Roswell.it - Fanfiction
SPECIALE

CUORI PRIGIONIERI (Captive Hearts)

Capitoli 115-118


Riassunto: Questa storia, in 118 capitoli, comincia subito dopo gli eventi dell'episodio "Amore alieno" (1.16), e nulla di quello che è accaduto dopo l’episodio è rilevante ai fini della storia. Max non è un re. Tess non esiste, non ci sono Skins o duplicati o Granilith.
Torniamo indietro al tempo in cui Max non ha occhi che per Liz e il suo più grande desiderio, la sua più grande paura è che lei in qualche modo possa ricambiarlo.

Valutazione contenuto: non adatto ai bambini.

Disclaimer: Ogni riferimento a Roswell appartiene alla WB e alla UPN. Tutti gli attori protagonisti del racconto e citati appartengono a loro stessi.


Capitoli 1-6
Capitoli 7-12
Capitoli 13-18
Capitoli 19-24
Capitoli 25-30
Capitoli 31-36
Capitoli 37-42
Capitoli 43-48
Capitoli 49-54
Capitoli 55-60
Capitoli 61-66
Capitoli 67-72
Capitoli 73-78
Capitoli 79-84
Capitoli 85-90
Capitoli 91-96
Capitoli 97-102
Capitoli 103-108
Capitoli 109-114

Capitolo 115

Max guardò Ellie che dormiva saporitamente nel mezzo del loro letto. La loro prima mattinata insieme era trascorsa tranquilla e ora lei stava facendo il suo sonnellino. Né lui né Liz sapevano cosa aspettarsi, ma quando Ellie cominciò a sbadigliare, non vi volle uno scienziato per capire che aveva sonno. Si era addormentata in un baleno e ora appariva così serena, con la mano sotto il mento e gli ondulati capelli scuri sparsi sul cuscino.
“Mi chiedo per quanto dormirà.” disse Max quando sentì Liz arrivargli vicino.
“Non ne ho idea.” ammise Liz. Nemmeno lei aveva molta esperienza con una bambina di due anni. Almeno non con una in carne e ossa.
“Potrei stare qui per sempre, a guardarla.” le disse lui dolcemente, sentendo il braccio di Liz posarsi intorno alle sue spalle.
“So quello che senti.” lei poggiò la testa contro di lui.
“E’ meglio che vada.” Max la baciò sulla fronte ed uscirono dalla stanza da letto. Lui stava andando nell’appartamento di Beardsley Road, per prendere le cose di Ellie e sperava di tornare prima che lei si svegliasse. Non voleva perdere nemmeno un momento di lei.
“Vorrei venire anche io.” si lamentò Liz, quando furono arrivati sulla porta d’ingresso. Avrebbero potuto aspettare e poi andare tutti insieme, ma lei non voleva che Ellie tornasse in quel posto. Mai più.
“Tornerò alla svelta.” Max l’abbracciò e la salutò con un bacio, prima di uscire dalla porta.

***

Max uscì dall’ascensore e, per un istante, fu preso alla sprovvista dall’attività che ferveva davanti a lui. Gente andava e veniva dal laboratorio e sulla parete più distante erano allineate gabbie piene di animali. Max vide Daniel Lansing traversare l’atrio per raggiungerlo.
“Che succede?” chiese Max e fece un passo indietro per fare spazio a Josh, che usciva dal laboratorio portando alcune scatole.
“Stiamo facendo pulizia. “spiegò Daniel. “Johnson aveva un sacco di registrazioni. Esperimenti che stava portando avanti e non tutti sulla natura umana.”
“Oh.” Max comprese. Daniel intendeva parlare di Ellie. Lui sapeva che Johnson aveva fatto degli esperimenti su di lei, ma guardando scatole su scatole piene di quell’evidenza lo faceva stare male.
“Cosa ti porta qui?” chiese Daniel. “Carl sta arrivando, così potremo finire la pulizia, ma ci aveva detto che saresti stato a casa per un po’.”
“Sono venuto a prendere qualcuna delle cose di Ellie. Noi non abbiamo …” Max gli fece un mezzo sorriso, poi si strinse nelle spalle. “… niente.”
“Credo di sapere perché.” Daniel rimase impassibile. Poteva solo immaginare quello che stava provando Max in quel momento.
“Sono venuto a prendere qualcuna delle sue cose preferite.” spiegò Max. “così che non si senta completamente sradicata.”
Il movimento dell’ascensore attrasse l’attenzione di Daniel, che annuì in quella direzione. “Sommetto che anche lei si sente così.”
Max si girò per vedere Mary nell’ascensore accanto a Carl, con le mani che strofinavano nervosamente le braccia, come se avesse freddo. Portava ancora lo stesso vestito della notte scorsa e, quando si voltò verso di lui, Max si accorse delle ombre scure sotto i suoi occhi.
“Immagino che sia qui per prendere le sue cose.” osservò Daniel.
Max si accorse che Mary era trasalita nel vederlo ed il suo nervosismo era cresciuto. Attraverso Ellie, credeva di avere imparato a conoscere un po’ come era fatta Mary, e le si avvicinò per alleviare i suoi timori.
“Come ti va, Max?” Quando il ragazzo gli fu vicino, Carl gli strinse amichevolmente la spalla.
“Bene.” Max annuì e la sua espressione indicava che era vero. “ Io sto …” e la sua faccia di aprì in un largo sorriso. “veramente benissimo.” Rivolse lo sguardo a Mary e le disse “Felice di vederla, Mary.”
“Salve signor Ev … agente Evans.” Mary spostò lo sguardo, sentendosi in imbarazzo. Non si era aspettata che lui fosse lì. Non poteva fare a meno di chiedersi quanto l’avesse considerata colpevole per il dolore di vivere senza sua figlia per tutti quegli anni. L’avrebbe fatta accusare di qualcosa? Sarebbe andata in prigione? Avrebbero mai creduto che lei era all’oscuro di quello che il Dottore stava facendo?
“Mary,” le disse Max con un sorriso disinvolto. “Il signor Evans è mio padre e vive a Roswell, New Mexico, e agente Evans suona un po’ troppo formale per me, non crede? Il mio nome è Max e, grazie a lei, ora posso anche rispondere al nome di papà..” Vide gli occhi di Mary inumidirsi di lacrime, mentre voltava la testa perché lui non la vedesse piangere.
“Ho accompagnato Mary a prendere qualcuna delle sue cose.” disse Carl per cambiare argomento e dare a Mary modo di riprendersi. Era preoccupato per lei. Si sarebbe portata sulle spalle una quantità di sensi di colpa.
“Perché non lasci che sia io a prendermi cura di Mary?” si offrì Max. Sapeva che l’accesso a quella parte era limitato solo al personale autorizzato. Mary avrebbe dovuto essere accompagnata e Carl si era offerto. Avrebbe dovuto essere lì in ogni caso. “So che Daniel ti sta aspettando.”
“Certo.” Carl guardò Max poi Mary. Pensò che quei due avevano molte cose da dirsi. “Chiamami se hai bisogno di me.”
Carl si diresse verso il laboratorio e Max portò la sua attenzione su Mary. Le posò una mano sul braccio e fu colpito da un flash. La sua mascella si strinse all’ immagine che lo colpì, insieme con le emozioni che l’accompagnavano.
Mary seduta sul letto accanto alla sorella morente, con la testa poggiata sul bordo del materasso e la mano di Martha nelle sue. Sola. Si sentiva così sola. Senza le risate di una bambina innocente, una bambina che amava e che sentiva come sua. Mary piangeva quello che era una parte di lei.
“Agente Evans … Max?” Mary lo guardò preoccupata.
“Penso che debba prendere le sue cose, adesso.” Max scacciò via la visione. Le posò delicatamente la mano sulla spalla e le sorrise. “Andiamo.”

***

Max era in piedi davanti alla piccola scrivania e guardava l’album di Ellie, pieno di immagini familiari. Poteva vedere la somiglianza col disegno di se stesso e di Liz, e di Ellie. Sorrise alla vista del fagottino in braccio a Liz, sapendo che era Matthew. Ellie doveva esercitarsi a disegnare i neonati. Vide quello che sembrava essere un cucciolo e suppose che avrebbe risposto al nome di King e una piccola macchia di colore che probabilmente si sarebbe avvicinata se l’avesse chiamata Smokey. Una ruota panoramica riempiva tutta una pagina, sotto un cielo illuminato dai fuochi d’artificio. un coniglio dominava un’altra pagina, e Max si chiese perché le avesse attribuito tanta importanza.
“Lei ama disegnare.” disse Mary dalla soglia della porta. “Credo che le farebbe piacere averlo.”
“Grazie.” Max chiuse la copertina e lo appoggiò sul letto, dove aveva accumulato una pila di cose per Ellie.
“Questi sono alcuni dei suoi vestiti preferiti.” Mary entrò nella stanza e li mise nella valigia che era aperta sul letto. “Io avevo cominciato a preparare i bagagli … ieri … prima che il Dottore tornasse a casa …”
“Si stava preparando a partire?” chiese Max. “A portare via Ellie?”
“Aspettavamo il buio, così che il sole non potesse nuocerle …”
“Perché lei credeva …”
“Si.” Mary annuì e si sedette sul bordo del letto, sentendosi così stanca, emozionalmente e fisicamente stanca. “Io ho creduto alle sue bugie …”
“Non biasimi se stessa, Mary.” Max si sedette accanto a lei. “L’unica cosa di cui si è resa colpevole, è stata quella di amare mia figlia e per questo la ringrazio.”
“E’ una bambina così facile da amare.” Il sorriso di Mary era malinconico. Svanì velocemente mentre diceva “Ci sono tante cose che non capisco. Come faceva a conoscere te, e sua madre e un fratellino che era appena nato? Come e perché abbiamo diviso gli stessi sogni? Io …”
“Mary.” Max coprì la sua mano con le sue. “Ci sono tante cose che vorrei dirle, e lo farò. Le darò tutte le risposte che sta cercando, ma …”
“Ma ora ci sono cose più importanti.” Mary annuì. “Come portare queste cose a una bambina così speciale.” Mary indicò la pila sul letto.
“E altre cose.” Max le strinse la mano.

***

“Avete finito?” Carl si guardò intorno nel soggiorno, vedendo un paio di scatole e due valigie in mezzo alla stanza.
“Quasi?” Max mise uno sgabello in cima alla pila. Ellie sarebbe stata in grado di arrivare al lavandino, ora. Girandosi verso Carl, gli fece la domanda che non aveva avuto modo di fare dalla sera prima. “Come hai fatto a trovare questo posto ieri sera? Quando mi hai mandato a casa, non eravamo nemmeno vicini ad immaginarlo. Liz mi ha detto che sei arrivato appena io sono entrato e anche Chris e Tully. Come hai fatto a saperlo?”
“Buon vecchio lavoro di investigazione.” Carl gli fece un sorrisetto compiaciuto. Avrebbe avuto modo di fornirgli i dettagli più tardi. “E tu?”
“Oh,” Max sorrise radiosamente al suo collega. “Buona vecchia magia aliena.”
I due uomini condivisero una risata sulle loro capacità individuali e sul raggiungimento di uno scopo comune. Infatti, una volta avuto il tempo per pensarci e per parlarne, si sarebbero resi conto che se avessero agito da soli il risultato sarebbe stato differente. Max non sarebbe stato in grado di liberare Ellie per conto suo. Johnson l’avrebbe portata via nella notte e l’incubo non avrebbe mai avuto fine. Chris sarebbe morto in una pozza di sangue se no fosse stato per il tocco di una piccola mano. Carl e gli altri non sarebbero mai sopravvissuti se Max non avesse usato i suoi poteri speciali, nel laboratorio. C’erano volute le forze di tutti loro, alieni ed umani, per arrivare ad un risultato positivo.
Mary si unì agli uomini in soggiorno e si guardò intorno per l’ultima volta. Aveva trascorso quasi tre anni della sua vita lì dentro ma, dopo oggi, non avrebbe mai più visto quel posto. Aveva molti ricordi meravigliosi, raccolti mentre vedeva crescere una piccola vita e sperava che quei ricordi fossero sufficienti per darle la forza di andare avanti.
“E’ pronta?” disse Carl, disponibile ad accompagnare Mary ovunque volesse andare.
“Posso accompagnarla io, Carl.” Max guardò il suo amico. Carl annuì e Max si volse verso Mary. C’era qualcosa che andava fatto e che solo lui poteva fare per lei, e il tempo era prezioso.

***

Max prese il trolley dal bagagliaio della sua macchina e lo poggiò per terra. Tirò in su la maniglia e Mary allungò la mano per prenderlo, dicendo “Grazie, per avermi accompagnato qui. Avrei avuto qualche difficoltà a portare la valigia sull’autobus.”
“La porto io.” Max spostò la mano di Mary. “Mi mostri solo la strada.” Max la seguì all’interno della clinica e si avviarono verso la stanza di Martha.
“E’ proprio in fondo al corridoio.” protestò Mary. “Puoi lasciarla lì”
“Non si preoccupi.” La rassicurò Max. “Inoltre c’è qualcosa che devo fare.” Mary lo guardò perplessa, ma lui cominciò a camminare, cambiando discorso. “Ha idea di dove andrà a stare, adesso?”
“C’è un piccolo motel proprio in fondo alla strada.” Sospirò Mary. “Probabilmente starò lì, finché …”
“Capisco.” Max abbassò lo sguardo ed annuì. Sapeva cosa voleva dire. “E poi?”
“Non ne ho idea.” Mary cercò di trattenere il tremito della sua voce. Martha era tutto quello che le era rimasto, ormai, e una volta che se ne fosse andata, non avrebbe avuto più nessuno. Si strofinò gli occhi e si fermò davanti ad una porta. “Ci siamo. Questa è la stanza di Martha. Per favore di' a Jen … Ellie che la ricorderò sempre.”
“Oh, spero che glielo possa dire lei stessa, questa sera a cena.” Max le sorrise incoraggiante.
“Cosa?” disse Mary sorpresa.
“A cena. Stasera. Sempre che le faccia piacere venire …”
“Sarei felicissima!” le parole le corsero fuori dalla bocca.
“Bene.” Max la fece entrare nella stanza di Martha. “Questo farà Ellie, e noi, veramente felici. E’ tutto il giorno che chiede di lei. E’ preoccupata per lei.”
“Si?” Mary si portò la mano alla gola.
“Certo.” Max le strinse la spalla. “Ellie le vuole veramente molto bene. E niente cambierà questo affetto.”
“Grazie.” Mary ricacciò indietro le lacrime. Forse avrebbe ancora potuto vedere Ellie una volta ogni tanto. Poteva sempre sperare.
“Mary.” Max le porse l’unica sedia della stanza e la fece sedere. Poi si mise in ginocchio davanti a lei e le prese le mani. “Lei sa che c’è qualcosa di diverso in Ellie, vero?” la vide spalancare gli occhi ed annuire. “Lei ha ereditato queste … differenze, da me. Ora non ho il tempo per spiegarle tutto, ma … io vorrei aiutarla, Mary. Voglio che abbia la possibilità di parlare ancora una volta con sua sorella.”
“Ma …?” Mary guardò Martha distesa sul letto. Non c’era possibilità che potesse ancora parlare. Non era nemmeno consapevole che ci fosse qualcuno nella stanza.
Max si alzò e traversò la stanza per chiudere la porta in modo di avere un po’ di riserbo. “So che non ci conosciamo, Mary, ma io mi fido di lei e sono sicuro che quello che accadrà ora rimarrà tra noi due.”
Mary ora lo fissava apertamente, non sapendo come interpretare quello che aveva detto, ma quando le chiese di sedersi sul letto, lo fece senza esitare. Stavano uno di fronte all’altra, Max da un lato del letto, Mary dall’altro e Max le disse “Prenda la mano di Martha …” La vide esitare, confusa, e la incoraggiò “Non abbia paura.”
Mary fece quello che le aveva chiesto, stringendo le dita intorno alla mano rugosa della sorella e poi Max, in silenzio, le tese la propria. Lei fece scivolare la mano in quella di lui, sentendone il calore scorrere dentro di lei, poi Max prese la mano destra di Martha con l’altra mano, formando un circolo tra di loro.
Lei lo vide chiudere gli occhi, concentrandosi. Si chiese cosa stesse facendo, poi la stanza cominciò a svanire. Mary sentì il cuore aumentare il battito per un istante, poi una sensazione di pace scese su di lei …

Le pareti scomparvero e l’odore dell’agonia e della morte si trasformò nel profumo di fiori di un giorno d’estate. Il sole splendeva sopra di lei, quando avvertì un movimento alla sua sinistra.
“Alla mamma è sempre piaciuto il giardino.” Disse Martha con la voce chiara e allegra. Stava davanti alle rose e, come la sorella, aveva un debole per quelle rosse.
“Martha?” Mary fece fatica per credere a quello che stava vedendo. Sua sorella era tornata giovane, con lo splendore della vita sulle sue guance. “Martha? Come è possibile?”
“Sei stata una brava sorella, Mary.” Martha lasciò i fiori e si voltò verso la sorella minore. “Abbiamo gli alti e i bassi nella nostra vita, ma siamo sempre state vicine una all’altra, vero?”
“Si.” Mary annuì, con le lacrime agli occhi. Aveva versato secchi di lacrime nelle ultime 24 ore.
“Io me ne andrò presto.” Martha le porse le mani e Mary le prese tra le sue. “Posso sentire papà che mo chiama. Lui e la mamma mi stanno aspettando e ora sono pronta ad unirmi a loro. Sono così felice di aver avuto la possibilità di dirti addio.”
“Martha.” gridò Mary. “Cosa farò senza di te?”
“Oh, Mary.” Martha sorrise e la abbracciò. “Tu non sarai sola. Hai ancora tanti anni da vivere, anni meravigliosi. Saranno gli anni più belli della tua vita.” Martha prese il viso di Mary tra le mani. “Tu hai ancora molto da vedere. Ora vai, cara, e non preoccuparti per me. Hai delle piccole persone che ti stanno aspettando. Sono loro che hanno bisogno di te.”
“Martha …”
“Sii felice, Mary.” Le sussurrò Martha, poi la visione sbiadì. Le ultime parole di Martha echeggiarono nel giardino, mentre lei scompariva “Mamma e papà ti mandano il loro amore, Mary. Tutti noi vogliamo bene …”

Mary ansimò, mentre la stanza tornava normale, poi si rese conto della presenza del ragazzo di fronte a lei. Era crollato sul letto, con la fronte madida di sudore ed il respiro teso ed affannato. Si affrettò accanto a lui, senza esitazione o riserbo, e gli toccò il braccio chiedendogli “Max? va tutto bene? Max?”
“E’ riuscita … a vedere …?” riuscì a dire Max, con estrema difficoltà.
“Martha? Si, ma … come …?” Mary lo aiutò a sedersi sulla sedia e lui vi cadde pesantemente sopra. Prima ancora che lui riuscisse a rispondere alla domanda, lei gli strinse la mano e disse “Non importa! Il come non è importante. Quello che è importante sei tu e se tu stai bene.”
“Lo sarò tra un minuto.” Max la guardò negli occhi, vedendoci solo la preoccupazione per lui. Lasciò andare un profondo respiro, felice di sapere che il Club ‘Io Conosco Un Alieno’ aveva appena acquisito un nuovo membro.

Capitolo 116

Liz era seduta sul bordo del letto e guardava Ellie mentre dormiva, sapendo che si sarebbe svegliata molto presto. Il suo faccino angelico appariva tranquillo e rilassato e Liz avrebbe voluto pizzicarsi per convincersi che era tutto vero, che lei non era un sogno. Ellie si mosse, cominciò ad aprire lentamente gli occhi ed un sorriso assonnato le si allargò sul viso.
“Ciao, mamma.” Ellie si stirò e si raddrizzo per farsi abbracciare.
“Ciao, bambina. “ Liz la avvolse tra le braccia e la strinse al petto. Aveva giurato a se stessa che non avrebbe più pianto, che era troppo felice per piangere, ma sentire Ellie tra le sue braccia, in qualche modo le faceva annebbiare la vista.
“Posso andare Fuori ora?” chiese Ellie speranzosa. Papà l’aveva portata Fuori dopo colazione e l’aveva lasciata giocare nel giardino posteriore. La sensazione dell’erba sotto i suoi piedi era stata gradevole, ma il sole l’aveva fatta sentire veramente felice.
“Si, possiamo uscire.” Liz si alzò dal letto e tese la mano a sua figlia. Ellie era stata segregata per tutta la sua vita, e il Fuori era un mondo tutto nuovo per lei. Un mondo infinitamente più grande di poche stanze nel piano interrato di un edificio.
“Dov’è papà?” Ellie fece scivolare la sua mano in quella della madre, mentre saltava fuori dal letto.
“E’ andato a prendere qualcuna delle tue cose.” Le sorrise Liz. “I tuoi vestiti, la tua bambola ed altro. Tornerà presto.” Raggiunsero la porta scorrevole della cucina che conduceva al retro della casa e il viso di Ellie si illuminò. Corse fuori, piena di vitalità e di vivacità e Liz le corse dietro, mentre il suono delle loro risate riempiva l’aria.

***

“Avete una casa molto carina.” Disse Mary quando Max parcheggiò nel viale. La casa non era molto grande, ma era graziosa come una cartolina, circondata da fiori colorati. Ellie aveva avuto ragione a proposito delle rose. C’erano rose bianche dappertutto, sparse tra i fiori colorati.
“Grazie.” Max tolse le chiavi dal cruscotto ed aprì la portiera. Vide Mary esitare e si affrettò dalla sua parte per aiutarla.
Mary guardò la casa, sentendosi fuori posto. Non riusciva a dimenticare l’orrore di cui aveva fatto involontariamente parte, l’incubo che questo ragazzo e la sua famiglia avevano dovuto sopportare. Lui avrebbe avuto tutte le ragioni di impedirle di vedere Ellie per sempre.
“Si sente bene?” Max le appoggiò gentilmente la mano sulla spalla.
“Forse non dovrei …” Mary lo guardò con il dispiacere negli occhi. “Forse sarebbe meglio per lei se me ne andassi …”
“Mary.” Max le strinse la spalla. “Ellie ha chiesto di lei. Le vuole bene e ha bisogno di lei. Lei è stata la persona più importante della sua vita e io non voglio che la perda.” Porgendole la mano, Max le sorrise incoraggiandola e dicendo “Andiamo da lei.”
Mary fece scivolare la mano nella sua e si lasciò aiutare a scendere dall’auto. Si girò verso la casa, ancora con un po’ di apprensione, fino a che la porta di aprì e un fascio di energia si precipitò nel portico. Il viso di Ellie irradiava felicità, mentre i suoi piedini sporchi di erba correvano nel viale e lei gridava il nome di Mary per l’intero percorso.
“Mary! Mary!” Ellie si gettò nel caldo abbraccio di Mary, strofinando il viso nel caldo, morbido seno familiare.
“Ciao, Ellie.” Lacrime scesero sul viso di Mary mentre prendeva tra le mani il viso della bambina e lo riempiva di baci.
Liz le guardo dalla porta, tenendo in braccio Matthew e cullandolo dolcemente. Non era gelosa dell’affetto che Ellie provava per Mary, solo delle cose che Mary aveva sperimentato con Ellie e che lei non avrebbe mai avuto. Tutte le cose che le erano mancate. Portò lo sguardo su Max , i loro occhi si incontrarono e lei si chiese se anche lui stava pensando alla stessa cosa. Nonostante i loro sogni, Mary conosceva la figlia meglio di loro.
“Vieni,” Ellie tirò il braccio di Mary. “Ti faccio vedere tutto” La sua nuova casa era così eccitante!
“Va bene, tesoro.” Mary rise della sua esuberanza.
“Aspetta, Ellie.” Max si chinò sul sedile posteriore della macchina e prese la sua bambola, porgendogliela. “Credo che questa sia tua.”
“E’ mia!” esclamò lei e la prese tra le mani. La strinse al petto gridando felice. “Grattie, papà!” Si girò verso Mary con gli occhi che le brillavano. “Guarda cosa mi ha dato papà!”
“Ho visto.” Mary la guardava incantata. Era ancora stupita del fatto che Ellie conoscesse i suoi genitori, senza contare il fatto che lei sembrava essere completamente a proprio agio con loro, come se non fossero mai stati separati. C’erano molte cose in quella storia che lei non capiva, ma avrebbe aspettato le spiegazioni di Max. Per adesso, era solo contenta di poterne fare parte. “Il tuo papà ha altre cose per te lì dietro.”

Ellie girò attorno a loro per andare a vedere e infatti, c’erano il suo album da disegno e i suoi colori, e i suoi occhi si spalancarono quando vide il suo libro preferito. Anche ‘Il Coniglio di Velluto’! Si infilò nel sedile posteriore e cominciò a raccattare tutto.
“Lascia che ti aiuti, tesoro.” Max fece un largo sorriso e si allungò per prendere l’album.
“Faccio me!” Ellie lo prese e lo appoggiò sul sedile. L’album cadde e lei sospirò “Oops!”.
“Ellie …” Max si chinò per aiutarla.
“Faccio me!” Ellie poggiò la sua bambola sull’album e lottò per rialzarsi. Era un album grande per una bambina piccola. Fece qualche passo in direzione della casa e gridò eccitata alla madre “Papà mi ha preso le cose. Ti fasso vedere … oops!”
“Ellie, amore …” Max fece un passo verso di lei per aiutarla, ma Mary lo fermò.
“Ti avevo detto che era testarda” Mary gli sorrise, ancora con la mano sul suo braccio.
“Credo che abbia preso dalla madre.” Max fece una risata.
“Tta ferma!” ordinò Ellie e rimise la bambola sull’album. Il palmo della sua mano brillò di una luce purpurea e la bambola si incollò all’album, così non sarebbe più caduta. Raccolse il tutto e portò con successo i suoi tesori in casa.
“Cosa … ?” Mary guardò la bambina senza capire più nulla. Rimase a bocca aperta, mentre cercava una spiegazione razionale per quello che aveva visto e sentito nelle ultime 24 ore, ma non credeva ce ne fosse nessuna.
“Venga dentro, Mary.” Max la sospinse poggiandole una mano sulla spalla. “Abbiamo una storia da raccontarle, e ci vorrà un po’ di tempo.”

***

“Oh, mio Dio!” Quando la storia arrivò alla fine, Mary si poggiò una mano sul petto. Quella storia era strana, inimmaginabile, impossibile da credere, ma lei aveva accettato per vera ogni parola che Max le aveva detto. Gli Alieni sono tra noi. Lei ne aveva cresciuta una dalla nascita, sospettando qualcosa di insolito solo nelle ultime settimane. Non poteva negare le cose che aveva visto, o sentito, o percepito. Per quanto potesse sembrare strano, era tutto vero.
“Va tutto bene, Mary?” le chiese Max, sapendo che choc doveva essere stato per lei. Non solo l’ammissione della loro vera natura. C’era anche tutto il resto. Nelle ultime 24 ore il suo mondo si era capovolto.
“Allora … tu sei … un …” Mary non riuscì a dirlo. In tutta la sua vita, lei non aveva creduto alla vita tra le stelle. Era inconcepibile … ma tutto aveva senso. Perché il Dottore aveva nascosto Ellie sottoterra, in modo che nessuno la vedesse. La sua spiegazione sulla ‘malattia’ di Ellie le era andata dritta al cuore. E naturalmente, lei avrebbe fatto di tutto per proteggere la povera cara da quel morbo tremendo.
Aveva pensato che era strano che portasse una bambina così piccola in laboratorio, ma aveva anche pensato che stesse cercando di trovare una cura per la debilitante infermità di ‘Jenny’. Era per una nobile causa, o almeno così aveva creduto. Ora, poteva solo piangere sul quello cui aveva preso inconsciamente parte.
“Può dirlo, Mary.” Le disse Max. “Io sono un Alieno. Io provengo da un mondo che è morto e sulla mia strada ho trovato l’unica e la sola persona cui appartengo.” Max tese la mano a Liz e il loro contatto disse più di quello che le parole avrebbero mai potuto dire. “Come era scritto nelle stelle.” Aggiunse, con uno sguardo pieno d’amore rivolto a sua moglie.
“E ecco perché Ellie può fare quelle cose.” Disse Mary dopo un minuto. “Condividere i sogni, far brillare la sua mano e … guarire, come puoi fare tu.”
“Si.” Max annuì. Mary la stava prendendo molto bene. Forse perché il seme era stato già piantato quando Ellie le aveva parlato dei sogni. Lei aveva sospettato qualcosa … ma non questo.
“Credo sia ora di preparare la cena.” Annunciò Liz e si alzò dalla tavola. Mary avrebbe avuto bisogno di tempo per assimilare tutto quello che aveva sentito. Proprio in quel momento Matthew, con il suo incredibile tempismo, fece sentire la sua presenza. Poteva anche essere mezzo alieno, ma era solo un neonato e piangere era quello che sapeva fare meglio.
Anche Mary si alzò dalla tavola, volgendo la sua attenzione in direzione di Liz. “Sembra che qualcuno reclami la tua presenza.” Disse sorridendo. “Io sono abbastanza esperta in cucina, ho preparato da mangiare per la mia intera vita. Se per te va bene, sarei felice di cominciare a preparare la cena, mentre ti prendi cura del tuo bellissimo bambino.” Inoltre, aveva bisogno di tenere occupate le mani.
Max e Liz si scambiarono uno sguardo, sollevati dal fatto che Mary avesse preso tutto abbastanza bene. Non era facile per loro aprirsi e lasciare che qualcuno entrasse nelle loro vite, ma Mary era la benvenuta, con tutto il cuore.

***

Max portò la bambina addormentata in casa e chiuse in silenzio la porta dietro di se. Sentiva le sue braccine intorno al collo e la testa che riposava sulla sua spalla, e si fermò proprio dietro la porta, prendendosi un momento per pensare a quanto fosse cambiata la sua vita. La sua mano accarezzò dolcemente la schiena della piccola, in un gesto rasserenante, tanto per lei come per lui.
Il loro primo giorno insieme, era stato un giorno denso di avvenimenti.
Si guardò attorno per vedere l’ambiente familiare, con i mobili proprio come li voleva Liz, la sedia blu ad un lato del camino e quella stampata dall’altro. La libreria era piena di statue di Pegaso, che per lei era diventato il simbolo della fine delle loro sofferenze e ora Max sapeva che aveva lo stesso significato anche per Ellie. Lo attestava il disegno del cavallo volante che aveva nel suo album. La mensola sopra il caminetto era piena di fotografie della famiglia, in cui risaltava un disegno a matita. Max era felice del fatto che ora avrebbe potuto toglierlo e sostituirlo con una foto della famiglia. Una famiglia di quattro persone.
“Papà?” Ellie si mosse tra le sue braccia e lo riscosse dal suo sogno.
“Cosa c’è, Ellie?” Max passò le dita tra i suoi capelli morbidi.
Lei si strofinò gli occhi col dorso della mano e trattenne a stento uno sbadiglio, prima di guardarlo e di chiedergli con la sua vocina “Perché Mary non può stare qui con noi?”
“Non abbiamo abbastanza spazio per Mary.” Le rispose onestamente Max e cominciò a dirigersi verso la stanza da letto. Erano appena tornati dopo aver accompagnato Mary a ‘casa’, alla stanza del motel che occupava per il momento. A Max non aveva fatto piacere lasciarla lì, ma era vicina alla clinica, e lui sapeva quanto fosse importante per Mary in quel momento.
“Può dormire con noi.” Ellie appoggiò di nuovo la testa sulla forte spalla del padre e Max non poté fare a meno di sorridere della sua dolce innocenza. L’immagine di se stesso, di Liz, di Ellie e … di Mary, che cercavano di dormire nello stesso letto era troppo divertente.
“Credo che Mary abbia bisogno del suo letto per dormire, tesoro.” Max le baciò la fronte.
“Oh.” Rispose Ellie, perdendo la guerra con un altro sbadiglio. E anche Max non riuscì a trattenere il suo. Sentì Liz che si stava occupando di Matthew nell’altra stanza e si fermò sulla soglia della porta per guardarla. Lo stava sistemando nella culla e i suoi occhi allegri, si alzarono per incontrare il suo sguardo. Anche lei doveva aver sentito quello che aveva detto Ellie.
Max proseguì per il corridoio verso la loro stanza e vide che Liz aveva preparato sul letto, una camicia da notte per Ellie. Donna sveglia, pensò tra se. Se l’avesse lasciata prendere a lui, avrebbe certamente scelto qualcosa di completamente inappropriato. Si sedette sul bordo del letto e appoggiò Ellie sulle sue gambe, cercando di slacciare i piccoli bottoni sul retro del suo speciale vestito di ‘benvenuta a casa’.
“Alza le braccia, Ellie.” Max cercò di persuadere la sua stanca figliola e lei alzò le braccia al di sopra della testa. Poi le tolse le scarpe e le calze, le uniche che avevano trovato quel giorno nell’appartamento, e notò macchie d’erba sui suoi piedini. Probabilmente avrebbe avuto bisogno di un bagno, ma quella sera erano tutti troppo stanchi. Il bagno avrebbe dovuto aspettare fino alla mattina dopo. Le mise la camicia da notte dalla testa e l’aiutò ad infilare le braccia nelle maniche, sfilandole i capelli dal collo. Lei si appoggiò al suo petto e Max le baciò la testa, gustandosi quel momento.
“Devi usare il vasetto?” le chiese, e la sentì muovere la testa da un lato all’altro. “No?”
“No.” Lei scosse ancora la testa.
Max sorrise e l’abbracciò, alzandosi dal letto. Sapeva che gli ci sarebbe voluto un po’ di tempo per abituarsi alla nuova vita insieme e chiedere ad una bambina di due anni se aveva bisogno di usare il vasetto era uno di quegli adattamenti. Ellie si era quasi addormentata tra le sue braccia e lui decise di soprassedere al lavaggio dei denti per quella sera. Dopotutto, se le fosse venuta una carie, lui avrebbe potuto curarla.
La stava giusto per mettere sotto le coperte, quando Liz entrò nella stanza portando qualcosa di speciale tra le mani. Ellie la vide e lui la sentì sollevarsi tra le sue braccia.
“Mary mi ha detto che ami dormire con questa.” Liz si avvicinò e mise la bambola tra le braccia tese di Ellie.
“Grattie, mamma.” Ellie se la strinse al petto e Liz sorrise alla sensazione delle piccole labbra che le baciarono la guancia.
“Prego, tesoro.” Liz le ricambiò il bacio. “la tua bambola ha un nome?” le chiese, passando la punta delle dita sulla sua guancia morbida.
“Uh, huh.” annuì Ellie . “Si chiama Tesoro, perché papà ti chiama sempre così.”
“Davvero?” Liz sentì di nuovo i suoi occhi riempirsi di lacrime. Ellie aveva dato il suo nome alla bambola. Sentì il braccio di Max scivolare sulle sue spalle e si appoggiò a lui, in cerca di sostegno. Era stato un giorno denso di emozioni e lei si sentiva esausta, ma felice come non era mai stata prima.
“Si.” Ellie sbadigliò ancora e mise le braccia intorno al collo di Liz. “Ti voio bene, mamma.” Abbracciò forte la madre, poi si girò verso Max. “Ti voio bene, papà.”
“Anche noi ti vogliamo bene, Ellie.” cercò di dire Max attraverso il groppo che gli stringeva la gola. Erano insieme, stringendosi l’uno alle altre, una famiglia riunita, poi Ellie ruppe quel magico momento con solo sette parole.
“Ora si che devo andare sul vasetto.”

***

Max cominciò a sbottonarsi la camicia mentre Ellie finiva di lavarsi le mani. Lo sgabello le dava giusto l’altezza per arrivare al lavandino, ma non quella per raggiungere l’asciugamano, posto sulla barra in alto. Liz stava giusto per porgerglielo, quando l’asciugamano cominciò a muoversi da solo, volando attraverso l’aria per posarsi nelle mani di Ellie.
“Ellie?” le dita di Max si immobilizzarono sul bottone. Diede un’occhiata a Liz, poi tornò a guardare Ellie. “L’hai fatto tu?”
“Cosa?” Ellie guardò la sua immagine riflessa allo specchio.
“Hai fatto muovere tu l’asciugamano?” le chiese, avvicinandosi a lei.
“Ho fatto bbagliato?” il suo labbro inferiore cominciò a sporgere in fuori.
“No, tesoro.” Max la prese svelto tra le sue braccia. “Non hai fatto nulla di sbagliato. “ disse in un tono rasserenante. “Devi solo stare attenta quando usi i tuoi poteri, perché nessun altro deve vederli.”
“Come quando mi hai detto di non farli vedere a papà Dottore?” Ellie giocherellò col bottone della sua camicia.
“Esattamente.” la rassicurò Max, accarezzandole i capelli che le ricadevano sulle spalle. “Quando siamo a casa, e siamo solo noi, va bene. Ma quando siamo fuori o insieme ad altra gente, non devi far capire cosa puoi fare. Hai capito?”
“Io ricordo.” annuì Ellie. “E’ un segheto.” Guardò in su, verso il padre, e gli chiese “E Mary? Posso farli vedere a Mary?”
“Si.” Max le baciò la fronte e la riportò a letto. “Mary fa parte della famiglia. Non dobbiamo avere segreti per lei.” La posò delicatamente al centro del letto, ma le sue braccia erano ancora strette intorno al suo collo, ancora non disposta a lasciarlo andare.
“Sono cottenta che mi hai trovato, papà.” Ellie guardò il viso che aveva riempito per tanto tempo i suoi sogni. “Sono cottenta che mi hai fatto diventare Reale.”
“Anche io lo sono, bambina.” Max le sorrise, mentre cercava di trattenere le lacrime che gli riempivano gli occhi. “Possiamo tutti essere Reali, adesso.”
Ellie si infilò sotto le lenzuola, stringendo al cuore la sua bambola, E Max si tolse in fretta camicia e pantaloni, lasciandoli cadere sul pavimento. Domani li avrebbe raccolti, ma quella sera erra troppo stanco per curarsene. Prese una maglietta da un cassetto e si infilò sotto le coperte, con Ellie da un lato e Liz dall’altro. Dividere il letto con una bambina di due anni non era una situazione ideale, ma Max e Liz non chiedevano di meglio. Domani avrebbero pensato a procurarsi un letto più adatto a lei.
Ellie sorrise, abbandonandosi al sonno, sentendo il calore del braccio della madre su di lei e la solida forza del padre accanto, che la facevano sentire al sicuro ed amata. Liz fu cullata nel sonno dal dolce rumore del respiro di sua figlia. La sua mano percepiva il movimento del piccolo petto di Ellie, così solido e reale sotto le sue dita. Max le teneva abbracciate tutte e due protettivamente. Le sue ragazze. Sua moglie e sua figlia. I suoi occhi si chiusero ed un sonno soddisfatto scese sopra di lui.
Quella notte non ci sarebbe stato bisogno di sognare.

Capitolo 117

Max imprecò quando le nocche delle dita sbatterono nella parte interna della culla e cominciò a scuotere la sua mano in reazione al dolore improvviso. Stava smontando la culla, o almeno tentava di farlo, così da poterla riporre in attesa del trasloco. Stavano lasciando quella casa, e tutto quello che vi avevano diviso, ma i ricordi avrebbero sempre fatto parte di loro.
Ora avevano bisogno di una casa più grande, con tre stanze da letto invece di due, e forse anche una sala per giocare, se se la fossero potuta permettere. Avrebbero cominciato a cercarla tra un paio di settimane, al ritorno dalla loro visita a Roswell per il matrimonio di Isabel. Nel frattempo, Max si era ripreso dalla botta alla mano ed era tornato ad occuparsi della culla.
Il nuovo lettino era arrivato da qualche giorno e Max stava smontando la culla per fargli posto. Matthew non ne avrebbe avuto bisogno per un altro mese o giù di lì, mentre Ellie aveva bisogno di un nuovo letto subito. Ne avevano comprato uno quel giorno quando erano andati tutti insieme al centro commerciale ed Ellie li sottoposti tutti al test del ‘rimbalzo’.
Era saltata su tutti e quello che avevano comprato era quello che, secondo lei, ‘rimbalzava’ meglio.
Il centro commerciale era stata una vera esperienza per lei e Max pensò che era un po’ sovraeccitata da tutta la gente che aveva visto. All’inizio era rimasta attaccata a lui, con il viso incollato al suo petto, poi la sua naturale curiosità aveva preso il sopravvento sulla sua paura. Ellie si era adattata facilmente e Max era grato per questo. Stava scordando le paure per la vita al di fuori del laboratorio e del piccolo appartamento dove era stata confinata per tanto tempo. Quando arrivò il momento di uscire dal centro commerciale, Max era distrutto dall’averle corso dietro. Ellie era più veloce di qualsiasi altra persona che avesse conosciuto.
Così, dopo aver passato un paio di notti rannicchiata accanto ai suoi genitori, Ellie ora aveva il suo letto, anche se doveva dividere la camera con Matthew, e Max non vedeva l’ora di riavere Liz da sola nel loro letto. Avere finalmente Ellie a casa con loro era la risposta a tutte le loro preghiere, ma questo non cambiava il fatto che lui non aveva smesso di desiderare sua moglie.
“Tu continua ad imprecare così,” gli disse Liz dalla soglia della stanza da letto, “e tua figlia imparerà un sacco di parole nuove! Io non credo che lei abbia mai sentito quelle parole prima d’ora!”
“Non riesco ad allentare questo bullone.” Max provò ancora, forzando l’ostinato pezzo di metallo.
“Max.” Liz rise di lui. “Lo sai, potresti usare i tuoi poteri. Non ti vedrebbe nessuno, tranne noi.”
Max aveva passato così tanti anni a nascondere la sua natura, che non aveva pensato ad usare i suoi poteri in una situazione come questa. Guardando imbarazzato Liz, passò la sua mano sopra il fastidioso bullone e lui si svitò da solo.
“C’è Mary al telefono.” Lo informò lei, quando l’ostinato pezzo di metallo fu nella sua mano. “Daniel insiste perché stia a casa loro, invece che in quel motel disastrato.”
“Bene.” Max si sentì sollevato. Non gli piaceva che Mary dormisse in quel posto. Le avrebbe chiesto di stare da loro, così sarebbe potuta stare accanto ad Ellie, ma purtroppo non avevano posto.
“Si è offerto di aiutarla a trovare un appartamento vicino alla clinica. Martha …” Liz era pensierosa. “Non credo che Martha …”
“Lo so.” Max annuì, comprendendo. Non si aspettavano che Martha sopravvivesse alla settimana. Il suo tempo era arrivato. E tutti i poteri di guarigione del mondo non avrebbero potuto aiutarla. Max era felice di aver dato a Mary e a Martha la possibilità di dirsi addio.
“Lei lavora lì, ora.” disse Liz, con tono contento.
“Cosa?” Max posò la chiave e prestò piena attenzione a Liz.
“Mary.” disse lei praticamente. “Lavorerà alla clinica. Come volontaria. Credo che abbia bisogno di fare qualcosa, di tenersi attiva.”
“Probabilmente hai ragione.” Fu d’accordo Max. Liz le capiva quelle cose.
“Così, stasera, saremo da soli.” disse lei, cambiando improvvisamente argomento
“Questa sarebbe l’idea.” Max la guardò con gli occhi che brillavano. Si alzò dal pavimento e si avvicinò furtivamente a lei, e quando la raggiunse, la attirò a se. Le strinse le braccia dietro la schiena e si chinò ad assaggiare la sua bocca, lasciando scivolare la lingua finché Liz non aprì le sue labbra per lasciarlo entrare. Le cose avevano appena cominciato a farsi interessanti quando un suono li interruppe e Max non riuscì ad impedire che le sue labbra si piegassero in un sorriso.
“Che ttate facendo?” chiese Ellie dalla soglia della porta.
Più le cose cambiavano, più rimanevano le stesse.

***

Ora la casa era silenziosa, ora che la cena era finita. Max aveva sorriso mentre mangiava, pensando che i toasts al formaggio grigliato non gli erano mai parsi così buoni. Aveva mangiato il suo proprio come aveva fatto Ellie, con una generosa spruzzata di tabasco, tranne che lui lo aveva mangiato tutto ed Ellie aveva lasciato la crosta nel piatto.
Dopo aver riordinato la cucina, avevano fatto una lunga passeggiata nei dintorni, con Liz che spingeva il passeggino di Matthew e Max che camminava mano nella mano con Ellie. Le piaceva stare fuori e faceva domande su tutto quello che non le era familiare e Max cercava di spiegarle tutto. Una cassetta della posta all’angolo della strada era qualcosa di nuovo e sorprendente. Un campanello a vento in un portico suonava dolce alla brezza leggera. Una moto che rombava sulla strada sembrava pericolosa e selvaggia. Erano cose che Ellie non aveva mai visto nel suo sconfinamento e le stava assorbendo come una spugna.
Max e Liz sapevano della curiosità dei vicini sulla bimba che era ‘in visita’ agli Evans, ma loro non avevano ancora spiegato la verità a nessuno. Erano loro accadute troppe cose, perché si potessero preoccupare di cosa pensassero i vicini.
Tornati a casa, Liz si occupò di cambiare Matthew e di allattarlo prima che si addormentasse, speranzosamente, per la maggior parte della notte. Questo lasciò a Max il compito ingrato di fare il bagno ad Ellie, cosa alla quale stava cercando di sopravvivere.
All’inizio era stato un po’ agitato, ma con anni di pratica nel fare il bagno a Liz, aveva acquisito qualche esperienza. Aveva regolato la temperatura dell’acqua perché non fosse troppo calda per la sua pelle, e ora stava cercando di lavarle i capelli senza mandarle lo shampoo negli occhi. Era riuscito perfino a sciacquarglieli senza affogarla. Allungò la mano per prendere il sapone e finire di lavarla, e fu più che felice di rinunciare a quel compito quando Ellie gli tolse il sapone dalle mani dicendo “Faccio me!”
Max si piegò sulla vasca, appoggiando le braccia al bordo e il mento sulle mani, e guardandola ridere, spruzzare e giocare con l’acqua. Sorrise pensando che Mary aveva ragione. Decisamente ad Ellie piaceva fare il bagno.
“Fatto!” proclamò Ellie e si alzò in piedi, tendendo le braccia verso il padre. Lui la sollevò, la appoggiò sul tappetino e la avvolse in un asciugamano enorme. Mise grande cura nell’asciugare la sua morbida pelle, poi usò i suoi poteri per asciugarle i capelli umidi. Dopo averle infilato una morbida camicia da notte e averle lasciato lavare i denti con il suo nuovo spazzolino, Max le pulì la bocca dal dentifricio e le diede il famoso ultimo bicchiere d’acqua, che tutti i bambini chiedono prima di andare a letto.
Finito tutto, la posò in terra e andarono a trovare Mr. Wiggles per dargli la buonanotte. Il porcellino d’India era stato sistemato in un angolo del soggiorno e Ellie si accertò che avesse cibo e acqua prima di lasciarlo per andare a dormire.
Liz era seduta nella sedia a dondolo in camera di Matthew e lo stava allattando, mentre ascoltava il cicaleccio tra padre e figlia che si avvicinavano alla porta della stanza. Non poteva afferrare le parole, ma non le importava. Poteva sentire quello di cui aveva bisogno, solo dal tono delle loro voci. E sorrise quando li vide arrivare nella cornice della porta, Max così alto e attraente e Ellie così piccola e tenera. Gli occhi di suo marito brillavano mentre guardava sua figlia, prestandole tutta la sua attenzione, mentre lo sguardo di Ellie diceva che per lei lui era tutto il mondo. Liz non poteva che essere d’accordo con lei.
“… e poi ti leggo una storia.” finì di dirle Max.
“Okay!” Il viso di Ellie si illuminò e corse a prendere il suo libro preferito. Si distrasse lungo la strada alla vista di Liz e Matthew sulla sedia a dondolo e corse ad unirsi a loro. “Ciao, mamma. Ciao, Matthew.”
Prese la manina del fratello e Matthew le strinse un dito nel suo pugno. Gli piaceva avere vicino sua sorella, ma in quel particolare momento preferiva il capezzolo della mamma.
“Papà ti leggerà una storia?” chiese Liz, baciando la figlia sulla fronte.
“Si.” Ellie annuì e si avvicinò ancora, godendosi le tenerezze di sua madre.
“Quale racconto vuoi che ti legga?” Max si era avvicinato al piccolo assortimento che avevano preso dall’appartamento.
“Lo prendo da me.” Ellie diede a Matthew e alla mamma un ultimo bacio e corse verso il padre, prendendo ‘il Coniglio di Velluto’ dal mucchio e porgendoglielo. “Mi piase quetto.”
Max le prese il libro dalla mano, per niente sorpreso dalla sua scelta. Lei lo teneva stretto a se la notte che lui l’aveva trovata e Mary gli aveva detto che era il suo libro preferito. Ellie si arrampicò sul suo letto nuovo, scivolando sotto le lenzuola decorate con cavalli volanti. Peggy, il cavallo alato che Max aveva regalato a Liz non molto tempo prima, faceva la guardia su tutti loro dai piedi del letto.
Ellie sistemò la bambola al sua fianco, Max allungò la sua lunga forma sul letto, accanto alla bambina, ed entrambi appoggiarono la testa sullo stesso cuscino. Tutti ascoltarono soddisfatti la risonante voce di Max che riempì la stanza …
“C’era una volta un Coniglio di velluto, e all’inizio era veramente bellissimo …”

***

Max andò davanti allo specchio del bagno e guardò la sua immagine riflessa. Posò distrattamente l’ asciugamano sul ripiano accanto al lavandino e si prese il mento con la mano, girando il viso da una parte all’altra, mentre si passava la mano sulla barba. Sarebbe stato meglio radersi adesso o la mattina dopo? Non voleva irritare la pelle delicata di Liz, se lei fosse stata disposta a fare l’amore.
Liz era sulla soglia della porta e lo guardava, sapendo che lui non l’aveva notata. Ne approfittò per osservarlo un momento e godersi la sua vista. Le sue spalle ampie e la schiena muscolosa erano abbronzate dal sole estivo e poteva vedere i suoi muscoli incresparsi ai suoi movimenti. A lui e a Chris piaceva fermarsi in palestra due o tre volte la settimana, dopo il lavoro, e i risultati di quell’esercizio si vedevano. Lei era stata attratta dalla sua apparenza fisica già nelle superiori, ma ora era diventato un uomo e il suo corpo si era modificato.
I suoi capelli neri si curvavano sulla nuca, sul suo lungo collo elegante e le spalle larghe lasciavano intuire la forza che si nascondeva nei suoi muscoli. La schiena si assottigliava in una vita stretta e la sua abbronzatura finiva appena sotto i fianchi. Il sedere muscoloso appariva pallido in contrasto alla scura pelle della parte superiore e le cosce forti, ma lei pensava che lo rendesse maledettamente sexy. Da dietro Liz non riusciva a scorgere su di lui la minima traccia di grasso e lei sapeva che la stessa cosa valeva per la parte anteriore. Muscoli duri sotto pelle dorata.
“Che vista…” disse Liz entrando e chiudendo a chiave la porta del bagno..
Max si girò, sobbalzando al suono improvviso della sua voce ed afferrando l’asciugamano per coprirsi. Non aveva dimenticato l’improvvisa comparsa di Ellie davanti a lui, la mattina prima, e ora pensava che l’avesse fatto di nuovo. Avrebbe dovuto cominciare a chiudere le porte.
“Liz.” lasciò andare un sospiro e si appoggiò contro l’armadietto. “per un attimo ho pensato che …” poi gli venne meno la voce notando lo sguardo di lei. Ne conosceva il significato.
“Ellie si è addormentata.” Liz si staccò dalla porta del bagno, lasciando che il suo sguardo vagasse su e giù per le sue forme flessuose. “E anche Matthew.”
“Bene.” Max si rilassò e allentò la presa sull’asciugamano. “Ottimo.”
Guardò Liz, affascinato mentre lei diminuiva la distanza tra di loro, sentendo il proprio corpo reagire allo sguardo avido dei suoi occhi. Ora era davanti a lui, togliendo lentamente l’asciugamano che ancora lo copriva e lasciandolo cadere sul pavimento del bagno.
La sua mano gli carezzò i muscoli del petto, per scendere lentamente sull’addome, all’ombelico, e ancora più in basso tra la peluria che circondava la sua magnifica bellezza virile. La mano di chiuse rapidamente attorno al suo membro rigido e lui si lasciò andare ad un sospiro di piacere.
“Liz …”
Le mani di Max l’ afferrarono per le spalle e lui l’attirò a se, dandole un bacio sulla fronte e sentendo il fresco della biancheria di seta contro il corpo nudo. Era una sensazione erotica, essere lì completamente nudo e completamente sveglio, mentre lei era rivestita di seta. Lui emise un gemito, quando Liz cominciò a far scorrere dolcemente la mano sul suo membro e si piegò per prendere il suo capezzolo in bocca.
“Liz …” sospirò ancora, poi smise di respirare del tutto quando lei tracciò sul suo petto un sentiero con la lingua. Max chiuse gli occhi e mosse la mano sulla nuca di lei, infilandole le mani tra i capelli. Ora poteva sentire la bocca e la lingua di lei sul suo addome, poi la sentì inginocchiarsi davanti a lui.
Cominciò a fremere in anticipo all’idea di quello che lei stava per fare, poi spalancò gli occhi preoccupato. Guardò in basso verso di lei, per vedere la sua bocca a pochi centimetri dalla sua asta tesa, e le chiese “E se Ellie si svegliasse? E se spuntasse all’improvviso dalla porta e ci chiedesse cosa stiamo facendo? Sai che è veramente brava a fare qualcosa del genere!”
“Max.” Liz lo guardò, cercando di non ridere. Possibile che dovesse sempre essere preoccupato per qualcosa? “Sta dormendo.” gli disse e riprese a circondare con la lingua la punta della sua erezione. Liz lo sentì tremare di desiderio, ma quello sguardo ansioso era ancora presente nei suoi occhi. Lo stuzzicò ancora con la lingua, poi gli ricordò “Mary ci ha detto che non si sveglia mai di notte, ma se proprio sei preoccupato che lei possa entrare, puoi sempre proiettare il tuo campo protettivo davanti alla porta.”
“Credi che funzionerebbe?” le chiese. A quel punto Liz lo prese più profondamente nella sua bocca e il cervello di Max smise di funzionare. Con le mani ancora sepolte nei capelli di lei, Max lasciò andare un altro gemito, poi si lamentò quando lei ritirò la sua bocca.
“Vuoi che mi fermi, Max?” le lo guardò dal basso, lasciando che la sua lingua passasse sensualmente sul suo labbro superiore.
“No.” si lamentò lui e l’attirò di nuovo contro di se. “Non fermarti …”
Lui gemette quando la bocca di Liz lo coprì ancora. Max pensò per un attimo a come proiettare una barriera per impedire che i rumori raggiungessero Ellie, ma il pensiero abbandonò presto la sua mente e lui si arrese alle esperte attenzioni di sua moglie. Accidenti se sapeva come farlo sentire bene! La sua mano e la sua bocca sapevano esattamente cosa fare e non ci volle molto perché lui cominciasse a muovere i fianchi per adattarsi al ritmo di lei. Sentiva la tensione crescere nei testicoli e lungo la spina dorsale e le sue gambe cominciarono a tremare. Proprio nel momento in cui stava per tirarsi indietro, le mani di Liz lo trattennero e lui esplose nella sua bocca.
“Liz …” Max soffocò un grido mentre, pulsazione dopo pulsazione, la sua essenza usciva da lui. L’orgasmo gli percorse tutto il corpo, passando attraverso le terminazioni nervose in ondate di intensa soddisfazione. Liz sapeva fargli cose magiche. Lei lo lasciò solo dopo che aveva cominciato a diventare piccolo e lui la fece alzare, posando la bocca su quella di lei. La seta della biancheria di lei era fredda contro il suo membro infiammato e rinnovò l’eccitazione del suo corpo. La strinse contro di se, schiacciando insieme i loro fianchi, poi si sporse e liberò il ripiano, facendo cadere tutto in terra.
La fece sedere sulla toeletta, esponendo la sua pelle delicata. Liz tirò la testa all’indietro, mentre lui faceva scendere la sua bocca sulla gola e sul collo di lei, fino al sodo globo che stringeva nella mano. Il capezzolo era duro e prominente, quasi una sfida a prenderlo, e lui la raccolse con gusto. Lo succhiò, assaggiando il gusto dolce del suo latte, sapendo che la sua sensibilità era aumentata dalla sua recente gravidanza, e innalzava la sua stimolazione. I gemiti crescenti di Liz, non lasciavano dubbi in proposito. Lui spostò dall’altra parte, usando la lingua e i denti per aumentare il piacere, mentre la mano scendeva verso il suo caldo centro.
“Max …” lei disse il suo nome gemendo, sentendo il proprio corpo diventare vivo. Entrambi ne avevano passate così tante durante l’ultima settimana ed entrambi avevano bisogno di quello che stavano facendo. Il sollievo fisico delle loro energie represse. Le dita di Max la penetrarono, strofinando le aree che lui sapeva darle il maggior piacere. Dopo tutto il tempo passato insieme, lui sapeva cosa le piaceva e cosa no, e ora a lei piaceva quello che lui le stava facendo.
Ora era il turno di Max di dare baci di fuoco lungo il corpo di lei, ed il suono del suo respiro divenne sempre più elaborato man mano che lui arrivava a destinazione. Mise le mani sulle cosce di lei per allargarle le gambe e si tirò indietro per godersi un momento l’esposizione della sua bellezza e il suo sesso, alla vista, tornò a crescere. Le mani di Liz erano ora tra i suoi capelli, stringendosi a pugno, come lui aveva fatto prima con lei, aspettando in anticipazione il suo tocco esperto.
Lui tracciò un sentiero di baci all’interno delle cosce, muovendo il mento ruvido di barba lungo la carne tenera fino a raggiungere il centro delicato. Liz faceva fatica a respirare, col crescere della sua eccitazione, e gemette forte al primo tocco della lingua di lui sulle sue labbra intime.
“Max … Max …” non poté trattenersi. La sua lingua le rendeva vivo il corpo con sensazioni che la facevano tremare. Bagnata e rigida, divise le sue labbra e si infilò dentro di lei, assaggiando l’umidità che fuoriusciva dalle sue pareti interne. Lui giocava dentro di lei, stuzzicandola solo per sentirla gemere. Max avvertì che il corpo di Liz aveva raggiunto il suo culmine e, con un movimento rapido, sostituì la sua lingua con un dito, spostandola sopra il gruppo di nervi, succhiandola fino a condurla in un orgasmica delizia.
“Max … Max … Oh, Max!” Spingendo i fianchi contro di lui, in lei esplosero migliaia di sensazioni. A Max piacevano quei movimenti, quando lui le faceva perdere il controllo e lui mantenne la presa fino che l’orgasmo si dissolse. Sentì il corpo di lei distendersi e le mani lasciare la presa. Lui si tirò indietro, asciugando con la mano il mento bagnato, e la guardò in viso, gli occhi chiusi e le labbra curve in un sorriso soddisfatto.
“Ti è piaciuto?” Max ricominciò a baciarle il corpo. Il suo bisogno era di nuovo sveglio, il membro tra le gambe di lei rigido e pronto a chiedere.
“Lo sai che mi è piaciuto!” sospirò Liz.
Max ricominciò a baciarle i capezzoli e lei sentì di nuovo crescere la passione. La mano di Max si posò sul suo membro e, mordicchiandole il collo, le disse “Ho qualcosa per te …”
La mano di Liz si unì alla sua, accarezzandogli il membro eretto, sentendone la punta bagnata. Cominciò a stringerlo lentamente, spingendo in avanti i fianchi nel bisogno di sentirlo dentro di lei.
“Allora dammelo!” Lei aggredì le labbra di Max attirandolo verso di se.
“Stai chiedendo, vero?” mormorò lui contro la sua bocca.
“So quello che voglio.” Gemette lei. “E voglio te.”
Max rispose svelto alla sua richiesta, afferrandola con le mani ed attirandola sull’orlo del mobile. Il suo desiderio era troppo impellente per altri preliminari e mentre la spostava in avanti entrò, affondando in lei, seppellendo il suo sesso tra le pareti ferme e umide di lei. Lei si inarcò in un gemito di assoluto piacere, cedendo facilmente al desiderio primitivo, accesa dal calore delle spinte eccitanti. Le dita di Max affondarono nelle sue cosce e le sue natiche, spingendosi dentro di lei senza limitazioni, annientandosi dentro di lei con passione, fino a che non fu pronto ad esplodere.
Avrebbe voluto far l’amore con lei in maniera lenta e dolce, ma l’ultima settimana era stata un continuo equilibrio tra vita e morte, i loro sogni e i loro desideri finalmente realizzati e aveva dato origine ad un bisogno quasi selvaggio di essere insieme in un abbandono totale.
I fianchi di Max spingevano orgogliosamente contro di lei, per darle piacere. Lui era quasi al limite, ma non voleva ancora lasciarsi andare. Non senza di lei. Le afferrò il seno con una mano, stringendole il capezzolo, e lei reagì immediatamente, proprio come lui aveva immaginato. Il grido di piacere di Liz echeggiò nel bagno e lui le chiuse la bocca con la sua per attutirne il suono. Le pareti interne di Liz si strinsero attorno a lui, mentre raggiungeva l’acme, ma a Max ancora non bastava. Non ancora.
Mantenne l’implacabile possesso del suo corpo, immergendo la sua congestionata rigidezza dentro di lei, cercando l’angolo perfetto per darle nuove sensazioni. Il suo membro grondava dell’umidità di lei e, mentre i suoni e gli odori del loro amore riempivano l’aria, lui continuò ad estasiare il corpo di Liz.
Sapeva di essere quasi alla fine, avvertendo la familiare sensazione lungo la spina dorsale e la tensione nei testicoli che presagiva il suo rilascio imminente. Infilò allora la mano tra di loro, per arrivare a toccare il punto del piacere di lei, carezzandolo col pollice e sentendolo irrigidirsi al suo tocco, continuando a spingersi nel suo centro di femminilità. Mordicchiò la sua gola, sussurrandole rocamente “Voglio sentirti, Liz. Voglio percepire quello che riesco a farti provare.” La sua bocca si posò su quella di lei, affamata, appassionata, reclamandola come sua. “Tu sei mia, Liz. Completamente mia. Vieni per me, Liz, e fammi capire che sei mia.”
Lei cedette alla sua richiesta, inarcandosi mentre il suo orgasmo la attraversava portandola a vette altissime di piacere. Max la raggiunse immediatamente, eguagliandone l’intensità ad ogni passo. La sua essenza la riempì, fondendosi con lei, esplodendo da lui in ondate, concludendo la loro unione. Le loro grida erano soffocate, Liz con il viso appoggiato sulla spalla di lui e Max con la bocca appoggiata alla gola di lei, con entrambi i corpi che traversavano un ciclone sessuale. I loro orgasmi imperversarono, alimentandosi l’uno con l’altro, spingendosi oltre il normale, fino a che crollarono uno sull’altra, esausti e soddisfatti.
Max la tenne stretta per alcuni minuti, mentre cercava di tornare a respirare, di rallentare il battito del suo cuore, senza alcuna intenzione di lasciarla. Quando lei alla fine si mosse, fu per guardarlo negli occhi con un sorriso trasognato. “Stai diventando ogni volta più bravo!”
“Ci provo.” Lui la guardò con quel suo sguardo fanciullesco che lei amava tanto. La sua espressione era piena di gioia e solo guardarlo, guariva tutte le ferite nel cuore di lei. Era un uomo che aveva attraversato l’inferno, ma era sopravvissuto ed era diventato più forte. Entrambi lo erano. Avevano provato che, insieme, potevano affrontare qualsiasi cosa.

***

Il livello di attività nel bagno principale si era calmato, con Liz e Max finalmente soddisfatti e rilassati. Lui era in piedi dietro di lei, nudo, e le passava le dita tra i capelli, guardandone l’immagine riflessa allo specchio. Avevano appena fatto la doccia insieme e ora lui stava usando i suoi poteri per asciugarle i lunghi, sensuali capelli.
“Ricordo la prima volta che lo hai fatto.” Liz guardò nello specchio il riflesso di Max.
“Quando?” chiese lui, anche se conosceva la risposta. I loro occhi si incontrarono nello specchio e i loro sguardi si legarono con forza.
“Lo sai quando.” Disse Liz con voce pacata, senza nessuna traccia dell’orrore che pensare a quel posto le avrebbe potuto destare.
“Lo ricordo come se fosse ieri.” Max le strinse protettivamente le spalle. Erano passati più di tre anni, ma il ricordo era ancora vivo. Poteva ancora vedere Liz seduta nel letto della loro piccola cella, con lui seduto accanto che le passava le mani tra i capelli, entrambi terrorizzati in quella prigione.
“Max.” Liz si girò per guardarlo. “Io non mi rammarico di quello che è successo e non voglio che lo faccia tu. Abbiamo vissuto un’esperienza terribile, ma che ci ha fatto diventare quello che siamo ora. Non ti cambierei per niente al mondo. Tu, l’uomo che sei diventato, a causa di quello che abbiamo vissuto. A causa di quello cui siamo sopravvissuti.”
“Ma Liz …” lui fece scivolare le mani dalle spalle sulle sue braccia ed evitò il suo sguardo. “Se solo potessi cancellare le cose che ti hanno fatto …” La sua mano si spostò sulla cicatrice che lei aveva sull’addome, tracciandone la linea con le dita.
“Questo è quello che sto cercando di farti capire, Max.” Liz premette la mano di lui contro la sua pancia. “Se non avessimo vissuto tutto quello che abbiamo vissuto, non avremmo avuto Ellie. Non avremmo Matthew. Sai perfettamente, come lo so anche io, che se avessi avuto una vita normale, solo ora staremmo pensando al matrimonio. E forse avremmo avuto dei bambini, ma non sarebbero stati questi bambini. Non sarebbero stati Ellie e Matthew. Max, non posso rammaricarmi di quello che è successo, perché non posso rammaricarmi della vita che abbiamo ora. Ho te. Ho due bambini che adoro. Sto studiando per laurearmi nel campo che ho sempre voluto. Mi manca solo una cosa e poi sarò in pace, come non lo sono stata da tanto tempo.
“Cosa, Liz?” Max alla fine incontrò lo sguardo di lei. “Cos’è la cosa che ti manca?”
La sensazione del suo corpo contro quello di lei, le sue braccia che la stringevano in modo così confortante, le dettero la forza di dire la verità a voce alta.
“Il tempo che non ho trascorso con Ellie. E’ l’unica cosa che manca al mio cuore.”
Max stette in silenzio per un momento, con lo sguardo incollato a quello di lei, poi, lentamente, lo abbassò nel punto in cui erano uniti, coprendo la pelle scolorita sotto l’ombelico di lei. La cicatrice era l’ultima indicazione fisica di quello che era successo, di quello che avevano vissuto. Una volta lei gli aveva fatto una promessa, un voto, e ora era arrivato il momento di mantenere quella promessa.
“Liz.” La voce di Max era calma e il suo tocco delicato. “Ora voglio guarire questa.”
La mano di Liz coprì quella di lui e lei disse l’unica parola che riuscì a dire “Si.”
Max lasciò andare un profondo respiro, come se qualcuno gli avesse tolto un peso e cadde in ginocchio davanti a lei. La sua mano percorse l’addome di Liz. Coprendo la lunga linea di tessuto cicatrizzato. Poggiò la fronte contro la soffice pelle sotto il suo seno e chiuse gli occhi, ricordando la notte in cui quella ferita le era stata inflitta: la notte in cui era nata Ellie. Ma ora Ellie era a casa e loro non avevano più bisogno di ricordare. Dal suo palmo si sprigionò calore, accompagnato da una luminosità dorata, e Liz sentì formicolare la pelle. Finì subito e la luminosità scomparve e sotto la sua impronta rimase solo la pelle originaria. Intatta. Senza cicatrice. L’imperfezione era ormai solo un ricordo.
Max premette le labbra sopra la pelle integra e strinse Liz tra le braccia, seppellendo il viso contro la carne morbida. Liz avvertì l’umidità sulle guance di lui, le ultime lacrime che lui avrebbe mai versato, e lo abbracciò con amore.
Il passato era passato. Non poteva più ferirli.

Capitolo 118

Matthew era accoccolato nella sua culla, avvolto nella sua calda copertina e con un sorriso che gli increspava le labbra. I suoi occhi andavano avanti e indietro sotto le palpebre, mentre sognava che un cucciolo gli lappava la faccia. Nel suo sogno era abbastanza grande per correre e il cucciolo lo inseguiva scodinzolando allegramente.
Non ci mancava molto perché lui e papà facessero cedere la mamma e la convincessero a prendere veramente un cucciolo e a portarlo a casa. Era solo questione di tempo. Fino ad allora, si sarebbe limitato a sognare King e il divertimento che avrebbero condiviso …

Il prato era pieno dell’abbaiare di un cucciolo e delle risate di un bambino. Il bastoncino volò in aria e King gli corse appresso, la coda che si agitava e la lingua che gli pendeva fuori dalla bocca. Lo riprese velocemente e corse indietro verso il ragazzino, fermandosi ai suoi piedi e aspettando che Matthew lo tirasse ancora. Rincorrere il bastoncino era il gioco migliore che avessero mai inventato, per quel che riguardava King. Era ancora meglio che andare a caccia del gattino che viveva oltre la siepe.
Matthew riprese il bastoncino e lo tirò ancora una volta e lui gli corse dietro, abbaiando felice …

Ellie stava proprio dalla parte opposta della stanza. La camera in cui dormiva quella notte le era familiare, grazie ai sogni che lei e Matthew avevano condiviso. In qualche modo, quei sogni le avevano facilitato l’adattamento a questo nuovo mondo in cui stava vivendo. I suoi genitori le erano familiari grazie ai sogni. Matthew e quella stanza le erano familiari grazie ai sogni. Molte delle persone che ora per lei erano reali, le erano familiari grazie ai sogni. Senza quei sogni, l’accettazione del Fuori sarebbe stata differente.
Il papà si era rivelato esattamente come lei pensava che fosse. Sapeva tutto e conosceva tutti, in quel mondo così grande. Anche la mamma era la mamma migliore del mondo intero, e i suoi baci e i suoi abbracci erano ancora più belli nel mondo reale che nei suoi sogni.
Sistemata confortevolmente nel letto nuovo, Ellie era caduta in un sonno profondo, cominciando a sognare. la mamma e il papà non erano più nei suoi sogni, ma questo ormai non era più importante. Ormai aveva la sua mamma e il suo papà tutto il giorno ed era meglio che averli nei sogni. Ma c’era qualcuno di cui sentiva la mancanza.
Mary. Le mancava Mary.
La sua mente cercò la presenza familiare e la trovò nel giardino, proprio dove Ellie era sicuro che fosse …

***

Dall’altra parte della città, in una piccola camera di un economico motel, Mary stava trascorrendo la sua ultima notte in quel posto. Il simpatico Daniel Lansing la stava aiutando a trovare un appartamento ammobiliato e lei aveva un piccolo gruzzolo in banca che le avrebbe coperto l’affitto per qualche mese. Daniel e Sarah avevano insistito perché stesse con loro fino a che avrebbe trovato un altro posto dove stare per conto suo e la mattina dopo sarebbero passati a prenderla.
Era passata attraverso tanti di quei cambiamenti, negli ultimi giorni, che non era più sicura di niente, ma sapeva che il suo cuore sentiva la mancanza della bambina cui voleva tanto bene.
Era stato un giorno estenuante e si addormentò subito, scivolando nei sogni …

Mary stava tra i fiori e i vividi colori la aiutavano a rasserenare la sua mente tormentata, ma si sentiva sola. Prima si allora, non le era mai pesata la solitudine nella tranquillità del giardino, ma i suoi giorni non erano mai stati così pieni di questa diversa solitudine ed il silenzio del sogno aumentava il suo senso di perdita.
Ma Ellie non era sua, anche se l’amava come se fosse sua. Ellie stava con la sua mamma e il suo papà, che avevano passato anni a cercarla, non importa quanto difficile fosse per lei, Mary sapeva che avrebbe dovuto lasciarla andare. Gli Evans erano stati più che gentili con lei, e l’avevano fatta sentire benvenuta nella loro casa, ma non era la stessa cosa che dividere ogni singolo minuto con Ellie. Le visite domenicali erano tutto quello che poteva avere, ora.
un suono attirò Mary fuori dalle sue riflessioni e si voltò per vedere una palla di energia correre verso di lei. lasciò cadere in terra le cesoie e scivolò in ginocchio, aprendo le braccia mentre Ellie le si precipitava incontro.
“Mary!” gridò Ellie gioiosamente. “Mary! Mi sei mancata!”
“Anche tu mi sei mancata, Ellie!” Mary la abbracciò forte. “Raccontami cosa fai.”
Si mossero tra i fiori, camminando mano nella mano sotto i caldi raggi del sole. Ellie chiacchierava senza sosta e il viso di Mary era un inno alla gioia. Potevano stare insieme solo nei sogni, ma per adesso era sufficiente …

***

Max si infilò in un paio di boxers e li tirò sui fianchi. Era strato costretto ad imparare ad usarli per dormire. Non poteva girare in vestito adamitico ora che c’era una bambina in casa. Ne aveva sentite abbastanza da Tully, per sapere che i bambini avevano la sinistra tendenza a fare visite notturne in camera da letto dei genitori per un ultimo bicchiere d’acqua o per essere consolati dopo un brutto sogno o anche solo per un po’ di coccole. Portare i boxers a letto era un sacrificio molto piccolo pur di avere Ellie a casa.
Vide la camicia da notte di Liz fasciare il suo corpo e la vide spianarle le pieghe contro le curve attraenti. Sentì l’onnipresente desiderio nei suoi lombi, quello che arrivava ogni volta che la guardava, ma sapeva che avrebbe dovuto aspettare ancora un po’. Ora aveva bisogno di qualcosa di più importante. Aveva un regalo per Liz. Forse il più grande regalo che lui avrebbe mai potuto farle.
Si avvicinò all’armadio dove stava lei e le poggiò le mani sulle spalle. La fece girare lentamente e la guardò negli occhi che gli sorridevano, diventando curiosi allo sguardo che vide in quelli di lui. Prima ancora che lei avesse la possibilità di chiedergli a cosa stesse pensando, Max le disse “Ho qualcosa da darti. Un regalo …”
Lui non si mosse per andare a prenderlo e la curiosità di Liz aumentò. Max non stava nascondendo nulla dietro di lui e, a meno che non fosse nelle sue mutande, lei non aveva idea di cosa lui intendesse dire.
“Un regalo?” gli fece eco Liz.
“Vieni qui.” La sua mano scivolò in quella di lei e la condusse verso il letto. Lei lo seguì senza esitazioni e si sedettero in mezzo al letto, uno di fronte all’altro, con le gambe incrociate e le mani allacciate assieme.
“Che cos’è, Max?” chiese Liz. Lui sembrava serio, ma nello stesso tempo agitato.
“Poco fa hai detto che ti sei rassegnata all’idea del tempo perduto nella vita di Ellie.” Appena pronunciate queste parole, la sentì tendersi. Lei poteva anche essersi arresa, ma Max sapeva che il dolore non sarebbe mai passato. Forse il suo regalo avrebbe potuto aiutarla.
“Ieri, quando sono andato in quell’appartamento, per prendere le cose di Ellie,” cominciò a dire Max, tenendole strette le mani “mentre mi muovevo lì attorno e toccavo le cose, ho avuto dei flashes … delle visioni … momenti della sua vita.” La mano di Liz strinse la sua e la sentì tremare al nominare i flashes , quasi terrorizzata da quello che stava per dirle. “L’ho vista neonata tra le braccia di Mary.” continuò Max. “Ho visto la prima volta che ha sorriso. Il suo primo dentino. L’ho sentita pronunciare la sua prima parola.”
La mano di Max si posò sulla sua guancia, carezzandola dolcemente e gli occhi di Liz si riempirono di lacrime quando le disse “La sua prima parola è stata ‘mamma’.”
La sentì singhiozzare in silenzio e l’attirò contro di se, poggiandole il mento sulla testa e circondandola con il suo amore. “Ho visto la prima volta che ha mangiato i piselli.” Max le passò le dita tra i capelli. “ e ti posso assicurare che non le sono piaciuti.” Max rise al ricordo che ormai era suo e sentì che anche Liz rideva.
Lei si scostò dal petto di lui e gli sorrise tra le lacrime. “Anche adesso non le piacciono. Me l’ha detto prima, mentre mi stava aiutando a preparare la cena e io le ho chiesto quali fossero le verdure che le piacevano.”
“Liz.” Max le prese il viso tra le mani. “Voglio che tu veda tutto quello che ho visto io. Sentire le cose che io ho sentito. Posso regalarti questi ricordi, Liz. Non posso ridarti il tempo che abbiamo perduto, ma i ricordi sono reali.”
Liz sentì le sue mani forti stringere delicatamente il suo viso ed annuì lentamente, incapace di parlare. Max aveva passato anni a rimproverarsi le sofferenze che lei aveva sopportato, ma la verità era che non si era mai dato il merito di tutte le cose meravigliose che solo lui avrebbe potuto darle e che le aveva dato, in ogni giorno della vita passata insieme.
Nessun’altro avrebbe potuto trasformare dolore e disperazione in speranza e fiducia, come faceva lui. Nessun’altro avrebbe potuto restituirle le cose che le erano state sottratte. Solo Max avrebbe potuto chiudere la ferita nel suo cuore. Lei avrebbe potuto e voluto sopportare tutto, se il risultato finale era una vita passata insieme a lui. La mano di Max si posò su quella di Liz e lei annuì ancora lentamente. I suoi occhi erano incollati a quelli di lui, mentre gli diceva fermamente “Fammeli vedere …”
Sul viso di Max passò un sorriso, mentre il suo pollice accarezzava la guancia di lei. Aveva voluto aspettare fino a che fossero soli, perché sapeva che per lei sarebbe stata un’esperienza commovente. Le baciò la fronte dolcemente e la guardò negli occhi. Odiava vederla piangere, ma sapeva che ora le lacrime nei suoi occhi erano purificatrici, lacrime benvenute, lacrime di gioia, non di dispiacere.
“Ci sono stati momenti nella mia vita in cui ho odiato chi sono, cosa sono …”
“Max, non …” Liz cercò di fermarlo, ma lui le coprì le labbra con un dito.
“E’ vero.” le tenne il viso stretto tra le mani. “Ma stasera, sono felice di essere quello che sono. Perché posso darti questo …” La baciò teneramente, poi la guardò negli occhi, dicendole le stesse parole che le aveva detto tanti anni prima. “Fai un respiro profondo e cerca di liberare la tua mente …”
Come quel giorno, quando erano adolescenti innocenti e stavano al centro di un ristorante vuoto, le immagini corsero nella sua mente, mentre Max le passava tutte le cose che aveva visto e sentito. Ricordi che erano rimasti impressi tra le pareti e gli oggetti dove Ellie aveva trascorso i suoi primi anni. Ricordi di Mary, che lui aveva acquisito quando si era connessa con lei alla clinica. Max li raccolse insieme e li donò a Liz.
Lei vide Mary portare in braccio Ellie, cantandole una melodia familiare e anche sapendo che le dita di Ellie erano strette attorno al dito di Mary, Liz le sentì come se il dito fosse il suo. La vide fare il bagnetto nel lavandino della cucina, mentre i suoi occhi curiosi si posavano su Mary, ma Liz sentì che stava guardando lei. Vide Ellie imparare a gattonare, correre sul tappeto in una stanza che Liz non aveva mai visto, ma l’orgoglio che Mary aveva provato all’impresa di Ellie, ora era l’orgoglio di Liz. I piselli che Ellie aveva sputato, erano finiti addosso a Liz, e lo sguardo di comica repulsione che era passato sul viso di Ellie al sapore e alla consistenza delle verdi palline fece scoppiare a ridere Liz.
Lacrime scorrevano sulle sue guance man mano che le immagini scorrevano, insieme con le emozioni che erano state catturate con loro. In quasi tutti i momenti importanti della vita di Ellie, c’era l’amorevole presenza di Mary, ma mai quella di Johnson. Max aveva filtrato tutto quello che le avrebbe mostrato, per proteggere Liz dalle immagini dell’uomo che le aveva procurato tanto dolore.
Ellie non era mai stata legata all’uomo che aveva la pretesa di essere suo padre e ora Max poteva capire perché. Per quanto potesse sembrare impossibile, era certo che Ellie avesse sempre saputo. Ellie non si era mai lasciata ingannare da Johnson, nemmeno per un momento aveva creduto all’asserzione che lui fosse suo padre, perché ricordava la verità. In uno dei sogni, Ellie gli aveva detto di ricordare di averli visti piangere mentre la stavano portando via e ora Max sapeva che non era solo una fantasia da parte della piccola. Lei ricordava quella notte, la notte in cui era nata, ed era questo che aveva tenuta accesa la sua fiducia per tutto quel tempo, la certezza che il suo varo papà un giorno l’avrebbe ritrovata e l’avrebbe portata a casa.
Per tutto quel tempo, aveva conservato nella sua mente l’immagine del suo vero padre, come l’aveva visto la notte in cui si era precipitato in una sala operatoria e in cui era stato costretto a prendere la decisione più importante della sua vita. Ellie si era legata a lui nel momento in cui i loro occhi si erano incontrati e niente di quello che Johnson avrebbe potuto dire, sarebbe stato in grado di ingannarla.
Le immagini rallentarono e Liz cadde tra le braccia di Max, sopraffatta da quello che aveva visto e sentito. All’inizio non riuscì a dire nulla mentre tentava di assorbirle, ma poi le parole vennero e rimasero svegli quasi tutta la notte a parlare, a ridere, a piangere … rivivendo ricordi che ormai erano loro.

***

Max strinse la piccola mano di Ellie nella sua, diretti verso la macchina, mentre Ellie salutava con l’altra mano Mary che, ferma nel portico della loro casa, ricambiava il saluto sorridendo.
Max aprì la portiera dell’auto e Ellie si arrampicò sul sedile posteriore e si sistemo sul suo seggiolino, che Max aveva comprato per lei un paio di settimane prima. Ormai si era abituata ad andare in macchina e vedere posti nuovi e cose nuove. Oggi ci sarebbe stata un’altra avventura affascinante.
“Perché Mary non viene con noi?” chiese Ellie, alzando le braccia in aria, mentre Max assicurava la cintura.
“Lei custodirà la casa per noi mentre saremo a Roswell.” rispose Max e controllò di averla assicurata bene.
“Perché?” chiese Ellie.
“Perché così potrà dare l’acqua alle piante e prendersi cura di Mr. Wiggles,” Max sistemò l’album e le matite colorate sul sedile accanto a lei. Sarebbero serviti a distrarla nel lungo viaggio verso Roswell.
“Perché?” chiese ancora lei.
“Così Mr. Wiggles non soffrirà la fame mentre noi saremo via.” le spiegò Max. Una volta aveva letto che i bambini passavano la fase dei mille ‘perché’. Ora sapeva che era vero.
“Oh.” Ellie assorbì le risposte. “E perché Mary e Mr. Wiggles non vengono con noi?”
“Perché,” Max le scompigliò i capelli. “Mary ha detto che preferiva rimanere qui.”
“E perché ha detto così?” chiese Ellie e Liz cercò di non ridere allo sguardo che fece Max mentre assicurava il seggiolino di Matthew.
“Perché Mary preferisce incontrare tutti ad ottobre.” rispose pazientemente Max. “Quando verranno tutti qui per il tuo compleanno.”
“Perché?” ripeté Ellie.
Ora Liz si stava coprendo la bocca con la mano, nel tentativo di reprimere una risata, pensando che Max aveva la pazienza di un santo.
“Sai cosa ti dico, tesoro.” Max le strinse la mano. Non sarebbero mai riusciti a partire se Ellie continuava con i suoi ‘perché’. “Lo chiederemo a Mary, non appena saremo tornati a casa, va bene?”
“Okay, papà.” Ellie sembrava soddisfatta … per ora.
“Siete tutti a posto?” chiese Max scivolando sul sedile ed infilando la chiave di accensione. Era un lungo viaggio fino a Roswell, e avrebbero fatto bene a muoversi. Salutarono Mary tutti insieme e Max si immise nel viale, iniziando il loro viaggio.
Traversarono Phoenix in poco tempo e quando raggiunsero il limite della città, Liz toccò un argomento sul quale aveva riflettuto molto, negli ultimi giorni. Si girò verso il sedile posteriore per vedere Matthew già beatamente addormentato ed Ellie tutta presa dai disegni.
“Max,” Liz tornò a guardare davanti. “Sai che ho deciso di saltare il prossimo trimestre …”
“Si.” lui si voltò a guardarla un attimo, mentre guidava.
“Ma cosa mi dici di te, Max?” Lei studiò la sua faccia. “Cosa hai intenzione di fare, ora?”
“Cosa vuoi dire?” Lui aggrottò le sopracciglia.
“Quando siamo venuti qui,” Liz fece scivolare la mano in quella di lui, intrecciando le dita alle sue. “Tutti e due eravamo intenzionati a laurearci. Io in Biologia Molecolare e tu in Psicologia Infantile.”
“Ricordo.” annuì Max. Teneva un occhio sulla strada e uno su di lei, avvertendo la sensazione delle dita tra la sua mano, e godendola, mentre aspettava che lei finisse di parlare.
“E’ ancora questo quello che vuoi fare?” chiese Liz. “Voglio dire, laurearti?”
“Non lo so.” rispose onestamente Max. “Non ci ho pensato molto ultimamente. Perché me ne stai parlando ora?”
“Il trimestre autunnale comincerà tra poco.” Liz vide il paesaggio cambiare, quando si furono lasciati la città alle spalle. “Potresti tornare a studiare, se è ancora quello che desideri. Non ti mancherebbe molto per laurearti. Dopo di che potresti lavorare dovunque. Potremmo andare dove vogliamo. California. Colorado. New York. Se lo desideri potremmo anche tornare a Roswell.”
“Vuoi andare via?” Max le rivolse uno sguardo sconcertato. “Via da Phoenix?”
“No, non sto dicendo questo.” Liz scosse la testa. “Quello che intendo dire, è che noi possiamo andare se tu lo vuoi. Voglio che tu sappia che io ti seguirò dovunque tu voglia andare.” I loro sguardi si incontrarono e Liz vide che quello di lui era pieno di sollievo. “Max, so che il lavoro che fai è duro. Ti chiede un sacrificio fisico ed emozionale. Se tu volessi cambiare …”
“Tu non vuoi che io cambi lavoro?” Max era di nuovo accigliato.
“No, Max.” disse sinceramente Liz, cercando di farsi capire. “Non si tratta di me e di quello che io voglio. Si tratta di te.” lei gli strinse la mano. “Voglio che tu sia felice. Tu pensi sempre prima agli altri. Tanto per cambiare, voglio che per una volta tu pensi prima a te stesso. A quello di cui tu hai bisogno.”
“Liz.” Max le indirizzò uno dei suoi sorrisi e le strinse la mano. “Io ho esattamente tutto quello di cui ho bisogno, proprio dentro questa macchina.” Vide il sorriso che illuminò il viso di sua moglie, ma anche la determinazione nei suoi occhi. “Ci penserò, va bene? So che se prendessi la laurea, potremmo andare dappertutto. Un giorno potrei anche aprire uno studio per conto mio da qualche parte, magari a Roswell. ‘Dottor Max Evans’.” si prese in giro Max.
“Sarebbe una bella targa.” Liz rise con lui.
“Ma in realtà, Liz,” disse serio “mi piace quello che faccio. E’ vero, qualche volta è duro e fa male, ma posso aiutare tanti bambini, proprio quando ne hanno più bisogno, prima che le cicatrici nella loro psiche abbiano la possibilità di formarsi.”
“Lo sai?” Liz gli passò la mano tra i capelli. “Sei veramente qualcosa di incredibile. Ti ho chiesto, per fare una cosa nuova, di pensare a te stesso e tu cosa fai? Cominci a pensare a come puoi aiutare gli altri. Sei un caso senza speranza ed è solo uno dei motivi per cui ti amo così tanto.”
Max le rivolse un sorriso imbarazzato e cercò di tenere gli occhi sulla strada. “ti dico una cosa. Ci penserò e quando saremo tornati a casa, dopo il matrimonio, deciderò se tornare a studiare o meno. Forse il destino mi darà un segno,” Max rise. “che mi guiderà su cosa fare …”
“Papà, fermati!” gridò Ellie dal sedile posteriore.
“Cosa c’è, amore?” Max la guardò riflessa sul retrovisore.
“Dobbiamo fermarci, papà.” Ellie si agitò sul seggiolino.
“Ti serve il vasetto?” chiese Max. La cosa divertente, pensò, era che un paio di settimane prima, quella parola non era nemmeno nel vocabolario. Ora la usava molto spesso. Si girò verso Liz, dicendole serio “Ha usato il vasetto prima di partire. Non dovrebbe averne bisogno così presto.”
“Dobbiamo tornare dietro, papà.” Insistette Ellie, girandosi nel seggiolino verso il lunotto posteriore.
“Indietro dove?” Max guardò ancora nel retrovisore, chiedendosi cosa la preoccupasse. Dopo tutto, non sembrava un problema di vasetto.
“Dietro lì.” puntò Ellie. L’avrebbero perso se non si fermavano subito. “Mamma.” Ellie rivolse uno sguardo implorante a Liz.
“Fai inversione, Max, alla prossima uscita.” disse Liz, avvertendo il turbamento di Ellie. Vide una strada correre parallela alla statale e tornarono indietro percorrendo quella. Max le lanciò un’occhiata interrogativa, ma lei si limitò a scuotere la testa. Non aveva idea di cosa Ellie avesse visto o del perché voleva che tornassero indietro, ma c’era qualcosa che aveva bisogno di una fiducia cieca e che doveva essere sentita con il cuore.
Max inserì il lampeggiatore appena l’uscita successiva apparve in distanza, continuando a guardare Ellie dal retrovisore. Era stata eccitata da qualcosa, ma lui non aveva capito di cosa si trattasse. Erano in una campagna interrotta da colline, piante grasse, cactus e qualche occasionale macchia di alberi. Rallentando l’andatura, lasciò la statale al primo incrocio e girò a destra, tornando nella direzione da cui erano venuti. Ora Ellie stava guardando avanti, strattonando le cinture del seggiolino per cercare di vedere dal cristallo anteriore.
“Cosa c’è, Ellie?” Liz la guardava preoccupata. Non l’aveva mai vista comportarsi così né nei sogni, né nel mondo reale.
Ellie posò la mano sul suo album, coprendo la scena familiare che aveva disegnato tante volte. Guardando dal finestrino, sentì che erano arrivati. Ora doveva solo trovarlo.
Max avvertì il cambiamento nella macchina, l’improvvisa tensione che riempiva l’aria. Cosa aveva visto Ellie? Cosa sperava di trovare? Sentiva che era qualcosa legata alla loro natura aliena, qualcosa che l’aveva attratta ma che non riusciva a vedere.
“Lì, papà.” Ellie indicò a sinistra, quando ebbero passato l’incrocio successivo. Max frenò e fece marcia indietro, felice che non arrivassero altre auto. Seguì l’indicazione fornita dalla mano di Ellie, dirigendosi perpendicolarmente alla statale.
Poche case punteggiavano il paesaggio tra le due strade. La civilizzazione andava a rilento fuori dalla metropoli, aumentando i sobborghi, ma ancora non era arrivata così lontano. Gli alberi al lato della strada cominciavano ad aumentare e il sole filtrava dal fogliame, ombreggiando la macchina, mentre la macchina continuava la gita non programmata.
Liz osservava attentamente fuori dal finestrino, sentendo crescere dentro di lei l’eccitazione di Ellie. Non erano mai stati lì prima, nulla era familiare … o lo era? Aveva già visto quella collinetta prima di allora? Forse … una volta … in un sogno?
“Max.” Liz prese la sua mano, stringendola forte, parlando quasi in un sussurro. “Puoi sentirlo, Max?”
“Si.” Anche lui le strinse la mano. Non era mai stato qui prima, eppure … c’era qualcosa …di familiare … la sensazione che qualcosa … stesse aspettando proprio loro …
“Hai paura?” sussurrò Max. Liz aveva tutto il diritto di sentirsi spaventata quando cominciavano a succedere strane cose aliene.
“No.” Lei scosse la testa. Non era affatto spaventata. Quello che stavano facendo ora, qualsiasi cosa fosse, sembrava così … giusta. Distolse lo sguardo dal panorama e gli disse “E tu?”
“No.” rispose Max, ma una parte di lui lo era. Solo Dio sapeva dove erano diretti. Veramente, pensò guardando lo specchietto, solo Dio e Ellie.
Ellie continuava a sporgersi per vedere fuori, guardando il panorama che fuggiva via, con un’espressione concentrata. Lei era sicura che fosse lì. Vicino. Doveva solo trovarlo.
Liz si girò verso Ellie nel sedile posteriore. Allungò la mano per toccare la figlia, chiedendole “Sai dove stiamo and …”
Le parole le morirono sulla bocca, quando Ellie afferrò la sua mano e la premette sul disegno che aveva fatto. Gli occhi di Liz si spalancarono, mentre le immagini scorrevano davanti a lei e Ellie le diceva con i disegni quello che non riusciva a dire con le parole. Liz rimase a bocca aperta quando i disegni acquistarono significato e il suo cuore cominciò a battere all’impazzata. Si girò a guardare fuori, scrutando l’orizzonte, scivolando sul panorama punteggiato dagli alberi, chiedendosi se era possibile che fosse vero.
“Cosa?” Sbraitò Max con crescente preoccupazione. “Cosa c’è?”
“Quella strada, papà!” Ellie puntò insistentemente una stradina polverosa sulla destra.
Sentì un’improvvisa ondata di panico e fermò immediatamente la macchina, ricordando che una volta la curiosità aveva cambiato per sempre le loro vite. E se ci fosse stato qualcosa che li stava attirando? Qualcosa di alieno, qualcosa come il globo. Qualcosa che già una volta li aveva quasi distrutti. E se stava portando la sua famiglia in un nuovo incubo?
“Max.” Liz gli prese la mano, percependo la sua preoccupazione, ma sapendo che il suo panico era infondato. “Ascoltala. E’ dove noi apparteniamo.”
“Come fai a saperlo?” Quello poteva essere il più grande errore della loro vita.
“Perché, Max,” il viso di Liz brillava da dentro, illuminato da una fiducia interna. “sento che è una cosa bella, come non l’ho mai sentito prima d’ora.”
Max sentiva che l’aria entrava ed usciva dai suoi polmoni con difficoltà. Loro, sia Liz che Ellie, sembravano così sicure e tutto quello che lui doveva fare era un atto di fede. Ma Dio non lo aveva mai favorito in passato e la fede poteva andare facilmente in frantumi. Poteva credere ancora che Dio non avrebbe voluto dividere quello che aveva riunito da così poco tempo? O quella fede era stata era stata troppo messa alla prova per poter vivere ancora? Guardando Liz, vide la risposta scritta sul suo viso. Non importava tutto il resto, la sua fede in lei non avrebbe mai vacillato. Rimise in moto la macchina e andò avanti.
Il fondo stradale non era buono e l’asfalto lasciava spazio a tratti polverosi. L’auto sobbalzava su dossi e buche che sarebbero stati più adatti alla Jeep, ma lui non si fermò. Oltrepassarono un vecchio segnale, parzialmente coperto dalla vegetazione, inchiodato al tronco di un albero. Non riuscirono a leggere le parole ormai sbiadite e Max sperò che non si trattasse di un segnale di ‘Non oltrepassare’.
Arrischiò uno sguardo al sedile posteriore, per accertarsi che Matthew non fosse sballottato a causa del fondo sconnesso e fu sorpreso di vederlo con gli occhi aperti, ma silenzioso. Anche Matthew stava percependo l’atmosfera di attesa. Max guardò di nuovo avanti e proseguì, passando sotto baldacchino di foglie, e fu allora che lo vide.
Fermò la macchina inchiodando.
“Oh, mio Dio.” si sporse in avanti, guardando attraverso il parabrezza e sentendo le dita di Liz conficcarsi nel suo braccio. L’aria rimase intrappolata nei suoi polmoni, come se si fosse dimenticato di respirare, fino a che Ellie parlò.
“Me l’ha trovato!” Ellie guardava eccitata attraverso il finestrino. Incapace di aspettare che il suo lento e imbambolato papà la sciogliesse, usò i suoi poteri per liberarsi della cintura che la teneva legata al seggiolino e si dibatté per scendere.
“Come faceva a saperlo?” la voce di Max era piena di sgomento.
“E’ tua figlia, Max.” gli disse Liz, come se fosse una spiegazione sufficiente. “Lei è speciale, proprio come lo sei tu.”
Max aprì la portiera della macchina e uscì nel calore dell’aria estiva. Davanti a loro si stendeva un prato, il loro prato, quello che aveva riempito i loro sogni e dominato tanta parte delle loro vite.
Sulla destra, a poca distanza, c’era la macchia di alberi dove Liz si era unita, per la prima volta, al suo sogno. In quel posto speciale, lui le aveva chiesto di sposarlo. Aveva raccolto fiori selvatici per i suoi capelli proprio lì, sul bordo del prato. Si erano distesi sopra l’erba accanto a quegli alberi e avevano sentito Ellie muoversi sotto la pelle della pancia di Liz, unendosi a lei prima ancora che nascesse.
Qui Max aveva camminato nell’erba alta, tenendo la mano di Ellie quando era ancora troppo piccola per camminare da sola, sul terreno irregolare, senza cadere. In quel campo era corso dietro alle farfalle per lei e una rana aveva avuto la meglio su di lui nel ruscello che sentivano gorgogliare in lontananza.
Ellie aveva mostrato loro il suo scudo purpureo, proprio lì, mentre si stavano rilassando dopo un picnic. Era la prima volta che lui si era reso conto che lei stava sviluppando dei poteri alieni. La prima volta che lui si era reso conto di quanto Ellie fosse simile a lui. Aveva sempre saputo che il suo DNA alieno scorreva nelle sue vene, ma era la prima volta che lo avvertiva nella sua anima. Ellie non era solo sua figlia. Una parte della sua vera razza sopravviveva attraverso lei. Non era solo un essere umano, ma una prova vivente che un pianeta chiamato Antar era una volta esistito, pieno di vita, e che quella vita continuava a fiorire.
“Max?” Liz girò attorno alla macchina e gli andò vicino. “E’ il nostro, vero? Voglio dire, non è solo che sembra il prato dei nostri sogni. E’ quel prato, vero?”
“Si.” Max fece scivolare un braccio attorno a lei. “Lo è. Non so come sia possibile, ma è il nostro prato.” Camminarono nell’erba, sentendo il sole che brillava sopra di loro, come aveva fatto tante altre volte.
Ellie non riuscì ad aprire la portiera posteriore, così scivolò sul sedile davanti. Si precipitò fuori dall’auto e cominciò a correre nell’erba alta, come aveva fatto tante volte nei loro sogni. I fili d’erba le colpivano il viso e le braccia, ma le sembrava giusto, normale, una sensazione cui era abituata da molto tempo.
“Papà! Vedi?” Ellie correva nell’erba, cercando di prendere il vento con le braccia spalancate.
“Ti stiamo vedendo, Ellie.” cercò di dire Max, prima di stringere Liz tra le braccia. “E’ un segno, Liz.” Max le prese il viso tra le mani. “E’ il nostro prato. E’ qui che apparteniamo. Questa è la nostra casa.”
“Non è ‘nostro’” Liz cercò di essere razionale. “Qualcun’altro ne ha la proprietà, non noi.”
Max si liberò all’improvviso dal suo abbraccio e corse nel campo, oltrepassando la macchina e sparendo nella direzione dalla quale erano arrivati. Riapparve qualche istante dopo con in mano qualcosa, qualcosa largo e piatto … un segnale. Lui aveva chiesto un segno e ora ne aveva proprio uno in mano.
“E’ in vendita, Liz.” gridò Max e le porse il segnale perché lei potesse vederlo. L’eccitazione nel suo animo si accrebbe mentre spaziava lo sguardo sul prato, il loro prato, il posto dove si era sempre sentito come a casa. Forse, dopo tutto, Dio lo amava. Corse verso Liz col cartello sbiadito in mano.
“Sembra che sia in vendita da molto tempo.” Liz si avvicinò e cercò di decifrare il numero.
“Forse stava aspettando noi.” disse Max in tono pacato, ancora sgomento dell’esistenza di quel posto. L’espressione sul suo viso rifletteva sorpresa e meraviglia e anche qualcos’altro. Qualcosa di più profondo. Guardando nei suoi occhi, Liz vi lesse una pace interiore che non vi aveva mai visto prima.
“Come è possibile, Max?” lei gli afferrò un braccio.
“Io non lo so.” rispose lui, onestamente. “Non so come mai abbiamo sognato questo posto. Non so come Ellie abbia fatto a trovarlo. Non c’è una spiegazione razionale per tutto questo, ma è qui. Esiste. E potrebbe essere nostro.”
“Il segnale è vecchio.” disse lei con stretta logica alla Liz Parker. “Potrebbe non essere più in vendita.”
“Non lo sapremo mai, se non chiamiamo.” controbatté Max.
“C’è una quantità di terreno, qui. Potrebbe essere costoso.” si preoccupò Liz.
“Venderò la mia quota del centro UFO.” disse Max senza esitazione. “Potrebbe comprarla Michael, o Alex.” Max le prese le guance tra le mani e guardò nei suoi occhi profondi. Farò tutto quello che posso per farlo diventare nostro. Noi apparteniamo a questo posto, Liz.”
Liz vide la fede, la certezza nel suo sguardo e coprì la mano di Max con la sua. Aveva assolutamente ragione. Loro appartenevano a quel posto. “Allora chiamiamo. Abbiamo una proprietà da comprare.”
Liz tornò alla macchina per prendere Matthew e Max prese il suo cellulare formando il numero a malapena leggibile sul cartello. Liz lo guardò attentamente e, mentre liberava Matthew dal seggiolino e se lo appoggiava alla spalla, Max si voltò verso di lei col il sorriso che andava da un orecchio all’altro.
Oltre la spalla del marito, vedeva Ellie correre nell’erba dietro a una farfalla, e il suono delle sue risate cantava nella brezza.
Max si avvicinò a Liz, mettendole un braccio attorno alla vita e tirandola a se. Lei gli appoggiò la testa sulla spalla e chiese “E allora?”
Max la baciò sulla fronte e la guardò negli occhi, prima di spostare lo sguardo sul prato.
Emise un sospiro e, invece di risponderle direttamente, le fece una domanda “Vuoi costruire un ripostiglio o due?”

Epilogo

Mary riempì, fino all’orlo, il bicchiere con la sua marca preferita di limonata ghiacciata e lo sistemò sul vassoio con gli altri. I bicchieri con la cannuccia verde erano solo per quelli che percepivano i sapori. Quelli con le cannucce rosa erano per quelli meno avventurosi. La bottiglia di Tabasco vuota rimase sul bancone.
Spinse il vassoio sul bordo del ripiano della cucina e stava giusto per prenderlo, quando, con la coda dell’occhio, notò un movimento. Guardando verso il pavimento, si trovò a fissare un paio di grandi occhi scuri.
“e tu cosa pensi di fare?” disse Mary con le mani piantate sui fianchi. Il silenzio fu l’unica risposta, ma lui spostò la testa da un lato, drizzò le orecchie e fece penzolare la lingua da un lato della bocca. Si chiese per un attimo se lei gli stesse offrendo qualcosa, poi cominciò a scodinzolare e ad abbaiare allegramente.
“bella la vita!” borbottò Mary e si diresse verso la dispensa, dove conservava i biscotti per il cane. “E’ questo che vuoi?” glielo tese, prendendolo amabilmente in giro. Lui cominciò a correre intorno ai suoi piedi, abbaiando per il biscotto e Mary non riuscì trattenere un sorriso. Era veramente adorabile, per essere un cane. “Sarà meglio che tu lo porti fuori, mi hai sentito? Non voglio che tu faccia la pipì sul pavimento della mia cucina.”
King abbaiò il suo assenso e prese il biscotto in bocca quando Mary glielo tirò. Corse fuori felice con la cosa che scodinzolava a mille.
Mary scosse la testa e tornò al vassoio che la stava aspettando sul bancone della cucina. Lo prese e si diresse nella stessa direzione in cui King era appena andato. Era una bellissima giornata di metà ottobre e tutti erano arrivati per i festeggiamenti. Spinse la zanzariera ed uscì nel portico anteriore, lasciando che lo sguardo spaziasse sulla vista davanti a lei.
Il sole brillava in un cielo azzurro ed il prato era coperto da sedie e tavoli ripieni di un assortimento di cibo. Palloni e striscioni di ‘Buon Compleanno’ si muovevano alla brezza leggera e decoravano la staccionata che circondava il portico. Una palla di energia, con un cappellino di Compleanno in testa, corse nell’erba e, quando si fermò, agitò la manina per salutare.
“Mary!” Ellie sorrise eccitata. “Quetta è per me?”
“Certo!” Mary sorrise in risposta e scese i gradini della facciata della casa appena costruita.
“Mary, lei è un’ancora di salvezza.” Max la baciò sulla guancia e prese uno dei bicchieri prima ancora che lei avesse la possibilità di appoggiarlo sul tavolo. Ne bevve la metà in un solo sorso, poi si allontanò, con in testa un cappello da cuoco e una pinza da barbecue in mano, gridando “Chi è pronto per mangiare un hotdog?”
Mary depose il vassoio e raddrizzò il cappellino sulla testa di Ellie, mentre la bambina allungava la mano per avere il suo bicchiere di limonata piccante. Ne prese un lungo sorso, come aveva fatto suo padre, poi ricominciò a correre verso le nuove altalene che Max e quel bravo ragazzo di Michael Guerin avevano finito di installare quella mattina. Quel grazioso ragazzino, Bobby Hitchner, la seguiva come un cucciolo e, proprio in quel momento, stava facendo a gara con Shane Tollefson per vedere chi avrebbe spinto la sua altalena per primo. Santo Cielo, quella ragazzina avrebbe spezzato diversi cuori, tra poco tempo.
Gli uomini si avvicinarono al barbecue, aspettando pazientemente che Max riempisse i loro piatti, mentre le signore sistemavano le pietanze sulla tavola. Ormai Mary li conosceva tutti e sapeva attribuire il nome ad ogni singolo volto. Jeff Parker era quello arrivato con quella mostruosità di Winnebago, parcheggiato nel viale già da un paio di giorni. Sua moglie Nancy gli stava togliendo un bicchiere di birra dalle mani, per rimpiazzarlo con uno di limonata, con la cannuccia rosa.
L’uomo alto era il signor Evans, di cui Max si era burlato con lei quel giorno della scorsa estate, quando il suo mondo si era sconvolto. Mary sorrise pensando che Philip poteva anche avere l’aspetto di un orso, ma era dolce come suo figlio. Anche sua moglie Diane era affascinante e ora Mary capiva perché Max, scherzando, chiamava sua madre ‘piccola ingorda’. Tra lei e Nancy, Matthew e Ellie erano monopolizzati e sommersi di attenzioni.
Gli sposini novelli erano a pochi passi uno dall’altra e Mary aveva per caso sentito Liz che si burlava del suo amico d’infanzia, dandogli un pugno nello stomaco e dicendogli che la vita da sposato gli faceva bene. Alex fu sinceramente d’accordo con lei, e quando sussurrò qualcosa all’orecchio di Isabel, la fece arrossire. Mary pensò che formavano una bella coppia.
Michael Guerin, di solito molto serio, sembrava trascorrere una giornata felice, e quando il ragazzo sorrideva era veramente una bella visione. In apparenza, aveva una predilezione per la Snapple, perché sembrava averne sempre una in mano. All’inizio si era chiesta se non ci fosse un qualche collegamento alieno, come per la salsa Tabasco, ma lui era l’unico a consumarne una grande quantità, quindi pensò che non si trattasse di questo. Maria, la sua fidanzata, era un tipetto tutto pepe e grazie a questo, era riuscita a convincere il suo uomo a fissare una data per le nozze. I matrimoni di primavera erano sempre belli.
Il lungo braccio della legge sembrava essere ben rappresentato, con l’agente Tully che faceva conoscenza con lo Sceriffo di Roswell. Lui aveva fatto parecchia strada per una visita, ma Mary sapeva che tra lui e Max c’era una vecchia storia, non sempre buona. ma ormai erano amici da anni e Jim era considerato parte della famiglia.
Mary notò con piacere che anche Chris Palmer era troppo preso da quella simpatica ragazza che era Tracy per parlare con il suo collega. Mary aveva capito che Chris aveva smesso di fare il playboy e si chiese se fosse stata Tracy a calmare i suoi bollenti spiriti o un piccolo angelo con l’impronta della mano argentata. Quale che ne fosse il motivo, aveva sentito Max parlare del suo cambiamento di vita. Mary non lo aveva conosciuto prima, ma c’era una sola parola che poteva usare per definire l’uomo che sembrava essere ora. Sembrava felice.
Un rumore le giunse all’orecchio e Mary si voltò per veder arrivare un grosso van. Josh Lansing e la sua famiglia, furono accolti da un caldo benvenuto e le giovani donne si affrettarono immediatamente attorno ad Annie, chiedendole come si sentisse, se le nausee mattutine andassero meglio e se avesse già sentito il bambino muoversi. Martha si sarebbe sorpresa di una gravidanza che durava solo sei mesi? Santo Cielo!
Daniel e Sarah uscirono dal retro del van e Mary sorrise alla loro vista. Erano stati amorosamente gentili con lei in quei primi giorni, dopo la terribile scoperta. Lei era una perfetta estranea per loro, ma l’avevano accolta in casa loro quando non sapeva dove andare. Daniel l’aveva aiutata a trovare una sistemazione temporanea dove vivere, aiutata a trasportare le sue cose e le aveva anche prestato del danaro fino a che aveva sistemato il suo conto in banca.
Quei vecchi film di fantascienza degli anni ’50, non potevano sbagliarsi di più. Non erano gli alieni ad essere dei mostri. Mary ne aveva la prova di prima mano.
Nel viale apparve un’altra macchina e Mary pensò che ora la festa era al completo. Carl parcheggiò accanto al van ed uscì dall’auto, con l’espressione del gatto che ha appena mangiato il canarino. Mary si chiese cosa nascondesse e non le ci volle molto a capirlo. Rachel uscì a precipizio dalla macchina, tenendo davanti a se la mano sinistra e, anche da quella distanza, Mary distinse il bagliore del diamante al suo anulare.
Le grida di eccitazione di Liz le arrivarono all’orecchio, mentre le due giovani donne si abbracciavano e saltavano di gioia. Max poggiò le pinze, si tolse il grembiale con scritto ‘Baciate il cuoco’ e attraversò di corsa il prato, sorridendo e stringendo la mano di Carl per congratularsi, prima di stringere l’uomo più anziano in un abbraccio vigoroso. Per essere un uomo la cui faccia era stata la meta una grande quantità di guantoni da pugile, Carl aveva un bellissimo sorriso.
Nessuno di loro lo sapeva ancora, né Mary che guardava la famiglia estesa di cui ora faceva parte, né Max, che sorrideva da orecchio a orecchio circondato da parenti ed amici, né Max che rideva eccitata, ma l’anno seguente sarebbe stato veramente pieno di eventi.
Alex stava per diventare socio del Centro UFO per aver acquistato parte della quota di Max. Isabel avrebbe creato una firma che avrebbe sconvolto il mondo della moda con il suo ultimo disegno, il più grazioso alieno dopo E.T.
Maria si stava facendo strada nel mondo della musica, con un brano che, a sorpresa, stava raggiungendo la vetta delle classifiche. Era quasi bello come la canzone che avrebbe cantato per suo marito la sera delle nozze. Quasi.
Tully avrebbe avuto la macchina nuova alla quale pensava, una che fosse più grande di una scatola di sardine. E all’inferno l’innaffiatrice automatica per il giardino. Non aveva bisogno di togliersi quella voglia, dopotutto. Ormai era affezionato al vecchio tubo per innaffiare a mano.
Chris stava per impegnarsi per la prima volta nella sua vita, chiedendo a Tracy di andare a vivere con lui. Sembrava non interessargli più avere una donna diversa nel suo letto ogni notte. Tracy gli avrebbe detto di si. Anche lei aveva finalmente trovato l’Uomo Giusto.
Carl e Rachel stavano per avere l’anno più eccitante della loro vita. Un matrimonio in inverno, completo di Carl, sposo nervosissimo, e di Max, suo calmo e composto testimone. Rachel sarebbe stata una bellissima, timida sposa, con Liz come damigella d’onore serena al suo fianco. Durante l’anno successivo, Carl avrebbe avuto in dono qualcosa che non aveva mai neppure sognato. Due gemelli. Un maschio e una femmina.
Matthew aveva già tutto quello che desiderava. La sua sorellina maggiore era a casa e tutti erano felici. Ora, se solo la nonna lo avesse messo giù, forse avrebbe potuto giocare con King.
Ellie stava per trascorrere l’anno più bello della sua vita, ma questo era facile da predire. Tutti i suoi sogni si erano realizzati ed ogni giorno nel mondo Reale era più bello del precedente. Il suo passatempo preferito era giocare … Fuori.
Liz si era presa il trimestre autunnale di pausa, proprio come aveva progettato, ma aveva fatto buon uso di quel tempo. Tra il crescere un figlio e una figlia e ricoprire di amorevoli attenzioni suo marito, avrebbe trascorso il suo tempo libero studiando gli appunti di Johnson sugli esperimenti che stava conducendo prima della sua morte.
La sua diligenza le avrebbe permesso di trovare il collegamento che mancava nel lavoro di Johnson, un collegamento che avrebbe portato ad una cura per il Morbo di Gunther. Liz Parker Evans era sulla strada per vincere il suo primo Premio Nobel per la medicina, proprio come le aveva predetto il suo Professore.
La più grande soddisfazione per Max, oltre ai successi di sua moglie, sarebbe stata quella di togliere la parola ‘Apprendista’ accanto al suo nome e ricevere il suo distintivo da Agente. Sarebbe stato Carl a consegnarglielo, con orgoglio, subito dopo il suo ventunesimo compleanno. Il Dipartimento riponeva in lui un grande interesse e si aspettava grandi cose da quel ragazzo silenzioso.
Sul fronte alieno, il nome di Max circolava già per il primo posto libero nel Consiglio di Governo. Il rispetto che la sua comunità aveva per lui cresceva a grandi passi e non solo perché era un guaritore. Quelli che lo conoscevano lo rispettavano per l’uomo che era, un’anima gentile con forti convinzioni, ed un amore immenso per la sua famiglia. Col passare del tempo, sarebbe diventato il più giovane membro del Clan mai designato per quella carica. Avrebbe assunto un ruolo di comando, come se fosse nato per quello.
E per quello che riguardava Mary, Martha aveva avuto ragione. Mary aveva ancora tanti anni da vivere e sarebbero stati gli anni migliori della sua vita. Ora aveva una famiglia di cui prendersi cura e dei piccoli da amare e non era mai stata così felice.
“Mary.” Liz arrivò accanto all’anziana donna e l’abbracciò. “Non viene a mangiare?”
“Oh, si.” Mary le prese la mano affettuosamente. “Non preoccuparti per me, cara. Credo che il tuo meraviglioso marito mi abbia tenuto da parte del petto di pollo.”
“Allora, non lo faccia aspettare troppo.” la esortò Liz. “Tra un po’ servirò il gelato.”
“Liz, cara.” Mary scosse la testa costernata. “Ancora non capisco perché non hai voluto una torta di compleanno per Ellie.”
“Mi creda, Mary.” Liz strinse tra le braccia la donna. “In questa famiglia non è salutare mettere insieme torte e ospiti.”
Mary alzò un sopracciglio, ma Liz non se ne accorse. Era troppo occupata ad osservare suo marito. Tuttavia Mary non si lasciò sfuggire lo sguardo o il modo in cui Max si era voltato, con uno sguardo appassionato, quando lei aveva nominato la torta, anche se era troppo lontano per sentirla. O no?
Mary vide Liz andare nella sua direzione, con Max che non le toglieva gli occhi di dosso, e si ricordò che aveva qualcosa da fare. La sua cena poteva aspettare ancora qualche minuto. Si fece strada tra i tavoli e passò dietro i due ripostigli, camminando verso una direzione ben definita. Il suo piccolo cottage non era lontano, solo quanto bastava per dare alla famiglia, che viveva nella casa principale, il senso di intimità di cui aveva bisogno.
Quando fu arrivata alla porta d’ingresso, si fermò ad ispezionare le rose che crescevano nel suo giardino. Tra poco tempo, quando le piante avessero messo radici e fossero cresciute, il suo giardino sarebbe diventato pieno e rigoglioso.
Fino ad allora, c’era un particolare cespuglio di rose che fioriva con meraviglioso splendore, ed era li che lei era diretta. Quando si era meravigliata di quella crescita precoce, Max si era limitato a farle l’occhiolino e a dire che doveva essere stato il fertilizzante. Ma Mary conosceva la differenza. Non era stata una sorpresa che la pianta che era cresciuta di più, e che fioriva tutto l’anno, era quella di rose bianche.
Mary prese le cesoie e scelse una rosa perfetta, una che aveva appena cominciato a schiudersi. Sarebbe stata perfetta per il tavolo della colazione di Liz.

***

“Vieni qui, tu.” Max sollevò in aria Ellie e le solleticò la pancia con il naso.
“Papà!” il sorriso di Ellie si trasformò in una risata. “Papà! Papà, batta! PAPA’!” Muoveva le gambe agitata, mentre la sua risata volava sopra il prato.
“Cosa c’è, Ellie?” Max tolse il naso e rise con lei. “Vuoi che la smetta?”
“No, papà.” ridacchiò lei. “Antoa sollettoto!”
Max appoggiò il naso sul cappellini di compleanno e le fece una pernacchia, ridendo al suono della sua risata. C’era al mondo un suono più bello per un padre, della risata dei suoi bambini? Il primo compleanno di Ellie con loro era come lo avevano sognato e anche di più. Avere tutti i loro parenti e gli amici a festeggiarlo con loro era stata la ciliegina sulla torta.
“Guarda!” Max portò l’attenzione di Ellie verso Liz, che scendeva i gradini dell’ingresso, con in mano una coppa speciale.
“Quetta è per me?” Ellie battè le mani felice. Liz si diresse verso di lei, eccitata come la figlia. La coppa che portava aveva tre gusti differenti di gelato messi in fila, con una candelina sopra ciascuno. Maria cominciò a cantare per prima, poi il prato si riempì di un coro di voci che cantavano “Happy birthday to you, happy birthday to you, happy birthday cara Ellie, happy birthday to you!”
Sentire il suo nome in bocca a tante persone, lasciò per un attimo Ellie senza parole, e questa era una cosa che non accadeva spesso. la Signorina Chiacchierona non era mai a corto di parole, ma non aveva mai avuto un compleanno come questo, prima. Quando la canzone terminò, Max le diede un bacio sulla fronte e la mise a sedere sulla panca da picnic. Le si sedette accanto, mentre Liz le metteva davanti la coppa.
“Esprimi un desiderio, Ellie.” Liz le diede un bacio sulla guancia. “E poi spegni tutte le candeline.”
“Un desiderio?” Ellie arricciò il naso. Cosa poteva desiderare? Aveva tutto quello che voleva. Tutti i suoi desideri si erano realizzati. Una volta aveva detto a Mary che voleva vivere con la sua mamma e il suo papà e il suo fratellino in una grande casa nel sole. Quel sogno ora era la realtà, proprio come tutti i suoi altri sogni.
Ellie guardò tutti i volti ai tavoli intorno a lei e le sue labbra si curvarono in un sorriso segreto. Chiuse gli occhi ed espresse un desiderio, poi fece un forte soffio, spegnendo tutte le candeline. Fu ricompensata con un applauso e Mary cominciò a servire le coppe di gelato, partendo dai bambini e finendo con gli adulti.
Max prese una coppa e vide Liz che faceva altrettanto, poi marito e moglie divisero uno sguardo complice. Mary poteva pensare che fosse strano, ma il gelato di compleanno aveva perfettamente senso per loro. Dopo tutto, il gelato era il dolce preferito di Ellie, ed era certamente più innocuo di una torta.
Max allungò la mano sul tavolo per prendere la bottiglietta del Tabasco e quando si trovò accanto alla spalla di Ellie, le sussurrò in un orecchio “Cosa hai desiderato, tesoro?”
Ellie si stava infilando una cucchiaiata di gelato in bocca, ma si fermò alle parole del padre e lanciò un’occhiata attraverso il tavolo. Bobby era seduto proprio di fronte a lei ed aveva altrettanto gelato sulla sua faccia che nella sua coppa. Una cosa era certa, prima che il suo desiderio si avverasse e lei riuscisse a farsi dare un bacio di compleanno da lui, Bobby avrebbe dovuto lavarsi il viso.

***

La zanzariera si aprì con un debole scricchiolio e Liz uscì nel portico. Si fermò per un istante, ascoltando il dolce rumore del giorno che finiva e della notte che si stava preparando. Il tramonto colorava tutto di arancio e rosa e rosso, colori che si adattavano alla fine della loro giornata tumultuosa.
“Si è addormentata?” la voce di Max le arrivò dall’ombra e sentì la mano di lui allungarsi in cerca delle sue.
“Appena la sua testa ha toccato il cuscino.” Liz sorrise, nell’oscurità crescente. Fece scivolare la sua mano in quella di Max e si unì a lui sul grande dondolo del portico.
“Le feste di compleanno tendono a fare questo.” Max passò il braccio attorno a lei e la attirò accanto a se, sentendola accoccolarsi contro il suo petto. “Specialmente quando hai solo tre anni.”
“E’ stata una giornata campale, vero?” sospirò Liz felice.
“Si, lo è stata.” Max rimase un attimo in silenzio, ascoltando i suoni della sera e limitandosi a pensare. Carezzando la nuca di Liz, si chinò e le posò un bacio sulla fronte prima di dire sottovoce “Ricordi quello che abbiamo fatto il giorno del suo primo compleanno?”
Max sentì la sentì annuire contro il suo petto e dire “Mi hai dato un nuovo disegno di Ellie, e abbiamo pianto e fatto l’amore.”
“Si.” Max passò le dita tra i capelli di lei, mentre entrambi rivivevano quei ricordi. “Ricordi quello che abbiamo fatto il suo secondo compleanno?”
“Abbiamo parlato di avere Matthew e abbiamo pianto per Ellie.” Liz mise il viso accanto all’orecchio di lui. “Poi abbiamo fatto l’amore per il resto della notte.”
Max annuì, poi le sussurrò contro la guancia “Abbiamo creato una tradizione.”
“si.” Liz cambiò posizione e guardò gli occhi del marito, che riflettevano i colori del tramonto, brillando di sfumature d’ambra. “Però non penso che piangeremo, quest’anno.”
“No, quest’anno no.” disse Max, prima che le sue labbra reclamassero quelle di lei. Il suo bacio fu tenero, amoroso, un’espressione di tutto quello che sentiva nel cuore. La sua mano si posò sul viso di lei in un gesto familiare, un tocco speciale di cui Liz non era mai stanca. Il bacio si interruppe lentamente, e lui fece passare un braccio sotto le gambe di lei, e se la mise in grembo.
“Sei felice, Liz?” le chiese, poggiando la fronte contro la sua.
“Più di quello che ciascuno abbia diritto di essere.” Liz gli passò le braccia attorno al collo. “E tu? Sei felice, Max?”
Nella luce che moriva, il sorriso che fece Max fu molto di più del sorriso di un uomo felice. “Hai catturato il mio cuore dal momento in cui ti ho vista, Liz, e da allora lo hai tenuto prigioniero. Tu sei la mia vita, la mia speranza e i miei sogni. Come posso non essere felice? Con te, Ellie e Matthew, ho tutto quello che ho mai desiderato.”
Soddisfatta, lei gli poggiò la testa sulla spalla e guardò il panorama, il prato e il ruscello che erano parte delle loro vite. “Qualche volta mi sembra ancora di vivere in un sogno.” Liz sentì la guancia di lui poggiarsi sulla sua testa. “E mi chiedo quando mi sveglierò.”
Max la strinse più forte accanto a se, poi si alzò in piedi, sollevando il suo corpo sottile tra le braccia. mentre gli ultimi raggi di sole illuminavano i loro volti estasiati, Max le disse con voce rauca “Andiamo a dare il bacio della buonanotte ai nostri bambini, poi ti mostrerò quanto tutto questo è reale.” Max la strinse a se, come fosse una rosa delicata, con gli occhi pieni dell’amore che provava per lei e il viso acceso dalla passione che lo consumava.
“E come farai, Max?” Il viso di Liz risplendeva.
“Voglio amarti per tutto il resto della notte, come non sei mai stata amata prima.” Il desiderio sul suo viso non lasciava dubbi sul fatto che intendeva mantenere ogni singola parola.
“E cosa mi dici dei bambini?” Liz strofinò le labbra contro le sue. “Si sveglieranno alle prime luci dell’alba.”
“Mary si prenderà cura di loro.” Max sorrise con affetto al pensiero. “Le vogliono bene e lei li adora e le piace prendersi cura di loro. Vive per quello.”
“Sei un uomo buono, Max.” Liz gli accarezzò il viso.
“Solo perché tu mi hai fatto diventare così.” Max la baciò, dandole un assaggio di quello che l’aspettava. “Andiamo dentro. Abbiamo una tradizione da rispettare.”
Liz si rannicchiò tra le sue braccia, mentre la portava in casa. La zanzariera si chiuse dietro di loro, con un debole rumore che chiudeva fuori la notte. Il sole sparì all’orizzonte e la notte scese sopra il prato, con i bozzoli del buoi che avvolgevano tutto in un abbraccio di velluto. Oggi era stata la festa per il compleanno di una bambina speciale. Quella notte, mentre avrebbero fatto l’amore lentamente e serenamente, dando e prendendo tenerezza, Max e Liz avrebbero celebrato la loro vita insieme e la promessa del loro futuro.
Ora le loro vite erano complete. Ricche, piene e …Reali.

Fine

 

P.S.
E abbiamo finito. Se da una parte non vedevo l'ora, dall'altra si affaccia una lieve malinconia.
La traduzione di questa ff è nata per caso, dalla dolcezza che mi aveva lasciato la fantasia e la capacità di Breathless di far rivivere un sogno e dalla voglia di condividerlo con chi non era in grado di leggere l'inglese. Per sette mesi mi ha accompagnato durante la giornata e più spesso, durante la notte. Non sarebbe nata e vissuta senza il vostro continuo incoraggiamento e senza l'impareggiabile collaborazione di Coccy che ha fatto dono a me e a voi del suo tempo prezioso (a volte mi sono chiesta se tra il suo sito, i forum, le sfide di fanart e tutto il resto le rimanga il tempo di respirare!)

E ora che ho preso il via, vorrei continuare.
Ho già chiesto a qualcun'altra delle autrici delle mie ff preferite l'autorizzazione a tradurre e a postare i loro racconti. MidwestMax me l'ha concessa subito e, tra breve, spero di farvi leggere 'Il figlio di nessuno', la prima delle 5 ff che costituiscono 'The Son series'.
Amo il personaggio di Max e le dolci sfaccettature del suo carattere: la sua insicurezza, il suo senso di responsabilità, la sua generosità nel pensare sempre prima agli altri. Lui non sarà il protagonista di questa ff, ma sarà presente al pari di tutti gli altri personaggi, così da non fare torto a nessuno.
I protagonisti saranno Nate e Alyssa. Non voglio anticiparvi nulla, per non togliervi il gusto della scoperta ma, come dice l'autrice, questa storia ha luogo dopo 17 anni da ‘Four Aliens and a Baby’ e con questa informazione non ci vuole uno scienziato spaziale per capite chi è Nate e perché avrà vita difficile col futuro suocero.
Spero che mi seguirete e mi sosterrete con lo stesso calore con cui avete seguito "Cuori Prigionieri".

PC

 

Scritta da Debbi aka Breathless
Traduzione italiana con il permesso dell'autrice dall'originale in inglese
a cura di Sirio, con la collaborazione di Coccy85


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