Roswell.it - Fanfiction

RITORNO A CASA


Riassunto: Seguito di “Profilo alieno”. Chi è la misteriosa ragazza comparsa in casa Evans? E che legami ha con il clan alieno? Un omaggio alla prima serie di Roswell e alla sua fantastica colonna sonora, che ci ha regalato tante emozioni.

Data di stesura: dal 18 settembre 2004 al 19 giugno 2005.

Valutazione: adatto a tutti. Magari, i più piccoli è meglio mandarli a giocare da qualche parte...

Diritti: Tutti i diritti dei personaggi appartengono alla Jason Katims Productions / Regency Television - 20th Century Fox, e il racconto è di proprietà del sito Roswell.it. Shanee e Kalosh Arkèdy appartengono a Shanti. Le canzoni citate nel racconto sono dei rispettivi autori.

Indirizzi e-mail: ellis@roswellit.zzn.com - shanti_m@roswellit.zzn.com


- Sono io. - Nello sguardo dell’alieno balenò per un attimo l’altera espressione di Zan. - Come conosci questa lingua? -
La ragazza abbassò la testa in segno di rispetto poi studiò attentamente le altre persone intorno a lui, cercando di riconoscervi le tracce delle loro precedenti identità. Tornò a fissare Max. - Me l’ha insegnata mio padre - e accennò a prendere qualcosa all’interno della sua camicetta.
Guidato dall’istinto, Michael usò i suoi poteri per scagliarla lontano e proteggere gli altri. - Chi sei? - Si avvicinò scuotendola rudemente per una spalla. - Dicci la verità, altrimenti... - e con fare intimidatorio protese il palmo dell’altra mano in avanti.
Shanee subì l’attacco senza reagire e non tentò nemmeno di restituire il colpo. Nei suoi occhi non c’era odio o paura ma quella che poteva essere interpretata come un’ombra di felicità. Gli toccò timidamente il braccio, e quel gesto gli fece percepire una sensazione di sicurezza, di affetto incondizionato, qualcosa di molto simile a ciò che provava per il suo Mathias.
- Voi siete il generale Rath? - gli chiese lei arrossendo.
- Adesso mi chiamo Michael. - Si scostò bruscamente per evitare la percezione delle forti sensazioni che trasmetteva.
- Chi sei esattamente? - intervenne Max con tono risoluto. Gli intensi, positivi sentimenti che lei emanava lo lasciavano del tutto sconcertato.
Shanee si alzò a fatica, massaggiandosi il punto colpito. - Non sono armata - e alzò le mani come ad invitarli a controllare. - Scusatemi... è che sono così emozionata! Se solo potesse vedervi... Kalosh Arkèdy, il vostro protettore e consigliere, è... era mio padre. - Si sforzò di trattenere le lacrime che le pungevano gli occhi.
Tutti si guardarono con un’espressione di completo stupore.
- Nessuno di voi si ricorda di lui? - Il sorriso della ragazza si attenuò deluso alla vista delle loro espressioni. - Era il responsabile della spedizione per portarvi qui, il protettore sopravvissuto con Nasedo all’impatto! Insieme crearono il nascondiglio per custodirvi, prima di dividersi per attendere la vostra rinascita. Mio padre fu catturato dalla sezione speciale dell’Fbi e tenuto prigioniero per tre anni, finché non riuscì a fuggire e trovò rifugio nel pueblo di Acoma, nella terra degli Hopi... Voi non sapete... non avete la minima idea di chi sto parlando? -
- Tu sai molte cose che ci riguardano. - Michael la squadrava sempre più sospettoso. - Ma chi ci assicura che non stia mentendo? - disse rivolto a Max.
Il giovane sovrano si avvicinò a Shanee, ed il suo vice gli si pose prudentemente al fianco. - Non abbiamo un buon ricordo del nostro protettore, almeno dell’unico che abbiamo conosciuto. Quello che tu sembri cercare così insistentemente. - Studiò l’espressione della ragazza e ne osservò la reazione.
Lei sostenne tranquilla quell’esame, armata soltanto della sua forza e della sua assoluta sincerità. - Non vi sto mentendo... credetemi. Mio padre mi ha chiesto di consegnarvi una cosa da parte sua, se non vi fidate... Potete prenderla! - Sciolse i primi due laccetti della camicetta e, girandosi verso Michael, mostrò la strana collana alla cui estremità era appeso un piccolissimo ciondolo con il simbolo della loro galassia d’origine. Lentamente se la sfilò dal collo. - Non sono mai riuscita ad attivarlo... credo che sia codificato in modo da funzionare solo con voi... -
Max si avvicinò e quando, insieme all’amico, sfiorò l’oggetto, questo immediatamente proiettò la sfocata immagine tridimensionale di una fisionomia luminosa. Lentamente la figura andò definendosi nella forma umana di un uomo di mezza età, vestito con ricercatezza ma dai caratteristici tratti nativo americani.
Sorpresa, Shanee riuscì a parlare solo dopo un evidente sforzo. - Oh mio dio! Papà... -
***
Zan di Antar, mio Signore. Se ti arriverà questo messaggio significa che ho fallito di nuovo la mia missione. Chiedo il tuo perdono ancora una volta, come feci sul nostro amato pianeta prima di vederti morire tra le mie braccia.
Tanti avvenimenti sono successi da allora. La spedizione per dare una nuova possibilità di vita ai quattro Reali ha incontrato molte difficoltà: i danni subiti con l’impatto hanno provocato problemi alle strutture che contenevano i bozzoli, rallentandone la maturazione di molti anni; la caccia da parte dei terrestri e dei nostri nemici mi ha impedito di essere presente al momento della vostra “rinascita”, come era invece mio desiderio. Ho seguito la vostra infanzia a Roswell, a contatto con gli abitanti della Terra, senza avvicinarmi nel timore di mettervi in pericolo; di conseguenza, non ho potuto assolvere al mio dovere di aiutarvi a risvegliare la memoria passata. Su Antar molti ritengono questa gente inferiore ma ti posso assicurare che non è così. La vitalità dei terrestri è qualcosa che sul nostro mondo, a causa dell’odio e delle guerre, non si trova quasi più, sostituita dall’immobilismo della paura.
Ho avuto il dono e la fortuna di essere accolto nel cuore di un popolo rispettoso della diversità, e questo ha reso il mio forzato esilio migliore. L’amore di una donna che mi ha accettato ha fatto il resto, e chi ti reca questo messaggio è il frutto insperato e amatissimo di questa unione.
Negli ultimi tempi ho cercato varie volte di contattarvi per farvi conoscere in maniera graduale il segreto della vostra natura, ritrovando anche l’altro protettore, il mutaforma a voi noto col nome di Nasedo, che ha allevato la principessa Ava in questi anni. Con molto dolore ho scoperto che sono dei traditori: ho infatti le prove che entrambi si sono alleati con la fazione nemica per annientare la casa Reale.
Vi ho ritrovati ad Albuquerque e, mentre stavo per contattarvi nuovamente, è successo qualcosa di imprevisto... Zan, hai ritrovato la memoria e sei tornato su Antar. Ho deciso di mia iniziativa di rimanere a proteggere la tua eredità... loro erano più indifesi...
Rath.... amico mio, adesso è tutto nelle tue mani!
Spero che ricorderete entrambi che vi ho amato come i figli che non ho mai avuto. Avete una nuova occasione davanti a voi, non attaccatevi al passato di un mondo ormai lontano.
Io non ho saputo adempiere al mio dovere in quel giorno terribile ma non voglio che lo strazio che mi ha accompagnato da allora si ripeta, e questa volta non fallirò.
Tesoro mio, non ho mai dubitato della tua capacità di assolvere questo compito. Ricordati sempre che, insieme a tua madre, sei stata la mia consolazione. Voi avete alleviato il dolore e il rimorso che mi hanno tormentato in questi lunghi anni.
Sha Nee Kee... sei stata la mia melodia...
la mia piccola stella luminosa
porta un nuovo giorno
riempie il mio tepee di pace e armonia
mi mostra la mia luce interiore
mi svela il mio segreto nascosto...
***

- Mi mostra la mia luce interiore, mi svela il mio segreto nascosto... - la ragazza si unì sottovoce all’antico canto del padre, asciugandosi per l’ennesima volta le lacrime che le scendevano sul viso. Sfiorò delicatamente l’immagine quasi ad accarezzarla prima che si dissolvesse.
Con lo sguardo perso come se lo vedesse ancora davanti a sé, continuò il racconto. - L’ultima volta che mi ha contattato era a San Diego. Si era spostato per seguire i suoi protetti, rammaricato di non potersi rivelare. Non mi raccontò molto, solo che la situazione era sempre più pericolosa e che era certo che Nasedo e le sue guardie fossero sulle loro tracce. Poi nel settembre del 2002 è successo qualcosa di molto simile a quello che è accaduto stanotte. Mentre dormivo, qualcosa mi ha permesso di collegarmi con la mente di mio padre. Lui stava morendo, ucciso da Nasedo. Le sue ultime energie si consumarono per manipolare mentalmente il suo nemico e nascondere la culla con il neonato che stava proteggendo. - Si fece forza e prese un profondo respiro per continuare. - Dopo poco tempo ricevetti un pacco con le sue cose: aveva provveduto a spedirle qualche giorno prima che morisse e contenevano le sue ultime volontà. C’era anche quello - indicò il ciondolo. - Mi raccomandava di fare tutto quanto mi fosse stato possibile per ritrovarvi. -
Un irreale silenzio pervadeva l’atmosfera che si era creata nel gruppo di persone, e cautamente si avvicinò ponendosi di fronte a Max e Michael. - Donatemi ancora un po’ della vostra fiducia... - Prendendo la mano di ognuno se le portò entrambe alle tempie.
flash
***
Frammenti di ricordi su Antar:
la loro amicizia, l’addestramento con Kalosh, momenti di gioco, l’affetto e il suo attaccamento ai ragazzi, in special modo a Rath, dopo la morte del padre di lui
Il giorno dell’attentato:
Kalosh che trasporta i loro corpi nei laboratori segreti della reggia, gli scienziati che discutono con la Regina madre della possibilità di riportarli in vita
L’astronave, l’impatto, la creazione della caverna per i bozzoli
Kalosh che li osserva da lontano a scuola, che li vede crescere, che lascia il segnale nel bosco, che lo riaccende davanti alla biblioteca, che fa trovare il granilite nel deserto a Max e Liz
In lotta con Max/Nasedo fuori dalla casa degli specchi al Luna Park, mentre tenta di depistare Pierce prima di arrivare alla base di Eagle Rock
Nella caverna quando affronta Nasedo dopo aver scoperto le prove del suo tradimento
Mentre difende se stesso e la sua famiglia dall’attacco dell’altro mutaforma
Ad Albuquerque in uno scontro contro la guardia di Zoltar
A San Diego mentre sorveglia la casa di Liz. Vicino alla culla di Jason pochi istanti prima di venire ucciso
***

Shanee aprì gli occhi, la fronte imperlata di sudore per lo sforzo. Si era aperta completamente come il padre le aveva detto di fare quando fosse giunta l’occasione, affinché le informazioni immesse in lei potessero passare ai suoi protetti.
Michael, sentendola vacillare, la sorresse premuroso prima di voltare appena il capo verso Max. - Certo che San Diego non si è rivelata una città molto ospitale... - borbottò con affettuosa preoccupazione.
Quando tornò a guardare la ragazza si accorse che lei lo stava fissando intimidita. - Ho ancora una cosa da fare... - Si sfilò l’anello e lo posò nella sua mano. - Come vi aveva promesso... l’ha conservato per restituirvelo quando vi sareste ritrovati... - Aveva parlato piano, la voce incrinata per l’emozione, ricordando la luce di disperata speranza negli occhi del padre mentre le consegnava il gioiello custodito con reverenza fino a quel momento. Una lacrima le scivolò silenziosa andando a finire sul palmo dell’alieno, che prese l’anello e provò ad infilarselo all’anulare, sentendo il metallo modificare la propria struttura e adeguarsi alla misura del suo dito. I loro sguardi si incrociarono: non era in grado di dire se anche gli altri riuscissero a percepire le forti emozioni di Shanee, ma quello che lui sentì lo ricolmò di qualcosa di molto simile all’amore. - Vieni qui! - e coi suoi soliti modi un po’ ruvidi se la strinse contro facendola sparire fra le sue braccia.
Dopo alcuni lunghi istanti i due si separarono e Shanee si rivolse a Max, gli occhi ancora lucidi. - Mio padre era così dispiaciuto. Si sentiva in colpa per non avervi saputo proteggere... era il suo chiodo fisso... -
Il giovane serrò impercettibilmente le mascelle. Non aveva mai ricordato con esattezza gli attimi precedenti la sua morte, e lo stesso poteva dirsi per Isabel e Michael, né aveva fatto domande a Nasedo. Quando era tornato su Antar aveva avuto così tante cose di cui occuparsi che non aveva pensato di chiedere a Rodhya notizie precise sulla missione di salvataggio organizzata da sua madre. Non ne aveva fatto cenno neppure con Loral Deemar. Eppure Pierce aveva parlato di un equipaggio composto da quattro mutaforma, di cui due erano sopravvissuti all’impatto. E Nasedo non aveva mai spiegato che fine avesse fatto il suo compagno... Rendendosi conto di quell’ulteriore dimostrazione di egoismo da parte sua, si sentì arrossire per la vergogna e lo sgomento. - Shanee, io... - iniziò, a disagio - Tuo padre, e tu stessa, avete fatto per noi più di quanto chiunque, mia madre compresa, avrebbe potuto aspettarsi... Sei la benvenuta nella nostra famiglia... -
La ragazza sorrise intimidita mentre lui la presentava ufficialmente a Liz. - Mio padre mi ha molto parlato di lei, di quanto fosse speciale la persona che Zan... ehm, Max, aveva scelto... -
La giovane donna si schiarì la gola, imbarazzata dal complimento. - Tu, sei una persona speciale, Shanee - disse Sono davvero felice che tu ci abbia trovato, e sarò sempre in debito con te per quello che hai fatto stanotte. -
- Io non ho fatto proprio niente... - Consapevole dell’attenzione generale di cui era oggetto, si umettò il labbro inferiore e lanciò un’occhiata a Jason, poi guardò Shiri. - Se non fosse stato per te... non so come saremmo riusciti a venire fuori da quel posto orrendo... -
Con un sorriso l’aliena superò la distanza che le separava e la strinse in un abbraccio affettuoso. - Ci eri finita per aiutare lui... Grazie per avercelo riportato indietro sano e salvo! -
Colta di sorpresa, Shanee esitò un attimo, ma il contatto era così dolce e piacevole che non poté fare a meno di contraccambiare.
- I miei figli, invece, li conosci già - concluse le presentazioni Max quando Shiri si allontanò dalla ragazza.
A quelle parole Shanee si accigliò impercettibilmente. - Io credo di non capire... Jason e Shiri sono...? Com’è possibile? E’ un problema dovuto alla combinazione del dna? - chiese. - Ma no, non può essere, perché anch’io sono un “misto” eppure sono cresciuta in modo normale... - aggiunse subito dopo, perplessa.
Le rispose Jason, ancora un po’ frastornato per tutte quelle notizie e per la forza delle emozioni sotterranee che, come la sorella, aveva percepito avendo mantenuto un costante contatto mentale col padre per poter intervenire in caso di necessità. - Il nostro sviluppo anomalo è la conseguenza dell’uso eccessivo dei poteri di cui siamo dotati quando ancora non ne avevamo il totale controllo. - Era la prima volta che si sentiva a suo agio nel parlarne, sicuro di non provocare alcuna strana reazione nel suo interlocutore.
- Quindi... se dovessi trovarti di nuovo in pericolo rischieresti... - si agitò lei. - Nasedo... -
- Sta’ tranquilla, Nasedo è morto da tempo - le rivelò Max.
- Ma allora chi...? - Il volto di Shanee si rabbuiò. I suoi incredibili occhi ametista cercarono quelli verde nocciola di Jason. - Chi è stato a portarci in quel posto così buio, così freddo? E’ stato qualcuno di Antar? Io... ho bisogno di saperlo... - ma non riuscì nemmeno a concludere la frase perché lui, immaginando cosa stesse per dire, si affrettò ad interromperla. - Ti ringrazio ma non mi serve un altro protettore! Tra i miei genitori e gli zii ne ho fin troppi, quindi, se a te non dispiace, preferirei che rimanessimo semplicemente amici, ok? Niente consigli, niente prediche, solo amicizia. Se a te sta bene, perfetto, altrimenti scusa ma... davvero, non voglio avere attorno un’altra persona che mi dica quello che posso e quello che non posso fare! -
La ragazza lo ascoltò con attenzione e, quando ebbe finito il suo sfogo, gli sorrise sbarazzina. Insomma... meglio starti alla larga! Oppure nei confini che tu stabilisci, altezza... Stai tranquillo, non sono interessata a questo ruolo. - Poi, percependo la suscettibilità del ragazzo, si fece seria. - Ho già il mio daffare a proteggere me stessa e a pensare come arrivare in fondo al mese, per potermi permettere il lusso di preoccuparmi per te! -
C’era qualcosa di strano che non riusciva a cogliere in tutta quella situazione: il sollievo di Jason, la collera repressa di Michael, il timore di Shiri, la preoccupazione e l’ansia dei genitori dei due ragazzi. Tutto questo mosaico di emozioni era per lei tangibile come delle onde che arrivavano a lambire il suo essere. Indubbiamente doveva essere accaduto qualcosa di grosso e forse non imputabile a dei nemici, dedusse fra sé. Tornò a rivolgersi a lui con una sfumatura di tenerezza nella voce. - Sappi che quello che ho fatto stanotte è stato solo una mia libera scelta. Il soffocante senso del dovere in vigore su Antar non fa per me. - La luce negli occhi le si affievolì a causa della tristezza con cui proseguì il suo pensiero. - Ma tu lo sai... come sei fortunato ad averli? - disse accennando con la testa al gruppo di persone alle sue spalle.
Jason fu colpito da quell’affermazione ma ancora di più dal dolore che scorse nello sguardo della ragazza, e comprese perfettamente cosa intendeva dirgli. Si infilò le mani in tasca, a disagio. - Io... sì. E ti darò la risposta che desideri. Ma non oggi, se non ti dispiace... -
Shanee gli sfiorò affettuosamente la spalla. - Va bene, mi basta la tua parola. - Fu colpita da un ricordo improvviso. - Mio padre mi aveva sempre parlato di Zan, Rath, Ava e Vilandra. Che fine hanno fatto le principesse? -
- Vilandra è zia Isabel, Ava... di lei non so nulla... - Jason lanciò un’occhiata interrogativa al padre, che s’irrigidì. Anche Ava è morta. Il suo nome era Tess. Tess Harding. Tuo padre aveva ragione su di lei. -
Il tono con cui lo disse fece intuire molte cose alla giovane la quale, tuttavia, non poté fare a meno di preoccuparsi ancora di più per l’identità del misterioso nemico dei reali di Antar.
- Insomma... se voi mi assicurate che è davvero tutto a posto, e che nemmeno io sono in pericolo... -
Michael le si avvicinò e la prese sottobraccio. - Non preoccuparti, piccola! A te ci penso io. - Lanciò uno sguardo di sbieco al nipote. - Noi ce ne andiamo. A casa mi aspettano da un pezzo. - Si rivolse di nuovo a Shanee - Non vedo l’ora di farti conoscere la mia famiglia! Anzi, se ti senti meglio che ne dici di farci compagnia per il pranzo? Così avrò modo di aggiornarti sulle nostre fantastiche avventure... - aggiunse in tono ironico.
- Io... - la ragazza arrossì, - non vorrei disturbare... -
- Chi, Maria? Ah, lei non si fa certo di questi problemi! -
- Beh, allora... vengo volentieri. - e vinse l’imbarazzo con un largo e luminoso sorriso. Dopo aver salutato tutti affettuosamente si avviò verso la sua auto.
Michael si attardò sulla soglia per dare un’ultima occhiata a Max il quale, contraccambiando lo sguardo, lo rassicurò che poteva stare tranquillo.
Jason si avvicinò allo zio. - A pranzo? Sicuro di sentirti bene? - e indicò con il pollice la direzione presa dalla ragazza. - O è un modo per tenerla sotto controllo temendo chissà quali complotti? - lo prese in giro.
Michael lo fissò gelido. - Io mi fido. Ha rischiato la sua vita per te, non ha tentato due volte di mandarti all’altro mondo! -
Jason, impallidendo, accusò il colpo. - Ti fidi di lei, ma non di me... - disse tristemente, così piano da non essere udito da nessuno, e sobbalzò quando l’uscio si chiuse alle spalle dello zio.

Claudia spalancò la boccuccia in uno sbadiglio che fece sorridere Liz. - Su, tesoro, vieni dalla mamma... -
La bimba la guardò con occhi velati dal sonno e si mise carponi per gattonare fino a lei, abbandonandosi poi beatamente fra le sue braccia.
Speranzoso, Ethan si girò verso il padre, che sorrise e si curvò su di lui per prenderlo. - Anche tu hai voglia di fare un po’ di nanna, eh? -
Shiri rimase in silenzio a guardarli dirigersi verso le scale poi si volse in direzione del fratello e lo osservò con attenzione. Il pranzo si era svolto come al solito, per quanto avesse notato una certa insofferenza nei confronti dell’allegro ciangottio dei gemelli, e desiderava con tutta se stessa aiutarlo.
Seduto sul divano, una gamba piegata sui cuscini e l’altra distesa in avanti, un gomito appoggiato sul bordo dello schienale e la testa reclinata sulla mano, Jason giocherellava distrattamente con il telecomando passando da un canale all’altro, il volume così basso che bisognava guardare lo schermo per capire se la televisione fosse accesa o meno. Con un piccolo sospiro andò a sedersi accanto a lui. - Hai voglia di parlarne? -
- Di cosa? -
- Di quello che è successo. Di Alexandra, di Shanee... -
- No -
- Jason, stavamo per perderti, lo sai, vero? -
- E’ un’esagerazione. Non sono mai stato sul punto di morire. Ero soltanto... - Schiacciò il pulsante di spegnimento e posò il telecomando vicino a sé, - ero soltanto privo di energie - concluse senza guardarla.
- Perché? -
- Non lo so! - sbottò con rabbia. - Stavo facendo l’amore con Alexandra e all’improvviso ho perso i sensi, ok? -
A quelle parole la ragazza arrossì di colpo. - Scusa... - mormorò accennando ad alzarsi, ma lui fu svelto a prenderla per un polso. - No, scusami tu... - bisbigliò, la voce resa roca da un improvviso bisogno di piangere. - Ho combinato un gran casino... -
- Credo... credo di sì... - Shiri gli diede una pacca affettuosa sulla coscia. - Adesso devo tornare in camera per finire i compiti. - disse piano.
- Puoi restare ancora un po’? - le chiese lui altrettanto piano.
Dopo una breve esitazione lei annuì. - D’accordo, come vuoi... - Provò una stretta al cuore nel vedere l’espressione di gratitudine che apparve sul suo viso. Immaginava come dovesse sentirsi, sapendo quello che lo aspettava, e mentre da un lato pensava che, in fondo in fondo, se lo meritava, dall’altro non voleva che si sentisse solo e abbandonato a se stesso. Accidenti, quella storia con Alexandra era diventata un vero e proprio incubo!...
Quando, di lì a poco, i genitori scesero di nuovo in soggiorno prese un profondo respiro e, dopo aver stretto la mano del fratello in segno di incoraggiamento, andò a sedersi nell’angolo opposto della stanza.
A Max non sfuggì la manovra della ragazza e serrò per un attimo le labbra. Sì, forse era meglio che ci fosse anche lei... Doveva essere certo che entrambi capissero veramente il significato di quello che era successo... Ma Jason! Dio, cosa doveva fare con lui?!?
Senza che dal suo viso trasparisse la tempesta interiore che lo stava agitando si avvicinò al divano e rimase a fissare il figlio per alcuni interminabili secondi, finché lui non si mosse a disagio.
- Max... - Liz pronunciò il nome del marito con tono supplichevole. Sapeva che quel che doveva dire era terribilmente importante, ma non voleva che il furore a malapena contenuto di Max creasse una frattura irreparabile tra i due. Non voleva che Jason voltasse le spalle alla famiglia come aveva fatto lei tempo addietro...
Il giovane sembrò comprendere il suo timore perché fece uno sforzo per recuperare un briciolo di calma e, senza mai distogliere lo sguardo da quello allo stesso tempo implorante e chiuso di Jason, cominciò a parlare. - Questa volta devo dar ragione a Michael - esordì. - Fino ad ora sono stato molto paziente con te, però adesso è giunto il momento di mettere le cose in chiaro... -
Il ragazzo si irrigidì cercando di prepararsi mentalmente a quel che sarebbe venuto dopo.
- Nessuno avrebbe mai potuto aspettarsi il senso di responsabilità che hai dimostrato fin da quando eri piccolissimo, affrontando e superando situazioni molto critiche. E ti sarò sempre grato per tutto ciò che hai fatto per me e tua madre, per Shiri e per gli altri... Il fatto che tu sia dotato di poteri speciali non deve comunque farti dimenticare che ci sono diverse maniere di prendersi cura delle persone, e di se stessi. Evitando di cacciarsi volutamente nei guai, ad esempio... -
Jason si sentì sopraffare dalla vergogna e dovette lottare con tutte le proprie forze per mantenere alta la testa.
- Lo sai che quella ragazza ha rischiato di morire per salvarti dall’oblio in cui ti eri perduto ubriacandoti? - Davanti al suo silenzio provò il desiderio di scuoterlo. - Io ti voglio un bene dell’anima, e sono terrorizzato all’idea di perderti... - disse invece con dolorosa tenerezza. - L’idea che un giorno né io né tua sorella potremmo arrivare in tempo ad aiutarti mi fa impazzire, e non posso sempre contare su un intervento esterno come quello che ha permesso a Shiri di raggiungerti in questa occasione. Tu hai il dovere di salvaguardare la tua vita... -
- E questo significa farla finita con Alexandra? - domandò Jason con voce spezzata, incapace di accettare l’enormità di una tale ipotesi.
Max si limitò a fare un cenno affermativo col capo.
- Non puoi chiedermi questo, papà! -
Il giovane emise un profondo sospiro. - Con tua madre avevamo deciso di non intervenire perché volevamo evitare che tu soffrissi nel dover stare lontano da lei, ma ora non è più possibile. Alexandra è sicuramente convinta di amarti, solo che io non posso permettere che continui a comportarsi così con te... E, dato che tu non riesci ad essere obiettivo, sono costretto a ordinarti di smettere di vederla da solo. Hai mentito, hai messo in pericolo non soltanto la tua e la sua esistenza, ma anche quella di una ragazza che neppure conosci e che aveva talmente a cuore la tua salvezza da anteporla alla propria! Spero che questo ti serva a riflettere e a capire che lo faccio per te, per aiutarti a crescere... Se la ami davvero, saprai che così facendo aiuterai anche lei... -
Jason abbassò lo sguardo, in preda allo sconforto. Come avrebbe fatto a dirlo ad Alexandra?
- Voglio fidarmi di te ancora una volta. Non deludermi... -
- No, papà. - La risposta gli uscì a fatica dalle labbra strette per la tensione.
- E ricordati che l’amore non è solo attrazione fisica. Amare una persona significa rispettarla, proteggerla, aiutarla... Cerca di capire se ciò che provate l’uno per l’altra è tutto questo, altrimenti commetterete uno degli errori più grandi che si possano fare nella vita... -
- Amare Alexandra non può essere un errore! -
- No. Ma lo è seguirla nei suoi sbagli. Stavolta ti ha fatto bere quattro bottiglie di birra, e ci hai quasi rimesso la pelle. E se un giorno ti chiedesse di drogarti? Faresti anche quello? Sei così cieco da non renderti conto di dove tutto questo ti sta portando? -
- E dove mi starebbe portando? -
- All’autodistruzione. E la cosa più terribile è che non te ne accorgi!... -
- Non è vero! - protestò Jason.
- Sì che lo è. Ma forse lo sapevi già. Altrimenti non ti sentiresti così in colpa... -
Il ragazzo fece per negare di nuovo ma tacque. Perché quel che aveva detto era vero... Il mento gli tremò impercettibilmente. Attese finché sentì che sarebbe riuscito a parlare con tono normale. - E’ tutto? -
- Sì -
- L’altra sera, però, la pensavi in maniera diversa - disse dopo alcuni secondi di pesante silenzio con tono quasi d’accusa.
Max incassò senza battere ciglio. - Perché la situazione era diversa. Un conto è rischiare la propria vita per salvarne un’altra, un conto è farlo senza alcun reale motivo. Sei mio figlio e ho il dovere di proteggerti, anche da te stesso. Non mi hai lasciato altra scelta, mi dispiace... -
- Già, ti dispiace... - Con una smorfia si alzò e andò verso la porta di casa.
- Dove vai? - si affrettò a chiedergli Liz, preoccupata.
- A fare un giro - Detto questo, chiuse l’uscio dietro di sé con più energia del necessario.
In preda all’ansia lei scattò in piedi. - Jason, aspetta! - Ma ormai era troppo tardi. Il volto mortalmente pallido, si lasciò ricadere sul divano. - Io... non volevo causargli tutto questo dolore... -
- Neppure io, se è per questo - disse Max piano, iniziando a concentrarsi.
Comprendendo quello che stava per fare Liz lo afferrò per l’avambraccio. - No! Non contattarlo, o si arrabbierà ancora di più con noi! - lo supplicò, poi emise un gemito e si piegò in due, in preda a violenti crampi.
- Liz! - Il giovane si chinò su di lei e l’aiutò a distendersi. Le mise una mano sullo stomaco per placare gli spasmi mentre Shiri, agitatissima, si affrettava verso di loro. - Come sta? -
- Meglio... Sto... sto meglio... - Sentendo che stava per mettersi a piangere, passò entrambe le braccia intorno al collo di Max che, mormorandole parole rassicuranti, la sollevò e la portò in camera da letto.

Dopo aver percorso a passi lenti una decina di metri, ormai sicuro che non potessero vederlo, Jason si mise a correre disperatamente, le guance rigate di lacrime.
Continuò a correre finché si ritrovò davanti ad una graziosa villetta. Passò una mano sulla serratura per farla scattare e spalancò la porta. - Zia! Zia Isabel! -
Non ottenne risposta ma qualcosa gli fece capire che la donna era nello studiolo. Vi si diresse in gran fretta e si slanciò tra le sue braccia. - Zia! -
In preda allo stupore Isabel lo strinse istintivamente a sé. - Jason! Santo cielo, coniglietto, che ti è successo?!? -
Il ragazzo era troppo sconvolto per dire qualcosa e si limitò a tenere la testa china sulla sua spalla, il corpo sottile e muscoloso scosso dai singhiozzi.
Quando si fu calmato lo condusse in cucina e preparò del tè. - Allora? - gli chiese con dolcezza.
Jason si asciugò le lacrime col dorso della mano. - E’ per via di Alexandra. Papà si è arrabbiato e... non vuole che la veda per un po’ di tempo... -
- Beh, intanto Alexandra è una tua compagna di classe per cui continuerai a vederla almeno a scuola... - cercò di consolarlo, - e poi... cos’avete combinato per farlo arrabbiare? - Aveva parlato con tono leggero ma dentro di sé era tesissima. Se Max era giunto a quella decisione doveva essere successo qualcosa di molto grave...
- Secondo lui Alexandra sta cercando di... di distruggere se stessa e me... -
- Scusa se te lo dico, Jason, ma dopo quello che lei ti ha fatto direi che non ha tutti i torti... - Colta da un dubbio atroce gli sedette accanto e lo fissò dritto negli occhi. - Ti ha fatto qualche altra cosa? - domandò a voce bassa.
- Mi ha dato delle bottiglie di birra. E io le ho bevute. Ho voluto berle! Mi aveva chiesto di farlo, non mi ha costretto! -
- Comunque tu, pur sapendo che per noi l’alcol è un veleno, lo hai fatto lo stesso... E...? -
- E mi sono sentito male - ammise il ragazzo.
- Allora non puoi rimproverare tuo padre per averti vietato di vederti con lei... -
Dopo un lungo silenzio Jason scosse il capo. - No, però... - Tacque, non trovando le parole per spiegare quello che provava.
- Sì, so che vuoi dire... - Gli batté affettuosamente sul braccio. - Sono sicura che Max soffre quanto te per questa punizione, ma penso che alla fine si chiarirà tutto. Ci vuole soltanto un po’ di pazienza... -
- Zia... - Il ragazzo deglutì con fatica. - E se... se fosse vero che la sua è solo attrazione fisica? Se, in realtà, non mi amasse? -
- Ti sei connesso a lei, giusto? - Vedendolo annuire continuò: - E hai sentito cosa prova per te? -
- Sì - Davanti al suo sguardo interrogativo arrossì un poco. - Io... so che mi ama... -
- Però ha uno strano modo di dimostrartelo... - dedusse Isabel.
Il viso di Jason divenne color cremisi. - E’ quello che ha detto papà - confermò.
“E ha perfettamente ragione!” Con un sospiro gli porse la bottiglia di salsa piccante. - Tieni. - Lo guardò versarne in grande quantità nel liquido ambrato e sorrise suo malgrado. - Pensi davvero che basti un po’ di tabasco a rendere le cose migliori di quel che siano? - chiese poggiando il gomito sul tavolo e reclinando il mento nell’incavo della mano.
- No, ma aiuta... - Bevve un piccolo sorso di tè e socchiuse gli occhi. - Posso rimanere qui fino alle cinque? -
- Alle cinque? -
- Esatto. A quell’ora devo andare a studiare da Sabrina -
- D’accordo, però prima telefona a casa. Non voglio che Max si preoccupi inutilmente. -
- Ok. E... grazie -
- Di nulla, tesoro... -

- E’ inutile che continui a guardare l’orologio, Alexandra non viene. - disse Sabrina con una punta di esasperazione picchiettando la matita sul bordo del libro.
Jason si volse sorpreso verso di lei. - No? -
- No. Quindi smettila di distrarti e concentrati su quello che stiamo facendo. Pensi di riuscirci? - Pronunciò l’ultima frase con pesante ironia, e lui non poté fare altro che annuire. - Sì, certo. Scusa... -
- Bene. Allora... -
Mark diede leggermente di gomito a Glen, che roteò gli occhi scuotendo un poco la testa.
- Sentite, voi due, volete superarlo, il test, oppure no? - Ottenuto un cenno affermativo da entrambi la ragazza indicò il paragrafo successivo e sottolineò alcune parole. - Perfetto. Dunque, come stavo dicendo... -
Nelle ore che seguirono Jason riuscì a tenere da parte il pensiero di Alexandra ma, quando lasciò la casa di Sabrina insieme agli altri, si diresse senza esitare verso l’abitazione dei Valenti.

- Ciao! Scommetto che sei venuto per Alexandra, vero? - Amy si fece da parte per lasciarlo entrare. - Ma niente sesso, capito? Quella ragazza è stata affidata a me e a Jim, quindi finché rimanete in questa casa dovrete comportarvi come si deve, d’accordo? -
Jason abbozzò un sorriso. - Certo, zia, stai tranquilla. -
- Allora va’ pure in cucina. E’ lì... -
- Grazie - Giunto nella stanza indicata rimase per un attimo a guardare la ragazza, seduta con la schiena rivolta alla porta. Alexandra? -
Lei si girò lentamente, un’espressione seria sul viso pallido. - Ciao -
- Pensavo che saresti venuta anche tu, da Sabrina... -
- Avevo altro da fare - Tornò a girare il cucchiaino nella tazza che aveva davanti.
Il giovane scostò una sedia e si accomodò accanto a lei. - Cosa c’è? - le chiese gentilmente.
Alexandra bevve un sorso di tisana poi si lasciò sfuggire un piccolo sospiro. - Sono andata al funerale di mia zia -
A quelle parole Jason sentì un tuffo al cuore. - Avrei voluto essere lì con te... - mormorò.
- Non sarebbe stato opportuno. -
- No, forse no, lo capisco, ma... -
- Ascoltami, Jason - lo interruppe la ragazza appoggiandosi contro lo schienale e guardandolo negli occhi, - ormai le cose sono andate come sappiamo. Lei è morta. E’ successo anche per colpa mia, quindi preferirei... preferirei non parlarne più. Io... se non fosse stato per me quelli dell’Fbi non le avrebbero mai fatto del male... -
- Ma l’Fbi è arrivata a lei perché noi due... -
- Perché io sono venuta a letto con te - precisò Alexandra, cominciando ad agitarsi. - Ormai mia zia non c’è più, ma noi siamo qui. Vivi. E vorrei che le cose rimanessero in questo modo. Il che non è poi tanto semplice, tutto considerato...
- Perché? Perché sono quello che sono? - chiese lui, a voce bassa.
- Sì, anche. Però... io non mi ero mai innamorata, prima, e ho paura di sbagliare... Continuo a sbagliare, a dire la verità, ed ho paura. - Fece un sorrisetto triste. - Mi piace stare con te, ma allo stesso tempo... mi spaventa... -
- A me succede la stessa cosa - ammise Jason coprendole una mano con la propria. - L’importante è rimanere insieme. Il resto... il resto verrà da sé... -
- Ne sei sicuro? -
- Sì. Mi basta vedere come si guardano i miei genitori. Se tu... se tu mi ami davvero... se restiamo insieme... avremo il mondo nelle mani... il nostro mondo... -
La ragazza guardò in silenzio le sue dita intrecciarsi alle proprie, poi rialzò il viso. - Jason... com’è possibile che tu abbia solamente un anno e mezzo e...? - indicò col mento nella sua direzione.
- E sia così? - concluse per lei. - Ecco, lo si potrebbe definire un incidente di percorso. Una volta ho dovuto usare molta energia per poter... sì, insomma, per allontanarmi da dov’ero, e... il mio corpo è come impazzito... Shiri era con me e ha subìto le stesse conseguenze... In realtà ci sono state anche altre occasioni, ma quella fu la prima. Adesso, però, ci siamo stabilizzati e riusciamo a mantenere il controllo delle nostre cellule. Beh, quasi... - La guardò un po’ di sottecchi, domandandosi come avrebbe reagito.
- Che intendi dire? -
- Che non sono ancora del tutto in grado di padroneggiare quello che succede dentro di me quando uso troppa energia. Ma col tempo divento sempre più forte, stai tranquilla... -
- Ah, perfetto! Allora... non devo preoccuparmi? - C’era un pizzico di sarcasmo nella sua voce.
- No. Almeno... non credo. Non finché non dovrò spostarmi avanti e indietro fra la Terra e Antar. In quel caso... potrei avere ancora qualche problema... -
- Antar? -
- E’ il mondo d’origine di mio padre -
- Capisco... - Alexandra bevve un altro sorso di tisana, e lo sforzo che stava facendo per mantenersi calma divenne evidente. Jason la fissò incerto. - Senti, io... -
- E’ tutto a posto. Stiamo solo parlando di... di poteri alieni e di pianeti. Cosa vuoi che sia? -
- Per favore... -
- Jason, va tutto bene, davvero! Mi serve semplicemente ancora un po’ di tempo per accettarlo ma... puoi fidarti di me, d’accordo? Adesso, però, lasciami sola, ok? - Così dicendo distese le dita sottraendole con gentilezza alla sua presa.
- Ok - Un po’ a malincuore il ragazzo si alzò in piedi, per poi bloccarsi quando lei lo prese gentilmente per il polso. Grazie per essere passato - disse guardandolo negli occhi.
Cogliendo il suo silenzioso invito Jason si curvò a baciarla sulle labbra, un bacio tenero e profondo cui Alexandra rispose con slancio.
- Jason! Ehm, scusate se vi ho disturbato... - Jim Valenti fece per tornare indietro ma il giovane scosse il capo. - No, stavo andando via. Ciao, Alexandra, ciao, zio... -
Rimasti soli, i due si squadrarono in silenzio per alcuni secondi.
- Come va? - s’informò lo sceriffo.
- Meglio. La ringrazio ancora per essersi occupato di organizzare i funerali... Io... io non avrei saputo da che parte cominciare... -
- Non pensarci. Allora? Tutto bene con Jason? -
- Sì, certo. Una volta fatta l’abitudine... -
- Già, so a cosa ti riferisci... Ma è un gran bravo ragazzo... -
- Mm - Alexandra finì di bere la tisana dopodiché sciacquò la tazza e, senza dire altro, si ritirò in camera. Era quasi mezzanotte quando riuscì ad addormentarsi.

Jim continuò a fissare il figlio con orgoglio finché scomparve alla sua vista. - Dio, non posso crederci... - sussurrò allora, quasi inconsapevolmente.
Amy tuttavia lo udì e gli strinse forte la mano. - E’ stato davvero in gamba! -
Kyle Valenti era uscito fra i primi dieci diplomati e questo gli avrebbe permesso di scegliere tra qualsiasi destinazione, eppure aveva mantenuto la richiesta di assegnazione a Roswell. Così, a partire dal lunedì successivo, sarebbe stato agli ordini del padre. Probabilmente non sarebbe stato facile, all’inizio, ma entrambi erano certi che la cosa avrebbe funzionato, e anche molto bene.
Quando la cerimonia ebbe termine e l’eco delle parole del giuramento si fu dispersa nell’aria cristallina di quella splendida mattinata, Kyle raggiunse la coppia e si lasciò abbracciare ridendo per nascondere la propria commozione.
- Sono così fiera di te, Kyle! - Amy gli diede una carezza leggera, gli occhi lucidi, poi fece un passo indietro e mise una mano sulla spalla di Alexandra. - Lei è Alexandra. Starà con noi per qualche mese, e anche di più, se lo vorrà... -
- Alexandra, eh? E così tu saresti la ragazza di Jason! Benvenuta in famiglia -
Lei lo scrutò con sospetto, domandandosi cosa sapesse della loro storia. Riluttante, tese il braccio e lasciò che le stringesse la mano. Una stretta calda e forte che non le dispiacque, così come non le dispiacquero i suoi occhi azzurri aperti e sinceri. - Grazie. -
- Bene, e adesso che ne dite di tornare a Roswell? La strada è piuttosto lunga... - disse Jim guidandoli verso la macchina.

- Sorpresa!!! -
Kyle sorrise. Si aspettava qualcosa del genere, ciononostante l’allegro grido di benvenuto dei suoi amici lo colse impreparato e dovette faticare per trattenere l’emozione. Sollevò due dita fino a sfiorare la tesa del cappello in segno di saluto poi si sottopose pazientemente al rito degli abbracci.
Quando fu la volta di Shiri la ragazza reclinò il capo per mormorargli alcune parole all’orecchio. Per un attimo socchiuse gli occhi e la strinse più forte. - Grazie... - bisbigliò.
Nello staccarsi da lui la giovane aliena cercò il suo sguardo per un reciproco, complice sostegno, poi l’atmosfera di festa li sommerse di nuovo portando via il delicato rimpianto per la lontananza delle persone care.
Per ultimo toccò ai bambini. Claudia ed Ethan erano decisamente incuriositi da Kyle. Sentivano la sua disponibilità, la sua dolcezza, e tesero verso di lui le manine per essere presi in braccio.
Liz assisté divertita allo spettacolo del giovane che cercava di barcamenarsi fra i due piccoli mentre Max, come sempre al suo fianco, le teneva un braccio intorno alle spalle.
Finalmente i gemelli si ritennero soddisfatti e accettarono di tornare ai loro giochi, e Kyle poté studiare i suoi amici con tutta calma. Era bello trovarsi di nuovo con loro, come ai vecchi tempi. Ne aveva sentito molto la mancanza, durante gli anni di accademia. A ripensarci gli sembrava incredibile, eppure aveva provato nostalgia per lo strano, inquietante legame che lo aveva in qualche modo costretto ad entrare a far parte di quel gruppo, ma ora si sentiva davvero a casa.
Osservò tutti con attenzione, ritrovando atteggiamenti familiari e scoprendo nuove profondità. Non era stato via così a lungo, in realtà, eppure sapeva, da quel che gli era stato raccontato dal padre, e da Liz e Maria, che tante, dure e a volte persino terribili esperienze avevano segnato le loro vite.
Ma certe cose non erano cambiate. Liz era bellissima come sempre, anzi, forse ancora più di quanto ricordasse, e non gli sfuggì l’atteggiamento iperprotettivo di Max. Anche quella era una cosa che non sarebbe mai cambiata... Maria e Michael sembravano aver infine raggiunto un equilibrio nella turbolenta relazione che li aveva visti incontrarsi e scontrarsi dal primo momento in cui erano entrati in contatto, ed il loro bambino era un piccolo miracolo di tranquillità... Isabel era incredibilmente serena, e non dubitava che il merito andasse in gran parte all’uomo calmo e forte accanto a lei. Jason e Shiri, invece, continuavano a sorprenderlo. Così giovani eppure così... adulti... E poi Alexandra, l’ultima arrivata, evidentemente a disagio per quella che era a tutti gli effetti una riunione di famiglia. Chissà cosa doveva aver provato nello scoprire in che razza di pasticcio era finita...
Certo, il venire a conoscenza del segreto di Max, Isabel e Michael aveva sconvolto la sua vita, ma non poteva non riconoscere che da quel momento aveva cominciato a vivere davvero. Non lo avrebbe mai ammesso con nessuno, neppure con suo padre, però l’essere diventato involontario membro di quello specialissimo club gli aveva permesso di diventare una persona migliore di quel che avrebbe mai osato immaginare perché gli aveva insegnato a preoccuparsi degli altri oltre che di se stesso, a prestare davvero attenzione a quel che succedeva attorno a lui, e soprattutto ad aver fiducia nelle proprie capacità.
Con un sorriso accettò il bicchiere che Amy gli porgeva e lo sollevò per il brindisi. - Sono contento di essere di nuovo qui, con voi, e vi ringrazio per la calorosa accoglienza. Siete gli amici migliori che si possano desiderare e... sappiate che potrete sempre contare su di me, anche come poliziotto! -
Si udì qualche risatina poi tutti alzarono i propri bicchieri in risposta.
Liz mormorò un ringraziamento a Max che, sfiorando il suo calice, aveva modificato la composizione dello champagne eliminando ogni traccia di alcol, e bevve a lunghi sorsi avidi.
Per puro caso Maria aveva assistito alla scena e nei suoi occhi era apparsa una luce di comprensione. - Michael! - lo chiamò a fior di labbra girandosi e quasi strappando via il bicchiere dalla mano del giovane, che la fissò sbalordito. Ehi, sei impazzita? -
- Io no, ma lo sarai tu fra pochissimo se ti azzardi a bere questa roba! Avanti, su, fa’ come ha fatto Max! -
- E che cos’ha fatto, il mio signore e padrone? - sbuffò seccato lui.
- Ha usato il cervello - ribatté Maria. - Hai presente quella roba grigia che la maggior parte della gente ha dentro la testa? -
- Spiritosa... -
- Beh, tu evita di ubriacarti e dimostrerai di esserne dotato! - Accennò a porgergli di nuovo il calice. - O fai quello che ha fatto lui o vai a prenderti l’acqua in cucina! -
Con una smorfia Michael usò i propri poteri per trasformare il liquido dorato in una bevanda innocua per il suo organismo e lo trangugiò d’un fiato. - Bleah! Avrei dovuto metterci un po’ di tabasco... - commentò poi, disgustato.
- Allora sì che avrebbe fatto davvero schifo - disse lei inorridendo.
- Adesso vi riconosco! - Kyle, che si era avvicinato inosservato, diede a Michael una pacca amichevole sulla spalla. Mi era sembrato strano vedervi buoni buoni uno accanto all’altro! -
- Molto divertente... - Maria fece finta di dargli un pugno nel fianco. - E’ bello riaverti qui, Kyle, davvero! - disse posandogli la mano libera dietro il collo e stringendolo affettuosamente a sé. - E quando ci sarà anche Alex, ad aprile, sarà come tornare ai vecchi tempi! -
- Sei davvero convinta che verrà a Roswell? - il giovane osservò dubbioso.
- E dove potrebbe andare, altrimenti? Non si può restare lontani a lungo da questo posto! -
- Cos’è? Una minaccia aliena? - chiese ancora Kyle, semiserio.
Maria si scostò da lui e lo scrutò con attenzione. - Spero che questa sia solamente una battuta - rispose. - Qui c’è tutta la nostra vita, e non ci sentiremmo a nostro agio da nessun’altra parte. Roswell è un posto speciale -
- Su questo sono pienamente d’accordo con te. - Per un attimo si volse a guardare Liz, che si stava chinando per prendere in braccio Claudia. - Non preoccuparti, non ho alcuna intenzione di lasciare di nuovo la città... -
- Splendido! - Soddisfatta per quelle parole la ragazza gli fece un bel sorriso. - Su, vai, adesso. Credo che tuo padre ti stia cercando... - e accennò allo sceriffo, che si stava dirigendo verso di loro.
Kyle annuì. - Ci vediamo più tardi - disse prima di voltarsi e andare incontro all’uomo.
- Immagino che tu sia un po’ stanco ma ci tenevano molto ad organizzare un party a sorpresa per il tuo ritorno... -
Il giovane scrollò il capo. - Posso riposarmi domani, e comunque mi ha fatto veramente piacere ritrovarli. Sai, mi hanno incasinato la vita non poco, però... credo di non avere mai avuto amici altrettanto sinceri... -
- Già. Senti, io volevo sapere se sei sempre deciso a vivere per conto tuo. Qui c’è ancora la tua vecchia stanza e... -
- Ti ringrazio, papà, ma preferisco così. Ho bisogno di uno spazio tutto mio, e poi voglio imparare a gestirmi da solo. Sai, nel caso che... - Fece una spallucciata. - Sì, insomma, se un giorno metterò su famiglia dovrò pur sapere come si fa a mandare avanti una casa, no? -
- Hai ragione. Ok, allora come non detto. Ma non credere di riuscire a liberarti tanto facilmente del tuo vecchio! - Jim sorrise e gli circondò le spalle con un braccio prima di sospingerlo verso Amy. - Per l’occasione ha preparato un assortimento di dolci incredibile... -
- Lei lo sa che l’hai sposata solo perché è un’ottima cuoca? -
- Non è vero, e tu lo sai benissimo! -
- Ah, non me lo ricordare... - Ripensando al comportamento del padre quando aveva iniziato a corteggiare Amy DeLuca sentì una contrazione allo stomaco. Non era stato facile vedere il proprio genitore spasimare dietro una donna come un ragazzino...

Alexandra si avvicinò con noncuranza a Jason. - Avete strani amici, voialtri... -
Lui la fissò senza capire finché non seguì il suo sguardo. - Ti riferisci a Kyle e allo zio Jim? - chiese stupito.
- Beh, sono poliziotti. E voi non siete in buoni rapporti con le forze dell’ordine... -
- Con l’Fbi - si affrettò a precisare il giovane - E solo perché vogliono sterminarci. -
- Capisco... E... zio Jim? - Roteò lentamente il calice fra le dita. No, proprio non era stata una buona idea innamorarsi di lui...
- In effetti è un amico dei miei genitori. Mio padre ha soltanto una sorella, Isabel, e mia madre è figlia unica. -
- Insomma, in pratica nessun vero parente. Tutte queste persone... sono soltanto una messa in scena... -
Jason corrugò la fronte. - Non ti seguo. Loro... sono parte della mia famiglia. -
La ragazza posò il bicchiere e scosse le spalle con noncuranza. - A volte è più importante avere accanto un buon amico piuttosto che un genitore indifferente... -
- Tu hai molti amici. -
- Ti conosco da pochi mesi eppure sai più cose di me di tutti loro messi insieme... -
La guardò intensamente per un attimo poi distolse gli occhi. - Io... devo dirti una cosa... Ma non è facile... -
- Di che si tratta? -
- E’... per via dell’altra notte. Mio padre ritiene che possa mettermi ancora nei guai se... se resto con te. Vuole che per un po’ non ci vediamo da soli... -
- E tu glielo permetterai?!? -
- Alexandra, io devo obbedirgli! Questa volta devo farlo! - Le prese entrambe le mani tentando disperatamente di farle capire. - Io non voglio andare contro la mia famiglia, e... credo che lui abbia ragione. Sono successe tante cose, fra di noi, e troppo in fretta... -
- Hai paura di me? - gli chiese con freddezza.
- No! - fu l’immediata e ferma risposta. - Ma capisco le sue, di paure... Non è facile neppure per me, credimi... Mi piace stringerti mentre dormi... mi piace quando mi tocchi... e l’idea di starti lontano mi fa star male... -
- Allora non farlo! -
Il ragazzo si portò le sue mani alle labbra e vi depose un piccolo bacio. - Non posso disobbedirgli. Non voglio più farlo... Ti chiedo perdono... -
- Non è a me che devi chiederlo, ma a te stesso - Alexandra abbassò di scatto le braccia costringendolo a lasciarla andare.
Jason la prese gentilmente per i polsi. - Non smetterò di amarti soltanto perché non faremo l’amore per qualche settimana... -
- E se lo facessi io? - lo sfidò lei.
- Allora... - Cercò di inghiottire il nodo che aveva in gola ma non riuscì a liberarsi della sensazione di soffocare. Allora vuol dire che ci eravamo sbagliati. - La fissò con occhi lucidi di emozione poi, d’impulso, le sfiorò il viso in una tenera carezza. - Ma spero tanto che non sia così... -
- Sei sicuro che a tuo padre basterà qualche settimana? - gli chiese sottovoce.
- Io... me lo auguro. Dio, non posso pensarci... - Fece scivolare le dita fra le treccioline stringendole gentilmente e si protese a baciarla. Un bacio delicato, che durò solo pochi preziosi istanti. Poi si tirò indietro e la lasciò libera.

- Se stai cercando Jason, è andato in cucina con Alexandra -
Shiri si passò una mano fra i capelli. - Perché la cosa non mi sorprende? - borbottò.
Kyle rise divertito. - Quella ragazza è una vera miscela esplosiva e tuo fratello rischia di bruciarsi... -
- Grazie per l’avvertimento ma ormai è troppo tardi, almeno per Jason. Lei... è un altro discorso. Lo ama abbastanza da aver scelto di rimanergli accanto anche dopo aver scoperto la verità, però a volte si comporta in maniera molto dura e lo fa soffrire. -
- Succede più spesso di quanto tu non creda, sai? Comunque, se sono destinati a... -
- A stare insieme niente potrà separarli. Sì, ho già sentito questa frase... - L’aliena rise a sua volta. Una risata la cui amarezza non sfuggì al giovane. - Nessuna notizia di Bren? -
- No. Purtroppo non ho ancora imparato a raggiungerlo. Riesco a sfiorare la sua mente quando dorme, ma questo è tutto. -
- Non commettere imprudenze, capito? Potresti finire nei guai... -
- Lo so. Però è frustrante! -
- Non dirlo a me! Da quando ho incontrato Lhara ho smesso di guardare le altre ragazze! -
Con una smorfia di comprensione Shiri si avviò in cucina, e grande fu il suo sollievo nel vedere che il fratello stava armeggiando nel frigo alla ricerca di qualcosa di adatto da bere e non, come aveva temuto, incollato ad Alexandra in un abbraccio infuocato...
- Ehi! Volete un po’ di aranciata anche voi? - chiese Jason con un sorriso forzato ai due e mostrando la lattina come se fosse un trofeo.
- Io passo, grazie. - rispose Kyle, mandando giù tutto d’un fiato il resto del proprio champagne.
- Prendo il tabasco - si offrì Shiri dirigendosi verso la credenza.
Scuotendo la testa Alexandra si girò a prendere un altro bicchiere e lo aggiunse a quelli già sul tavolo. - Come farete a bere queste schifezze... -
Venne udita solo da Kyle, che le rivolse uno sguardo ammiccante. - E’ il segno distintivo degli alieni. Mettono la salsa di tabasco praticamente su tutto, e la mettono in quantità industriale! -
- Sì, l’avevo notato... - Osservò Jason e Shiri preparare i loro disgustosi intrugli e berli con evidente soddisfazione. Colta dal dubbio, senza dire nulla andò accanto al ragazzo e premette il palmo della mano contro la sua guancia costringendolo a voltarsi verso di lei per potergli dare un bacio. Dopo alcuni secondi si ritrasse e lo guardò leggermente sorpresa. - E’ buono... -
Kyle sbatté le palpebre, incredulo. Santo cielo, quella ragazzetta era davvero unica! Qualcosa gli diceva che Liz e Max non dovevano sentirsi molto a loro agio nel gestire una tale situazione... S’infilò le mani in tasca. - Posso lasciarvi soli? - chiese con divertita cautela.
Jason e Shiri lo guardarono senza capire e lui, scuotendo la testa, tornò in soggiorno.

- Su, piccolino, vieni da papà... - Michael si chinò a prendere in braccio Mathias, che stava cominciando ad agitarsi. - Tutta questa confusione ti ha svegliato, eh? -
Maria, intenta a parlare con la madre, si accorse di quel che stava accadendo e sentì le lacrime pungerle dietro le palpebre. Michael sapeva essere di una dolcezza struggente con Mathias, e guardarli insieme era uno spettacolo che la lasciava ogni volta senza fiato. Il suo uomo dello spazio riusciva sempre a sorprenderla...
- Credo sia meglio venerdì, sì, hai ragione. E naturalmente penserò io al dolce! Torta al cocco, che ne dici? -
- Mm? - La ragazza si scosse. - Mamma, quello è il dolce preferito di Jim, non di Kyle! -
La donna sospirò. - E’ vero ma... devo ammettere che non so cosa gli piaccia di più... -
Davanti alla sua evidente desolazione Maria le sorrise. - Non preoccuparti, credo che la torta al cocco andrà benissimo. E adesso scusami: vado a vedere cosa stanno combinando i miei maschioni... -
- Certo, tesoro, fa’ pure. Intanto io vado a prendere le altre tartine... - Così dicendo Amy si diresse in cucina e quasi si scontrò con Jason. - Oh, scusami, caro! Ma... dove stai andando con quella roba? -
- E’ stata un’idea di Shiri. Bevande analcoliche e tabasco per gli zii e mamma e papà. Spero non ti dispiaccia... -
- No, affatto! Anzi, sono stata proprio una sciocca a non pensarci... -
Lui sorrise e si allontanò col suo vassoio.
Il delizioso profumo delle tartine le stuzzicò piacevolmente l’olfatto, ma all’improvviso spalancò gli occhi inorridita. - Il forno! Santo cielo, ho dimenticato di spegnerlo! - Fece per slanciarsi verso il forno ma fu fermata da Shiri, che con Alexandra stava disponendo gli stuzzichini sui piatti da portata. - Non preoccuparti, zia, lo abbiamo spento noi. Per fortuna avevi messo il timer... -
- Vi ringrazio! Non mi era mai successo prima... - si lamentò la donna.
- E’ tutto a posto, stai tranquilla. - La giovane aliena la guardò con dolcezza. - A Kyle piaceranno moltissimo... -
- Si vede che sono nervosa? - domandò lei agitandosi ancora di più.
- Un po’, sì... -
- Sei sicura che non si sia bruciato niente? -
- Certo, ne sono sicurissima! E adesso torna di là a chiacchierare con gli altri! Qui ci pensiamo Alexandra ed io -
- Ok, ok... Grazie, siete davvero gentili... -
In pochi minuti le due ragazze terminarono di sistemare le tartine e lasciarono a loro volta la cucina.
Nel vederle arrivare Amy finalmente si rilassò. Sapeva quanto quella giornata fosse importante per Jim, e voleva che ogni cosa fosse perfetta! E invece non riusciva a combinarne una giusta... Prima le bevande, poi il forno... Ma, grazie al cielo, almeno per il momento il disastro era stato evitato!

- E così anche tu hai sentito la nostalgia di casa... - Liz sorrise divertita a Kyle, che si grattò distrattamente la nuca. Roswell non è certo il posto più bello del mondo, però credo che non potrei vivere da nessun’altra parte. Inoltre... a voi serve tutto l’aiuto possibile, dato che ve ne capitano di ogni genere... -
- Credimi, ne faremmo volentieri a meno! -
- Vedo che con Max le cose procedono bene - Il giovane accennò all’alieno, intento a chiacchierare insieme alla sorella e a Morgan. - Per quanto all’epoca ci sia rimasto malissimo, direi che hai fatto la scelta migliore. Siete davvero fatti l’uno per l’altra... - Fece una spallucciata. - E in ogni caso, come avrei potuto competere con lui? E’ più alto di me, ha più muscoli, sa fare cose che io non potrò mai fare... Ha perfino un trono! -
- Non essere sciocco! - Senza volerlo Liz si volse a lanciare uno sguardo al marito. - E’ solo che... c’è alchimia, fra noi... -
- Chiamala alchimia! - scherzò lui. - Comunque, ho avuto l’impressione che anche fra Jason e Alexandra ci sia un legame molto forte... - Era tornato serio, e la ragazza lo fissò serrando impercettibilmente le labbra. - Sì, è così. Non avrei mai pensato che potesse succedere tanto presto, ma i miei figli dimostrano quindici anni e si comportano come se avessero davvero quell’età... -
- Non credi che sarebbe stato peggio se, con l’aspetto che hanno, si fossero invece comportati come neonati? -
A quelle parole Liz rabbrividì. - Questo è vero... - bisbigliò. - Almeno i gemelli stanno crescendo in maniera abbastanza normale... -
“Normale... Non è certo l’aggettivo da usare per qualsiasi cosa abbia a che fare con Max Evans...” pensò Kyle con leggero cinismo.
- Ma parliamo un po’ di te, adesso. Dimmi, com’è stata la cerimonia? -
Il giovane accolse volentieri il cambio di argomento. - Liberatoria - ammise ridendo. - Negli ultimi mesi ho studiato come un pazzo per essere sicuro di farcela. Avevo l’impressione che fossero tutti più in gamba di me e così mi sono dannato l’anima cercando di superare i test col migliore punteggio possibile, e ritengo di essermela cavata discretamente... -
- Di questo puoi esserne certo! - Liz indicò qualcosa dietro di lui. - Tuo padre è molto orgoglioso di te. So che aspettava con ansia il tuo ritorno... -
- Sì, per potermi tenere d’occhio -
- Non è vero, e tu lo sai - Gli puntò un dito contro il petto. - Guarda che ti conosco meglio di quanto tu creda. E’ chiaro come il sole che non vedi l’ora di fargli vedere quanto sei bravo! -
- Qui a Roswell?!? Liz, in questa città non accade mai niente! A parte qualche scaramuccia tra alieni e federali... -
- Ah ah - Sollevò un poco il mento ergendosi in tutto il suo metro e sessanta di altezza. - Guarda che la criminalità c’è anche a Roswell. Magari non tanta come a San Diego, questo è vero, però sono sicura che qualcosa da fare la troverai! -
- Se lo dici tu... -
- Dai! Non vorrai mica dirmi che preferiresti rischiare la vita ogni giorno cercando di impedire rapine e omicidi?!? E ricordati che i federali, nonostante tutto, continuano a indagare su di noi coinvolgendo anche persone innocenti! -
- Mio padre non mi aveva detto niente... - mormorò Kyle, scosso da quella notizia.
- Non sono certo faccende che si possano pubblicizzare - Liz si schiarì la gola. - Comunque è stato a causa del loro intervento che Alexandra ha scoperto la verità su di noi. -
- Insomma, le cose non sono poi cambiate molto, rispetto a qualche anno fa... -
- No, infatti - La ragazza lo guardò dritto negli occhi. - Ma, a differenza di allora, adesso abbiamo più amici. - Sorrise. - Anzi, una di queste sere ti inviterò a cena e ti farò conoscere Shanee, l’ultimo acquisto! Ben tornato a casa, Kyle -
- Grazie. - Un sorriso divertito gli illuminò il volto. In accademia si era sentito piuttosto isolato, costretto com’era a pesare ogni parola che diceva, mentre ora provava una fantastica sensazione di libertà...

- Ti va di studiare insieme, più tardi? -
Alexandra si chinò a stringere dolcemente la manina di Ethan evitando lo sguardo di Jason. - Non posso, mi dispiace, ho già preso un impegno con Tanya. -
- Allora... sarà per un’altra volta... -
- Certo -
- Ok - Il ragazzo vide la madre avvicinarsi. - Devo andare, adesso. - A malincuore si alzò in piedi e prese il fratellino in braccio. - Ciao... -
- Ciao -
Si scambiarono un rapido bacio poi Alexandra si volse a salutare Liz provando un’ondata di sollievo. Non vedeva l’ora che quella gente se ne andasse, portando con sé la follia che era piombata nella sua vita. Alieni, Fbi, cospirazioni... Persino lo sceriffo c’era dentro fino al collo!... Con un certo distacco osservò Kyle Valenti abbracciare il padre e, recuperata la valigia, uscire insieme agli altri, dopodiché aiutò Amy a mettere in ordine prima di ritirarsi nella propria stanza.
Appena si fu chiusa la porta alle spalle si precipitò a prendere il cellulare e compose un numero. - Tanya? Senti, posso venire a studiare da te? -
“- Sì, naturalmente! Avverto anche Sabrina. Viene pure Shiri? -”
- No, lei no! Soltanto noi tre, come una volta... -
“- D’accordo. A fra poco! -”
- Perfetto. Grazie, Tanya, grazie infinite! - Chiuse la comunicazione e si lasciò ricadere sul letto. “Anche questa è fatta...” Si raddrizzò di scatto e raccolse alcuni quaderni che poi gettò alla rinfusa nello zaino, dopodiché tornò in soggiorno e avvertì i Valenti che sarebbe andata a studiare da una compagna e sarebbe rientrata per l’ora di cena. Non volle dar peso allo sguardo incuriosito che i due le lanciarono ma si limitò a fare un cenno di saluto col braccio e uscì.
Una ventina di minuti più tardi era davanti alla casa di Tanya, e la ragazza l’accolse con un gran sorriso. - Sabrina è già arrivata. Dai, vieni! -
Poco dopo le tre amiche sedevano sul tappeto a gambe incrociate. Davanti a loro, sparpagliati con noncuranza, c’erano libri e quaderni.
- Coraggio, raccontaci cosa sta succedendo! - disse Tanya fissando Alexandra con interesse.
- Volevo stare un po’ per conto mio. C’è stata una festa, a casa dei Valenti, per il ritorno del figlio dall’accademia di polizia, e sono venuti anche Jason e i suoi familiari. - Sbuffò. - E’ stata un’esperienza stressante... -
- Perché? - volle sapere Sabrina.
- Perché in quella famiglia nessuno si fa gli affari propri. Sanno tutto di tutti, per non parlare del fatto che una volta la madre ci ha trovati a letto insieme... E’... è imbarazzante, ecco! - confessò. In realtà c’era molto altro, ma non era il caso di raccontarlo.
- Già, ti capisco. - La ragazza si grattò pensosa il mento. - E Shiri che ne pensa, della vostra storia? -
- Non ne ho idea e non m’interessa saperlo. Ma che razza di domanda mi fai? Ti pare che andrei a chiederglielo?!? -
Davanti all’espressione quasi oltraggiata di Alexandra Sabrina fece una piccola smorfia. - Beh, considerando tutto quello che è successo tra di voi non mi sembrava poi tanto strano che lei potesse aver fatto qualche commento... -
- Se è per questo sono sicura che ne abbia fatto anche più di uno, però non a me! -
- Senti, lo sappiamo che sei innamorata di Jason, e lui di te... A proposito, avresti dovuto vedere che faccia ha fatto ieri quando gli ho detto che non saresti venuta a studiare a casa mia! - Sabrina ridacchiò divertita, poi si fece di nuovo seria. - Insomma, non riesco a capire perché lo tratti sempre così male... Non hai paura che un giorno possa decidere di averne abbastanza e ti molli? -
La domanda la fece sussultare. “Potrebbe davvero farlo?!?” si chiese, vagamente intimorita.
- Santo cielo, Alex, non dire che non ci avevi mai pensato! - esclamò Tanya stupefatta, poi scoppiò a ridere. - Non ci posso credere... Comunque sta’ tranquilla, Jason è talmente cotto che non ti lascerebbe di sua iniziativa neppure se lo costringessi con una pistola alla tempia! -
A quelle parole Alexandra divenne pallida come uno straccio e serrò i pugni fino a conficcarsi le unghie nei palmi.
Sabrina, che non si era accorta della reazione dell’amica, diede una leggera spinta a Tanya. - E tu credi ancora nel mito dell’orgoglio maschile?!? Guarda che ci sono ragazzi che ti vengono dietro solo se li maltratti e che perdono ogni interesse non appena gli fai capire che ci stai! -
- Non credo che Evans sia così, altrimenti se ne sarebbe andato già da un pezzo! -
- Ehi, calma, calma! Sentite, che ne dite di metterci a studiare? - intervenne Alexandra portandosi le mani alle tempie.
- Credevo che lo studio fosse solo una scusa! - protestò Tanya.
- Sì, in effetti volevo semplicemente uscire di casa per rilassarmi, ma tutto questo parlare di Jason non mi sta aiutando, quindi, per favore, adesso possiamo studiare? -
La ragazza scosse la testa con disappunto mentre Sabrina sorrideva impacciata. - A dire la verità io dovrei ripassare economia, e poi ho un appuntamento con Mark. Che ne dite? -
Senza alcun entusiasmo Tanya prese il proprio quaderno di appunti. - D’accordo, facciamo economia -
- Dai, dopo usciremo anche noi. Devo cercarmi un lavoro -
Le altre la fissarono sorprese, e Alexandra abbassò le mani sulle cosce strofinandosi piano il tessuto ruvido dei jeans. - Quando compirò diciott’anni entrerò in possesso sia dell’eredità dei miei genitori che di quella di mia zia, ma per ora sono rimasta al verde e devo trovare al più presto un mezzo per guadagnare qualcosa. - spiegò.
- Mm, avrei preferito lo shopping! - commentò Tanya.
- A chi lo dici... -

Il cielo era color indaco e le prime stelle cominciavano a fare capolino.
Kyle s’infilò le mani in tasca e fece un respiro profondo. - Immagino che vogliate aggiornarmi su quello che è successo mentre io non c’ero... - disse voltando le spalle alla finestra.
Max sorrise con aria di scusa. - Sì, è così. Spero non ti dispiaccia questa invasione quando avresti potuto rimanertene in santa pace con tuo padre... -
- Figurati! Nei prossimi giorni lo vedrò fin troppo spesso! Invece penso sia molto importante sentire quello che avete da dirmi, in modo che possa esservi d’aiuto. E questo è un ottimo posto per parlare senza che qualcuno ci ascolti - Non avrebbe mai dimenticato, infatti, il giorno in cui Amy DeLuca aveva inavvertitamente udito una sua conversazione con Alex e scoperto, in questa maniera, chi fosse in realtà Michael.
- Ormai sono in tanti a conoscere il nostro segreto, purtroppo, e proteggerci è sempre più difficile. Ufficialmente, quelli dell’Fbi ci tengono d’occhio per essere certi che non mettiamo in pericolo la sicurezza del paese. Ufficiosamente, invece, aspettano un nostro passo falso per rinchiuderci da qualche parte e buttare via la chiave. Infine ci sono i nostri nemici alieni, che continuano a cercare di farci fuori per ripristinare il loro potere su Antar. Chiunque sia vicino a noi corre dei rischi enormi, ed è giusto che tu sappia con esattezza come stanno le cose non solo per aiutarci, ma anche per aiutare te stesso... -
- Ok, adesso sono davvero preoccupato. Comincia pure a raccontare... -
Max parlò a lungo, cercando di fornire un quadro il più preciso possibile della situazione, mentre Michael ed Isabel intervennero per chiarire alcuni dettagli. Anche Shiri e Jason diedero il loro contributo, e alla fine Kyle sentì che stava per venirgli un gran mal di testa. - Accidenti, ne avete avuti di guai! Mi piacerebbe proprio sapere come siate riusciti anche a laurearvi, e per di più con un anno di anticipo! - Guardò Isabel e Max e alzò le mani in segno di resa. - No, non ditemelo! Superiori capacità aliene... E tu hai contagiato Liz, giusto? - chiese rivolgendosi al giovane.
- Non esattamente. E’ vero che il mio sangue si è modificato in conseguenza degli interventi di Max e delle gravidanze, ma gli esami li ho superati solo studiando come una matta, sia ben chiaro! - tenne a precisare Liz, un po’ seccata per quell’osservazione.
Kyle agitò leggermente una mano. - Ehi, calma, era solo una battuta! Non volevo accusare Max di nulla! -
Le guance della ragazza si colorarono di rosa. - Scusami, ho esagerato... -
- Non c’è problema. - Guardò Max. - Nessun rancore? -
Il giovane scosse la testa sorridendo ed infilò le dita tra i morbidi capelli della moglie carezzandole piano la nuca. E’ solo che Liz non ama scherzare su certi argomenti... -
- Me ne sono accorto... - mormorò Kyle quasi a se stesso. A dire la verità, fin da quando era entrata in maggiore confidenza con Max Liz aveva sempre reagito male a qualsiasi osservazione appena un poco negativa nei suoi riguardi, tradendo così l’immediato profondo interesse che aveva provato per lui. A quanto sembrava il tempo non aveva attenuato quell’atteggiamento protettivo...
- Bene, ora che sei stato aggiornato sugli sviluppi dei difficili rapporti tra noi ed il resto della razza umana - intervenne a quel punto Maria, - vorrei tranquillizzarti sul fatto che ogni tanto riusciamo anche ad organizzare qualcosa di divertente. E spero che accetterai di unirti a noi! -
- Come fate coi bambini? Non sono un po’ piccoli per rimanere a casa da soli? - scherzò il ragazzo.
- A dire la verità li lasciamo in custodia ai nostri genitori e incrociamo le dita. -
Davanti allo sguardo perplesso di Kyle Max sorrise imbarazzato. - Claudia e Ethan stanno cominciando a manifestare i loro poteri e a volte combinano qualche piccolo guaio... -
- Oh... Capisco - S’infilò le mani in tasca reclinando la testa di lato.
- In effetti andiamo spesso a sentire Maria cantare. E’ davvero grande! - disse Liz voltandosi verso l’amica.
- Allora la prossima volta sarò dei vostri! -
- Ti farò riservare il tavolo più vicino al palco - promise la ragazza ridendo, - ma ricordati che si accettano solo complimenti! -
- Affare fatto - Kyle le diede un buffetto sulla guancia - sorellina... -
- Oddio, non me lo ricordare... fratellino! - Con una smorfietta che le fece arricciare il naso lo strinse in un rapido abbraccio. - Scusa ma adesso dobbiamo proprio andare: Mathias comincia a diventare impaziente... -
In quel preciso momento il bimbo lanciò uno strillo acuto e si mise ad agitare i piccoli pugni e le gambe, calmandosi solo quando Michael lo tolse dal passeggino.
- Wow... - Sorpreso per le insospettate doti paterne dell’alieno, il giovane si grattò il collo. - I miei complimenti... -
Michael finse di non aver sentito e premette dolcemente una mano sulla schiena del figlio per aiutarlo a sostenersi. Ci si vede -
- Buona notte anche a te - fu l’ironico saluto di Kyle, - e grazie per la festa... -
Liz si avvicinò per abbracciarlo a sua volta. - Ciao. - Si fece poi di lato per consentire a Max di avanzare e stringergli la mano. - Di nuovo bentornato... -
- Grazie - Li accompagnò fino all’ingresso e dalla soglia li guardò allontanarsi chiacchierando a bassa voce fra di loro. Tre coppie, due bambini-adolescenti e quattro neonati. Un bel gruppo davvero... Decisamente, la vita a Roswell non sarebbe stata poi così noiosa come aveva temuto...

Shiri vide subito Shanee tra la folla di ragazzi e strattonò con discrezione Jason, intento a chiacchierare con Mark e Glen. - Vado a salutarla. Ci vediamo dopo in classe, ok? -
Il fratello seguì il suo sguardo e comprese a chi si stesse riferendo. - Va bene - disse semplicemente.
Con un’alzata di spalle Shiri si affrettò a raggiungere la giovane. - Ciao! -
Lei si voltò e, alla vista della nuova amica, sorrise radiosa. - Come va? Vi siete ripresi dallo shock? Ti confesso che il mio pensiero era continuamente con voi in questi giorni... - finì la frase tossendo.
- Ehi... che hai? -
- I postumi di venerdì sera. - e si soffiò il naso rumorosamente.
Shiri la guardò impressionata e, assicurandosi che nessuno fosse nei paraggi, le comunicò un po’ stupita: - Noi... non ci ammaliamo... -
- Anche mio padre era così... ma si vede che nel mio dna c’è qualche falla! Sono un ricettacolo di virus... Mia madre mi ha sempre curato con le erbe e i nostri rimedi. Ovviamente niente dottori... niente ospedali... -
- Sì, questo vale pure per noi. Comunque, anch’io morivo dalla voglia di fare due chiacchiere con te. Ieri non mi è stato possibile perché abbiamo avuto la festa di Kyle, un amico dei miei genitori. -
- Già... Michal me lo aveva detto. - Abbassò il tono della voce - Lui mi ha messo al corrente in linea di massima della situazione... A proposito, - disse cambiando di colpo argomento - tua zia Maria è fantastica! E’ stata così gentile e premurosa! E’ una persona... effervescente! Abbiamo parlato moltissimo. Ho scoperto che abbiamo solo due anni di differenza, sai? E poi fra gli interessi che condividiamo c’è il canto... - Travolta dall’entusiasmo si dilungò nella spiegazione del suo pranzo a casa Guerin. Poi guardò Shiri e si bloccò di colpo, gli occhi pericolosamente lucidi.
L’amica le pose una mano sul braccio stringendolo delicatamente in segno di simpatia.
- Non sono sempre così... emotiva, credimi. Sapere che ci siete... per me è importante. Mi fa sentire meno sola. - concluse un po’ malinconica.
Shiri si commosse per quell’affermazione. Era la prima volta che avvertiva così tanto affetto provenire da una persona che non fosse un familiare. - Non lo sarai più! - le disse fissandola intensamente negli occhi.
Le ragazze si scambiarono un sorriso complice, poi Shiri si voltò a cercare il fratello nella folla e vide che si stava avviando verso l’entrata. - Perché non ti unisci a noi e ai nostri amici? -
Shanee seguì la direzione del suo sguardo e vide Jason chiacchierare con dei compagni.
- Sono Mark e Glen, ci dovrebbero raggiungere anche Sabrina, Tanya e Alexandra, fra poco. Mi farebbe piacere presentarteli. -
- Senti... non te la prendere... ma preferisco di no. Non voglio essere invadente. -
- Non pensarci neppure! Vedrai, sono simpatici! -
La ragazza continuava a scuotere la testa. - Non insistere, ti prego - Nella sua mente balenò un pensiero: Shiri era come lei, forse avrebbe capito. - Io... non do molta confidenza alle persone. Tu... hai mai provato ad ascoltare le loro emozioni? -
- Cosa vuoi dire? Leggere le loro menti? -
- No... questo non so farlo. Ma percepisco le loro sensazioni interiori e spesso, quando mi avvicino, ciò che sento non mi piace. Vedi quello? - disse riferendosi a Glen, - lui è... viscido. Invece tuo fratello è sempre così cupo e arrabbiato... E’ difficile stargli vicino... -
- Beh... non sta passando un bel momento... -
- Questo mi dispiace. Sai, non ho capito bene quello che mi è accaduto l’altra sera. Il perché mi sia ritrovata così quando ci hai aiutato a tornare da... - e l’espressione di timore che si dipinse sul suo viso fu più eloquente di mille parole. - Non sono ancora molto abile a gestire... - Fece un cenno con la mano per far intendere i suoi poteri - la situazione, ogni tanto qualcosa sfugge al mio controllo. Inoltre, ho notato che negli ultimi due anni queste “cose” sono aumentate. Michael mi ha assicurato che è normale. - Con una buffa espressione aggiunse: - Beh, normale per modo di dire... - Entrambe le ragazze si misero a ridere dell’assurdità dell’argomento, poi la conversazione venne interrotta dal suono della campanella.
- Allora... ci vediamo più tardi, a mensa? Dai... - insisté Shiri.
- Va bene - rispose Shanee non volendo deludere l’amica.
Nel frattempo Alexandra e Sabrina stavano dirigendosi verso l’ingresso della scuola. Allo sguardo attento di Alexandra non sfuggì Shiri che parlava fitto fitto con l’indiana. “Cos’è? Adesso sono diventati tutti amici suoi?” pensò seccata.
- Ehi, c’è Evans! Non andiamo da lui? - si stupì Sabrina.
- No, è tardi - fu l’acre risposta.
Roteando gli occhi l’altra la prese sottobraccio. - Siamo di nuovo ai ferri corti? -
- Finché non mi sarà passata - ammise Alexandra senza nemmeno guardare in direzione di Jason.
- Cos’è successo, stavolta? -
- I suoi vogliono che per un po’ non ci vediamo da soli, e lui è stato così idiota da acconsentire -
- E... per quanto tempo dovrebbe andare avanti, questa storia? -
- Finché non si saranno calmati. Dannazione, che accidenti gliene importa di quello che facciamo? -
- Beh, penso che anche i miei romperebbero le scatole se scoprissero che sono andata a letto con Mark... -
A quelle parole Alexandra si mise a ridere. - Ah, allora avete fatto il grande passo? Com’è andata? -
- Non male. Oddio, forse speravo in qualcosa di più, ma come prima volta non posso lamentarmi. -
- Povero Mark! Non farti sentire da lui o il suo ego ne sarà irrimediabilmente distrutto! -
- Ma come sono fragili, questi maschietti... -
“Il guaio è che lo siamo pure noi, anche se non ci piace ammetterlo...” Contro la sua stessa volontà lanciò una rapidissima occhiata oltre la spalla, e strinse le labbra. Quella maledetta ragazza stava ancora parlando con Shiri, e Jason la fissava rapito credendo che nessuno se ne accorgesse! Stupidi... e stupida lei, che non riusciva a smettere di volere quel pazzo di un alieno...

Il gruppo di amici si era appena seduto attorno ad uno dei tavoli della mensa e Alexandra, nonostante avesse fatto di tutto per evitarlo, si era ritrovata proprio accanto a Jason.
Sforzandosi di ignorare le sue timide occhiate cercò di concentrarsi su quello che stava dicendo Sabrina per scoprire, con grande rammarico, che l’amica stava semplicemente stuzzicando Mark con battutine piene di doppi sensi mentre Tanya e Roger sbuffavano spazientiti da tutte quelle smancerie, e Glen chiacchierava con Shiri.
- Vuoi che me ne vada da un’altra parte? - chiese ad un tratto Jason sottovoce.
- No! - rispose d’istinto voltandosi verso di lui, poi si ricompose. - Cioè, fa’ come ti pare... - Fece una smorfia. Insomma, non siamo soli, quindi il tuo paparino non può rimproverarti... -
Ferito, il ragazzo strinse per un attimo le labbra ma decise di approfittare del fatto che, per la prima volta nella mattinata, si fosse decisa a rivolgergli la parola. Certo non era il luogo ideale, ma non poteva lasciarsi sfuggire quell’occasione... - Dimentica mio padre, per qualche minuto, ok? - disse piano. - Mi fa male vederti così arrabbiata, così dura verso di me e... e verso te stessa... Ti prego, cerca di capire quello che sta succedendo... -
- Che cosa dovrei capire, eh? - scattò Alexandra. - Che sei stato ben contento di obbedire a tuo padre perché non sapevi come fare a mollarmi e ti sei aggrappato a questa faccenda come ad un’ancora di salvezza? -
Jason divenne di pietra. - Ti rendi conto di quello che stai dicendo? -
Prima che lei potesse rispondere Sabrina fece un commento ad alta voce. - Ehi, ragazze, non perdetevi l’ultimo modello delle sfilate! -
Mentre gli altri ridacchiavano Shiri seguì lo sguardo della giovane e vide la figura della sua nuova amica, resa ancora più esile dal vecchio giaccone di lana nera che indossava, avanzare lentamente nella sala stringendo fra le mani il vassoio che aveva appena terminato di riempire. Si alzò in piedi per farsi vedere in mezzo a tutta quella folla chiassosa e la chiamò. - Shanee, siamo qui! -
Con un sorriso la giovane si avvicinò e Shiri le fece segno di sedersi. - Vieni, mettiti qui accanto a me! - disse costringendo tutti a spostarsi per farle spazio. - Ragazzi, questa è Shanee. Shanee, Mark, Glen, Sabrina, Tanya, Alexandra, Roger... - fece le presentazioni.
- Salve a tutti - disse lei imbarazzata mentre posava il vassoio sul tavolo. - Jason... - salutò quest’ultimo con un cenno del capo.
I presenti guardarono Shiri con sorpresa per quella inaspettata mossa e, nel pesante silenzio che seguì, Sabrina squadrò la nuova venuta con aria di superiorità prima di rimirarsi le unghie perfettamente smaltate di viola. Vincendo la curiosità, fu Tanya a parlare a nome della comitiva. - Beh... come vi siete conosciute? -
Presa alla sprovvista, Shiri fissò Shanee non sapendo cosa rispondere e lei intervenne senza esitare. - Sono andata una mattina a casa loro. Dovevo chiedere una cortesia a Jason... da parte del mio professore di recitazione - buttò lì.
Tutti si voltarono a fissarlo. - Recitazione? - fecero in coro.
- Ma lui non ne sapeva niente... E’ per lo spettacolo che gli allievi dell’ultimo anno organizzano per la fine del semestre. Il prof aveva vagliato molti candidati della scuola con le sue caratteristiche per una parte nello spettacolo e ha mandato diversi di noi a chiedere in giro. E di conseguenza, quando Shiri mi ha riconosciuto, stamattina, abbiamo fatto due chiacchiere e... eccomi qui! -
- E così... ti butti, Jason? - chiese Glen sgomitandogli in una costola.
- No, naturalmente! -
- Un vero peccato - mormorò Shanee. - Ti farebbe bene... impegnarti in un’attività culturale - aggiunse in fretta dopo lo sguardo di fuoco che le lanciò Alexandra.
Sabrina diede un’occhiata perplessa al suo vassoio. - Ma che schifezza mangi? -
- Tofu con verdure. Sono vegetariana. -
- Non lo sapevo. - Shiri guardò meravigliata l’amica. - E c’è un motivo particolare? -
- Ce ne sono diversi... ma principalmente per un fattore di non violenza nei confronti degli animali. - Vedendo poi le facce degli altri ragazzi si affrettò a cambiare discorso. - Pensate di venire a vedere lo spettacolo? -
- E così... frequenti l’ultimo anno? Non si direbbe a vederti... - Mark e Glen si scambiarono un’occhiata che era tutto un programma.
- Sì... io ho 19 anni. In realtà sono già diplomata alla scuola della riserva, ma per accedere all’università ho bisogno di migliorare il mio punteggio. In più ho perso un anno per problemi in famiglia... -
- Ti abbiamo sempre visto di sfuggita: ne deduco che non abbiamo molti corsi in comune... - Jason cercò di stemperare il disagio che sentiva accumularsi.
- Ho scelto quasi tutte materie dell’area umanistica - Shanee gli rivolse uno sguardo di gratitudine.
- Per quello che servono dopo... - commentò sarcastica Alexandra.
- Magari ad avere una mente meno ottusa? - controbatté ironica la giovane. Esasperata, si voltò verso Shiri implorandola con un’occhiata di porre fine a quel tormento e fece scivolare la mano sotto il tavolo per sfiorarle una gamba, incontrando accidentalmente anche il ginocchio di Jason. Attraverso quel tocco entrambi percepirono l’intenso flusso di emozioni negative che coinvolgeva tutte le persone intorno a loro, rimanendo alquanto stupiti da quello che gli amici provavano.
“- Ti prego. Scusami... -”
“- In effetti, dovrebbero essere loro a scusarsi con te... -” Con un impercettibile cenno di assenso ad indicare che comprendevano benissimo il suo stato d’animo, i due fratelli la guardarono intensamente mentre stava per alzarsi, non potendo tollerare oltre quella compagnia. Proprio allora delle dita forti si posarono provvidenziali sulla sua spalla. - Tesoro... -
- Patrick! - sobbalzò sorpresa.
Anche quel ragazzo era dell’ultimo anno ma, a differenza di Shanee, non era mai passato inosservato fra le presenti al tavolo. Un viso d’angelo con due stupendi occhi azzurri, incorniciato da riccioli castano chiari e un corpo da urlo, come Tanya lo aveva definito più volte. Tre paia di occhi femminili furono abbagliati dalla sua presenza.
- Ti stavo cercando... abbiamo le prove. E sei in ritardo! - la rimproverò affettuosamente, poi fece un sorriso di saluto agli altri.
- Lui è Patrick. Il mio vicino di banco. - spiegò Shanee, preparandosi per seguirlo. - Ci vediamo al termine delle lezioni? - chiese rivolta all’amica.
Shiri annuì e seguì con lo sguardo i due avviarsi verso l’ampia sala, poi si voltò verso le compagne schioccando rumorosamente le dita. - Su... su... riprendetevi dallo shock! - e rise di gusto.
- Mi sa che è il suo ragazzo. - commentò Glen.
- Chi, quel fico? Con quella...? Non è possibile! - affermò stupita Sabrina.
- Sì, le ha appena dato un pizzicotto sul sedere... e lei si è messa a ridere... L’hai visto anche tu, Jason? -
Ma Jason, un’espressione preoccupata sul volto, non diede segno di aver sentito.
- Non è possibile... - Sabrina si ripeté, scuotendo la testa per convincersi.
Irritata dal modo in cui Jason aveva reagito, Alexandra lasciò cadere la forchetta nel piatto. - Vado a cercare un posto dove finire gli esercizi di spagnolo - e se ne andò.
Incurante degli sguardi sbalorditi degli amici, l’alieno mise un gomito sul tavolo e reclinò la testa sulla mano fissando la sorella negli occhi. “- Comincio ad essere stufo di tutta questa situazione... -”
Lei si strinse nelle spalle.
Jason si raddrizzò. - Me ne vado pure io - disse alzandosi e andandosene a sua volta.
- Accidenti, sembra che quei due siano stati morsi da una tarantola! - esclamò Sabrina guardando Shiri con curiosità.
Lei sbuffò. - Mi sa che hai proprio ragione -
- Scusa, ma a te che importa? Sono affari loro, no? Ci manca solo che ti preoccupi di quello che combinano! - Tanya le sorrise ed accavallò le gambe appoggiandosi comodamente allo schienale della sedia. - Sai che ti dico? Oggi pomeriggio ce ne andiamo a fare un bel giro! Così, tanto per distrarci da tutte queste tensioni amorose!... -
Glen le guardò implorante. - Posso venire anch’io? Non vorrete mica abbandonarmi con questi qua? - e accennò a Mark e Sabrina.
- No, hai ragione, povero tesoro! - Tanya si sporse verso di lui e gli accarezzò scherzosamente il dorso di una mano. - Non potremmo mai farti un simile torto... -
Il ragazzo puntò gli occhi sul suo decolleté, messo in risalto dall’aderente magliettina di lana rossa sottile. - Sicura di non avere un altro impegno, Shiri? - borbottò.
- No, in effetti non ce l’ho. Ma vedrai che ti divertirai lo stesso, dico bene, Tanya? - La verità era che anche lei aveva bisogno di distrarsi un poco, e qualsiasi cosa era meglio che stare vicino a Jason. Shanee aveva perfettamente ragione...

- Allora cosa ne pensi della sorpresa che ti ha fatto Michael? - Liz si rivolse a Maria mentre la stava aiutando in cucina con i preparativi della cena.
- All’inizio ero un po’ preoccupata. Cosa avresti pensato se ti fossi vista arrivare Max a casa con una ragazza dopo essere stato fuori tutta la notte? E per di più con una così? - disse mentre imburrava accuratamente le tartine e le distribuiva con arte sul vassoio.
- Dai... adesso non esagerare! E’ carina, ma... -
- L’hai guardata bene? -
- No - ammise l’amica. - Forse ero troppo sconvolta per quello che era successo durante la notte. -
- Sai, quella ragazza ha avuto uno strano effetto su Michael... - Maria accese il forno e si volse a guardare Liz. Insomma, lo conosci, no? A parte Max e Isabel, e i bambini, lui non è mai stato espansivo con nessuno. Voglio dire, hai visto quanto tempo ci è voluto perché ci considerasse qualcosa di diverso da nemici che lo avrebbero consegnato all’Fbi appena avesse voltato le spalle... Invece Shanee... Guarda, non sapevo se mettermi a ridere oppure ricoprirlo di baci! Direi di non riconoscerlo più se non fosse... - e mostrò all’amica la mano destra, dove all’anulare portava l’anello appartenuto da generazioni al casato di Michael. - Abbiamo parlato molto, l’altra sera... -
- Davvero? - Con un sorriso Liz aggiunse un po’ di zucchero all’impasto che stava preparando.
- Sì, l’ha subito trattata come... come se fosse una sorella! Sai, affettuoso, condiscendente, protettivo... Hai presente il modo in cui si comporta con Isabel? I ricordi che ha del padre di lei gliela rendono speciale, forse perché nella situazione che vive rivede in parte se stesso... -
- Che vuoi dire? -
- Quando è venuta a pranzo abbiamo avuto modo di conoscerci. Sta a Roswell dall’inizio dell’estate. Spera di riuscire ad andare all’università. Ha 19 anni, la testa sulle spalle, una vita difficile, va a scuola, si mantiene con due lavori fissi e saltuariamente fa la baby sitter. Si era trasferita qui per curare la madre, che è morta lo scorso settembre. Sembra per colpa di una rara malattia del sangue, conseguenza delle ferite provocate da Nasedo quando aveva cercato di eliminare tutta la sua famiglia, prima di venire a San Diego alla vostra ricerca... -
- Insomma, il destino non è stato generoso con lei! Un tratto comune a tutti noi... In effetti mi sorprende l’atteggiamento di Michael, che all’inizio è stato molto duro. Jason temeva addirittura che potesse farle del male...
Maria passò ad ungere la teglia. - Che vuoi farci? Sono alieni. Sai, non riesco ancora a crederci ma oserei dire che è la prima persona che si avvicina a noi con affetto. Considerate le ultime esperienze... - disse riferendosi senza mezzi termini all’arrivo di Alexandra.
Liz la fissò severamente. - Lasciamo perdere quest’argomento, per favore... - Tese una mano verso di lei Dammi quella teglia o il dolce non sarà pronto in tempo. -
- Michael mi ha raccontato... - disse lei corrugando la fronte.
Stringendo le labbra la giovane donna riempì il recipiente ripulendo per bene la terrina con la spatola.
- Su, non te la prendere, è solo una tipica fase adolescenziale... E’ capitato anche a noi! -
- Non credo. Né io né te abbiamo mai fatto del male volontariamente a Max o a Michael... -
Maria fece una smorfia. - In effetti... no... ma dai, ammettilo! Dal punto di vista sentimentale loro sono di gran lunga più complicati di noi! -
Senza dire altro Liz infilò la teglia nel forno.
- Su, qui metto a posto io: tu va’ a vedere cosa stanno combinando quei ragazzacci! A proposito, quando Shanee era a pranzo da noi è stata un vero tesoro con Mathias... Penso che dovremmo considerare la possibilità di chiederle di fare da baby sitter! - Così dicendo Maria le fece cenno di uscire poi scosse la testa e iniziò a radunare piatti e ciotole.

- Dai, entra! - Michael spalancò la porta per far passare Shanee e le prese alcune delle numerose buste che aveva in mano. - Ma che hai fatto? Un trasloco? -
La risata argentina della ragazza si diffuse nell’aria proprio mentre gli altri abitanti della casa le venivano incontro per accoglierla. - No... ma che trasloco! Sono solo alcune piccole cose. Questo è per stasera! - disse porgendo l’involucro più voluminoso a Liz e Maria mentre le salutava. - Torta al cioccolato fondente e peperoncino... una mia specialità! -
- Mmm... il profumo è delizioso! Tu sai come viziare una mamma in dolce attesa... -
Shanee sfiorò con tenerezza l’addome leggermente arrotondato di Liz. - E’ per via dell’ancestrale solidarietà femminile... Non so da quelle parti... - disse accennando con l’indice verso l’alto - ma nella mia tribù, che ha una tradizione matriarcale, questa cosa è molto sentita. -
- Vuoi dire che nel tuo villaggio comandano le donne? - chiese stupefatta Maria lanciando un’occhiata in tralice al marito.
La ragazza annuì sorridente.
- Bello... - commentò rivolgendosi con entusiasmo a Liz.
- Invece qui... - bofonchiò Michael guardando di sottecchi Max, che non poté fare a meno di sorridere. - Lo sai che puoi sempre contare su di me... - e gli strinse affettuosamente una spalla.
Lui coprì la sua mano con la propria. - E tu su di me. In fondo, è per questo che ci hanno mandato qui insieme, no? Per aiutarci a vicenda nei momenti difficili. E ormai ho perso il conto dei miei momenti difficili... - aggiunse pianissimo per non farsi sentire da Maria.
- Questi invece sono per voi... - Shanee aprì la borsa e ne estrasse diversi pacchettini, che consegnò alle due giovani donne e a Shiri. Infine diede a ciascuno degli uomini tre buste un po’ più rigonfie.
Maria estrasse dall’involucro di carta un semplice cordoncino azzurro, in morbida pelle, con cinque piccole piume dello stesso colore a mo’ di pendenti, artisticamente decorato con perline nella stessa tonalità, in puro stile indiano. - Ma è fantastica! - esclamò stupefatta.
Lo stesso ricevettero Liz, in una calda tonalità di rosa, e Shiri, in un tenue verde acqua. - Le hai fatte tu? - domandò quest’ultima all’amica mentre si voltava per farsi aiutare a legare la collana attorno al collo.
Lei annuì, appagata dai loro apprezzamenti. Si rivolse poi a Jason, che stava aprendo il suo pacco in quel momento. - Non sapevo se ti andasse a genio portare qualche monile indiano... Spero di aver indovinato i tuoi gusti lo stesso... - La busta conteneva il cd degli Evanescence e una raccolta di poesie di Tagore, la cui dedica in terza pagina fece arrossire il ragazzo e incuriosire i presenti.
Anche Michael e Max avevano terminato di aprire i loro regali, rimanendo sorpresi dall’insieme di tutti quei semplici quaderni dalla foderina nera. La ragazza si voltò verso Michael. - Sono i diari di mio padre... ovviamente ciascuno di voi può leggerli, ma vorrei che li tenessi tu... -
L’alieno sfogliò veloce tutte quelle pagine scritte fittamente nella tipica calligrafia antariana piena di strani simboli, e alzò gli occhi a fissarla commosso.
- Quelli, invece - si rivolse a Max, che stava leggendo interessato il contenuto dei suoi manoscritti - sono gli appunti dei suoi studi. Si era laureato al M.I.T. di Boston in fisica. Insegnava materie scientifiche alla scuola superiore della riserva ma faceva anche parte di un progetto condiviso dai dipartimenti di fisica astronomica di alcune delle più prestigiose Università degli Stati Uniti. Ognuno degli scienziati coinvolti sviluppava una parte del lavoro per proprio conto, ritrovandosi insieme alcune volte l’anno per confrontare i risultati. Naturalmente il grosso dell’operazione si svolgeva via internet... Vedi, questi sono alcuni degli articoli che ha divulgato, sotto pseudonimo, su riviste specializzate. Questo materiale doveva servirgli per pubblicare un libro... ma non è riuscito a completarlo. -
Max fissava sempre più affascinato le formule trascritte sui fogli e piegò di lato il manoscritto per permettere anche a Liz di vedere.
- Niente male, eh? - ammiccò la ragazza, divertita dalla luce di interesse che si era accesa negli occhi dell’alieno.
- Shanee... non devi privarti di ricordi così importanti per te... -
Anche Michael gli fece eco, insistendo per restituirle i doni.
La giovane si schermì. - So che sono in buone mani... Va bene così. E adesso, prima che mi facciate commuovere del tutto, vado a cercare i piccoli perché ho qualcosa anche per loro! - e, accompagnata da Shiri, si avviò verso il tappeto al centro della sala dove i bambini stavano giocando.

- Sono davvero due splendidi bimbi... - La ragazza sorrise incantata davanti ai visetti gioiosi di Claudia ed Ethan.
- A volte sono un po’ troppo vivaci, ma nel complesso sono due tesori. - Shiri aiutò la sorellina ad alzarsi in piedi. Su, fa’ vedere a Shanee come sei elegante! -
La piccola emise un piccolo strillo e si aggrappò alle sue mani, evidentemente fiera del delizioso abito a minuscoli fiori color pastello che indossava.
Subito Ethan, per non essere da meno, si diede da fare finché non riuscì a reggersi dritto. - Io... io pure... - disse con la sua vocetta acuta.
- Certo, amore, anche tu sei un figurino! -
Shanee non seppe resistere e protese le braccia verso di lui. - Sei una meraviglia... -
Lui fece qualche passo esitante ridendo contento quando venne preso in braccio.
- Sanno come rendersi irresistibili, questi monelli... -
- Liz! - Imbarazzata, Shanee fece per rimettere giù il bambino ma lei mosse la testa in segno negativo. - No, tienilo pure ancora un poco. Gli piaci. -
- E lui piace a me - Depose un bacio sulla sua guancia paffutella, ottenendone due in cambio. - Credo che l’attrazione sia reciproca... - scherzò.
- Ci sai fare, coi bambini... - disse Shiri, ammirata.
- Li adoro. Mia madre insegnava in una scuola materna alla riserva e spesso le davo una mano. Non ho ancora preso una decisione per l’università ma penso che mi orienterò in tale direzione. -
- Direi che le premesse sono molto buone! - Liz sorrise. - Jason sarà giù a momenti, e gli altri dovrebbero arrivare tra poco. -
Maria sopraggiunse alle sue spalle con in braccio Mathias. - In cucina è tutto sotto controllo. Direi che possiamo riposarci qualche minuto. -
- Dove sono Max e Michael? - le chiese Liz, avendo perso di vista entrambi.
- Indovina un po’... chiusi nello studio a divorare i diari di suo padre - disse, ammiccando verso Shanee. - Non potevano resistere... e poi dicono delle donne! -
Un’allegra risata generale accolse il suo commento e Maria, dopo aver osservato come la ragazza riuscisse a tenere occupata Claudia semplicemente facendola giocare con la sua mano, si fece coraggio. - Ci stavamo chiedendo... Liz ed io... se te la sentiresti di guardare i bambini. Sai, non è che possiamo mandarli all’asilo... e le nonne, poverette, ogni tanto devono riposare... -
- Sarebbe stupendo! Non ci sono problemi, lo faccio volentieri! - rispose lei con prontezza.
- Allora - puntualizzò Liz, - poi ci accordiamo per la paga e gli orari... -
- Per gli orari senz’altro, visto che anch’io ho diversi impegni con gli altri lavori che faccio... il martedì e il giovedì pomeriggio sono sempre occupata. Insegno in una scuola di danza. Escludiamo anche tutti i giovedì sera, oltre a un venerdì al mese, perché canto al Not of This World... per il resto va bene sempre. Però, di paga non ne voglio nemmeno sentir parlare. Altrimenti mi offendo! -
- Dai! - insistette Maria. - Lo so che per venire da noi rinunci a qualche altra occasione di lavoro... Non mi sembra giusto! - protestò.
- Voi avrete bisogno solamente ogni tanto... e chi meglio di me può tenerli sotto controllo senza scappare se combinano qualche guaio? Ma questo è tutto. - terminò decisa.
Le due giovani donne si guardarono imbarazzate comprendendo benissimo il valore dell’offerta della ragazza. Non possiamo trovare un compromesso? - azzardò Liz.
Lei ci pensò un po’ su. - Facciamo così. Se avrò bisogno, so dove trovare un pasto caldo... ok? -
Maria le posò una mano sulla spalla. - Qualunque cosa dovesse servirti non esitare a farcelo presente. -

Cercando di non farsi scoprire, Michael teneva d’occhio Kyle. Lo aveva fatto per tutta la sera, avendo notato subito la luce ammirata con cui aveva guardato Shanee mentre Liz gliela presentava, e la cosa lo aveva parecchio infastidito. Ok, Kyle era un tipo a posto, e deponeva a suo favore il fatto che Shiri, con la particolare sensibilità empatica che la contraddistingueva, lo considerasse un caro amico. Però ciò non toglieva che fosse molto giovane e ingenua, e lui non se ne sarebbe rimasto zitto e buono se appena appena avesse visto che faceva lo scemo! Non voleva che la riducesse come uno straccio per colpa di un amore balordo, gli bastava quello che era successo a Jason!...
Incuriosita dall’insolito atteggiamento protettivo di Michel, Isabel sbirciava da lui a Max a Shanee, consapevole dell’intenso legame creatosi fra di loro. In effetti quella ragazza sembrava davvero affezionata anche a Jason e Shiri, e doveva ammettere che la tensione che poteva avvertire in Alexandra la divertiva non poco... Anzi, per dirla tutta, avrebbe preferito che non fosse venuta! Chissà cos’era saltato in testa a Kyle, quando aveva deciso di portarsela dietro... Ma poi colse un lampo di smarrimento nello sguardo che ogni tanto dirigeva su Jason e si mordicchiò pensosa le labbra. Quella cena doveva essere un vero supplizio, per lei...
Consapevole dell’elettricità che regnava nella stanza, pur non comprendendone a fondo i motivi, l’ospite d’onore si mise d’impegno per alleggerire l’atmosfera e iniziò a raccontare alcuni episodi del periodo trascorso in accademia. Lo fece con garbato umorismo, dopo che Michael lo aveva fissato con cipiglio per una battuta un po’ pesante, divertendosi come un matto al pensiero dell’amico preoccupato che nessuna parola sconveniente turbasse le delicate orecchie delle fanciulle presenti... O forse solo di Shanee, la splendida ragazza di origine ibrida entrata a far parte da pochissimo del loro club, dato che non aveva mai mostrato lo stesso riguardo verso Liz e Maria, per non parlare poi di Shiri... Alexandra Cooper, invece, era tutto un altro discorso: probabilmente erano ben poche le cose che ancora non conosceva della vita, sempre ammesso che ce ne fossero... Comunque era piacevole, per una volta, ritrovarsi a tavola circondato da tante belle donne, e lui era ben deciso a godersi la serata!

Shanee scostò dal viso alcune ciocche ribelli che le erano finite davanti agli occhi e rise divertita. Era incredibilmente bello starsene lì, con l’apprensione di Michael che la sosteneva come un piacevole schienale su cui appoggiarsi tranquilla. E non dover fare altro che essere se stessa. Anche Isabel e Morgan si erano dimostrati affettuosi, così come Kyle. L’unica nota stonata in quella stupenda sera era rappresentata dalla sensazione di gelo che aveva percepito da Alexandra quando si era avvicinata per scambiare due chiacchiere.
Ma, come ricordò a se stessa, non si poteva avere tutto nella vita e quello che aveva in quel momento era già molto più di quanto avesse mai osato sperare dopo la perdita della sua famiglia. Osservò le persone intorno a lei, quei visi sorridenti, quegli occhi incredibili, specchio di altrettante incredibili personalità. “Penso proprio che saresti orgoglioso di loro, papà!” rivolse mentalmente il suo pensiero ai genitori scomparsi. “E forse un po’ anche di me...”
- Dove sei? -
Si voltò. Michael le aveva posato con sollecitudine una mano sul ginocchio, avvertendo, con tutta probabilità, la sua momentanea malinconia. Gli sorrise dolcemente di rimando. - Va tutto bene... - Poi sembrò ricordare all’improvviso qualcosa. - Ah! Stavo per dimenticare... Vorrei invitarvi tutti quanti allo spettacolo di fine semestre della sezione artistica della West Roswell High! -
Isabel intervenne stupita. - Non ricordo che si facessero cose del genere quando ci andavamo noi. -
- Infatti! Per alcuni anni gli spettacoli sono saltati a causa di vari problemi organizzativi o per mancanza di fondi, ma stavolta gli insegnanti si sono messi d’impegno e così... -
- E di cosa si tratta? - chiese curioso Kyle.
- Posso solo dire che è liberamente tratto da un insieme di commedie di Shakespeare, rivisitate in vari modi e attraverso diverse espressioni artistiche... anzi, se avete voglia - disse rivolta alle giovani donne - occorre qualcuno che dia una mano con i costumi di scena. -
Maria e Isabel si guardarono complici; Liz, notando lo scintillìo di entusiasmo negli occhi delle due amiche, scosse la testa. - Non vorrei essere nei panni di quei poveretti... -

Quando gli ospiti se ne furono andati Shiri e Jason cominciarono a pulire mentre Max e Liz lavavano i gemelli e li cambiavano per la notte.
Una volta accertatisi che i piccoli si fossero addormentati, i due tornarono in cucina per dare una mano ai figli.
Dopo aver riposto le ultime stoviglie Shiri si coprì la bocca con una mano per nascondere un enorme sbadiglio. Santo cielo, sono distrutta dalla stanchezza! Se non vi spiace me ne vado a dormire... - Sorrise con occhi gonfi di sonno. - Però mi sono divertita -
- Mi fa piacere, tesoro... - Liz le si avvicinò per darle il bacio della buona notte poi, mentre la ragazza se ne andava, si rivolse a Jason. Anche lui sembrava piuttosto stanco e, dato che l’indomani avrebbero dovuto alzarsi tutti presto, lo sollecitò a ritirarsi a sua volta.
- Non ne ho voglia - fu la laconica risposta, mentre si avvicinava alla credenza per prendere il bollitore elettrico.
- Senti, Jason, capisco che tu sia arrabbiato perché ti abbiamo imposto di non frequentare Alexandra, ma questo non ti autorizza a rispondere così a tua madre! - lo riprese Max.
- E io capisco che voi siate preoccupati per me, però vorrei che la smetteste di parlarne. Per quel che mi riguarda è un capitolo chiuso, almeno finché vi sarete convinti che Alexandra non mi vuole morto - Detto questo rimise a posto il bollitore e lasciò la cucina.
Prima che Max potesse reagire Liz gli corse dietro.
- Tesoro, posso entrare? - Senza attendere risposta schiuse l’uscio e raggiunse il figlio sul letto. - Tesoro, non sai quanto mi addolori vederti in questo stato... - Gli accarezzò la schiena, dispiaciuta perché lui non si volse a guardarla. - So benissimo cosa stai provando... Ci sono passata anch’io, quando ho conosciuto Max. Non è facile amare qualcuno, specie se questo qualcuno nasconde un segreto mortale... come lui... e te... Alexandra ha diciassette anni, ha un carattere molto forte, e... -
- Non è così, mamma! - Jason si girò di scatto e la fissò con occhi lucidi. - Alexandra ha sofferto moltissimo, nella sua vita. Ha cercato conforto nella droga, e ha rischiato di morire per questo! Lei non è forte come credete... come lei stessa vuole credere... Io non so cosa l’abbia attirata, di me, per quale motivo abbia voluto fare l’amore con me, però resta il fatto che mi ha scelto... Ed è rimasta al mio fianco anche dopo aver saputo che cosa sono! E’ vero, è pericolosa, e non so mai cosa aspettarmi da lei, ma è Alexandra! La mia Alexandra! E adesso io l’ho abbandonata... Voi mi avete costretto ad abbandonarla, ed è rimasta completamente sola... Sua zia è morta per colpa mia, e adesso non ha più nessuno! Neppure me! - Scoppiò in lacrime e Liz se lo strinse al petto. - No, tesoro, non ti ha perduto... - bisbigliò con voce soffocata. - Se ti conosce solo una frazione di quanto tu conosci lei, sa benissimo che non la lascerai mai... che potrà contare sempre su di te... Ti chiedo soltanto di avere un po’ di pazienza... Io credo veramente che voi due vi amiate, ma devi capire che questo non significa permettere ad Alexandra di distruggerti per sapere fino a che punto sei disposto ad arrivare per lei... -
- Non è quello che ha fatto!... - cercò di protestare Jason.
- Sì, invece, tesoro mio... Però tu sei troppo... troppo inesperto, per capirlo... Prenditi un po’ di tempo... -
- Quanto, mamma? - Sul suo viso apparve un’espressione di insofferenza - Quanto tempo dovremo restare separati per farvi accettare il fatto che ci amiamo? -
- Il tempo necessario perché Alexandra capisca che può fidarsi del tuo amore... - Liz gli sfiorò teneramente la guancia rigata dal pianto. - Il tempo necessario perché tu capisca che l’amore non è una lotta per scoprire chi è il più forte... -
Le labbra di Jason tremarono, e lui chinò la fronte nell’incavo della sua spalla. - Io la amo... - disse in un sussurro.
- Lo so - Liz gli diede un bacio sui capelli. - Lo so... -
Rimase con lui finché sentì che si era addormentato, allora lo riadagiò lentamente e gli tolse le scarpe prima di coprirlo con la trapunta. - Buona notte, coniglietto... -
In corridoio trovò Max, che la sospinse gentilmente nella loro camera. - Vai a fare la doccia, così ti rilassi un po’... - le disse piano.
- Ok - Troppo stanca per ribattere, Liz trovò più semplice obbedire.
Una ventina di minuti più tardi, fattosi a sua volta una bella doccia, il giovane la raggiunse nel grande letto matrimoniale e le si distese al fianco serrandola in un tenero abbraccio. - Non pensare più a Jason o finirai col non riuscire a prendere sonno... -
- Era così triste... - La ragazza cercò il suo sguardo. - Lo so che era l’unica cosa giusta da fare, però... però ci siamo comportati con lui allo stesso modo in cui i miei si comportarono con noi... Ed è orribile... - Una lacrima le tremolò sulle ciglia, e Max le sfiorò il viso col dorso della mano. - Solo per pochi giorni. Poi potranno fare quello che vorranno... - cedette, non sopportando di vedere la profonda desolazione nei suoi occhi scuri.
- Sì... - Sorridendo sollevata si rannicchiò contro il suo petto. - Ti amo da morire... -
- Anch’io -
Le loro dita si intrecciarono, e poco dopo si abbandonarono alla sensuale passione che anche un semplice gesto come quello era in grado di suscitare.

Vedendo la sorella appoggiata alla vettura Max rallentò il passo. Di solito lo aspettava seduta all’interno per tenere compagnia a Natalie, e quella novità lo incuriosì. Poi, rendendosi conto del disagio con cui lo guardava avvicinarsi, sospirò mentalmente.
Isabel si scostò dalla macchina e gli andò incontro. - Ciao, Max -
- Ciao - La osservò con attenzione. - Stai bene? Mi sembri un po’ nervosa... -
Lei si schiarì la gola. - Sì, sto bene. Ecco, io... - Per un attimo distolse lo sguardo, imbarazzata, e si ricacciò dietro l’orecchio la ciocca di capelli che il vento le aveva sospinto davanti al viso. - Domenica Jason è venuto a casa mia. Era molto giù per via del tuo divieto, e... - Si schiarì di nuovo la gola - beh, tu lo sai quanto gli voglio bene, e volevo verificare se... Insomma, ieri sera sono entrata nei sogni di Alexandra. - Lo disse tutto d’un fiato, preoccupata per la sua reazione ma allo stesso tempo sollevata per averglielo rivelato.
Max la fissò con gli occhi dilatati per lo stupore. - Che cosa?!? -
- Stai tranquillo, ho fatto in modo che non mi vedesse - si affrettò a rassicurarlo. - Max, quella ragazza ha un tale abisso di solitudine, dentro di sé... - proseguì sommessa. - I suoi pensieri sono un groviglio di emozioni difficili da interpretare e, come puoi ben immaginare, hanno quasi sempre Jason al centro - Scrollò lentamente la testa. - In ogni caso, non ritengo che costituisca una minaccia né per lui né per noi. Ha solo le idee piuttosto confuse...
- Quindi... non hai potuto capire se lo ama oppure no? -
Isabel sorrise con indulgenza. - Ansia di genitore, eh? - Poi alzò gli occhi al cielo. - A dire la verità a volte mi sembra di essere tornata indietro nel tempo, a quando avevamo sedici anni e tu eri innamorato perso di Liz... - Il sorriso si fece triste - Jason e Alexandra sono ossessionati l’uno dall’altra proprio come lo eravate voi due, e io sono di nuovo costretta a vedere una persona che amo struggersi per un sogno impossibile... -
L’ultima parola risuonò dolorosamente nelle orecchie di Max. - Allora...? - chiese sottovoce.
- Ciò che conta è che Jason crede in quel sogno - Gli sfiorò il braccio in una carezza affettuosa. - E ormai ho imparato che i sogni possono anche avverarsi... - Fece ricadere la mano e tornò verso l’auto da cui, nel frattempo, era uscito Jason.
Il ragazzo non staccò mai gli occhi dal padre mentre percorreva i pochi passi che li separavano. - Io... ti chiedo scusa per aver causato tanti guai... per aver fatto soffrire te e la mamma... - mormorò quando furono di fronte.
Max rimase a fissarlo per qualche istante in silenzio, con dolorosa intensità, percependo costernato tutta la sua insicurezza, il suo rammarico. No, coniglietto, non devi pensare che non ti vogliamo più bene! - disse con voce soffocata. - Non pensarlo mai! -
- Scusami... - ripeté ancora Jason protendendosi impercettibilmente verso di lui, e Max lo strinse con forza a sé.
Dal suo posto di osservazione Isabel sorrise soddisfatta poi si girò a deporre un bacio sulla testolina di Natalie. - Per fortuna tu sei ancora una bimba molto molto piccola, vero, tesoro? -
Poco più tardi la vettura ripartiva diretta alla volta di Roswell.
Seduto sul sedile posteriore, Jason giocherellava con la minuscola mano della cuginetta, che sorrideva felice delle sue attenzioni, mentre Isabel lanciava continue occhiate al fratello e, attraverso lo specchietto retrovisore, al nipote. Tutto sommato le sembrava che fossero entrambi tranquilli, anche se Max non aveva detto una parola da quando era salito in auto. Per questo la sua voce rassegnata che le chiedeva di fermarsi la colse di sorpresa. Si volse di scatto a guardarlo poi osservò la strada davanti a sé. Non puoi aspettare che faccia inversione, così parcheggio proprio davanti al Crashdown? -
- Non devo andare al Crashdown -
Lei socchiuse gli occhi. - L’Ufo Center? - domandò perplessa.
- Già -
- Cosa devi fare lì? - Nel suo tono era evidente la scarsa simpatia che aveva per quel luogo.
- Devo parlare con Milton. Per lavoro -
- Che cosa?!? Stai scherzando, vero? - disse accigliata.
- No. L’ho promesso a Liz. -
- E il motivo sarebbe...? -
Le diede una rapida occhiata mentre si sganciava la cintura di sicurezza. - La prossima settimana tu tornerai all’osservatorio, io invece ne sarò fuori. Ricordi? Burton mi ha licenziato -
- Questo non significa doversi immischiare con quella spazzatura! - protestò Isabel.
- Hai proposte migliori? -
- Potresti lavorare con papà... -
- Non ho studiato legge -
- Non puoi abbassarti a... a... - La giovane donna era evidentemente fuori di sé, ma il fratello si limitò ad aprire la portiera. - Aspettatemi qui. -
- No, Max! -
Rimasti soli, Isabel si coprì il volto con una mano. - Non è possibile... - mormorò sconfortata.
Jason continuò a tacere mentre seguiva con lo sguardo il padre avvicinarsi all’ingresso del museo.
L’assenza di Max durò solo pochi minuti.
Ross Milton lo aveva accolto con un sorriso di circostanza, non avendo dimenticato quanto accaduto alcuni anni prima, poi, man mano che ascoltava la sua richiesta, si era irrigidito.
- Ti ringrazio, giovanotto, ma non ho alcun bisogno di un socio. E comunque, se anche non fosse stato così, credi che avrei preso proprio te? Lo sai per quanto tempo i giornalisti hanno continuato a tormentarmi dopo quella dannata sera? Eri tu, ne sono più che sicuro, però non mi è stato possibile provarlo e il risultato è stata una vera e propria persecuzione! Mi hanno dato del visionario, del pazzo, mi hanno persino accusato di aver preso degli allucinogeni! Mentre tutto questo... - fece un ampio gesto col braccio ad indicare l’ambiente in cui si trovavano, - è il frutto di accurate ricerche! No, Evans, non ho bisogno del tuo aiuto! - A quel punto si era allontanato per tornare ad occuparsi delle sue faccende e a lui non era rimasto che andarsene, interiormente sollevato per quel netto rifiuto.
Il suo volto inespressivo strappò un sorriso soddisfatto ad Isabel. - Credo proprio che tuo padre non abbia concluso l’affare. Vieni, andiamo a festeggiare! - disse ammiccando allegramente a Jason, e scese dalla macchina.
Max guardò in silenzio la sorella, che stringeva Natalie fra le braccia, poi il figlio.
- Zia Isabel ci ha invitati a prendere qualcosa al Crashdown. - spiegò quest’ultimo.
- Scommetto che so il perché... - mormorò, e con un’alzata di spalle li seguì all’interno del ristorante.
Mentre, pochi minuti più tardi, studiava il menu, lo sguardo gli cadde sulla colonna dei prezzi e per un attimo perse il contatto con il mondo esterno.
Soltanto Isabel sembrò accorgersi della sua espressione assente e lo fissò ansiosa. - Max? - Dovette chiamarlo di nuovo prima che lui la sentisse, e a quel punto era diventata un fascio di nervi. - Max, cosa c’è? - Poi, davanti alla sua occhiata interrogativa, corrugò la fronte. - Sembravi lontanissimo da qui... - spiegò in un bisbiglio.
Il giovane si costrinse a rilassare i muscoli contratti delle spalle. - Sì, io... E’ stato come quando eravamo a Phoenix... -
- Che vuoi dire? -
A quel punto anche Jason si era reso conto che qualcosa non andava e prestò la massima attenzione a ciò che i due adulti stavano dicendo mentre, con grande delicatezza, sondava le loro emozioni.
- Formule... Anziché il menu ho visto formule matematiche... - confessò Max sconcertato. - Le formule dei quaderni di Kalosh. -
- Allora è tutto chiaro! - Isabel sorrise per il sollievo. - L’altra sera non è sfuggito a nessuno quanto ti abbiano colpito quei quaderni, e questo significa che hai trovato il tuo nuovo lavoro! -
- E cioè proseguire le sue ricerche? - chiese dubbioso.
- Max... è il lavoro perfetto per te! Tu ami la ricerca... e anche se i tuoi strumenti non saranno più i telescopi ma formule fisiche e calcoli matematici, è sempre la materia in cui ti sei laureato... Sembra che la fisica astronomica sia la passione segreta degli antariani esiliati - mormorò divertita. - Inoltre ti permette di non dover rendere conto a nessuno del tuo operato in caso di prolungate assenze - terminò allusiva. - O avresti davvero preferito seppellirti in quella trappola per turisti che è l’Ufo Center? -
- Sicuramente no! - si lasciò sfuggire lui, e sorrise scrollando un poco la testa. - Ne parlerò con Liz e Shanee, e vedrò cosa si può fare... -
- Si faranno in quattro per aiutarti, ne sono più che certa! - Contenta per il fratello, Isabel gli strinse con affetto una mano. - Su, adesso concentrati sulla lista delle bevande: dobbiamo davvero festeggiare! -

- Ahi, Patrick! Fermati... -
Il ragazzo lasciò scivolare lentamente la mano sul fianco umido di sudore di Shanee. - Se tu ti rilassassi una buona volta non sarei costretto a bloccarti il bacino! - la rimbrottò. - Inoltre cerca di ricordare che sei innamorata pazzamente di me e guardami negli occhi. Sono o no l’amore della tua vita? - terminò sorridendole con dolcezza.
La giovane scoppiò in una risatina. - Tesoro... hai ragione! - Si divincolò dalla posizione in cui l’aveva incastrata, appoggiandosi al suo petto. - Ma non è mica tanto facile, sai? Sono stanca, piena di lividi e l’unico pensiero che riesce a sostenermi è quello del mio corpo sotto la doccia calda! -
Patrick la sollevò per riuscire a mettersi seduto. - Uhmm, sicura di non essere ingrassata? -
Lei sbuffò, alzando gli occhi al cielo in segno di finta esasperazione.
- Stai bevendo succo di ananas? -
- E dai con questa storia... Sì! -
- Hai smesso di mangiare tutta quella cioccolata? -
- Uffa... Sì... più o meno! -
- Shanee, per favore... - lo sguardo implorante negli stupendi occhi azzurri - solo qualche altro giorno di sacrificio. Lo sai quanto è importante per me questa cosa! -
- Sì che lo so - lo rassicurò, - però tutti i sacrifici li faccio io! Non è mica una condizione tanto equa... - brontolò sorridendo all’amico. - Adesso però fermiamoci. Sono più di due ore che proviamo... ti prego... - lo guardò supplichevole.
- Ok! Allora basta per stasera, ma ricordati che domani riproviamo tutto, incluse quelle prese in aria che ci danno problemi. -
- Sì, grande capo! - e con uno scatto felino, a dispetto della sua dichiarata stanchezza, si avviò verso le docce.

- Sono felice che i tuoi ti abbiano dato il permesso di venire a dormire da me! - Shanee aprì la porta d’ingresso lasciando entrare Shiri. - Beh, questa è la mia, piuttosto umile, casa... ti prego di non fare paragoni con la tua. E di non badare al disordine... -
- Stupida! Non pensarlo nemmeno lontanamente! Invece... - constatò guardandosi intorno nel monolocale arredato con semplicità ma allo stesso tempo con gusto - è carino, qui! -
- Lì c’è il bagno, di là la cucina. Fine della casa... Vieni, metti qui la tua borsa. Ti va qualcosa di caldo? - Squadrò l’amica con uno sguardo cospiratorio. - Cioccolata? -
- Ma... Patrick, prima... -
- Ohhh! Non ti ci metterai anche tu, adesso! Fregatene di quello che dice. Non ho nemmeno cenato, stasera... poi per me la cioccolata è il tuo equivalente del tabasco! Senza, mi è praticamente impossibile vivere. -
Mentre aspettavano che la bevanda fosse pronta le due ragazze si misero comode sul lettone. - Non ti sei annoiata alle prove? -
- No, per niente! Non avevo idea che fosse tutto così complicato... - Notò i piedi scalzi dell’amica, piuttosto malconci. - Ma come fai? Non senti male? -
- Beh, un po’... ma ci si abitua. Quando ballo non sento più niente. Esistono solo la musica e il movimento. - terminò con fare sognante.
Shiri gettò una nuova occhiata a quelle estremità martoriate e vi pose la mano sopra. Con un uso leggero dei suoi poteri cercò di rimediare a tutte le ammaccature accumulate in quel mese di prove e aggiunse con una risatina: - Sì, certo! Il ballo e il tuo bel Patrick! Vi ho visti come provavate! -
Shanee la guardò all’opera. - Grazie... sei un angelo! -
- Allora... questo Patrick? Lo sai che hai fatto morire di invidia tutte le ragazze, l’altro giorno a mensa? -
- Davvero? - Soddisfatta di quell’affermazione, tenne conto mentalmente di riferirla al compagno, poi il suo sguardo sbarazzino si rivolse di nuovo verso di lei - E stasera... ti è sembrato reale? -
- Cosa vuol dire “sembrato reale”? -
- Vuol dire che non lo è... ma è bene che lo sembri. - affermò tutta seria.
- Cioè... non siete innamorati? -
Shanee scosse la testa decisamente - Ci vogliamo bene. Abbiamo in comune il fatto di essere diversi... io per i miei motivi, che ovviamente non conosce, lui per i suoi. Vedi, Patrick... beh, è gay...-
- Nooo! Non posso crederci! -
- Ehhhh, lo so! - disse scuotendo la testa sconsolata. - Anch’io ho pensato la stessa cosa quando me lo ha detto. Tutto quel ben di dio... sprecato così. Ma date le circostanze mi va più che bene, tenuto conto di dove, quando balliamo, riesce a infilare quelle sue stupende mani affusolate! -
Shiri si abbandonò a una lunga e irrefrenabile risata alla battuta dell’amica, che si unì alla sua allegria. Quando riuscirono finalmente a smettere, Shanee si raccomandò: - Mi affido a te. Sei la prima e unica persona a cui lo dico.
La ragazzina la rassicurò poi, dopo un breve momento di riflessione, le chiese: - L’altro giorno, quando hai detto che Glen è viscido... - Appoggiò il mento sulle ginocchia flesse e la guardò incuriosita. - Che cosa intendevi? -
Shanee fece una spallucciata. - Non lo so... a volte percepisco in lui falsità, cattiveria, disprezzo. Quindi preferisco evitarlo per quanto mi è possibile. Questo, però, non significa che tu non possa essergli amica. Solo fa’ molta attenzione... -
Le sopracciglia di Shiri si sollevarono leggermente rivelando la sua perplessità. - Controlli sempre le emozioni degli altri? -
- Non lo faccio di proposito! Comunque... - sorrise tristemente, quando nelle tue vene scorre il sangue di un mutaforma antariano e di una nativa americana le cose possono diventare molto difficili, e quindi cerchi il modo migliore per sopravvivere... -
- Anche noi, intendo Jason ed io, siamo in grado di percepire queste sensazioni ma di solito evitiamo di farlo. Un po’ perché ci sembra di spiare la gente, un po’ perché rischieremmo di esserne sopraffatti. Questo non ci impedisce di... aprirci... nei casi in cui lo riteniamo necessario. -
- Ad esempio per assicurarvi di potervi fidare di chi avete davanti? - la stuzzicò l’altra.
Shiri si fece scura in volto. - In realtà, no. Altrimenti non ci sarebbero stati tanti guai con Alexandra... -
La studiò pensierosa. - Se è il motivo per cui tuo fratello è così musone, dovresti suggerirgli di controllare cos’ha nella testa... -
- Il fatto è che quei due attraversano continue fasi alterne. Adesso sembra sia la fase no... -
- Lo credo anch’io. Senti, non ho voglia di parlare di... di quegli squinternati -
Altre risate irrefrenabili.
- E tu, invece? - chiese Shanee quando si fu calmata.
- Cosa? -
- C’è qualcuno che ti piace in modo particolare? -
Shiri sorrise. - In effetti sì, ma non si tratta di un compagno di scuola. Lui... non è di queste parti... -
Vedendo l’espressione dolce e sognante dei suoi occhi Shanee trattenne per un attimo il respiro, sorpresa. - Ehi, sei proprio cotta! Dai, su, raccontami! - la sollecitò.
- Si chiama Bren. Vive a Lyri -
- Lyri? Non mi pare di conoscere questo posto... -
Il sorriso della ragazza si fece triste. - E’ la capitale del pianeta Rènida. -
- Accidenti... E come hai fatto a conoscerlo? -
- Tempo fa venne sulla Terra per cercare papà. Mi colpì subito, anche se ero più... più bambina... Mi attraeva, mi incuriosiva... - Un velo di rossore le apparve sulle guance. - Credo di esserne rimasta affascinata fin dal primo momento. - ammise.
- Immagino che non vi vediate molto spesso. Insomma, tu sei qui, sulla Terra, mentre lui si trova in un’altra galassia! -
- E’ vero, comunque... il mese scorso ero su Rènida, e... ci siamo fidanzati. - Lo disse con fare timido, quasi vergognandosi, ma quello che più sconvolse Shanee fu la quieta affermazione che si trovasse su quel pianeta. Cioè, ogni tanto vai a fare un viaggetto nello spazio?!? - le chiese sbalordita.
- Non esattamente. Però... ci sono alcune navi nascoste fra le caverne delle montagne di questa zona del New Mexico: papà se ne serve quando deve andare su Antar - spiegò lei.
- Sì, questo lo so, me lo ha detto Michael. Ma credevo che le usaste solo in caso di necessità... Con questo non voglio dire che non abbia fatto bene ad andare a trovare Bren, ma non è un po’ pericoloso? Se qualcuno dovesse scoprirvi? -
Shiri fece un sospiro profondo. - Infatti dobbiamo stare molto attenti. Ad ogni modo, non è stato un viaggio di piacere. Anche quella volta è successo perché era sorto un problema che richiedeva la presenza di mio padre. E sono sempre problemi terribilmente seri, che comportano gravi rischi... spesso mortali... - Le labbra le si distesero in un nuovo sorriso. - Tuttavia ci sono dei lati positivi. Come l’opportunità di rivedere Bren -
Shanee la guardò incuriosita - E com’è? -
- Chi, Bren? -
- No... beh, anche, voglio dire... lassù... Spesso mi domando se deluderebbe o meno le aspettative della mia infanzia... - mormorò pensosa.
- Non so cosa ti sia immaginata... ma credo che non rimarresti affatto scontenta. Magari capiterà anche a te l’occasione di venire con noi... -
- Ne dubito... è una cosa che mi spaventa un po’. - ammise sinceramente, poi con tono divertito le domandò: E lui... lui com’è? Alto, bello, dolce... -
- Oh sì! - confermò lei prima di lasciarsi ricadere all’indietro sul morbido materasso. - E’ meraviglioso... -
- Decisamente innamorata! -
- Perché ho l’impressione che tu mi stia prendendo in giro? - protestò la ragazzina tirandosi su, e con mossa imprevedibile prese il proprio cuscino e glielo tirò contro.
- Non è vero! Vedendo quello che c’è nei tuoi occhi non mi permetterei mai... - la rassicurò. - Questo mi rincuora molto... Anche se mi toccherà vagare per tutto l’universo per trovare l’amore della mia vita, ho capito che le cose funzionano nella stessa maniera pure lassù! -
Si guardarono per un attimo in silenzio poi, trattenendo a fatica una risata, Shiri proseguì: - E che mi dici di quella specie di Keanu Reeves che ti viene a prendere ogni tanto a scuola? -
Shanee sorrise capendo a chi alludeva. - Chi, Lenny? Carino, eh? E’ il chitarrista del gruppo con cui suono. Un buon amico. -
- Mmm, sicura? -
La giovane arrossì leggermente. - Abbiamo avuto... boh? Non lo so nemmeno io, come definirlo... un flirt... una breve storia... sicuramente una cosa complicata. -
- E come mai è finita? -
- Beh, sai... la fedeltà non era in cima alla sua scala di valori, a differenza della mia... Che vuoi farci, io non sono una ragazza moderna... e poi c’è sempre il problema della nostra vera identità... -
Dopo un attimo di silenzio la ragazzina arrossendo le chiese: - Tu lo hai fatto? -
- Ehi, Shiri... e la mia privacy? - si risentì scherzosamente l’amica.
- Mio fratello e Alexandra, ecco, loro... -
- Oh, su questo non avevo il minimo dubbio! Sai, quelle delicate, pudiche sfumature con cui te lo fanno capire! - disse ironica.
La ragazza rise ancora di gusto. - Sei tremenda, Shanee! -
- E’ la verità! Vuoi la mia opinione? Non è quando e quanto lo fai che è importante, ma come. Anche se questo non è condiviso dalla maggior parte dei nostri coetanei, forse proprio a partire da quei due squinternati, in balia dei loro ormoni! -
Shiri rise di nuovo, poi il viso tornò serio. - Hai ragione. Non sai quanto a volte mi senta a disagio con le mie compagne. Loro mi fanno sentire fuori moda, ingenua... -
- Diversa... oltre tutto il resto, voglio dire... ma il problema non è tuo! Non uniformarti alla massa solo perché loro si comportano in un certo modo. Tu cerca soltanto di essere forte delle tue convinzioni. Il rispetto per se stessi è importante... - Sembrò ripensare alla sua domanda e la stuzzicò: - Perché, hai qualche idea in proposito? -
Shiri scosse la testa decisamente. - Non per adesso, almeno! -
- Sai cosa mi diceva sempre mia madre? Con le dita della mano formava il numero tre e aggiungeva “Amore, uomo giusto e momento adatto! Se manca una di queste cose non farne di niente!”. Ogni volta che frequentavo qualcuno bastava che mi mostrasse la mano e ci intendevamo al volo. Se il tuo Bren è proprio come lo descrivi, vi manca solo il terzo requisito, che prima o poi arriverà, stanne certa. -
Seguì una lunga pausa di silenzio in cui ognuna delle ragazze inseguì i propri pensieri. Shanee fu la prima a parlare di nuovo. - A cosa stai pensando? -
- Che sei una vera amica - e si avvicinò per abbracciarla. - E tu, invece? -
- Non lo senti? - e, ricambiando il suo gesto, lasciò che ricevesse tutto il suo affetto.

Nel momento in cui varcarono la soglia di casa sentirono le allegre risate dei gemelli provenire dalla cucina. I bambini erano seduti nei loro seggioloni. Con le piccole mani lavoravano un impasto per farne dei biscotti mettendoci un impegno incredibile.
- Ciao! Volete favorire? - Shanee si voltò a salutare i due fratelli Evans più grandi e gli si avvicinò reggendo con cautela il vassoio appena uscito dal forno. Il profumo che si era diffuso nella stanza era fantastico. - Cannella, cacao e tabasco... una nuova ricetta sperimentata dai nostri mini cuochi! -
- Dov’è papà? - Shiri afferrò un paio di biscotti, mentre Jason aprì il frigo per prendere la bottiglia del latte. Messi poi sul tavolo sei bicchieri, li riempì abbondantemente per tutti dopodiché vi posò la mano sopra e riscaldò il liquido ad una temperatura ottimale.
Shanee lo osservò incuriosita. - Così non vale! - Con fare sbarazzino gli tirò un biscotto, andando a centrare perfettamente il bicchiere del ragazzo. Il latte schizzò ovunque, sporcandogli anche la felpa. Con noncuranza il giovane alieno si passò una mano sulle macchie facendole scomparire, cercando di ignorare la sua provocazione.
Vedendo che la sfida non veniva raccolta, la giovane proseguì: - E’ andato a prendere vostra madre al lavoro. Gli ho raccomandato di non farsi vedere prima di un paio d’ore per ambientarmi con questi “angioletti”. - Mentre parlava, con l’aiuto di Shiri aveva ripulito alla meglio i gemelli e Mathias e messo davanti ad ognuno di loro il bicchiere di latte e i biscotti per la merenda.
- Sembrano apprezzare l’intruglio... - mormorò con ironia Jason notando l’entusiasmo dei bambini nell’assaggiare lo spuntino.
L’atmosfera era rilassata e piacevole, e parlarono del più e del meno ridendo e scherzando.
- Ehi, Jason... allora anche tu sei dotato di senso dell’umorismo! - commentò Shanee dopo un paio di battute che il ragazzo aveva fatto su alcuni professori.
Il giovane cambiò improvvisamente espressione e per un lungo istante la fissò con sguardo impenetrabile. Lei, per niente intimorita, raccolse con un dito una lunga striscia di cacao rimasta sul piano del tavolo e, cogliendo tutti alla sprovvista, tracciò una linea marrone dalla fronte alla punta del naso di Jason. I bambini scoppiarono a ridere e Shiri dovette trattenersi per non offendere il fratello, poi si voltò verso Shanee sperando che cogliesse nei suoi occhi la silenziosa preghiera di non andare oltre.
Lui si alzò nel più assoluto silenzio pulendosi con un tovagliolo la cioccolata dal viso e se ne andò in sala, sprofondando nel divano e accendendo la televisione per non essere disturbato.
Shanee seguì perplessa i suoi movimenti, poi fece scendere dal seggiolone i gemelli e prese in braccio Mathias, ancora incerto nei movimenti.
- Lascialo stare. Quando fa così è meglio... - affermò ansiosa Shiri.
- Non ci penso neanche lontanamente! Anzi... faresti bene a collaborare con noi. Bambini? - disse rivolta ai piccoli, siete pronti? Andiamo! - e, tenendo aperta la porta di cucina per far passare i gemelli, le strizzò l’occhio facendole cenno con la testa di seguirla.
Si piazzarono tutti davanti al televisore, impedendogli di vedere lo schermo.
- Spostati - mormorò brusco fissando Shanee dritto in faccia.
- No... mi dispiace... Potresti sederti sulla trapunta? Claudia e Ethan devono dirti qualcosa. - Con fare risoluto si impadronì del telecomando spegnendo l’apparecchio dopodiché posò delicatamente Mathias poco distante da dove Jason si era seduto obbedendo, a dir la verità molto incuriosito, a quella richiesta.
I due gemelli si misero ognuno a cavalcioni su una delle sue gambe e Mathias gli si avvicinò da dietro, usando la sua schiena come appiglio per tenersi in piedi con maggior sicurezza. Le due ragazze istintivamente si inginocchiarono ai lati per sostenere il piccolo e così Jason si trovò circondato da tutte quelle persone.
- Ok. Forza, Claudia! - la incitò Shanee conoscendo la vivacità della piccola. Lei non si fece pregare due volte e, posando la sua manina paffuta sulla guancia del fratello per averne la completa attenzione, sillabò il più correttamente possibile: - Noi gioca Jay... Jay... gioca pù... - terminò tutto di un fiato con i suoi occhioni pieni di speranza.
- Io non c’entro niente... - disse sottovoce la ragazza, - è venuto fuori mentre preparavamo i biscotti. Ti sei accorto di quanto sono cresciuti negli ultimi tempi? - Nella sua voce non c’era nessun rimprovero. - Allora, visto che tu non giochi più, i piccoli hanno deciso di farti un regalo. - E con un segno d’intesa invitò Shiri ad unirsi ai bambini. Lo abbracciarono con tutta la forza di cui erano capaci, cercando di trasmettergli il loro affetto. Il ragazzo fu sorpreso e sopraffatto da quanto perfino quei piccoli dovevano aver assimilato della sua ingarbugliata situazione.
Shanee gli posò timidamente una mano sulla spalla e gli bisbigliò: - Lasciati andare. Non è risolutivo, lo so. Ma dà forza... -
Dopo qualche istante Ethan, stanco di accontentarsi della gamba del fratello, si buttò verso Shiri, pronunciando alcune parole poco comprensibili associate a uno strano verso gutturale. La sorella gli sorrise teneramente, intuendo il suo desiderio. - Ok. Ai vostri ordini, piccole pesti! -
Quando poco più tardi Liz e Max entrarono in salotto rimasero alquanto sbalorditi. La scena che gli si presentò aveva dell’incredibile: tre adolescenti, ognuno con un bimbo sulle spalle, correvano per tutta la casa ridendo fino allo sfinimento. E sembrava proprio che Jason fosse quello che si divertiva di più.
Alla vista dei genitori i tre “veicoli” si bloccarono contemporaneamente.
- Max! Liz! Scusate... è tutta colpa mia! Shanee si avvicinò togliendosi Mathias dalle spalle, il viso pieno di piccole impronte di cioccolata, così come il resto della truppa. - Ci siamo fatti prendere un po’ troppo dall’entusiasmo... - ammise.
- Mamma, papà! Assaggiate questi biscotti... li hanno fatti loro! - Jason si accostò con un sorriso porgendo loro il vassoio semivuoto e, intingendo per bene il pollice in un rimasuglio di cacao, con sguardo divertito disegnò una virgola di cioccolata sulla morbida guancia di Shanee. - Siamo pari, adesso! - le disse prima di finire soffocato, insieme a Claudia rimasta saldamente aggrappata al suo posto, dall’abbraccio della madre. - Ehi, mamma! - protestò.
- Scusa, tesoro... è che non ho saputo resistere! - Liz si voltò verso il marito, che le posò una mano sulla spalla condividendo con uno sguardo il medesimo pensiero.
- Era da molto tempo che in questa casa non si sentiva ridere. - sottolineò Max guardando intensamente i figli.
- Che ne dite di una bella ripulita generale? - propose Shanee. - Ci penso io, ai piccoli, non preoccuparti! - disse rivolgendosi alla giovane mamma.
Un po’ di tempo dopo la ragazza si affacciò alla porta della cucina. Stavolta, seduti attorno al tavolo a sgranocchiare biscotti, c’erano Max e Liz con i figli più grandi, immersi in una fitta conversazione. - I bambini sono puliti e addormentati. Vi lascio anche Mathias. Sono d’accordo con Maria perché passi a prenderlo più tardi. Ah! Ho steso anche un paio di lavatrici con i panni dei gemelli. -
Liz la fissò incredula. - Io... ti ringrazio molto, ma non ce n’era bisogno! Gli accordi riguardavano soltanto il fare la baby sitter, non i lavori di casa! -
- Cosa vuoi che sia stendere il bucato? - ribatté lei divertita.
- Shanee, vorrei approfittare della tua presenza per comunicarvi una cosa. - Max strinse gentilmente una mano della moglie e la guardò con aria di scusa Milton ha rifiutato la mia offerta, e io... ho deciso di portare avanti le ricerche di Kalosh. Nei quaderni ci sono tutti i riferimenti necessari, e non occorre che si sappia chi si nasconde ora dietro il suo pseudonimo... -
- Questa è davvero una bella notizia! Mio padre teneva molto alle sue ricerche! Sono felice che sarai proprio tu a portarle avanti... - Gli occhi le scintillarono di gioia, poi le caddero sull’orologio appeso alla parete. Accidenti... sono in ritardo! Devo proprio scappare! -
- Aspetta! - Jason si alzò all’improvviso cogliendo tutti di sorpresa. - Papà... vorrei mostrarle la caverna... posso? - Max rimase meravigliato dalla richiesta del figlio, chiedendosene il motivo, tuttavia diede il suo benestare.
La giovane lo guardò stupita. - La... caverna? “Quella” caverna? -
Il ragazzo annuì, e lei aderì prontamente, dato che Michael glielo aveva promesso da tempo ma non era ancora riuscito a portarcela, poi fece un paio di chiamate per disdire i suoi impegni.
- Aspetta, Shanee! - la richiamò Liz mentre erano ancora sulla soglia di casa, e avvicinandosi le mormorò: - Grazie per quello che hai fatto oggi... con tutti i miei figli - calcando di proposito l’ultima parte della frase.
- Abbiamo solo giocato. - Sorridendole la ragazza si chiuse la porta alle spalle.
Liz tornò a sedersi al tavolo, un’espressione assorta sul viso.
- Sono proprio buoni questi biscotti! - commentò Max. - Non come quegli orrendi sassi che faceva mia madre...-
- La cucina non è mai stata una delle migliori qualità della nonna. - gli fece eco Shiri.
Notando che la moglie era ancora immersa nei suoi pensieri, il giovane le sfiorò la mano. - Qualcosa non va? -
Lei batté le palpebre e si raddrizzò sulla sedia. - No, al contrario! Stavo ripensando a quello che abbiamo visto quando siamo entrati, e a quello che hai detto in proposito. Al fatto che Shanee si sia prontamente scusata ritenendo di aver creato troppa confusione, mentre Alexandra, con tutto quello che ha combinato, non ci ha mai nemmeno provato... -
- Hai perfettamente ragione. Però lo sai anche da sola che non c’è via d’uscita - le disse Max con tenerezza. - Serve soltanto ad aumentare la nostra rabbia nei suoi confronti. A discapito di Jason. -
- Lo so... ma non è giusto continuare a sopportare senza poter fare niente. -
I tre si scambiarono uno sguardo sconfortato.

I due ragazzi non avevano parlato molto lungo la strada, e quando arrivarono nel deserto era ancora giorno.
Shanee spense il motore dell’auto e ammirò stupita l’appuntito profilo della roccia. Chiuse la portiera, apprestandosi a seguire Jason su per il sentiero che portava all’ingresso della caverna.
Lui la invitò a sfiorare la parete dove c’era la chiave di accesso per l’apertura, e l’impronta della mano si illuminò debolmente. Riprova di nuovo - insistette.
Shanee cercò di concentrarsi maggiormente e ritentò. Anche questa volta il segno argentato non rimase stabile il tempo sufficiente per poter permettere l’ingresso.
- Probabilmente non hai abbastanza energia. - le spiegò, attivando il meccanismo in sua vece.
- O forse non sono abbastanza aliena... - scherzò lei. Jason le sorrise apprezzando la sua vena ironica.
Lo seguì all’interno della grotta. I suoi occhi si abituarono in maniera graduale alla penombra creata artificialmente. Era emozionata. Poteva sentire il cuore nel petto batterle così forte da togliere il respiro.
Il giovane si fermò nel mezzo della cavità e la osservò mentre, con una lentezza impressionante, camminava lungo il perimetro studiando attentamente ogni particolare delle pareti.
La ragazza sfiorò la parte luminescente con i resti dei quattro bozzoli, ancora delineati da quella strana sostanza impalpabile. Quell’esame minuzioso si protrasse per alcuni minuti nel più assoluto silenzio. Infine lo raggiunse al centro e Jason notò che aveva gli occhi lucidi.
- Ci sono molte emozioni impresse qua dentro. - affermò con sicurezza. - Speravo di riuscire a sentirlo... - aggiunse rammaricata.
- Chi? - Poi, dalla sua espressione, comprese. - Tuo padre... Mi dispiace, Shanee. -
Lei si voltò dalla parte opposta per non farsi vedere mentre si asciugava le lacrime.
Colpito da quell’atteggiamento di forza e fragilità allo stesso tempo, le si avvicinò ponendole una mano sulla spalla in un gesto di conforto. Quello che non si aspettava fu la reazione di lei, che si voltò e lo abbracciò. Si irrigidì. Gli faceva uno strano effetto. A parte le donne della sua famiglia e Alexandra, non aveva mai abbracciato nessun’altra.
- Non sto piangendo... - sentì mormorare sommessamente contro il suo petto.
Gli sfuggì un sorriso. - No...? -
- No. Beh... non più! - Si staccò per riuscire a guardarlo negli occhi. - Un dubbio mi rode da quando ho capito che eri tu, quello che lui ha salvato... Potrebbe essere questo il motivo per cui le nostre menti hanno un legame così forte? Potrebbe aver “impresso” qualcosa dentro di noi? -
- Non ne ho idea... - mormorò affascinato e dubbioso allo stesso tempo per quella teoria. Si riscosse dai suoi pensieri. L’aveva portata lì per un motivo ben preciso. - Senti, Shanee... -
La ragazza avvertì il suo disagio. - Io... ho riconosciuto il posto appena siamo entrati. Nella mia visione... tu eri qui, quella notte. -
In parte sollevato che lo avesse scoperto da sola, Jason la invitò a sedersi vicino a lui. - Cos’altro hai sentito? -
- C’è qualcosa di molto profondo, in te, che ti fa soffrire. Non credo che occorra una sensibilità particolare per questo. Sei sempre così triste, così cupo. Non c’era nessun nemico quella sera... e nemmeno nel sogno, vero? -
- E’ stata Alexandra... - mormorò a fior di labbra.
- Mi stai prendendo in giro? Guarda che non è divertente! - Gli occhi di Shanee si dilatarono per lo stupore al suo silenzioso assenso, poi, con la calma che la contraddistingueva ed un tono di voce che rasentava il gelo, disse: Non posso crederci... -
Le spiegò allora in ogni particolare come erano andate le cose nelle due drammatiche occasioni che li avevano visti coinvolti. - Tu non capisci... io l’amo! E anche lei... a modo suo. - terminò con una nota di disperazione nella voce.
Shanee alzò lo sguardo su Jason, gli occhi scintillanti, e lui percepì distintamente affiorare la sua rabbia.
- Mio padre ha dato la vita per te! E io ho rischiato di morire... per una cosa che tu... TU volontariamente hai scelto di fare sapendo che era pericolosa!... - La luce all’interno della caverna sembrò acquistare nuove violente sfumature di colore.
- Calmati, per favore! -
- Devo andare fuori. Non riesco a controllarmi... - Respirava affannosamente - Mi manca l’aria... -
L’alieno si alzò e fece scattare il meccanismo di apertura, trattenendola prima che uscisse. - Mi dispiace, Shanee. -
- Non toccarmi! - gli intimò duramente. Si scrollò di dosso la sua mano. - E se fosse stato tuo padre a morire per una persona che si comporta da irresponsabile, come la prenderesti? - poi sgusciò fuori, guardandosi intorno indecisa sul da farsi. Si sedette per togliersi gli stivali e a piedi nudi si arrampicò agilmente sulla sommità della roccia.
- Aspetta! Ti prego... - Colpito da quella domanda, le si precipitò dietro e faticò non poco a raggiungerla. Stava immobile, ad ammirare intensamente l’orizzonte e lo splendido tramonto che andava delineandosi.
- Perdonami, Shanee... non volevo offendere la memoria di tuo padre. -
Si girò verso di lui, osservandolo attenta. Il ragazzo percepì di nuovo il cambio delle sue emozioni. Sempre violente, ma forti e sincere. Gli tese la mano. - Sto cercando di capirti... Vieni qui. -
Jason le si affiancò, seguendo il suo sguardo verso il cielo. Rimasero affascinati dallo spettacolo che il calare del sole nel deserto offriva loro. Notò che sembrava a suo agio, come se quel contatto con la natura fosse il suo elemento naturale. Continuando a fissare il crepuscolo, dove apparivano le prime luminose stelle, lei gli sussurrò: Vorrei poterti trasmettere l’esperienza che ti manca a causa della tua crescita anormale. Credo però che, nonostante i nostri poteri, questo sia impossibile... - e un sorriso triste le apparve sul viso. - Il dolore che provi ti serve per diventare uomo. E’ un concetto molto indiano, ma è così! - Senza lasciargli andare la mano si voltò per incontrare i suoi occhi e con determinazione proseguì: - Noi non dobbiamo mai vergognarci di quello che siamo... Forse lei ti accetterà. Forse non lo farà mai fino in fondo, ma rimarrà in ogni caso al tuo fianco. Questa è una cosa con cui anche mio padre è dovuto venire a patti... -
Jason abbassò lo sguardo pensando dolorosamente a questa ipotesi. Si sedette sull’orlo della roccia e invitò Shanee a fare altrettanto. - E’ successo anche a te? - le chiese.
- Per tanti è già difficile accettarmi nella mia natura terrestre... - Appoggiò la testa sulla sua spalla ed il ragazzo poté percepire il conflitto nell’animo dell’amica e la forte sensazione di sicurezza che lei riceveva nel poter condividere finalmente con qualcuno quello che aveva dentro da lungo tempo. - A volte è troppo pesante portare questa eredità... noi siamo così giovani e abbiamo avuto esperienze che ci hanno già segnato la vita. -
Con una mano le scostò i lunghi capelli rimasti impigliati fra loro. Ne colse la morbidezza al tatto mentre un intenso profumo dolce e speziato gli arrivava alle narici. - Credi che non ci pensi? - le mormorò piano. Tutto quello che mi dicono i miei genitori e i miei zii... Non sono così stupido. Solo, adesso mi chiedo come sia potuto accadere... Prima, quando siamo entrati nella grotta, ripensando a quella notte mi sono venuti i brividi... Mi ripeto continuamente che quello che ho ricevuto da Alexandra è la verità, che lei mi ama. Ma... sono così a terra... - concluse desolato.
Shanee gli passò un braccio intorno ai fianchi. - Devi trovare la tua strada, il tuo equilibrio. Come individuo, devi esistere nonostante chi ti è accanto. E’ importante che tu sia tu. Tuo padre ha una forte personalità. Anche Michael. E Alexandra. Ma tu non devi esserne il riflesso. Forse dovresti darti un po’ di tempo per capire chi sei e come vuoi vivere la tua vita senza che altri scelgano per te... -
Jason si chinò a posarle la testa sulle ginocchia e lei prese a carezzargliela gentilmente. - Il passato di Alexandra - continuò - per quanto doloroso sia, non è una giustificazione a tutto. Tu non devi farti carico dei suoi sbagli. Situazioni come le sue sono molte, alcune anche peggiori, ma non tutte sfociano nella droga. Michael, per esempio, cosa avrebbe dovuto fare con il padre adottivo? Ha lottato ed è rimasto a galla fino a trovare un futuro migliore. Certo, Maria lo ha aiutato, ma è stato lui a scegliere come comportarsi... -
Il ragazzo annuì all’esempio che conosceva personalmente. - Però non è facile... -
- No! Non voglio raccontarti favole... non lo è. Ma quando arriverai in fondo vedrai che ne sarà valsa la pena. Hai mai pensato a cosa faresti se lei non riuscisse a trovare la sua strada accanto a te? -
Il suo sguardo sperduto le fece capire più di mille parole. - Jason, io non voglio entrare nel merito di certe scelte, ma se tu ti senti grande abbastanza per fare sesso, penso che lo debba essere anche per tutto il resto... Lo vide arrossire. - Non ti metterai mica a fare il timido! - disse sorridendo, poi guardò il cielo ormai fiocamente illuminato dalle ultime strisce rosa intenso. - Dai, scendiamo, che si è fatto quasi buio. -
Procedettero con cautela lungo lo stretto sentiero. - Accidenti! - esclamò ad un tratto Shanee. - Non si vede niente! -
Jason ricorse ai suoi poteri e illuminò piccoli tratti del percorso. Arrivati in fondo, mentre si infilava gli stivali lei si accorse di essersi tagliata leggermente un piede.
- Fammi dare un’occhiata! - Le sollevò la caviglia e controllò la ferita prima di ripulirla alla meglio con un fazzoletto, poi ripiegò il tessuto e la fasciò.
- Non puoi fare come Shiri? - gli chiese un po’ stupita. - Nemmeno per una cosa così piccola? -
- No... ma posso fare di meglio! - e la sollevò tra le braccia, nonostante le sue proteste. - Shanee, devi mangiare di più! - la sgridò ridendo. - Sembri un uccellino! -
La giovane si schermì. - Non posso... devo rimanere leggera. Per volare più veloce! - precisò tra il serio e lo scherzoso. Gli passò un braccio intorno al collo per sostenersi più saldamente. - Lo sai che se Alexandra ci vedesse così avremmo un piccolo, insignificante problema da affrontare? -
- Lo so molto bene. -
- Ti metto in imbarazzo? Sono troppo diretta? -
- No... anzi! Semplicemente non sono abituato... tu a scuola sei diversa. -
- E’ vero, lì sono costretta ad esserlo per tanti motivi ... -
- Già... - constatò, intuendo a cosa si riferiva. Nel frattempo erano arrivati alla macchina.
- Grazie, Jason! - mormorò vicino al suo orecchio e gli stampò un sonoro bacio sulla guancia.
- Sono io che devo scusarmi e ringraziarti. - La posò delicatamente a terra. - Allora... - Tacque, non sapendo bene come esprimere quello che sentiva.
- Purtroppo non ci si può voltare indietro e quello che è fatto è fatto. Ma... promettimi che da adesso in poi cercherai di cambiare le cose, altrimenti giuro che ti tratto alla pari dei gemelli! -
Jason sorrise alla prospettiva. - Beh... biscotti e coccole, in fondo non mi andrebbe mica male... -
- Perché non mi hai ancora visto in azione quando Claudia tira i giocattoli in testa a Ethan e a Mathias. -
- Penso di averne avuto un assaggio poco fa... -
Sorrisero, sentendosi entrambi più sereni. Shanee frugò a lungo nella tasca dei jeans e tirò fuori le chiavi dell’auto. Ehi! Prendi! -
Lui le acchiappò al volo. Sulle prime non capì esattamente.
- Guida tu... solo fino alla statale, però. -
- Ma Shanee... io non ho mai guidato! -
Una buffa espressione comparve sul suo volto. - Sei stato su un’astronave e ti impaurisci per una banale auto terrestre? E dai... - Lo istruì brevemente e si accomodò sul sedile del passeggero.
Jason percorse qualche miglio assaporando quella nuova sensazione. Ogni tanto sbirciava il profilo di Shanee appena illuminato dalle luci interne dell’auto. La sentiva completamente rilassata ed a proprio agio. Lei si accorse dei suoi sguardi. - Cosa c’è? -
- Mi stavo chiedendo per quale motivo con Alexandra non riesco mai a stare così... -
- Bella domanda. Perché non provi a cercare la risposta? Anzi, perché non glielo chiedi direttamente? - lo punzecchiò. - Anche se io una teoria l’avrei... Mai sentito parlare di tensione sessuale? -
L’alieno si voltò verso di lei. - Cioè? - chiese perplesso prima di tornare a concentrarsi sulla guida, chiaramente colpito da quelle parole.
Shanee chiuse per un attimo gli occhi. - Il fatto è che quando siete insieme sembra che una semplice, bella conversazione sia l’ultimo dei vostri pensieri. - precisò. Gli lasciò del tempo per riflettere poi, quando ritenne che ne avesse avuto a sufficienza, con tono spensierato proseguì: - A proposito... ricordati che mi devi una bevuta per la tua prima guida! Analcolica, ovviamente... - Ed entrambi si misero a ridere.
Giunti nei pressi dell’incrocio con la statale i due si scambiarono i posti e continuarono a chiacchierare mentre ripercorrevano la strada verso casa.

Il grande giorno era arrivato. Il giorno dello spettacolo in cui gli allievi della sezione artistica della West Roswell High School avrebbero realizzato ciò per cui avevano tanto studiato durante l’intero semestre. Per alcuni non si trattava della prima esperienza, per altri invece era il battesimo del fuoco. Per tutti, comunque, era un momento pieno di tensione, e ansia, e allegria. E questo valeva non solo per i ragazzi che si sarebbero cimentati con i loro “pezzi”, ma anche per il pubblico di amici e conoscenti che aspettava con divertita impazienza dall’altra parte del palcoscenico.
La palestra, per l’occasione trasformata in una sala teatrale, era gremita come non mai, e più di uno spettatore era rimasto impressionato dalla perfetta organizzazione. In effetti, quell’anno sembrava che il corpo insegnante avesse davvero dato il meglio di sé. Per non parlare dei giovani artisti che andavano via via alternandosi sul palco, riscuotendo molto successo.
- Ma allora? Quando arriva? - bisbigliò Michael all’orecchio della moglie, seduta accanto a lui nell’oscurità.
- Abbi pazienza, dovrebbe esibirsi fra un po’, a metà del secondo tempo... - Maria sorrise fra sé pensando che lei e Isabel avrebbero presto potuto ammirare la loro opera.
A dire il vero, già alla fine del primo tempo avevano ricevuto un sacco di complimenti per le loro originali idee del Macbeth e dell’Amleto. Perfino gli amici di Shiri e Jason, seduti insieme a loro una fila più avanti, si erano voltati per commentare entusiasti.
Si girò verso Liz. Lei e Max stavano ridendo alle battute dei ragazzi che recitavano una parodia dell’Otello. Decisamente quello spettacolo non era niente male.
Al termine, dopo prolungati applausi, ci fu un momento di interruzione per dare modo di attuare il cambio della scena. Una voce presentò il numero successivo. - Romeo e Giulietta. Atto terzo. Scena quarta. Mix di musiche: Jennifer Lopez, Dire Straits, Peter Gabriel. Realizzazione a cura di Patrick Walsh. Interpreti: Walsh e Blackhawk -
- Eccola! - fremette Maria stringendo nervosamente la mano di Michael. - Se io ho questa fifa, non riesco a immaginare lei, povera stella! - gli bisbigliò.
Mentre le incalzanti note di “Get Right” si diffondevano nell’aria, Patrick fece il suo ingresso in scena indossando nient’altro che un paio di aderentissimi jeans, tagliuzzati a regola d’arte, come certi modelli che apparivano sulle copertine delle riviste di moda più prestigiose. Fu accolto da una serie interminabile di gridolini entusiasti da parte del pubblico femminile, in estasi per il suo torace muscoloso, che cominciò a scandire il ritmo battendo le mani. Lo splendido assolo di hip hop strappò gli applausi entusiasti di tutti i ragazzi presenti. Dal lato sinistro del palco apparve Shanee. O meglio, a Michael occorsero un paio di secondi buoni per riconoscere in quella ballerina dalle sensuali movenze la sua quasi sorella.
Vertiginosa minigonna rosa, a vita bassa. Maglietta dello stesso colore che le lasciava scoperta buona parte della pancia e della schiena. Un basco, sempre rosa, all’ultima moda, le teneva raccolti i capelli, e un paio di sandali con gli strass, con almeno 12 centimetri di tacco, completavano il suo costume di scena.
- Ma...Ma...Maria... come l’hai conciata? - balbettò incredulo.
- Tesoro, è il personaggio... non è lei. - rispose cercando di acquietarlo. - E’ un classico in chiave moderna, quindi deve essere vestita come è la tendenza del momento! - e lanciò uno sguardo eloquente al gruppo di amiche accanto a Shiri, che indossavano abiti non tanto dissimili dalla ballerina sul palco. - Io ho pensato solo al costume. Per il trucco e i capelli te la devi prendere con Isabel! - terminò cercando di dividere la colpa.
Era chiaro che entrambi i protagonisti avevano esagerato di proposito il modo di vestire, proprio per provocare i ragazzi presenti. Infatti la sezione artistica della West Roswell High era da sempre considerata la cenerentola della scuola. E quella sera ogni gruppo che si esibiva si era preso più di una rivincita morale.
Michael non era stato il solo a rimanere sbalordito nel vedere Shanee. Notando l’espressione del fratello, Shiri gli diede una leggera gomitata. - Chiudi la bocca! - gli intimò scherzosamente in un bisbiglio. - Altrimenti scatenerai le ire della tua Alexandra... -
Jason si volse a guardarla, una risposta pepata sulla punta della lingua, ma decise di tacere e tornò ad osservare la coppia di danzatori, tenendo tuttavia sotto stretto controllo le proprie reazioni da quel momento in poi.
Dopo lo scatenato pezzo hip hop, la musica, mixata abilmente, passò alle più dolci note di “Romeo and Juliet”, affidate alla stupenda chitarra del solista dei Dire Straits, e la novella J.Lo., come era stata definita Shanee dalle costumiste durante le prove, si avvicinò a Patrick. Con movimenti eleganti il ragazzo si inginocchiò ai suoi piedi e, in maniera molto passionale, le tolse i sandali risalendo con studiata lentezza su per il suo corpo e stringendola a sé. Le sfilò il basco che tratteneva la massa dei capelli, sapientemente arricciati da Isabel, e questi scesero arrivando in fondo alla schiena.
Seguendo la melodia, la danza era cambiata in un genere più classico e si era fatta più lenta. Divenne allora chiaro a tutti a quale punto della storia dei due innamorati di Verona si riferisse. Stavano interpretando la notte d’amore più famosa del mondo!
Nella coreografia ideata da Patrick però, sebbene molto sensuale, non c’era ostentazione, né cattivo gusto. Anzi, più ballavano e maggiormente emergeva il romanticismo e la tenera complicità fra i due.
Shanee, passato il primo istante di completo panico, era riuscita a calmarsi e, piano piano, nella sua testa la musica aveva avuto il sopravvento. Si era lasciata andare completamente fra le braccia dell’amico. Ogni presa aveva cessato di essere un ostacolo da superare, trasformandosi solo nella voglia di volare e di ballare per sé e per Patrick, l’unico che poteva condividere con lei le stesse identiche emozioni.
Erano giunti all’ultima parte. La musica cambiò ancora nelle battute finali di “S. Jacinto”. Il brano di Peter Gabriel era molto particolare. Sembrava un pezzo tradizionale dei nativi americani, il suono aveva lo stesso lento ritmo di un cuore. La medesima armonia che, attraverso i loro gesti, i due danzatori stavano interpretando. L’unico respiro. L’unione perfetta e completa di due creature diverse e complementari. Patrick, sdraiato a terra, sosteneva Shanee sopra di sé, contro il suo petto. La ragazza inarcò la schiena sollevando entrambe le gambe a formare un perfetto angolo di 90 gradi, concludendo così la loro esibizione.
Per alcuni secondi nella sala ci fu un silenzio assoluto, poi gli applausi scrosciarono fragorosi.
Con grazia i due ballerini si rimisero in piedi e si inchinarono davanti alla platea sorridendo quasi intimiditi per il successo riscosso, ma allo stesso tempo soddisfatti per essere riusciti a trasmettere qualcosa di magico.
Il ricordo di quell’ultima posa plastica, perfetta e suggestiva, rimase impresso come un marchio a fuoco nella mente di Michael, che con fare tetro bofonchiò all’indirizzo di Max: - Non so se è meglio augurarsi che sia il suo ragazzo oppure no... provocando la risata dell’amico.
Shiri aveva seguito l’esibizione con ansia, ricordando le lunghe e faticose prove che l’avevano preceduta, e più di una volta aveva trattenuto il fiato nel seguire i passi che sapeva rappresentare le maggiori difficoltà per Shanee ed il suo compagno. Quando poi il balletto aveva avuto termine era balzata in piedi battendo le mani e sorridendo felice per l’amica.
Accanto a lei, sia pure con maggior sobrietà, anche Jason applaudiva. Ma era rimasto seduto e sulle prime, un po’ imbarazzato da ciò che la danza suggeriva, non era riuscito a fare altro che fissare il volto radioso della giovane, in preda a sensazioni che non sapeva spiegare, turbato dalla magia dello spettacolo cui aveva appena assistito. Lentamente si volse a guardare Alexandra, seduta immobile alla sua sinistra. “Perché non ne sono sorpreso?” si chiese con una vaga tristezza rendendosi conto della sua espressione ostentatamente annoiata. - Non ti è piaciuto? - mormorò, non del tutto certo che l’avesse udito in quel frastuono.
Ma lei aveva sentito e, senza guardarlo, distese le lunghe gambe tenute accavallate fino a quel momento. - Sì, certo - disse con indifferenza.
- Perché fai così? - la rimproverò in tono dolceamaro.
- Così come? - Fece una spallucciata. - Perché non mi scortico le mani applaudendo come una deficiente? - e lanciò uno sguardo significativo alle persone che la circondavano, tra cui c’erano i familiari di Jason.
Lui serrò le labbra risentito. - Non mi riferisco a questo, e lo sai benissimo -
Facendo attenzione a non lasciar trasparire il dispiacere che provava, Alexandra si girò con calma e lo fissò negli occhi. - Ti stavo parlando del lavoro che ho trovato come cameriera al Not of This World, poi hanno annunciato quello stupido balletto e tu ti sei concentrato sul sipario che si alzava. Se permetti, per me è più importante il denaro che potrò guadagnare lavorando in quel locale piuttosto che gli esercizi di ginnastica della tua cara Shanee, quindi non vedo il motivo per cui avrei dovuto eccitarmi tanto alla vista di qualche spaccata... - Tornò a guardare il palcoscenico. - E adesso a chi tocca? - chiese noncurante.
- T’interessa davvero? - rispose lui secco.
La ragazza rimase in silenzio poi, mentre lo spettacolo riprendeva, si alzò e se ne andò.
Lo scambio di battute fra i due non era passato inosservato ad Isabel, che si volse con apparente casualità verso il fratello, in piedi dietro di lei.
Sentendo il suo sguardo su di sé il giovane la sbirciò a sua volta ma non sorrise vedendola roteare gli occhi con una buffa smorfia. “- Qualche idea? -”
“- Fosse per me ne avrei di molto suggestive, ma dubito che Jason apprezzerebbe. -” La ragazza si passò una mano fra i capelli per scostarli dal viso. “- Però sarei così tentata di torcerle il collo... -” Come se niente fosse tornò a dedicare la propria attenzione al palcoscenico.
Max sospirò dentro di sé. Al suo fianco, Liz smise di applaudire e gli passò una mano intorno al braccio scrutandolo interrogativa. Lui incontrò i suoi occhi colmi di domande e le coprì la mano con la propria senza tuttavia dire nulla.
Non del tutto rassicurata, la ragazza si guardò intorno ma trovò soltanto volti sorridenti e rilassati. Scosse allora leggermente il capo e si costrinse ad ascoltare con interesse i vivaci commenti di Maria.
Poco dopo le luci si abbassarono per il numero successivo e Michael, seduto alle spalle di Jason, osservò Alexandra lasciare la sala. Venti minuti più tardi non era ancora tornata. - Ci è rimasta chiusa dentro? - bisbigliò sarcastico, incapace di trattenersi oltre.
Il giovane si girò perplesso verso di lui. - Scusa? -
- Sì, la tua amichetta. Lo spettacolo sta per finire e lei è ancora in bagno. Vuoi che chieda a Maria di andare a controllare? -
Tornando a fissare il palcoscenico Jason rispose semplicemente: - E’ andata via -
- Il balletto di Shanee l’ha annoiata? -
Preso in contropiede, sentì una vampata di calore arrossargli le guance. - No, era solo stanca. -
Michael sbuffò. - Sì, certo, se lo dici tu... -
Disturbata da quel continuo brusìo, Maria diede un colpetto sul braccio del marito. - Smettetela di chiacchierare!
L’alieno le si accostò per dirle sottovoce: - Quell’idiota di Alexandra ha piantato in asso Jason dopo l’esibizione di Shanee. -
- E che t’importa? -
- Ma non l’ha neanche applaudita! -
- Senti, uomo dello spazio, capisco che consideri Shanee come la tua sorellina minore, però non puoi pretendere che tutti apprezzino le sue doti artistiche... -
Michael si sentì punto sul vivo. - E’ stata bravissima! L’hai vista, no? -
- Certo, amore, ma cosa potevi aspettarti da una come Alexandra? -
“Già, quella mocciosa è davvero insopportabile...” Imbronciato, si agitò fino a trovare una posizione più comoda.
Qualche sedile più in là, Isabel ascoltava con aria assorta il brano del giovane cantante di turno. In realtà la sua mente era altrove. Continuava a ripensare a Shanee, alla sua gioia, all’evidente soddisfazione che provava nel danzare. Non poté fare a meno di fare un confronto tra le loro vite. Certo, anche per la giovane indiana non era stata tutta rose e fiori... ma, nonostante questo, era riuscita ad esercitare con tanta costanza una disciplina così difficile. Intuì che, forse, proprio questa passione l’aveva tenuta a galla in quegli anni di solitudine. Le aveva fatto sopportare la perdita della famiglia, la paura di essere scoperta e tutti gli ostacoli che aveva, inevitabilmente, trovato sul suo percorso.
Come sarebbe stata, invece, la sua, se avesse potuto continuare a comportarsi come una ragazza qualsiasi? Se non fosse stata costretta a lottare per sopravvivere? Senza l’Fbi alle calcagna, senza i vari nemici della sua stessa razza, chissà quante cose avrebbe potuto fare... E invece, a sedici anni, il suo mondo era andato in frantumi e, prima ancora di rendersene conto, si era ritrovata catapultata in una realtà fatta di paura e angoscia, e tanta solitudine. Perché non poteva più fidarsi di nessuno. E aveva dovuto smettere di frequentare le sue vecchie amiche, da cui ormai si sentiva lontana, ritrovandosi con la sola compagnia di Max e Michael. Cui era molto affezionata, indubbiamente, ma non era quello che aveva sognato per sé... Guardò poi di sottecchi Morgan. Un uomo davvero affascinante, che forse non avrebbe mai incontrato se il suo segreto fosse stato al sicuro. Volendo fare un bilancio, poteva in tutta onestà dire che avrebbe dato volentieri via lui e Natalie per un’adolescenza tranquilla e monotona? Si volse un istante verso il fratello, che teneva un braccio intorno alle spalle della moglie, e sorrise dentro di sé. Un’adolescenza per Max senza la sua preziosa Liz al fianco? No, non avrebbe mai potuto essere!
Sentendosi in qualche modo rinfrancata da quelle riflessioni, tornò a concentrarsi sulla musica. C’era sempre un lato positivo, nelle cose. Bisognava soltanto vederlo...
Terminato lo spettacolo raggiunsero Shanee dietro il palco, dove erano stati allestiti dei camerini di fortuna. Lei non si era ancora potuta cambiare a causa della confusione che regnava dietro le quinte. Appena li vide corse loro incontro con entusiasmo, trascinando Patrick per la mano e presentandolo a tutti.
Michael le circondò la schiena con fare protettivo, poi squadrò il ragazzo da capo a piedi facendogli alcune domande di circostanza, fino a quando il ballerino non fu richiamato da altri compagni di scuola e si allontanò salutandoli.
- Allora... è il tuo ragazzo? -
- No, Michael, stai tranquillo... - gli rispose divertita dall’inconsueta forma di controllo che tendeva a esercitare su di lei.
- Sei stata fa-vo-lo-sa! - Kyle continuava a studiare stupito i suoi lineamenti sotto il trucco di scena, pieno di paillettes e brillantini. Qualcosa di appena più marcato rispetto a quello che vedeva normalmente sul viso delle tante ragazze che incrociava per strada. - Usciamo una di queste sere... ma promettimi che verrai vestita così! - Un luccichio divertito negli occhi accompagnò la richiesta.
- Lei non esce con te! - Michael lo guardò malissimo, mentre costringeva la ragazza a infilarsi la sua giacca, eccezionalmente indossata per l’occasione, con la scusa di non farle prendere freddo.
- Perché mi sento tanto un burattino? - mormorò scherzando Shanee all’indirizzo di Maria.
- Non te la prendere... - la consolò Liz. - Michael tende ad essere iperprotettivo con le sue donne... vero, Maria? - chiese rivolta all’amica, la quale annuì ricordando le sue scene di gelosia quando aveva ripreso a cantare nei locali.
- Non oso pensare cosa succederà se avrai una figlia femmina... - fu l’ironico commento di Max.
Improvvisamente Shanee fu distratta dall’apparire di una figura alle loro spalle. - Lenny?? - Incredula per la sua presenza, sfuggì dalla gentile presa dell’alieno e gli andò incontro.
- E quello chi è? - borbottò Michael.
- Ma perché non la lasci un po’ in pace? - si lamentò Jason, solidale con la giovane, suscitando l’ilarità di tutti. Il gruppo osservò i due ragazzi parlottare per qualche minuto, dopodiché Shanee tornò indietro accompagnata dal nuovo arrivato. - Questo è Lenny... un caro amico, chitarrista della band con cui suono e lavoro ogni giovedì sera. Proviene da Acoma come me. E’ stato allievo di mio padre quando abitavamo alla riserva... Ci siamo ritrovati qui a Roswell per caso, dopo che entrambi eravamo venuti via dalla nostra terra. -
Shiri scambiò con lei uno sguardo complice che non sfuggì a nessuno dei presenti.
Michael lo fissò sospettoso, poi si voltò verso Shanee e, mentre Lenny era impegnato a rispondere alle domande di Maria riguardo alla musica, alzò ammiccante un sopracciglio, come a chiederle conferma dei suoi sospetti.
La ragazza scosse incredula la testa, colpendolo affettuosamente su un braccio. - NO! Uffa... mi vuoi sistemare per forza? Guarda che sono molto difficile in fatto di uomini... - e la sua inconfondibile risata argentina contagiò tutti.
Rimasero a parlare a lungo dello spettacolo. Ogni tanto Shanee adocchiava ansiosa verso gli spogliatoi. Finalmente sembrò che il caos cominciasse a diminuire. - Vado a cambiarmi... non mi sento molto a mio agio così... - disse accennando al suo costume di scena. - Mi aspettate? Andiamo via insieme? - Sorrise nel sentire il coro di sì che accolse la sua domanda, e si allontanò in fretta.
Quando fu pronta raggiunse di nuovo i suoi amici. Discussero brevemente e alla fine accolsero la proposta di Maria di andare a prendere qualcosa da bere per concludere la serata, prima di tornare alle rispettive case.
Né Max né Shiri si lasciarono ingannare dall’apparente spensieratezza di Jason. Erano ben consapevoli di quale fosse il suo reale stato d’animo e avrebbero voluto fare qualcosa per aiutarlo ma lui, quasi ne avesse intuito le intenzioni, fece sempre in modo di evitare di rimanere solo con loro.

Jason lanciò un’occhiata all’orologio che aveva al polso e con un sospiro si dedicò al nuovo esercizio di geometria. Suo padre gli aveva detto che sarebbero usciti alle quattro e mezza, per cui gli rimaneva soltanto un quarto d’ora per terminare i compiti. In realtà non aveva alcuna voglia di andare in giro, l’ultima scenata di Alexandra lo aveva veramente buttato giù, ma lui aveva insistito molto e alla fine era stato costretto a cedere. Tuttavia era così poco interessato che non aveva neppure chiesto dove sarebbero andati...
Scrisse in fretta gli ultimi passaggi dopodiché, cominciando a sentirsi suo malgrado incuriosito, chiuse quaderno e libro e andò a recuperare le scarpe da ginnastica sotto il letto, prese il giaccone di pelle e corse al piano inferiore dove Max lo stava già aspettando.
Lasciò che la madre lo abbracciasse con forza e sorrise brevemente a Shiri e ai gemelli, che stavano giocando sulla trapunta.
Quando si rese conto che stavano lasciando la città Jason corrugò la fronte. - Qual è il programma? -
- E’ una sorpresa. Vedrai che ti piacerà... - Max lo guardò di sfuggita. Si augurava davvero che, almeno per qualche ora, riuscisse a scrollarsi di dosso la malinconia che gli incupiva il volto dal venerdì sera, dopo lo spettacolo alla scuola.
E difatti, quando poco prima delle venti il fuoristrada si arrestò nell’ampio parcheggio del Pan American Center, nel campus universitario di Las Cruces, il ragazzo si animò. - Come hai fatto a trovare i biglietti? - chiese incredulo.
- Mi sono dato da fare - rispose semplicemente Max con un sorriso colmo di affetto.
In realtà era stato per puro caso, parlando con Kyle, che aveva saputo che la partita di basket contro l’Arkansas State University per la Sun Belt Conference sarebbe stata giocata in casa, e a quel punto aveva fatto l’impossibile per procurarsi due posti.
- Mi dispiace ma per la cena dovrai accontentarti di un panino alla cafeteria: non abbiamo molto tempo... -
- Scherzi?!? Potrei anche digiunare! -
Max si mise a ridere e gli scompigliò i capelli. - No, non posso permetterlo! E se dovessi svenire per la fame e perdere così il momento clou della partita? -
- Hai ragione, non ci avevo pensato... Ok, allora vada per la cafeteria! -

- Ferma, ci penso io! - Shanee sorrise a Liz e si alzò per andare ad aprire la porta. Lo squillo del campanello le aveva interrotte mentre stavano facendo scoprire ai gemelli il misterioso mondo delle costruzioni. C’era una grande scatola piena per metà di mattoncini multicolori, e al centro della trapunta stava prendendo faticosamente forma una casa. Shiri fece appena in tempo a bloccare Ethan, evitando per un pelo che buttasse tutto all’aria nel goffo tentativo di correre dietro alla ragazza. Placidamente seduta in grembo alla madre, Claudia succhiava assorta uno dei piccoli parallelepipedi.
Il campanello suonò una seconda volta prima che Shanee arrivasse alla porta, e rimase interdetta nel trovarsi davanti Alexandra.
- Allora, quella macchina sgangherata là fuori è la tua?! - disse quest’ultima con un sorriso storto, cercando di non mostrare il furore che la vista della ragazza aveva suscitato in lei.
- Ciao, anche a me fa molto piacere vederti... -
Il sorriso di Alexandra si fece ancora più storto. - Devo parlare con... -
Shanee sollevò di scatto la mano spalancando gli occhi con fare ispirato. - Aspetta, fammi indovinare: devi parlare con Jason. Giusto? -
Indispettita dal suo tono scherzoso l’altra avanzò di un passo varcando così la soglia, e s’irrigidì nel veder arrivare Liz Evans. - Buona sera - la salutò seria, - vorrei parlare con Jason. -
La giovane donna sorrise gentilmente. Nonostante la sua apparente durezza, o forse proprio per quello, cominciava a capire il motivo per cui Jason era tanto preso di lei... - Mi spiace ma non c’è. E’ uscito con mio marito. -
Fraintendendo completamente il significato del suo sorriso, Alexandra serrò i pugni. - Per quanto facciate o diciate, quando lui è dentro di me è soltanto mio! - sibilò.
Shanee era rimasta sulla porta di casa e, nell’udire quella frase, alzò sbalordita lo sguardo al cielo. - Complimenti! - bisbigliò con ironia, ma non abbastanza piano da non essere udita.
Avvicinatasi nel frattempo all’ingresso, Shiri notò il viso sbiancato di collera di Alexandra e l’aria freddamente ironica di Shanee, per non parlare della rigidità delle spalle di sua madre, e scosse la testa sconsolata. Non sapeva cosa fosse successo ma poteva facilmente immaginarlo. E dire che all’inizio Alexandra le era sembrata una ragazza tanto simpatica e disponibile...
Il sorriso di Liz si affievolì. - Mio figlio si considera tuo sempre - disse piano. - Non svilire così il suo amore per te... -
Senza replicare la ragazza girò sui tacchi e se ne andò. La giovane indiana si affrettò a scostarsi per permetterle di uscire. - Prego, principessa... -

La partita fu un vero spettacolo, così come lo furono le manifestazioni di entusiasmo delle due tifoserie contrapposte, e più volte Max vide il figlio battere le mani e scattare in piedi gridando di gioia insieme agli altri spettatori. Lo fece anche lui, divertendosi con spensieratezza e godendo ogni istante di quella chiassosa serata, felice di essere in sua compagnia, loro due da soli. Peccato che all’origine di quell’uscita ci fosse la tormentata storia d’amore con Alexandra... Forse doveva approfittare dell’occasione e parlare un po’ con Jason, cercare di aiutarlo a venir fuori dalle nuove difficoltà in cui sembrava essersi impantanato...
Fu per questo che, una volta terminato l’incontro, districandosi abilmente nel caotico traffico in uscita dalla città si immise sulla statale 70 Est e una ventina di minuti dopo si fermò. - Penso che dovremmo parlare un po’. - disse semplicemente.
Il ragazzo fece una smorfia, l’eccitazione per l’incontro sportivo bruscamente finita. - Non è che ne abbia molta voglia -
- Però io sì. So quanto è doloroso vedere la persona che ami allontanarsi da te, e se poi capita di frequente come nel tuo caso... - Sospirò, nel tentativo di non lasciar trasparire la frustrazione che provava. - Perché tu e Alexandra siete di nuovo in crisi? -
- Se lo sapessi, il problema sarebbe già risolto - Jason guardò dal finestrino come se potesse trovare là fuori, nel buio vuoto che li circondava, la risposta ai dilemmi che lo angosciavano. Perché Alexandra finiva sempre col litigare? Perché non riuscivano ad avere un rapporto sereno?
- Amare intensamente qualcuno è meraviglioso e terribile - mormorò Max rompendo di nuovo il silenzio. - Insieme, è come essere una cosa sola. Separati, è una parte vitale di te che non c’è più. Ho amato tua madre fin da quando eravamo solo due bambini. - Il ricordo gli strappò un sorriso dolce e mesto allo stesso tempo. - Come la vidi sentii subito qualcosa, per lei. Qualcosa che pensavo non avrei mai rivelato a nessuno, tantomeno a Liz, perché il fatto di non essere umano lo rendeva impossibile. Poi... dovetti scegliere se lasciarla morire o mettere in pericolo la mia stessa sopravvivenza. Avevo sedici anni, e agii d’istinto. - Senza accorgersene contrasse una mano a pugno. - Non potevo perderla, anche se in realtà non l’avevo mai avuta, e così presi la mia decisione. Da allora le nostre vite si sono intrecciate, nel bene e nel male, abbiamo avuto tanti momenti bellissimi e altri spaventosi. Sogni e incubi, che in parte conosci... In un certo senso tu hai fatto la stessa cosa con Alexandra, hai agito d’istinto, le hai dato il tuo cuore e la tua anima. - I suoi bellissimi occhi ambrati lo guardarono impietositi. - Ma forse non è ancora pronta ad accettarli... -
- Non è vero! - Jason si volse di scatto verso di lui, sforzandosi di mantenere un tono di voce calmo e ragionevole. Alexandra ha soltanto paura di essere ferita come l’hanno ferita tutti quelli che l’hanno amata, a cominciare dai suoi genitori - Si portò una mano al cuore. - Lo so, lo sento qui -
- Soffri quando stai con lei, e soffri ancora di più se ne stai lontano... -
Le parole appena sussurrate di Max colpirono dolorosamente il giovane per la verità in esse racchiusa. Sì bisbigliò.
- Sei sicuro che ne valga la pena? -
Lui si limitò ad annuire, e l’alieno emise un profondo sospiro. - D’accordo. Spero solo che tu non debba mai pentirti di questa scelta. -
Stavolta Jason fece segno di no. Semplicemente, non era possibile pentirsi di amare Alexandra...
Quando arrivarono a casa era l’una del mattino e, cercando di non far rumore, si ritirarono nelle rispettive stanze per approfittare delle poche ore di riposo che ancora restavano.
Mentre Max si addormentava quasi subito disteso accanto al corpo tiepido della moglie, un braccio intorno ai suoi fianchi e la fronte posata contro quella di lei, Jason continuò a rigirarsi a lungo nel letto ripensando al colloquio avuto col padre. Era vero, aveva agito d’istinto cedendo al magnetismo sensuale di Alexandra, alla sua bellezza intrigante, alla sua personalità complessa, ma aveva sicuramente commesso tanti errori che non li avevano aiutati a capire quel che stava accadendo. Pazienza... Quante volte aveva usato quella parola per se stesso, per Alexandra, e quante volte l’aveva sentita dai suoi genitori... Forse troppe. Forse non era la pazienza, che poteva sciogliere tutti quei nodi... O, per lo meno, non più. Doveva agire. Lo aveva detto anche Shanee. Non poteva continuare ad aspettare, doveva fare qualcosa, e presto, altrimenti avrebbe perduto Alexandra per sempre... Ma cosa poteva fare? Non gli piaceva l’idea di farla sentire con le spalle al muro, però doveva trovare il modo di costringerla ad ammettere apertamente quel che voleva davvero dalla loro relazione. Il guaio era che, conoscendo il suo carattere, sapeva di potersi aspettare di tutto. Perché lei aveva troppa paura del loro legame, e avrebbe anche potuto decidere di mettervi la parola fine. E lui non sarebbe stato in grado di sopportarlo...

“Odio i test a sopresa...” Sbuffando fra sé e sé Alexandra diede un’ultima occhiata al foglio che teneva in mano poi si alzò e si avvicinò alla cattedra. Mancava una decina di minuti al termine dell’ora e guardò speranzosa l’insegnante, che le fece un piccolo cenno affermativo. Allora si affrettò a tornare al proprio posto, raccolse penne e quaderni, che infilò alla meglio nello zainetto, ed uscì dall’aula.
Nelle orecchie aveva ancora il rumore della pioggia che aveva continuato a picchiettare con forza contro i vetri per l’intera durata del corso di sociologia, dissuadendola dal defilarsi. Di solito non saltava nessuna lezione, non volendo rischiare di compromettere ulteriormente i suoi studi, ma ogni tanto anziché fare ginnastica preferiva andarsene a studiare nel piccolo parco antistante l’edificio scolastico. Quel giorno, tuttavia, non aveva alternative così, dopo aver riposto le sue cose nell’armadietto personale, si diresse verso la palestra.
Il corridoio era deserto, non c’era ancora nessuna delle sue compagne, e dopo essersi guardata distrattamente intorno decise di entrare comunque nello spogliatoio per cambiarsi. Da lì poteva sentire le voci attutite dell’istruttrice e delle ragazze del corso precedente, così studiò pensosa gli armadietti cercando di individuarne uno vuoto. Fatta la sua scelta, tese la mano per aprire lo sportello e scoprì che era incastrato. “Uffa, quando si decideranno a cambiarli? Ogni volta è la solita storia!” Cominciò a battere con forza sull’angolo superiore dell’anta tirandola al contempo verso di sé fino a quando un secco rumore metallico segnalò la sua vittoria. Il contraccolpo scosse l’intera fila e fece aprire un armadietto vicino. Esasperata, stava per accingersi all’ardua impresa di chiuderlo di nuovo quando qualcosa attirò la sua attenzione. “Ehi, ma quella è la camicetta di...” Un sorrisino perfido le incurvò le labbra e una luce divertita le illuminò gli occhi. Accertatasi di essere ancora sola, spalancò del tutto lo sportello e afferrò l’indumento.

Shiri sorrise ad Alexandra, a pochi passi da lei.
La ragazza ricambiò il sorriso, sentendosi molto soddisfatta di se stessa. Era riuscita a lasciare lo spogliatoio e ad allontanarsi prima che qualcuno potesse vederla, e ora vi stava entrando come se fosse appena arrivata.
Il locale risuonava del chiacchierìo delle studentesse che si stavano cambiando poi, chiaro e forte, si udì un gemito. - Oh no! -
Riconoscendo la voce di Shanee, Shiri le si precipitò al fianco e, come lei, rimase a fissare esterrefatta quel che restava della sua camicetta e del golfino di lana fatto a mano. - Chi può essere stato? - domandò.
- Non ne ho idea... - rispose la ragazza in un bisbiglio. Con mano tremante estrasse dall’armadietto i jeans e li studiò ansiosa. Avevano le tasche strappate, ma per il resto sembravano a posto.
- La camicetta è inutilizzabile... -
- Anche questo, temo. - Amareggiata, Shanee gettò la camicetta ridotta a brandelli nel cestino dell’immondizia mentre piegò amorevolmente il golf come fosse una reliquia e sedette sconfortata sulla panca. - Non è per la maglia in sé - spiegò all’amica, - solo che era un ricordo di mia madre... - concluse con una tristezza infinita negli occhi.
Shiri sedette accanto a lei e l’abbracciò per trasmetterle il suo conforto. - Mi dispiace... non immagini quanto. -
Terminata l’attività fisica, la giovane indiana cominciava a sentire freddo nella sua leggera tenuta, e le altre ragazze la guardarono con compassione senza tuttavia offrirsi di aiutarla. Shanee se lo aspettava, tuttavia la cosa la ferì più di quanto avrebbe potuto immaginare.
- Ho un’idea! Se ti do il mio maglione puoi andare a recuperare almeno il cappotto! - esclamò Shiri sorridendo.
- Sì, grazie! -
Poco discosta da loro, Alexandra osservò le due cambiarsi in fretta e poi avvicinarsi alla porta a doppio battente.
Mentre la apriva con gesto deciso, Shanee vide sopraggiungere un gruppo di ragazzi ed esitò quel tanto che permise a Jason, che ne faceva parte, di notare il suo maglioncino. Accennò un sorriso. - Ciao! A quanto sembra tu e Shiri avete gli stessi gusti in fatto di maglioni! -
La ragazza passò una mano sul morbido tessuto. - A dire il vero questo è proprio il suo - spiegò.
Il giovane non ebbe il tempo di fare altre domande perché in quel momento apparve Shiri, che lo guardò come se fosse un dono del cielo. - Jason! Che fortuna! Potresti dare la tua felpa a Shanee? Qualcuno le ha strappato la camicetta e il golf e lei non ha niente da mettere sotto il cappotto, a parte la maglia della palestra... -
Senza esitare Jason si tolse la felpa e la porse a Shanee, rimanendo in maniche di camicia.
- Sei molto gentile ma non posso accettare - disse lei senza accennare a prenderla.
- Guarda che questa è flanella! - cercò di tranquillizzarla tendendo il braccio per mostrare che diceva la verità.
- Allora... ok. Ti ringrazio molto... - Stava per rientrare nello spogliatoio ma l’alieno la fermò con una domanda. Sai chi è stato? -
Shanee fece scorrere lo sguardo sui volti dei compagni che li circondavano, attardandosi su quello impassibile di Alexandra. - No - rispose semplicemente.
In apparenza soltanto gli Evans si resero conto dello scambio di occhiate fra le due ragazze, poi Shiri tornò nello spogliatoio, seguita dalle altre, e Jason si allontanò con i suoi amici.

Più tardi, durante la pausa pranzo, Jason e Shanee si ritrovarono in fila uno dietro l’altra e decisero di mangiare insieme. Stavano chiacchierando piacevolmente quando vennero raggiunti da Shiri. - Posso unirmi a voi? -
- Certo! - Il fratello le fece segno di sedere accanto a lui, dopodiché indicò Shanee. - Non trovi che quel colore le stia bene? - chiese ammiccando.
- Sì, direi che il viola scuro le dona moltissimo - confermò Shiri. - Anche se qualche taglia di meno non avrebbe guastato... - aggiunse accennando alle maniche arrotolate con cura intorno ai polsi.
- Sei stato davvero gentile. - La ragazza sorrise con gratitudine a Jason - Mi hai salvato da una situazione piuttosto imbarazzante, comunque devo ammettere che anche tu stai bene con quella camicia bianca... -
Alexandra scelse quel momento per fare il suo ingresso nella sala, e vide subito Jason. Si sbrigò allora a riempire il proprio vassoio per raggiungerlo prima che finisse di mangiare ma, fatti pochi passi, si accorse che non era solo. Allora raddrizzò le spalle e proseguì, diretta verso il tavolo dove si erano sistemati Mark e Sabrina.
Shanee, che aveva osservato tutta la scena senza battere ciglio, si alzò e si diresse verso il tavolo della ragazza. Gli Evans la seguirono preoccupati con lo sguardo.
- Devo parlarle - disse rivolta ai commensali di Alexandra. - Da sola! - precisò duramente.
I due, colti alla sprovvista dal suo tono, si alzarono senza obiettare.
La ragazza la fissò stupita e l’aliena si sedette fronteggiandola. - Sai che esistono fior di filosofi e saggi che hanno decantato le lodi del dialogo fra gli uomini? Vogliamo “comunicare”? -
- Non ho niente da dirti! -
- Io credo di sì... penso che tu debba parlarmi di qualcosa... -
- Assolutamente no, quindi levati di torno e lasciami mangiare in pace! -
- Allora... credo di doverti ringraziare. -
La tagliente ironia la colpì e la sua espressione si fece interrogativa. - Non capisco a cosa ti riferisci... - commentò in tono sprezzante.
- Per esserti limitata a distruggermi gli abiti, intendo. Poteva andarmi peggio, Cooper? -
- Perché dovrei essere stata io? Girano un sacco di persone nello spogliatoio... - e con noncuranza continuò a mangiare.
Shanee le spostò il vassoio da sotto le mani. - Non ho terminato. E gradirei essere guardata in faccia quando parlo. Allora... devo coprirmi le spalle, d’ora in avanti? -
Alexandra la fissò con uno sguardo pieno di sfida e furore e allungò il braccio prendendola per la felpa.
Jason le stava controllando da lontano da quando l’amica si era avvicinata alla sua ragazza. Vedendo che gli animi stavano surriscaldandosi fece per scattare in piedi. La mano di Shiri lo afferrò decisa bloccandolo. - Non ti muovere! Ogni azione comporta delle conseguenze. E lei questo deve impararlo una volta per tutte. -
La determinazione negli occhi della sorella lo sbalordì. Decise di rimanere al proprio posto, sperando che la situazione non precipitasse e rimproverandosi amaramente perché, nonostante i suoi buoni propositi, non aveva ancora fatto nulla per chiarirsi con Alexandra mentre era certo che, se invece l’avesse affrontata, non ci sarebbe più stato alcun problema.
Le due giovani continuavano a fronteggiarsi. L’aliena sostenne con fermezza l’attacco poi, abbassando ulteriormente il tono della voce, continuò: - In fondo, puoi sempre farmi del male in qualche tuo perverso modo... Oops! Forse ti ho suggerito qualcosa a cui non avevi ancora pensato in quella tua testa malata! -
Lei la squadrò gelidamente e Shanee si impose di ignorare la profonda avversione che sentiva provenire dalla compagna. Si appellò mentalmente a tutte le religioni che conosceva per mantenere la calma, altrimenti niente e nessuno le avrebbe impedito di piazzare un colpo ben assestato su quella faccia da vipera. Prendendo un profondo respiro, tolse con voluta gentilezza la mano di lei ancora attaccata alla maglia. - Del resto, - disse regalandole il suo più bel falso sorriso - di cosa mi meraviglio visto quello che riesci a fare a chi ami, o almeno dici di amare... - La voce ridotta a un filo ma decisa, proseguì: - Non sporcare con il tuo piccolo limitato mondo di cattiveria la mia vita! Subire i tuoi soprusi non è un segno di debolezza né per me né per le altre persone che offendi con il tuo comportamento. - Sospinse con delicatezza di nuovo il vassoio verso di lei. - Anzi, sappi che quello di oggi è l’unico sopruso che sopporterò! - Senza aspettare la sua risposta si alzò e tornò verso il proprio tavolo. Mi è passato l’appetito... - disse rivolgendosi ai due ragazzi. Guardò Jason, notando la sua espressione preoccupata. - Stai tranquillo, non te l’ho sciupata! E’ solo un po’ più arrabbiata del solito. - e presa la sua roba uscì dalla mensa.
Shiri si morse il labbro inferiore, dispiaciuta per l’amica, poi sfiorò il polso del fratello con una carezza gentile. Scusami per prima, però qualcuno doveva far capire ad Alexandra che non può continuare a ferire gli altri impunemente... - Attese finché lui incontrò i suoi occhi e solo allora, abbassando il tono, aggiunse: - La situazione sta diventando insostenibile, te ne rendi conto, vero? Con tutto quello che è successo, per non parlare di quest’ultima bravata, ti assicuro che faccio sempre più fatica a sopportarla... -
- Io... ti capisco, ma... -
- Ma niente, Jason. Io non voglio più vedere te o Shanee soffrire per colpa sua! -

- Shanee! Shanee, aspettami! -
Sentendo il richiamo di Shiri la ragazza si scusò con Patrick e andò incontro all’amica, che si stava dirigendo verso di lei con un sorriso. - Ciao! Tutto a posto? -
- Sì, certo, grazie - La giovane aliena fece un cenno con la mano a sottolineare l’ovvietà della cosa, poi corrugò la fronte. - In realtà si tratta di stasera... -
Shanee la fissò incuriosita. - Che vuoi dire? -
- Ecco, sei proprio sicura di voler fare da baby sitter a tutti quei bambini? Guarda che, quando ci si mettono, sanno essere davvero terribili! -
- Ma no, basta saperli prendere per il loro verso... - Le ammiccò con aria di cospirazione e Shiri, comprendendo il sottinteso, si lasciò sfuggire una risatina. - Allora ci vediamo più tardi. -
- Naturalmente. Ah, e tranquillizza Jason: la sua felpa è lavata e stirata e stasera gliela riporto! -
La ragazza reclinò il capo studiandola divertita. - Mmm... Allora, neppure tu riesci a tenergli a lungo il muso. -
- Niente affatto. La verità è che mi fa pena, poveretto! -
Stavolta la risata di lei fu aperta e squillante. - Ciao - la salutò, e si allontanò.

- Se doveste avere bisogno di qualcosa, di qualunque cosa, avvertitemi, d’accordo? - Max guardò con serietà i figli più grandi. - Non sto scherzando, qualsiasi problema dovesse presentarsi mandatemi un segnale e torneremo subito.
Shiri sorrise al padre. - Sta’ tranquillo, se dovessimo venire attaccati dall’Fbi o dagli agenti di Khar vi chiameremo immediatamente! -
L’uomo lanciò un’occhiata a Jason. - Questo vale anche per i problemi di natura più... ordinaria... -
Lui si mordicchiò le labbra imbarazzato poi scrollò le spalle. - Andrà tutto bene - disse piano.
- Su... adesso andate a godervi la serata. E rilassatevi, una buona volta! - Shanee fece l’occhiolino a tutti quei genitori ansiosi. - Qui, se qualcuno non riga diritto, non c’è potere che tenga... - e per tranquillizzarli ulteriormente estrasse dalla tasca il cellulare. - Male che vada ci sono sempre i buoni, vecchi metodi. -
Liz strinse più forte l’avambraccio del marito per avvertirlo di non esagerare e Max, augurandosi che davvero andasse tutto bene, salutò un’ultima volta i ragazzi reclinando un poco la testa ed uscì insieme agli altri.
Mentre si avvicinavano alle loro vetture Isabel si rivolse al fratello. - Shanee è stata davvero molto gentile ad offrirsi di dare una mano a guardare i bambini. -
- Sì, infatti, ma ho la netta sensazione che ci sia sotto qualcosa... Non ne sono sicuro, ma mi è sembrato che ci fosse come un’intesa, fra Jason e Shiri... -
- A me basta sapere che, grazie a lei, io e Maria potremo starcene un po’ per conto nostro e, dato che non intendo sprecare altro tempo prezioso, vi saluto! Ciao ciao! - Così dicendo Michael sospinse Maria verso la jeep, mentre Morgan sorrideva ad Isabel. - Direi che è giunto anche per noi il momento di andare. Cercheremo di non fare troppo tardi -
- Non preoccupatevi, vi riporterò Natalie domattina. Ormai sono un uomo libero... - Max lo disse con tono leggero, ma Liz sapeva che non aveva ancora digerito il licenziamento. Circondandogli la vita cercò il suo sguardo. - Dai, andiamo, ora... -
Davanti alla prospettiva di una serata tutta per loro le tre coppie avevano discusso a lungo su cosa fare e avevano finito col decidere di organizzarsi separatamente. In fin dei conti succedeva abbastanza di frequente che stessero insieme per una cena oppure nei fine settimana, ma ogni tanto era un piacevolissimo diversivo stare da soli, e così Maria e Michael sarebbero andati al cinema, Isabel e Morgan avevano prenotato in un elegante ristorante prima di recarsi a teatro, mentre Liz e Max avevano optato per una serata in discoteca.

Michael non avrebbe mai immaginato di potersi divertire così tanto nel vedere un film dell’orrore... Gli strilletti acuti di Maria, il suo stringersi a lui nei momenti di maggiore tensione, il profumo dei suoi capelli che gli solleticavano il naso, erano qualcosa che aveva apprezzato moltissimo! Quando poi il protagonista, un affascinante giovanotto biondo dagli occhi scuri ed il sorriso rubacuori, rischiò di fare una morte spaventosa, Maria non resistette e nascose il viso contro la sua spalla.
Il ragazzo, sorridendo comprensivo, le mise una mano sulla nuca. - Smettila di tremare, tesoro, è soltanto un film! -
- Lo so, ma è così realistico... - balbettò lei aggrappandosi al bavero del suo giaccone.
- Hai ragione, meglio non guardare! - Detto questo, le sollevò il mento e si piegò a baciarla.
A poco a poco Maria si rilassò e, scordate completamente le drammatiche immagini che l’avevano tanto sconvolta, si perse in quel bacio.
I titoli di coda iniziarono a scorrere mentre le luci del locale si accendevano, e i due giovani erano ancora l’uno nelle braccia dell’altro, dimentichi di ogni cosa.
Il tocco gentile ma deciso della maschera fece sussultare Michael, quando infine realizzò che lo stavano scuotendo. - Ehi, che diavolo vuoi? - disse con una smorfia.
- Lo spettacolo è finito. Dovreste uscire, per favore... -
A quelle parole Maria si guardò intorno, sorpresa di scoprire che non c’era più nessuno tranne loro e la donna che li stava squadrando fra il divertito ed il seccato. Arrossendo leggermente scattò in piedi e si rimise il cappotto, imitata malvolentieri da Michael che, presala per mano, la guidò fuori dalla sala. - Dannata rompiscatole... - borbottò mentre si avvicinava alla jeep.
- In effetti il film era finito - osservò lei con ragionevolezza.
- Ma io no - Sbuffando, la sospinse dentro la vettura. - Dove ti va di andare, adesso? - le chiese dopo essersi seduto al posto di guida.
- A casa? - suggerì Maria speranzosa.
- Ottima idea! - Si protese a darle un piccolo bacio sulle labbra poi accese il motore e fece fischiare le gomme sull’asfalto.

Isabel depose il proprio bicchiere ancora pieno per metà di acqua mentre Morgan finiva di sorseggiare il delicato vino bianco che aveva scelto per accompagnare la deliziosa cena a base di arrosto di vitella con patatine al forno e soufflé di arancia come dessert.
- Vado a ritoccarmi il rossetto - mormorò la giovane donna alzandosi con grazia e lui, fatto segno al cameriere di portargli il conto, le sorrise comprensivo. In realtà Isabel non aveva alcun bisogno di aggiustarsi il trucco, era ancora perfettamente a posto, ma sapeva quanto fosse perfezionista e così non fece alcuna osservazione. Dio, adorava quella ragazza, con la sua aria a volte altera a volte sperduta, e la dolcezza di quegli incantevoli occhi marroni gli faceva sempre dimenticare chi fosse davvero. Una principessa aliena che aveva già vissuto in precedenza e che ogni tanto spariva per un viaggio intergalattico per aiutare il fratello a difendere il loro pianeta d’origine da guerre sanguinose... C’era di che sentirsi pronto per essere internato a vita in un ospedale psichiatrico, eppure era tutto vero. Tutto incredibilmente, angosciosamente vero... Ma non avrebbe potuto separarsi da lei per nulla al mondo. Isabel Evans Coltrane era la donna con cui voleva trascorrere il resto della sua esistenza, e al diavolo tutto il resto!

Le mani di Max si muovevano leggermente sulla sua schiena e Liz rabbrividì di piacere. Si strinse di più a lui, dondolandosi con sensualità seguendo la melodia della musica, poi un sorriso le incurvò le labbra mentre infilava le dita tra i suoi folti capelli massaggiandogli la nuca.
Con un sospiro il giovane fece scivolare una mano lungo il collo sottile di lei fino alla delicata linea della mascella e abbassò la testa per baciarla sulla bocca. Un bacio lento, profondo, cui si abbandonarono con passione continuando a muoversi come in sogno.
I loro respiri divennero affrettati, i cuori cominciarono a battere impazziti, e quando la musica cambiò ritmo e volume gli ci vollero parecchi minuti per rendersene conto e, ridendo, si presero per le mani accennando passi di danza più adatti.
Max la fece volteggiare a lungo, ammirando il modo in cui i suoi morbidi riccioli di seta si sollevavano intorno al viso, bevendo con lo sguardo quel corpo sottile e sinuoso messo in risalto dall’aderente abito color bronzo. “E’ mia... Questa bellissima creatura è... mia...” pensò con un senso di grato stupore.
Come se avesse sentito i suoi pensieri Liz sorrise e senza smettere di ballare avanzò verso di lui fino a toccarlo col proprio corpo. Gli cinse i fianchi con entrambe le braccia piegando il capo di lato per deporre un piccolo bacio dietro il lobo dell’orecchio. - Sei mio, Max? Sei mio, signore di Antar? - sussurrò.
- Hai ancora dei dubbi? - le chiese lui divertito.
Liz scosse piano la testa. - A dire il vero... no - disse abbassando ulteriormente la voce. - E’ che mi piace il modo in cui cerchi di rassicurarmi... -
Sorrideva, tuttavia il suo sorriso lo toccò nel profondo del cuore. Perché non c’era soltanto amore, ma anche un disperato bisogno. Di lui, pensò con tenera incredulità. Nonostante il caos che aveva portato nella sua vita, gli innumerevoli pericoli che le aveva fatto correre, la sofferenza che le aveva inflitto, Liz aveva bisogno di lui... Incurante della gente che si agitava attorno a loro si fermò e, prendendole il viso fra le mani, ricominciò a baciarla. Sono tuo - bisbigliò fra un bacio e l’altro. - Per l’eternità. E te lo dimostrerò tutte le volte che lo vorrai... -

Nel frattempo, nell’accogliente casa degli Evans, Shiri e Shanee stavano cominciando a raccogliere i giocattoli sparpagliati un po’ ovunque mentre Jason e Alexandra continuavano ad intrattenere i gemelli. Mathias e Natalie, invece, dormivano già da un pezzo nei loro passeggini.
Dopo la partenza dei genitori Shiri aveva proposto di ordinare delle pizze e Jason, con studiata indifferenza, aveva chiesto se poteva telefonare ad Alexandra per unirsi a loro.
Shanee aveva rivolto uno sguardo incerto all’amica, e lui aveva sollevato gli occhi al cielo promettendo che si sarebbe comportato bene.
Shiri le aveva sorriso con aria di scusa. - Ok - aveva mormorato chinando la testa in segno affermativo.
La prontezza con cui Alexandra aveva accettato l’offerta di Jason sorprese lui per primo, e quando udì il suono del campanello si precipitò ad aprire. - Ciao! - Poi vide anche Kyle e si schiarì la gola. - Ciao - disse di nuovo, più sobriamente.
Il giovane fece un cenno di saluto col capo e, dopo aver guardato i due con chiaro divertimento, indicò il soggiorno. - Vado a salutare Shiri. - disse.
Alexandra sembrò non essersi accorta di niente e, un po’ a disagio, iniziò a parlare in fretta. - Ciao, sono contenta che tu mi abbia invitata. Avevo... avevo bisogno di parlarti. Volevo chiederti scusa per essermene andata a quel modo, venerdì sera. Credo... di aver avuto una reazione eccessiva... -
- Non preoccuparti, ormai è acqua passata - Il giovane la prese per mano sorridendo e la fece entrare. - Mi sto abituando ai tuoi... colpi di testa... -
Le guance di Alexandra si colorarono di rosa. - Scusami... - bisbigliò.
- E’ acqua passata - ripeté lui.
Mentre lo seguiva all’interno la ragazza intravide Shanee e corrugò la fronte. - C’è anche lei? - si lasciò sfuggire, seccata.
- Ti prego, Alexandra, non ricominciare... - la supplicò.
- Mi dispiace, ma proprio non la sopporto! -
La furiosa replica, sussurrata con voce dura, gli strappò una smorfia. - Perché? Che cosa ti ha fatto? -
Lei non disse nulla, limitandosi a fissarlo arrabbiata.
- Shanee è un’amica, nient’altro che un’amica. -
Alexandra lanciò uno sguardo sprezzante all’oggetto della loro conversazione. - Cos’è? Stai cercando di convincere me o te stesso? E’ forse venuta a lamentarsi per quei quattro stracci? -
- Piantala! - Jason la interruppe afferrandola saldamente per le spalle. - Guardami! Guardami e ascoltami! Io ti amo. Se amore può definirsi quello che sento per te... - Spostò le mani sulle sue tempie, costringendola a fissarlo. - Entra nella mia mente! -
La ragazza accennò un moto di resistenza, non voleva sottostare al suo ordine, ma poi lesse l’implorazione in quegli splendidi occhi verde nocciola e cedette.
Rimasero immobili a lungo, ricevendo e dando emozioni e sentimenti, e alla fine Alexandra emise un sospiro spezzato. - Non so se sia amore, ma... è quello che... che vorrei che qualcuno sentisse per me... -
Jason l’avvolse in un abbraccio gentile, avvertendo la sua profonda malinconia. La baciò sulla fronte, rafforzando la stretta quando lei gli passò le braccia intorno al collo.

Il sorriso di Kyle si allargò nel vedere Shanee. - Ciao! -
La ragazza ricambiò il saluto con vivacità. - Come stai? -
- Benissimo, grazie. - E cominciò a scherzare e ridere con le due amiche, apprezzando soprattutto l’arguto senso umoristico della giovane indiana.
Rendendosi all’improvviso conto del prolungato ritardo di Jason e Alexandra, Shiri si volse ad un tratto a guardare Shanee. - Si direbbe che quei due abbiano fatto di nuovo pace... - disse piano.
- A meno che non siano impegnati in uno dei loro round sado-maso... - scherzò lei. - Spero che questa volta sia una cosa duratura. Per il quieto vivere di tutti. -
- Mi piacerebbe tanto sapere come le sia potuto saltare in mente che fra te e Jason ci fosse qualcosa... -
- Santo cielo, potrebbe essere mio figlio! - esclamò l’altra disgustata.
- Io qualche idea ce l’avrei... soprattutto dopo quel balletto! - esclamò maliziosamente Kyle, ammirando la ragazza mentre si chinava per prendere in braccio Claudia, che le si era aggrappata alla gonna di jeans strattonandola con tutta la forza delle sue manine per attirare l’attenzione.
Shanee arrossì percependo le sensazioni che le trasmetteva e si voltò spingendolo scherzosamente lontano. - Kyle Valenti! Smettila... -
- Cosa ho fatto? - protestò con aria innocente allontanandosi dal viso le piccole braccia di Ethan, sistemato sulle sue spalle.
- Lo sai! Guarda che ti istigo contro Michael... - lo minacciò.
- Per carità! Vuoi fare di me un uomo morto? - Risero tutti. - Aspetta! - e si concentrò, non con molto successo, per la verità, tentando di pensare agli aggettivi più casti che conosceva.
- Umm... direi meglio. - lo rassicurò Shanee.
- Resti a cena con noi? - domandò Shiri.
- Ma certo! - Il giovane sorrise grato e le seguì in soggiorno.
Un’ora più tardi sedevano tutti insieme sulla trapunta, davanti ad un vasto assortimento di pizze e una montagna di tovaglioli di carta. Persino Mathias aveva voluto la sua parte, e Alexandra aveva smesso di preoccuparsi delle macchie di salsa sparse ovunque.
Shanee, in un angolo, stava dando in tutta tranquillità il biberon a Natalie, ancora troppo piccola per poter apprezzare quel cibo da grandi. Avvertiva sempre costante l’ostilità di Alexandra nei suoi confronti. Aveva sperato in una parola di scuse dopo quello che era successo a scuola, ma evidentemente il lessico della ragazza ne era sprovvisto. Per quanto la riguardava, stavolta non avrebbe fatto il primo passo.
Quando ebbero finito di mangiare, i ragazzi presero ognuno un bimbo e salirono al piano di sopra, mentre Kyle si mise a guardare un po’ di televisione.
Per Alexandra fu uno spettacolo incredibile vedere con quale abilità e dolcezza Jason lavò e cambiò i gemelli, mentre Shiri e Shanee si occupavano degli altri due piccoli, poi tornarono da Kyle e lo coinvolsero nei loro giochi.
Più volte Alexandra si ritrovò appoggiata al corpo semidisteso di Jason, mentre Ethan si arrampicava allegramente su di loro, e Shiri poté avvertire la serenità del fratello e ne fu felice per lui.

- Che ne dite di dormire qui? - propose Jason guardando Mathias che sbadigliava nel passeggino.
- Come facciamo per Claudia e Ethan? Mi sembra un po’ complicato portare giù i loro letti... - osservò Shiri.
- Possiamo preparargli una specie di nido coi cuscini. - Jason guardò la sorella, che annuì. - D’accordo. Allora vado su a prenderli! -
- Bene, per noi è ora di andare. Si è fatto piuttosto tardi... - Kyle si alzò stiracchiandosi.
Alexandra lo guardò con aria smarrita poi si volse verso Jason, che a sua volta si girò in direzione di Shiri.
Lei fece un impercettibile cenno col capo prima di riprendere a salire le scale, ed il ragazzo indicò col mento il divano. - Se vuoi rimanere a dormire, il divano è a tua completa disposizione. -
- Non mi sembra il caso... - intervenne Shanee rivolgendosi direttamente ai due fratelli. - Vostro padre è stato molto chiaro in proposito! - Non era certo il caso di riferire in quel momento il colloquio a quattr’occhi avuto con Max poche ore prima.
- Guarda che dormiremo e basta! - fu l’accalorata protesta di Jason.
- Ti ringrazio del chiarimento ma, a meno che non chiedi il permesso ai tuoi genitori, per me la risposta è no! - La determinazione di Shanee non ammetteva repliche. - E mi auguro che tu abbia il buon senso di non interromperli e rovinare la loro serata... -
Kyle si grattò pensieroso la nuca. - Max potrebbe avere qualcosa da ridire... e anch’io non credo sia una buona idea.
- Qui non è questione né di quello che dice Max, né di una cosa personale contro Alexandra, nonostante quello che lei crede. Il problema è che entrambi dovete riguadagnarvi la fiducia che avete distrutto con il vostro comportamento. E tu - disse alla ragazza - anche l’altro giorno in palestra ne hai dato un’ulteriore dimostrazione. -
Alexandra, come al solito, interpretò in maniera del tutto personale la posizione della ragazza e quello scambio di frasi. - Tu... brutta carogna! Sei solo gelosa. Tanto lui è mio. - mormorò fra i denti.
- Sì... lo sappiamo. Ci hai ampiamente chiarito il concetto un paio di sere fa. - replicò Shanee con ironia, tentando di smorzare un po’ il nervosismo.
La battuta non ottenne l’effetto desiderato e i gemelli, che si aggiravano irrequieti per la stanza, reagirono all’aumento di tensione afferrando tutto quello che era a portata delle loro manine e scaraventandolo in terra. Poi Claudia, all’improvviso, si avvicinò a Ethan e a Mathias e diede loro una spinta gettandoli entrambi a terra.
- Santo cielo! - Alla vista del sangue che usciva dalla bocca del piccolo caduto dal passeggino, Shanee si affrettò a correre in suo aiuto. - Shiri, controlla Ethan! Claudia, vieni subito qui! Voialtri - ordinò rivolta ai due piccioncini non dite una parola! - e si precipitò in cucina, seguita da Kyle.
Fortunatamente Mathias aveva solo picchiato il labbro. - Adesso come glielo dico, a Michael... - mormorò sconsolata la ragazza. - Su, tesoro, non piangere... - e, cullandolo, cercò di calmarlo.
Shiri si offrì di curare la lieve ferita, ma l’amica fu irremovibile al riguardo e ricorse ad un impacco di ghiaccio per non fargli gonfiare la parte contusa. Appena la crisi di pianto del piccolo ebbe termine, si avvicinò a Claudia, che se ne stava zitta in un angolo della cucina, per comprendere come mai avesse reagito così.
- Cusa, Cianì... - la bambina era mortificata, e lei le parlò a lungo cercando con pazienza di capire e di spiegarle le conseguenze del suo gesto e la convinse a chiedere scusa a Mathias e a dargli un bacetto consolatorio.
Il bimbo era avvinghiato saldamente alle braccia della sua tata e sembrava non volersene staccare per nessun motivo al mondo, e fissò sospettoso la cuginetta mentre lei faceva come le era stato detto.
Prima di tornare in sala, Shiri toccò Shanee su un braccio. - Scusami per aver sostenuto Jason. Ma l’avevo visto così contento... -
- Lo so. Il fatto è che non è questo che gli serve. A nessuno dei due. - Shanee incontrò lo sguardo di Kyle in una muta richiesta di sostegno. - E adesso andiamo a domare le altre belve! - mormorò.
Nel vederla tornare Jason incrociò le braccia sul petto. - Ho trovato la soluzione. Può restare anche Kyle, così farà da guardia, se non ti fidi... - disse un po’ risentito.
- No, grazie, preferisco dormire nel mio letto. - ribatté prontamente il giovane.
- Io rimango qui. -
- Alexandra... - la riprese Kyle.
- Jason... - Shanee lo guardò con aria delusa. - Non aggirare l’ostacolo. O lo chiedi ai tuoi oppure eviti di mettermi in una situazione imbarazzante con loro. Io ho delle responsabilità e intendo rispettarle. Cercate di comprendermi. - disse poi rivolta a entrambi.
- Anzi - intervenne Kyle, - è l’occasione per dimostrare qualcosa... agli altri e a voi stessi. Shanee ha già chiuso un occhio per stasera e voi avete avuto l’opportunità inaspettata di stare insieme. Magari non sarà abbastanza, ma è un inizio... -
Adesso la giovane aliena avvertiva chiaramente anche l’ostilità di Jason. Possibile che dimenticasse così facilmente tutti i propositi fatti? - Shiri, per favore, puoi avviarti su con i gemelli? Ti raggiungo subito con Natalie e Mathias - Il piccino, infatti, continuava a starle attaccato al collo con aria spaurita.
L’amica annuì e, salutati i presenti, salì le scale che portavano alle camere.
- Non c’è proprio modo di farvi ragionare. E tu non mi dai altra scelta! - commentò allora amaramente guardando Jason. - Porto i bambini a letto. Prendetevi un po’ di tempo per salutarvi e poi sali in camera tua. - Si rivolse con uno stanco sorriso a Kyle. - Buonanotte. -
- Ciao, Shanee. Ci vediamo... - Seguì la ragazza con lo sguardo fino a che non la vide sparire al piano superiore. Vi lascio da soli. - disse allora e, accennando ad Alexandra, aggiunse: -Ti aspetto in auto. -
Non appena ebbe udito il rumore della porta d’ingresso che si chiudeva, Alexandra afferrò entrambi i polsi dell’alieno. - Intendi permettergli di dirti sempre cosa fare? - mormorò con tono combattivo. - Non bastano i tuoi genitori? Ora devono intromettersi anche Blackhawk e tua sorella? -
- Loro si preoccupano per noi. - Ruotò i polsi fino a poterle prendere le mani nelle proprie. - E hanno ragione. Abbiamo combinato un mucchio di guai, devi ammetterlo... In ogni caso, non voglio che ti rivolga a quel modo a Shanee -
- E perché? Se lo merita, visto che continua ad impicciarsi degli affari nostri! - Fece una smorfia - Per non parlare di Kyle... Da quando è arrivato non fa che ficcare il naso in cose che non lo riguardano! -
Gli occhi di lui si oscurarono. - Questo non ti autorizza a parlare così -
Piccata, lei serrò i pugni. - Torno a ripetere che sono affari nostri! Maledizione, Jason, qui si tratta di me e di te, non dei tuoi parenti e dei loro amici! Continui a ripetermi che mi ami, ma non fai niente per ribellarti alle loro imposizioni! -
- Amare non vuol dire soltanto fare l’amore... - mormorò il ragazzo, ripensando alle parole dei genitori e di Shanee.
- Beh, io la penso in maniera diversa! - Il mento le tremò leggermente. - Mi manchi da morire... - bisbigliò.
- Anche tu - Con un sospiro le lasciò andare le mani e l’abbracciò reclinando il capo per baciarla.
Lei si aggrappò alle sue spalle ricambiandolo con ardore poi, senza alcun preavviso, si tirò indietro e, lanciatogli un rapido sorriso triste, se ne andò.

Le ragazze avevano appena finito di addormentare i piccoli quando videro passare Jason nel corridoio.
Accortosi della loro presenza, il giovane si fermò un attimo sulla soglia. - Grazie tante! - apostrofò duramente Shanee - Credevo tu fossi mia amica. - Le rivolse uno sguardo gelido. Evidentemente ti ho giudicata male - e si avviò verso la sua camera chiudendo con un tonfo sordo la porta.
Lei con molta flemma lo seguì nella stanza. - E’ proprio perché lo sono che ho agito così. Sostenerti nella tua magnifica idea di stasera non sarebbe stata vera amicizia! E se tu ragionassi con il cuore, invece che con... qualcosa più in basso, forse lo capiresti! - e se ne andò richiudendo piano l’uscio. - Non farti venire in mente qualche trucchetto alieno per andartene - aggiunse al di là della parete.
- Sono dispiaciuta, Shanee, forse se... -
- Lascia perdere, Shiri. Ho la vaga impressione che avesse già pianificato tutto. Adesso andiamo a dormire. Sono stanca morta. Quando sono sola con i piccoli è molto più riposante, credimi! -

Si svegliò di soprassalto spalancando gli occhi. La gola non riusciva ad emettere alcun suono. Le mani le tremavano, il corpo era scosso da brividi. Cercò di mettere a fuoco le immagini sognate. La piccola luce di sicurezza era accesa e, dalla branda su cui giaceva, poteva vedere i bambini riposare tranquilli. Respirò profondamente per calmarsi. La mente ancora agitata da quella visione. Scese in cucina e si accasciò sulla sedia poi appoggiò i gomiti sul tavolo tenendosi la testa fra le mani.
- Non riesci a dormire? - La voce di Jason nell’oscurità la fece sobbalzare e cacciò un piccolo urlo strozzato.
- Non volevo spaventarti. -
- Come mai sei sveglio? - mormorò, mentre lui accendeva la luce sul piano cottura.
- Vuoi che sia sincero? Sono arrabbiato con te per stasera. E mi manca Alexandra... -
Shanee fece una smorfia di insofferenza. - Se è per quello, anch’io pensavo che ti saresti comportato diversamente... disse alzandosi per prendere un bicchiere d’acqua.
Il giovane notò il tremore delle sue mani. - Che ti succede? Stai male? -
Lo fissò in uno strano modo e bevve tutto d’un fiato. - E’ rientrato tuo padre? -
- Sì. Perché? Lo devi mettere al corrente? Non aspetti domani? - rispose sarcastico.
- Jason, per favore... smettila! Non è una guerra personale. Non scaricare contro di me la rabbia che provi per il comportamento di Alexandra! Ti ricordo che sei stato tu a lamentarti perché incapace di trovare una soluzione... Con un gesto che denotava tutta la sua stanchezza scostò i capelli dal viso, le mani ancora scosse da un lieve tremito. - Comunque adesso non ho proprio voglia di parlarne... -
In quel momento Max, seguito dalla figlia, entrò nella stanza. L’intensa agitazione della ragazza aveva destato entrambi. - Shanee, che succede? -
- Mi dispiace... non volevo svegliare tutta la casa... Ho avuto un brutto incubo... - Era sempre così duro convivere con i suoi poteri.
- Qualcosa che ci riguarda? - chiese preoccupato Max.
- No... non conoscevo quelle persone. La gente che ho visto... morire - terminò in un soffio. - Ma è stato ugualmente terribile. -
Max, comprendendo il suo sconforto, le si avvicinò e le circondò le spalle con un braccio per rincuorarla. - Siediti. - la invitò - Prova a parlarne, magari riesci a calmarti. - e, presa una sedia, si accomodò accanto a lei mentre Shiri la scrutava intensamente, dispiaciuta per il suo stato di agitazione.
Shanee si fece coraggio e descrisse quello che aveva visto. - Era l’interno di qualcosa, sembrava un sommergibile. Pieno di quadri di comando. Molto stretto. Io, però, non sono mai stata su un sottomarino... - rifletté, guardandolo sgomenta.
- Da come lo descrivi, potrebbe anche essere un’astronave. Continua... - la incitò Max.
- Ho visto almeno due uomini. Il più giovane sembrava il capo. Capelli mossi, scuri, con delle ciocche di una strana tonalità dorata. Indossavano abiti di tipo militare. Ad un tratto è successo qualcosa, come un’esplosione. La luce all’interno di quel posto è diminuita. Ed è stato il panico... Ho sentito il terrore di quelle persone... Sono morte, soffocate dalla mancanza di aria. Il comandante... - Ricordando improvvisamente un particolare, l’espressione nei suoi occhi sbarrati nel rivivere quelle sensazioni cambiò. - Lui non aveva paura per sé. Era profondamente addolorato... - Poi, come se avesse avuto una folgorazione, si protese verso l’amica. Pensava a te... Soffriva per te... -
Nel cuore di Shiri il dubbio insinuato dai dettagli descritti divenne una certezza. - Bren... Fammi vedere, Shanee, ti prego! -
La ragazza si ritrasse d’istinto. - No! E’ troppo doloroso... -
- Papà... Jason... - implorò allora lei con voce rotta.
Sentendosi messa alle strette, Shanee porse loro le mani con penosa rassegnazione affinché, collegandosi con la sua mente, potessero rivivere la visione per avere la certezza dell’identità dell’uomo.
L’angoscia suscitata da quelle immagini, tuttavia, venne subito sommersa dall’ondata di folle dolore di Shiri, accompagnata dalle cupe emozioni degli altri due. Trattenendo a stento un grido si alzò di scatto e interruppe di colpo il contatto stringendosi con forza le braccia al petto per essere sicura di non toccare nessuno, neppure per sbaglio. Chi sono? Voi li conoscete, vero? - Si rivolse all’amica, che stava tremando come una foglia. - Shiri... è... è lui? E’ Bren? -
Invece di rispondere lei la guardò disperata. - E’ stato un sogno premonitore? Oppure si tratta di qualcosa che... che è già successo? Puoi dirmelo? Ti prego, io... ho bisogno di saperlo! Dimmi se è ancora vivo oppure... - Un singhiozzo le spezzò la voce, e con enorme fatica completò la frase in un bisbiglio: - oppure l’ho perduto... -
- Non lo so con certezza. Di solito quello che sogno deve ancora avverarsi, però quando si è trattato di Jason... - Lanciò un’occhiata di sfuggita al giovane. - Mi dispiace, non lo so... - ripeté tornando a fissarla accorata.
Costringendosi a recuperare una parvenza di controllo, Shiri si girò verso il padre. - Dobbiamo fare qualcosa. Forse è troppo tardi, forse... siamo ancora in tempo per intervenire. Per favore, papà, ho bisogno del tuo aiuto... -
Il tono sommesso e tuttavia fermo con cui lo supplicò fece fremere Max. Shiri era così simile alla madre, fragile in apparenza ma indomita e risoluta quando le circostanze lo richiedevano. E, come lei, totalmente inconsapevole di quella incredibile forza interiore. In silenzio abbassò lo sguardo sulle proprie mani, i palmi rivolti all’insù. Un istante dopo stringeva i graniliti fra le dita.
Shanee osservò sorpresa i due oggetti dalla forma ovoidale, di un lucente materiale color acciaio ed il simbolo di Antar impresso al centro. Sapeva cosa fossero, suo padre gliene aveva parlato diverse volte, però vederli nella realtà faceva tutto un altro effetto. La quantità di energia che ognuno di essi conteneva era semplicemente incalcolabile, eppure Max li maneggiava con apparente noncuranza... Rimase poi addirittura senza fiato quando vide Shiri e Jason prendere il padre per i polsi, evidentemente accingendosi ad agire in sintonia. - Ehi, un momento! Cos’avete intenzione di fare? - esclamò preoccupata.
La ragazza la fissò con occhi umidi di lacrime a malapena trattenute. - Qualsiasi cosa sia in nostro potere per aiutarlo... - mormorò. Subito dopo abbassò le palpebre concentrandosi, imitata dagli altri.
Alla giovane indiana non rimase che osservare in silenzio il terzetto sperando che tutto andasse per il meglio, e fu con grande stupore che, di lì a poco, si rese conto della presenza di Liz sulla soglia della cucina. Un’apparizione quasi eterea, con la massa di capelli scuri che le ricadeva sulle spalle, una maglietta grigia troppo grande per essere sua e i piedi nudi. Non sapeva quando fosse arrivata, ma era chiaro che doveva aver avvertito quello che stava succedendo ed era venuta a controllare. Liz Evans era una persona davvero stupefacente... - Non stare in piedi... - la sollecitò premurosa e la mise al corrente di ciò che era successo.
Le due si guardarono per un lungo istante e Shanee non poté fare altro che sedersi accanto a lei e stringerle la mano per donarle un po’ di conforto.
Nella stanza l’atmosfera si fece sempre più tesa e densa, permeata di un’energia quasi palpabile, e l’assoluta immobilità di Max e dei suoi figli non lasciava alcun dubbio sulla potenza delle forze che stavano agendo da qualche parte su un livello che mai nessuno, con delle semplici parole, avrebbe potuto spiegare.
Poi, così all’improvviso da strappare ad entrambe le donne un involontario ansito di stupore, dal nulla comparvero due figure maschili. Una era di corporatura più minuta, l’altra era slanciata eppure imponente ed aveva i tratti familiari di Brentelwoodein Alehnikar.
Portandosi con fare protettivo una mano sull’addome e senza distogliere lo sguardo dall’uomo, Liz rilasciò un lungo sospiro.
Mentre il suo compagno assumeva immediatamente una posizione di guardia, Bren ruotò il capo fino ad incontrare gli occhi scintillanti della ragazza che amava e, mormorando qualcosa di incomprensibile, la raggiunse con un solo passo e la serrò contro di sé baciandola fino a lasciarla senza fiato.
Shiri si avvinghiò a quel giovane gigante restituendo il bacio con disperata passione. C’era mancato così poco... Grazie all’aiuto e al sostegno del padre e di Jason era riuscita a stabilire la connessione con lui e aveva scoperto di essere arrivata appena in tempo per evitare la catastrofe.
La navetta renidana, infatti, si era staccata dall’astronave madre ai limiti del sistema solare di cui faceva parte la Terra, dopodiché si era diretta verso l’interno. Nel passare vicino ad Urano si era però trovata in rotta di collisione con uno sciame di meteore strappato all’orbita del pianeta da un detrito celeste di dimensioni ragguardevoli che aveva attraversato l’anello che lo circondava, molto più rarefatto di quello di Saturno ma altrettanto pericoloso.
Bren e il suo compagno stavano febbrilmente controllando per l’ennesima volta i dati nel tentativo di calcolare una deviazione sufficiente a portarli in salvo quando Shiri aveva stabilito il contatto mentale e, con l’immediatezza dello scambio di pensiero, aveva spiegato quello che stava per fare. E aveva agito. Facendogli dono ancora una volta della vita.
Quando sentì che il corpo della ragazza si stava appoggiando più pesantemente a lui si affrettò a sostenerlo. Shiri sembrava sul punto di svenire così l’aiutò a sedersi vicino alla madre, e solo a quel punto si rese conto di quello che era successo. Imbarazzatissimo, s’irrigidì in una posa di saluto formale e fece un piccolo inchino col capo. - Mia signora... - Ripeté il gesto verso Max e Jason, poi accennò un sorriso in direzione di Shanee, che era rimasta a fissarlo sbigottita fin dal momento in cui era apparso nel bel mezzo della cucina.
- Shanee Blackhawk... no, Arkèdy... insomma, è lo stesso! - si presentò tendendogli la mano. - Sono un’amica di famiglia. Credo. - aggiunse con un sorrisetto. - E tu devi essere Bren, il fidanzato di Shiri, giusto? -
Se rimase sorpreso nel sentirla parlare la sua lingua, Alehnikar non ne diede alcun segno ma prese quella mano sottile e la strinse con delicatezza. Il fatto che si trovasse lì, insieme ai reali di Antar, voleva dire che era una persona di loro fiducia, e per di più conosceva il suo nome. Il che stava a indicare soltanto che anche lui poteva fidarsi... Le sorrise gentilmente poi, tornando a guardare Max, lo ringraziò per l’aiuto.
- A dire il vero il merito è tutto di Shanee. E’ stata lei a presentire quel che stava per succedere, e a noi non è rimasto che intervenire... -
Si volse allora per fronteggiare di nuovo la ragazza e le fece un piccolo inchino. - Grazie -
Sul bel visetto di Shanee si dipinse un triste sorriso. - In realtà posso solo assistere impotente a quello che vedo... ed è molto frustante... - ammise sconsolata. Incontrò lo sguardo di Shiri, e quella silenziosa comunicazione espresse più di molte parole l’affetto reciproco. - Sono felice che sia andato tutto per il meglio. -
Nel frattempo Liz si era chinata verso la figlia e le aveva preso una mano. - Ti senti bene? -
Lei fece un piccolo cenno affermativo. - Sì, sono solo molto stanca... - mormorò, ma Bren la udì e si precipitò al suo fianco fissandola ansiosamente. - Sei sicura che sia soltanto questo? -
Shiri lo guardò negli occhi per rassicurarlo. - Sì - Le guance le si imporporarono. - Mi sento una stupida ma... credo che potrei addormentarmi in questo stesso istante... -
A quelle parole Max imprecò dentro di sé e senza perdere altro tempo tese un braccio per toccare Jason, poi si avvicinò a Shiri e fece la stessa cosa. - E’ tutto a posto - confermò con un sospiro di sollievo. - Però sarà meglio che vada subito a letto. Anche tu, Jason. Abbiamo dovuto usare parecchia energia, nonostante i graniliti, e adesso dovete riposarvi. -
Liz accennò un sorrisetto teso. - Questo vale pure per te - disse alzandosi.
Prima che Shiri potesse fare altrettanto Bren la prese in braccio.
- Ehi! Mettimi giù! - protestò lei ridendo imbarazzata. - Ti prometto che non crollerò addormentata per le scale! -
- Ti credo, ma giusto per non correre rischi... - Guardò con espressione di scusa i suoi ospiti poi, voltate loro le spalle, uscì dalla cucina e si diresse verso la camera da letto di Shiri seguito da presso dal suo compagno di viaggio.
- Mi sembra un tipo deciso - commentò Shanee rompendo il silenzio.
- Già - Liz si avvicinò a Max e gli passò un braccio intorno alla vita. - Torna a dormire anche tu, è molto tardi... -
La ragazza annuì ma, mentre si avvicinava alla soglia, si accorse dell’espressione di Jason. - Qualcosa non va? - gli chiese gentilmente.
- No, affatto - Le fece cenno di precederlo.
- Sicuro? -
Lui chiuse gli occhi per un attimo. “No, per niente... Vorrei non sentirmi così solo...” - Sì - rispose invece, e senza aggiungere altro si ritirò nella propria stanza.
- Bugiardo... - mormorò sommessamente la ragazza.

Mentre richiudeva la porta dietro di sé Jason serrò le labbra esitante. Fece dietro front e andò dalla sorella.
Shiri giaceva sdraiata sul corpo di Bren, disteso a letto completamente vestito e con gli stivali ancora calzati. Seduto sul pavimento, la schiena appoggiata alla parete, Nyk Holen vegliava su di loro.
Il giovane principe sorrise a Jason. - Si è addormentata ancora prima che salissi l’ultimo gradino. - disse sottovoce.
Senza staccare lo sguardo dal suo viso rilassato nel sonno, le si inginocchiò accanto e le mise una mano sulla testa. Rimase per alcuni istanti immobile, concentrandosi su qualcosa che soltanto lui poteva sentire. Torpore, serenità, placida gioia. Nessuna traccia di sofferenza. Si rialzò lentamente sentendosi più leggero. - Sta bene - mormorò. Aveva avvertito il profondo bisogno di accertarsi di persona che fosse davvero così. Shiri era sua sorella, l’adorava e desiderava saperla felice e al sicuro. Per questo non si era tirato indietro quando aveva avuto bisogno del suo aiuto, perché sapeva che la perdita di Bren l’avrebbe distrutta.
- Spero che Zan... voglio dire Max, non si arrabbi se resto qui. Ho provato a metterla giù ma non me lo ha permesso... -
- Non preoccuparti, mio padre sa che può fidarsi di Shiri. E di te -
L’amarezza con cui il ragazzo rispose incuriosì il renidano. - Cosa..? -
- E’ una storia lunga - lo interruppe scuotendo il capo, poi si volse a guardare l’uomo seduto a terra. Vado a prendere una coperta ed un cuscino per lui. -
- Non ce n’è bisogno. Holen è la mia guardia del corpo ed è abituato a rimanere sveglio per lunghi periodi. -
- Come vuoi -
Ritiratosi nella propria stanza Jason si spogliò meccanicamente. Si sentiva a pezzi. Nel corpo e nell’anima. Ora che tutto era finito avrebbe tanto voluto addormentarsi stringendo Alexandra fra le braccia. Forse non avrebbe mai trovato la pace, con lei, ma non poteva fare a meno di amarla...

Max accarezzò col dorso della mano la guancia della moglie, distesa accanto a lui. - Cerca di rilassarti, adesso, è andato tutto bene... -
Liz emise un sospiro. - Non avrei mai immaginato che fosse così difficile essere genitori... Comincio a capire perché mia madre ce l’avesse tanto con te... -
- Mi stai paragonando ad Alexandra? - scherzò il giovane. - Guarda che potrei anche offendermi... -
- Intendevo nel senso che vedo Jason molto preoccupato, teso, e so che è a causa sua. E non posso fare niente per aiutarlo. - Gli sorrise con affetto. - Mi auguro solamente che alla fine sia ricompensato come lo sono stata io. Un amore come non avrei mai osato sperare di conoscere... -
L’alieno la guardò serio in volto. - Avrei preferito che sia lui che Shiri saltassero la fase del dolore. -
- Anche io, se è per questo, ma purtroppo raramente le cose vanno come vorremmo... - Si rannicchiò contro il suo corpo. - Se penso che, per aver deciso di stare qualche giorno con lei, Bren ha rischiato di morire... -
- Ma grazie al cielo c’era Shanee. Il nostro debito nei suoi confronti sta diventando immenso... -
- Senza volerlo sta svolgendo il compito di protettore che era di suo padre. Un compito piuttosto arduo, considerata la tendenza dei nostri figli a cacciarsi nei guai! - Liz lo guardò di sottecchi, e Max si mordicchiò le labbra imbarazzato. - Temo che abbiano preso da noi più di quanto vorremmo... -
Stavolta lei lo fissò apertamente. - Credi che abbiamo fatto bene a lasciare che Bren restasse con Shiri? Voglio dire, dato che abbiamo costretto Jason a non stare da solo con Alexandra... -
- Bren è affidabile. Alexandra no - fu il laconico commento di Max.
- Questo è vero - ammise suo malgrado Liz, - ma... -
- Niente ma, e smettila di preoccuparti. Non fa bene né a te né alla bambina... - Nel dire così le sollevò un poco una gamba passandosela intorno alla vita, e sorrise nel sentirla istintivamente plasmarglisi contro. - Dormi, adesso, è molto tardi... -
- Possiamo... possiamo rinviare di una mezz’ora? - gli chiese sfiorandogli il torace con la punta delle dita.
Il giovane strinse le mascelle costringendosi a non reagire. - E’ meglio di no, amore. Per... -
- Per la piccola, sì, ho capito - lo interruppe lei sbuffando, poi chiuse gli occhi e si sforzò di concentrarsi sul ritmo del suo respiro dimenticando tutto il resto. Non fu facile, tuttavia alla fine riuscì ad addormentarsi mentre Max rimase sveglio ancora a lungo a pensare agli eventi di quella sera. Ad un certo punto sentì aprire la porta della camera del figlio. Sulle prime rimase indeciso se preoccuparsi o meno, poi percepì le frasi bisbigliate di Shanee e di Jason e non poté fare a meno di sorridere. Dopo poco la porta si richiuse e la ragazza rientrò nella camera dei gemelli. Si ripromise di chiederle spiegazioni l’indomani, e finalmente cedette al sonno.

Jason sentì un lieve bussare alla porta.
- Posso? - La testa di Shanee fece capolino nella stanza.
Tirandosi a sedere sul materasso la squadrò ancora arrabbiato. - Cosa vuoi? -
Lei si fermò ai piedi del letto. La fioca illuminazione della lampada sul comodino metteva in risalto la sua esile figura, ancora più evidente nella t-shirt e nei pantaloni del vecchio pigiama che le aveva prestato.
- Non riesco a dormire... non ci riesco mai dopo... - e con la mano fece uno strano gesto vicino alla tempia ad indicare la manifestazione dei propri poteri. - Ogni volta che chiudo gli occhi continuo a vedere la stessa scena, infinite volte... -
Il ragazzo la osservò, chiuso nel suo ostinato silenzio.
Questo non rendeva le cose più facili, anche se di solito lei non tendeva a demoralizzarsi.
- Perché sei qui? - le chiese duro.
- Tu hai mentito, prima... io l’ho sentito... - si portò il palmo della mano al cuore.
Jason trasalì, sentendosi scoperto, ma non disse niente.
La giovane si avvicinò al letto e sedette sul bordo. - E’ la rabbia che fa vivere così... e non ne vale la pena, credimi. Le persone che ami stanno bene. Ed è la cosa più preziosa... - mormorò con un’espressione triste negli occhi. Come puoi pensare di non essere importante per tuo padre? -
L’alieno chinò la testa punto sul vivo.
- Non ragionare come Alexandra, che sa vedere solo l’aspetto negativo di tutto. Ti sei preoccupato per Shiri, per tua sorella... non hai “controllato” la sua vita. Perché, al contrario, pensi che per te sia diverso? - Si mosse a disagio. Credi che questa sia stata la mia intenzione con te? Controllarti? - Poiché lui continuava a tacere, proseguì: Sembra che ciò che ho detto stasera ti abbia dato un motivo per essermi ostile. Vuoi che me ne vada? -
Gli occhi di Jason tradirono il suo turbamento. - No... - rispose piano. - E se io fossi davvero così? - la sfidò poi. Nella sua voce rabbia, confusione e dubbio si mischiarono caoticamente.
- No, non è possibile. - affermò sicura la ragazza.
- Chi sei per dire questo? In fondo mi conosci da così poco tempo... Cosa vuoi saperne di come sono dentro... - Per un istante nel suo sguardo passò un guizzo di ribellione.
Shanee percepiva chiaramente tutte quelle confuse emozioni. Riguardo a se stesso, ad Alexandra, alla sorella, ai genitori. Amore, rabbia, voglia di indipendenza, timore di affrontare il futuro... Le poche sicurezze acquisite minate continuamente dagli sbalzi di umore della sua ragazza. I suoi sforzi e il suo impegno che finivano spesso per diventare inutili...
- Siamo quasi morti insieme... Pensavo fosse una buona garanzia... - scherzò per cercare di sdrammatizzare la situazione.
La battuta ottenne il suo effetto e le labbra del ragazzo si curvarono in un mezzo sorriso.
- Ah ah... così va molto meglio! - lo incoraggiò, poi cercò i suoi occhi. - Jason... in ognuno di noi coesistono questi lati... la vera saggezza sta nel giusto equilibrio. Quello che tu devi trovare tra ciò che vuole la tua mente, cerca il tuo cuore e chiede il tuo corpo... -
- Che non è facile ignorare... - sbottò con sincerità, incupendosi ancora di più.
- Non essere triste... - gli sorrise. - Io so solo che qui - gli sfiorò con una mano il petto - tu sei forte. Questo è un buon cuore. - disse emozionata. - Un cuore da cui in futuro dipenderanno molte cose... - aggiunse, accennando alla sua eredità.
- Io non sono un re e non lo sarò mai! Mio padre è forte e determinato e sa sempre cosa fare. Io sono solo... Jason...
- Non è vero! Tu hai il cuore di un re, e lo sai. Tu puoi resistere a qualunque cosa, come è già accaduto in passato. Tutte le terribili prove che hai dovuto sopportare dai tuoi nemici, e purtroppo anche da chi ti ama. - constatò con amarezza. - Ricordati che sei tu a dover cambiare il cuore di Alexandra... non lei il tuo. - terminò dolcemente.
La fissò scettico, poco convinto delle proprie capacità.
- Certo che puoi farlo... devi avere solo più fiducia... - e con la punta delle dita gli sfiorò la mano appoggiata in grembo - Non posso trasformare le cose o guarire come Max o come Shiri, ma posso aiutarti a cominciare. Vorrei provare a farti capire in un modo diverso... mostrarti che esiste qualcosa di più grande che comprende tutto... Fidati di me, come farebbe tuo padre con Michael... Dammi le mani... -
La guardò sbalordito. Cosa le passava per la mente? C’era qualcosa di sbagliato... Tra loro due non c’era amore. O perlomeno, non nel senso che lui conosceva... Perché voleva toccarlo?
Gli fece tenerezza. - Non avere paura, Jason, non è quello che pensi... Prendi le mie mani. Fidati... -
Dopo un lungo istante di incertezza, lui poggiò i propri palmi su quelli di Shanee, che li chiuse delicatamente per approfondire l’unione. - Guardami! - gli impose con voce gentile.
Uno strano senso di déjà-vu lo colse, togliendogli il respiro. Le sensazioni provate quella notte nella caverna dei bozzoli emersero con prepotenza dal suo inconscio ritornando in superficie. Lei continuava a sorridergli, non perdendo mai il contatto con i suoi occhi. Jason si sentì pervadere da una calda sensazione. Non era una percezione strettamente fisica. Era più emotiva. Un purissimo, integro sentimento gli attraversò le vene, cominciando a circolare in tutto il suo corpo, facendolo sentire leggero e libero. E realizzò che stava sentendo quello che lei stava provando. D’istinto fu preso dal panico. Non era normale avere quei sentimenti, pensò. La capacità di vedere le cose attraverso dei filtri positivi. E di provare un amore così elevato per l’intero cosmo.
- L’amore ha tante sfumature... quello fra un uomo e una donna ne è solo una parte... - mormorò Shanee per chiarire i suoi pensieri. - E’ come avere solo uno dei sette colori dell’arcobaleno... Cerca anche gli altri, e sarai una persona completa. Supererai ogni cosa... -
Jason si lasciò sopraffare da quella sensazione e lo spirito confortante della ragazza lo avvolse come una soffice coperta, calmando la sua anima e rassicurandolo che tutto sarebbe andato bene. E lui le credette, addormentandosi come un bambino.

Quando Max, quella mattina molto presto, scese in cucina, un intenso profumo di uova e caffè gli arrivò alle narici.
Trovò Shanee intenta a dare il biberon a Natalie e vide che aveva apparecchiato la tavola e preparato la colazione per tutti.
- Buongiorno... festeggiamo qualcosa, stamani? - disse allegramente mentre si versava una tazza di caffè, accennando alle prelibatezze che la ragazza aveva cucinato.
- Quando non dormo... cucino... - brontolò e continuò a concentrarsi sulla piccola che aveva tra le braccia.
- Che succede, qualche altro incubo? -
Lei scosse la testa in segno negativo. - Liz sta dormendo? -
Max annuì servendosi nel piatto un’abbondante dose di pancakes. La fissò con intensità e lei fece altrettanto.
- Non voglio preoccuparla ulteriormente, ho visto quanto si è agitata stanotte... e tu non chiedermi più di quello che ti dirò. Mi trovo in una strana posizione di lealtà fra te e tuo figlio. E non voglio fare torto a nessuno dei due, né nasconderti niente... -
Uno strano crampo gli chiuse lo stomaco, lo sapeva che sarebbe accaduto qualcosa... - Dimmi - mormorò rassegnato.
- Terrò i piccoli ogni volta che volete, ma non chiedetemi più di occuparmi di Jason e Shiri. -
“Ecco... ci siamo!” pensò preoccupato. - Cosa è successo ieri sera? -
- Stai tranquillo... non è successo niente di particolare. Ma è giusto che tu sappia che hanno cenato con noi Kyle e Alexandra, e non sono stata io a invitarli... Non ho capito bene se “Bonnie e Clyde” fossero d’accordo o se “Clyde” ha avuto l’appoggio di sua sorella. E non mi interessa nemmeno saperlo! - borbottò la ragazza mentre spostava la piccola sulla spalla per permetterle di digerire. A Max sfuggì un sorriso sentendo il soprannome che aveva dato a suo figlio e alla sua problematica ragazza. - Comunque - riprese lei - come puoi immaginare, ieri sera non mi sono guadagnata certo la simpatia di nessuno... e meno male che Kyle ha capito la situazione e mi ha dato una mano! -
- Mi dispiace, Shanee... -
- Anche a me... soprattutto perché Jason è incredibilmente testardo. Ho provato già diverse volte a parlargli ma quando si arriva al dunque... sembra dimenticarsi di tutto. Quando è con Alexandra, per tutta una serie di dinamiche si sente spalleggiato e diventa ancora peggio del solito... -
- Si è addormentata... - sussurrò con tenerezza Max indicando la nipotina, e la ragazza la spostò di nuovo fra le braccia, cullandola dolcemente.
- E’ di questo che parlavate anche stanotte? - domandò piano per non svegliare la bimba.
Lo fissò sorpresa. Poi si diede della stupida. Come poteva pensare che non avesse “sentito”, se non fisicamente quantomeno attraverso altri sensi, quello che era accaduto a pochi metri da lui? Fece un lungo sospiro. - Sì, più o meno... Emotivamente, Jason è pieno di lacune... capisco che una tipa come Alexandra se lo “mangi in un boccone...” - commentò amara - Non è facile fargli capire certi concetti e infondergli la sicurezza che gli serve... -
Max la osservò turbato. Si era presa così a cuore tutti i suoi figli, indistintamente dall’età. E, in un certo senso, ognuno di loro con una lealtà e un affetto impagabili. - I tuoi genitori dovevano essere delle persone speciali se hanno saputo insegnarti questo... -
Lei abbassò lo sguardo, toccata dalla riconoscenza nelle sue parole. - E’ vero... lo erano. E anche tu e Liz lo siete. Il problema di Jason e Shiri forse non esisterebbe se avessero avuto uno sviluppo normale. Inoltre... - lo fissò negli occhi e si mosse a disagio sulla sedia. - Senti, Max, lo sai che non sono brava a mentire... Alexandra non mi piace! - Lo disse in una maniera liberatoria, come se si fosse tolta un peso dallo stomaco.
Lui pensò che finalmente qualcuno, a parte Michael, aveva avuto il coraggio di dirlo chiaro e tondo. - E’ comprensibile, dato tutto quello che è successo... -
La ragazza proseguì: - Non è che abbia qualcosa contro di lei in maniera particolare. E visto che, probabilmente, dovrò vederla spesso, cercherò di conviverci con educazione. Ma non mi piace. Per quello che fa a Jason e perché ci manca continuamente di rispetto. Pensavo fosse dovuto al fatto che siamo... quello che siamo... invece ho capito che si comporta così solo perché non le importa nulla del suo prossimo. - Si alzò e mise Natalie nella carrozzina. Si versò una tazza di tè e sedette di fronte a Max. - Sai, ho ripensato spesso al suo modo di agire e mi sono chiesta come sia possibile che non abbia mai mostrato un lato positivo della sua personalità... Quello che mi piace ancora meno è che quando Jason è accanto a lei assimila parte di queste emozioni negative, che lo trasformano in qualcosa che in realtà non è... -
Max rimase colpito dalla precisa analisi che Shanee aveva fatto della personalità di Alexandra e di suo figlio. Era forse perché riusciva a vedere la situazione con un minimo di distacco che li aveva fotografati così bene? Era quel distacco che a lui e a Liz mancava totalmente perché si parlava del loro complicato figlio e per tutti i sensi di colpa che riaffioravano per non avergli saputo dare un’infanzia serena e normale? Si riscosse dai suoi pensieri e sfiorò con affetto la mano della ragazza rimasta appoggiata sul tavolo. - Lui è... un bambino, come hai detto... ma anche un adolescente... ed è molto attirato da lei... -
- Sì... e tu, come uomo, lo giustifichi molto bene sotto questo aspetto... - sorrise lei maliziosamente.
Anche Max si unì alla sua ironia. - No... non voglio giustificarlo, ma non è nemmeno una componente da sottovalutare... -
- Senti... volevo solo che tu lo sapessi... non dire niente di ieri sera se non vengono loro a raccontartelo - gli disse riferendosi ai suoi figli.
- Certo, Shanee, stai tranquilla... e grazie per tutto quello che fai...-
Lei scrollò le spalle e gli sorrise. Poi, improvvisamente, si ricordò: - Ah! Guarda che abbiamo un altro problema in casa... - e gli raccontò della marachella combinata da Claudia a discapito degli altri due piccoli. - Penso che, oltre ad aver assorbito la tensione che c’era in giro, sia anche gelosa di Natalie... Non si comporta mai così quando sono solo loro tre. - spiegò riferendosi ai due maschietti. - Al momento che nascerà la bambina... ci sarà un bel daffare... -
Udendo quelle novità il giovane emise un sospiro profondo. Sì, avere dei figli comportava una vera montagna di problemi.
Insieme prepararono il vassoio con la colazione per Liz, e Max lo prese per portarlo in camera alla moglie. Prima di uscire sbirciò la nipotina che dormiva e un sorrisetto ironico gli si dipinse sul viso. - Tu non hai proprio chiuso occhio, stanotte... - disse guardando divertito verso Shanee.
- Scusa? - domandò sorpresa la ragazza.
- Gli orsetti... sul pannolone... -
Lei si curvò sulla carrozzina, non capendo a cosa si riferisse.
- Lo sanno tutti che i disegni vanno davanti... -
Alla smorfia di imbarazzo sul suo volto entrambi furono colti dalle risate.

- Ma che diamine ha Shiri, oggi? E’... elettrica! - commentò Tanya osservando la ragazza frugare con insolita frenesia nel proprio armadietto.
Alexandra si strinse nelle spalle mentre Sabrina e Mark, sopraggiunti in quel momento, seguivano la scena incuriositi. - In effetti devo dire che vedere Shiri Evans così agitata è piuttosto strano. - disse quest’ultimo poi, con sorprendente acume, aggiunse: - Forse ha un appuntamento... -
- Sì, con suo fratello! - commentò ironica Sabrina.
- No, aspetta! - Tanya sollevò pensosa le sopracciglia. - Vi ricordate quel giorno, il negozio di abiti da sposa? -
- Già, rimase a fissare la vetrina dieci minuti buoni... - Alexandra studiò Shiri con rinnovato interesse e, seguendo un impulso, le si avvicinò. - Qualcosa mi dice che il tuo fidanzato dev’essere nei paraggi... - esordì andando dritta al punto.
Sorpresa, la giovane si volse di scatto stringendo fra le mani un blocco per appunti. - Ciao! - Arrossendo penosamente richiuse lo sportello. - In effetti... è così. - ammise.
- Ah... bene... - Con noncuranza si appoggiò di schiena all’armadietto vicino senza mai smettere di guardarla. - E quali sono i vostri progetti per la giornata? Perché immagino che, non appena le lezioni finiranno, andrai da lui, giusto? -
- Io... sì, certo. - rispose, sconcertata per il modo in cui le aveva parlato.
- E cosa ne diresti se qualcuno mandasse all’aria il tuo bel programmino? Diciamo... se io e gli altri vi stessimo alle costole per tutto il tempo? -
Shiri sentì il cuore batterle più forte. - Vuoi dire che... -
- Voglio dire che sarebbe ora che provassi sulla tua pelle cosa significa vedere la gente intromettersi negli affari degli altri - la interruppe freddamente lei. - Ti assicuro che non è affatto piacevole -
- Se ti riferisci a mio fratello... -
- Esatto - la interruppe ancora una volta. - Facciamo un accordo: tu esci da sola col tuo ragazzo, e io esco da sola con Jason. Ci stai? -
- Lo sai che non dipende da me! - cercò di protestare.
- No, è vero, ma puoi sempre provare a convincere i tuoi genitori a lasciarci in pace, almeno per un pomeriggio - Si scostò dall’armadietto e, prima di allontanarsi, le sorrise con impertinenza. - Altrimenti vorrà dire che dovrai aspettare qualche ora per poter stare insieme al tuo amore... -
Shiri rimase a guardarla mentre, insieme a Tanya e Sabrina, si confondeva tra le persone che affollavano il corridoio. Con un moto di improvvisa ribellione le corse dietro e l’afferrò per un braccio costringendola a voltarsi. Aspetta un attimo! -
Alexandra aggrottò la fronte. - Cosa vuoi? - chiese gelida.
Le altre due rimasero a fissarle a bocca aperta. - Ehi, che vi prende? -
L’aliena esitò, incerta se parlare apertamente o meno, ma a trarla d’impaccio ci pensò la stessa Alexandra. - Hai preso forse una decisione? -
La supponenza con cui le si rivolse la fece infuriare ancora di più. - Sì. Ed è questa: anche se mio fratello ha scelto di rendersi la vita difficile intestardendosi con te, tu non azzardarti a complicare la mia! Stammi alla larga o te ne farò pentire! Mi dispiace soltanto di non aver capito subito che tipo sei, avrei risparmiato a Jason un sacco di guai... -
- Sapessi quanti ne ha creati lui a me, di guai! -
- Allora perché continui a tormentarlo? -
Il viso della giovane si indurì. - Io non lo tormento -
- No, certo, tu lo ami! Non oso pensare cosa gli faresti se lo odiassi... - Mormorò poi un breve saluto alle sue compagne e se ne andò.
Tanya fissò confusa l’amica. - Perché era così arrabbiata? -
- E’ per via di Jason, vero? In effetti comincio a non capirci più niente... State ancora insieme o no? - chiese Sabrina.
- Vorrei saperlo anch’io... -
Intanto Shiri, le labbra serrate per la collera, era andata in cerca del fratello per metterlo al corrente dell’accaduto perché non avrebbe mai permesso a quella dannata ragazza di crearle difficoltà proprio adesso che c’era Bren, e voleva che lui lo sapesse.

- Alexandra! -
Sentendo il richiamo di Jason si fermò lì dov’era, davanti all’aula di matematica, senza accennare ad entrarvi nonostante la campanella avesse già suonato due volte. Lasciò che le prendesse un gomito costringendola a voltarsi e lo guardò con espressione ferma.
- Perché hai minacciato Shiri? - La voce era bassa e tesa. Non riusciva a capacitarsi del fatto che avesse potuto dire quelle cose a sua sorella...
- Non era una minaccia - obiettò scrollando il capo. - Era una promessa. -
- Senti, noi possiamo vederci tutti i giorni, loro no. Bren non abita esattamente dietro l’angolo, e può trattenersi pochissimo. Io... non voglio rovinare il tempo che hanno a disposizione... -
- Però lasci che gli altri rovinino il nostro - gli rinfacciò lei. - Sono stanca, Jason. Stanca di guardarti senza poterti toccare. Decidendo di obbedire ai tuoi genitori hai deciso di tenermi lontana, ma io non ci sto più! Decidi di nuovo. O fai quello che vogliono loro, o stai con me! -
- Perché dici questo? Dobbiamo solo dimostrare che... -
- Che ci amiamo? No, Jason, noi non dobbiamo dimostrare proprio niente! - Alexandra gli afferrò la cinta dei pantaloni attirandolo contro di sé. - Allora? Stai con me sì o no? - sussurrò quasi sfiorandogli le labbra con le proprie.
Lui esitò soltanto una frazione di secondo. - Andiamo nella stanza dei cancellini. -
Pochi minuti più tardi erano immersi nella discreta penombra del piccolo locale, sdraiati sul pavimento ed intenti a lottare con bottoni e cerniere.
Mentre le dita sottili della ragazza scivolavano sul tessuto ruvido dei suoi jeans, Jason chiuse gli occhi. No, non poteva farlo. Non poteva tradire tutto quello in cui credeva. L’amore di Alexandra, la fiducia e l’affetto dei suoi genitori, l’amicizia di Shanee... Se fosse arrivato fino in fondo, avrebbe distrutto quel che stava faticosamente cercando di costruire. Con un gemito le prese la mano e l’allontanò da sé. - Perdonami, amore mio, non posso... Ti amo tantissimo, ma... non posso farlo... Non posso fare questo a noi... -
Alexandra lo fissò incredula. - No... No, Jason, non... - Trattenne a fatica un singulto. - Va’ al diavolo... - bisbigliò con voce tremante. Si rialzò e, sistematasi in fretta e furia i vestiti, uscì sbattendosi dietro la porta, incurante di chi avrebbe potuto vederla.
Per il resto della mattinata non degnò di un solo sguardo né Shiri né tantomeno Jason, e quando si ritrovò fuori dell’edificio scolastico, alla fine delle lezioni, si sorprese ad osservare con invidia la ragazza correre tra le braccia di un uomo molto alto. Poco dopo vide Jason raggiungerli e, scambiata qualche parola con loro, precederli insieme ad un altro uomo, di cui non si era quasi accorta intenta com’era a studiare l’espressione del suo viso. “Allora... che sia così...” pensò sconfitta. Poi, senza salutare le amiche, se ne andò verso la casa dei Valenti.

Shiri infilò la mano in quella grande e forte di Bren. - Ti va di andare a mangiare qualcosa al Crashdown Café? E’ un locale simpatico e cucinano molto bene. - Sorrise intimidita - Ti sembrerà stupido ma io... vorrei mostrarti i posti che frequento abitualmente. Comunque, se preferisci fare qualche altra cosa non hai che da dirmelo... -
Intenerito dal suo candore il giovane sollevò le loro mani unite e depose un piccolo bacio su quella di lei. - Ho trascorso buona parte della mattinata a parlare con... - esitò - Max... - Gli riusciva ancora difficile usare il nome terrestre del signore di Antar. - E poi siamo andati dal generale... da Michael. Adesso desidero soltanto stare in tua compagnia. Dove, non ha alcuna importanza. -
Lei lo guardò allegra. - Allora ti farò vedere tutto quello che conosco di questa città! Roswell non è Lyri o Antar, però ha un suo fascino. E siccome è il posto dove vivo vorrei che tu ne diventassi parte. - Fece una piccola smorfia. Per quando sarai ripartito e a me resteranno solo i ricordi... -
- Amore, lo so che sette giorni sono pochi, ma... - disse l’alieno con una punta di malinconia, - è tutto quel che posso permettermi. Lhara sta diventando molto brava a destreggiarsi nel governo di Rènida, però non oso lasciarla sola più a lungo. Ho visto la preoccupazione nei suoi occhi, anche se mi ha detto di rimanere tutto il tempo che desidero... - Rise suo malgrado. - Se le dessi retta non potrebbe mai abdicare perché rimarrei qui per sempre... -
- Bren, sei sicuro che Lhara voglia farlo? Intendo, rinunciare al trono. -
Tornò serio. - Sì. Ha imparato a nascondere bene i suoi sentimenti davanti all’intero pianeta però, quando siamo soli, si lascia andare ed è come se togliesse una maschera dal viso. Regnare è un compito difficile e ingrato, e a volte mi domando se sia giusto coinvolgerti... -
- Ne abbiamo già parlato quindi, per favore, basta, d’accordo? - Si fermò, costringendolo a fare altrettanto, e lo fissò dritto in volto con un lampo di malizia. - E poi, mi sto abituando all’idea di diventare la tua regina... - Gli passò le braccia intorno al collo e, sollevandosi in punta di piedi, gli diede un bacio mozzafiato.
Jason e Nyk Holen si erano fermati ad aspettarli qualche metro più avanti e diedero una semplice occhiata di controllo alla vettura che stava venendo verso di loro.
Fu soltanto quando il clacson risuonò acuto facendola sobbalzare che Shiri si rese conto della presenza dell’automobile a pochi centimetri da lei. D’istinto si volse a guardarla, e un grande sorriso le illuminò il volto. Kyle! -
Il giovane scese dall’auto e si appoggiò con disinvoltura allo sportello, le braccia incrociate sul petto. - Ciao, principessa. Dunque non mi ero sbagliato... Sai, eravate così appiccicati che per un attimo ho creduto di aver preso un abbaglio, e invece sei proprio tu! - Si raddrizzò e tese la mano verso Bren. - Piacere di rivederti. - Lo studiò senza parere, domandandosi se da qualche parte ci fosse anche Lhara.
- Bren è arrivato la notte scorsa, poco dopo che tu e Alexandra siete andati via - spiegò la ragazza.
Kyle recepì il messaggio e, per darsi un contegno, fece un cenno di saluto a Jason, che nel frattempo era tornato indietro.
- Lui è Nyk Holen. E’ con Bren. - fece le presentazioni Shiri.
L’uomo era più basso e tarchiato del compagno, ma non aveva alcun dubbio che fosse altrettanto agile e forte. Doveva essere la sua guardia del corpo, e uno spiacevole pensiero gli attraversò la mente. - Avete problemi, lassù? - chiese rivolgendosi ad Alehnikar.
Shiri tradusse la domanda ma fu lei stessa a rispondere, comprendendo i suoi timori. - No, niente di particolare. Bren è solo venuto a trovarmi, e Lhara è rimasta a casa. Ma va tutto bene, stai tranquillo... -
- Ok. Allora... buona passeggiata. - Si portò due dita alla tempia in un abbozzo di saluto militare. - Sono sicuro che ci rivedremo presto. Ciao - Detto questo risalì di nuovo in macchina e riprese il giro di pattuglia.
- Mia sorella mi aveva pregato di salutarlo da parte sua, e io me ne sono completamente dimenticato! -
- Non preoccuparti, ci saranno molte altre occasioni per farlo. - lo consolò la ragazza prendendolo sottobraccio.
Dopo la sosta al Crashdown si diressero tutti e quattro a casa e Shiri, con espressione di scusa, si rivolse a Bren. Ho un po’ di compiti da fare. Cercherò di sbrigarmi... -
Lui si affrettò a rassicurarla. - Terrò compagnia ai bambini, nel frattempo. Fai quello che devi - Sorrise davanti alla sua smorfia di rammarico. Da un lato gli dispiaceva di non poterla avere tutta per sé, ma dall’altro era fiero di lei perché non aveva neppure considerato la possibilità di non andare a scuola durante la sua permanenza, segno che era una persona molto responsabile... Si curvò un poco per baciarla sulle labbra. - A più tardi - le disse poi.

L’indomani Jason era impegnato in una partita di basket e Shiri decise di assistervi con Bren. Naturalmente sulle gradinate della palestra, pronti a tifare per il ragazzo, c’erano tutti i suoi amici ed i familiari. Nella fila più in alto, insieme ai suoi compagni, era presente pure Alexandra.
Sulle prime aveva avuto qualche incertezza sul fatto di andare o meno ma alla fine aveva accettato, così, giusto per non stare da sola. Almeno, questa era stata la motivazione che si era data. In realtà, buona parte del tempo lo aveva trascorso con gli occhi fissi sull’atletica figura di Jason, al punto che Tanya aveva rinunciato a rivolgersi a lei per commentare i giocatori.
Concentratissimo come sempre quando era in campo, il giovane alieno si comportò in maniera molto soddisfacente mettendo a segno parecchi canestri. Inconsapevole delle allegre esclamazioni e dei battimani della sua personale tifoseria, si era invece accorto di Alexandra e più di una volta, durante le frequenti pause fra un’azione e l’altra, aveva guardato nella sua direzione. Il saperla lì lo aveva caricato di un’energia incredibile e, quando l’arbitro decretò la fine della partita, rimase per un attimo perplesso. Possibile che fosse già conclusa? Poi controllò il tabellone ed il punteggio, a favore della squadra locale, e sorrise. Nello stesso momento Glen gli diede una pacca sulle spalle complimentandosi con lui e lo sospinse verso l’uscita per gli spogliatoi. - Gliele abbiamo suonate, eh? - ridacchiò soddisfatto.
Jason annuì distrattamente, ansioso di cambiarsi e raggiungere Alexandra prima che se ne andasse.
Ma la ragazza era ancora nelle vicinanze della palestra perché Sabrina voleva salutare Mark, e così le si avvicinò con fare tranquillo. - Ti sei divertita? -
Lei si limitò a scrollare le spalle. - Hai giocato bene - Spostò il peso da un piede all’altro fingendo disinteresse ed infilò le mani nelle tasche del cappotto, le cui falde si aprirono rivelando la microscopica gonna blu a vita bassa e una sottile striscia di pelle lasciata scoperta dal golfino a scaldacuore che indossava. Dei collant sottilissimi e le scarpe col tacco alto completavano il suo abbigliamento, non certo adatto ad un evento del genere e per di più in una giornata tanto fredda. Ma sotto lo sguardo ammirato di Jason iniziò a sentire quasi caldo e fu con un certo sollievo che, vedendo arrivare Mark e Glen, si accinse a seguirli.
- Vuoi unirti a noi? - propose Tanya.
- Non metterlo in difficoltà. Non vedi che è già in compagnia? - Alexandra accennò col capo al gruppo che si stava avvicinando dopodiché mormorò una banale frase di commiato e se ne andò con gli altri.
Lui rimase a fissarla accigliato, incerto se correrle dietro oppure rinviare le spiegazioni ad un momento ed un luogo più adatti, tuttavia il sopraggiungere di Bren e Shiri lo obbligò ad optare per la seconda possibilità. Con un certo sforzo si costrinse a non pensare più alla compagna, per quanto fosse una cosa tutt’altro che semplice, e un nodo gli serrò dolorosamente la gola quando il padre gli cinse le spalle con un braccio. Poteva sentire la sua comprensione, il suo silenzioso sostegno, e per un terribile attimo provò il folle desiderio di fuggire lasciandosi dietro tutto e tutti. Non sarebbe servito a niente, lo sapeva benissimo, ma forse gli avrebbe concesso un po’ di tregua dal continuo stato di conflittualità con Alexandra... Il solo pensarne il nome richiamò alla sua mente il ricordo di come l’aveva vista prima che gli voltasse la schiena, e una improvvisa sensazione di calore lo avvolse dalla testa ai piedi. Emise un sospiro profondo, presentendo che sarebbe stata una lunghissima serata.

Un sordo lamento gli sfuggì dalle labbra semiaperte e all’improvviso si ritrovò a fissare il buio davanti a sé, il respiro ansimante ed il corpo irrigidito e madido di sudore. Gli ci vollero diversi secondi per capire cos'era successo. Un sogno, era stato tutto un sogno. Vividissimo e decisamente erotico... Si passò le mani tremanti sul viso e fra i capelli, tentando di rallentare il battito impazzito del cuore.
“- Sei più calmo, adesso? -” Le parole mentali del padre, permeate di esasperata rassegnazione, lo colsero di sorpresa. “- Papà?!? -”
“- Quello che tua madre ed io desideravamo era che tu imparassi a gestire la faccenda Alexandra, ma a quanto pare non è possibile. E salvaguardare la tua salute fisica a discapito di quella mentale mi sembra una cosa poco opportuna, per cui ti lascio libero di fare come meglio credi... -”
Jason sorrise incredulo. “- Grazie, papà! -”
“- Non ringraziarmi. Si tratta di scegliere il male minore, e la cosa non mi rende affatto felice -”
Il tono secco con cui stavolta venne espresso il pensiero di Max strappò una smorfia al ragazzo. “- Per favore, non... -”
“- Non è necessario continuare -” lo interruppe lui. “- Piuttosto, dato che ormai è quasi l'alba, sarebbe meglio che tu cercassi di riposare un po'. Così, magari, riusciremo a farlo anche noi... -”
Jason non comprese subito il significato di quell'ultima osservazione, ma poi emise un gemito e si girò a pancia sotto coprendosi la testa col cuscino. Faticosamente, lottando con se stesso per non pensare a nulla, cercò di rilassarsi quel tanto che occorreva per scivolare di nuovo nel sonno.
Un sonno che, quando infine giunse, venne salutato da vaghi e impercettibili sospiri di gratitudine.

Max riaprì gli occhi per incontrare lo sguardo ansioso di Liz. Le sorrise per rassicurarla tuttavia dentro di sé era ancora titubante. L'istinto lo spingeva a cercare di proteggere le persone che amava, però si rendeva anche conto che così facendo rischiava di soffocarle. Il guaio era che, nel caso del figlio, la situazione non era semplice perché il pericolo era rappresentato da qualcuno cui lui teneva moltissimo. Forse Jason era semplicemente ancora troppo giovane, e anche Alexandra era poco più che una ragazzina, ma accidenti! Lui non aveva mai fatto deliberatamente del male a Liz!
Sentendo la sua agitazione la giovane donna gli accarezzò il viso facendo poi scivolare la mano dietro la sua nuca. - Forse Jason ha ragione, dobbiamo avere fiducia in lui... -
L'alieno annuì lentamente e le passò un braccio dietro la schiena per avvicinarla a sé. - Mi dispiace averti svegliata. -
- Eri molto turbato... - Liz lo guardò incuriosita. - E' stato così intenso? -
- Sì - Ripensando alle violente emozioni inconsce di Jason che lo avevano strappato al sonno provò una fitta allo stomaco. Poteva immaginare che genere di sogno le avesse causate, e lo preoccupava la possibile reazione di Alexandra ad una tale ingerenza mentale.
Vedendo la sua espressione corrucciata Liz sospirò. - Andrà tutto bene, vedrai... - disse piano, poi gli diede un buffetto sul mento. - Ehi, guarda che dovevi essere tu a tranquillizzare me, non il contrario! -
Max fece una smorfia. - Scusami -
- Scuse accettate. - Si rannicchiò contro il suo petto e chiuse gli occhi. - Andrà tutto bene - ripeté in un sussurro prima di addormentarsi.

“Alla buon’ora!” sbuffò Isabel cercando una posizione più comoda e finendo contro il fianco del marito.
“Maledizione, ancora un minuto e sarei impazzito!” Michael fece una smorfia e si spostò sul bordo del materasso. Dopo un attimo ci ripensò e tornò accanto a Maria. - Maria, sei sveglia? - chiese sottovoce accarezzandole sensualmente la spalla.
Shiri continuò a fissare nel buio anche quando la tempesta emozionale del fratello si era ormai del tutto acquietata. Poi, mordicchiandosi incerta il labbro inferiore, scese dal letto e andò accanto alla porta. Ebbe ancora un attimo di esitazione ma alla fine, con una scrollata del capo, l’aprì e fece le scale in punta di piedi. Arrivata in soggiorno si avvicinò a Bren, disteso sul divano, stando bene attenta a non svegliarlo e lo guardò a lungo prima di chinarsi su di lui e sfiorargli le labbra con il più delicato dei baci. Allora, sempre in punta di piedi, si ritirò di nuovo nella propria stanza e si addormentò subito.
Nel suo appartamento Shanee smise di agitarsi nel sonno, finalmente libera della pressione mentale che ormai sapeva essere quella di Jason, e abbracciò il cuscino affondandovi il viso con voluttà. “Credo di non sopportarti più...” borbottò esasperata.

Jason pensava che l’alba non sarebbe arrivata mai e quasi non credette ai propri occhi quando, lasciata ricadere la tendina, si allontanò dalla finestra per controllare la radiosveglia. “Le sei! Grazie al cielo!” Con un sorriso fanciullesco corse fuori della stanza e giù per le scale, senza pensare a Bren che stava ancora dormendo, lasciò un messaggio per i genitori sul tavolo in cucina dopodiché uscì di casa. Camminava a passo svelto, ansioso di arrivare dai Valenti per parlare con Alexandra. Avrebbe voluto correre ma non voleva arrivare ad un’ora troppo antelucana, zia Amy sarebbe stata capace di rimandarlo indietro...
Nonostante tutto era sempre molto presto quando giunse a destinazione, e le sue dita batterono esitanti sull’uscio.
Gli aprì lo sceriffo, che lo fissò sorpreso. - Non sei un po’ in anticipo per le visite? -
- Scusami, hai ragione, però devo vedere Alexandra. E’ molto importante. -
- Ah, non ne dubito! Per te quella ragazza è sempre molto importante... Avanti, vieni dentro! Amy ha appena fatto il caffè, se lo vuoi. -
- No, grazie - Soltanto allora Jason si accorse che l’uomo era vestito di tutto punto. - Stai andando al lavoro? - domandò.
- Già. Mi raccomando, comportati bene o stasera mi toccherà sorbirmi le sue lamentele sui ragazzi di oggi! - lo salutò con tono scherzoso facendogli cenno di accomodarsi.
Rimasto solo, il giovane seguì il rumore delle stoviglie e sorrise nel trovare Amy Valenti intenta a radunare sul tavolo gli ingredienti per fare una torta. - Buon giorno, zia. -
- Ciao, tesoro! Ma... che ore sono? - chiese controllando con una certa ansia l’orologio.
- Le sei e mezza. Posso andare da Alexandra? -
La donna roteò gli occhi. - A quest’ora? Non pensarci neppure! Sta dormendo, e quindi non se ne parla proprio! Puoi mangiare qualcosa, se lo desideri, mentre aspetti che si svegli e si vesta. Ma finché non sarà pronta tu non ti muoverai da qui. -
- Zia, per favore, ho bisogno di parlarle! -
- No -
In quel momento si udì il rumore di una porta che si apriva.
- E’ sveglia! - esclamò Jason sorridendo soddisfatto.
- E in pigiama. Non puoi ancora andare da lei -
- Ti prego! -
- Ho detto di no. Non insistere! - e gli puntò un dito contro.
Prima che potesse dire qualche altra cosa Alexandra apparve sulla soglia della cucina e, con un sospiro di sollievo, le andò incontro. - Vieni, devo raccontarti le ultime novità! - La prese per mano poi si girò verso la zia. Posso andare, vero? -
La donna lo guardò severamente. - Sei troppo viziato, Jason Maxwell Evans -
Il sorriso dell’alieno si fece più aperto mentre si allontanava trascinandosi dietro la compagna.
Una volta al sicuro all’interno della sua stanza Jason strinse Alexandra a sé prima di baciarla a lungo.
Lei lo ricambiò istintivamente. Negli ultimi due giorni l’aveva trattato con una certa freddezza, anche se le era costato più di quanto avrebbe potuto immaginare, e non si sarebbe mai aspettata di trovarlo nella cucina dei Valenti, a quell’ora del mattino, né tantomeno che l’avrebbe portata in camera sfidando le ire della zia. Cercò poi i suoi occhi, splendenti di gioia. Ehi... mi piace questo buongiorno... disse piano.
- I miei genitori hanno revocato il divieto! -
Fu come una doccia fredda. - I tuoi genitori...? - Gli mise le mani sulle spalle e lo spinse via da sé. - Quando crescerai, eh? Quando imparerai a pensare con la tua testa e non con la loro? Per un momento ho creduto che avessi finalmente avuto il coraggio di riprendere il controllo della tua vita, e invece ancora una volta ti sei comportato come uno scolaretto! Ma io non so che farmene di uno come te! A me serve un uomo! -
Ferito nel profondo dalle sue parole, Jason la fissò pallido in volto. - Un uomo che si limiti ad usare il tuo corpo senza chiedere altro, vero? Qualcuno che non sia interessato al tuo cuore, alla tua anima, e non ti offra i suoi! Beh, è troppo tardi! Perché io non intendo tirarmi indietro! Mi sono lasciato accoltellare da te per costringerti ad ascoltarmi! Ho fatto di tutto per permetterti di conoscermi, per cancellare le tue paure, e invece tu continui a nascondere la testa sotto la sabbia lanciandomi accuse assurde! Io voglio aiutarti, dannazione! - Cercò di prenderle i polsi per trattenerla ma lei si divincolò poi, di colpo, si gettò su di lui con furia selvaggia.
- Basta! Piantala! - Riuscì a bloccarla serrandole le braccia in una morsa ferrea. - Perché vuoi continuare a fingere con te stessa? -
Senza guardarlo in faccia mosse le spalle in un futile tentativo di liberarsi. - Lasciami, accidenti a te! -
- No! - Jason la strattonò facendola finire sul letto. - La rabbia che ti porti dentro è per tutto quello che ti è successo nel passato, per quello che hai perduto, che hai sofferto, ma ora devi smetterla di autopunirti! E di punire me! -
Sempre più furibonda, Alexandra tentò di sferrargli un calcio fra le gambe ma il ragazzo fu svelto a lasciarsi cadere su di lei immobilizzandola col peso del proprio corpo e le portò le braccia sopra la testa. - Tu mi ami e mi vuoi, esattamente come io amo e voglio te! Accettalo! - Cercò il suo sguardo e, la voce ridotta a poco più di un sussurro, implorò: - Accettalo per quello che è: un dono che facciamo a noi stessi... -
Ansimando per la lotta, esausta fisicamente e psicologicamente, la giovane mosse piano la testa in segno negativo. Io... non lo voglio - disse con una punta di disperazione.
- Non è vero! E’ inutile negarlo, lo leggo nella tua anima... - L’espressione degli occhi si fece più intensa, quasi a sottolineare l’incontrovertibile verità di ciò che stava per aggiungere. - Ci può essere solo onestà, fra di noi... -
Alexandra deglutì a fatica. Aveva ragione, lo sapeva benissimo: non era possibile mentire quando ognuno poteva leggere i sentimenti dell’altro... Ma avrebbe tanto voluto che non fosse così. - E’ un impegno troppo grande... - confessò, senza più né la voglia né la forza di continuare a lottare.
- No, se è condiviso -
La risposta di Jason era stata immediata, sicura, e lei lo fissò smarrita. - Perché ti sei innamorato di me? -
Sorridendole con tenerezza l’alieno passò la punta del pollice sulla lacrima che le stava scivolando lungo la tempia. - E’ successo. - disse semplicemente.
Lei rimase a guardarlo in silenzio per alcuni secondi poi fece un sospiro tremulo. - Lo so che mi sono sempre comportata in modo orribile con te ma... ti prego... ti prego, non lasciarmi... - Le ultime parole erano state solo un bisbiglio, e la luce supplichevole nei suoi occhi verdi arrivò dritta al cuore di Jason. - No, mai. - si affrettò a rassicurarla, e dopo averle posato un bacio leggero sulle labbra l’abbracciò con tenerezza.
Nel frattempo, messa sul chi vive dal livello dei suoni che l’avevano raggiunta fin nella cucina, seguiti da un preoccupante silenzio, Amy si era lavata le mani e aveva deciso di andare a controllare la situazione.
Dopo aver bussato una volta sola spalancò la porta della stanza di Alexandra, certa di trovare i due ragazzi intenti ad amoreggiare e pronta ad ordinare a Jason di filarsela. Con sua grande sorpresa, invece, li vide seduti sul bordo del letto, stretti l’uno all’altra in un atteggiamento di reciproco conforto piuttosto che di folle passione, e scosse il capo interdetta. - Vi ho preparato la colazione. Venite di là quando volete, ma ricordatevi che fra un’ora dovete essere a scuola... - disse, accennando ad andarsene senza tuttavia richiudere l’uscio dietro di sé.
Jason si volse a guardarla. Non l’aveva sentita entrare, e la sua voce l’aveva colto di sorpresa. - Sì, zia. E... grazie...
- Di niente, tesoro. Allora, mi raccomando... -
- Stai tranquilla. - Le sorrise, e tornò a concentrarsi sul respiro di Alexandra, divenuto regolare, una mano premuta sulla sua nuca e il braccio libero che le cingeva la schiena. Rimase ancora a lungo così poi, con un piccolo sospiro di rimpianto, la baciò sulla fronte. - Dobbiamo andare, adesso. Ma sappi che io sarò sempre qui per te...
Lei annuì muovendo appena la testa e, a malincuore, si sciolse dall’abbraccio.

- Shanee! - Jason attirò l’attenzione dell’amica agitando la mano in mezzo alla folla di studenti che camminava nei corridoi della scuola.
- Oh... ciao! - lo salutò lei frettolosa.
Fu colpito dal suo tono, stranamente sostenuto. - Aspetta! - La trattenne per un braccio. - Che ti succede? - le chiese, deluso dalla sua reazione.
La giovane si fermò. - Uhm... ho avuto un sonno agitato, l’altra notte... Ne sai niente? -
Jason divenne scarlatto. - Non... non hai mica... -
- ...visto cos’hai sognato? NO! Per fortuna, oserei dire, data la tua faccia! Ma non puoi evitare di...? - e con una mano si sfiorò la tempia.
- Mi dispiace, purtroppo quando dormo non riesco sempre a controllarmi... scusami. - Poi cambiò di proposito discorso. - Perché non sei più venuta a casa nostra? Sei arrabbiata per quello che è accaduto? -
- Guarda che sono passata diverse volte, ma Shiri era sempre impegnata con Bren e non mi andava di toglierle nemmeno uno dei suoi preziosi minuti con lui. Tu, invece, eri sempre agli allenamenti... quindi non abbiamo avuto occasione di incontrarci. - Lo osservò più attenta. - Perché ho la vaga impressione che tu voglia dirmi qualcosa? -
Jason sorrise, mostrandole tutta la sua felicità. - I miei mi hanno dato di nuovo il permesso di uscire con Alexandra... e io spero di avere chiarito una volta per tutte con lei come stanno le cose! -
- Davvero? - mormorò perplessa.
Lui annuì e Shanee non potè fare a meno di essere contenta per il suo entusiasmo e sperare che non fosse l’ennesima pausa di quiete prima dell’inevitabile tempesta. - Ne sono lieta per te! Cercate di non sciupare tutto, adesso... - e lo abbracciò.
Jason ricambiò con affetto. - In parte è anche merito tuo... Non ti ho ancora ringraziato per l’altra sera. - affermò serio. - Per l’arcobaleno, e tutto il resto... - aggiunse fissandola negli occhi e sfiorandosi con la mano il cuore.
Gli sorrise con dolcezza e abbassò lo sguardo, commossa. - Spero che ti sia utile a gestire quella mina vagante che ti ritrovi per ragazza... - scherzò per sdrammatizzare. Dispettosa, gli scompigliò i capelli, sapendo che era una cosa che lui non sopportava e facendolo ridere. - Ecco perché ti ho visto uscire dalla stanza dei cancellini l’altro giorno... e arrivare in auto con Alexandra stamani... - lo prese in giro facendolo arrossire.
- Non pensare male... l’altro giorno non è successo proprio niente... - borbottò in tono sconsolato.
- Sì... e nel 1947 è precipitato un pallone sonda!! - ribatté l’aliena. Entrambi risero ancora.
Alexandra comparve alle spalle di Jason e gli circondò la vita con un braccio in maniera esplicitamente possessiva. Ciao. - mormorò in tono gelido rivolta a Shanee. Possibile che quell’indiana lo facesse divertire così tanto?
- Ciao. - La ragazza mantenne un tono scherzoso, nonostante il fastidio causato da quell’atteggiamento puerile, poi si portò una mano alla fronte. - Ah! A proposito... questo è per te, anzi per voi. - e tirò fuori dalla borsa una busta che porse a Jason, con il nome suo e di Alexandra sopra. - Apritela dopo, per favore. - si raccomandò.
I due la scrutarono curiosi. - Beh... allora ci vediamo. - la congedò Alexandra, e si volse per avviarsi in classe.
- Jason! -
Al richiamo di Shanee lui si girò.
- Ho saputo che alla sesta e alla settima ora c’è una riunione dei docenti... Ci fanno uscire prima, oggi! - Si avvicinò di nuovo alla coppia. - E’ una splendida giornata... - disse ammiccando - e il bosco Frazier è stupendo in questa stagione... ci sono un sacco di posticini incantevoli... - Gli fece l’occhiolino e si allontanò.
Alexandra rimase per qualche attimo interdetta poi si voltò verso Jason, che sorrideva apertamente.
- Allora... gita nel bosco, tesoro? - le sussurrò all’orecchio.

- ...e puoi immaginare la faccia che fece quando mi rifiutai di finirle i compiti! -
Shiri annuì ridendo. - Un vero affronto... -
Lei e Bren si trovavano in un angolo un po’ nascosto dei giardini davanti alla scuola, dove gli aveva dato appuntamento non appena saputo della riunione dei docenti.
Dopo aver concordato con Jason di ritrovarsi alle due e mezza per tornare a casa insieme, aveva preso per mano il fidanzato e si erano diretti verso un folto gruppo d’alberi che avrebbe fornito loro sufficiente privacy consentendo allo stesso tempo a Nyk Holen di vigilare con discrezione sul suo signore.
- Infatti. Aspettò un’intera settimana prima di perdonarmi! - Gli occhi grigi di Bren si addolcirono al ricordo della sorella. - Wirnit era una bambina adorabile, ma se si intestardiva su qualcosa era impossibile farle cambiare idea... -
- Mentre tu... - lo sollecitò lei.
- Ah, io sono un tipo molto accomodante! -
- Mm, stando a quel che mi ha raccontato Lhara non credo che sia proprio così! -
- Diciamo che, all’occorrenza, so dimostrare una certa fermezza. - ammise il giovane.
- Mi piace la tua onestà... - Shiri si chinò in avanti per dargli un piccolo bacio. Prima che potesse tirarsi indietro Bren le prese il mento fra le dita. - E a me la tua. Questi giorni insieme a te sono un balsamo per la mia anima... - Le sfiorò le labbra con le proprie. - Su Rènida a volte sento la tua presenza, quando dormo, però non è la stessa cosa che averti con me... -
A quelle parole Shiri si rabbuiò. - Vorrei essere in grado di entrare nei tuoi sogni, ma non ci riesco. -
- Allora ti prego di non insistere - La costrinse gentilmente ad adagiarsi contro il suo petto. - Non voglio che ti senta male per colpa mia. -
- Forse potrei provare con i graniliti... -
- Non pensarci nemmeno! Ti rendi conto di quanta energia racchiudono?!? -
- Certo, li ho già usati! -
Lui la fissò accigliato. - Spero non da sola -
- In effetti... no. -
- Allora non cominciare adesso, me lo prometti? -
- Ma così... -
- Lo prometti? - insisté interrompendola.
- Uff! E questa la chiami “una certa fermezza”? - protestò la ragazza.
- No, è semplice buon senso. - L’alieno sorrise per la sua espressione adirata. - Non prendertela, dai... -
- Vorrei tanto capire dove sbaglio! Perché con Jason ci riesco e da sola no? -
- Forse per lo stesso motivo per cui tuo fratello non è in grado di guarire. Ognuno ha la sua unicità, amore, e nessuna è da disprezzare. -
- Io non disprezzo il mio potere, solo che... vorrei poterti raggiungere quando sei lontano... -
- Mi hai già raggiunto. Qui. - Le prese una mano e se la portò sul cuore.
Shiri rimase per alcuni secondi in silenzio a guardare le loro dita intrecciate.
- Sei la mia regina, sempre e comunque -
Con un gemito quasi impercettibile gli passò la mano libera dietro il collo e lo baciò lungamente e con passione.
Continuarono a baciarsi fin quando Bren sentì di aver raggiunto il limite del proprio autocontrollo e, a malincuore, si staccò da lei.
Senza bisogno di spiegazioni la ragazza posò la testa contro la sua spalla e se ne stette buona buona, consapevole di non sentirsi lei stessa ancora pronta ad andare oltre, mentre il respiro di entrambi tornava normale.
Ripresero allora a parlare di mille piccole cose, tessendo quella delicata rete di confidenza che li avrebbe fatti sentire uniti a dispetto della distanza che presto sarebbe tornata a frapporsi tra di loro.
Bren era affascinato da Shiri, dalla sua innata profondità, e faticava a rivedere in lei la bimbetta che, insieme al padre, gli aveva curato le ferite in quella che sembrava un’altra vita.
Ad un tratto lei sorrise. - E’ utile parlare nella nostra lingua, così nessuno capisce cosa diciamo. Sai, tutti questi riferimenti a poteri alieni, città di altri mondi... Però credo che sarebbe meglio se tu conoscessi anche l’inglese. Per essere più libero di parlare con Kyle e zio Morgan, e poi... - Le guance le si tinsero di rosa - c’è nonna Diane... Una volta le ho raccontato di te, di noi, e... e mi farebbe piacere portarti da lei, magari oggi pomeriggio, se ti va... -
- D’accordo, per me non c’è problema. E’ la madre adottiva di Max, giusto? -
- Sì. Ok - Si raddrizzò per potergli posare una mano sulla tempia e si umettò il labbro inferiore concentrandosi. Fu un attimo, poi tornò a rannicchiarsi comodamente fra le sue braccia. - I genitori di papà sono persone splendide. Quelli di mamma... Non è che non lo siano, però sento sempre un certo disagio in loro... Come se non riuscissero ad accettarci fino in fondo... -
- Accettarvi? -
- Per quel che siamo. Papà, Jason, io. Ibridi non umani. -
La definizione lo lasciò sconcertato. - Ibridi? -
- Il dna alieno di mio padre, di zia Isabel e di zio Michael venne mescolato con dna umano per consentire la sopravvivenza su questo pianeta. - spiegò Shiri. Tacque all’improvviso, colpita dalle sue stesse parole. - Perché tu e Lhara non avete alcuna difficoltà a stare sulla Terra? - chiese poi.
- Non ne ho idea. Forse dipende da qualche mutazione particolare. Voglio dire, le razze che popolano il sistema di Orialis sono molto simili fra di loro ma non hanno la stessa identica origine... -
Sul viso della ragazza apparve un’espressione timidamente interrogativa. - Allora... come saranno i nostri figli? -
Bren scoppiò a ridere divertito. - Bellissimi come te, non ci sono dubbi! - Le premette una mano nell’incavo della schiena e le diede un bacio sulla fronte. - Su, alziamoci e andiamo a fare un giro prima che dimentichi chi sei e dove ci troviamo... -
- Come? -
Lui si fece serio e si sollevò a sedere tirandosela dietro. - Tu sei la promessa regina di Rènida, e l’onore per te e la tua discendenza mi impedisce di trattarti come una compagna qualsiasi. -
Shiri corrugò la fronte perplessa. - Hai... avuto altre compagne? -
- Avevamo tutti e due diciassette anni. Ci conoscemmo ad una festa e ci frequentammo per un breve periodo. In realtà eravamo curiosi, più che innamorati... Poi ci sono state solo delle partner occasionali, e mi ero convinto che non avrei mai trovato l’amore. Ma sei arrivata tu. La mia regina. - Infilò una mano all’interno del giubbotto jeans che indossava. Avevo questo per te, e continuavo a portarmelo dietro senza trovare il momento giusto per dartelo... - Estrasse un sacchettino di tessuto scuro e lo aprì rovesciandone il contenuto nel palmo.
Alla vista della pietra incastonata nella sottile striscia di metallo satinato che sembrava splendere di luce propria coi suoi mille bagliori iridescenti, Shiri sgranò gli occhi. - E’... è splendido... - bisbigliò con reverenza.
Bren le infilò l’anello all’indice sinistro. - Speravo che ti fosse gradito... - disse altrettanto piano, un sorriso sulle belle labbra piene. - Quando ci sposeremo Lhara ti consegnerà il sigillo delle regine di Rènida. Nel frattempo... mi faceva piacere che tu avessi qualcosa da me. -
- Ti ringrazio moltissimo... - Un velo di lacrime le rese ancor più lucidi gli occhi, e lo abbracciò.
Poco dopo camminavano affiancati tenendosi per la vita, come una coppia qualsiasi, mentre la guardia del corpo li seguiva controllando con attenzione l’area intorno a loro.

“- Ciao, dove sei? -”
- In ufficio. Sto finendo una cosa, niente di importante. Perché? - Michael si sistemò meglio il ricevitore tra il collo e la spalla e continuò a battere sulla tastiera del computer.
“- Ti va di fare un salto da me per pranzo? -”
Nell’udire l’inconsueta richiesta dell’amico il giovane si aggrottò. - Tutto bene? -
“- Sì, certo. Allora? Vieni? -”
- D’accordo. Arrivo fra una ventina di minuti. A tra poco -
In realtà si presentò davanti alla porta di Max mezz’ora più tardi, e aveva con sé Mathias. - Mi ero dimenticato che oggi Maria aveva una prova. Ti spiace...? -
- Affatto! - Gli fece segno di seguirlo in cucina.
Vedendo Claudia e Ethan già sistemati nei loro seggioloni fece un sorrisetto malizioso. - Non dirmi che ti stavi annoiando? -
- Ho provato a studiare gli appunti di Arkèdy ma quelle due pesti non me ne hanno dato modo. Hanno continuato ad arrampicarsi sulle mie gambe come se fossi la loro palestra personale e ho dovuto mollare tutto... -
Michael lo guardò togliere dal frigorifero una serie di scatole e riempire alcune ciotole con un po’ di verdure e del formaggio, poi porgere due biscotti ai piccoli per tenerli occupati.
Dopo aver lanciato un’occhiata dubbiosa ai fornelli utilizzò i suoi poteri per frullare il contenuto delle ciotole, ed infine mescolò il tutto con un cucchiaio. Pensi che per Mathias vada bene? -
- Maria lo allatta ancora, ma si può provare. Fa’ sentire... - Infilò la punta di un dito nella crema verde chiaro e fece una smorfia. - Non puoi aggiungergi del tabasco? Così non sa di niente! -
- Ah, sì, è in quello scaffale... -
Michael gli passò la bottiglia dopodiché si mise comodo su una sedia e cominciò a sistemare un enorme bavaglino colorato intorno al collo del figlioletto.
- Quel coso è più grande di lui. - osservò Max.
- Non ha ancora capito come si fa - rispose piatto. - E’ più la roba che si versa addosso che quella che manda giù -
Il giovane scosse la testa. - Aspetta che scopra il piacere perverso di maneggiare da sé il cucchiaio. Ogni volta che quei due finiscono di mangiare bisogna lavare per terra... -
- Davvero? Beh, cercherò di ritardare quel momento il più a lungo possibile. E’ pronto? -
Annuendo Max spinse la terza ciotola verso di lui dopodiché si dedicò ai propri figli che, nel vedere i preparativi, avevano cominciato a borbottare e ad agitarsi.
All’inizio Mathias fece un po’ di capricci per l’insolita pappa ma poi decise che aveva un buon sapore e cominciò a mangiare. E, come previsto da Michael, a farsi sbrodolare lungo il mento una discreta quantità di crema.
Quando i bambini furono adeguatamente nutriti Max preparò due bistecche e un’insalata e per sé e l’amico e alla fine si trasferirono nel soggiorno.
- Devo riuscire a convincere Maria ad usare una trapunta anche noi, invece di mettere Mathias in quell’orribile box. Mi sembra di tenerlo chiuso in gabbia! -
Max sorrise e si sedette a gambe incrociate tendendo le braccia in avanti per accogliere Claudia e Ethan, che si slanciarono barcollando verso di lui.
Mathias, mezzo addormentato, li guardava dal suo tranquillo nido contro il petto del padre.
- Di’ la verità: avevi voglia di compagnia... - disse ad un tratto Michael.
Il giovane si strinse nelle spalle e continuò a fare il solletico a Claudia.
- Torno fra un attimo - Senza dare altre spiegazioni Michael si alzò e andò verso il telefono per avvertire Morgan che non sarebbe tornato al lavoro dopodiché tornò a sedersi sulla trapunta.
Max lo guardò di sottecchi. - Grazie - mormorò.
Lui scosse il capo con noncuranza.
Più tardi uscirono per andare a fare una passeggiata nel parco e quando giunsero nel settore dov’erano i giochi per i bimbi Max tolse dal passeggino i gemelli e li aiutò ad arrampicarsi sullo scivolo.
Continuando a tenere Mathias fra le braccia, Michael si dondolava piano sull’altalena osservando sconcertato la scena. - Dimmi che non è vero. Avanti, dimmi che in realtà non ci troviamo qui... E’ soltanto un incubo e fra poco ci sveglieremo, giusto? -
- Sbagliato -
- Tu ti diverti, eh? -
- Sì. Con Jason e Shiri non ne ho avuto la possibilità, e ora voglio rifarmi. - Dopo aver sollevato ancora una volta Ethan fino alla cima dello scivolo Max si volse e gli sorrise. - Nessuno ti obbliga ad andare sull’altalena... -
Punto sul vivo il giovane bloccò il movimento col piede e scese dalla tavola di gomma, per poi affrettarsi a risalirvi al velato accenno di protesta del figlioletto. - Guai a te se dici una parola - lo avvertì con aria truce.
Ridendo, l’alieno si avvicinò a Claudia, intenta ad esplorare un castello in miniatura, e l’aiutò a superare un passaggio troppo difficile per lei.

Diane Evans si fermò per rincalzare la coperta intorno a Natalie e le sorrise dolcemente. - Adesso attraversiamo il parco e poi torniamo a casa, va bene? Comincia a fare freddo... -
La bimba la guardò con i suoi begli occhioni vispi e fece un allegro gorgoglìo.
- Allora sei d’accordo con me! Perfetto! - Riprese a spingere la carrozzina facendo attenzione a che non sobbalzasse troppo quando all’improvviso si accorse di Max e Michael, unici ragazzi in un gruppo di mamme alle prese con bambini di varie età. - Oh mio dio... - sussurrò intenerita alla vista del figlio che giocava coi gemelli. Si avvicinò, il volto illuminato di gioia, e lui, resosi conto della sua presenza, si chinò a mormorare qualcosa a Claudia.
La piccina si volse di scatto e le fece un grande sorriso.
Con le dita saldamente strette intorno ai pantaloni del padre, Ethan studiò la distanza che lo separava dalla nonna e, dopo una breve riflessione, decise di potercela fare e si diresse verso di lei con passo più o meno spedito.
Diane si curvò sul nipote abbracciandolo forte. - Ciao, amore! - Lo prese poi per mano, e con l’altra tornò a spingere la carrozzina fino ad arrivare accanto a Max e Claudia, che la fissò speranzosa. - Ehi, come siamo belle! - disse piegandosi a darle un bacio sulle guance tonde e rosee. Sorrise poi al giovane e gli diede una carezza affettuosa sul viso. - Sono così contenta di averti incontrato, tesoro... In questi ultimi tempi ci siamo visti di rado ed ero un po’ preoccupata... -
Max la strinse a sé per alcuni secondi. - Non devi. Ci sono stati un po’ di problemi, in effetti, ma adesso è tutto a posto. - la rassicurò.
- Liz...? - chiese ansiosa.
- Liz sta bene. Davvero, mamma, non c’è alcun motivo di preoccuparsi... -
Lei scosse piano la testa. - Ah, tu e Isabel non fate che ripetermelo, e io mi agito ancora di più al pensiero di quel che può essere successo! - Guardò con intenzione Michael. - Ciao, giovanotto. Immagino che da te non saprò niente di più... -
- Sì, è così, signora Evans. - fu la tranquilla risposta.
La donna fece un sospiro rassegnato e desistette dall’insistere oltre, dopodiché si protese verso di lui e sfiorò il visino di Mathias. - Ciao! -
Il bimbo fece una piccola smorfia che le strappò un’esclamazione di stupore. - Quanto somiglia a Maria! -
- Sì, è sempre imbronciato come la madre - disse Michael, sorridendo tuttavia con orgoglio.
- Farò finta di non aver sentito... - Diane Evans tornò a rivolgersi al figlio. - Sta rinfrescando. Non trattenetevi troppo o i bambini rischieranno di ammalarsi. - lo avvertì.
- Mamma... - La guardò significativamente, e lei agitò una mano nell’aria. - Sì, hai ragione, dimenticavo! Va bene, come non detto! - Gli schioccò un bacio sulla guancia poi si curvò a salutare i gemelli ed infine diede un’affettuosa pacca sulla spalla a Michael. - E’ stato un piacere rivederti. Sarei davvero contenta se una di queste sere veniste tutti a cena da me... - Sorrise a Max. - Ad Isabel lo accennerò io quando verrà a riprendere Natalie. Allora... a presto! -
- Sì, ok, grazie. - Il giovane ricambiò il sorriso, e quando fu certo che non potesse essere udito Michael si grattò un sopracciglio e borbottò: - Sono passate solo due settimane dall’ultima volta che siamo andati a casa dai tuoi... -
- Penso che a mia madre piaccia la confusione. Il silenzio la fa sentire... sola. -
- Beh, se Jason porterà Alexandra, tra lei e le tue pesti avrà tutta la confusione che vuole! -
Max inspirò a fondo. - Alexandra non ha più alcun motivo di avercela con Jason. -
- Scusa? Ho capito bene? - L’amico lo fissò incredulo. - Ti rendi conto che in questo modo è come se avessi dato a quella mocciosa la licenza di uccidere tuo figlio?!? -
- Non vuoi proprio dargli un po’ di credito, eh? -
- Quando si tratta di Alexandra Cooper, no -
- Ti sta davvero sullo stomaco... -
- Non fingere con me, ti conosco troppo bene. Neppure tu hai simpatia per lei -
L’altro non rispose e, dopo qualche istante, Michael si chinò ad afferrare Ethan con il braccio libero. - Su, andiamo a giocare con la sabbia! -
- Sì! - Il piccolo batté le mani felice. - Sabbia! -

- Ciao, nonna, disturbiamo? -
- Shiri! Ciao, tesoro! Ma certo che non disturbi! Su, entrate! - Diane si spostò di lato per lasciarli passare e sorrise a Bren.
- Nonna, lui è Bren, il mio... il mio fidanzato. - Shiri era un po’ imbarazzata ma allo stesso tempo fiera.
- Mi ricordo di te. Il giorno del matrimonio di mia figlia... -
- Sì, signora. -
- Stai uscendo? - chiese la ragazzina notando il cappotto e la borsa appoggiati su una poltrona.
- No, sono appena rientrata. Ho portato Natalie a fare un giro, e ho anche visto tuo padre e Michael coi bambini. Ethan e Claudia sono dei veri tesori! -
Shiri sorrise. - Sì, quando non fanno i capricci. -
- E’ normale, alla loro età. - La donna fece loro strada. - Cosa posso offrirvi? -
- Ce l’hai il succo di pompelmo e... -
- E tabasco. Certo, cara. E per te?-
Il renidano la fissò incerto, e Shiri fece un segno con la testa. - Preparane due. -
- Bene, faccio in un attimo! -
Qualche minuto più tardi sedevano comodamente in soggiorno e Bren si sottomise con garbo alla curiosità della padrona di casa.
Al suo fianco, Shiri gli aveva poggiato una mano sulla coscia e lui, senza distogliere lo sguardo da Diane Evans, l’aveva coperta con la propria.
Il gesto non era sfuggito alla donna, che si sentì sciogliere dentro. Quei due le ricordavano così tanto Max e Liz... Certo, Bren era un uomo, ben diverso dal timido adolescente che era stato suo figlio, ma come lui emanava un tale senso di quieto, orgoglioso possesso, che per un attimo ebbe l’impressione di essere tornata indietro nel tempo. Dovette fare uno sforzo per concentrarsi su quanto stava dicendo la nipote.
- ...ma fino ad allora resterò qui a Roswell. -
Sbatté le palpebre, confusa. - Perdonami, tesoro, credo di aver perso il filo... -
Credendo che non approvasse la cosa, Shiri cercò di spiegare meglio la situazione. - Non posso chiedere a Bren di abbandonare la sua gente. E io voglio stare con lui. Anche se ciò significa lasciare mamma e papà, e Jason e i piccoli... - Pronunciò l’ultima frase con voce malferma. Quello era un pensiero che l’angustiava non poco, avrebbe preferito non doversi allontanare dalla sua famiglia, ma se quello era il prezzo da pagare per rimanere accanto a Bren... ebbene, l’avrebbe pagato!
- Shiri è una persona splendida e generosa. Sarà una grande regina. - disse l’alieno stringendo con dolcezza le sue dita sottili.
A quelle parole Diane corrugò la fronte. Decisamente, doveva esserle sfuggito qualcosa di importante... “Regina?” pensò smarrita. Di che diamine stavano parlando?
- Smettila di dire così o finirò con l’avere degli attacchi di panico! - fu il commento imbarazzato di Shiri.
- E’ impossibile - le sussurrò convinto lui in renidano.
La ragazza gli sorrise grata e si piegò in avanti per baciarlo brevemente sulle labbra.
Perplessa e divertita allo stesso tempo, Diane Evans scosse piano la testa.
In quel momento qualcuno suonò alla porta e la donna controllò l’orologio. - Questa dev’essere Isabel... -
- Oh, allora... allora noi andiamo. Ciao, nonna. -
- Ciao, tesoro. Bren, lieta di averti conosciuto. E mi raccomando: abbi cura della mia nipotina! -
- Sempre, signora. - Strinse la mano che lei gli porgeva poi, passato un braccio intorno alla vita di Shiri, la guidò fino alla porta d’ingresso. - Altezza... - salutò Isabel, che rispose con un sorrisetto di circostanza.
- Ciao, zia. -
- Ciao, cara. - Stavolta il sorriso di Isabel fu più caldo e sincero.
Quando la porta si fu chiusa alle loro spalle sollevò gli occhi al cielo e poi guardò esasperata la madre. - Per Bren sarò sempre Sua Altezza Reale! Mi sorprende che riesca a parlare normalmente con Max! -
- Quel... quel ragazzo viene da un altro pianeta... -
- Già, Rènida. E per Max sarà un gran brutto colpo quando Shiri se ne andrà... - mormorò la giovane con una smorfia.
Diane si stropicciò le mani, a disagio. Aveva accettato la vera natura dei suoi figli senza eccessivi problemi, forse perché a livello inconscio aveva sempre sentito che c’era qualcosa di diverso, in loro. Ma tutto il resto era... era semplicemente troppo, per lei!
- Natalie? -
- Sta dormendo. Vuoi una tazza di tè? - domandò, sforzandosi di mantenere un tono di voce casuale.
- Sì, volentieri. -
- Ah, ho detto a Max e Michael che vorrei organizzare una cena. Che ne dici? -
- Certo, mamma, perché no? - La giovane donna comprendeva benissimo il suo desiderio di riunire ogni tanto l’intera famiglia, e anche lei lo apprezzava molto. Erano momenti in cui si sentiva una persona normale, alle prese con i piccoli problemi di una vita normale: le voci acute dei bambini che sovrastavano la conversazione, le pietanze troppo cotte o quasi crude, un bicchiere rovesciato sul tavolo... Sì, aveva bisogno di tutto questo...
Mentre osservava la madre prendere le tazze nella credenza sorrise improvvisamente. - Ma non venerdì. Ho un altro impegno -
- Va bene, allora facciamo sabato. E... di che si tratta? -
- Un concerto, o qualcosa del genere. Shanee si esibisce in un locale e ci ha invitati. -
- Bene. Quindi ci sarà sicuramente anche Michael. -
- Ti pare che si lascerebbe sfuggire l’occasione? Comunque ha invitato tutti quanti. Sembra sia una specie di festa. -
- Sono sicura che vi divertirete molto. Ah, dille che l’aspetto a cena! -
- Le farà molto piacere. Come a me e a Max, del resto. E’ sempre bello ritornare a casa... -
Le sue parole commossero Diane, che si volse di scatto per andare a controllare il bollitore.

Il Not of this World era un locale dalle mille sfaccettature. Di giorno frequentato da giovani, gente di passaggio e uomini d’affari, la sera diventava meta di ritrovo per una clientela più esigente, raffinata. Molto grande, arredato con eleganza, possedeva anche una sala interna riservata per musica “unplugged”, che per l’occasione era stata lasciata completamente immersa nell’oscurità, eccetto per l’illuminazione di sicurezza. Quando vi fece il suo ingresso, il gruppo di amici non poté che apprezzare l’insieme intimo ed accogliente.
Il cartoncino di invito distribuito qualche giorno prima da Shanee ad ognuna delle coppie era stato preciso. Un cocktail musicale, lo aveva chiamato, e di conseguenza si erano abbigliati tutti con grande cura. A cominciare dai maschi, rigorosamente in giacca e cravatta.
Un componente del complesso consegnò ad ognuno di loro un piccolo recipiente di vetro colorato con dentro una candela accesa. Una bassa pedana ricoperta con dei tappeti rappresentava il semplice palco. Intorno ad essa una lunga fila di piccole luci colorate contribuiva a rendere suggestiva l’atmosfera. Sul palco, seduto a gambe incrociate, c’era solo Lenny, il chitarrista, che accompagnava l’attesa con un lieve arpeggio del suo strumento. Dietro di lui le percussioni, al lato opposto le tastiere e nel mezzo un grande cuscino di velluto nero. Dall’altezza degli strumenti e dei microfoni si intuiva che gli artisti si sarebbero esibiti in maniera molto libera, ovvero seduti a terra. Intorno al palco diversi tavolini disposti a semicerchio, ad una distanza che permetteva spazio sufficiente per muoversi e ballare.
Si accomodarono ai loro posti e, appena si furono ambientati, entrarono gli altri musicisti, che aggiunsero ulteriori luci soffuse per aumentare la visibilità in sala prima di posizionarsi agli strumenti. La melodia suonata da Lenny cambiò e un lento ritmare di percussioni si alzò in sottofondo. Il giovane Hopi introdusse la prima canzone.
- Questo è un pezzo della tradizione Navajo con cui di solito cominciamo le nostre esibizioni. Ogni volta lo eseguiamo per buon augurio e per rendere omaggio alla nostra piccola stella luminosa, perché, per chi non lo sapesse, questo è ciò che significa Sha Nee Kee. Stasera, per lei è una festa particolare... così, a nome anche degli altri componenti del gruppo, voglio dedicarle questo antico canto che rispecchia alla perfezione quello che, in un modo tutto suo, riesce a costruire intorno a sé. A mostrare ad ogni persona le sue qualità interiori... Io non so se questo sia un dono... ma è sicuramente ciò che ce la rende preziosa... - Con uno sguardo d’intesa verso gli altri musicisti il ragazzo cominciò a cantare. (canto trad. Navajo)
“Sha Nee Kee / la mia piccola stella luminosa / porta un nuovo giorno / riempie il mio tepee di pace e armonia / mi mostra la mia luce interiore / mi svela il mistero nascosto...”
Al termine del brano la giovane comparve sul palco. Aveva, nella coppa formata dalle sue mani, un lumino colorato. Era vestita di bianco. Un paio di morbidi pantaloni e una maglia che le lasciava le spalle scoperte, aderendo alla vita sottile, erano il suo semplice abbigliamento. I lunghi capelli neri erano sciolti e trattenuti su un lato del viso, il fermaglio coperto con l’orchidea, sempre bianca, che aveva trovato nel camerino la sera dello spettacolo della scuola. Un dono collettivo delle famiglie Guerin, Evans e Coltrane. Portava al collo uno dei suoi sottili cordoncini, decorato con piccole piume bianche, in tono con la cintura che le drappeggiava morbidamente i fianchi. I piedi scalzi. Euna luce intensa negli occhi. Una figura eterea. Quasi una sciamana che si apprestava a celebrare un rito sacro. Posò a terra la candela e si sistemò seduta sull’enorme cuscino. Aveva la voce emozionata, quando si avvicinò al microfono. - Grazie, Lenny... - mormorò un po’ stupita, dato che non era usuale che l’amico manifestasse ciò che pensava. - Non mi aspettavo proprio questo onore... Ragazzi... - salutò rivolgendosi ai suoi compagni di musica. Dopodiché si voltò verso il suo intimo pubblico. - Per prima cosa devo ringraziare loro - disse indicando il gruppo alle sue spalle - altrimenti non avrei potuto organizzare questa serata. Si sono offerti per imparare canzoni e suoni che non sono nel nostro consueto repertorio. Gli strumenti che usiamo sono questi, perciò quello che sentirete stasera è una rielaborazione acustica e molto personale dei motivi che ho selezionato. - Il suo solito sorriso scanzonato si dipinse sul viso. - E qui veniamo a noi... Ogni canzone è stata scelta dopo accurate ricerche e, in alcuni casi, anche ricostruzioni storiche... - Strizzò l’occhio alla platea degli amici. Adesso vi ricorderete improvvisamente tutte quelle strane domande che vi ho fatto negli ultimi giorni... -
Si sentirono varie risate sommesse di conferma. La luce era della giusta intensità. Aveva scelto volutamente un’atmosfera semibuia per vedere i visi delle persone. Di tutte quelle che, in un certo senso, considerava la sua nuova famiglia. Per mantenere il contatto attraverso l’incontro con l’incredibile sguardo di ognuno. Certo, spesso lo faceva anche nelle esibizioni di routine, e riceveva comunque un grosso scambio energetico. Ma era sicura che quella sera la sensazione sarebbe stata amplificata. Lo aveva già percepito durante lo spettacolo a scuola. Benché avesse cercato di mantenersi concentrata, la loro presenza inconfondibile le era pervenuta come tante vibrazioni di energia.
- Torniamo a noi. - disse dopo un lungo istante di silenzio. - Il motivo principale per cui siete qui è fare festa! Quindi... elevate i vostri spiriti! Siete liberi di fare quello che volete, nei limiti della decenza - si rivolse scherzosamente verso Jason e Alexandra. - Cantare insieme a me... Maria, quando vuoi qui c’è un microfono a tua disposizione... ballare, bere, mangiare... - Su ogni tavolino infatti, oltre a una bottiglietta di tabasco, c’erano vari stuzzichini e bevande. - ma soprattutto divertirvi! -
- Veniamo alla mia ricerca... - riprese, - qualcuna di queste canzoni risveglierà dei ricordi, qualcuna forse ne creerà di nuovi. Le ho scelte a mio gusto, quindi scusatemi se forse non vi piaceranno. Consideratele un mio omaggio... il regalo di un’emozione nella lingua più universale che l’umanità conosca, l’unica che sembra riuscire ad abbattere tutte le barriere. Un piccolo e semplice dono per ringraziarvi di tutto ciò che ho ricevuto conoscendovi... - Distolse lo sguardo e deglutì a fatica. Si voltò verso Lenny in cerca di aiuto e il giovane uomo intervenne con prontezza, sebbene fosse rimasto colpito dalle sue parole. - Il primo pezzo è uno dei nostri cavalli di battaglia. Parla di un futuro migliore, della speranza riposta nelle nuove generazioni, dell’abbattimento di tutte le barriere che dividono l’umanità. - disse.
- Anche se non sono qui stasera - aggiunse Shanee, - è dedicato ai piccoli di casa. A quelli che ci sono e a quelli che verranno - sorrise in maniera complice a Liz. - Le piccole pesti conoscono questa canzone fino alla nausea, perché gliela canto sempre per addormentarli. Vorrei augurargli di avere una vita meno complicata della nostra... - terminò con un’espressione seria sulle note iniziali della canzone. (7 second - Youssou N’Dour)
“I don’t want you to look at me and think / What’s in you is in me / What’s in me is to help them
I would like us to forget about their color / So they can be optimistic / So they can talk about their pain and joy
Then we can bring them information / That will bring us all together
And when a child is born into this world / he has no concept / the tone of the skin is living in
It’s not a second / 7 seconds away / just as long as I stay / I’ll be waiting”
- Adesso che abbiamo rotto il ghiaccio, cominciamo seriamente... - scherzò. - Quanto è importante il legame tra fratelli e sorelle? Non sempre facile, talvolta inquinato da gelosie, ma forte e saldo al di là di ogni cosa... che sia di sangue - si voltò verso Max e Isabel e dopo verso Shiri e Jason - che spirituale... - e guardò tutti gli altri presenti. Sai che, qualunque cosa succeda, loro ci sono... ed è una sicurezza. - Poi si avvicinò al microfono e con la sua dolce voce intonò il brano. (Brothers and Sisters - Coldplay)
“Brothers and sisters unite, / It's the time of your lives, it's the time of your lives / Break down, break down / Gotta spread love around, / Gotta spread it all around. / Brothers and sisters feel fine / It's the time of your lives, it's the time of your lives, there's no sound, no sound / Like this feeling you've found, like this feeling you've found / But just stay down / sometimes you'll feel / and stay around / And sometimes you'll feel / And it's me, they're looking for / And it's me, I will never survive, / But we'll be around some more / Brothers and sisters unite, / It's the time of your lives, it's the time of your lives.”
Max scambiò un’occhiata di intesa con la moglie e si alzò, andando a prendere Isabel per farla ballare. Lo stesso fecero Michael con Liz e Kyle con Maria. Anche Shiri venne inaspettatamente invitata dal fratello. Ne fu sorpresa perché non credeva che quella sera si sarebbe staccato dalla sua ragazza. Bren rimase seduto, guardandoli incuriosito e ascoltando stupefatto quell’insieme di suoni. Su Rènida la musica, con tonalità ed effetti completamente diversi, ovvio, si ascoltava di rado eseguita davanti a un pubblico, e veniva prodotta solo dagli strumenti. Non aveva mai sentito, nell’intero sistema di Orialis, alcun essere vivente produrre dei suoni così armoniosi, usando come strumento la propria voce. Ma sembrava che lì sulla Terra fosse una cosa del tutto normale. Si annotò mentalmente di chiedere spiegazioni a Shiri.
Morgan ammirava la moglie fra le braccia del fratello. Si immaginò la sua felicità dato che, tra la nascita di Natalie e i problemi che Max aveva avuto con il figlio, i due non avevano avuto più molte occasioni di trascorrere del tempo insieme.
Shanee pensò che era meglio togliersi subito il pensiero. La dedica che stava per fare era quella che la preoccupava di più, quindi si schiarì la voce, facendosi coraggio. - Passiamo agli omaggi personali... Conosco due ragazzi... - Il brusio di sottofondo cessò immediatamente mentre lei si voltava nella direzione di Jason e Alexandra. - Potrei parlare molto di loro - Sbirciò con fare significativo l’orologio al polso di Lenny e aggiunse: - ma non c’è tutto questo tempo a disposizione... - La battuta provocò l’ilarità generale. - Siccome ciò che direi non so come potrebbe essere interpretato da una certa persona, lascerò parlare la musica. Lenny mi darà una mano con le voci. - Si rivolse a Jason. - Ricordati solo una cosa... - sottolineò con il suo penetrante sguardo - Tanto impegno... e fiducia nel proprio cuore... In bocca al lupo, ragazzo mio! - (Bring me to Life - Evanescence)
“How can you see into my eyes like open doors / leading you down into my core / Where I‘ve become so numb without a soul / my spirit sleeping somewhere cold / Until you find it there and lead it back home / Wake me up inside / wake me up inside / Call my name and save me from the dark / Now that I know what I’m without you you can’t just leave me / breathe into me and make me real / Bring me to life
Frozen inside without your touch / without your love / darling only you are the life among the dead
Without a thought / without a voice / without a soul / Don’t let me die here / there must be something more”
- Oddio! Ci risiamo...? - Michael si innervosì subito cercando con lo sguardo Max, che si strinse nelle spalle per far intendere di essere all’oscuro di ciò che la ragazza intendeva. In realtà ripensò immediatamente al suo colloquio con Shanee riguardo al figlio. Era stato Kyle, successivamente, a raccontargli nei dettagli l’accaduto di quella sera. E doveva ammettere che avevano saputo entrambi gestire con abilità la situazione.
Liz notò il mezzo sorriso che incurvò le labbra del marito e, sfiorandogli la mano per attirare la sua attenzione, gli domandò: - Come la prenderanno? - e indicò con un cenno della testa la giovane coppia seduta ad un paio di tavoli di distanza da loro. Max dette un’occhiata veloce ai ragazzi e tornò a concentrarsi sulla sua bella moglie. - Ho l’impressione che la signorina Blackhawk non si faccia tanto intimorire. Né da lei né da nostro figlio. Spero che Jason, frequentandola, assorba un po’ della sua grinta... -
Con soddisfazione la cantante constatò che non si era verificata nessuna lite fra i due piccioncini, che si erano limitati ad un semplice, fugace scambio di sguardi. Per fortuna. Altrimenti avrebbero rischiato di rovinare la serata a tutti quanti, così si rilassò e proseguì con le sue dediche.
- Conosco una ragazza. In apparenza fragile, quasi delicata. Ma dentro è decisa e forte. Non si lamenta mai e ha sempre il sorriso sulle labbra. Il nostro feeling è stato immediato... - disse ammiccando in segno di intesa verso l’amica preferita. - Ormai il suo cuore è stato completamente catturato... e mica dal primo che passa! - si volse sorridendo a Bren, seduto accanto a lei. - Io non so se avete una vostra canzone speciale così, tenuto conto dei tanti elementi presenti nella vostra storia d’amore, e della segreta passione di Shiri per il film da cui è tratta... ecco, questa è per voi... - Si sistemò in ginocchio sul cuscino per poter respirare meglio, dato che il pezzo richiedeva maggior impegno. - Prego, Bren! - e invitò con un gesto della mano la coppia a ballare. - Vacci piano con questa povera ragazza... - sorrise - altrimenti, quando sarai ripartito, non basteranno tutte le mie parole per consolarla... - (My Heart Will Go On - Celine Dion)
“Every night in my dreams I see you, I feel you, That is how I know you go on / Far across the distance And spaces between us You have come to show you go on / Near, far, wherever you are I believe that the heart does go on / You're here, there's nothing I fear, And I know that my heart will go on / We'll stay forever this way You are safe in my heart And my heart will go on and on”
Alle dolci note d’inizio Bren tese la mano ad un’incerta Shiri, che lo seguì titubante e un po’ in imbarazzo sapendo che i genitori li stavano osservando.
Poco dopo anche gli altri si unirono in pista per quel romantico intermezzo. Lo sguardo di Shanee li seguiva tutti con tenerezza. Pur rimanendo seduta, le sue interpretazioni erano davvero d’effetto. Le braccia armoniose e l’espressione del viso si immedesimavano nella melodia e nelle parole che cantava. Al termine del brano incontrò gli occhi splendenti di Shiri. Si fissarono per un lungo istante, poi le sue labbra si mossero senza emettere suono formulando la frase “ti voglio bene” e lei, stretta a Bren, la gratificò del suo sorriso più bello.
- Kyle... - mormorò sommessamente. - Sì, Mister Valenti, c’è qualcosa anche per te... - Annuì nella sua direzione, contenta di averlo colto di sorpresa. - Dalle nostre recenti, lunghe chiacchierate ho scoperto che abbiamo in comune una cosa molto importante: la ricerca... Ti auguro di riuscire sempre a percorrere con coerenza il tuo difficile cammino verso il Nirvana... - gli sorrise, ricordando la loro complicata disquisizione filosofica di qualche sera prima a casa Guerin, davanti a Snapple, birra e patatine. (The Inner Light - Beatles)
“Without going out of my door / I can know all things on earth. / Without looking out of my window /
I could know the ways of heaven. / The farther one travels, the less one knows / The less one knows /
Without going out of your door / you can know all things on earth. / Without looking out of your window /
You can know the ways of heaven. / The farther one travels, the less one knows / The less one knows /
Arrive without travelling / see all without looking”
Se Kyle rimase stupito cercò di mascherarlo con dignità. La dedica di Shanee era l’ultima cosa che si aspettava quella sera. La sua vita era in uno strano momento di transizione. Da quando Max gli aveva salvato la pelle si era posto un sacco di domande. Non tutti sapevano che aveva cominciato a praticare il buddismo per trovare delle risposte. Anche andare via da Roswell gli era sembrato un modo per riuscirci. Ma non era stato così. Il ritorno a casa stava comportando un riadattarsi in maniera completamente nuova alla vita, scandita ormai da anni di regole dell’accademia. Con quella canzone lei gli aveva dimostrato la sua sensibilità, leggendo la sua anima meglio di quanto lui stesso riuscisse a fare. Aveva centrato perfettamente le conclusioni a cui era arrivato dopo quella lunga assenza e cioè che il vero viaggio comincia all’interno del proprio cuore... Quasi contro il suo volere lo sguardo corse a Bren, e il ricordo dello splendido viso di Lhara lo trafisse come un dolce tormento. Lei apparteneva ad una realtà che a volte ancora lo metteva in crisi, così enorme e pazzesca, eppure... “E’ questo, il mio destino? Abbracciare un mondo più grande della Terra, un mondo che ha distrutto la vita di mio nonno e rischiato di rovinare quella di mio padre? Ma sono davvero in grado di valicare i confini dell’orizzonte? Posso riuscirci senza... senza perdere me stesso?” Tornò a fissare Shanee, candida figura altrettanto misteriosa. “Tu... sembri convinta di sì...” Reclinò la testa di lato, lasciando che la musica penetrasse dentro di lui.
- Adesso è il vostro turno, Isabel e Morgan... Devo dire che nessuna delle mie fonti era informata su una vostra canzone preferita... e noi non abbiamo avuto ancora modo di conoscerci a fondo. Quando ho visto Morgan la prima volta mi ha ricordato incredibilmente Kevin Kostner in “The bodyguard”, non so se a causa del suo precedente lavoro... Ma non è vero che gli somiglia? -
Isabel scoppiò in una risata, seguita dalle amiche e da tutti gli altri. - E’ vero, amore... - Carezzò la guancia al marito. - Lo sai che non ci avevo mai fatto caso? Shanee, non glielo dire troppo se no poi si monta la testa! - le rispose allegra mentre teneva stretta la mano di Morgan.
- Non ho scelto la canzone di quel film, però, perché parla di un amore che finisce e io, al contrario, voglio augurarvi che non sia mai così. - commentò, mentre le dolci note del piano fecero riconoscere immediatamente il pezzo. - Insomma, spero di accontentarvi... - (Here, There and Everywhere - Beatles)
“To lead a better life I need my love to be here... / Here, making each day of the year / Changing my life with the wave of her hand / Nobody can deny that there's something there / There, running my hands through her hair / Both of us thinking how good it can be / Someone is speaking but she doesn't know he's there
I want her everywhere and if she's beside me / I know I need never care / But to love her is to need her everywhere
Knowing that love is to share / Each one believing that love never dies / Watching her eyes and hoping I'm always there We'll be there and everywhere / Here, there and everywhere”
Morgan si schiarì la gola ma niente altro tradì il suo imbarazzo. Era vero che né lui né Isabel potevano dire di conoscere bene Shanee, ciononostante lei aveva fatto la scelta che più si adattava a descrivere i sentimenti che li avevano condotti ad unire le loro vite. Casualità? Psicologia da banco di scuola? Poteri alieni? Non lo sapeva né intendeva scoprirlo. Perché, in fondo, quel che importava era che loro due fossero insieme. E al diavolo se la cosa era evidente per tutti!
Seduta al suo fianco, Isabel gli prese una mano nella propria intrecciando le dita con le sue. Spesso non riusciva ad esprimere al marito quello che realmente provava a causa del suo carattere riservato. Lo fissò e incontrò il suo sguardo. Negli occhi tutta la profondità del suo amore per lui.
- Michael... pensi che stiamo scivolando nel patetico? - chiese la giovane indiana quando ebbe finito di cantare.
Al suo cenno affermativo di finta esasperazione, la ragazza non poté trattenere un sorrisetto divertito. - Va bene, allora cercherò di venire incontro ai tuoi gusti, ma non infierire perché non è proprio il genere che mi si addice... - e con un cenno d’accordo verso il percussionista attaccò “I disapper” dei Metallica.
- Wow! Questa sì che è musica... - si entusiasmò lui. E con le mani cominciò a percuotere a tempo il tavolino come fosse un tamburo, facendo saltare da tutte le parti gli snack contenuti nelle ciotole. Isabel fu colta da un’altra irrefrenabile risata mentre Max e Maria tentavano invano di riporre ogni volta il contenuto nei recipienti.
- Bene, bene. Vedo che ti sei riscaldato... - commentò Shanee al suo indirizzo. - Allora voglio raccontarti la storia di due persone che non si “filavano” per niente. Avete presente - disse rivolta a tutti - un tipo solitario, fan dei Metallica, e una ragazza tutto pepe, che adora la vita sociale? -
Un brusio serpeggiò fra i presenti.
- Questi due, dopo un avventato colpo di testa del “solitario”, finirono per mettersi insieme. Era un tira e molla continuo... - Risatine sommesse. - Insomma quello che comunque non mancava, e non manca, a questa coppia è la passione. Testimoni oculari narrano addirittura di un loro focoso incontro durante un’eccezionale ondata di caldo di qualche anno fa... Non dico dove, state tranquilli... - fece l’occhiolino a entrambi. - Lo sapete quanto vi adoro, vero? -
Le seducenti note di Santana si levarono nell’aria.
Maria scattò in piedi come se avesse preso la scossa e lanciò un gridolino di gioia. - Michael... Michael... - Strinse convulsamente il braccio del giovane uomo al suo fianco. Lo trascinò in pista e si allacciò sensualmente a lui. Furono seguiti a ruota da tutte le altre coppie. La chitarra di Lenny fu lo stupendo tocco finale di quel brano che infiammò più di un animo. (Put Your Lights On - Santana ft. Everlast)
“Hey now, all you sinners / Put your lights on, put your lights on / Hey now, all you lovers / Put your lights on, put your lights on / Cause there's a monster living under my bed / Whispering in my ear /There's an angel, with a hand on my head / She say I've got nothing to fear / There's a darkness deep in my soul / I still got a purpose to serve / So let your light shine, into my hole / God, don't let me lose my nerve / Lose my nerve / We all shine like stars / We all shine like stars / Then we fade away....”
Prendere Maria fra le braccia fu come riaprire una finestra sui ragazzi che erano stati solo pochi anni prima. Appoggiò la fronte su quella di lei. A differenza del solito, si sentì spinto dal bisogno impellente di lasciar fluire nella mente della compagna ciò che provava, impossibilitato a frenare quella comunicazione non verbale.
I loro pensieri scivolarono come in una lunga spirale fluttuante. La fuga sulla statale 285, i baci appassionati, le volte che l’aveva ferita con il suo carattere impossibile, le volte che lei lo aveva riaccolto. Il matrimonio, la nascita di Mathias. Ogni struggente partenza per Antar e ogni agognato ritorno.
- Grazie, amore. - lo gratificò Maria sfiorandogli il viso con una appassionata carezza. L’alieno la strinse contro di se e guardò Shanee da sopra le spalle della donna che amava.
Lei si portò il palmo della mano al petto.
Michael scosse la testa, negli occhi l’affetto che aveva nel cuore per quell’inaspettata, gentile intromissione. “ Questa te la faccio scontare... -” la rimproverò teneramente.
La ragazza sostenne a lungo il suo sguardo e gli rispose con un dolce sorriso.
Visto che l’ambiente si era animato, inserirono come fuori programma alcune canzoni latino americane per continuare a danzare. Anche la cantante si unì alle coppie che ballavano. Si diresse verso Kyle, seduto ancora a tavolino. - Se mi sopporti mentre canto, cerco di non perforarti l’orecchio e balliamo anche noi... -
- Ne sarei felicissimo... - Il ragazzo la prese per la vita sottile.
Pur dovendo cantare, rimase in mezzo a loro a scatenarsi. “Smooth”, “Corazon Espinado”. Erano i brani più vicini al repertorio del gruppo e infatti furono eseguiti impeccabilmente.
- Fantastico... - mormorò Isabel al marito. - Mi sto davvero divertendo da morire! -
Morgan notò le sue guance accese. Era vero, non l’aveva mai vista così naturale e a suo agio. - E’ proprio in gamba. disse riferendosi alla giovane. - Non solo per la musica, intendo. -
L’aliena annuì in accordo.
Al termine Shanee dovette bere e riprendere fiato, dando modo anche a Lenny e agli altri ragazzi di riposarsi un po’.
- Mi sembra che proceda tutto bene. Sei soddisfatta? - le chiese il chitarrista.
- Sì. Va tutto benissimo. - Guardò gli altri compagni. - Vi sono debitrice... -
- Non dirlo neanche! - parlò Lenny a nome di tutti. - Sappiamo che tu avresti fatto lo stesso per noi. - La fissò intensamente. - Cosa sono tutte quelle smancerie con quello là? - domandò sospettoso.
- Ma che smancerie... è un mio caro amico! -
- Mmm, più di me... - si finse offeso il chitarrista.
- Diverso da te. - rispose lasciandolo volutamente nel dubbio. - Dai, riprendiamo, adesso. - Si sedette di nuovo a terra sul cuscino aspettando che ognuno riguadagnasse il proprio posto.
- Questa è una dedica che Jason divide a metà con mio padre, per tutta una serie di circostanze che non è il caso di spiegare qui... Quando ne abbiamo parlato insieme è rimasto scettico al riguardo. Io non credo nelle coincidenze troppo perfette... Il modo in cui ho perso mio padre, la maniera in cui ci siamo incontrati, il fatto che sia stato il tramite per ritrovarmi in una nuova famiglia... per me sono elementi sufficienti. - Gli sorrise vedendo la sua espressione dubbiosa - Beh... se non ne sei convinto puoi sempre prenderla come scusa per ballare con Alexandra! - (My Immortal - Evanescence)
“I’m so tired of being here / suppressed by all my childish fears / and if you have to leave / I wish that you would just leave / 'cause your presence still lingers here / and it won't leave me alone / you used to captivate me / by your resonating light /now I'm bound by the life you left behind / your face it haunts / my once pleasant dreams / your voice it chased away / all the sanity in me / these wounds won't seem to heal / this pain is just too real / there's just too much that time cannot erase / when you cried I'd wipe away all of your tears / when you'd scream I'd fight away all of your fears / I held your hand through all of these years / but you still have all of me / I've tried so hard to tell myself that you're gone / but though you're still with me / I've been alone all along”
Jason non chiese ad Alexandra se lo desiderasse. Si alzò, semplicemente, e la condusse sulla pista. Le mise una mano sull’incavo della schiena e l’altra fra le spalle, sentendo la sua rigidità. Con un sospiro la guidò nella danza.
Poteva credere o meno all’interpretazione data da Shanee riguardo al loro incontro. Restava il fatto che da quel momento lei lo aveva aiutato, molte volte, senza mai imporsi. Non era sua sorella, né una sua parente in senso stretto e nemmeno la ragazza che amava. Ma era riuscita a donargli qualcosa di speciale. La notte in cui era arrivato Bren gli aveva fatto il più bel regalo che potesse ricevere. Aveva cercato di colmare la sua crescita anomala con una iniezione di fiducia. La fiducia in se stesso. E lui ne aveva proprio bisogno. La guardò mentre cantava. Lei approfittò subito del fatto che Alexandra le desse le spalle e gli strizzò l’occhio in segno d’intesa. La sua amica sapeva essere divertente e terribilmente profonda nello stesso momento. La sua amica… Rifletté che era la prima volta che poteva definire così una persona. E’ vero, c’erano i ragazzi a scuola, ma con loro non poteva certo parlare dei suoi problemi. C’era sua sorella, ma spesso i loro dubbi erano comuni, come le loro lacune emotive, e molte volte non arrivavano a capo di niente, e con gli adulti di famiglia si sentiva sempre in una posizione di inferiorità. Infine c’era Alexandra… proprio la fonte principale di tanti suoi dilemmi. Strinse ancora di più a se quella ragazza così speciale per lui, sperando con tutte le sue forze in un futuro migliore per loro. “Nessuno di noi è solo, amore...”
- Michael, Max… un piccolo pensiero per voi. Ci sono dei momenti nella vita in cui si devono prendere decisioni importanti da cui può dipendere il futuro di molte realtà, a partire dalla propria. Fidarsi della propria ragione o del proprio istinto o del proprio cuore… o di tutte queste cose messe insieme. Quando mi sono avvicinata a voi per me è stato così. E da allora mi sono sentita di nuovo libera e accettata. Credo che anche nella vostra vita ci sia stato un evento del genere, un momento in cui vi siete fidati completamente… - (Blackbird - Beatles)
“Blackbird singing in the dead of night / Take these broken wings and learn to fly / All your life You were only waiting for this moment to arise. / Blackbird singing in the dead of night / Take these sunken eyes and learn to see / All your life You were only waiting for this moment to be free.
Blackbird fly, Blackbird fly / Into the light of dark black night. / Blackbird singing in the dead of night / Take these broken wings and learn to fly / All your life You were only waiting for this moment to arise / You were only waiting for this moment to arise / You were only waiting for this moment to arise.”
Come spesso faceva quando era imbarazzato Michael si strofinò un sopracciglio e, fingendo indifferenza, si girò a cercare lo sguardo dell’amico come per un muto sostegno, scoprendo invece che anche lui era decisamente a disagio.
Shanee sorrise con affetto davanti alla loro timidezza, poi rivolse altrove la propria attenzione. - Maria, Liz... beh… sapete come sono le donne. Soprattutto una certa donna - sottolineò in direzione di Maria. - Raccontano molto di più, quindi è più facile trovare qualcosa di adatto da dedicarvi. Questa canzone è una sorta di premio per la pazienza e la costanza dimostrate in questo tempo al fianco dei vostri uomini. - (Tell me what you see - Beatles)
“If you let me take your heart I will prove to you, We will never be apart if I'm part of you. / Open up your eyes now, tell me what you see. / It is no suprise now, what you see is me. / Big and black the clouds may be, time will pass away. / If you put your trust in me I'll make bright your day. / Look into these eyes now, tell me what you see. / Don't you realise now, what you see is me. / Tell me what you see. / Listen to me one more time, how can I get through?
Can't you try to see that I'm trying to get to you? / Open up your eyes now, tell me what you see.
It is no suprise now, what you see is me. ”
Ai tavoli delle due coppie ci fu quasi un simultaneo movimento di mani, ognuna protesa a cercare quella del proprio compagno di vita. Come una tacita affermazione delle parole della canzone cantata da Shanee. E un entusiastico applauso di apprezzamento alla fine del brano.
- E ora... - Il tono divenne spensierato, divertito. - Avete presente quei due di cui vi parlavo prima? Avevano degli amici... due compagni di laboratorio... All’inizio solo il ragazzo aveva una cotta abissale per la sua partner di biologia. Dopo un evento eccezionale, però, anche lei cominciò a guardarlo con occhi diversi e a farci un pensierino... Beh... ce l’ha fatto talmente bene che adesso hanno una famiglia enorme! E’ stata una delle storie d’amore più travagliate che io abbia mai sentito... Da quello che le mie fonti mi hanno raccontato, ho avuto la netta sensazione che voi avete dato il via a tutto questo! - Lo sguardo fisso su Max e Liz, indicò con un gesto della mano l’insieme delle persone davanti a sé. Li invitò poi ad alzarsi e, senza perdere il contatto con i loro visi, continuò: Come vedete, quel posto pauroso non è più solitario... l’avete riempito, trovando la forza di rimanere stretti nel vostro abbraccio... -
I due non compresero immediatamente il significato di quelle parole. Shanee chiuse gli occhi e un silenzio irreale calò nella sala. La sua voce cristallina si levò arrivando diretta al loro cuore come una scossa elettrica. (Fear - Sarah Mc Lachlan)
"Morning smiles / Like the face of a newborn child / Innocent unknowing / Winter’s end / Promises of a long lost friend / Speaks to me of comfort / But I fear, I have nothing to give / I have so much to lose here in this lonely place / Tangled up in your embrace / There’s nothing I’d like better than to fall / But I fear, I have nothing to give
Wind in time / Rapes the flower trembling on the vine / And nothing yields to shelter / From above / They say temptation will destroy our love / The never ending hunger / But I fear, I have nothing to give / I have so much to lose here in this lonely place / Tangled up in your embrace / There’s nothing I’d like better than to fall / But I fear, I have nothing to give / I have so much to lose / I have nothing to give / I have so much to lose"
Un lungo brivido percorse la coppia quando riconobbe il brano. Sorpresa totalmente da quella scelta.
Max, quasi annaspando, trovò la mano di Liz. Rimasero bloccati in piedi dall’emozione. A quel semplice tocco, risvegliata dalla musica, la connessione esplose prepotentemente fra loro travolgendoli con straordinaria violenza. Liz fu colta alla sprovvista e il marito la circondò con le sue braccia forti per sostenerla. Si ancorarono, l’una contro il corpo dell’altro. Cominciarono a fluire i ricordi più importanti, ma soprattutto le sensazioni. Anche quelle più remote, finite in qualche oscuro angolo della memoria e sepolte dalle complesse vicende della loro vita in comune.
Shanee, sempre ad occhi chiusi, mosse il braccio con dolcezza, quasi come in una danza, protendendo il palmo verso di loro. “- Permettimi di farvi un piccolo dono... -” chiese timidamente a Max.
Le immagini generate dal contatto con Liz continuarono a scorrere ripresentando gli attimi più significativi vissuti fianco a fianco. La guarigione al Crashdown, tutti i loro sguardi, la passione, i baci. Ogni sorriso donato, ogni “ti amo”, ogni magico momento. La loro unione. La nascita di ognuno dei figli. Ma la cosa che sorprese entrambi fu che, a differenza del solito, comparvero solo le percezioni che riguardavano gli istanti più belli, come se sugli altri fosse calata una sorta di nebbia che impediva il passaggio delle sensazioni negative. In ultimo, inatteso, giunse il flash del volto di una bambina di circa tre anni. I morbidi capelli ramati come nonna Nancy Parker, due grandi occhi verdi, di una tonalità più chiara del padre, l’inconfondibile fossetta sul mento, ed il sorriso luminoso della mamma. La figlia che Liz portava in grembo.
Max incontrò lo sguardo lucido di lacrime della moglie, come lei turbato per la quantità di emozioni scambiate e per l’anticipazione ricevuta, e con tenerezza pose una mano sul suo addome.
La ragazza rivolse un sorriso dolcissimo a Shanee. - Grazie - bisbigliò.
- Ma tu le senti tutte queste vibrazioni nello stomaco? - Kyle si voltò verso Maria, che teneva la mano di Michael fra le sue. - Io... non lo so... - gli sussurrò. - Voglio dire, se dipende dal fatto che è fantastica oppure... - e con il dito indice sotto il tavolo puntò verso il cielo. - Mi viene quasi voglia di smettere di cantare. -
- Non ci pensare neanche! - la sgridò Michael distogliendo per un attimo l’attenzione dal palco. - Siete due tipi completamente diversi. Lei è più etnica, rockettara. Tu più country, melodica. Ognuna è brava nel suo campo. - Le bisbigliò all’orecchio: - Quello che senti stasera da lei, tu me lo fai provare ogni volta che canti... -
Colpita dalle sue parole, gli occhi le si inumidirono e cercò le sue labbra per baciarlo.
Alla fine di quel brano così intenso e coinvolgente Max e Liz si avvicinarono a Shanee per ringraziarla.
Lei, intuendo le loro intenzioni, li fermò con un cenno della mano. - Ehi... cosa credete?... Non ho mica finito con voi! - Si voltò di nuovo verso tutti gli altri. - Tornando a questi due... pare ci siano voluti mesi e mesi perché arrivassero a questo benedetto primo bacio, facendo struggere l’amica del cuore, che intanto pare se la spassasse con un cecoslovacco... - Ci fu una risata generale di sottofondo. - Insomma: Liz, Max... non siate così riservati per questa sera... - scherzò per stemperare l’atmosfera che si era creata. - Mi hanno raccontato che avete una passione segreta per le fragole e che il vostro sogno rimasto ancora nel cassetto è di andare a un concerto dei Gomez. Per cui, in nome dei vecchi tempi, se per stasera vi accontentate... - (We Haven't Turned Around - Gomez)
“We came, we came, we came again / To stem the tide and point the blame / Came back for more /
Came back to see what you had in store / Everyone join the line, everyone Yeah / So you wanna spin the world around? / So you wanna spin the world around? / And anybody else, cut 'em down / So you wanna make catastrophe? / Won't you send it right over to me / I got some time / Everybody running high”
Entrambi sorrisero nel riconoscere la canzone. Si strinsero dolcemente tra le braccia cominciando a muoversi a tempo. Persi completamente in un mondo tutto loro. Michael si alzò tendendo la mano verso Maria e li seguì in pista. Lo stesso fecero Isabel e Morgan e le due coppie più giovani. Kyle li osservava con affetto. Non era amareggiato per non aver portato con sé una ragazza, anche se nel cartoncino d’invito Shanee glielo aveva espressamente indicato, ma lui non ne aveva avuto voglia. In un certo senso era una serata familiare e con nessuna ragazza che frequentava si sentiva così in confidenza da poterla portare lì.
- Signora DeLuca in Guerin... vuoi farmi l’onore? - la chiamò Shanee indicando il posto accanto a sé.
Maria si schermì imbarazzata ma Michael non si fece problemi e la spinse verso il palco. - Non abbiamo preparato niente... - protestò, - non voglio fare figuracce... -
- Dai, siamo in famiglia... - la sollecitò Liz, - e io voglio sentirvi cantare insieme... -
Se per tutta la sera era stato Kyle a fare foto e riprese con la telecamera digitale, in quell’istante Michael gliela strappò praticamente dalle mani e si incaricò di immortalare quel momento.
Le due parlottarono un po’ insieme per prendere accordi. Lenny passò una delle sue chitarre a Maria e Shanee si mise tra le ginocchia un paio di congas. Al cenno della ragazza cominciarono a cantare a voci alternate. La prima fu una delle canzoni del repertorio di Maria. Poi si lanciarono in un classico, rivisitato in maniera formidabile dall’unione delle loro due voci. (With a little help from my friends - Beatles)
“What would you think if I sang out of tune / Would you stand up and walk out on me.
Lend me your ears and I'll sing you a song / And I'll try not to sing out of key.
Oh I get by with a little help from my friends / Ummm I get high with a little help from my friends
What do I do when my love is away. (Does it worry you to be alone)
How do I feel by the end of the day (Are you sad because you're on your own)
No, I get by with a little help from my friends, Ummm I get high with a little help from my friends,
Do you need anybody? I need somebody to love. / Could it be anybody? I want somebody to love.
Would you believe in a love at first sight, Yes I'm certain that it happens all the time.
What do you see when you turn out the light, I can't tell you, but I know it's mine.
Oh I get by with a little help from my friends, Ummm I get high with a little help from my friends,
Oh I'm Going to try with a little help from my friends / With a little help from my friends!”
Nel finale si unirono quasi tutti al ritornello, terminando in un’ovazione generale.
Shanee abbracciò Maria. - E’ stato emozionante cantare con te! Dovremmo farlo più spesso... - le bisbigliò all’orecchio.
- E’ vero... è stato incredibile! - mormorò la ragazza.
Michael era riuscito con grande sforzo a dominare il turbamento che lo aveva colto nel vederle insieme. Lo strano contrasto del biondo miele dei capelli di Maria con il nero intenso di quelli di Shanee. La diversità del loro incarnato. E quegli occhi splendenti di due sfumature incredibili. L’armonia che, nonostante la differenza del repertorio, erano riuscite a creare con le voci. Poi Maria lo raggiunse di nuovo al tavolo, distogliendolo dai suoi pensieri.
La giovane indiana aveva nel frattempo ripreso a parlare. - Questo è l’ultimo pezzo che ho preparato per stasera... Spesso mi domando il motivo di tante cose che sono successe nella mia vita, e immagino che anche per voi sia così... - disse, rivolgendosi in maniera particolare ai suoi coetanei. - Io non credo alla fatalità e al caso. Penso che ci sia sempre un perché e mi sforzo di cercarlo. Molte volte non trovo una risposta precisa e devo fermarmi. Nonostante tutto, anche per noi ci sono dei limiti... - Continuando a fissarli, un sorriso malinconico si formò sul suo volto ripensando ai genitori e alle traversie che ognuno dei presenti aveva subito. - Fino ad ora ho trovato solo una risposta che mi soddisfa... Questo brano mi rappresenta molto bene. Lo dedico a tutti voi che siete coloro per cui vivo. A chi, come me, è alla ricerca e crede fermamente che l’unica cosa che sopravviverà a testimoniare il nostro passaggio su questo meraviglioso pianeta sarà l’amore... - (Live - Tema di Esmeralda - Cocciante/ Jennings)
“A million stars light this beautiful night / this is not a night to die let me sing and dance beneath the sky
I have such love to give to give! I want a chance to live / Live for the one I love / Love as no one has loved
Give asking nothing in return / Though this world tears us apart / We‘re still together in my heart / I want the world to hear my cry / and even if I have to die / Love will not die / Love will change the world / I‘ll love until love wears me away / I’ll die and know my love will stay and I know my love will stay”
Stavolta nessuno si alzò. Rimasero catturati dalle parole della melodia dopo l’importante premessa della ragazza che, mentre cantava, si era voltata lentamente da una parte all’altra del semicerchio delle persone davanti a lei fissandole ad una ad una per scambiare con loro le proprie emozioni, interagendo ad un livello più profondo di quello verbale.
Al termine della lunga nota finale Shanee chiuse per un attimo gli occhi. Lenny, colpito dalla sua interpretazione, le prese la mano protesa verso la sua parte e le rese omaggio, portandosela delicatamente alle labbra. Quel gesto sorprese per prima la ragazza stessa, che arrossì imbarazzata.
Ci fu una lunga pausa di perfetto silenzio. Kyle fu il primo ad alzarsi in piedi e la ringraziò, congiungendo le mani alla maniera orientale e chinando impercettibilmente la testa. Tutti gli altri, o meglio quasi tutti se si ignorava Alexandra, che rimase seduta, si alzarono a loro volta in piedi e applaudirono. La maggior parte commossi. Persino il grande generale si asciugò furtivo una lacrima spuntata all’angolo delle ciglia...
Muovendosi così silenziosamente da sorprendere Alexandra quando se lo trovò davanti, Jason le cinse entrambi i polsi costringendola a lasciare il proprio posto.
Ricordava nei minimi particolari la sua reazione nel bosco Frazier, non appena lui aveva aperto la busta di Shanee. Nel sentire il nome del locale in cui si sarebbe tenuto il concerto Alexandra si era infuriata. - E’ pazzesco! Quella strega canta nello stesso posto dove lavoro io! Ma è mai possibile che debba ritrovarmela sempre tra i piedi?!? - L’aveva allora guardata negli occhi. - Shanee è arrivata a me perché sentiva che la mia vita era in pericolo e voleva aiutarmi. E’ una carissima amica, cui voglio molto bene, e desidero che tu la smetta di parlare male di lei. Volevo trascorrere queste due ore con te... parlando, facendo l’amore... però questa tua assurda gelosia me ne ha fatto passare la voglia. Shanee è parte della mia famiglia, tu sei parte di me. Quando avrai capito la differenza, sai dove trovarmi! - Era sceso dalla macchina ed era tornato a casa a piedi. L’aveva rivista solo il giorno dopo, a scuola. Durante le lezioni che avevano in comune aveva sempre fatto in modo di sederglisi vicino senza tuttavia rivolgergli la parola. La sera prima, inaspettatamente, gli aveva telefonato per avvertirlo che sarebbe passata a prenderlo alle sette e un quarto. Arrivati al Not of this World, l’aveva aiutata a sfilarsi il cappotto ed il respiro gli si era mozzato in gola. Lei indossava lo stesso completo di seta nero della notte in cui avevano fatto l’amore per la prima volta. Un microscopico top e pantaloni quasi impalpabili dalla vita molto bassa. Una vera e propria dichiarazione di guerra, che aveva preferito non raccogliere. Fino a quel momento.
- Sulle prime temevo che avessi paura di me, - sussurrò facendo scivolare le mani lungo le sue braccia - poi sono arrivato a credere che avessi paura di amare. Invece, la verità è che hai paura di essere te stessa... Non a caso Shanee ha scelto quella canzone per noi... Apriti, amore, e vivi. Vivi davvero... -
Alexandra serrò le labbra e distolse lo sguardo, rigida. Combattuta. - Con... con te? - chiese dopo qualche secondo, quasi implorandolo.
Jason la strinse a sé e le baciò la fronte. - Sì. Sempre. Ovunque -
La ragazza allora annuì, e si lasciò andare contro di lui.
In quel momento Shanee scese dalla pedana e si avvicinò loro per sfiorare una spalla di Jason, che le sorrise, poi si mescolò agli altri.
Maria fu la prima ad andarle incontro, affiancata da Michael. - Sei stata assolutamente fantastica! - si congratulò con lei. - Hai scelto delle canzoni davvero splendide e ben azzeccate! -
- Ad essere sincera mi ero preparata a dover fronteggiare qualche reazione un po’... vivace... - Con un piccolo cenno del mento indicò Alexandra, ancora stretta fra le braccia del compagno.
Michael, che aveva seguito il suo gesto, sbuffò. - Avrebbe dovuto solo provarci! -
La mano saldamente infilata in quella del marito, Liz li raggiunse ed espresse a sua volta i propri complimenti all’amica per il bellissimo spettacolo, poi al gruppetto si unì anche Kyle e a quel punto Max propose un brindisi di augurio. In onore della loro amicizia, dell’affetto che li univa e di qualunque altra cosa volessero festeggiare, e naturalmente per ringraziare lei... per quella serata così speciale che aveva donato a tutti loro.
I bicchieri vennero riempiti e distribuiti in un battibaleno e Shanee, che era stata catturata affettuosamente dal braccio di Michael, alzò il proprio toccando quello degli altri e mormorò: E’ solo un modo per esprimervi il mio amore... - Sorrise con dolcezza. - Grazie per avermi fatto sentire a casa... -

Scritta da Elisa e Shanti


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