Roswell.it - Fanfiction

IL CONTE E LA CAMERIERA


RIASSUNTO: Storia ambientata nella Londra dell’800. Michael è un conte e Maria la cameriera ai suoi servizi, cresciuta con lui. Ci sarà una speranza per il loro amore? Niente poteri.

DATA DI COMPOSIZIONE: 21–22/03/2004

ADATTO A: bambini con adulti

DISCLAIMER: Tutti i diritti dei personaggi di “Roswell” appartengono alla WB e alla UPN. I personaggi di Altea, Iside, Samit e Latos sono di mia invenzione. Questo racconto è di proprietà del sito Roswell.it.

La mia e-mail è rapiro84@libero.it


Londra 1840,
Hank Guerin, conte di Stafford, stava guardando suo figlio Michael giocare allegramente con Maria, la figlia della cuoca. Aveva fatto di tutto per impedire che i due bambini giocassero insieme; aveva perfino parlato con Amy, la madre di Maria, ma non c’era stato verso di far capire a Michael che giocare con i figli della servitù non era una cosa rispettabile per il suo rango sociale. Sua moglie Giuly però, una donna tanto dolce quanto bella, aveva sempre approvato l’amicizia tra i due bambini ed ora che era morta, Hank voleva rispettare il desiderio della moglie lasciando giocare i due bambini.
Michael era un bel bambino castano con gli occhi nocciola di otto anni. Era allegro e spensierato quando stava con Maria, ma taciturno quando il ciclone Maria, così la chiamava Hank, non era nei paraggi. Maria sapeva, nonostante avesse due anni in meno di Michael, tirare fuori il meglio del suo bambino, rendendolo effettivamente un bambino, senza preoccupazioni o obblighi sociali da rispettare.
Maria era una bambina bellissima: bionda con splendidi occhi verde smeraldo; occhi pieni di speranza e di gioia di vivere, nonostante fosse la figlia di una cuoca al servizio di una nobile famiglia inglese. Probabilmente anche lei avrebbe svolto mansioni simili a quelle della madre, ma questo non intaccava il suo spirito sognatore, la sua convinzione che comunque la vita è una cosa bellissima.
Giuly era morta da pochi giorni ed Hank non riusciva a farsene una ragione. Aveva disdetto i suoi impegni di lavoro e trascorreva tutto il giorno seduto sul dondolo in cortile ad osservare suo figlio, l’unica persona che gli era rimasta, la persona più importante della sua vita. Sperava con tutto il cuore che Michael avesse la fortuna di vivere una situazione matrimoniale serena e piena di amore, come era stato per lui. Suo figlio non doveva soffrire, stava già soffrendo abbastanza ora. Era ancora piccolo e forse non si rendeva pienamente conto di quello che era accaduto alla madre, ma Hank lo sentiva piangere ogni sera e prima di addormentarsi lo sentiva salutare la madre. Era straziante per lui vedere suo figlio far finta che tutto andasse bene, quando invece dentro di sé era martoriato dal dolore.
Man mano che passava il tempo però, Michael si chiudeva sempre più in se stesso e nemmeno Maria era più in grado di farlo ridere. Aveva soffocato per troppo tempo i suoi veri sentimenti, ed ora non riusciva più ad indossare quella maschera di indifferenza che così duramente aveva creato per non dare ulteriori preoccupazioni al padre.
Hank si accorse del peggioramento del figlio e decise di iscriverlo in una scuola privata di Bristol, dove avrebbe avuto a disposizione uno psicologo personale e dove sarebbe stato lontano dalla sua casa d’infanzia, che risvegliava in lui belli ma dolorosi ricordi. Hank si odiava per quella sua decisione, però era necessaria per la salute del suo unico figlio.
Quando gli comunicò la notizia, Michael non protestò, non si arrabbiò, non pianse, non fece niente di niente: non voleva apparire debole agli occhi del padre.
- Michael, devo dirti una cosa importante… - cominciò Hank. Trovare le parole adatte non era affatto facile.
- Dimmi papà –
- Ascolta, io ti voglio bene e non vorrei mai separarmi da te, ma credo che ora la cosa più giusta da fare sia quella di mandarti a studiare a Bristol –
- Bristol? –
- Sì, figliolo. Vedi, tu qui stai male, hai troppi ricordi di tua madre e magari allontanandoti per un po’ da questa casa comincerai a soffrire di meno. Sappi che, non appena vorrai ritornare, non dovrai fare altro che dirmelo e ti riporterò qui. Verrò a trovarti spesso –
- Capisco – rispose Michael abbassando la testa.
Hank abbracciò forte il figlio, cercando di trasmettergli tutto il suo amore e il dolore per quella decisione.
Pochi giorni dopo il suo nono compleanno, Michael lasciò il suo castello che l’aveva visto neonato. Era straziante per lui allontanarsi da quel luogo. Lì aveva tutti i suoi più bei ricordi con sua madre e temeva che, una volta lontano, li avrebbe scordati.
Nonostante la giovane età, comprendeva la decisione del padre e sapeva che lo faceva solo per il suo bene. Anche lasciare Maria era veramente difficile. Lei era come una sorella per lui e non potere esserci a proteggerla e a prendersi cura di lei lo distruggeva. Sperava solo di tornare il prima possibile e trovare tutto esattamente come in questo momento.
Quando abbracciò Maria scoppiò a piangere: - Piccola, promettimi che starai bene e che mi aspetterai per giocare ancora insieme – le disse.
- Non ti preoccupare Micky, io sarò sempre qui –
- Ti voglio bene ciclone Maria –
- Ti voglio bene anch’io –
Amy ed Hank si commossero: loro erano la dimostrazione che la diversità sociale non conta, almeno quando si è bambini. Si vuole bene ad una persona per quella che è e non per quello che rappresenta.
Dopo gli ultimi saluti, Michael e suo padre salirono sulla carrozza e scomparirono all’orizzonte. Maria pianse tutto il giorno. Non capiva per quale motivo l’avessero separata da lui, dal suo amico e fratellone, ma sapeva che Michael non l’avrebbe abbandonata.

Londra, 1855
Erano trascorsi quindici anni da quando Michael se n’era andato.
Maria ora aveva ventidue anni e dall’età di sedici lavorava presso il conte di Stafford come cameriera e dama di compagnia. Hank le voleva bene come ad una figlia e le permetteva di vivere negli alloggi degli ospiti invece che in quelli della servitù.
Maria non aveva mai più rivisto Michael. Si erano scambiati lettere per cinque anni, poi Michael aveva smesso di rispondere. Hank le aveva detto che era molto occupato con gli studi, ma Maria temeva che il loro rapporto si fosse logorato. Non vedeva l’ora di riabbracciarlo, ma aveva una paura folle che lui non si ricordasse nemmeno di lei. Lei era solamente una serva e sicuramente Michael non l’avrebbe nemmeno degnata di uno sguardo.

Michael rimise piede a Londra dopo quindi lunghi anni di assenza. Nonostante il tempo, gli sembrava sempre la solita vecchia e nuvolosa Londra, ma ora era pronto ad affrontare il passato.
I primi tempi a Bristol erano stati duri: gli mancavano suo padre, Maria, Amy e le sue torte, gli mancava la sua casa coi suoi ricordi e il senso di protezione che aveva sempre saputo dargli. Crescendo si era reso conto che solo stando lontano dalla sua casa natia sarebbe potuto diventare uomo, senza più paura del passato.
Maria era nei suoi pensieri continuamente, anche quando aveva smesso di rispondere alle sue lettere. Tutti nel suo ambiente gli avevano sempre ripetuto che non ci può essere nessun rapporto di amicizia coi domestici ed i figli dei domestici, e Michael non voleva dare a Maria false speranze. Quando sarebbe tornato a casa non avrebbe più potuto essere il suo fratellone, anche se avrebbe continuato a proteggerla dall’ombra.
Ed ora stava proprio andando a casa, dopo essersi laureato in economia. Il motivo principale del suo ritorno era la festa di fidanzamento di Max Evans, futuro conte di Harmington ed Elizabeth Parker, figlia del conte di Birmingham.
Aveva conosciuto Max a Bristol ed erano diventati da subito molto amici, quasi inseparabili. Poi Max aveva conosciuto Elizabeth, Liz per loro, e si erano innamorati. Il conte di Harmington viveva in una tenuta poco lontana da casa sua e i loro padri erano molto amici. Ovviamente non poteva mancare al fidanzamento del suo migliore amico; perciò quello era il momento giusto per tornare a casa.

Maria era in cortile che stava ritirando il bicchiere e la caraffa di limonata dal tavolino, quando vide giungere una carrozza che si fermò davanti all’ingresso principale. La ragazza portò il vassoio in cucina, poi andò ad aprire la porta.
Si trovò davanti il ragazzo più bello mai visto in vita sua: alto, fiero, un fisico perfetto, lunghi capelli castano chiaro, occhi nocciola.
Michael si sentì mancare non appena quell’angelo gli aprì la porta. Era la creatura più bella che avesse mai visto. Aveva avuto delle storie durante la sua adolescenza e quella con Courtney era durata due anni, ma la sua bellezza veniva completamente azzerata se messa a confronto con questa ragazza: lunghi e mossi capelli biondi che formavano un’aureola intorno a quel viso d’angelo dai bellissimi e splendenti occhi verdi e da piene e rosse labbra. Era perfetta in tutto e per tutto.
Dopo qualche secondo, in cui i due rimasero a fissarsi, Maria ruppe il silenzio: - Desidera? –
- Sono il figlio del conte di Stafford. Può annunciarmi a lui? –
La sua voce era imperiosa e dolce allo stesso tempo e le sue labbra si incurvarono in un sorriso così splendente da farle quasi girare la testa. Cosa aveva detto? Il figlio del conte? Michael!
- Michael! – urlò Maria con gli occhi lucidi.
Oddio, questa dea era Maria, la sua piccola e pestifera Maria!
- Maria! – esclamò Michael e, non potendo resistere, la abbracciò.
‘Mio Dio, com’è bello essere di nuovo tra le sue braccia’ pensarono entrambi.
Restarono così, immobili, per quelle che sembrarono ore, poi si allontanarono e Maria, piangendo disse: - Mi sei mancato da morire –
- Anche tu –
- Michael, perché non hai più risposto alle mie lettere. Mi sono così preoccupata –
- Lo so, scusami, ma ho avuto così tanto da fare –
- Non so se è il momento giusto per chiedertelo, ma so come vanno le cose ai giorni d’oggi, quindi… io e te possiamo ancora essere amici? –
Michael sentì una fitta al cuore. Cosa doveva rispondere? Come doveva comportarsi con lei? Sarebbe stato tutto molto più semplice se lei non si ricordasse di lui o se non si aspettasse niente da lui. Ma come poteva non aspettarsi niente da lui se la cosa che lui stesso desiderava di più era trascorrere tutto il tempo con lei raccontandole tutto quello che aveva fatto, e stringerla forte promettendole che non si sarebbe mai più allontanato da lei? Voleva essere ancora suo amico, tanto più che lei viveva con loro. Suo padre gli aveva detto che la considerava un po’ come una figlia.
- Maria, ma che domande mi fai? Certo che saremo ancora amici. Certo, ora non giocheremo più a mosca cieca in giardino, ma io ci sarò sempre per te – le ripose facendole un grosso sorriso.
- Oh, Micky – disse Maria gettandosi nuovamente tra le sue braccia.
Da quanto non si sentiva più chiamare così! Courtney l’aveva chiamato Micky una volta ma lui le aveva detto di non farlo mai più, perché solo Maria doveva chiamarlo così. Lui era il suo Micky e lei era il suo ciclone Maria, e questo niente e nessuno poteva cambiarlo.
A Maria sembrò un sogno essere nuovamente con Michael, e le sue parole l’avevano resa felice oltre ogni limite: loro due erano ancora amici e lui sarebbe restato con lei ora. Aveva una gran voglia di tempestarlo di domande, ma si trattenne e gli disse: - Vieni, andiamo da tuo padre –
Il conte Hank li accolse con un largo sorriso. Finalmente Michael era di nuovo a casa e Maria era tornata splendente. Hank aveva riversato tutto il suo affetto su Maria durante l’assenza di Michael, quindi si avvicinò ai due giovani e li abbracciò.
- Michael, sei sempre più bello – disse Hank poco dopo.
- Grazie, anche tu non sei male. Ti vedo in forma –
- Merito di Amy e di Maria. Se non avessi loro due non saprei proprio cosa farei – disse, facendo un sorriso a Maria, che ricambiò.
- Vieni, siediti. Io so già perché sei tornato e se resterai, ma Maria no… avanti, raccontale le tue avventure. Io vi lascio soli –
Quando furono soli Michael disse: - Ti vuole molto bene –
- Lo so, e gliene voglio anch’io. Ha fatto tanto per me –
- Maria, ho pensato a te ogni giorno. Volevo sapere cosa facevi, se qualcuno ti dava fastidio, se stavi bene, ma mio padre non mi ha mai detto niente. Diceva solo: “Sta bene e cresce a vista d’occhio. Diventa bella ogni giorno di più” –
Ovviamente non aggiunse ‘E aveva ragione’, anche se lo pensava veramente.
- Anch’io ti ho pensato tanto e quando hai smesso di rispondere alle lettere sono stata così male. Avevo paura che ti fossi dimenticato di me –
- Come avrei potuto? Siamo cresciuti insieme. Ti ho praticamente vista in fasce e più di una volta ho assistito tua madre quando ti cambiava il pannolino –
- Oh mio Dio! Non me l’avevi mai detto! Mi hai vista nuda! –
- Già – Poi scoppiarono a ridere.
Parlarono tutto il giorno, fino a notte fonda. Erano felici, si sentivano veramente a casa, erano completi insieme e avevano ancora l’illusione che nulla fosse cambiato. Niente per loro era più bello che Michael e Maria di nuovo insieme. Quella note dormirono beati come due bambini, facendo sogni incantati, e la mattina seguente si svegliarono col cuore carico di felicità.
- Dormito bene? – chiese Hank al figlio durante la colazione.
- Mai dormito meglio –
- Michael, so che sei molto legato a Maria, e lo sono anch’io, ma il vostro rapporto non deve andare al di là dell’amicizia fraterna che vi lega da quando siete bambini –
- Lo so, papà. Sono il suo fratellone. Questo però non ce lo puoi togliere –
- Non ci proverò nemmeno, tanto sarebbe inutile. Solo non trasformate quest’amore fraterno in amore vero e proprio. La società in cui viviamo non lo permette –
- Spero solo che non ci condannino già da ora fraintendendo il nostro rapporto –
- Basterà che vi darete del lei quando ci sono ospiti –
- È una cosa tremenda –
- Lo so, ma tu sei il futuro conte di Stafford, avrai molte responsabilità e dovrai salvare le apparenze –
- Io non capisco, siamo tutte persone uguali! Perché devo sentirmi superiore ad un’altra persona? –
- Non devi sentirti superiore, ma davanti ad altri membri della tua società devi far finta di esserlo. Figliolo, la vita è fatta di compromessi e di bugie, bugie per andare avanti e onorare il posto che solo la fortuna ci ha assegnato –
- Onorare dici? Come puoi onorare un posto che surclassa gli altri? Papà, lo faccio solo perché è un tuo desiderio, altrimenti mi metterei qui in giardino a giocare con Maria a mosca cieca –
- E so che ne saresti capace –
Non gli era piaciuta quella conversazione. Lui era sempre stato circondato da persone che si credevano superiori agli altri e trattavano i domestici come animali, ma non aveva mai sopportato questo atteggiamento. Gli erano simpatici Max e Liz perché la pensavano con lui: addirittura la migliore amica di Liz era la figlia del cocchiere. Detestava invece Isabel, la sorella di Max, perché aveva la puzza sotto il naso, si credeva superiore ed era una tale egocentrica da far venire il voltastomaco.
Perché suo padre aveva detto quelle cose? Il fatto di essere cresciuti non voleva per forza dire che si sarebbero innamorati. Loro stavano bene insieme e si volevano bene come fratelli. Certo, ogni volta che le era vicino sentiva una stretta allo stomaco; quando lei lo guardava o gli sorrideva gli girava la testa; non smetteva un attimo di pensare a lei, ma queste sensazioni erano dettate dall’affetto che nutriva per lei.
Lui non aveva paura di essere emarginato dall’alta società: la sua coscienza e i suoi principi contavano di più; perciò se un giorno si fosse veramente innamorato di Maria, avrebbe fatto qualsiasi cosa per stare con lei per sempre.

Qualche giorno dopo si tenne la festa di fidanzamento di Liz e Max e, tornando a casa, Michael capì tutto.
Era mezzanotte passata, eppure trovò Maria ancora sveglia, e quel che vide lo fece morire. La ragazza era in camicia da notte seduta sul dondolo in giardino e stava dipingendo, rischiarata solo dalla luce di una splendida luna piena e da una miriade di stelle.
Era raro vedere a Londra uno spettacolo così, eppure quella notte tutto sembrava magico. Michael rimase a fissarla per un tempo interminabile e capì, capì che il suo non era amore fraterno, ma amore vero e proprio. Capì di amarla da quando l’aveva rivista, da quando aveva guardato in quei limpidi occhi verdi e aveva ritrovato in loro la sua Maria.
Vederla illuminata dalla luna era uno spettacolo surreale, quasi divino. Sembrava una dea scesa sulla Terra per allietare le sue giornate e per stargli accanto. Si sentì fortunato, fortunato di avere accanto a sé una creatura così splendida, così pura e si rese conto che non voleva passare la sua vita con nessuna che non fosse Maria.
Ma come fare a dirlo a suo padre? Come fargli capire i suoi sentimenti? E poi, cosa provava Maria nei suoi confronti? Questa la cosa più importante.
Decise di allontanarla, di costringerla in un certo senso ad una scelta. Non poteva dar retta al suo cuore, non ancora. Non voleva amarla nelle tenebre, voleva amarla alla luce del sole e fare invidia a tutti mostrando la sua Maria. Sì, doveva resistere ai suoi sentimenti, almeno fino a quando non avrebbe spiegato la situazione a suo padre.

Dal giorno dopo Michael attuò il suo piano. Cominciò a trattarla con sufficienza e a rispondere malamente alle sue domande.
Era pomeriggio e il conte era uscito per degli affari. Loro due erano soli in casa e Maria sedette sul divano accanto a Michael. Non riusciva a stargli lontano. Lei aveva capito di amarlo, di averlo sempre amato, non appena lo aveva rivisto una settimana prima. Aveva sognato tutte le notti di lui e altro non voleva che essere ricambiata, non le importava se dovevano stare nell’ombra. Le bastava sapere che lui l’amava per essere felice.
- Allora, ti sei divertito ieri sera alla festa? – gli chiese.
- Sì – rispose freddamente Michael.
- Ti sei svegliato male stamattina? –
- No –
- Vuoi fare il gioco del silenzio? Vediamo chi pala di meno? –
- Non fare la bambina –
- Michael, se c’è qualcosa che non va me ne puoi parlare. Ci siamo sempre detti tutto –
- Non ho niente –
- Non è vero, e non me ne vado di qui finché non mi dirai cos’hai che non va –
- Allora me ne vado io – e se ne andò.
Maria proprio non riusciva a capire cosa fosse successo. Sembrava ce l’avesse con lei, eppure lei non gli aveva fatto niente. Perché aveva cambiato atteggiamento così improvvisamente? Forse si era reso conto che l’amicizia tra un conte e una domestica non poteva esistere? Allora perché non dirglielo? Aveva forse avuto una discussione col padre? La sua testa era piena di interrogativi a cui non sapeva dare una risposta e stava terribilmente male solo al pensiero che Michael non le volesse più bene. Come poteva vivere sapendo che lui non la considerasse nemmeno? Si rifugiò in camera sua e pianse, pianse per molto tempo.
Michael la osservò e per poco non si mise a piangere anche lui. Si sentiva terribilmente in colpa per avere fatto soffrire la persona più importante della sua vita, ma era necessario per il momento allontanarla da lui, far credere a suo padre che lui non provava niente per lei. Ma fino a quando poteva andare avanti questa messa in scena? Fino a quando avrebbe sopportato non avere più la compagnia di Maria? Sperava il più lungo possibile, perché una volta che avrebbe ceduto ai suoi sentimenti, non sarebbe più tornato indietro.

Trascorsero i giorni e Michael era sempre più distante. Maria non aveva nemmeno più il coraggio di avvicinarsi a lui, per timore che lui le rispondesse male o, peggio ancora, la ignorasse. Il conte si accorse del cambiamento di Michael e chiese spiegazioni.
- Michael, tu e Maria avete litigato? –
- No, perché? –
- Perché le rispondi a monosillabi e non la guardi nemmeno in faccia –
- No, non è niente –
- Michael, cosa sta succedendo? –
- Veramente, niente. È che avevi ragione tu, non devo dare troppa confidenza ai domestici –
- Da quando tu dici queste cose? –
- Da quando sono tornato qui e mi sono guardato intorno –
- Se lo dici tu –
Hank non era molto convinto della risposta del figlio, ma non ci rimuginò sopra per più di qualche minuto; aveva troppe cose a cui pensare.
Maria decise di farsi forza e andare a parlare con Michael.
- Michael, dobbiamo parlare – gli disse.
- Non abbiamo niente da dirci –
- Invece sì. Voglio sapere cosa passa per la tua mente malata –
- Proprio niente e non ti permettere più di rivolgerti così a me –
- Non ti riconosco più, si può sapere cosa è successo? Il contatto con la nobiltà londinese ti ha dato alla testa? Dove sono finiti i tuoi principi? Possibile che tu sia così debole? –
Quelle parole lo avevano ferito a morte. Dio, era così che lei lo vedeva? Doveva sembrare veramente un mostro ai suoi occhi. Non poteva permettere che lei lo odiasse, non l’avrebbe mai sopportato e si sarebbe maledetto per tutta la sua vita. Quella ragazza era la sua vita e lui stava rovinando tutto solamente per paura di suo padre e della stupida nobiltà inglese. Al diavolo tutto, lui amava Maria e gliel’avrebbe dimostrato in ogni modo possibile.
Michael si fermò a guardarla negli occhi, poi si avvicinò a lei, le scostò dolcemente una ciocca di capelli dal viso, portandogliela dietro all’orecchio, e poi si chinò a baciarla.
Maria rimase assolutamente sbigottita, confusa da quel gesto. Non si sarebbe mai aspettata una reazione così da Michael. Che anche lui fosse innamorato di lei? Era la prima volta che veniva baciata da un ragazzo, e il primo era proprio Michael, l’unico che volesse.
Quando si allontanarono, rimasero qualche istante a guardarsi negli occhi, indecisi sul da farsi e stupiti di quello che era successo.
- Maria, io…-
- Perché l’hai fatto? Perché un minuto prima mi tratti come se fossi la tua peggior nemica e il minuto dopo mi baci? –
- Perché sono uno stupido –
- Su questo non c’era dubbio – sfuggì a Maria.
- Maria, io ti amo, ti amo da morire, ti amo da quando ti conosco. Prima il nostro era un amore fraterno tra due bambini, ma quando ti ho rivista il giorno in cui sono tornato, be’, l’amore che nutrivo per te si è modificato, diventando amore vero e proprio –
- Michael, tu non puoi dirle certe cose –
- Lo so, ed è per questo che ho tentato di allontanarti in questi giorni, perché non potevo dichiararmi a te. Tutti avrebbero impedito la nostra unione, a cominciare da mio padre. Lui ti tratta come una figlia, ma non accetterà mai che io e te stiamo insieme –
- Michael, perché? –
- Perché ti amo? Perché sei tu, perché sei la mia Maria. Perché te lo dico? Perché non ce la faccio a starti lontano ed è una tortura per me non trascorrere le giornate a chiacchierare con te, non abbracciarti, non prenderti in giro. Perché tu sei il mio mondo. Perché non te l’ho detto prima? Perché sono un codardo. Perché… -
Ma Maria non lo lasciò finire, perché lo baciò. Questa volta fu Michael ad essere stupito, stupito ma estremamente felice. Ciò significava che anche lei ricambiava i suoi sentimenti e che forse per loro c’era una speranza di stare insieme, anche a costo di fuggire da Londra e andare in un luogo dove nessuno li conoscesse.
- Michael, sapessi quanto ho sognato che tu mi dicessi queste parole. Ti amo da morire anch’io, dal momento in cui ti ho rivisto. Dio, siamo due pazzi! –
- No, siamo innamorati –
- Sì, ma siamo due innamorati pazzi. Ti rendi conto che noi due non possiamo stare insieme, vero? –
- Troverò il modo di stare con te. Non mi interessa quello che dice mio padre e la nobiltà. Io voglio stare con te, per sempre, e ci starò… dovessi anche andarmene via di qui –
- Non dire stupidaggini! Non valgo tanto –
- Non dire mai più una cosa del genere. Tu per me sei la cosa più importante e ti starò accanto sempre, qualsiasi cosa accada –
- Michael, stai dicendo sul serio? –
- Certo amore, certo –
- Oh, Micky! –
- Ti prego, chiamami sempre così. Adoro quando lo fai –
I due si abbracciarono e stettero così, stretti stretti per ore, senza avere la forza di allontanarsi l’uno dall’altro.
- Michael, dobbiamo fare le cose di nascosto – irruppe Maria.
- Perché? Non voglio –
- Lo so, ma è necessario. Almeno per i primi tempi. Intanto tu cerca di capire qualcosa da tuo padre, cerca di capire come la prenderà se sapesse di noi due. Non possiamo fare le cose così. Qui c’è in ballo il tuo futuro –
- Il mio futuro è con te, nessun altro futuro è importante per me –
Come lo amava! Com’era bello sentirsi amata! Finalmente era ricambiata dal grande amore della sua vita, dal ragazzo che le aveva fatto battere forte il cuore da sempre. In cuor suo l’aveva sempre amato, non solo come un fratello e quando era bambina sognava di sposarlo un giorno. Forse quel giorno non era poi così lontano, ma avrebbero dovuto affrontare molte difficoltà. Il loro amore sarà messo a dura prova in più di una occasione, di questo ne era sicura.
Le cose tra di loro si complicarono dopo la loro dichiarazione, perché dovevano comportarsi come sempre davanti al conte e al resto della servitù, nonostante avessero solo voglia di stare l’uno nelle braccia dell’altro a coccolarsi e dirsi quanto si amavano. Nessuno fortunatamente notò lo sforzo che facevano, nemmeno il conte. Durante il giorno per loro era una tortura, ma di notte tutto diventava più semplice. Michael andava nella stanza di Maria e lì trascorrevano notti indimenticabili facendo l’amore, chiacchierando, coccolandosi, ripetendosi fino all’infinito quanto si amassero.
Purtroppo l’idillio durò poco, perché due settimane dopo accadde l’irreparabile. Di solito Michael se ne andava non appena sorgeva il sole, lasciandole sempre o un fiore o un bigliettino. Quella mattina entrambi si erano addormentati e caso volle che il conte entrasse nella stanza di Maria per accertarsi che stesse bene, dato il suo ritardo.
Il conte bussò ma non ottenne risposta. La porta era aperta, così decise di entrare.
- Maria, tutto be… -
Le parole gli morirono in gola. Lo spettacolo che vide gli fece più male di cento pugnalate. Michael e Maria teneramente addormentati l’uno nelle braccia dell’altro. Questo quadro lo riportò al passato, quando anche lui si trovava nella stessa situazione del figlio, e non voleva che la cosa si ripetesse. Troppa sofferenza. Dio, erano così belli insieme! Erano perfetti, ma non poteva permettersi di fare il sentimentale, doveva essere il conte di Stafford, freddo e calcolatore. Non poteva permettere che suo figlio conducesse la sua stessa vita.
- Maria! Michael! – si mise ad urlare.
I due si svegliarono di soprassalto, riconoscendo la voce del conte.
- Cosa significa questo spettacolo indecente? –
- Papà, io la amo – disse Michael, come se quella fosse la cosa più naturale del mondo. Certo, per lui lo era, ma per suo padre no.
- Non dire più queste idiozie! Esci immediatamente da quel letto e vieni nel mio ufficio. E tu, Maria, vestiti e vammi a preparare la colazione –
Quando il conte se ne fu andato, Michael e Maria si abbracciarono per farsi forza.
- Cosa succederà adesso? – chiese Maria.
- Non lo so, ma qualcosa mi inventerò. Non ci separerà. Te lo prometto –
- Ti prego, non farlo arrabbiare ulteriormente –

Dieci minuti dopo Michael era di fronte al padre. Nei suoi occhi leggeva un misto di comprensione e tenerezza e freddezza, tristezza, quasi disgusto. Non riusciva a capire come sentimenti così contrastanti potessero essere presenti in suo padre in quel momento.
- Cosa ti è saltato in mente? –
- Niente –
- Niente!? Portarti a letto Maria ti sembra niente? –
- Papà, la amo, noi ci amiamo –
- Questa parola non deve uscire dalla tua bocca quando parli di lei! Ti avevo avvisato. Non trasformare l’amore fraterno in amore vero e proprio, e tu naturalmente hai fatto di testa tua –
- Non è stata la testa, il cuore –
- Risparmiami le tue stronzate! Comunque ho fatto anch’io di testa mia. Sono appena stato al telefono col conte di Harmington ed è stato molto felice di concederti la mano di sua figlia Isabel –
Michael si sentì svenire. Odiava quella ragazza!
- Tu sei pazzo! Io non sposerò mai quella serpe! Non la sopporto. Non puoi costringermi –
- Certo che posso. In questa casa sono io che prendo le decisioni e tu, come tutti gli altri, devi rispettarle –
- Questa volta no. Mi opporrò con tutte le mie forze. Non mi separerai da Maria un’altra volta –
- Come vuoi tu. Oggi pomeriggio verranno il conte di Harmington con Isabel e ne discuteremo a quattr’occhi. Puoi andare –
Michael lo guardò con aria di sfida ed uscì dall’ufficio. Andò dritto a cercare Maria e, una volta trovata, la portò in giardino.
- Mio padre si è vendicato… -
- Cosa è successo? –
- Vuole farmi sposare quell’odiosa di Isabel Harmington –
- Oh mio Dio! –
- Io la detesto quella ragazza. Io voglio te, solo te. Non voglio perderti, non di nuovo –
- Te l’ho detto che stavamo facendo una pazzia. Se solo non ti amassi così tanto! –
- Fidati, qualcosa mi inventerò. Oggi pomeriggio vengono il conte di Harmington e sua figlia, e farò sentire le mie ragioni –
- Non servirà a niente. Loro hanno il potere di farlo e noi due saremo separati di nuovo –
- Non accadrà. Ti ho già detto che farò qualunque cosa –
I due si abbracciarono, poi rientrarono in casa. intanto il conte di Stafford aveva assistito alla scena dalla finestra del suo ufficio. Dio, come gli assomigliava suo figlio! La stessa determinazione nel salvare l’unica cosa bella della sua vita, la stessa ribellione nei confronti di una società che imponeva standard fuori da ogni sentimento.
Il pomeriggio in casa Stafford fu movimentato.
- Credo che sappiate il motivo per cui siete qui – cominciò Hank rivolto al conte di Harmington e la figlia Isabel.
- Sì – rispose Philip Evans.
- Io mi oppongo – disse Michael.
- Anch’io – rispose Isabel.
- Non siete nella posizione di decidere un bel niente – disse Philip, guardando sua figlia.
- Perché volete farci sposare così d’improvviso? Prima non ne avete mai parlato – chiese, retoricamente Michael, però voleva sapere cosa aveva spinto il conte di Harmington ad accettare la proposta di suo padre.
- Ho trovato la signorina qui presente a letto con il figlio del giardiniere – disse Peter.
- Io l’ho trovato a letto con la cameriera – disse Hank.
Isabel a letto con il figlio del giardiniere? Ma se lei odiava i domestici? Non era possibile che la superba Isabel si fosse abbassata al livello di un domestico.
- Allora era tutta una finta la tua – disse Michael.
- A cosa ti riferisci? – chiese Isabel.
- Al fatto che tu hai sempre trattato i domestici come delle pezze da piedi. Dovevi mascherare il tuo amore per uno di loro –
- Sì – rispose la ragazza, abbassando il capo. Non le era piaciuto comportarsi così, ma suo padre non avrebbe mai permesso che lei stesse con un domestico. Così, davanti agli altri faceva vedere di essere una persona glaciale e superiore, ma quando era con Alex cambiava completamente, diventando dolcissima. Era molto innamorata di Alex, e niente l’avrebbe divisa da lui. Non gliene importava niente del nome e del denaro, voleva solo Alex. Erano molto simili lei e Michael, ed erano anche accomunati dallo stesso sfortunato destino. Eh, com’erano stati fortunati Max e Liz!
- Non ci interessa quello che pensate voi due. Avete fatto una cosa imperdonabile, perciò, per mettere a tacere ogni piccola cosa, voi due vi sposerete – fu irremovibile Hank.
- No! – esclamarono i due ragazzi all’unisono.
- Sarà meglio che vi fate piacere l’idea, perché non accettiamo un no come risposta, e ovviamente nel contratto di matrimonio ci sarà una clausola che impedirà la vostra separazione anche solo per un giorno. Siamo stati chiari? – ribadì il concetto Philip.
Isabel scoppiò a piangere e Michael strinse forte i pugni. Aveva una gran voglia di spaccare la faccia sia a suo padre che a quell’arrogante del conte di Harmington. Ma perché non era nato domestico? Così avrebbe potuto sposare Maria anche il giorno dopo.
Quando i due indesiderati ospiti se ne furono andati, Michael si chiuse in camera sua a riflettere. Doveva trovare un modo per stare con Maria, e in fretta. Le nozze erano fissate tra una settimana. Non avrebbero nemmeno fatto una festa di fidanzamento, perché non ce n’era il tempo. Questo sollevò molto Michael.
Quella sera non scese nemmeno a cenare e, nella notte, Maria non lo andò a trovare. Ci rimase male, ma comprendeva il suo comportamento. Maria lo aveva fatto perché sapeva che lui doveva riflettere e che non avrebbe giovato a nessuno farsi trovare insieme la mattina successiva.
Il giorno dopo a colazione Michael non vide Maria.
- Dov’è Maria? –
- Non si sentiva bene –
Si alzò immediatamente dalla sedia e andò in camera sua. Vuota, completamente vuota, e il letto era fatto.
Scese giù come una furia.
- Dov’è Maria? – urlò contro suo padre.
- Via –
- Cosa vuol dire via? Dove l’hai mandata? Cosa le hai fatto? –
- L’ho licenziata –
- Tu cosa…!? Sei un verme! Hai talmente paura del nostro amore che arrivi anche a questi trucchetti. Cosa c’entrava lei? Non si meritava di essere licenziata! E tu poi sei quello che la considera come una figlia? Mi fai schifo! – appena ebbe finito di sbraitare contro un padre ammutolito, andò a cercarla. Doveva trovarla, ad ogni costo.
Vagò per le strade di Londra per tutto il giorno, entrò in tutti i ristoranti, gli hotel, le trattorie, i bar e finalmente la trovò. Era sera tardi e Maria stava servendo ai tavoli in un bar. Era un bar di lusso, ma lui la voleva accanto a sé. Doveva sapere che lei dormiva sotto il suo stesso tetto.
- Maria –
- Michael –
I due si abbracciarono, incuranti dei clienti del locale che li guardavano con gli occhi fuori dalle orbite. Il figlio del conte di Stafford con la cameriera! Era una notizia bomba! Ma a Michael e Maria non interessava. Quel giorno era stato il più brutto della loro vita e volevano solo godersi il fantastico momento di riabbracciarsi di nuovo.
- Vieni, ti porto a casa –
- No, tuo padre mi ha licenziata –
- Ti riassumerà, o lo ammazzo –
Michael era irremovibile e Maria acconsentì.
Hank li stava aspettando nel salone. Sapeva che lui l’avrebbe trovata e riportata a casa. Gli era costato molto licenziarla, ma per le apparenze aveva dovuto farlo ed era stata come una prova per Michael.
- Come mai ci hai messo così tanto? – esordì Hank.
- Lei resta – disse solo Michael, iniziando a salire le scale, tenendo Maria abbracciata.
- Sì, ma se vi ripesco ancora una volta insieme… -
- Cosa fai? Tanto tra una settimana mi sposo con Isabel. Cosa vuoi che cambi – non diede il tempo a suo padre di rispondere, e sparì nel corridoio del piano superiore.
- Allora è deciso – disse Maria.
- Sì, ma io ho un’idea –
- Cioè? –
- Ci sposiamo prima noi due –
- Cosa? –
- Sì, se noi due ci sposiamo in una chiesa avremo un contratto matrimoniale e nessuno potrà più dire niente. Noi due staremo insieme –
- Michael, non sai come potrà reagire tuo padre –
- Che faccia quello che vuole. Mi basta stare con te, il resto non conta –
- Tu sei pazzo –
- Pazzo di te –
Naturalmente passarono la notte insieme, non ricordando nemmeno la minaccia di Hank. Quando erano insieme c’erano solo loro due, il resto non contava.

Come deciso, due giorni dopo si sposano. Erano sgattaiolati fuori di casa nel cuore della notte, facendo il minimo rumore ed erano andati in un paesino vicino Londra, dove un sacerdote era disposto a sposarli. La mattina successiva all’alba si celebrò il loro matrimonio e i testimoni furono Max e Isabel.
Quando il sacerdote disse: - E vi dichiaro marito e moglie – a Michael e Maria sembrò scoppiasse il cuore dalla felicità. Ce l’avevano fatta! Il primo passo era compiuto. Ora più nessuno poteva separarli, loro erano sposati per la chiesa e anche legalmente, dato che erano riusciti ad avere un contratto matrimoniale. Isabel e Max erano felicissimi per loro, soprattutto Isabel, dato che quello significava un possibile futuro col suo Alex. Se c’era riuscito Michael, perché non doveva riuscirsi anche lei?
Non appena la cerimonia fu terminata, tornarono a casa, per non destare sospetti. Era presto, il conte dormiva ancora e nessuno si era accorto della loro assenza. Tirando un sospiro di sollievo andarono nella stanza di Michael a trascorrere la loro prima notte di nozze.
Il matrimonio con Isabel era fissato per tre giorni dopo. Tutto era pronto: gli inviti erano stati mandati, la chiesa era stata prenotata, il rinfresco era stato organizzato, i vestiti erano stati scelti. Insomma, il matrimonio dell’anno era stato organizzato.
Felice come una pasqua Isabel si recò in chiesa. Sapeva che non avrebbe dovuto sposare Michael, e questo la rendeva veramente felice e speranzosa.
Erano tutti in chiesa, ognuno al proprio posto, quando fece ingresso Michael mano nella mano con Maria.
Esclamazioni di stupore si alzarono dagli invitati, ma attesero che Michael spiegasse. Il ragazzo mostrò al sacerdote il contratto matrimoniale e poi si girò verso la folla.
- Ho appena dato al sacerdote il mio contratto matrimoniale stipulato con Maria De Luca, la ragazza qui al mio fianco. Noi ci siamo sposati tre giorni fa, con cerimonia legale, perché ci sembra una vergogna che due persone che si amano non possano stare insieme perché non rispettiamo gli standard imposti dalla nostra società. Vorrei sapere quanti di voi si sono sposati per amore. Uno? Forse due? E tutti gli altri? Matrimoni senza amore, frutto di accordi tra i genitori, accordi che hanno portato altra ricchezza e altro prestigio alle famiglie. Ma com’è vivere con una persona che non si ama? Sapere di doverla vedere ogni giorno della nostra vita senza provare nulla per lei? Com’è sapere che la persona che si ama è lontana da noi e che il nostro sogno d’amore è stato infranto da stupide regole medievali e classiste? Io e Maria abbiamo detto no a tutto questo e siamo la prova che l’amore tra un nobile e una domestica può essere coronato. Condannatemi se volete, condannatemi solamente per il fatto che ho avuto il coraggio di amare –
Erano tutti ammutoliti, poi Isabel e Max iniziarono ad applaudire, e nel giro di poco tutti i presenti lo stavano facendo, tutti ad eccezione dei genitori di Michael ed Isabel. A nessuno dei presenti, infatti, era mai andata a genio quest’usanza di sposarsi solo tra di loro, perché erano quasi sempre matrimoni combinati e senza amore. Finalmente un ragazzo aveva avuto il coraggio di ribellarsi a queste regole ed erano tutti con lui.
Il conte di Stafford e il conte di Harmington erano furibondi. Michael li aveva umiliati, sbeffeggiati, aveva reso la loro parola non più un ordine. Michael gliel’avrebbe pagata, Hank lo giurò.

Quando tornarono a casa, l’atmosfera era glaciale. Michael e Maria erano seduti sul divano sotto lo sguardo inferocito del conte di Stafford.
- Voi due non sapete quello che avete fatto! Ci avete fatto sentire due pagliacci. Ma come vi siete permessi? –
- È stata mia l’idea. Lei non c’entra – disse Michael.
- Infatti è con te che me la prenderò. Da questa sera considerati figlio di nessuno. Sei stato scomunicato da questa famiglia. Il tuo cognome non è più come il mio e tu non possiedi più nulla. Ho già comunicato tutto al notaio. Ora prendete le vostre cose e andatevene. Non voglio più sentire parlare di voi – detto questo il conte se ne andò.
Maria e Michael prepararono le valigie e se ne andarono.
- È tutta colpa mia. Io non avevo niente da perdere, e tu invece tutto. Michael, sono stata la tua rovina. Come fai a non odiarmi? – non si dava pace Maria.
- Tu stai delirando. Tu sei la mia fortuna. Non so cosa sarei diventato senza di te, tu mi hai fatto capire che l’amore è più importante di qualunque altra cosa, soprattutto del denaro. Non mi interessa se ora finiamo a fare i pezzenti, basta che siamo insieme –
Quella sera si arrangiarono a dormire in un albergo molto scadente, ma erano comunque felici. Finalmente erano liberi, liberi e insieme. Il giorno dopo Max bussò alla camera della loro stanza.
- Max, che ci fai qui? –
- Perché non mi hai detto niente? –
- Come facevo –
- Potevi venire da me –
- E perché? –
- Come perché? Perché noi siamo amici. Su, prendete le vostre cose e venite con me. Da oggi siete ospiti miei e di Liz –
- Max, non possiamo accettare –
- Non accetto un no come risposta. Ho già detto a Rachel di prepararvi la camera degli ospiti. Non volete mica farle fare del lavoro per niente? – Max sapeva sempre come fare capitolare l’amico. Sapeva benissimo che odiava lo sfruttamento dei domestici.
- D’accordo, questa volta hai vinto tu –
- Benissimo –
- Max, noi due non abbiamo più niente –
- E allora? Ho detto che vi ospiteremo, mica che vi faremo pagare l’affitto. Potrete restare da casa nostra quanto volete, tanto lo spazio c’è. Forza andiamo –
- Max, non so come ringraziarti –
- Non devi amico. Sei stato fantastico ieri, assolutamente fantastico. Sono fiero di essere tuo amico – i due amici si abbracciarono, poi scesero e si recarono a casa di Max.
Liz li accolse nel migliore dei modi. Era una ragazza dolcissima, e sicuramente sarebbe diventata molto amica di Maria.
- Ben arrivati – esclamò la ragazza abbracciando entrambi.
- Liz, lei è Maria –
- La famosa Maria! Lo sai che quando eravamo a Bristol Michael non smetteva un attimo di parlare di te? –
- Davvero? –
- Sì, giurerei che era innamorato di te già da quando aveva nove anni. Forza, non state sulla porta, venite. Vi mostro la vostra stanza –
Dopo un giro della casa, sedettero in salotto a parlare.
- Siete sicuri che non vi daremo disturbo? – chiese Maria.
- Max, secondo te come dobbiamo farglielo capire che sono i benvenuti? –
Maria scoppiò a ridere, era veramente simpatica Liz.
- Sai, io sono sempre sola qui e avere qualcuno con cui parlare allieterà le mie giornate. Sono così felice che voi siete qui. Questa casa è enorme e noi due soli ci perdiamo – continuò la ragazza.
- Grazie Elizabeth – disse Maria.
- Elizabeth? Io sono Liz! Solo quelle vecchie zitelle dell’alta società mi chiamano Elizabeth – Maria scoppiò nuovamente a ridere.
Dopo una bel pranzo Michael andò a cercare lavoro. Nonostante le insistenze di Max e Liz non se la sentivano di dipendere da loro due e giunsero a questo accordo: Maria sarebbe rimasta con Liz, altrimenti lei sarebbe impazzita da sola, mentre Michael andò a cercare lavoro nel campo dell’economia. Sicuramente avrebbe avuto un lavoro prestigioso dato il suo titolo di studio.
E così infatti fu: trovò impiego come bancario, un lavoro di grande prestigio e molto ben retribuito.

Il tempo trascorreva velocemente in casa Evans. Maria e Liz diventarono amiche per la pelle, era quasi impossibile dividerle, e ovviamente si saldò ulteriormente l’amicizia tra Max e Michael. Quando Michael e Maria ebbero messo da parte abbastanza denaro, acquistarono una casa, abbastanza modesta, proprio di fronte a quella di Max e Liz.
Michael non ebbe più contatti con suo padre e, quattro anni dopo la sua scomunica, giunse a casa sua il notaio di famiglia.
- Cosa vuole questa volta mio padre? – esordì Michael non appena lo vide.
- Se posso entrare, avrei alcune cose da dirle –
- Certo –
- Bene, sono qui per una notizia spiacevole: purtroppo il conte di Stafford è deceduto ieri mattina. Un anno dopo la vostra partenza si è ammalato ma, nonostante le cure, è spirato –
Michael era combattuto tra l’essere impassibile a quella notizia, o essere dispiaciuto per il fatto di non essergli stato accanto nel momento della sua morte. Da una parte gli dispiaceva, era pur sempre suo padre; ma dall’altra gli aveva reso la vita troppo difficile per meritare la sua compassione.
- Sono venuto per leggere il suo testamento –
- Proceda –
- Io, Hank Guerin, conte di Stafford, nel pieno delle mie facoltà mentali dichiaro di ritirare la scomunica nei confronti di Michael Guerin e dichiaro di voler lasciare tutti i miei averi, che comprendono: tutto il mio denaro nelle banche inglesi e irlandesi, il castello di famiglia, i terreni e le piantagioni, al mio unico figlio Michael Guerin e a sua moglie Maria De Luca. –
Ai due venne un colpo.
- Com’è possibile? Perché ha cambiato così idea? – chiese Michael.
- Mi ha lasciato questa poco prima di morire. È per lei – disse, rivolto a Michael.
Michael lesse ad alta voce la lettera:
- “Caro Michael, forse ora è tardi per spiegarti il perché delle decisioni che ho preso in questi anni, ma mi sembra doveroso. Io adoro Maria e credimi, lei è la donna perfetta per te, ma non potevo permettere che voi due vi sposaste perché non volevo che tu soffrissi come ho sofferto io quando è morta tua madre. Tu non lo sai, noi due te l’abbiamo sempre tenuto nascosto, ma Giuly era la giardiniera della nostra tenuta. Io l’amavo da morire, ma mio padre si è sempre opposto al nostro matrimonio perché lei non faceva parte della nobiltà. Mio padre è morto giovane, perciò io ho potuto sposare Giuly senza tutte le difficoltà che hai dovuto superare tu; ma quando è morta io sono morto con lei. Non volevo farti soffrire come ho sofferto io, se per disgrazia, Maria dovesse morire prima di te. Credimi, è una cosa che non augurerei nemmeno al mio peggiore nemico. Ho pensato che se tu avessi avuto un matrimonio senza amore avresti sofferto meno; per questo ho combinato il matrimonio tra te e Isabel, sapevo che la detestavi. Sono stato un stupido, uno sciocco e un cieco. Non mi rendevo conto che nel tuo sguardo c’era lo stesso sguardo che avevo io quando guardavo tua madre, nei tuoi occhi la stessa determinazione che avevo io nel lottare contro mio padre. Avevo giurato a me stesso di non farti soffrire, ma ho fallito miseramente, rendendo la tua vita un inferno. La lucidità che deriva dallo stare per morire mi ha fatto aprire gli occhi e mi ha fatto capire che è meglio soffrire ma avere avuto una vita piena di amore e di felicità, che non avere amato affatto, ritrovandosi nella vecchiaia col cuore vuoto e solo, ma carico di amore da dare ad una persona che ormai non potrà mai più essere nostra. Ti chiedo scusa per tutto quello che ho fatto e detto. Io amo te e Maria e vi auguro ogni bene. Spero che siate felici, come lo sono stato io con tua madre. Con affetto, Hank Guerin, conte di Stafford” –
Maria ormai stava piangendo a dirotto e Michael aveva gli occhi lucidi. Troppe emozioni tenute dentro per troppo tempo, proprio come era successo quando era morta sua madre. Ma ora aveva Maria accanto a sé, e non era più una bambina di sette anni, ma era una donna, sua moglie, la futura madre dei suoi figli e con lei avrebbe superato ogni sorta di difficoltà.
Il giorno seguente Maria e Michael tornarono al castello di famiglia, come Conte e Contessa di Stafford, riconosciuti a tutti gli effetti come tali. Michael si recò immediatamente alla tomba del padre e parlò con lui per ore e ore, raccontandogli tutto quello che aveva fatto nei quattro anni di lontananza, esternando tutti i suoi sentimenti, le sue preoccupazioni e le sue gioie. Finalmente aveva il cuore in pace, era sereno con se stesso e sapeva che per lui e Maria era iniziata una nuova vita, una vita fatta di amore, felicità, dolcezza e tanta tanta gioia di vivere.

Scritta da Kassandra


Torna all'indice delle Fanfiction

Torna a Roswell.it