce di Liz:
“Pronto?”
“Non chiudere la chiamata prima che ti abbia parlato” fu la prima cosa che le disse.
“Non ho voglia di parlarti!” disse lei. Non era ancora pronta per affrontarlo.
“Ti chiedo solo di ascoltare!”
“Max…” disse lei con tono infastidito.
“Ti voglio vedere!” affermò lui con decisione.
“No!” fu la secca risposta di Liz.
“Stasera verrò al Dragon Fly!”
“No! Tu non ci verrai!” gli ordinò.
“Non puoi impedirmelo Liz!”
“Non venire!”
“Ci vediamo stasera!” e Max chiuse la telefonata. Aveva deciso. Voleva riaverla e non si sarebbe fermato davanti a nulla. E pur di soddisfare la sua volontà, sarebbe andato nella tana del leone.

Proprio quella mattina, Maria era riuscita a farsi promettere da Liz che la sera sarebbe andata con lei, Michael e gli Wizards al Dragon Fly ed ora Liz si ritrovava nuovamente in una posizione spiacevole. Non voleva che Michael sapesse le intenzioni del suo rivale, era già preoccupata del fatto che Max potesse mostrarsi al Dragon Fly con tutti gli Wizards presenti, e allo stesso tempo non voleva rimangiarsi la promessa che aveva fatto a Maria. Tentò comunque di trovare una scusa per non andarci, ma l’amica non ne volle sapere e, aiutata da Michael, la trascinarono fuori di casa.
Passò tutta la serata in tensione, restando a sedere al suo posto senza mai alzarsi. Tenne ben controllata l’entrata del locale e ad ogni persona che vedeva entrare con una giacca di pelle, il fiato le si fermava in gola. Arrivò il momento che il locale prese a svuotarsi e Liz cominciò lentamente a rilassarsi sulla sedia. ‘Ormai non verrà più! Tra non molto chiuderanno il locale e questa terribile serata potrà essere archiviata!’ pensò tra sé e sé e si sentì più sollevata.
Riuscì finalmente ad alzarsi e ad andare al bancone; era stata talmente in tensione che si era completamente dimenticata anche di salutare il barista.
Ordinò da bere e dopo aver scambiato due parole con il giovane che l’aveva servita, tornò al tavolo per godersi quello che rimaneva della serata con i suoi amici. Rimase a sedere a sorseggiare la sua bevanda quando Maria le chiese di accompagnarla alla toilette, Liz accettò e le due ragazze si allontanarono dal tavolo. I ragazzi avevano notato lo strano comportamento di Liz, ma non avevano chiesto nulla e Matt ne aveva approfittato per cercare di farsi avanti con lei. Povero ragazzo, aveva scelto un brutto momento: lui aveva finalmente trovato il coraggio di parlarle e Liz sembrava su di un altro pianeta.
“Ma cos’ha Liz stasera? E’ così strana!” chiese Lenny rivolto a Michael.
“E’ vero, è stata a sedere tutta sera senza quasi aprire bocca!” ribadì Roy.
Michael un’idea ce l’aveva, ma secondo lui c’era qualcos’altro che preoccupava la sorella e non riusciva a capire cosa fosse, tuttavia, dopo alcuni minuti, pensò di aver trovato la risposta. In quel preciso istante, infatti, Max fece il suo ingresso al Dragon Fly e i pochi clienti rimasti ancora nel locale rimasero stupiti e paralizzati al loro posto. Nessuno dei Phantoms, prima d’ora, si era mai presentato nel locale degli Wizards, tantomeno Max Evans. Michael lo vide con la coda dell’occhio: “Adesso credo di capire cosa avesse Liz!” disse ai ragazzi al tavolo con lui; improvvisamente si rabbuiò in viso e fece cenno col capo in direzione dell’entrata. I ragazzi non capirono perché Michael avesse risposto in quel modo e si voltarono nella direzione indicata. Quando anche loro videro il nuovo cliente, rimasero esterrefatti e ancora più spiazzati dall‘affermazione di Michael.
Passò un intero minuto nel silenzio più assoluto, fatta eccezione per la musica che ancora suonava in sottofondo. Tutti i presenti, se pur pochi, erano rimasti di sasso ed erano curiosi di sapere il perché il leader dei Phantoms si era permesso di entrare nel loro locale. Anche Michael era rimasto stupito, ma doveva affrontare la questione. Sicuramente il ragazzo aveva mostrato fegato venendo lì e sapeva benissimo cosa implicasse questo gesto.
“Che ca**o ci fa qui?” chiese Lenny rivolgendosi a Michael che alzandosi in piedi gli rispose: “Ora lo scopriamo!” e si allontanò leggermente dal tavolo.
Dal canto suo, Max, si fece avanti e mosse qualche passo in direzione del rivale. Ora li separavano solo pochi metri.
In quello stesso momento, Liz e Maria uscirono dal bagno e la scena che si presentò ai loro occhi fu raggelante. Liz aveva pensato troppo presto che Max avesse rinunciato a venire al Dragon Fly e la tensione che le aveva attanagliato lo stomaco per tutta la sera ritornò in un batter d’occhio. Voleva gridare, ma la voce non le usciva. Stava per andare incontro ai due ragazzi, ma la mano di Maria la trattenne. Sembrava di essere gli spettatori di un duello, con i contendenti uno di fronte all’altro, pronti ad estrarre la pistola cercando di sparare per primi e rimanere così illesi. Per Liz era lo spettacolo più orribile a cui potesse assistere: i due uomini che amava di più affrontarsi a viso aperto.
“Cosa sei venuto a fare Evans?” esordì Michael con voce sicura.
“A sistemare una cosa e a riprendermi Liz!” rispose l’altro con altrettanta sicurezza.
Michael sorrise come a volerlo prendere in giro: “Della prima se ne può parlare…” e si rifece serio: “…ma scordati mia sorella!”
Liz fece un altro tentativo di frapporsi ai due, ma ancora una volta Maria la trattenne. Roy, Lenny e Matt si guardarono in faccia ad uno ad uno: avevano veramente capito bene? Evans era venuto a riprendersi la loro Liz? La cosa era semplicemente inconcepibile! Matt fece l’atto di affiancarsi a Michael, ma subito Kyle lo riportò al suo posto. Il ragazzo lo guardò con aria offesa e meravigliata allo stesso tempo, ma l’espressione di Kyle non dava spazio a nessun tipo di obiezione.
“Non vuoi proprio capire, vero Guerin?” per Max il fatto di essersi presentato nel loro ‘covo’ valeva più di mille parole e Michael lo sapeva bene. Per quelli cresciuti come loro certe cose non avevano bisogno di essere espresse a parole, parlavano i fatti.
“Non c’è nulla da capire, devi solo andartene!” rispose Michael in modo categorico. Si rifiutava di accettare il fatto che Max fosse venuto da loro per Liz. Questo voleva dire che ci teneva a lei, non era una delle tante, ma non lo sopportava.
“Me ne vado… ma con Liz!” e le rivolse lo sguardo.
“Tu non devi nemmeno guardarla!” disse Michael accecato dalla rabbia e coprì la poca distanza che lo separava da Max scagliandogli un pugno in pieno viso, mancando il naso per pochi millimetri. La reazione di Max non si fece attendere e ricambiò il rivale con un gancio destro vicino al labbro. Il colpo li divise ma bastò un’occhiata l’uno verso l’altro per far sì che si riavvicinassero per continuare la lotta appena cominciata.
La situazione stava letteralmente precipitando e Liz non voleva. Si sentiva già tremendamente in colpa e non voleva trovarsi sulla coscienza anche una rissa finita male. Questa volta intervenne e Maria non la fermò.
Liz accorse in mezzo ai due che stavano per sferrarsi un altro cazzotto, ma non appena la videro, i giovani riuscirono a fermarsi in tempo.
“Vattene Liz!” le gridò il fratello.
“Smettetela!” gridò lei a sua volta.
“Sì Liz, lasciaci finire!” disse Max non togliendo lo sguardo dall’avversario.
“Va bene, allora! Ammazzatevi pure se questo vi fa sentire meglio, ma ricordatevi che io non appartengo a nessuno! Né a te…” disse rivolta a Max: “…né tantomeno a te!” rivolta al fratello. “Sono stufa di questa rivalità, voglio vivere la mia vita scegliendo da sola le persone da frequentare!” finì alterata. Poi afferrò la giacca lasciata su di una sedia vicina, prese le chiavi dell’auto dalla tasca e si avviò all’uscita.
“Non aspettatemi, perché non tornerò presto!” ed uscì dal locale.
Max abbandonò l’intento di picchiare Michael e si voltò per seguire Liz. Michael fece altrettanto, entrambi raggiunsero la porta, ed uscirono all’esterno giusto in tempo per vedere Liz partire a tutta velocità con la sua vettura.
“Me**a!” sbottò Michael rabbioso e si girò per rientrare con l’intento di prendere le chiavi della sua auto e seguirla. Max ebbe lo stesso pensiero e fece un passo verso la sua vettura, ma Maria li fermò entrambi:
“Fermi dove siete!” intimò.
I due si girarono per guardarla e lei, avendo la loro attenzione, continuò: “Siete contenti ora? Dovreste esserlo, visto che siete alla pari: nessuno dei due ha Liz!”
“Devo andare da lei Maria!” le disse Michael.
“Nessuno di voi due l’andrà a cercare!” impose nuovamente “E conoscendo Liz, non si farà trovare! Ora non vi rimane altro che aspettare che ritorni e sperare che lo faccia presto!” detto questo, Maria rientrò nel locale e chiese a Lenny di riportarla a casa.
Max e Michael, rimasti fuori, si guardarono per un attimo in faccia: quello che aveva detto Maria era vero, avrebbero dovuto risolvere la questione mentre invece l’avevano solo peggiorata. E per di più Liz se ne era andata.
Michael guardò un’ultima volta Max e senza dire una parola si girò per rientrare. Max si avviò verso l’auto, vi salì e partì a tutta velocità per cercare di raggiungere Liz. Non sapeva dove fosse andata e cominciò a vagare per la città alla sua ricerca. Dopo alcune ore senza trovarne traccia, Max fermò l’auto a lato di una delle tante strade che aveva percorso quella notte e rimase lì, a sedere, per alcuni minuti a ripensare nuovamente a quello che era successo quella sera. Si passò un mano sulla guancia dove Michael l’aveva colpito, poi innestò nuovamente la marcia e si diresse verso casa.

Liz guidò per tutta la notte arrivando verso l’alba in un motel sulla strada oltre Sanford. Era esausta e gli occhi non riuscivano più a stare aperti. Entrò nel parcheggio e posteggiò l’auto lontana dalla strada, nascosta dietro ad alcuni alberi. Poi scese e si avviò all’ingresso. Una donna sulla sessantina l’accolse, le diede la chiave di una camera e l’accompagnò fin davanti alla porta. Quando Liz fu dentro, si chiuse a chiave e si buttò sul letto. La stanchezza era tanta che riuscì a malapena a togliersi la giacca e le scarpe, si infilò sotto le lenzuola e si addormentò. Le immagini di quanto era accaduto al Dragon Fly quella sera erano state le sue compagne di viaggio e le rivisse, attimo per attimo, nei sogni tormentati di quella notte.

Michael raggiunse casa dopo aver vagato, anche lui, per le strade della città per alcune ore. Si avviò in camera ma trovò la porta chiusa. Maria era talmente arrabbiata con il ragazzo che non voleva nemmeno averlo vicino quella notte e si era rinchiusa nella stanza. Il giovane bussò varie volte alla porta, incurante dell’orario, insistendo perché Maria aprisse; era quasi tentato di buttarla giù a spallate, ma per fortuna riprese il controllo di sé stesso. Provò ancora, ma Maria si rifiutava addirittura di rispondere. Si arrese e si andò a sedere sul divano del soggiorno che gli avrebbe fatto da giaciglio per la notte.

Max rimase steso sul suo letto, con le mani sotto la nuca, a guardare il soffitto fino all‘alba. Pensò e ripensò a quanto era accaduto quella sera e la cosa che più lo aveva colpito era stato quello che Liz aveva detto e la sua espressione. Sarebbe stato tutto più semplice se Michael non avesse voluto intenzionalmente rifiutare il suo gesto di presentarsi da lui, esprimendo in questo modo l’importanza di Liz, ma sapeva fin dall’inizio che sarebbe finita in una rissa. Quello che non si aspettava, invece, era la sparizione di Liz. Aveva provato a telefonarle, ma la ragazza aveva spento il telefono, così non gli rimase altro che rimanere steso sul letto, con la testa sul cuscino ancora intriso del profumo della giovane, fino a che, senza accorgersene, si addormentò.

I due giorni seguenti furono un vero inferno. Liz non si era ancora fatta sentire e Michael era seriamente preoccupato. Maria era in ansia e continuava a provare di contattare l’amica ma senza risultati. Michael aveva già fatto il giro della città un paio di volte, aiutato da Kyle e dagli altri ragazzi, ma di sua sorella non c’era traccia.
Max era nelle stesse condizioni. Aveva spiegato a David cos’era successo ed insieme avevano perlustrato la città in cerca di Liz senza trovare nulla. Provava a chiamarla al cellulare, ma la giovane continuava a tenerlo spento. Stava impazzendo e si sentiva tremendamente in colpa. Forse non avrebbe dovuto presentarsi al Dragon Fly: lui l’aveva fatto per dimostrare al suo rivale che teneva a Liz, ma l’altro gli aveva negato quella possibilità. Il pugno sulla guancia era solo un ricordo, ora l’unico dolore presente nel cuore era la lontananza da Liz; in più il fatto di non sapere dove fosse, lo metteva in ansia.
Alle sei di mattina del terzo giorno, Max sentì suonare alla sua porta. Dopo aver passato quasi tutta la notte insonne, si era addormentato da poco e sul momento non riuscì a capire cosa fosse e da dove provenisse quel suono che aveva sentito, ma il secondo squillo più prolungato lo ridestò del tutto. Si alzò dal letto vestito solo dei boxer e mentre si dirigeva alla porta, afferrò la T-shirt che aveva lasciato in camera. L’infilò nel tragitto verso l’entrata e quando l’ebbe indossata aprì finalmente la porta. I suoi occhi non erano preparati alla luce che, anche se non ancora forte, si richiusero quasi istantaneamente oscurandogli la persona che attendeva davanti alla porta. Li riaprì lentamente, cercando di mettere a fuoco l’ombra che aveva di fronte e quando finalmente riuscì ad avere l’insieme della persona rimase letteralmente senza parole. La figura davanti a lui non disse nulla e continuò a guardarlo fisso negl’occhi, fino a che Max non trovò la voce:
“Liz!” disse quasi in un sussurro e d’istinto l’abbracciò.
La ragazza non si ritrasse e, dopo qualche secondo, ricambiò l’abbraccio del giovane. Trascorsero alcuni istanti poi Max la fece entrare e tornò a riabbracciarla:
“Dove sei stata?” disse guardandola negli occhi.
“Fuori città. Io… avevo bisogno di stare sola!”
“Ero preoccupato!” le rivelò e lo sguardo di Liz s’intenerì.
“Sul serio?” chiese lei per conferma.
Il ragazzo non le rispose a parole, ma le prese il viso tra le mani e la baciò teneramente come non aveva mai fatto in vita sua. Liz si lasciò trasportare da lui, dal suo bacio, dalle sue mani che lentamente scivolavano sui suoi fianchi per stringerli con più decisione ed avvicinarla al suo corpo. Poi il bacio si fece più profondo e Liz si ritrovò immersa nella magia che solo Max Evans sapeva fare. Perse completamente il tempo, il luogo e tutto quello che era venuta a dirgli, rapita da lui e dal calore che il suo corpo emanava.
Per Max era sufficiente la risposta della ragazza al suo bacio. Non lo stava allontanando, anzi, ricambiava con altrettanta passione. Questo voleva dire che Liz gli credeva, che aveva capito che teneva a lei e che la loro relazione non aveva niente a che fare con la storia della rivalità con Michael. Ed era venuta da lui.
“Mi sei mancato!” affermò lei quando si divisero per riprendere fiato.
“Anche tu mi sei mancata!” ammise. Nessuna ragazza gli era mai mancata tranne Liz.
“Quando sei venuto al Dragon Fly ho capito che facevi sul serio!”
“Allora perché sei sparita?” chiese lui guardandola negli occhi.
“Dovevo riflettere… su di te… su di noi!”
“E Michael?”
“E’ mio fratello e gli voglio bene incondizionatamente, ma sono venuta prima qui!”
Max tornò a baciarla con foga e la sospinse contro la parete a pochi centimetri da loro. Le sue mani la strinsero a sé e Liz portò le sue sotto la T-shirt che il giovane aveva indossato poco prima. Per Max quel gesto fu sufficiente ad aumentare la sua passione e cominciò a sbottonare la camicetta che Liz indossava.
Dopo pochi minuti si spostarono in camera del ragazzo e, una volta sul letto, fecero l’amore. Trascorso qualche tempo, Liz si addormentò fra le sue braccia e Max capì perfettamente che non avrebbe più potuto fare a meno di lei. Ma c’era ancora una questione in sospeso e doveva affrontarla subito. Muovendosi delicatamente, lasciò Liz sola nel letto e si diresse in soggiorno. Rovistò all’interno della sua borsetta ed estrasse il cellulare che fortunatamente era acceso. Cercò un numero in particolare all’interno della rubrica e, quando lo ebbe trovato, schiacciò il pulsante per effettuare la chiamata. La risposta fu immediata:
“Liz! Dove ti trovi? Stai bene?” una voce maschile rispose concitatamente.
“Sono Max!” rispose lui. Dall’altra parte del telefono ci fu un attimo di silenzio e lui ne approfittò: “Michael, Liz è con me e sta bene!”
“E così è venuta prima da te!” disse Michael in tono rassegnato anche se infastidito: “Perché mi hai chiamato? Per vantarti o…”
“Solo per avvertirti Michael!” rispose Max con calma: “Anch’io ho una sorella e se fosse sparita mi farebbe piacere che tu mi telefonassi se avessi qualche notizia!”
“C’è solo una piccola differenza…” cominciò Michael: “Io non vado a letto con Isabel!”
“Questo è vero, ma solo perché non vi amate!” le parole gli uscirono di bocca con una facilità tale che se ne meravigliò lui stesso.
Michael, dall’altra parte del telefono, rimase in silenzio, anche lui colpito da quella frase. Erano così simili quei due che Michael si rese conto di cosa voleva dire, per Max, ammettere una cosa del genere proprio a lui. E poi pensò a Liz che si era recata dal ragazzo senza nemmeno avvertirlo che era tornata e stava bene. Non poteva continuare ad ignorare quello che ormai c’era fra sua sorella e il suo rivale, doveva affrontare la cosa:
“Credo che dobbiamo parlare noi due!” disse finalmente.
“Lo credo anch’io!” concordò Max.
“Riaccompagnala a casa!” gli disse lasciando intendere che ne avrebbero parlato subito, senza rimandare oltre.
“Arriviamo non appena si sveglia!” e con questo i due chiusero la comunicazione.
Max rimise il telefono nella borsa di Liz e quando si girò per tornare in camera dalla ragazza, lei era in piedi, in soggiorno, alle sue spalle con addosso una delle sue T-shirt.
“Hai chiamato Michael, non è vero?” chiese lei che aveva seguito la conversazione, ma voleva sentirselo dire da lui.
“Sì!” ammise il ragazzo senza timore.
“Grazie!” disse semplicemente Liz e lo abbracciò. Poi tornò a guardarlo in viso senza staccare le braccia da lui: “Andiamo subito?” chiese lei, lasciando intendere che non era ancora pronta.
“Voglio tenerti ancora per me!” rispose lui e baciandola la riportò in camera.

Un paio d’ore dopo, Max e Liz si trovavano di fronte alla porta di casa di lei. La ragazza rivolse un ultimo sguardo al giovane al suo fianco, poi infilò le chiavi nella serratura ed aprì.
Non appena la porta fu aperta, Maria accorse per abbracciare Liz che non ebbe nemmeno il tempo di entrare in casa:
“Mi hai fatto stare in pensiero!” la rimproverò.
“Mi dispiace Maria!” si scusò la giovane.
“Entrate!” esordì Michael con tono serio, ma quando Liz gli si avvicinò, il suo sguardo si addolcì leggermente e i due si abbracciarono.
“Ti voglio bene Michael!” gli sussurrò Liz.
“Anch’io te ne voglio!” ricambiò il fratello. Una volta sciolto l’abbraccio con la sorella, Michael rivolse lo sguardo a Max. Liz e Maria si scambiarono un’occhiata e quest’ultima fece cenno col capo a Liz di seguirla nell’altra stanza, lasciando soli i due rivali.
I ragazzi continuarono a guardarsi per alcuni istanti senza dire una parola; in realtà nessuno dei due sapeva come cominciare e cosa dire esattamente.
“Non avrei mai pensato che Liz si innamorasse proprio di te!” esordì finalmente Michael.
“E io non pensavo proprio di innamorarmi di tua sorella!” disse guardandolo fisso negli occhi, senza provare vergogna ad esprimergli i suoi sentimenti.
“Pensavo che la volessi solo prendere in giro, e invece… mi sbagliavo!” Anche per Michael non era facile esprimere alcune cose, ma sentiva che gli doveva delle scuse. Era stato lui a travisare tutto, a complicare tutta la situazione e ora, insieme a Max, voleva porre rimedio.
“Mi dispiace!” disse tutto d’un fiato.
“Anch’io ti devo delle scuse!” affermò Max: “Avrei dovuto dire subito a Liz chi ero, ma… non ce l’ho fatta! Volevo vedere se fra noi due poteva veramente esserci qualcosa.”
“Ed hai avuto ragione!” constatò Michael.
“Sì!” e rimase un attimo in silenzio prima di parlare nuovamente: “Pensavo che presentandomi da te al Dragon Fly, l’altra sera, avresti capito, ma…”
“Avevo capito benissimo, solo non lo volevo accettare!” rispose lui onestamente.
“Ho sempre avuto molto rispetto verso di te, Michael, e sapevo che tu ne avevi nei miei confronti, ma non pensavo che mi odiassi!” disse Max. La cosa lo aveva sorpreso e, in certo senso, anche ferito: non pensava che Guerin, oltre alla rivalità tra loro due, nutrisse anche un sentimento di ostilità.
“Non ti ho mai odiato, Max!” rispose sempre onestamente: “Solo che…”
“…non volevi che toccassi tua sorella!” finì la frase Max.
“Perché? Tu saresti stato contento se io avessi messo gli occhi su Isabel?”
“Beh, mi avrebbe dato fastidio, non lo nego!”
“Allora sai perfettamente quello che ho provato! Tengo molto a Liz, e speravo che si allontanasse dal mio mondo… dal nostro mondo… volevo qualcosa…”
“… di meglio!” lo anticipò nuovamente Max e i due continuarono a guardarsi in faccia.
Era vero, Michael aveva sempre sperato che Liz scegliesse un’altra vita, che non rimanesse invischiata in quel suo ambiente fatto di auto, furti e gare clandestine.
Ad un tratto Michael sorrise lasciando Max spiazzato:
“Che c’è da ridere?” chiese il ragazzo.
“Il fatto che Liz non solo non si sia allontanata da tutto questo, ma che abbia addirittura scelto una persona tale e quale a me!”
Max sorrise a sua volta: “Allora sei stato tu il cattivo esempio!” il clima sembrava essersi alleggerito tra i due che continuarono a sorridersi.
Poco dopo tornarono seri e senza aggiungere altro, Michael allungò la mano a Max che l’afferrò e la strinse con decisione.
“Ricordati…” disse Michael: “…se la farai soffrire, dovrai vedertela con me!” lo minacciò.
“Lo terrò a mente!”

Qualche sera dopo…
Liz suonò alla porta di Max. Era uscita prima del solito ed era andata direttamente a casa sua. Dopo alcuni istanti, sentì la porta aprirsi ma non si trovò davanti Max come si aspettava.
“Ciao!” disse alla ragazza bionda che aprì la porta.
“Immagino che tu sia Liz!” rispose lei senza sorridere.
“Sì, sono Liz!” affermò.
“Vieni, entra!” disse la giovane scostandosi per farla passare. Una volta dentro, richiuse la porta e si rivolse ancora alla nuova arrivata.
“E così… tu sei Liz!” ripetè nuovamente.
“Sì!” riconfermò lei iniziando a sentirsi a disagio.
Improvvisamente la ragazza le sorrise e le allungò la mano:
“Piacere, io sono Isabel!”
“Piacere!” contraccambiò Liz, stringendo la mano che le veniva tesa.
“Sono contenta di conoscerti! Sei la prima ragazza che vedo entrare in questa casa!”
“Sul serio?” chiese Liz con stupore.
“Già! Devi proprio aver fatto colpo su Max se sei qui e continuate a vedervi!” disse invitandola a sedere.
“Beh… io…” Liz non sapeva cosa dire.
“Sono contenta!” disse Isabel, anche lei come il fratello era alquanto diretta: “Finalmente un’altra ragazza in mezzo a questo branco di uomini!” e rise contagiando anche Liz che finalmente si sentì più a suo agio.
“Max arriva subito, sta facendo la doccia!”
“In realtà sono un po’ in anticipo!” disse Liz.
“Immagino che mio fratello ti avesse dato appuntamento per un orario in cui io non sarei stata più a casa!”
“E invece io sono arrivata prima!”
“Già! l’abbiamo fregato!” e rise nuovamente.
“Vedo che vi siete già conosciute!” le interruppe Max, apparso nel soggiorno ancora con i capelli bagnati.
“Da quello che mi diceva Isabel, sembrava non fossi intenzionato a farci incontrare!” lo stuzzicò Liz.
“Credo che Liz abbia ragione!” affermò Isabel, dando man forte alla ragazza.
“Ecco perché non volevo che vi vedeste… vi conoscete da due minuti e già vi siete alleate contro di me!” disse Max fingendosi serio.
“Beh, guarda, se vuoi che continui a vedere Tess basta solo che tu lo dica!” lo minacciò Isabel scherzando.
“Ti prego, non nominarla nemmeno!” disse Max disgustato. Solo il nome lo indisponeva.
Isabel ridacchiò, poi si alzò in piedi: “Ora devo andare!” disse guardando l’orologio e Liz si alzò a sua volta: “Mi ha fatto davvero piacere conoscerti. Spero di vederti presto!” riprese Isabel allungando nuovamente la mano alla giovane.
“E’ stato un piacere anche per me!” e le strinse la mano.
Poi Isabel afferrò la sua giacca e la borsa ed uscì di casa.
Rimasti soli, Max si avvicinò a Liz e la salutò con un bacio che lei fu più che contenta di ricambiare. Poi lo guardò negli occhi e si fece seria:
“Allora, chi è Tess?” chiese alzando un sopracciglio.
“Ti prego, non roviniamoci la serata parlando di lei!” disse e la baciò nuovamente.
“Ma chi è?” continuò Liz.
“Una rompiscatole antipatica e fastidiosa!” disse con disprezzo, “Contenta?” e le afferrò una mano con l’intenzione di trascinarla in camera sua.
“Ne parli come di una che ti fa il filo!” continuò Liz, che ormai ci aveva preso gusto.
“Liz…” disse Max lanciandole un’occhiata per metterla in guardia.
“E’ così?” Insistette nuovamente Liz ridacchiando.
“L’hai voluto tu!” la minacciò e la prese in braccio mettendosela in spalla e tenendola per le gambe, lasciando che le braccia e la testa della giovane penzolassero contro la sua schiena.
“Ti prego, Max! Mettimi giù!” disse appoggiando le mani contro la schiena del ragazzo.
“Te la sei cercata!” disse lui ridendo e continuando la sua strada verso la sua camera.
Non appena arrivò, depositò Liz sul letto ed un secondo dopo appoggiò il suo corpo sopra quello di lei e la baciò.
“Non ho voglia di parlare di lei!” disse Max quando si scostò dalla labbra di Liz: “Anzi, non ho proprio voglia di parlare!” continuò: “Voglio solo fare l’amore con te!” e riprese a baciarla mentre Liz si abbandonava totalmente a lui.
Si addormentarono a tarda notte, l’una nelle braccia dell’altro, finalmente senza più dubbi e senza più pensieri a tormentare le loro vite. Erano due metà che si erano finalmente trovate ed unite e non si sarebbero più lasciate.

Scritta da Taty


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