Roswell.it - Fanfiction
SPECIALE

IL FIGLIO DI NESSUNO (Nobody Son)

Capitoli 19-24


Riassunto: Questa storia, in 37 capitoli, è la prima di cinque fanfiction collegate tra loro. La vicenda ha luogo dopo 17 anni dall'episodio "Four Aliens and a Baby".

Valutazione contenuto: non adatto ai bambini.

Disclaimer: Ogni riferimento a Roswell appartiene alla WB e alla UPN. Tutti gli attori protagonisti del racconto e citati appartengono a loro stessi.

Introduzione dell'autrice: Amo il personaggio di Max e le dolci sfaccettature del suo carattere: la sua insicurezza, il suo senso di responsabilità, la sua generosità nel pensare sempre prima agli altri. Lui non sarà il protagonista di questa ff, ma sarà presente al pari di tutti gli altri personaggi che abbiamo imparato ad amare, così da non fare torto a nessuno. I protagonisti saranno Nate e Alyssa. Non voglio anticiparvi nulla, per non togliervi il gusto della scoperta ma, come dice l'autrice, questa storia ha luogo dopo 17 anni da ‘Four Aliens and a Baby’ e con questa informazione non ci vuole uno scienziato spaziale per capite chi è Nate, mentre sarà più difficile immaginare perché avrà vita difficile col futuro suocero. Quello che abbiamo visto in ‘Graduation’ non è mai accaduto.


Capitoli 1-6
Capitoli 7-12
Capitoli 13-18

Capitolo 19

Per un'ora Nate sedette in silenzio mentre la voce, che aveva vinto tanti dischi di platino per gli album venduti, di Maria Deluca gli faceva un racconto che era troppo ridicolo per essere creduto. Una storia di cuori infranti, inganni, navi spaziali ed uccisioni. Il racconto di una lotta per la sopravvivenza, di nascondersi stando in piena vista, di fiducia e di tradimento.
La verità era che la nascita di Nate non era dovuta ad un caso, ma era stata diligentemente programmata da uno dei suoi genitori, anche se solo per essere una garanzia in un disegno più grande.
E il conto dei morti continuava ad aumentare. Sembrava che Tess non solo fosse stata capace di uccidere un amico del gruppo, ma anche tutti coloro che si mettevano sulla sua strada. Maria aveva ragione – lei aveva ucciso per proteggere quello che era suo. Nate era vivo per la sua spietatezza.
Ma Nate era vivo anche perché 'uccidere per proteggere quello che era suo' includeva anche uccidere se stessa, pur di metterlo in salvo.
Durante tutto il racconto di Maria, Alyssa rimase vicino a Nate, con lo sguardo fisso sul pavimento. Comunque non sembrò sorpresa da nessuna delle rivelazioni di sua madre.
Quando Maria finì la sua storia e si allontanò per rimanere sola con i suoi pensieri, Nate si girò tristemente verso Alyssa, il cui sguardo era ancora distolto.
"Tu eri già a conoscenza di tutto questo?" le chiese sommessamente, timoroso della sua risposta.
Lei fece segno di sì con la testa, sollevando lo sguardo su di lui per un attimo.
"E sei stata così gentile con me, sapendo quello che sapevi?"
Alyssa sollevò la testa e scrollò le spalle. "Io non so niente di te." gli confessò. "Le cose che so riguardano Tess. Solo perché sei suo figlio, non significa che sei lei."
Nate cercò di sorridere, ma aveva il cuore troppo triste per riuscirci. "Tuo padre sembra pensarla diversamente."
Il bel viso di Alyssa si rabbuiò, pensando alle azioni del padre. "Cerco di non giudicarlo." disse, cercando di sembrare convincente. "Perché io non c'ero. Non l'ho vissuto. Ma non credo che riuscirò a perdonarlo per averti fatto del male."
Fu la volta di Nate di fissare il pavimento della camera. Si strinse nelle spalle. "Ora so perché ha reagito in quel modo. Non posso dire che non avrei fatto la stessa cosa …"
La risata di Alyssa suonò ironica, attirando l'attenzione di Nate. "Lo immaginavo." gli disse. "Ci deve essere molto di zio Max in te, per dire una cosa del genere."
Nate piegò la testa da un lato. "Come fai a saperlo?"
Lei gli sorrise. "E' evidente."
Prima che Nate potesse chiedere un'ulteriore spiegazione, Max rientrò nella caverna, con Michael sottomesso a rimorchio. Involontariamente Nate si fece indietro, senza pensare che la sua schiena era già appoggiata alla parete della caverna. Accanto a lui, Alyssa fece un profondo sospiro, preparandosi all'imminente confronto, ma si rilassò quando vide che un Michael accigliato andò a sedersi dalla parte opposta della camera. Max continuò nella loro direzione e si fermò davanti a Nate
"Vieni fuori con me, Nate" gli chiese piuttosto che ordinarglielo, tendendo una mano per aiutare il ragazzo ad alzarsi.
Nate scambiò uno sguardo incuriosito con Alyssa, poi prese la mano di suo padre e lasciò che lo aiutasse ad alzarsi. Dirigendosi verso l'uscita, Nate diede un'occhiata a Michael quando gli passò accanto, ma lo scontroso alieno non lo vide nemmeno.
Una volta fuori, Nate fu sorpreso di vedere il sole calare oltre l'orizzonte, con la sabbia che si colorava di rosa e porpora e l'aria che diventava pungente. Fu solo allora che Nate si rese conto di non dormire da due giorni e che il suo corpo cominciava a sentirsi debole e stanco.
Max prese un sasso e lo gettò verso il deserto. Nate lo vide volare, senza capire dove fosse finito.
"Stai bene?" gli chiese alla fine Max, girandosi verso di lui.
Nate annuì. Senza farsi notare, cercò qualche segno che indicasse che c'era stata una lotta.
"Michael non lo farà più." disse Max, con la voce piena di disgusto e di scusa, mentre si chinava per prendere un altro sasso.
"Va bene." disse solennemente Nate.
"No, non va bene. Lui non ha diritto -"
"Maria mi ha raccontato di Tess."
Max si immobilizzò, poi cominciò a rotolarsi il sasso tra le mani. I suoi occhi scuri erano pieni di domande.
"Mi ha detto un sacco di cose." aggiunse Nate "So quello che ti ha fatto. So quello che ha fatto al tuo amico. So come … io, um, sono nato."
Max si morse un angolo del labbro, poi si voltò e lanciò il sasso nel deserto. Quando tornò a girarsi, si lasciò cadere la mano lungo il fianco e guardò silenziosamente Nate per un lungo momento. Nate ebbe l'impressione che non sapesse cosa dire.
"Ti dispiace che io l'abbia saputo?" gli chiese.
Max scosse la testa. "No. Te l'avrei detto io, una volta che le cose si fossero calmate. Ora ci sei dentro, Nate. Più cose sai, meglio è per te. Avrei solo voluto che Michael non avesse detto quelle cose, come le ha dette. So che non sono state gradevoli da sentire."
Nate fece segno di sì con la testa. "Non voglio discutere con te, adesso. Non credere che non capisca come sarebbe stata differente la tua vita se non fosse stato per me."
Max batté gli occhi un paio di volte, con le sopracciglia aggrottate. Poi tese la mano e indicò un piccolo sentiero. "Vieni con me, Nate"
Camminarono in silenzio per un po', poi Max prese un lungo respiro.
"La mia vita è stata quella che io ho scelto che fosse." disse, scegliendo con cura le parole. "Io ho scelto di stare con Tess. Io ho scelto di non usare protezione e di concepire un bambino. Non importa quali possano essere state le sue manipolazioni, io sono ancora padrone del mio destino. Tu non hai nessuna colpa, Nate, la mia vita è come io l'ho fatta, non come l'hai fatta tu."
Nate si guardava le scarpe mentre camminavano, i loro dettagli cambiavano mentre il sole calava.
Max si fermò a raccogliere un altro sasso e scosse la testa. "Ma tu ora sei qui e fai parte di tutto questo. E dovrai essere tu a prendere le tue decisioni per la tua vita."
Nate alzò un sopracciglio. "Cosa intendi dire?"
"Vuoi far parte di questa cospirazione o vuoi uscirne fuori?"
Uscirne fuori? Nate non aveva pensato che fosse possibile. La sensazione che aveva avuto – specialmente da quel Guerin – era che quella era come una famiglia mafiosa. Una volta che eri dentro, non ne potevi più uscire.
"Puoi farlo." confermò Max. "Potresti andartene via."
"Come?" chiese Nate, sollevando una mano col palmo in alto. "Annie ti ha denunciato all'FBI, Max. Non pensi che se ha consegnato te, abbia fatto lo stesso con me?"
Max si fermò per un attimo, un angolo della sua bocca sollevato in … soddisfazione?
Nate si sentì indignato – era stato un esame. Se Max gli aveva aperto la porta per andarsene e lui l'avesse fatto, voleva dire che o era molto stupido o che sapeva di essere protetto una volta uscito.
"Tu non ti fidi di me." disse Nate, provocandolo.
Max sollevò un sopracciglio. "Non ho detto questo."
"Non c'era bisogno di dirlo. Mi hai appena fatto un esame. Mi hai preso per uno stupido, Max?"
Max fece una risatina, che irritò Nate ancora di più. "Ho fatto questo per tanto tempo, Nate." gli spiegò. "Volevo credere che non ci fosse un accordo tra te e la tua ragazza, ma prima avevo bisogno di una piccola prova."
"L'hai avuta?" Nate non riuscì mascherare la sua amarezza. Non era sicuro di cosa fosse peggio – le sottili manipolazioni di Max o il modo da uomo delle caverne di Michael.
"La tua sola reazione è stata sufficiente." replicò Max, ma Nate ebbe la sensazione che ci sarebbero stati altri esami lungo la strada.
Non che potesse biasimarlo completamente. Non dopo quello che gli aveva raccontato Maria.
Senza avvertirlo, Max cambiò direzione, con lo sguardo fisso all'orizzonte. Nate si girò con lui ed attese, sapendo che Max aveva visto o udito qualcosa che lui ancora non riusciva ad afferrare.
"E' Kyle." disse Max. "Andiamo." Gli diede un colpetto col gomito, e tornarono sui loro passi per il sentiero polveroso.
Quando raggiunsero l'ingresso della camera dei bozzoli, trovarono un uomo che stava scendendo da un polveroso fuoristrada con in mano una busta. Dal sedile del passeggero scese una donna piccola, dai capelli scuri. Accanto a lui, Nate sentì Max lasciar andare un piccolo grido dalla profondità della sua gola, poi lo vide correre verso la donna. Si unirono in uno stretto abbraccio, mentre Max la sollevava da terra.
Max li guardò sorridendo, presumendo che fosse Liz, la stessa Liz, alla quale Max aveva detto di rimanere a Boston non molto tempo prima. Non che Max sembrasse arrabbiato dal fatto che lei non aveva obbedito.
"Oh, Dio! E' l'esca per i dingo!" arrivò la voce ridente dell'uomo che era stato alla guida della SUV.
Lo sguardo di Nate si spostò sull'uomo e non fu che quando parlò di nuovo che lo riconobbe come il vicesceriffo che lo aveva raccolto lungo la stradale quella notte.
Immediatamente le guance di Nate divennero rosse.
"Dovevo immaginarlo che eri un Evans." rise Kyle, poi fece una cosa che lasciò allibito Nate – toccò con un dito la SUV e in pochi secondi il colore dell'auto era diventato dello stesso color sabbia della macchina di Max, confondendosi perfettamente col paesaggio.
Nate rimase a bocca aperta. Fece velocemente l'inventario, ma quell'uomo non gli risultava nell'elenco degli alieni. Però Max aveva detto che c'erano diverse specie di alieni sul pianeta, forse lui apparteneva a una di loro …
"Perché sei venuta?" Max ammonì Liz dolcemente, spostandole i capelli dal viso. "Ti avevo detto di non venire."
Da dove si trovava, Nate riusciva a vedere il viso di Liz e le lacrime che le scendevano dalle guance gli fecero stringere il cuore. Non avrebbe mai creduto di assistere ad una così assoluta manifestazione d'amore, in vita sua. Sicuramente non l'aveva mai vista da Annie.
"Non potevo stare lontana." gli disse asciugandosi le guance. "Dovevo stare con te."
Poi spostò lo sguardo oltre il braccio di Max e i suoi occhi entrarono in contatto con quelli di Nate. Dopo tutto quello che gli aveva detto Maria, lui non riuscì nemmeno a guardarla. Vergognandosi per le azioni di qualcun altro, Nate abbassò gli occhi.
"Io sono Liz."
Sollevò un po' la testa per vederla davanti a lui con la piccola mano tesa. Esitante, Nate la prese e la strinse, le piccola mano che scomparve nella sua stretta.
"Nate" rispose lui distogliendo lo sguardo. Non gli piaceva lo sguardo scrutatore negli occhi di lei, come se Liz stesse cercando risposte che lui non aveva.
"Felice di incontrarti, Nate" gli disse dolcemente. "Ancora."
Lui sollevò un sopracciglio e lei gli fece una piccola risata, ma che aveva un sottofondo malinconico.
"L'ultima volta che ti ho visto pesavi circa nove chili."
Le orecchie di Nate si fecero rosse e abbassò gli occhi sulla sabbia. Proprio non riusciva a guardarla.
"Cosa avete scoperto?" chiese Max a Kyle, interrompendo bruscamente la riunione e tornando ai problemi correnti.
Kyle indicò la busta che aveva in mano, poi la porse a Max. "Questa te la manda tuo padre. Informazioni sull'adozione e qualcos'altro."
Max cominciò ad aprirla. "Che altro?"
Kyle guardò Nate, poi ancora Max. "Il nostro amico qui, non stava mentendo. Abbiamo un mucchio di federali in città."

Capitolo 20

L'atmosfera nella caverna era, a dir poco, tesa. Kyle aveva portato le informazioni raccolte da Philip e la sconvolgente notizia che c'erano molti uomini in abito scuro in quella piccola trappola per turisti che era Roswell. Ora, tutto il gruppo era raccolto nella camera dei bozzoli, pronto a discutere il prossimo piano d'azione.
Nate cominciava a sentirsi veramente a pezzi. La mancanza di sonno stava riscuotendo il suo pedaggio e tutte le informazioni che aveva ricevuto negli ultimi due giorni lo stavano facendo sentite tremendamente disgustato. Sua madre era un'assassina che aveva costretto Max a metterla incinta. Nate era stato fatto nascere in un altro sistema solare, poi era sopravvissuto ad un piuttosto drammatico rientro sulla terra. I suoi genitori erano alieni. La sua ragazza lo aveva tradito. Nate era erede di un regno che non aveva la possibilità di conoscere. Michael Guerin lo odiava e il rappresentante locale della legge era capace di cambiare il colore di un'auto con la punta di un dito.
Nate si sentiva male, le sue orecchie risuonavano per la stanchezza. Sentendosi esausto, e leggermente pazzo, si avvicinò le ginocchia sotto il mento e vi appoggiò la testa, tirando uno stanco, affaticato respiro. Almeno adesso aveva una spiegazione per le strane visioni e i quasi-ricordi … a meno che, naturalmente, non fosse entrato in una grande illusione e tutto quello non fosse altro che qualcosa che la sua fantasia aveva creato per se stesso.
Ma la mano che si appoggiò alla sua spalla era tutto fuorché una fantasia. Sollevando leggermente la testa, vide Alyssa che lo fissava preoccupata.
"Stai bene?" gli chiese con dolcezza.
Nate annuì contro le sue gambe, socchiudendo gli occhi stanchi. Odiava il fatto che lei sembrava aver perduto quella scintilla che lui aveva intravisto in lei quando l'aveva incontrata per la prima volta. E inoltre, Nate era sicuro che le azioni di suo padre sarebbero state sufficienti a demoralizzare chiunque.
"Puoi fare delle cose?" le chiese. La domanda gi era uscita dalla bocca senza riflettere.
Alyssa sembrò perplessa. "Delle cose?"
Nate sollevò il mento e si guardò intorno nella caverna fino a trovare Kyle. "Ho visto quel tipo mentre mimetizzava l'auto. Max non mi aveva detto che era un alieno."
Alyssa rise "Non lo è. Kyle è umano."
"E come riesce a fare quelle cose?"
Lei si sedette sulle caviglie. "Una volta zio Max gli ha salvato la vita."
Nate aspettò il seguito e quando non arrivò, si strinse nelle spalle. "E allora?"
"Con i suoi poteri." chiarì lei. "Kyle era stato ferito da una pallottola – è una storia lunga – e sarebbe morto se Max non lo avesse salvato. E a causa di questo fatto, ora lui è differente."
Nate si chiese come potesse accadere una cosa simile, ma era semplicemente troppo stanco per andare oltre. "E allora, Puoi fare cose strane? Voglio dire, tu sei in parte aliena, vero?"
"In realtà, biologicamente, sono umana proprio come te. Uno dei miei genitori è umano, l'altro è un ibrido. I tuoi genitori sono tutti e due ibridi. Questo vuol dire che sei solo un po' differente da me."
Nate socchiuse gli occhi, mentre la confusione gli invadeva il cervello.. "Ma se noi due siamo umani, come posso essere differente da te?"
Alyssa lo osservò curiosa con i suoi occhi scuri. Dopo pochi momenti gli disse "Ti farò un corso abbreviato, okay? Sostanzialmente, tutti i poteri alieni sono cerebrali. Ha tutto a che fare con quello che un cervello è in grado di fare. Zio Max e mio padre possono anche avere corpi ibridi, ma i loro cervelli sono cervelli umani progrediti – loro possono usare delle aree dove gli altri umani non possono arrivare. Dato che sono in parte aliena, anche io posso accedere a quella parte del mio cervello. E credo che tu possa farlo di più di quanto possa farlo io."
L'informazione entrò nella testa di Nate, solo che lui era troppo stanco per afferrarla appieno. "Quando hai scoperto di poter fare quelle cose?" le chiese semiaddormentato.
"Quando ho scoperto di poter fare questo." Alyssa tese la mano perchè lui potesse vederle le unghie, poi vi passò sopra l'altra e lo smalto delle sue unghie cambiò colore.
Nate sorrise. "Quanti anni avevi?"
"Non molti. Ero molto piccola quando mamma e papà hanno dovuto dirmi che io ero differente."
"E questo ti ha sconvolto?"
Lei ci pensò per un momento, poi scosse la testa "No. Ho sempre saputo di essere differente."
Nate cercò di andare indietro con la memoria per determinare se avesse sempre saputo che c'era qualcosa di diverso in lui, ma prima che potesse giungere ad una risposta, Max chiamò tutti nella caverna per radunarsi attorno al piccolo fuoco che aveva appena acceso.
Mentre tutti prendevano posto, Nate notò che Liz e Maria erano piegate una verso l'altra e il loro affetto colpiva il cuore – era evidente quanto fossero vicine e la separazione di migliaia di chilometri tra loro non era una cosa facile da vivere. Michael cercò scontrosamente il suo posto e per un orribile attimo Nate pensò che si sarebbe seduto accanto a lui, ma Alyssa provvide a fare una adeguata, anche se infelice, barriera tra di loro. Max si sedette accanto a Liz e Kyle trovò posto tra lui e Michael.
"Okay." cominciò Max. "Da quello che ci ha detto Kyle, sappiamo che l'FBI è arrivata a Roswell."
Maria si lasciò andare ad uno stanco sospiro. Nate guardò dalla sua parte e si accigliò leggermente. Odiava vederla infelice, altrettanto quanto odiava vedere infelice sua figlia.
"Cosa hai visto?" chiese Liz a Kyle.
"Uomini in abiti scuri." rispose Kyle.
"Questo non significa che siano dell'FBI." disse Michael seccamente.
Kyle si toccò la testa con un dito. "Vero. Ma nessuno a Roswell si veste così, o non te ne sei mai accorto?" Si guardò la camicia in stile Western e disse "Credimi, amico – quelli erano federali."
"Dov'erano?" chiese Max.
"Qui e là – parlando nei loro polsini e comportandosi come James Bond."
"Quanti sono?" chiese Liz, allontanandosi da Maria. Nate ebbe l'impressione che mentre Max aveva combattuto la sua guerra santa, Liz fosse stata sempre al suo fianco.
"Una dozzina." calcolò Kyle.
"Una dozzina?" ripeté Maria in risposta, con gli occhi spalancati. "Non ne hanno mai mandati così tanti."
Kyle si girò verso Michael, tendendo la mano con il palmo alzato. "Vedi? Dodici uomini in abito scuro a Roswell, sono un po' troppo evidenti."
"Cosa dobbiamo fare?" chiese Maria, rivolgendosi a Max.
Max guardò per un attimo il fuoco in silenzio. "Dobbiamo divulgare la notizia. Domani. E' troppo tardi per fare qualcosa stasera. Per ora, difendiamo il perimetro e organizziamo turni di guardia." Guardò verso Michael. "Tu farai il primo. Prendi Liz con te. faremo la guardia in coppia."
Entrambi annuirono, accettando i suoi ordini.
"Domani rientreremo di nascosto in città – solo alcuni di noi – e valuteremo la situazione. Kyle, tu devi rientrare stanotte, prima che notino la tua assenza." ordinò Max.
Kyle fece un finto saluto che fece sorridere Nate, ma che tutti gli altri ignorarono.
"Una dozzina sono tanti, Max." disse Maria preoccupata.
"Lo so." fu d'accordo lui, senza nemmeno cercare di negarlo. "Ma forse, se stanotte non troveranno niente, qualcuno di loro se ne andrà. Dobbiamo aspettare fino a domani per saperlo."
Detto questo, prese la busta che Kyle gli aveva portato. "Mio padre mi ha fatto avere qualche informazione."
Spinto dalla curiosità, Nate allungò il collo cercando di dare un'occhiata all'incartamento.
"Mio padre aveva un collega a New York al quale si rivolse per l'adozione di Nate" Max aprì uno dei fogli e lo esaminò alla debole luce del fuoco. "Il suo nome era William Dwyer.” Guardò verso Nate. "E' il nonno della tua ragazza?"
Quanto tutti gli occhi si posarono su Nate, si sentì obbligato a cercare di ricordare il nome del vecchio signore. Nate lo aveva incontrato solo un paio di volte – era morto da diversi anni e prima di allora non era stato in buona salute. Nate scosse lentamente la testa. "No, non credo."
"Non credi?" disse Michael con voce polemica.
"Lascialo stare." disse Max senza nemmeno guardare in direzione di Michael, aspettando una reazione che non arrivò.
"Come si chiamava il nonno della tua ragazza?" gli chiese Alyssa.
Nate si sforzò di ricordare, respingendo la sua stanchezza. "Era suo nonno paterno." disse lentamente. "Così il suo cognome doveva essere O'Donnell." Si morse un labbro, cercando di ricordare il suo nome ma la sua mente rimase bloccata.
"Questo non è importante, ora." disse Max, lasciandolo andare. "Quello che importante è che sappiamo che questo O'Donnell, che pretendeva di aver trattato l'adozione, non era la stessa persona alla quale mio padre affidò il bambino diciassette anni fa."
Nella sua testa, Nate si immaginò di essere passato da una parte all'altra come un pallone da football, fino ad arrivare nelle braccia dei cattivi e immesso nel mercato nero …
"Cos'altro ha detto tuo padre?" chiese Liz, indicando la busta col mento.
"Non ha detto molto di più." sospirò Max. "Che William Dwyer era un suo vecchio compagno di college e si era fidato di lui per l'adozione e che era vincolato al segreto per giuramento. Papà non pensa che abbia connessioni con l'FBI."
"E' ancora vivo?" aggiunse subito Liz. "Tuo padre potrebbe contattarlo per sapere cosa è successo?"
Max prese nota. "Dice di aver provato a mettersi in contatto con il suo ufficio, ma è domenica e non risponde nessuno. Inoltre, ha chiamato da un telefono pubblico, così che la chiamata non possa essere rintracciata. Ha comunque menzionato il fatto che dopo che Nate aveva trovato una famiglia, lui aveva dato conferma che tutto era a posto. Nessun dettaglio – come gli era stato richiesto – solo che Nate era stato adottato da una buona famiglia."
Naturalmente il pensiero di Nate volò a Jonathan ed Emma Spencer e si chiese cosa stessero facendo in quel momento. Si erano resi conto di essere controllati dall'FBI? La 'gente' di Max aveva rivelato la sua presenza? Si stavano chiedendo perché da due giorni non avevano notizie di Nate? Nate fu immediatamente semiconscio che gli altri stavano parlando dei primi tempi della sua vita.
"Dovremmo chiamare quella Annie." annunciò Maria.
Tutte le teste si voltarono nella sua direzione.
"Sarebbe il caso di farlo." disse "Lei è l'unica che ha tutte le risposte. Perché stiamo seduti qui a farci domande, quando tutto quello che dobbiamo fare è alzare il telefono?"
"Perché potrebbero trovarci?" disse Michael incredulo.
"Forse no, se non usiamo un cellulare." rispose lei.
Max alzò una mano, cercando di mantenere il controllo. "Sentite, litigare non ci porterà da nessuna parte. Proviamo a comportarci da adulti."
"Max, sta venendo qualcuno." Michael era già in piedi, la mano sollevata versò l'entrata ormai buia.
Nate sentì il cuore saltargli nel petto. Li avevano scoperti! Era l'unica spiegazione per l'arrivo di un visitatore inaspettato – visto che tutti quelli attesi erano già presenti.
Max si alzò velocemente, affiancandosi a Michael. Tutti gli altri si immobilizzarono, muovendo solo gli occhi per guardarsi intorno.
Dopo pochi attimi, Nate notò che Max e Michael avevano abbassando la mano e si stavano scambiando uno sguardo sorpreso. In quel momento apparve una donna bionda che Nate riconobbe immediatamente per averla vista nei suoi sogni – e perché era la donna ritratta nelle foto sulla mensola del camino degli Evans. Era Isabel, la sorella di Max.
E non era sola.
Con grande difficoltà, stava trascinando qualcuno dietro di lei, il viso teso dallo sforzo e da un predominante senso di rabbia.
Tirandola in avanti, fece cadere in terra la persona, poi si raddrizzò, riprendendo respiro.
"Isabel, che diavolo …" cominciò a dire Max.
Gli occhi di Nate si posarono sulla persona in terra. Si muoveva lentamente, come se stesse provando un forte dolore.
"Ti ho portato un regalo, fratellino." disse Isabel, spostandosi i capelli dalla faccia.
E in quel momento, la persona alzò la testa e Nate indietreggiò senza volerlo. Nonostante le lacrime, la polvere e diversi graffi, avrebbe riconosciuto quel viso dappertutto.
Era Annie.

Capitolo 21

"Chi diavolo è questa?" urlò Kyle.
Isabel sorvolò le facce del gruppo fino a che arrivò a una che non conosceva – quella di Nate. "Di' loro chi è, Nate."
Tutti gli sguardi si posarono su Nate, che aveva ancora negli occhi le lacrime per la vista della ragazza sul pavimento. "E' Annie." disse sottovoce.
In un primo momento tutti trattennero il respiro, poi venne la valanga di domande ed accuse.
"Cosa ti è passato per la testa?" Max criticò aspramente la sorella.
"L'hai rapita?" urlò Maria.
"E' ferita?" chiese Liz, preoccupata.
"L'hai trascinata per tutta la strada dalla Pennsylvania fino a qui?" chiese Michael.
Alyssa rimase in un imbarazzato silenzio e, a meno che Nate non soffrisse di allucinazioni, si allontanò leggermente da lui.
Gli occhi di Annie vagarono per la camera e sembrava un spaventato coniglietto con le spalle al muro.
"Basta." disse Isabel, alzando la mano. "Lasciatemi in pace un secondo e vi darò una spiegazione."
"E sarà bene che sia valida." disse Max in tono seccò, portando le mani sui fianchi.
"Okay, fatevi indietro." disse Isabel, con la voce che aveva perso il tono aggressivo. Si portò in avanti e diede a un riluttante Max un abbraccio e un bacio sulla guancia. Nate lo trovò un gesto strano, vista la situazione. "E' bello rivederti, Max."
Max roteò leggermente gli occhi. "Si, anche per me, Iz."
"Odio interrompere la riunione familiare e tutto il resto, ma non potremmo parlare del corpo sul pavimento?" chiese Michael, indicando Annie, che si era fatta piccola.
"Si." fu d'accordo Max. "Dove l'hai trovata?"
Nate si immaginò la alta, bionda donna irrompere nella stanza del dormitorio di Annie alla Clarion e poi trascinarla attraverso mezzo paese per i capelli … perché non gli sembrò possibile che Isabel l'avesse costretta a prendere un aereo senza attirare l'attenzione generale.
"Fuori dal Tumbleweed." rispose Isabel.
Lo stomaco di Nate si strinse. Annie era stata al motel?
"Ce n'era una marea di loro." continuò Isabel. "Un mucchio di federali, intorno ad un furgone con la targa di New York." Rivolse lo sguardo verso Nate "Presumo che fosse il tuo. Io sono tua zia Isabel, per inciso."
"Nate" rispose lui flebilmente. Non riusciva a distogliere lo sguardo da Annie o la sua mente dalla quantità di domande che gli ronzavano nel cervello. E quella che per lui era più importante, era anche la più corta – perché?
"Così sapevano dove alloggiava Nate." ricapitolò Liz.
"Apparentemente." confermò Isabel.
"Avrei dovuto cambiare la targa del furgone." disse Max, passandosi la mano tra i capelli.
"Lo avrebbero trovato lo stesso." Isabel non era d'accordo. "Alla fine. Attraverso le registrazioni del motel o le telefonate o da qualche altra cosa. In ogni modo, stavo di guardia, cercando di capire cosa stesse succedendo, ed ho riconosciuto questa." indicò verso Annie, che stava ispezionando le pareti, alla ricerca di una via di fuga.
"Riconosciuto?" riuscì a dire Nate
Isabel fece una risatina. "Dai tuoi sogni."
Okay, lui non aveva idea di cosa intendesse dire. E non era nemmeno sicuro di volerlo sapere.
"Si aggirava un po' più lontano, stando nell'ombra." continuò Isabel.
"E tu l'hai rapita?" concluse Maria.
Gli occhi di Annie si posarono su Maria e le sue sopracciglia si unirono, quando la riconobbe. "Hey, tu non sei -" cominciò a dire.
"Silenzio!" disse secco Michael. Annie si ritrasse da quell'uomo che urlava.
Max gli diede un'occhiata di avvertimento e riportò l'attenzione su sua sorella. "Stai dicendo che lei è dell'FBI?"
Isabel si strinse nelle spalle. "Io non lo so. Chiedilo a lei. So che può parlare – ha urlato per tutta la strada fino a qui."
Nate deglutì mentre guardava Max, Michael e Isabel inginocchiarsi davanti alla ragazza che portava ancora l'anello di fidanzamento che lui gli aveva dato. Lei indietreggiò, finendo in un angolo.
"Fai parte dell'FBI?" le chiese Max.
Annie scosse la testa.
"E allora perché sei con loro?" chiese Michael e Nate fu sorpreso che chiedesse una spiegazione - con lui Michael sembrava sempre comportarsi da 'prima-spara-e-poi-chiedi'.
Annie si passò una mano sul viso e Nate notò che stava tremando. "Per mio padre."
"Chi è tuo padre?" chiese Isabel.
Annie si guardò dietro la spalla e diede a Nate un'occhiata di scusa. "Mio padre non è un avvocato, come ho fatto credere Annie. E' un membro dell'FBI."
Nate si sentì come se qualcuno gli avesse dato un pugno nello stomaco – l'aria uscì da lui e, improvvisamente, si sentì molto, molto male.
"E cosa mi dici di te?" chiese Max. "Che hai a che fare con tutto questo?"
Annie mantenne il contatto con gli occhi di Nate ancora per un momento, poi distolse lo sguardo per rispondere alla domanda di Max "Mio padre è venuto da me un anno fa. Mi ha spiegato chi era in realtà, che stava lavorando per il governo da tanto tempo … sorvegliando le mosse di Nate."
Un anno prima. A quel tempo Nate aveva chiesto ad Annie di sposarlo e lei gli aveva detto di sì, sapendo che per tutto quel tempo lo avrebbe spiato. Era stata tutta una enorme menzogna.
"Che altro?" la sollecitò Max.
"Loro hanno sempre saputo chi era Nate." spiegò Annie, con un tono di voce disperato. "Voi ragazzi pensate di essere molto intelligenti, di essere superiori a tutti gli altri. Ebbene, posso dirvi questo – loro non hanno mai perso di vista Nate. Loro sapevano che era stato adottato dagli Spencer. Loro erano al corrente di tutto quello che faceva."
Nate si sentì soffocare all'improvviso, come se le pareti si stessero richiudendo su di lui. Era stato spiato – per tutta la sua vita. Doveva essere stato così facile per loro – travestendosi da turisti, vacanzieri, 'abitanti della pianura'. Pensò a tutta la gente che aveva incrociato il suo sentiero durante la sua vita – avrebbero potuto essere ognuno di loro.
"Come hanno fatto a saperlo?" chiese Isabel.
"Perché mio nonno si occupò della sua adozione. E lui sapeva tutto."
Nate vide Max ricadere all'indietro, con un'espressione di assoluta sconfitta. Tutti quegli anni passati senza suo figlio, solo per scoprire che lui era stato comunque individuato.
"Chi è William Dwyer?" chiese Max.
Annie tirò su col naso e Nate sentì un ironico moto di simpatia per lei. "Era un uomo onesto." disse lei. "Contattò mio nonno e gli chiese di occuparsi dell'adozione, pensando che se ci fosse stato anche un terzo intermediario, sarebbe stato impossibile per Nate risalire fino a te. Ma quelli l'FBI andarono da mio nonno ancora prima che lui contattasse gli Spencer e lo convinsero a fare quello che volevano loro." Lei si morse il labbro e quando guardò Nate, nei suoi occhi c'era un dolore che non vi aveva mai visto prima. "Furono loro ad aggiungere la clausola che non potessi sapere dell'adozione fino a diciotto anni."
"Perché no?" chiese Max, dando voce alla domanda al posto del suo stordito figliolo.
La faccia di Annie si contorse, mentre cominciava a piangere. "Perché sapevano che se fossi venuto qui, avrebbero avuto la conferma di chi fossi realmente. Perché un adulto può sparire, ma un minorenne no."
Il peso delle sue parole colpì Nate al petto, così violentemente che non riuscì a respirare. Sparire. Significava che l'FBI aveva programmato di far sparire Nate dalla faccia della Terra. Non si era mai sentito così minacciato, così solo …
Alyssa fece scivolare la mano nella sua e lui rivolse sorpreso lo sguardo verso di lei. Lei gli rivolse un sorriso comprensivo e all'improvviso lui non si sentì più solo.
"Così loro vengono qui e prendono Nate." disse Michael. Nate ebbe l'impressione che quello scenario avrebbe reso Michael molto felice. "E, già che c'erano, anche noi?"
Annie scosse la testa. "No. Non sono interessati a voi. Vogliono solo Nate. Lui è l'unico che era nella navicella tornata sulla Terra nel 2002. Lui è l'unico ad essere nato su un altro pianeta."
"E allora perché non l'hanno preso quando era a New York?" dubitò Isabel, molto confusa.
"Perché sapevano che se lui era realmente chi pensavano che fosse, uno di voi si sarebbe rivelato a lui. Se lui non lo era, voi non l'avreste fatto. Solo allora avrebbero avuto la conferma che avevano la persona giusta." Annie si voltò verso Max. "E tu hai dato loro quella conferma."
Lo sguardo di Max era angosciato. Tutti i suoi piani migliori si erano sbriciolati.
Il gruppo sedette in silenzio per un lungo momento, ognuno perso nei propri pensieri.
"E ora cosa facciamo?" chiese Isabel al fratello?
Max scosse la testa. "Non possiamo lasciare che prendano Nate." Guardò Annie. "In ogni modo, non possiamo crederle sul fatto che vogliano solo lui."
"Sto dicendo la verità!" protestò Annie.
"Proprio come hai detto la verità a Nate per tutti questi anni?" scattò Michael ed Annie abbassò gli occhi sul pavimento.
"Torniamo al nostro piano." disse Max. "Controlleremo la zona per la notte. Domani scopriremo quello che sanno e decideremo cosa fare. Kyle, torna in città, ora. Guarda se la situazione è cambiata."
Questa volta senza nessun saluto sarcastico, Kyle annuì e se ne andò immediatamente.
"Liz e Michael." disse Max. "Voi siete nel primo turno. Il resto di noi cercherà di dormire. Domani sarà una giornata lunga."
Isabel indicò Annie. "E di lei che ne facciamo?"
Max si bagnò le labbra, poi disse "Tiratevi indietro." Isabel e Michael fecero quello che aveva chiesto e Max alzò la mano.
Sulle labbra di Nate stavano per spuntare parole di protesta, perché credeva che Max stesse per annientare la sua fidanzata. Quello che venne fuori dalla mano di Max, comunque, non fu un raggio mortale. Fu invece un verde scudo nebbioso, che bloccò Annie nel suo angolo. Lei si guardò intorno come un topo in trappola, spaventata.
"Non ti farà male." disse Max abbassando la mano. "Ma non sarai in grado di allontanarti, così io non ci proverei, se fossi in te."
Liz e Michael uscirono per il loro turno di guardia. Gli altri presero le coperte e i sacchi a pelo e si sistemarono vicino al fuoco. Nate li vide cadere ad uno ad uno in un sonno turbato; l'ultima ad arrendersi al sonno fu Alyssa.
Dietro lo scudo, Annie era curva su se stessa in modo difensivo, ma era ancora sveglia. Nate non avrebbe mai pensato di trovarsi lì, rintanato in una caverna, con la sua ragazza tenuta prigioniera.
Mentre si guardava attorno nella stanza, si rese conto che tutta quella gente era lì per causa sua e seppe che cosa doveva fare. In un certo modo, era la sua penitenza - per tutte le cosa sbagliate che aveva fatto sua madre, per il bambino che aveva lasciato affogare nel lago Chautauqua.
Muovendosi lentamente, strisciò fino al punto in cui Annie era intrappolata. Lei lo guardò con circospezione.
"Sei venuto per uccidermi?" gli chiese senza mezzi termini, la voce intrisa dall'ansia.
Nate scosse la testa e si appoggiò un dito sulle labbra. "Cerca di stare in silenzio." la avvertì. "Quello che mi hai detto è la verità? Loro sono interessati solo a me?"
Annie annuì.
"Se troverò il modo di uscire da qui, mi aiuterai?"
Annie sollevò le sopracciglia sottili. "Aiutarti come?"
Nate fece un respiro profondo, chiamando a raccolta tutto il suo coraggio. "Portami da loro."

Capitolo 22

Nate esaminò da vicino il campo verde, in cerca di punti di congiunzione o crepe o qualsiasi altra cosa gli permettesse di rimuoverlo da lì. Frustrato, non trovò nulla. Dall'altra parte della barriera, Annie aspettava ansiosa. Ogni tanto, Nate si guardava alle spalle, per essere sicuro di non aver svegliato nessuno degli altri che dormivano della caverna.
"Cosa pensi di fare, Nate?" sussurrò Annie.
"Consegnarmi." disse in un tono che lasciò capire che non intendeva discuterne oltre.
"Sei impazzito?" sibilò lei.
Lui scosse la testa. "Cerca di stare zitta, Annie. Non voglio svegliare nessuno."
Mentre i suoi occhi ispezionavano lo scudo, Nate si chiese se solo Max potesse dissolverlo. Mordendosi le labbra, si ricordò di come Alyssa avesse cambiato il colore del suo smalto … come ci era riuscita? Sembrava che si fosse limitata a passarci sopra una mano. Lei aveva anche detto che i poteri alieni erano cerebrali, intendendo probabilmente dire che fossero una sorta di telecinesi o di percezione extrasensoriale o qualcosa del genere. Forse doveva solo pensare di dissolvere il campo …
Nate chiuse gli occhi e posizionò i palmi delle sue mani paralleli con la forza verde che si stendeva tra lui ed Annie. Cercò di pensare a dissolverla, come gelatina calda, liquefacendola sul pavimento e facendola sparire.
"Nate!"
Aprì gli occhi e vide che non c'era più nessuna barriera tra di loro. Dando un sospiro di sollievo, si alzò in piedi ed afferrò la mano di Annie.
"Andiamo." ordinò in silenzio.
"Come ci sei riuscito?" gli chiese lei, con gli occhi verdi spalancati.
"Non lo so." E non lo sapeva. Non proprio.
Nate e Annie strisciarono verso l'ingresso della caverna. Una volta arrivati fuori, Nate si rese conto della follia del suo piano – Liz e Michael erano di guardia, alla ricerca di qualsiasi cosa fuori dal normale. Non c'era modo di sfuggire loro.
Nate spinse Annie da una parte, in un punto piuttosto buio. "Devi farmi un favore, Annie." le disse, la sua voce appena comprensibile.
"Cosa?" chiese lei.
"Ho bisogno che tu crei un diversivo. Ho bisogno che tu attiri la loro attenzione su di te, così potrò allontanarmi da qui."
Lei inclinò la testa da un lato. "Non mi piace questo, Nate. Non mi piace quello che intendi fare."
"Per favore, Annie, se mai mi hai amato – anche un po' – fa' questo per me."
"Perché li stai proteggendo?" La sua voce assunse un tono difensivo. "Perché ti preoccupi di quello che succederà a loro? Di cosa sei in debito con loro?"
Nate fece ricorso a tutta la sua pazienza."Se è vero che l'FBI vuole solo me, allora non voglio che a nessun'altro venga fatto del male, indipendentemente da chi sia. E questo comprende anche te, Annie."
"Tu non vuoi che l'FBI mi faccia del male, ma vuoi mandarmi fuori a creare un diversivo, sapendo che questa gente potrebbe farmi a pezzi?
"Non ti faranno del male."
"No?" Lei fece una risata ironica. "Hai già dimenticato che uno di loro mi ha preso con la forza e mi ha rinchiuso nel portabagagli della sua macchina?"
Nate si accigliò. Isabel aveva tralasciato la faccenda del portabagagli. Forse fu per la stanchezza, ma per qualche ragione a Nate venne da ridere all'idea che …
"Non posso parlare per Isabel." le disse. "Queste persone non sono come lei." Naturalmente una di loro era Michael Guerin, che lo aveva ferito non molto tempo prima … non che fosse necessario dirlo ad Annie. "Fallo per me, Annie."
Lei sospirò rassegnata. "Cosa vuoi che faccia?"
"Limitati a correre. Sono sicuro che appena ti muoverai, loro ti noteranno."
"E mi colpiranno alla schiena."
Nate guardò le loro mani, ancora strette tra loro. C'era stato un tempo, in cui lui aveva pensato che il mondo girasse intorno a quella lunatica ragazza biondo fragola, che il sole sorgesse tutte le mattine e le stelle brillassero di notte solo per lei. Ora la vedeva in un modo molto differente, sotto una luce più ristretta.
"Fallo." gli disse ancora. "Corri verso sinistra, perché io devo andare a destra per arrivare dove sono le macchine. Corri più forte che puoi – ho bisogno di più tempo possibile. Hai capito, Annie?"
Lei increspò le labbra ed annuì. "Si, lo farò."
Nate le diede un'ultima, prolungata occhiata, poi disse "Vai!"
Annie saltò fuori dalla caverna e cominciò a correre. Nate rimase nell'ombra, aspettando di avere la conferma che lei era stata individuata.
"Che diavolo …?" arrivò la voce sbigottita di Michael. "Come ha fatto a liberarsi?"
"Andiamo, Michael." fu la risposta di Liz, la cui voce si affievoliva mentre si allontanava dalla camera dei bozzoli.
Nate si fece coraggio ed uscì dalla caverna. Poté vedere in distanza tre figure, che scomparvero velocemente nella notte. Aveva funzionato. Non avendo tempo da sprecare, corse rapidamente verso la roccia dove erano state nascoste le macchine. Camminando con le mani in avanti, trovò le macchine quando andò a sbattere contro una di esse. Appena l'ebbe toccata, la copertura venne via e la macchina di Max diventò visibile.
Soddisfatto, Nate saltò dietro al volante e riuscì a malapena a credere alla sua fortuna: Max aveva lasciato le chiavi nell'accensione. Nate sobbalzò quando il motore si mise in moto, sapendo che avrebbe attratto l'attenzione. Non perse tempo per vedere se qualcuno avesse sentito, comunque – fece retromarcia e girò a 180°, spingendo l'acceleratore e tornando sul sentiero nel deserto che li aveva condotti alla caverna.
Nate cercò di ricordarsi la strada che Max aveva fatto nel deserto. Sorprendentemente, gli tornò in mente con facilità. Girare a destra lì, a sinistra là, sempre guardando lo specchietto retrovisore per vedere se qualcuno lo avesse seguito. Sapeva che tutto quello che doveva fare era arrivare ai confini di Roswell e nessuno di loro avrebbe più voluto avvicinarsi a lui.
Naturalmente, lui non aveva idea di dove trovare quelli dell'FBI. Era per quello che avrebbe avuto bisogno di Annie. Ma sapeva una cosa – loro avevano circondato la stanza del suo motel, quella sera; c'era una forte probabilità che qualcuno di loro fosse rimasto lì.
Il peso di quello che stava per fare lo colpì all'improvviso. Stava per consegnarsi all'FBI, alla stessa gente che una volta aveva torturato Max Evans. Ma Max era un alieno e Nate non lo era. Di certo non sarebbe stato così brutto … o no?
Nate si agitò sul sedile e scacciò quel pensiero dalla testa. Se cominciava così, era sicuro che avrebbe perso la forza di mettere in atto il suo piano. Aveva bisogno di rimanere focalizzato sulla sua missione.
In una mezz'ora, le prime luci di Roswell gli si pararono davanti e Nate sorrise – ormai gli alieni non sarebbero più venuti. Non avrebbero certo corso il rischio di incontrare gli agenti dell'FBI. Ce l'aveva fatta.
Il Tumbleweed sembrava deserto, specialmente pensando alla descrizione che aveva fatto Isabel di orde di uomini in abito scuro che invadevano il posto. Comunque, il furgone di Nate non c'era – presunse portato via come prova. Parcheggiò la macchina di Max dentro il parcheggio vuoto e ne uscì fuori con le ginocchia che tremavano.
L'aria della notte era silenziosa, nemmeno una brezza la disturbava. Mentre camminava verso la porta della sua stanza, le suole delle sue scarpe facevano rumore contro la sabbia e le pietre dell'area di parcheggio. Un ombra di esitazione cominciò a partire dal suo stomaco. Forse aveva agito avventatamente …
Dentro, la stanza del motel era sottosopra, tutte le cose di Nate erano sparite – compresa la busta scura con i documenti della sua adozione. Assurdamente, erano state portate via anche le lenzuola del letto. Quali prove l'FBI sperava di trovare nelle sue lenzuola?
"Lo sapevo che alla fine saresti tornato."
Nate sussultò, poi si girò per vedere il padre di Annie che stava sulla soglia della porta. "Signor O'Donnell." disse Nate, cercando di usare tutte le sue forze per parlare con un tono di voce normale.
"Agente O'Donnell." lo corresse lui, prendendo un accendino dalla tasca. Si accese la sigaretta, aspirò profondamente, poi guardò Nate attraverso la nebbia grigiastra. "Dov'è mia figlia, Nathan?"
Nate si strinse nelle spalle. "Non lo so." Ed era la verità. Per quello che ne sapeva lui, Annie poteva star ancora correndo come una lepre nel deserto.
"Non lo sai?" ripeté lentamente O'Donnell, scuotendo la testa. "Non sono sicuro di crederti, Nate"
"Cosa avete fatto alla mia stanza?" chiese Nate, cambiando discorso. "Dove sono tutte le mie cose?"
"Ora sono proprietà del Governo degli Stati Uniti." L'agente diede a Nate una rapida occhiata. "Come lo sei tu."
Ci fu qualcosa in quell'ultima frase che fece scorrere il terrore nelle vene di Nate. "Cosa significa?"
O'Donnell fece un'altra tirata dalla sua sigaretta, poi la spense sotto la scarpa. "Nate, perché non ti sei sorpreso nel vedermi qui?"
Nate deglutì. Aveva assolutamente ragione – Nate non si era comportato come se fosse sorpreso di vedere che il suo futuro suocero era a Roswell. Era entrato da così poco nel gioco e già aveva mostrato le sue carte.
"Vedi," continuò l'agente "quello che penso è questo – io penso che tu sappia dove si trovi Annie. Io penso che lei ti abbia detto che io ero qui. Io penso che tu sappia chi l'abbia rapita."
Forse il silenzio era la sua difesa migliore …
"Se qualcuno farà del male a mia figlia, Nathan, io non invidio quello che ti succederà." la voce dell'uomo era piatta eppure piena di minaccia.
"Io veramente non so dove sia." ripeté Nate. "Se lo sapessi, glielo direi."
Un mezzo sorriso, che era totalmente privo di ilarità, curvò le labbra dell'agente O'Donnell. "Oh, so che lo faresti. E so anche che mi dirai molto, ma molto di più di questo. Alla fine."
Gli occhi di Nate si spostarono alle spalle dell'agente, dove erano apparsi due uomini robusti. Come l'agente O'Donnell, erano vestiti in abiti scuri, l'espressione dura e piena di malignità. Senza volerlo, Nate fece un passo indietro.
"Mai stato in una base militare prima d'ora?" gli chiese il padre di Annie.
Nate scosse la testa, con lo sguardo che passava tra l'agente e i due uomini accanto alla porta.
"Bene, allora. Credo che stasera farai un bel viaggio."
O'Donnell si voltò e fece un gesto ai due uomini, poi uscì dalla stanza.
Mentre gli uomini si avvicinavano, Nate fece un paio di passi indietro, pensando che forse questa non era stata una buona idea. Si chiese come si fosse sentita sua madre, passando attraverso la rete e camminando sul terrapieno incontro al suo destino. Si era sentita terrorizzata come lo era lui in quel momento? O era stata coraggiosa fino alla fine? Come si era sentito Max quando era stato catturato dall'FBI? Era stato coraggioso davanti al pericolo o aveva semplicemente desiderato di svegliarsi e di scoprire che era stato solo un brutto sogno?
Due mani forti lo afferrarono per le braccia, un agente da ciascuno dei suoi lati.
"Non darmi un pretesto per ucciderti." gli sputò in faccia uno di loro.
Nate cercò di deglutire, rendendosi conto che c'era qualcosa di molto grande nella sua gola che glielo impediva.
L'altro uomo fece una smorfia, mentre cominciavano a tirare il ragazzo verso la porta. "Non ti preoccupare. Presto supplicherai uno di noi di ucciderti."

Capitolo 23

"""Avviso"""
Qui ci sono alcune scene di violenza, quindi consideratevi avvisati. (NdA)

Viaggiarono per quelle che gli sembrarono ore, in una scura macchina di lusso con i vetri oscurati. Nate era nel sedile posteriore, chiuso tra i due uomini robusti che l'avevano rudemente trascinato fuori dal Tumbleweed, e non riuscì a vedere nulla che gli indicasse dove si stavano dirigendo. Quando furono giunti a destinazione, gli uomini gli misero un cappuccio sopra la testa, fino a che non furono dentro alla base.
Una volta dentro, gli tolsero una fiala di sangue; del motivo per cui l'avessero fatto non ne era sicuro. Poi lo richiusero in una fredda stanza scura, la cui unica luce era il sottile spiraglio che filtrava da sotto la porta. Senza di quello, Nate sarebbe stato completamente al buio e avrebbe perso velocemente il suo orientamento. Poi l'avevano lasciato solo.
Sedendo in silenzio come un topo, Nate cercò di captare ogni movimento che arrivasse dal corridoio, ma non sentì nulla. In effetti, il silenzio era quasi assordante. Cercando di respingere la paura, si mosse per la stanza e stabilì che non c'erano mobili e che non trovava nemmeno la maniglia della porta. Partendo da un angolo, contò i passi fino a raggiungere l'angolo successivo, poi ricominciò fino all'altra parete – la stanza era tre metri e mezzo per tre metri e mezzo, uno spazio relativamente piccolo.
A quel punto, il bisogno che il suo corpo aveva di dormire prese il sopravvento e lui si rannicchiò in un angolo, sprofondando nel sonno …
Il primo sogno che fece era pieno di elicotteri e di uomini vestiti di scuro che erano venuti per portarlo via. A differenza di quello che era successo nella realtà, lui si era ribellato e aveva lottato contro di loro, contrario a farsi portare via. Terrore e panico gli correvano nelle vene, risvegliando l'istinto primordiale di proteggere la sua vita.
Poi le immagini di sangue e di violenza scivolarono via come la sabbia in un setaccio, fino a che Nate sentì una senso di calma scendere su di lui, la sensazione che c'era ancora speranza e che non tutto era perduto..
Lei venne ancora da lui, quella piccola donna bionda dai piedi scalzi e dal passo silenzioso. Fermandosi davanti a lui, gli toccò il viso, col le dita calde e fresche nello stesso tempo e gli offrì un sorriso di pace. Nate non poté trattenersi dal sorriderle, chiudendo gli occhi per assaporare meglio il suo tocco. Quando li riaprì, c'era un'altra piccola donna bionda davanti a lui, una che lui riconobbe per la ragazza che lo aveva sfacciatamente baciato mentre il suo bucato si stava centrifugando. Nate fu sorpreso di vederla nella sua mente.
Alzandosi sulla punta delle dita, la ragazza gli posò un bacio sulle labbra e lui udì la sua voce nella propria testa. Gli diceva di non preoccuparsi, che non sarebbe stato abbandonato al suo destino. Di avere fede, che stavano venendo a salvarlo. I suoi occhi scuri cercarono quelli di lui, poi lei gli diede un bacio molto più passionale, stringendo le sue braccia abbronzate intorno al suo collo …
Nate si svegliò all'improvviso. La stanza non era più buia, ma fortemente illuminata e poco accogliente. Avendo dormito sul pavimento per un indeterminato numero di ore, le sue spalle e la sua schiena erano doloranti. Per una frazione di secondo dimenticò quello che era successo e dove si trovava, ma la vista dell'agente O'Donnell appoggiato contro la parete, gli riportò tutto alla mente.
"Buon giorno, Nate" gli disse, con una faccia priva di espressione. "Dormito bene?"
Come se qualcuno potesse dormire bene su un pavimento freddo. Nate si costrinse a tirarsi su e rimase seduto con le spalle nell'angolo.
"Spero di sì." continuò O'Donnell. "Oggi dobbiamo parlare di un sacco di cose e ho bisogno che tu sia disteso e riposato."
Lo stomaco di Nate brontolò e lui si chiese quali speranze avesse che gli dessero qualcosa da mangiare. Pensò che le probabilità non fossero in suo favore.
O'Donnell fece scattare l'accendino, la fiamma si impennò rapidamente, poi scomparve nel contenitore di metallo. "Riconosci qualcuna di queste persone?" gli chiese casualmente, indicando verso le pareti.
Per la prima volta, Nate si rese conto che sulle pareti c'erano delle foto – tonnellate di foto, che sembravano essere state scattate durante una sorveglianza. Qualcuna delle facce era decisamente familiare – molto più giovani, ma decisamente riconoscibili. Spostò la testa da un lato e ne studiò attentamente una in particolare – sembravano Max, Michael e Isabel … che tornavano a casa da scuola? Quanti anni avevano in quelle foto?
"Vedo dalla tua espressione che li hai riconosciuti." osservò O'Donnell.
Nate deglutì e si rese conto di quanta sete avesse.
"Allora, sono loro, Nate?"
Lui scosse la testa in segno di diniego.
"Oh, andiamo. Dovresti riconoscere almeno uno di loro, non credi?"
Scosse la testa ancora una volta. I suoi occhi si posarono su una foto che sembrava essere stata fatta in un laboratorio – sembravano petali verdi ingranditi migliaia di volte.
O'Donnell prese una busta dalla tasca e la indicò con un dito. "Sai cosa sono questi?"
Nate scosse la testa.
"Sono i risultati di esami di laboratorio. Test del DNA. Abbiamo trovato una cosa strana, Nate. Sembra che tu abbia diversi punti in comune con le caratteristiche del DNA di –" l'agente cercò fino a che non trovò una foto di Max - "questo ragazzo."
Nate guardò in silenzio la foto di Max e non si mosse.
"Sai chi è questo ragazzo?"
Nessuna risposta.
"Okay. Forse non lo sai, ma io dubito che sia vero. Questo è Max Evans. Un alieno."
Nate alzò nettamente un sopracciglio, sperando che tutto quello fosse un grande bluff.
L'agente O'Donnell indicò la foto dei petali verdi. "Queste sono cellule del suo sangue. Strane, vero? Eppure lui gira qui intorno come te e me. Non lo diresti, solo a guardarlo, che è quello che è."
Prese una lastra da una grande busta e la attaccò accanto a quella delle cellule del sangue di Max. Queste erano rosse, come quelle che Nate aveva visto nel laboratorio di biologia. "E queste sono le cellule del tuo sangue. Eppure tu e Max Evans dividete lo stesso profilo di DNA. Come te lo spieghi?"
Nate fissò il pavimento. Non voleva dare a quella gente nessuna informazione. Nessuna indicazione che lui fosse il figlio di Max.
L'agente O'Donnell traversò la stanza e si chinò davanti a lui. Involontariamente Nate indietreggiò.
"Sai qualcosa dei mutaforma, Nate?" chiese l'agente.
Nate scosse la testa.
"Loro li l'hanno. Ne abbiamo le prove. Oggi se ne vanno per il mondo, assumendo qualsiasi forma vogliano. Pensa a questo. Pensa a come sia facile per loro infiltrarsi nel governo, uccidere i potenti e prenderne il posto. Nessuno potrebbe essere più sicuro di niente, Nate. Proprio in questo momento, potremmo avere un alieno seduto ai più alti livelli del potere e non avere nessuna idea che non è veramente la persona che noi abbiamo eletto. E' un pensiero confortante, Nate?"
Nate distolse lo sguardo e scosse la testa.
"No. Anche io la penso così. E visto che siamo d'accordo, voglio pensare che ora tu mi aiuterai a trovare gli altri."
Una fredda lama di realizzazione colpì Nate al cuore. Gli altri? Ma Annie aveva detto che l'FBI voleva solo lui, che se avessero avuto lui avrebbero lasciato stare gli altri. Diede all'agente un genuino sguardo di sorpresa.
"Tu sai dove sono, non è vero?" chiese O'Donnell, con lo sguardo penetrante.
Nate scosse ancora la testa, con l'ultimo tradimento di Annie che ancora gli faceva ribollire il sangue.
"Andiamo, Nate So che lo sai. So che sai anche dov'è Annie. L'ha presa uno di loro, non è vero?"
Lui deglutì e continuò a guardare il pavimento.
O'Donnell sospirò. "Non voglio arrivare a farti del male, Nate"
Nate incontrò il suo sguardo, cercando di mantenere una decente, coraggiosa facciata. Ma in fondo alla sua testa, risentì le parole di Max – Mi hanno torturato, hanno minacciato di uccidere i miei amici. Mi hanno rubato l'innocenza. Non sono più stato lo stesso. Il cuore di Nate cominciò a battere un po' più forte.
"Dove sono?" chiese freddo l'agente.
"Non lo so." mentì Nate
O'Donnell sostenne il suo sguardo per un lungo momento, poi si alzò in piedi. "Okay. Possiamo giocare alla tua maniera. Non ho nient'altro da fare, Nate. Ho tutto il giorno per giocare al tuo gioco. E allora giochiamo."
Una porta, che era celata nella parete, si aprì e la testa di Nate si girò in quella direzione. Ne entrò un uomo portando quella che sembrava essere una cassetta per gli attrezzi.
Ansia e terrore percorsero le vene di Nate – qualsiasi cosa ci fosse in quella cassetta, non prometteva nulla di buono.
"Quest'uomo è un esperto nel tirar fuori le risposte." gli spiegò l'agente O'Donnell. "E' riuscito a far parlare uomini molto più coraggiosi di te." Fece una smorfia. "Qualcuno di loro piangeva come un bambino, prima che avesse finito." Fece una pausa per dare effetto alle sue parole. "Così puoi collaborare con me o lasciare che quest'uomo faccia il suo lavoro. Cosa decidi?"
Lo sguardo di Nate passava dall'agente all'uomo, come se stesse assistendo ad una partita di tennis. Questa gente faceva sul serio – mortalmente sul serio.
"Te lo chiedo ancora una volta." disse l'agente con voce bassa e minacciosa. "Dove si nascondono?"
Nate chiuse gli occhi, sapendo di essersi cacciato da solo in quella posizione, sapendo che non importa quali messaggi Alyssa avesse inviato al suo subconscio, nessuno sarebbe venuto a salvarlo. Ma questo era quello che lui si era prefissato – aveva creduto ad Annie, quando gli aveva detto che volevano solo lui e ora voleva sacrificare se stesso per salvare gli altri. Era quello per cui si era impegnato. E ora ne doveva accettare le conseguenze.
"Comincia."
Gli occhi di Nate si spalancarono ed immediatamente guardarono verso l'uomo che stava per fargli del male. L'uomo si era inginocchiato davanti alla sua scatola, l'aveva aperta e stava cercando qualcosa, il suono di metallo contro metallo che proveniva dall'interno. Il cuore di Nate cominciò ad impazzirgli nel petto, l'incertezza di quello che stava per succedere assolutamente terrificante.
La porta nascosta si aprì ancora ed entrarono altri due uomini. Lo sguardo convulso di Nate si posò su di loro, poi ancora sull'uomo accanto alla scatola degli attrezzi. I nuovi arrivati si diressero verso Nate e lo afferrarono per le braccia, facendolo stendere a terra e usando le loro gambe per immobilizzare le sue. Nate cercò di divincolarsi, sentendosi impotente.
L'altro uomo si alzò e gli occhi di Nate si posarono sulla sua mano – dove c'erano quelle che sembravano un paio di normalissime pinze.
"Con quale mano scrivi?" chiese O'Donnell.
Terrorizzato, Nate scosse la testa in segno di diniego. Questo non stava veramente succedendo a lui.
"Non importa. Possiamo sempre farlo ad entrambe, se sarà necessario."
Farlo ad entrambe? Fare cosa ad entrambe cosa?
"Cominciate con la destra, ragazzi." ordinò O'Donnell. "Le probabilità sono a favore sul fatto che sia destrorso."
Nate si dimenò tra i due uomini, cercando di liberarsi quando gli tirarono il braccio destro lontano dal fianco. L'uomo con le pinze si fermò sopra di lui, poi si piegò con un ginocchio sopra la mano di Nate
"No." urlò Nate, scuotendo forte la testa.
"Non dobbiamo farlo per forza." disse l'agente, "Puoi dirmi dove sono gli altri ed evitare questa spiacevole esperienza."
La decisione di Nate non vacillò. Strinse la mascella e cercò di calmare il respiro impazzito. Forse, se cercava di restare calmo, qualsiasi cosa gli avrebbero fatto non sarebbe stata così tremenda.
Si sbagliava.
L'uomo con le pinze gli afferrò la mano e lui la chiuse immediatamente a pugno, per proteggere le dita. Per nulla scoraggiato, l'uomo spinse con forza il suo pugno sulla mano di Nate, costringendolo ad aprirla per attenuare il dolore. L'uomo aprì le pinze e chiuse la nocca del pollice destro di Nate tra di loro.
"Nooooo!" gridò Nate
Il rumore delle ossa che si frantumavano riempì la stanza, seguito dopo pochi secondi dalle grida di dolore di Nate. Un bruciante, accecante dolore si irradiò dalle dita su per il braccio, fino a raggiungere la spalla. Il dolore fu accompagnato dalla consapevolezza che avevano distrutto la sua nocca e che non sarebbe più stato in grado di usare il pollice.
Il dolore e la consapevolezza furono così intense che una nube nera invase la mente di Nate, facendolo scivolare lentamente nell'incoscienza …

Capitolo 24

"""Avviso"""
Ancora scene violente alla fine del capitolo. (NdA)

Il sole brillava felicemente sulla superficie del lago, gli alberi che ornavano le sponde splendevano dei meraviglioso colori autunnali. Nate era seduto sul molo dove lui e suo padre andavano di solito a pescare e muoveva le gambe avanti e indietro, con le scarpe che sfioravano l'acqua. Non c'era una nuvola nel cielo di quella serena, frizzante mattinata di ottobre e Nate girò il viso verso il sole, gioendo del calore passeggero.
Lei era ancora accanto a lui, la donna che da un po' di tempo era entrata a far parte dei suoi sogni. Gli sembrava molto familiare, ma il subconscio di Nate si rifiutava di rivelargli il suo nome. In questo mondo, lei non era altro che una visitatrice, ma nel mondo esterno lui pensava che forse fosse qualcosa di più per lui. Una parente?
A differenza delle sue altre visite, questa volta lei sembrava infelice, gli occhi scuri colmi di preoccupazione. Allungò una mano e toccò il braccio di Nate, ma lui non sentì nulla. Le labbra di lei si muovevano, ma lui non riuscì nemmeno ad udirla.
Non che gliene importasse. Gli piaceva stare lì sul molo, stando accanto a suo padre, con la sua canna da pesca e una bottiglia di birra fresca …
"Nate."
Sobbalzando, Nate si rese conto che la donna era stata ancora una volta rimpiazzata da quella ragazza che evocava visioni e profumi di una lavanderia. E la sentiva forte e chiara.
Ma nemmeno questo gli interessava. Tutto quello che gli importava era che stesse qui con lui, in quella bella mattinata.
"Che stai facendo qui?" le chiese, sorridendo e prendendole la mano.
"Nate, puoi sentirmi!" gli disse lei, con le parole che le uscirono d'impeto.
"Certo che posso sentirti, sciocchina. Perché non dovrei essere capace di sentirti? Sei seduta proprio accanto a me."
Lei scosse la testa, i biondi capelli che ondeggiavano. "Ascoltami, Nate. Tu stai solo sognando. Io non sono seduta accanto a te. Zia Isabel ha cercato di mettersi in contatto con te, ma non è riuscita a farsi sentire. L'FBI ti tiene rinchiuso da qualche parte e tu devi dirmi dove sei."
Nate si accigliò. "Io sono a casa. Sul lago. Io e papà stiamo pescando … "
Per tutto il tempo che lui parlò, la ragazza scosse la testa. "No, Nate. Ho bisogno che tu ti concentri." Piegando in avanti la sua testa, lei gli prese la faccia tra le mani. "Guardami. Non sei dove pensi di stare. Dimmi dove sei."
Non dove lui pensava di stare … Nate sentì che il suo sogno si stava trasformando in un incubo, mentre pezzi di realtà cominciavano a tornare verso di lui.
"Va bene tutto." lo incoraggiò lei. "Tutto quello che riesci a ricordare, sarà di grande aiuto, Nate."
Lui cercò di concentrarsi, ma si rese conto di non essere in grado di farlo. Appena cominciava a rammentare qualcosa, il ricordo spariva velocemente come era arrivato.
L'espressione della ragazza cambiò, quando si rese conto di qualcosa che lui ancora non aveva realizzato. "Ti hanno fatto del male." sussurrò.
Fatto del male … Improvvisamente Nate ricordò un dolore bruciante e il terrore per quello che gli era successo riapparve in pieno. Incapace di fermarlo, si sentì strappare via da quell'anima che lo stava aiutando e riportare nella stanza eccessivamente illuminata.
Ansimando, Nate si sedette alla svelta, il suo pensiero rivolto al tremendo dolore nella sua mano destra. Appena riprese coscienza, vide che gli erano state tolte la maglia e le scarpe, lasciandolo tremante nella stanza gelida.
"Dove sono?" si lamentò, senza rivolgersi a qualcuno in particolare.
"Che cos'è, Nate?"
Lui voltò la testa per trovare l'agente O'Donnel che puntava un dito sul suo petto. Il terrore riempì Nate, mentre pensò che la sua piccola 'voglia' avesse attratto l'attenzione. Comunque, quando guardò in basso, si accorse che i piccoli punti sul suo petto erano nascosti – e invece c'era una impronta argentata con la forma della mano di Max Evans sulle sue costole.
"L'abbiamo già vista prima d'ora, lo sai?" disse O'Donnel, incrociando le gambe. Fu in quel momento che Nate si accorse che l'agente si era concesso il lusso di una sedia, un lusso al quale Nate non aveva diritto.
"Io non so cosa sia." disse Nate sottovoce.
"Posso spiegarti io cos'è. Vedi, siamo riusciti a stabilire che solo un contatto diretto con una forma di vita aliena può procurare una simile impronta. Questo significa che tu sei stato in diretto contatto con loro e che sai dove sono." L'agente si strinse leggermente nelle spalle. "E allora, chi di loro ti ha lasciato quell'impronta?" Rivolse lo sguardo sopra alla sua spalla, al disordinato collage che era stato creato sulle pareti. "Non c'è bisogno che tu dica il suo nome – puoi limitarti ad indicarlo, se vuoi."
Nate si portò la mano ferita al petto, desiderando che gli avessero amputato il pollice anziché frantumarglielo – forse gli avrebbero procurato meno dolore.
L'agente O'Donnel si strofinò il viso, come se stesse riflettendo su qualcosa, poi si infilò la mano in tasca e ne tirò fuori una specie di telecomando. "Voglio mostrarti qualcosa, Nate."
Nate deglutì e sentì un senso di inquietudine per quello che poteva significare.
L'uomo spinse un pulsante del telecomando ed uno schermo televisivo scese lentamente dal soffitto Senza guardare lo schermo, spinse un altro bottone ed un filmato cominciò a scorrere. Sembrava una registrazione fatta da una telecamera di controllo, con le immagini indistinte e senza audio. Nate notò una data in un angolo – un giorno indeterminato del 2002.
La registrazione sembrava fatta in un hangar da aeroplani, con operai che ricostruivano un velivolo da una montagna di detriti. C'erano persone in tuta bianca e uomini in uniforme militare. Per un po' non ci fu azione nel film – fino a che un uomo, toccando il rottame, fece aprire un pannello. Nate si sforzò di vedere cosa ci fosse dietro al pannello, ma le immagini erano troppo confuse per capirlo.
Poi scoppiò l'inferno. Corpi volarono in tutte le direzioni, e sangue colpì l'obiettivo della telecamera. Al centro della carneficina, c'era una figura confusa che sembrava l'origine di ogni nuova uccisione e si muoveva così veloce che la camera non riusciva a coglierla chiaramente. Nate spalancò gli occhi nel vedere quell'annientamento totale in un così breve tempo. Proprio mentre la figura si spostava verso l'angolo in basso a destra dello schermo, l'agente O'Donnel spinse il pulsante di pausa, immobilizzando l'azione.
"Che spettacolo, eh?" disse a Nate.
Nate lo guardò, con negli occhi una muta domanda.
"Hai un'idea di cosa sia?"
Nate scosse la testa.
L'agente si mise in tasca il telecomando, lasciando l'immagine sullo schermo. "Annie la pensa diversamente."
Alla menzione di quel nome, Nate sentì le pareti chiudersi intorno a lui. Quello che sarebbe venuto dopo, non sarebbe stato bello. "Che significa?"
"Una notte al lago." disse l'uomo con indifferenza. "Non molto tempo fa. Lei pensa che tu abbia recuperato un ricordo sepolto. Il ricordo di questo."
Nate deglutì, riportando il pensiero a quella notte e alle cose che aveva visto nella sua mente; solo che quei ricordi non erano stati silenziosi – erano stati pieni di grida di gente che moriva bruscamente.
"Come potrei ricordarlo?" chiese, cercando di reprimere il tremito della sua voce.
"Perché tu eri lì." disse O'Donnel, con voce seria.
Nate cercò di fare una risata, ma non ci riuscì. "Come facevo ad essere lì?"
"Perché questo -" puntò un dito verso la figura grigia e confusa sullo schermo "- sei tu."
Nate osservò meglio l'immagine e non riuscì a distinguere niente, ma ebbe la sensazione che quegli uomini avessero studiato il filmato durante gli ultimi diciassette anni e che, probabilmente, potevano dargliene la descrizione fotogramma per fotogramma.
L'agente O'Donnel disincrociò le gambe e si mise le mani tra le ginocchia. "Vedi, Nate, il giorno che è accaduto questo sfortunato evento, le registrazioni audio rivelano che gli operai avevano trovato un bambino a bordo di quella nave spaziale. Si, quella era una nave spaziale ritrovata nel deserto. In ogni modo, appena aprirono quella porta e trovarono il bambino, si scatenò l'inferno. Qualcosa di primordiale attaccò quegli uomini, li uccise tutti e poi scomparve. E non c'era più nessun bambino."
Nate si schiarì la gola secca. "E perché pensa che quel bambino sia io?"
L'agente lo guardò crudelmente per un attimo. "Non pensare di essere più furbo di me, Nate. Sia tu che io sappiamo che quel bambino eri tu, che sei stato dato in adozione per proteggere chi eri."
Nate fissò il pavimento, troppo stanco per negare.
"Quello che non sappiamo è chi siano i tuoi genitori." Puntò lo schermo alle sue spalle. "Chi era quella persona. Dal tuo DNA, sappiamo che sei parente stretto di Max Evans. Ci occuperemo di lui alla fine. Nel frattempo, vogliamo sapere chi è tua madre."
Nate tornò col pensiero alle informazioni che aveva raccolto, ai pezzi mancanti di quelle informazioni che gli avevano fornito così poche risposte. Quel giorno si era sentito tradito, nel sapere che la sua discendenza era avvolta nel mistero. Ora, tuttavia, realizzò il vantaggio che una documentazione incompleta poteva costituire.
Girando la testa, rivolse all'agente un sorriso stanco. "Avete voi i documenti della mia adozione."
L'agente insistette. "Si, ma non indicano chi sono i tuoi genitori."
Nate rise amaramente. "Perché non ne ho. Io sono figlio di nessuno."
Nonostante fosse totalmente esausto, l'ironia di quella situazione lo colpì e cominciò a ridere istericamente.
Una risata che l'agente O'Donnell non trovò divertente. "Agente Darmon!" chiamò sopra le sue spalle.
La risata di Nate si spense alla vista dell' uomo che era entrato dalla porta scorrevole. Era un uomo massiccio, le cui spalle erano due volte quelle di Nate. Ma non fu solo il suo aspetto fisico, fu la morte nei suoi occhi che fece gelare il sangue di Nate
"Questo è l'agente Darmon." disse O'Donnell "E' differente da tutti gli altri agenti che abbiamo. Vuoi sapere perché?"
Gli occhi azzurri di Nate erano spalancati per la paura mentre guardava prima O'Donnell, poi il colosso che era appena entrato nella stanza.
"L'agente Darmon" cominciò O'Donnell "è qualcuno che tu chiameresti non di questa terra."
Un alieno. L'FBI aveva un alieno che lavorava per loro. Gli tornarono in mente le parole di Max, la sua spiegazione di come avesse trascorso la vita, proteggendo la Terra da un'invasione. Se solo Max avesse saputo che il governo degli Stati Uniti era già stato invaso …
"Anche l'agente Darmon è piuttosto esperto nell'ottenere risposte. Ha un metodo che nessuno di noi riuscirebbe ad usare." Il padre di Annie guardò l'alieno. "Perché non dai al signor Spencer un piccolo assaggio, eh?"
Senza una parola, Darmon si avvicinò a Nate, che cercò immediatamente di tirarsi indietro, dimentico del dolore al pollice. Comunque l'alieno non lo toccò. Si limitò a posare una mano davanti al petto di Nate. Un momento dopo Nate sentì come se qualcuno avesse stretto il suo cuore in una morsa, mentre il muscolo si sforzava di pulsare normalmente. La paura gli percorse le vene, peggiorando ancora la situazione. Proprio mentre pensava di non resistere oltre, sentì il suo cuore fermarsi completamente, per un periodo sufficientemente lungo da far offuscare il mondo intorno a lui …
La testa di Nate tornò lucida all'improvviso, il cuore che era tornato a martellargli contro le costole. Quando la sua vista si schiarì, vide che l'alieno si era obbedientemente allontanato da lui di pochi passi.
L'agente O'Donnell si alzò dalla sedia e si inginocchiò accanto a Nate. "Ora ascoltami bene, Nathan. Io voglio delle risposte. E le voglio in questo ordine, Voglio sapere chi è tua madre. Voglio la certezza di chi sia tuo padre. E voglio sapere dove si nascondono tutti gli altri. Se non mi rispondi immediatamente, la prossima volta non fermerò l'agente Darmon quando starà per ucciderti."
 

Continua...

Scritta da Karen (MidwestMax)
Traduzione italiana con il permesso dell'autrice
dall'originale in inglese, a cura di Sirio


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