Roswell.it - Fanfiction
SPECIALE

CUORI PRIGIONIERI (Captive Hearts)

Capitoli 85-90


Riassunto: Questa storia, in 118 capitoli, comincia subito dopo gli eventi dell'episodio "Amore alieno" (1.16), e nulla di quello che è accaduto dopo l’episodio è rilevante ai fini della storia. Max non è un re. Tess non esiste, non ci sono Skins o duplicati o Granilith.
Torniamo indietro al tempo in cui Max non ha occhi che per Liz e il suo più grande desiderio, la sua più grande paura è che lei in qualche modo possa ricambiarlo.

Valutazione contenuto: non adatto ai bambini.

Disclaimer: Ogni riferimento a Roswell appartiene alla WB e alla UPN. Tutti gli attori protagonisti del racconto e citati appartengono a loro stessi.


Capitoli 1-6
Capitoli 7-12
Capitoli 13-18
Capitoli 19-24
Capitoli 25-30
Capitoli 31-36
Capitoli 37-42
Capitoli 43-48
Capitoli 49-54
Capitoli 55-60
Capitoli 61-66
Capitoli 67-72
Capitoli 73-78
Capitoli 79-84

Capitolo 85

Quella mattina Rachel si era svegliata rendendosi lentamente conto che c’era qualcosa di differente. Poteva sentire la presenza di lui tutto intorno a sé e sorrise, sapendo che erano le braccia di Carl che la circondavano, la mano di Carl che era appoggiata sul suo stomaco, il caldo respiro di Carl che sentiva sulla sua spalla. Il calore del petto di lui contro la sua schiena, le riportò alla mente vividi dettagli della notte che avevo diviso.
Lei stava immobile, per non disturbarlo, contenta di sentire i movimenti ritmici del suo petto muscoloso. La sua piccola mano morbida si posò su quella più grande, e sorrise al ricordo nella notte passata. Lui aveva espresso i suoi timori, la sua certezza di sentirsi inadeguato, ma la sua paura di lasciarla insoddisfatta era infondata. Non si era mai sentita così soddisfatta in vita sua. Proprio come lei aveva sospettato, baciare non era l’unica cosa che sapeva fare bene.
La prima volta era finito tutto in fretta, proprio come lui aveva temuto, ma l’emozione che Rachel aveva sentito in lui l’aveva soddisfatta ad un livello superiore a quello fisico. La seconda volta era cominciata più lentamente, con ognuno di loro che assaporava le sensazioni dell’altro, e poi era sfociata in una intensa e soddisfacente conclusione. La terza volta … poteva solo immaginare come sarebbe stata la terza volta. Ed era vicina a scoprirlo.
“Buon giorno.” le disse dolcemente Carl all’orecchio, rompendo il silenzio nella stanza. Per la prima volta in tanti di quegli anni che non voleva nemmeno contare, questa mattina non sarebbe cominciata in solitudine. “Hai dormito bene?”
“Ummm,” sospirò lei al suono entusiasta della sua voce profonda. “E tu?” gli chiese, girando il viso verso di lui.
“Il migliore sonno che abbia fatto da anni.” Lui guardò quegli stupendi occhi verdi. Le sue labbra erano a pochi centimetri da quelle di lei e la sua mano salì per accarezzarle la pelle, proprio sotto la sporgenza del suo seno. Le disse con voce profonda “Questa notte tutto è stato speciale.”
“Anche per me.” lei si girò sulla schiena e con le dita gli accarezzò il petto villoso. Amava la sensazione del petto muscoloso sotto quel ruvido pelo, molto. Per un uomo a metà dei quarant’anni, pensava mentre la sua mano vagava sul petto di lui, aveva un’eccellente forma fisica. Le sue dita scesero nella parte inferiore del torace, e le piacque anche quella; poi le labbra di lui furono sulle sue, accendendo quel fuoco che era stato arginato la notte precedente e lo riportarono in vita.
Il tocco di Carl era pieno di passione, le sua mani calde la esploravano, toccandola, eccitandola. Mentre il suo corpo premette quello di lei contro le lenzuola, Rachel pensò che stava per scoprire come sarebbe stata la terza volta.

***

Max si risvegliò sentendo la sensazione della morbida seta sulla sua guancia. Divenne lentamente conscio di quello che lo circondava e attraverso le palpebre chiuse percepì la luce del mattino, che entrava dalla finestra. Poteva sentire il sussurro dell’aria che usciva dai polmoni di lei e il soffice respiro colpirlo dietro la nuca, quando lei lo espirava. Con la testa poggiata sul petto di Liz, poteva sentire il ritmo regolare del battito del suo cuore nell’orecchio e le delicate costole sotto il proprio palmo aperto.
Svegliarsi con lei era la sensazione più bella che conoscesse. Svegliarsi col calore del corpo di lei, dava colore a tutta la sua giornata, alla sua vita. Dormivano sempre in quel modo, Max curvo contro di lei o Liz appoggiata contro di lui. Nel sonno, gravitavano uno in direzione dell’altra e quella notte non aveva fatto eccezione.
Poteva sentire la gamba di Liz nello spazio tra le sue gambe e la sua camicia da notte era risalita durante la notte, facendogli sentire il contatto con la pelle nuda. Le cosce di Liz erano a contatto con le sue. Le sue calde … morbide … cosce nude toccavano le sue calde … dure … cosce nude. La parola chiave era nude. Duro, stava diventando velocemente, la parola chiave numero due. La sua mano si mosse lentamente lungo le costole di lei, sopra il morbido rilievo del suo addome. E in quel momento ricordò!
Aprì velocemente gli occhi, in preda ad un senso di panico. Matthew! Dov’era Matthew? Matthew non li aveva svegliati quella mattina! C’era qualcosa che non andava? Oh, Dio! Sapeva che avrebbe pagato la lunga notte senza sonno, ma ora che si era sveglio, l’assenza delle grida del bimbo affamato lo aveva gettato nel panico. Cosa c’era che non andava nel bambino?
Si sedette sul letto e si chinò verso Liz, gettando un’occhiata alla culla che era a poca distanza dal letto, dalla parte di lei. Avvicinavano Matthew ogni sera, così che fosse agevole per Liz prenderlo e Max tirò un sospiro di sollievo nel vederlo placidamente addormentato. Le sue piccole braccia si stiracchiarono per poi posarsi di nuovo. Stava bene, proprio bene, stava solo dormendo in quella mattinata di sabato, come un bravo neonato.
“Ehi, come sei pieno di vita stamattina.” disse Liz sotto di lui.
Max chinò la testa per vedere il suo sguardo divertito, poi si rese conto di cosa stesse parlando. Era sdraiato proprio sopra di lei. Per vedere dentro la culla, si era praticamente steso sopra di lei. Unito al fatto che pensando alle sue gambe nude si era eccitato, capì come lei potesse aver frainteso. Era stata colpita dall’evidenza.
“Liz.” disse sorpreso “Quando ti sei svegliata?”
“Sai, non è facile dormire quando mio marito mi si stende sopra.” disse cercando di non ridere all’espressione della faccia di Max.
“Stavo solo controllando Matthew.” balbettò. Stava impazzendo lentamente, sapendo di non poter far l’amore con lei. Ma Rachel aveva detto che avrebbero dovuto aspettare qualche settimana per permetterle di riprendersi, e lui non voleva che Liz pensasse che stava facendo qualcosa di eccentrico con lei, mentre stava dormendo. Il fatto che fosse sdraiato su di lei, duro come una roccia, non deponeva certo a suo favore. “Io …io …”
“E’ così che controlli Matthew?” chiese Liz sbuffando.
“No.” cominciò a balbettare, poi sentì le sue mani accarezzargli le spalle. Le sue dita s’infilarono nell’elastico dei boxer e le sue mani gli strinsero il sedere. Il tocco di Liz lo rilassò e sorridendo a sua volta, le disse in tono accusatorio “Ora mi stai prendendo in giro!”
“Davvero?” gli rispose lei, provocante.
“Lo sai cosa ha detto Rachel.” le ricordò Max. “Niente sesso. Anche se ne morirò”
“No, Max.” lo rimproverò lei. “Rachel non ha detto esattamente questo.”
“No?” Max sentì salire un’ondata di calore.
Liz lo spinse indietro, prendendolo con la guardia abbassata e lo fece stendere sulla schiena. Lei rotolò con lui e le sue mani, sul suo sedere un momento prima, stavano ora tirandogli su la maglietta, per scoprire il suo petto muscoloso. Lo guardò negli occhi ardenti, poi lentamente posò le labbra su quel bellissimo torace. Con la lingua carezzò la pelle liscia e Max, con il respiro sempre più difficile, le disse “Liz? Cosa stai facendo?”
“Lo sai, Max.” Liz continuò a scendere con la lingua e lui deglutì allo sguardo caldo che lei gli diede. “Ci sono molti modi di fare sesso. Rachel non ha detto che erano tutti proibiti.”
“Oh.” fu l’unica cosa che Max riuscì a dire. Solo ‘Oh’. Sapeva che avere un bambino era una prova difficile, sia fisicamente che emozionalmente, e lui non voleva chiederle nulla, ma gli era mancata la sua vicinanza. Il loro contatto. La loro intimità fisica. Lei riusciva a soddisfarlo in modi che lui non avrebbe mai nemmeno osato immaginare in tutti quegli anni in cui l’aveva guardata da lontano. Solo la sensazione delle sue labbra sul suo stomaco lo stava eccitando al di là di ogni parola.
“Max.” lei sorrise e fece scorrere la mano tra sue cosce nude. Al contatto, il respirò di Max si fermò e sapeva che Liz non poteva immaginare che era tutto partito da lì. La sensazione della coscia nuda di lei sulla sua coscia nuda era stata la causa scatenante di questa situazione. La mano di Liz salì più in alto, poi scivolò sotto l’orlo abbassato dei suoi boxer, prima mettendosi a coppa sulle sue palle, poi risalendo per la sua incredibile dura estensione.
“Liz.” cercò di dire, mentre lei lo accarezzava in due lunghe, tormentose settimane.
“Stenditi e rilassati.” lei sorrise sexy, poi lui si lamentò quando lei tolse la mano. Lei tirò giù l’elastico dei boxer e Max si lamentò ancora quando capì quali fossero le sue intenzioni. Liz gli fece scorrere i boxer lungo le gambe e notò come lui stesse fermo sull’attenti, brillante di gocce di eccitazione. Sorrise e si bagnò le labbra, mentre Max continuava a gemere di sensuale anticipazione. Lui chiuse gli occhi mentre la mano di lei tornava ad avvolgersi intorno ai suoi testicoli e la sua bocca tracciava un a linea dal suo stomaco, lungo l’addome, giù verso la linea di peli che l’attirava verso la sua destinazione.
Max stava perfettamente immobile, gli occhi ancora chiusi, aspettando ansioso che la sua bocca raggiungesse quel posto che stava silenziosamente implorando di essere toccato. I capelli di lei gli sfioravano la pelle, solleticandogli lo stomaco , le cosce e l’inguine, ed un gemito di piacere intenso gli sfuggì dalle labbra e riempì l’aria intorno a loro. La sua lingua scese, sfiorando le gocce che il suo corpo eccitato disperdeva e Liz lo sentì tremare di piacere quando le sue labbra gli si chiusero intorno.
Lei sapeva cosa gli piaceva e dove gli piaceva. Lei lo prese nella profondità della sua bocca, una volta … due volte … tre volte … poi la vita si mostrò nel suo lato peggiore.
Matthew si era svegliato.
Liz tirò via la bocca dal suo membro, passando immediatamente alla modalità ‘mamma’. Max fu abbandonato in piena eccitazione e completamente insoddisfatto, e la guardò con un misto di desiderio e frustrazione. Lei gli lanciò uno sguardo mortificato, poi per aggiungere la beffa al danno, lo lambì con la lingua ancora una volta, prima di scendere dal letto per raggiungere il figlio affamato.
Max, stringendo i denti e soffrendo di desideri sessuali non realizzati, rimase sul letto, con i boxer calati sulle ginocchia, mentre Liz prendeva Matthew e lo portava in camera sua per cambiarlo. Cacciando via i suoi pensieri pieni di desiderio, Max si alzò dal letto, lasciò che i boxer scivolassero in terra e si diresse in bagno per fare una doccia fredda.

***

Carl finì di fare una gratificante e rilassante doccia calda e si vestì alla svelta con un paio di jeans scuri e una camicia di denim, prima di uscire dalla stanza da letto, attirato dallo stuzzicante profumo che veniva dall’altra parte dell’appartamento. Entrò in cucina e per un momento rimase immobile alla vista che aveva davanti. Rachel era ai fornelli, e preparava la colazione, con indosso una camicia presa dal suo armadio. Si era arrotolata le maniche troppo lunghe sui gomiti, e il retro le arrivava a mezza coscia. Le belle gambe e i piccoli piedi erano nudi e il modo in cui il suo seno si muoveva sotto al tessuto, suggeriva che sotto la camicia non indossava nulla.
Avvertendo la sua presenza, Rachel lo guardò e lo accolse con un sorriso. I suoi capelli davano l’idea che li avesse ravviati con le dita, creando una capigliatura selvaggia che Carl trovò eccitante. “Hai fame?” gli chiese. “Ho razziato il tuo frigo e ho pensato di preparare uova e pancetta. Spero non ti dispiaccia.”
“No.” Carl si chiarì la gola e si avvicinò a lei. “Non mi dispiace.” Aveva fame? Fame era dire poco. Le si avvicinò da dietro e le strinse le braccia attorno alla vita. Sotto era nuda. Non pensava che fosse possibile, ma la vista di lei che indossava la sua camicia, e sapendo che copriva la sua pelle nuda, gli causò una reazione immediata. Ancora.
“sarà pronto tra un minuto.” gli disse e Carl grugnì un’incomprensibile risposta mentre le sue labbra andarono in cerca della morbida pelle sotto la sua gola. Le spostò i capelli da una parte e seppellì la sua faccia contro il collo di lei.
“Penso …” cercò di dire Rachel, ma lui le stava rendendo difficile il connettere. La sensazione del suo respiro caldo sulla sua pelle le stava rendendo molli le ginocchia. “Penso che qualcosa stia bruciando.”
“Lo so.” disse Carl con calore, baciandola sul collo e sulla spalla. Lei lo stava letteralmente mandando a fuoco.
“Carl. Qualcosa sta bruciando veramente.” insistette Rachel. Poteva sentire le mani si lui sui fianchi, attirarla verso di lui. L’evidente eccitazione di Carl eguagliava la sua.
“E’ il tostapane.” Carl staccò riluttante le labbra dalla pelle di lei e si allontanò da lei per staccare la spina dalla presa sulla parete. “Brucia sempre il pane.”
Lei sentì una vampa di eccitazione, come avveniva ogni volta che lui guardava nella sua direzione. Poteva sentirsi sciogliere sotto l’intensità di quello sguardo. Quella mattina, i suoi lineamenti, solitamente così duri, sembravano più delicati, ammorbiditi. Forse perché sembrava così felice.
Schiarendosi la gola, lei tornò ai fornelli e, con un sorriso che le illuminava tutta la faccia, gli disse “E’ tutto pronto.”
Carl non poté fare a meno di sorridere. Era una mattina diversa da tutte le altre, ed era solo all’inizio. Tolse la parte bruciata dei toast, mentre la guardava posare i piatti in tavola. Uova strapazzare con la pancetta e patate fritte con cipolla e pepe. La vide mettere un’abbondante dose di salsa sopra le sue uova e si meravigliò di come le piacessero il cibo molto piccante. Doveva avere uno stomaco di ferro.
Rachel posò i piatti nell’intima alcova fuori dalla cucina e quando la vide tornare indietro, verso il frigorifero, e chinarsi per prendere il succo di frutta, abbandonò quasi completamente l’idea della colazione. Tenendo a freno i suoi desideri, la raggiunse a tavola, mettendo quello che era riuscito a salvare dei toast tra i loro piatti.
“Manda un profumo meraviglioso.” disse Carl, mentre l’odore raggiungeva il suo naso rotto.
“spero che ti piaccia.” rispose Rachel, consapevole a metà.
Lui mise un po’ di salsa sulle sue uova e poi ne assaggiò un boccone, gustando il sapore esotico. Annuì in approvazione, dicendo “Buone!” ancora con il boccone in bocca, poi inghiottì e disse di nuovo “Veramente buone!”
“Sono contenta che ti piacciano.” lei prese un pezzetto dal proprio piatto.
“Cosa vuoi fare oggi?” Non gli era nemmeno passato per la mente che avrebbero potuto passare la giornata insieme. Era sabato, e c’erano così tante … cose … che potevano fare insieme. Carl cercò di concentrarsi sul cibo che aveva davanti, ma non poté fare a meno di notare che i primi tre bottoni della camicia che lei indossava erano slacciati, mettendo allo scoperto l’incavo tra i suoi seni. Attraverso il sottile tessuto, poteva anche vedere lo scuro cerchio dei suoi capezzoli e, se lei si muoveva in un certo modo, le punte erette erano molto evidenti.
“Fare oggi?” gli fece eco. Cose come ‘scavalcare il tavolo e sedermi in braccio a te ’ pensò Rachel in silenzio, e si sentì arrossire. “Io, uh … io non ho nessun programma.” disse, poi spalancò gli occhi quando realizzò che poteva essere fraintesa..
“Nemmeno io.” rispose Carl. Le parole gli erano uscite dalla bocca prima che potesse fermarle e sperò che lei non si fosse offesa dall’insinuante natura della sua domanda. Aveva visto che le guance di lei avevano preso un tono rosato, ma stava sorridendo, un sorriso che significava molto per lui. Il calore che aveva sentito poco prima, ora ardeva in tutta la sua forza e Carl fu sorpreso che la forchetta non gli si fondesse nella mano.
la infilò nelle uova, e guardò Rachel mentre mangiava, affascinato dal modo in cui prendeva piccoli pezzi di pancetta, che faceva sparire lentamente nella bocca. C’era qualcosa di molto sensuale nel modo in cui mangiava o forse era solo il sapere che lei era dall’altra parte della tavola, con indosso la sua camicia e niente sotto. Non credeva che avrebbe fatto una colazione così densa di tensione sessuale.
La sua mano quasi tremò dal desiderio represso mentre prendeva il succo di arancia, e lo inghiottì in un sorso. Allungò la mano per prendere il cartone e riempirsi il bicchiere nello stesso momento in cui lei faceva altrettanto e le loro mani si toccarono. la scintilla che passò tra di loro fu elettrizzante e Carl fu in piedi ancora prima di rendersene conto. la attirò accanto a sé, e lei si appoggiò contro di lui con calore e le loro labbra volarono le une contro le altre. Il loro bacio fu acceso, conturbante, dal gusto di salsa e di spezie, e la mano di lui scivolò sotto il dietro della sua camicia, per trovare riposo sulla soffice pelle del posteriore nudo di Rachel.
Lui interruppe il bacio e la guardò negli ardenti occhi versi, con il respiro affannoso. La lingua di lei passò sulle proprie labbra, per inumidirle, e questo fu il colpo finale. Carl la prese per mano e la tirò verso la stanza da letto. Sentirono il rumore dei loro passi, mentre correvano sui tappeti del corridoio, seguito pochi momenti dopo dallo sbattere della porta della camera da letto e dalla risata gutturale di una donna eccitata trascinata per l’appartamento.
La loro prima volta insieme era stata emozionalmente soddisfacente per Rachel. La seconda volta fisicamente gratificante. La terza volta le aveva appena fatto intravedere i piaceri che la aspettavano. Il ricordo della loro quarta volta insieme aveva lasciato il sorriso sulle loro facce per tutto il resto della settimana.

Capitolo 86

Max uscì dal bagno con indosso pantaloni neri, camicia color Borgogna e un enorme cipiglio sulla faccia. Si stava preparando per il suo primo giorno di ritorno al lavoro e gli dei stavano cospirando contro di lui. Prima di tutto si era svegliato tardi, perché aveva dimenticato di rimettere la sveglia. Unito al fatto che era stato sveglio per metà notte perché Matthew aveva deciso di stare sveglio tra mezzanotte e le quattro, la sua mattinata aveva preso una brutta piega.
Era corso per la casa, facendosi la doccia, vestendosi velocemente, cercando di prendere, per potersi svegliare, almeno una tazza di caffé, che gli era gocciolato sulla cravatta. Era riuscito a trovare solo una scarpa e si era fatto tutta la stanza a quattro zampe, cercando sotto il guardaroba, il comodino e il letto, prima che Liz trovasse l’altra in bagno, nel cesto della biancheria sporca. Come c’era finita lì?
Finalmente, quando fu vestito e pronto per andare, Liz gli aveva chiesto di controllare Matthew per un minuto, mentre lei faceva una doccia alla svelta. Fu allora che le cose cominciarono veramente ad andare male.
Quando lei era uscita dal bagno, avvolta in uno spesso asciugamano di spugna e con un altro asciugamano intorno alla testa, Max era rimasto immobile sul bordo del letto a guardarla, con in braccio Matthew, e la sua camicia si era sporcata con la bava del bambino.
Lui si alzò in silenzio, traversò la stanza e le porse il piccolo, prima di dirigersi in bagno. Liz sentì il rumore dell’acqua che scorreva e una borbottante voce che mormorava parole intelligibili, poi lui uscì dal bagno con quel cipiglio sul viso.
“Lo sai, Liz, “ disse Max mentre strofinava la macchia sulla sua spalla con un panno bagnato. “Io penso che Matthew la tenga in serbo per me. Lui non ti sbava mai, ma basta che io lo prenda in braccio e lui diventa un vulcano, eruttando dalla bocca.”
“Vuole solo condividere.” disse Liz ridendo e Max le diede un’occhiata gelida.
“Tu lo chiami condividere?” Max inarcò le sopracciglia. “Mi fa la pipì addosso. Mi rigurgita addosso. Per non parlare di quello che ieri è uscito dal suo pannolino, proprio sulla mia camicia preferita. No, lui ce l’ha con me, Liz!”
“Max!” lo rimproverò Liz. “Lui non ce l’ha con te!”
“Tu non hai visto il suo piccolo sguardo da vampiro l’altro giorno, quando ha cercato di mordermi sul collo.” mormorò Max sottovoce. Liz gli lanciò un’occhiataccia, ma lui fece finta di non vederla. Si passò la mano sulla spalla per asciugare la camicia, con un cipiglio grande quanto il Gran Canyon che ancora gli increspava le sopracciglia e, impietosita, Liz posò Matthew nella culla e andò verso di lui con le braccia spalancate.
“Matthew non ce l’ha con te.” disse Liz quando gli fu vicina. Le sue braccia gli scivolarono sui fianchi e si appoggiò a lui dicendo “Sta solo avendo una mattinata diffi …” ed arricciò il naso esclamando “Uomo, tu puzzi!”.
“Si sente ancora l’odore?” Max annusò la camicia mentre Liz faceva un passo indietro, sventolandosi la mano davanti alla faccia.
“Cielo, si!” lei si strinse il naso.
Max passò ancora la sua mano e chiese “Che ne dici, ora?”
Liz si sporse in avanti, aspirò col naso e si allontanò.
“Max, nessun potere alieno potrà togliere quell’odore. Sarà meglio che ti cambi la camicia.”
“E’ così forte?” chiese e si rispose da solo dopo un’altra annusata.
“Oh, si.” gli rispose lei. “ E’ proprio forte. Lascia che ti aiuti.” Lo condusse nel guardaroba e Max cominciò a sbottonarsi i polsini e poi il davanti. Tirò fuori la camicia dai pantaloni, poi la sfilò e la tirò fuori dal guardaroba, sul pavimento della stanza da letto. Liz cercò tra le sue camicie e ne prese una verde, una Lewi’s, a quadri neri e verdi, che glielo faceva sembrare molto sexy.
“Metti questa.” disse Liz, togliendola dalla stampella. Si girò per porgergliela, e la vista del suo petto nudo le fece dare una seconda occhiata. Stavano in un ambiente piccolo, lì nel loro guardaroba, e Liz lasciò scorrere lo sguardo acceso lungo il suo petto. Ignaro della reazione di lei, Max le prese la camicia dalle mani, e infilò le braccia nelle maniche. Si slacciò il bottone dei pantaloni e tirò giù la lampo per poterla infilare dentro e Liz si accese ancora di più.
“Max …” lei fece un passo verso di lui. Lui aveva cominciato ad abbottonare la camicia pulita ma Liz coprì con le mani quelle di lui, fermandolo, e fu la volta di Max a reagire quando vide l’espressione del viso di lei. Ora? si chiese. Qui? Nell’armadio?
Si schiarì la gola e lanciò il solito ritornello. “Liz? Cosa stai facendo?”
“Niente.” disse lei, aprendogli la camicia sul petto. Lei si avvicinò e passò le labbra sui suoi pettorali.
“Liz!” lui deglutì. Poteva sentire la lingua di lei girare intorno ai suoi capezzoli e la mano scivolare lungo il suo addome, sotto l’elastico dei suoi boxers, diretta verso … oh … oh … si stava pentendo di averlo detto. “Liz, non possiamo … io, uh … io … farò tardi … oh, mio Dio … Io farò tardi al lavoro.”
“Lavoro?” mormorò lei, con le labbra contro la sua pelle. La sua mano scivolò ancora più giù fino a trovare quello che stava cercando. Si, e ‘lui’ sembrava contento di aver ricevuto la visita della sua mano.
“Liz.” Max strinse i denti. Non avrebbe voluto dirlo, ma, “Liz … devo andare a lavorare.”
“Sei sicuro?” lei gli mordicchiò il petto e la sua mano circondò il suo membro, cresciuto rapidamente.
Sicuro? Sono sicuro? No! No, non sono sicuro! “Si. Devo andare al lavoro.” riuscì a dire alla fine e, riluttante, tolse la mano di lei dai pantaloni. “Ma aspetta un minuto – ci sono!” aggiunse, spostando velocemente lo sguardo da lei alla sua mano e poi di nuovo a lei. “Quando torno a casa stasera, ricordati dove eravamo rimasti!”
“Okay.” disse lei fingendo di tenere il broncio, ma rendendosi conto che lui doveva andare davvero. L’aiutò ad abbottonarsi la camicia e poi sospirò sonoramente quando, con grande difficoltà, lui richiuse la lampo dei pantaloni ed uscì dall’armadio. Lei lo seguì ed attraversarono insieme il soggiorno così che lei lo potesse salutare sulla soglia della porta. Uno di fronte all’altra. lei lo guardò con i suoi grandi occhi scuri e gli disse “Non puoi proprio rimanere un altro momento?”
“Tu non sai quanto vorrei che fosse possibile.” Max fece una risatina. Moriva dalla voglia di rimanere e di finire quello che lei aveva iniziato, ma scosse la testa. “Se non me ne vado subito, farò tardi e Carl non arriva mai in ritardo. Sicuramente già starà guardando l’orologio, chiedendosi dove sono finito.”
“Okay.” Liz accettò quello che non poteva cambiare. Si alzò in punta di piedi, passandogli le braccia intorno alle spalle e si baciarono, un morbido, lungo bacio che lo accompagnasse durante la giornata, poi Max si allontanò da lei. Con le braccia ancora attorno alle spalle di lei, lei disse. “Tornerò presto.”
Liz lo vide tornare di corsa in camera da letto e quando, un minuto dopo, lui ancora non era tornato, gli andò dietro per vedere cosa stesse facendo. Avvicinandosi alla stanza, sentì la sua voce che veniva dall’interno. Si fermò sulla soglia e sentì il suo cuore addolcirsi alla vista che trovò davanti a sé. Max stava accanto alla culla, con Matthew in braccio, baciando le sue piccole guance e parlandogli dolcemente.
“Sii buono con la mamma, oggi. Non strillare troppo. Lasciale fare un riposino quando è stanca. Non morderle i capezzoli quando ti allatta.”
Matthew guardava il padre, cercando di afferrargli il naso con le manine e Max sorrideva. “ Mi mancherai, oggi. Penserò a te tutto il giorno. Sai quello che ho detto prima? Non era vero. Puoi rigurgitare su di me tutte le volte che vuoi.”
Liz vide Max stringersi suo figlio contro il petto, prima di rimetterlo nella culla. Poi si chinò su di lui, ovviamente non volendo lasciarlo, ma sapendo di doverlo fare. Liz tornò in silenzio in corridoio, lasciando a Max il suo momento intimo con Matthew, poi si fermò all’improvviso quando sentì le sue parole di commiato.
Max, chino sopra la culla, tenendo la minuscola mano di Matthew nella sua, gli disse sottovoce “Non andare da nessuna parte, mentre io sono via.”

***

Max cercò di affrettarsi verso la stazione di Polizia, ma ogni pochi passi, era fermato da qualcuno che voleva congratularsi con lui, o stringergli la mano o dargli una pacca sulle spalle. Non si era mai reso conto di quanta gente conoscesse il suo nome, e tanto meno i fatti della sua vita privata, come la nascita di suo figlio. Lui era in genere piuttosto riservato e quando non era con Carl o con gli altri ragazzi dell’Unità, se ne stava per conto suo. Per quel che ne sapeva, si era sempre tenuto in secondo piano, proprio come si era abituato a fare a Roswell.
Controllò l’orologio, imprecando in silenzio quando si rese conto di essere già in ritardo di dieci minuti e si precipitò lungo il corridoio dove c’era l’ufficio della Squadra. Entrò di corsa nella stanza, pronto a scusarsi, poi si immobilizzò. La sua scrivania, nel punto più lontano dell’ufficio, era coperta da bandiere e palloncini azzurri. Un cartello, appeso sopra la sua scrivania, portava la scritta ‘Congratulazioni! E’ un maschio!’ Pannolini erano ammucchiati sulla scrivania. Scatole e scatole di Pampers, avvolte in nastri e fiocchi. Chris e Tully stavano fianco a fianco, braccia incrociate sul petto e un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
“E questo cos’è?” disse Max sorpreso. Non si era aspettato un rientro come quello.
“Congratulazioni!” Chris si avvicinò e gli passò un braccio sulle spalle in un gesto fraterno. “Com’è la paternità?”
“Mi sta distruggendo” Max rise, commosso dal gesto dei ragazzi.
“Quelle poppate alle 2 di notte possono uccidere.” lo commiserò Tully.
“Pura verità!” concordò Max, ricordando la notte trascorsa camminando avanti e indietro per la camera da letto cercando di convincere Matthew riaddormentarsi.
“Congratulazioni, Max!” Tully gli prese la mano e la strinse con affetto. Indicando la scrivania di Max, Tully disse “Sono contento che i miei giorni di cambio dei pannolini siano finiti. Non so cosa sia peggio, guardare un pannolino sporco o sentirne l’odore. Mi hanno sempre fatto venire la voglia di lanciarli lontano.”
“Anche a me!” Max annuì con decisione. E sogghignando allegramente aggiunse “Grazie, ragazzi.” Poi si guardò intorno alla ricerca di Carl, ma lui non era da nessuna parte. Curioso, chiese “Dov’è Carl? Sta seguendo un caso senza di me? So di essere arrivato tardi, ma …”
“Carl è in ritardo.” lo interruppe Tully ed annuì con comprensione all’espressione sulla faccia di Max. Cosa voleva dire? Carl non era mai arrivato tardi. Mai. Incredibile … MAI. Tully lavorava nella squadra da anni, e non aveva mai saputo che Carl fosse arrivato in ritardo. Carl era uno stacanovista e il suo lavoro era tutta la sua vita. Poteva essere stato differente quando era viva Michelle, ma questo era l’uomo che conosceva. Puntuale. Calmo. Tranquillo. Introspettivo. Meditabondo. Taciturno. Solitario. Devoto.
E mai, mai in ritardo.
“E’ in ritardo?” mormorò Max e poi sottovoce aggiunse. “Dannazione. Potevo restarmene nell’armadio.” (NdT: ‘uscire dall’armadio è un modo di dire per ‘ammettere di essere gay’.)
Chris girò la testa per guardare Max, poi lentamente tolse la mano dalla sua spalla. Quando Max era uscito dall’armadio? Gli era sfuggito qualcosa? Veramente, aveva sempre pensato che Max fosse un po’ troppo bello, con quei soffici capelli neri e quelle ciglia lunghe. Sua moglie sapeva che era gay?
Un quarto d’ora più tardi, mentre i ragazzi parlavano dei loro rispettivi fine settimana, e Chris si teneva a prudente distanza da Max, un forte rumore proveniente dal corridoio interruppe le loro chiacchiere. Tre teste si girarono verso la porta e tre paia di occhi quasi uscirono dalle orbite alla vista di quella che ne era la causa. Preceduto da un’ allegro fischiettare, Carl entrò a passo lento nella stanza, le mani informalmente nelle tasche, la giacca sbottonata, il collo della camicia aperto e senza cravatta. Quando mai Carl era venuto a lavorare senza cravatta? Mai. Carl era in ritardo. E senza cravatta. Carl aveva infranto tutte le regole.
“Ciao, ragazzi.” disse Carl euforico. “Max, felice di rivederti: Questa settimana è stata troppo tranquilla, senza te qui intorno. Come va il tuo bambino?”
“Bene.” Max era raggiante. “Veramente bene.”
“E Liz?”
“Anche lei sta molto bene.”annuì Max. Silenziosamente rimpianse di aver lasciato il guardaroba così presto, quella mattina. Se solo avesse saputo che Carl sarebbe arrivato in ritardo …
E poi, per quale motivo Carl era arrivato così tardi? Max era curioso, Tully lo stava guardando come se non lo conoscesse e Chris gli guardava le labbra, pensando che fossero un po’ screpolate. Come se avesse trascorso il fine settimana sciando al freddo, o su una spiaggia sferzata dal vento. o … o … o in un letto, con le labbra prigioniere di una bellissima donna. Chris avrebbe scommesso la sua paga sulla terza possibilità. Il sorriso. Il fischiettare. il modo come camminava. Carl era fortunato! Probabilmente con quella bomba che era venuto a trovarlo la scorsa settimana. Buon per lui!
Proprio allora squillò il telefono e la squadra cominciò un’altra settimana. C’erano crimini da risolvere, rapporti da stendere e investigazioni da fare. La vita andava avanti. Mezz’ora più tardi Chris e Tully uscirono dall’ufficio per seguire un caso. La voce dell’uomo più giovane mormorò in corridoio, seguita dalla replica ad alta voce di Tully “Razza di idiota! Non è gay!”

***

Johnson era seduto alla sua scrivania, e tamburellava nervoso con la penna sul suo blocco notes mentre aspettava di essere messo in contatto. Avevano trasferito già una volta la sua chiamata e si meravigliava che l’Università non si servisse di personale competente. Quanto mai era difficile raggiungere la Divisione di Biologia? Finalmente una voce gli risuonò nell’orecchio e questa volta non era la voce elettronica di una segreteria.
“Si, vorrei parlare col Professor Rawlings.” disse Johnson , con voce decisa e professionale.
“Parli pure.” venne come risposta.
Professore, sono il Dottor Sinclair. Ho un piccolo laboratorio di ricerche biologiche qui, a Phoenix. Sto portando avanti alcune ricerche in accordo col governo e avrei bisogno di un assistente. Spero che lei sia in grado di raccomandarmi uno studente bene informato sulla mappatura dei geni per una collaborazione temporanea. Magari come parte di un programma di internato.”
“Si, sarei felice di raccomandarle qualcuno. Abbiamo lavorato con diversi nomi famosi, come internato. Ho uno studente, in particolare, che le raccomando caldamente. E’ una dei più brillanti studenti che ho avuto da anni. Quando ne ha bisogno? Questo autunno?”
“Veramente, no.” replicò Johnson. “Ho necessità di completare questo lavoro prima possibile. Spero di poter lasciare la zona in autunno, perciò vorrei assumere qualcuno adesso, senza indugio.”
“Capisco. Allora possiamo eliminarla.” Il professor Rawlings si accigliò. “Credo che abbia appena partorito. Posso chiederglielo comunque. Mi lasci il tempo di fare qualche chiamata, vedere se è disponibile, e le darò la risposta.”
“Grazie, Professore.” sorrise Johnson.

***

Liz aveva appena tirato fuori Matthew dal lavandino della cucina, per il suo bagnetto mattutino, quando suonò il telefono. Lo avvolse in un asciugamano e gli asciugò l’acqua che aveva sul viso, mentre prendeva il telefono portatile, che aveva appoggiato sul mobile della cucina. Quella mattina Max aveva già chiamato tre volte, ogni ora, e ora era decisa ad arrabbiarsi per la numero quattro. Rispose al telefono, pronta a prenderlo in giri, poi sentì una voce familiare.
“Salve Professor Rawlings. Come posso esserle utile?” Lui era il suo Consigliere, nonché il suo insegnante preferito, ma non si era aspettata di parlare con lui finché non fosse tornata a scuola in autunno. Non ne aveva ancora parlato con Max, ma stava pensando di saltare il trimestre autunnale e di rientrare a primavera. Non era sicura di voler lasciare Matthew con una babysitter finché era così piccolo.
All’inizio, avevano pensato di organizzare il programma scolastico intorno alle necessità di Matthew, uno frequentando l’università di mattina e l’altro nel pomeriggio o di sera, così che uno di loro fosse sempre con Matthew. Ma questo era prima che Max cominciasse a lavorare per il Dipartimento di Polizia. Ora le loro possibilità erano più limitate.
“Salve, Liz. Vorrei parlarti di una interessante telefonata che ho appena ricevuto. Un’opportunità per te di partecipare ad un progetto governativo. Mappatura dei geni. Ti interessa?”
“Progetto governativo?” disse Liz sorpresa. Di solito, questo tipo di opportunità era offerta agli studenti più anziani. “Io?”
“Naturalmente.” sorrise Rawlings. “Tu sei il mio studente più bravo. Un futuro vincitore di Premio Nobel, ne sono sicuro.”
“Professore!” Liz arrossì alla lode. Aveva Matthew appoggiato su una spalla e il telefono all’altra e in quel momento pensò che il suo più grande desiderio era quello di non dover scegliere tra loro. Avvicinatasi al tavolo, mise Matthew nel seggiolino, avvolgendolo in una coperta perché non prendesse freddo dopo il bagno. Tenendo ora il telefono con la mano, chiese “Quando? Voglio dire, che genere di lavoro e quando? In autunno, perché non ho ancora deciso …”
“No, Liz.” la interruppe Rawlings. “Questo lavoro comincia subito. La società vuole la disponibilità per la fine della settimana.”
“Oh.” Liz si sentì delusa.
“E’ per il bambino?” le chiese lui. “So che dovresti aver finito il tempo.”
“Effettivamente, Matthew è nato sabato della settimana scorsa.” sorrise Liz, guardandolo succhiarsi le dita. “Non sono in grado di impegnarmi in nient’altro, in questo momento.”
“Credimi, ti capisco, Liz. Ho avuto quattro bambini. So quanto lavoro richiedono, specialmente quando sono così piccoli.”
“Non posso dirle quanto abbia apprezzato l’offerta …”
“Il tuo lavoro parla da solo, Liz.” la rassicurò Rawlings. “Forse la prossima volta.”
Liz lo salutò e riappese il telefono, sentendosi felice per le lodi del suo Consigliere, ma chiedendosi se quella fosse un’opportunità perduta. Un progetto governativo? Mappatura dei geni? Sembrava affascinante. Il tipo di lavoro che le sarebbe piaciuto fare. Matthew attirò la sua attenzione ancora una volta e lei staccò lo sguardo dal telefono per rivolgerlo a cose più importanti.
Matthew aveva calciato via la coperta ed ora era completamente nudo. Liz gli sorrise, dicendo “Guardati. sei il bambino più carino che abbia mai visto. Si, lo sei. Sembri proprio tuo padre. Si proprio così” posò le labbra sul suo pancino rotondo e rise quando sentì le sue piccole dita afferrarle i capelli. “Tu sei proprio come tuo padre, non è vero? Anche lui infila sempre le mani nei miei capelli. Tu sei …”
Poi lo avvertì. Il fluido caldo che inzuppava la parte anteriore della sua camicetta. Si tirò indietro, ma non fu abbastanza svelta. Si guardò la camicetta bagnata di pipì, poi guardò suo figlio, dicendo “Questo sarà il nostro segreto, okay? Non c’è bisogno che papà lo sappia.”

***

Rawlings guardò la lista che aveva compilato. Cancellò il nome di Liz Evans dalla cima e guardò il nome successivo. Prese il telefono e compose il numero.

***

Max tirò un sospiro di sollievo infilando la chiave nella serratura della porta d’ingresso. Finalmente era a casa! Aveva fatto il suo solito turno di otto ore, ma non gli era mai sembrato così lungo. Per tutto il giorno non aveva fatto altro che pensare a Liz e a Matthew, chiedendosi se stessero bene. Soli. A casa.
Aprì la porta ed avvertì immediatamente una sensazione di pace intorno a lui. Poteva sentire Liz che si muoveva in cucina, cantando nel suo solito terribile modo e si lasciò guidare da quel bel suono. Era al lavandino e stava lavando i piatti. Quando arrivò dietro di lei, la prese tra le braccia e le baciò il collo.
“Come sta la mia ragazza?” sorrise verso lei che si era voltata. “. “Ti sono mancato?
“Naturalmente.”Liz gli rivolse un ampio sorriso. “Non è la stessa cosa se tu non ci sei.”
“Dov’è?” Max aveva notato il seggiolino vuoto sul tavolo. “Dorme?”
“Si.” annuì Liz. “Dovrebbe svegliarsi tra poco.”
“Vado a controllare.” baciò Liz ancora una volta, poi lo vide andarsene di corsa dalla cucina per andare a vedere suo figlio. Sapeva che era stato male tutto il giorno, chiedendosi se loro stessero bene senza di lui. Lei lo prendeva in giro per questo, solo per sdrammatizzare la sua preoccupazione, ma lei capiva perché lui fosse così. Gli orrori del passato erano sempre presenti per loro e non potevano fare a meno di chiedersi se il passato si sarebbe ripetuto, in un modo o nell’altro.
Max si affrettò verso la culla e lui era lì, bello sveglio e pronto per avere compagnia. Sorridendo gli disse “Ehi, ragazzo. Sono a casa. Mi sei mancato, oggi.”
Si chinò sulla culla e lo prese, appoggiandolo al petto e sostenendogli la testina con la mano.
“Tu e la mamma vi siete divertiti, oggi?” Tornò lentamente in cucina, parlando a vece bassa con il fagottino tra le sue braccia e sentendosi felice e rilassato per la prima volta nella giornata.
Si appoggiò contro il bancone della cucina e chiese distrattamente “Vuoi che ti aiuti a preparare la cena?” Di solito la preparavano insieme, ma quella settimana avevano fatto i turni, così che uno potesse tenere il bambino, mentre l’altro cucinava.
“Ho tutto sotto controllo.” rispose Liz. “Tu pensa a lui e io preparo la cena.”
“Okay.” rispose Max, ma la sua attenzione era così accentrata su Matthew, che Liz era sicura non avesse sentito una sola parola di quello che lei aveva detto. Le provò il contrario un secondo dopo quando disse, ancora rivolto a Matthew “La mia cena è quasi pronta e la tua è sempre disponibile. Andiamo in soggiorno, mentre la mamma prepara per noi. Forse ti posso presentare al Grande Uccello.”
Max le rivolse un sorriso raggiante e Liz sospirò felice guardandolo uscire dalla cucina. Sentì l’interruttore della TV e all’improvviso le voci di Burt ed Ernie riempirono l’aria. Mezz’ora più tardi, Liz mise la pentola sul tavolo e chiamò “La cena è pronta.”
Il silenzio fu l’unica risposta e , con un pizzico di apprensione, uscì dalla cucina per vedere perché fossero così silenziosi. In un primo momento non li vide in soggiorno e cominciò a preoccuparsi, fino a che non guardò dietro al divano. Lì, disteso sui cuscini, con un guanciale sotto la testa, c’era Max addormentato. Anche Matthew dormiva, sdraiato sul petto del padre, stretto tra le braccia di Max.
Guardando lo loro facce serene, Liz non ebbe il coraggio di svegliarli. La cena poteva aspettare. Il suo cuore era pieno d’amore alla vista dei suoi due uomini addormentati, così tranquilli e rilassati, e i suoi occhi si inumidirono a quella visione. Momenti come questo erano già stati negati loro, ma questa volta lei voleva assaporarli completamente.

Capitolo 87

Liz era seduta al tavolo ed allattava Matthew, mentre Max si muoveva per la cucina, tirando fuori le bistecche dal frigo e sistemandole sul ripiano, vicino al vassoio che avrebbe usato per portarle fuori, al barbecue. Decidendo che aveva sete, prese anche un barattolo di Cherry Cola e del Tabasco, che era sempre a portata di mano. Aperto la confezione, ne bevve un sorso, facendo una smorfia al gusto piatto della bibita, poi aggiunse una generosa dose di salsa dentro il barattolo. Lo scosse per mescolarlo e lo assaggiò ancora.
“Ah.” sospirò “Così va meglio!”
“Lo sai, Max,” lo prese in giro Liz “Dovremmo comprare le azioni di quella società.”
“Di questa società?” chiese Max, mostrando la bottiglia del Tabasco.
“Si! Quando Matthew sarà più grande, scommetto che dovremo cominciare a comprarlo a casse. Sai quanto spendiamo di Tabasco in un anno?”
“Mi sembra di sentire la mia povera mamma.” rise Max. “Prima che sapesse di noi, anche lei faceva commenti del genere. Si è sempre stupita che a me e ad Isabel piacesse così tanto. Pensava che fosse un capriccio della nuova generazione, perché anche a Michael piaceva e lui era sempre lì intorno.”
“La tua ‘povera’ mamma, aveva ragione.” lo rimproverò Liz. “Avresti dovuto dire la verità ai tuoi genitori da molto tempo. Se tu non fossi stato costretto, voglio dire, a causa …” Liz esitò. Lui era stato costretto a dire ai suoi genitori la verità su quello che era dopo che era scappato dal Lakely Institute, prima che lei fosse trasferita alla Haystack Mountain. Lui non era in condizione, né fisica né emozionale, di continuare a mentire, di coprire la sua identità. Troppe cose erano successe, perché potesse nasconderle loro. “Scommetto che se noi… se non ci fosse successo niente, scommetto che glielo avresti ancora tenuto nascosto.”
Max si girò a guardarla ed annuì lentamente. “Probabilmente hai ragione. Abbiamo sempre pensato che le nostre vite dipendessero da quel segreto. Guarda cosa ci è successo, quando la gente sbagliata ha scoperto la verità su di noi. Su di me. Tu sei quasi morta a causa di quello che ti hanno fatto. Solo a causa … mia.”
“Maxwell Evans, non ricominciare!” Liz gli lanciò un’occhiata di avvertimento.
“sai quello che voglio dire, Liz.” Lui distolse lo sguardo da lei. Non amava ricordare cosa le aveva fatto passare. Quanto le era costato amarlo.
“Max, mi hai salvato la vita. Due volte. Se non fosse stato ‘a causa tua’ ora sarei morta …”
“Liz …” lui cercò di fermarla.
“Sarei morta sul pavimento del Crashdown.” tagliò corto lei. “Senza avere la possibilità di conoscerti. Non avremmo mai avuto tutto questo.” I suoi occhi girarono per la stanza, indicandogli la vita che vivevano, poi guardò verso Matthew prima di sollevare lo sguardo per posarlo su Max. “Non avrei mai avuto lui.”
“Liz, perché dobbiamo parlare di questo?” chiese lui sconfortato.
“Sto solo dicendo,” Liz ammorbidì il suo tono “che avresti dovuto dirlo prima ai tuoi genitori. loro avrebbero compreso. Ti amano. La verità su quello che sei, non avrebbe cambiato questo fatto.” Liz staccò la bocca di Matthew dal suo seno, e se lo appoggiò alla spalla, battendogli leggermente la schiena per fargli fare il ruttino, mentre Max traversava la stanza e si sedeva accanto a lei.
“Liz, tu lo sai perché non l’ho fatto.” riprese a dire Max. “A quel tempo, non sapevamo nulla. Non potevamo correre il rischio.”
“Allora perché a me l’hai detto?”Liz lo guardò dritto negli occhi, aspettando la sua risposta. Quando lui non riuscì a sostenere il suo sguardo e lo spostò altrove, Liz continuò. “Non dovevi dirmelo. Avresti potuto mentire. Avresti potuto tenermelo nascosto. Ma non l’hai fatto. Quando ti ho affrontato nella stanza di musica, mi hai detto la verità. perché?”
Max alzò i suoi occhi per guardarla ancora, e dopo una lunga pausa, disse “Eri tu!. A te non ho potuto mentire, Liz. Mi fidavo di te.”
Lei si avvicinò, gli accarezzò la guancia e gli disse con enfasi “C’è anche altra gente in cui puoi avere fiducia, Max.”
“No.” si staccò da lei e si alzò in piedi. Sapeva dove voleva arrivare con quel discorso.
“Puoi avere fiducia in lui, Max.” lo pressò Liz. “Come hai avuto fiducia in me.”
“Ho detto di no.” Max traversò la cucina, dove le bistecche stavano aspettando sul bancone e prese un forchettone. Fissò la parete davanti a lui, sentendo lo sguardo di lei sulle sue spalle, e fu combattuto. “E’ troppo rischioso, Liz. Tu. Matthew. Tutti. Non posso … veramente … non posso …”
“Okay.” . rinunciò. sapeva di averlo pressato troppo. Lui voleva che Carl sapesse, ma era spaventato da quella che poteva essere la sua reazione. Liz capiva le sue paure, anche se pensava che fossero infondate. Alzatasi in piedi, si appoggiò Matthew alla spalla e disse “Sarà meglio che lo cambi, prima che arrivino.”
“Okay.” Max lanciò un’occhiata nella sua direzione, poi tornò a prendere le quattro bistecche dal bancone. Sentì i passi di lei mentre traversava la cucina e poi la mano che gli toccava la schiena, allentando la tensione, come solo lei sapeva fare.
“Mi spiace.” gli disse piano, poi premette le labbra sulla pelle nuda del suo braccio. “Deve essere una tua decisione. Non avrei dovuto farti pressione.”
“Tutto a posto.” Max si girò e la prese tra le braccia. Non riusciva ad essere arrabbiato a lungo, con lei. Le baciò la fronte , poi arricciò il naso dicendo “Hai ragione, sarà meglio che lo cambi.”

***

Carl girò intorno alla macchina per prendere la mano di Rachel, quando si incontrarono sul viale. Le loro dita si strinsero insieme, poi insieme si diressero verso la porta d’ingresso, Rachel con la sua borsa da medico a tracolla sulla spalla e Carl con in mano una borsa piena di patate e salsa. Era una bella giornata per una grigliata all’aperto e lo spirito di Carl era alto come il sole in una giornata estiva.
Mentre si fermavano nel portico della piccola casa degli Evans, Carl guardò ancora una voltala borsa che Rachel portava in spalla e le disse “Non è insolito per un’ostetrica controllare i bambini? Voglio dire, non prenderla a male, ma Liz non dovrebbe portare il bambino da un pediatra?”
“Dunque,” Rachel si voltò verso di lui ed esitò. “Si e no. Di solito ci si rivolge ad un pediatra, ma nella mia attività, non solo faccio nascere i bambini, ma me ne prendo cura fino all’età di cinque anni.”
“E non è insolito?” chiese Carl, tentando di non farle sembrare che mettesse in dubbio le sue capacità. Stava solo cercando di capire qualcosa che gli sembrava fuori dal comune. Carl non era il tipo da lasciare un mistero irrisolto.
Mentre Rachel guardava i suoi occhi dubbiosi, cercava di trovare una risposta da dargli. Lei non poteva dirgli che la ‘loro gente’ non poteva andare da un dottore o all’ospedale. Non poteva dirgli che per i ‘loro bambini’ dovevano trovare una soluzione alternativa. Ma c’era qualcosa che avrebbe potuto dirgli e alla quale avrebbe creduto.
“E’ una forma di Medicina Alternativa, Carl.” disse Rachel, quando fu pronta a parlare. “Alle famiglie che seguo, offro molto di più di un rapporto ‘dottore/paziente’. Assisto ai parti in casa, come hai potuto vedere, esattamente due settimane fa, in questa famiglia. Sono disponibile per i miei pazienti 24 ore su 24, 7 giorni la settimana. Non seguo sei … diversi mesi un bambino nel grembo della madre, solo per passarlo ad un altro dottore appena tagliato il cordone ombelicale. Il mio lavoro riguarda tutta la famiglia, non solo il neonato.
“E tu sei molto appassionata al tuo lavoro, non è vero?” la prese in giro Carl dopo aver sentito tutto il suo discorso.
“Si, lo sono!” disse lei orgogliosamente, poi gli sorrise, incapace di fermare il rossore che si impadroniva delle sue guance. “Molti si sentono minacciati dal mio programma.” il sorriso di Rachel si affievolì. “Ma io lo vedo così. Il mio lavoro è molto importante per me.”
Forse era per questo che non si era mai sposata, pensò Carl mentre guardava il suo viso fattosi serio. Forse non aveva mai trovato qualcuno che rispettasse l’attaccamento al suo lavoro. Dio, se lo sapeva come si sentiva. Il suo lavoro era la sua vita, o almeno lo era stato negli ultimi dieci anni. Quando Michelle era morta, era stato tutto quello che gli era rimasto. Senza il suo lavoro, dubitava che sarebbe riuscito a sopravvivere.
“Ammiro la sua dedizione al lavoro.” la rassicurò Carl. “Tu, ah …” posò la borsa della drogheria in terra e le si avvicinò, sfiorando con la mano la borsa da medico sulla sua spalla. “Tu sei appassionata del tuo lavoro e questo mi piace. Proprio come mi piace che ti appassioni … ad altre … cose.” Ora le sue labbra erano solo ad un respiro da quelle di lei, e il fatto che fossero nel portico davanti alla casa degli Evans gli era completamente passato di mente. Per quello che ne sapeva, non esisteva nessuno tranne lui, Rachel, ed il piccolo pezzetto di universo dove stavano.
“Davvero?” fu in grado di dire Rachel, dopo un breve respiro. L’aveva fatta indietreggiare, finché non era rimasta bloccata tra il muro della casa e il suo corpo, tutti e due incredibilmente duri e rigidi, e il fatto le piaceva.
La voce di lui trasudava sesso, mentre sfiorava le labbra contro quelle di lei, dicendole “Credo che ci sia qualcosa … di eccitante … in una donna appassionata …”
“ … del suo lavoro?” cercò di dire Rachel contro le labbra di lui.
“ … ed altre cose.” mormorò Carl, poi la sua bocca chiuse su quella di Rachel, sentendo la passione venire a galla e riversarsi su di lui. La sospinse contro la parete della casa, nessuno dei due conscio di dove la sua schiena fosse appoggiata.

***

“Max?” chiamò Liz, mentre finiva di chiudere il pannolino sulla pancia di Matthew e, quando non ricevette risposta, si accigliò e lo richiamò per la terza volta. “Max?” Non sentendo ancora nulla, pensò che stesse nel giardino sul retro per preparare il barbecue. Prendendo Matthew, se lo appoggiò sulla spalla e si affrettò verso il soggiorno. Il campanello della porta stava suonando senza sosta e lei si domandò se si fosse rotto. Forse era andato in cortocircuito e quando Carl l’aveva premuto non si era più fermato. Aprì la porta, aspettandosi di vedere Carl e Rachel, ma non aspettandosi la vista che aveva davanti.
Carl stava praticamente divorando Rachel, e Rachel sembrava pronta a strapparsi i vestiti di dosso. Quando era successo? Per quello che Liz ne sapeva, c’era stato ‘un tentativo di bacio’ al cinema. Quando erano arrivati allo stadio ‘dell’ hockey con le tonsille’? Da quello che vedeva, sembrava che Carl avesse appena segnato un goal!
“Um …” Liz si schiarì la gola, imbarazzata di aver interrotto il loro momento. la prima volta non funzionò, e allora provò ancora, questa volta più forte. “Ahem …”
Carl saltò all’indietro come un adolescente colto sul fatto e Liz faticò a trattenere una risata. Lui era un uomo, dell’età di suo padre, che stava amoreggiando nel portico e che era arrossito quando era stato scoperto. C’era qualcosa di incredibilmente strano in tutto questo e, nello stesso tempo, di incredibilmente dolce.
“Ah, Liz! Ciao!” disse Carl a voce alta e poi si fece piccolo. Non lo aiutò la vista di Rachel che sembrava stare per scoppiare a ridere.
“Ciao Carl, Rachel.” li accolse Liz, sapendo di voler avere a disposizione Rachel da sola molto, molto presto, per avere tutti i dettagli.
“Entrate. Max è sul retro a preparare il pranzo.”
“E’ il caso che vada ad aiutarlo.” suggerì Carl, felice di scappare dall’intenso sguardo di Liz. Lui era un adulto. Non avrebbe dovuto comportarsi come un adolescente in preda ad una bufera ormonale.
“Perché non lo raggiungi, Carl?” sorrise Liz, cercando stoicamente di trattenere una risatina. “Conosci la strada. Rachel ed io i occuperemo di quello che dobbiamo fare, poi vi raggiungiamo.”
“Okay.” disse svelto Carl e si affrettò fuori attraverso la cucina e il patio posteriore.
Girandosi verso Rachel, Liz appoggiò su di lei la mano che Matthew le lasciava libera, dicendole “Tu sarà meglio che tiri fuori tutto! Quello che ho appena visto era molto di più di un bacetto al cinema o del casto bacio alla fine di un appuntamento. Che sta succedendo tra voi due?”

***

“Così,” disse Liz dopo aver ascoltato Rachel raccontare la versione condensata di quello che era successo tra lei e Carl nella scorsa settimana. Stavano nella stanza di Matthew, vicino al fasciatolo, mentre Rachel lo stava sottoponendo ad un controllo accurato.”Tu e Carl. sapevo che sarebbe successo. Tra di voi scoccavano scintille da almeno due mesi. Lo sapevo dalla prima volta che lo hai incontrato. Sono solo sorpresa che vi ci sia voluto tutto questo tempo.”
“E’ meraviglioso, Liz.” sospirò Rachel. “Lui è meraviglioso.” Si tolse lo stetoscopio dalle orecchie e cominciò a tastare l’addome di Matthew. “Lui ha tutto quello che trovo eccitante in un uomo. Quando lui … quando noi … è semplicemente … meraviglioso.”
“Mi sembra di capite che pensi che Carl sia … meraviglioso, huh?”
“Non ho mai sentito nulla di simile prima d’ora.” Rachel era raggiante.
“sono felice per te.” disse Liz sinceramente. “per tutti e due.” Dopo una breve esitazione, finalmente riuscì a fare la domanda che aveva avuto in mente fin dal momento che aveva aperto la porta e li aveva visti lì fuori. “Stai pensando di dirglielo?”
“Vorrei.” disse Rachel pensosa. “Solo che non so se sia pronto ad accettarlo. Lui è un uomo pratico, che cerca spiegazioni logiche. Non so se crederebbe alla strana storia che dovrò raccontargli. Non so se sia pronto a sentirla.”
Liz incontrò il suo sguardo dubbioso. Odiando ammetterlo, disse “Max non vuole che Carl venga a sapere, non ancora, non quello che riguarda lui. Lui non è ancora pronto a svelare a Carl il suo segreto. ha troppa paura di quelle che potrebbero essere le sue reazioni. Io credo che sia perché lo rispetta molto e se Carl prendesse la verità per il verso sbagliato, questo distruggerebbe Max. Per lui è come un fratello maggiore, quello che imiti e ammiri e che non vorresti mai deludere. Se Carl gli voltasse le spalle …” Liz lasciò la frase in sospeso, sapendo che questo avrebbe devastato non solo Max, ma anche Rachel. Avrebbe ferito tutti loro. Liz percepì lo sguardo comprensivo di Rachel e aggiunse “Max ha bisogno di altro tempo.”
Rachel poteva vedere il conflitto di emozioni sul viso di Liz, che rispecchiava il proprio. Si, lei voleva che Carl sapesse, ma se avesse preso male la novità, lei non sapeva se sarebbe sopravvissuta alla sua perdita. “Liz …” cominciò a dire esitante e poi rivolse altrove lo sguardo. “Non voglio dirglielo. Non ancora. nemmeno io sono pronta e quando glielo dirò, non ci vorrà molto a Carl per immaginarsi la verità anche su Max. Noi ci siamo dentro insieme e io non voglio immischiarlo in qualcosa che nessuno dei due è pronto ad affrontare.”
“Max ne sarà sollevato.” Liz fece un cenno con la testa a mo’ di ringraziamento.
“Non voglio mantenere il segreto per sempre.” la avvertì Rachel.
“Lo so.” Liz strinse la mano dell’amica e tutte e due si sentirono il legame che le univa. Ritornando all’argomento della visita, Liz disse “ Come sta?”
“Matthew?” chiese Rachel e si lasciò andare ad una risata. “E’ perfetto, Liz! ha riguadagnato il peso che aveva alla nascita, i suoi polmoni sono liberi, il suo cuore è forte. Puoi rilassarti, Liz. Sta benissimo.”
Liz sospirò felice e, appena Rachel ebbe finito l’esame, prese in braccio il suo piccolo. Cambiando argomento, Rachel chiese “va tutto bene tra te e Max?” Abituarsi a convivere con un neonato a volte generava tensioni in un matrimonio.
“Me e Max?” chiese Liz curiosa. “Tutto … bene.” disse, poi aggiunse “ Eccetto …”
“Eccetto cosa?” chiese Rachel.
Guardandola con i suoi grandi occhi scuri, Liz trovò il coraggio di fare la domanda che moriva dalla voglia di farle. “Veramente … mi stavo chiedendo … quanto … dobbiamo … aspettare?”
“Aspettare?” chiese Rachel, ma quando vide le guance di Liz arrossire, comprese la domanda. “Oh.” disse e pensò cosa le stesse passando per la testa. “Hai avuto qualche disturbo? Perdite di sangue? Crampi? Niente di insolito?”
“No.” rispose Liz sincera. “Niente. Max si prende cura di tutti i miei problemi fisici. Tagli, graffi, lividi. Un colpo di pistola di tanto in tanto.” Liz cedette al sorriso e Rachel le sorrise di rimando.
Che problemi c’erano ad avere un bambino, quando avevi qualcuno come Max Evans intorno che poteva letteralmente riportarti indietro dalla morte? Concentrandosi su Liz, le disse “Se ti senti a tuo agio, non ci sono motivi per te di aspettare le classiche sei settimane dopo il parto. Puoi riprendere le normali relazioni matrimoniali quando ti senti pronta.”
“Posso?” Liz sorrise contenta e Rachel si limitò a scuotere la testa. le donne che avevano appena partorito, di solito non erano così ansiose di riprendere a fare sesso, ma questi erano Max e Liz, e le normali regole non sembravano valere per loro.

Max era al barbecue e dava un’occhiata alle bistecche, mentre in cucina le donne preparavano il resto della cena. E a Carl restava di doversi occupare del bambino. Era seduto su una sedia nel patio, sotto l’ombrello a fiori, e dava l’impressione di un vecchio professionista. Stavano parlando di argomenti maschili, degli Arizona Diamondbacks e di come il ritiro di Randy Johnson avrebbe influito sulla squadra e, nel frattempo, Max guardava Carl, pensando che era un peccato che non avesse avuto dei bambini suoi. sarebbe stato un buon padre e Max sapeva come i bambini si comportavano con lui Lo vedeva ogni giorno sul lavoro, come i bambini si sentivano a loro agio in sua presenza. Matthew sembrava felice di stare tra le sue braccia e non cercava di mordicchiare il collo di Carl.
Rachel e Liz tornarono nel giardino posteriore, interrompendo la loro conversazione, e sistemarono le vivande sulla tavola. Salsa e patatine fritte, insalata di patate, pannocchie di granturco, un vassoio di versure con il solito assortimento di carote, sedano, broccoli, radicchio e anche qualche peperone jalapeno con la salsa piccante. Carl lo notò e pensò che doveva essere stata un’idea di Rachel, che amava i cibi piccanti e speziati. E notò anche che Max ne prese uno dal vassoio e se lo infilò in bocca. Anche Max doveva amare i cibi piccanti. Carl sapeva che era goloso di dolci, vedeva in continuazione la quantità sorprendente di ciambelle che riusciva a mangiare, ma non sapeva che fosse anche amante dei cibi piccanti. Dolce e piccante. Che strana combinazione.
“A che punto sono le bistecche?” chiese Liz, avvicinandosi a Max e mettendogli un braccio attorno alla vita.
“Ancora qualche minuto e dovrebbero essere pronte.” Max sorrise, poi aggrottò le sopracciglia sentendo la mano di Liz spostarsi dalla vita al suo sedere. Che stava facendo?
“Bene.” sorrise lei. Strinse la mano sul sedere di Max, aggiungendo “Sono affamata.”
Affamata di cosa? si chiese Max. Sua moglie di solito non gli pizzicava il sedere davanti agli ospiti. Ora si appoggiava a lui, con una mano poggiata sul suo sedere, mentre con l’altra si strofinava lo stomaco. Era contento si essere rivoltato verso il barbecue, così la compagnia non avrebbe potuto vedere l’improvviso gonfiarsi dei suoi pantaloni.
Max si chinò e baciò dolcemente Liz sulle labbra, poi le disse piano “Sarà meglio che tu la smetta, prima di mettermi in imbarazzo davanti ai nostri ospiti.”
“Smettere cosa?” chiese Liz innocentemente.
“Di eccitarmi.” Max scoppiò quasi a ridere al rossore che le colorò il viso. La mano di Liz si staccò dal suo sedere e lui capì che non si era nemmeno resa conto di quello che stava facendo.
“Io … credo che andrò a prendere il vassoio.” Liz si allontanò da lui. La guardò dirigersi in cucina e stava quasi per andarle dietro, ma si sforzò di restare e di controllare le bistecche. Non sarebbe stato cortese, invitare gli amici a cena e poi lasciar bruciare tutto mentre lui violentava sua moglie in cucina. Lei tornò dopo un minuto, con le guance ancora rosse, e Max si sentì eccitare ancora di più. Lei aveva un modo di fare, che riusciva a fargli perdere il controllo, con un semplice sguardo o con un tocco innocente.
“le bistecche sono pronte.” disse Max a voce alta, cercando di riportare l’attenzione sui loro ospiti. Usò il forchettone per togliere le bistecche dalla griglia e posarle sul vassoio che Liz teneva in mano e poi la seguì.
Liz posò il vassoio al centro del tavolo, poi allungò le braccia verso Carl, dicendo “Qui, puoi darmelo ora.”
Carl le passò Matthew e lei lo sistemò nel seggiolino alla sua destra, in modo da potergli dare un’occhiata mentre mangiava. Girando lo sguardo agli ospiti, chiese “Cosa volete bere?”
“Cherry Cola per me.” sorrise Max.
Carl pensò che una birra ci sarebbe stata bene, ma sapeva che Max non poteva averne in casa. Erano troppo giovani per poterla comprare, Rachel sembrava completamente astemia, così decise di ripiegare su una soda. “Vorrei anche io una Cherry Cola.”
“Rachel?” chiese Liz.
“Niente.” rispose lei “Sto bene così.”
Liz tornò in cucina, prese le due bibite, le aprì e versò in una delle due una generosa dose di Tabasco. Le portò fuori, facendo attenzione a mettere la bevanda giusta davanti a ciascun uomo, poi riprese il suo posto a tavola. Era seduta vicino a Max, che aveva dall’altro lato Carl, con Rachel seduta accanto a lui, nella piccola tavola circolare. Matthew li guardava tutti, succhiandosi le dita, mentre gli adulti mangiavano.
Durante il pranzo, Liz fece scivolare la mano sulla coscia di Max, lasciandola lì mentre metteva la salsa sulle patatine. La conversazione scorreva leggera e Max non poté fare a meno di notare come Carl e Rachel non riuscissero a staccare gli occhi l’uno dall’altra. Ultimamente sembrava più rilassato, più a suo agio, e tutta la stazione di Polizia parlava del sorrisino che si portava sulla faccia da una settimana. Era successo qualcosa tra quei due? Avevano …? Max guardò Liz, chiedendosi se Rachel le avesse raccontato qualcosa, ma Liz stava mangiando spensierata, mentre continuava ad accarezzargli la coscia.
Il pensiero di Carl e Rachel volò via dalla sua mente, quando Liz mosse la sua mano più in alto, ma l’espressione della faccia di lei non gli dava nessuna indicazione sul fatto che fosse conscia di quello che gli stava facendo. Allungò una mano per prendere da bere, cercando di comportarsi come se non avesse la mano di sua moglie che carezzava la parte interna della sua coscia, per poi posare di botto la bibita sul tavolo, quando le dita di lei gli toccarono le palle.
Allungò una mano sotto il tavolo e la posò su quella di sua moglie, poi si chinò verso di lei e le sussurrò “Liz? Cosa stai facendo?”
“Niente.” gli rispose innocentemente.
“A me sembra qualcosa.” protestò lui, e spostò la mano di lei dalla sua gamba. Max ricominciò a mangiare, cercando di ignorare il palpitare del suo inguine, ma non passò molto tempo prima che la mano di Liz ricominciasse a spostarsi lentamente all’interno della sua coscia. Lei gli sfiorò di nuovo le palle e a quel punto i suoi pantaloni diventarono penosamente stretti. Inghiottendo un pezzo di bistecca, Max decise che lei stava cercando di ucciderlo. Lo stava tormentando a morte.
Rimise la mano sotto la tavola e spostò di nuovo quella di lei dalla sua coscia, questa volta appoggiandola sul grembo di lei. Decidendo di ripagarla con la stessa medicina, fece scivolare la mano sotto il suo vestito estivo, lungo la morbida pelle della sua gamba, per fermarsi sulle sue parti intime. Decisamente calde e umide. Ma farle assaggiare la sua medicina, fu un’arma a doppio taglio. Ora si era eccitato ancora di più. Prese la sua bibita con la mano che quasi gli tremava e la fece cadere, rovesciando la Cola sul tavolo. Carl afferrò alla svelta un tovagliolo, spostò il suo barattolo e cercò di limitare il danno.
“Mi dispiace.” si scusò Max, dando un’occhiataccia a Liz.
“Nessun problema.” rise Carl, mentre tornava a sedersi e a prendere un bel sorso della sua Cola. Quando l’infuocata salsa Tabasco toccò le sue papille gustative, lui sputò la bevanda dall’altra parte del tavolo. Cominciò a tossire e i suoi occhi a lacrimare, mentre Rachel gli dava colpi sulla schiena.
“Quella probabilmente era la mia.” disse Max imbarazzato. “Mi spiace.”
“Come diavolo fai a bere quella cosa?” Carl stava per soffocare.
Liz gli mostrò una bottiglietta di Tabasco e disse, con aria di volersi scusare “A Max piace nelle sue bibite. Mi dispiace.”
Carl li guardò meravigliato, chiedendosi se avesse mai conosciuto qualcuno con gusti così strani. Si, forse Rachel, pensò, e si voltò a guardarla. Entrambi amavano le cose piccanti, ma il Tabasco nella cola? Era semplicemente … disgustoso!
“Tieni.” Liz gli porse un bicchiere d’acqua fresca. “bevi questa.”
“C’è qualcosa di strano qui dentro?” scherzò Carl prendendo il bicchiere che gli porgeva. “Salsa Tabasco? Mostarda piccante? Succo di jalapeno?”
“No.” rise Liz. “Solo acqua.”
Le cose intorno alla tavola si calmarono e Max prese una pannocchia di mais. La ricoprì col burro, resistendo al bisogno di spruzzarla di Tabasco, poi cominciò a mangiarla tenendola con le mani. Gli occhi quasi gli uscirono dalle orbite, quando sentì il profumo intimo di Liz sulla punta delle dita e, immediatamente, si eccitò di nuovo. Seppe di essere nei guai, quando leccando il burro sulle sue dita, sentì il sapore di lei.
In quel momento Matthew decise di averne avuto abbastanza di vedere che tutti mangiavano e fece in modo che Liz si accorgesse che anche lui era affamato. Spostato il suo piatto, lei si alzò in piedi e lo prese in braccio, dicendo “Torno tra un minuto.” Si scusò e portò Matthew nella sua stanza, per cambiarlo e Max tirò un sospiro di sollievo. Forse ora avrebbe potuto finire il suo pranzo. Non poté trattenere un sorriso al pensiero che forse, più tardi, avrebbe potuto avere lei come dessert.
Qualche minuto più tardi Carl notò che Liz aveva finito, ma si era attardata in cucina. Guardò in quella direzione e vide che stava allattando Matthew, con una copertina da culla appoggiata sulla spalla, per coprirsi pudicamente il seno. Lui aveva sempre pensato che l’allattare fosse la cosa più naturale del mondo, così disse a voce alta per attirare la sua attenzione “Liz, puoi venire qui fuori. Non mi da fastidio, se non da fastidio a te.”
Lei girò la testa, guardandolo timidamente, poi guardò Max per un conforto. Non voleva metterlo a disagio davanti al suo capo, ma il sorriso che aveva sul viso, fece dileguare i suoi timori. Liz tornò al suo posto accanto a Max, mentre Matthew succhiava con soddisfazione. Parlarono e risero e, dopo alcuni minuti, Carl e Rachel cominciarono a sparecchiare. Una volta che furono in cucina, Liz tolse la copertina dalla spalla e staccò dal seno Matthew, ormai addormentato. Guardandola, Max provò un breve attimo di gelosia, sapendo che Matthew poteva avere in bocca quello scuro, duro capezzolo tutte le volte che voleva, mentre lui doveva aspettare. Quando sarebbe arrivato il suo turno?
Ora il capezzolo era scoperto, bagnato dalla bocca di Matthew, e Max prese un lembo della copertina per asciugarlo. Notò il rossore della punta e il modo in cui lei trasalì al contatto col tessuto e si rese conto che era irritato. La toccò con la punta di un dito, che brillò mentre risanava la pelle screpolata. Lei gli sorrise grata e sui avvertì un senso di soddisfazione per aver potuto fare qualcosa per lei, alleviare il suo fastidio così che il suo legame con Matthew fosse piacevole, non doloroso. Guardando la sua pelle nuda lasciò che il suo dito toccasse la parte inferiore del suo seno gonfio ed il suo capezzolo, facendolo diventare duro ed eretto. Sapeva che non avrebbe dovuto toccarla in quel modo, ma era un gesto così naturale per lui e così sensuale nello stesso tempo, che non era riuscito a trattenersi.
Si riscosse rapidamente quando sentì i passi di Carl dietro di loro e, con un gesto della mano, la ricoprì di nuovo. Lei si alzò in piedi dicendo “Vado a mettere Matthew a letto per il suo riposino.” e Max la vide allontanarsi. Uno di questi giorni lei gli avrebbe detto che tutto era a posto ed allora avrebbe fatto l’amore con lei per ore, cioè, se fosse riuscito a superare i primi due minuti. Le ultime tre settimane senza poterla toccare erano state una vera tortura e aveva il timore che, quando lei gli avrebbe detto di essere pronta, il suo controllo gli sarebbe mancato.
Dopo aver messo Matthew nella culla, Liz uscì dalla stanza da letto, lasciando aperta la porta per poterlo sentire se avesse cominciato a protestare. Dirigendosi la cucina, udì delle voci e capì che gli altri erano dentro.
“Qualcuno vuole del dessert?” chiese Max e vide Liz entrare nella stanza. Si, lui sicuramente avrebbe avuto il suo dessert.
“Che cos’hai?” chiese Carl.
“Che cos’ho?” disse Max distrattamente, con gli occhi incollati su Liz. Stava pensando che il dessert migliore sarebbe venuto più tardi.
“Cosa hai in mente come dessert?” chiarì Carl. Qualcosa di dolce sarebbe venuto proprio a puntino.
Max gli lanciò uno sguardo, poi tornò a concentrarsi. Si sentiva andare a fuoco il viso e fu contento che nessuno potesse leggergli il pensiero. Chris gli aveva chiesto del dessert. Solo il vecchio normale dolce di tutti i giorni. Ci doveva essere qualcosa da servire come dessert. Aprì il congelatore e proclamò “Qualcuno vuole del gelato?”
“Che gusti hai?” chiese Carl. Era una domanda innocente.
“Lasciami vedere.” Max controllò il contenuto del freezer. “Vaniglia, il favorito di qualcuno.” Max diede un’occhiata a Liz ghignando. “Poi c’è cioccolato, fragola, cioccolato alla mandorla, cioccolato alla menta, cioccolato al biscotto, crema …”
Carl si girò verso Rachel con uno sguardo sbalordito. Chi teneva tutto quel gelato nel frigo? Se a Max piaceva il gelato come piacevano le ciambelle, come faceva a non pesare 180 chili?
“E jomoca,” continuò Max senza perdere un colpo. “E sorbetto all’arancia, sorbetto alla fragola e …”
“Max?” lo interruppe Carl, chiedendosi quando avrebbe finito.
“Si?” Max lo guardò dubbiosamente.
“Che ne dici di vaniglia?”
“Buona scelta.” sorrise Max. tirò il barattolo fuori dal freezer e poi aprì la porta del frigo.
“Ci vuoi dello sciroppo? Abbiamo cioccolata, fondente, fragola, caramello …”
Carl si coprì il viso con le mani, cercando di contenere una risata. Rachel gli diede una gomitata nelle costole e Liz se ne uscì dicendo “Perché non mettiamo del fondente caldo?”
“”Sembra buono.” dissero contemporaneamente Carl e Rachel.
Max li guardò, chiedendosi perché ridevano tutti, poi scrollò le spalle e prese il barattolo del fondente. Prese anche il contenitore della panna montata e si chiese se in casa ci fossero delle nocciole. Mentre chiudeva la porta del frigo, i suoi occhi si posarono sui budini nel ripiano inferiore. Coppe e coppe di budini. Vaniglia, cioccolato, caramello. Forse ne avrebbe mangiato uno più tardi. Si erano accumulati perchè i budini non sono un gran che se li mangi col cucchiaio.

Capitolo 88

“Era proprio buono.” Carl si appoggiò allo schienale di divano e si massaggiò lo stomaco. Il gelato col cioccolato caldo aveva coronato un pranzo delizioso. Non era mai stato deluso, quando era stato a pranzo dagli Evans e oggi non aveva fatto eccezione.
“Lasciala a me.” disse Liz , alzandosi dalla sedia e prendendo la coppa dalla mano di Carl. Prese anche quelle di Rachel e di Max e si diresse in cucina per metterle nel lavandino.
Tornò fuori giusto in tempo per sentire Carl che diceva a Rachel “Se dobbiamo andare a vedere quel film, sarà meglio che ci muoviamo.”
“Che film andate a vedere?” chiese Liz.
“Hulk.” rispose Carl e guardò Rachel seduta accanto a lui sul divano. Il suo gusto in fatto di film, l’aveva sorpreso. Amava i film d’azione e di fantascienza e film che parlavano di strani fenomeni, tutte cose in cui lui non credeva, ma a lei piacevano così tanto che lui era felice di accompagnarla.
“Cosa vi posso dire?” Rachel alzò le mani in segno di resa. “Adoro gli uomini che diventano verdi e si strappano i vestiti quando sono eccitati.”
“Lo terrò a mente.” celiò Carl ed entrambi risero per l’intima battuta.
Max alzò le sopracciglia, sorpreso ancora una volta dalla vicinanza che Carl e Rachel mettevano in mostra. Ma quanto ‘vicini’ erano diventati? Era ovvio che Rachel non gli aveva svelato la verità su quello che era, almeno non ancora, ma cosa sarebbe successo se intendeva farlo? Non ci sarebbe voluto molto a Carl per immaginare la verità anche su di lui. E se non l’avesse presa bene? E se avesse perso il controllo? E se Carl avesse pensato che lui era un mostro, uno scherzo di natura da far sparire dalla faccia della terra? E se Carl avesse scoperto che lui aveva ucciso due uomini, solo con il potere della sua mente? E se …
E se Carl li avesse consegnati all’F.B.I.?
No, Max scosse la testa. Carl non l’avrebbe fatto … o si? Liz si avvicinò a lui e gli fece scorrere la mano tra i suoi capelli e Max girò la testa per guardarla. Lei non sembrava affatto preoccupata. Stava guardando verso Carl e Rachel con uno sorriso complice e sembrava felice del legame che manifestavano. Anche Max era felice che Carl avesse trovato qualcuno che riempisse ancora la sua vita, ma non poteva tenere a bada le sue tormentose paure.
Alzatosi in piedi, Carl allungò una mano per aiutare Rachel ad alzarsi ed insieme si diressero verso la porta. Max e Liz li seguirono, Max con il braccio sulla spalla di lei, Liz con il braccio intorno alla vita di lui.
“Grazie per il meraviglioso pranzo.” disse Rachel quando furono nel portico. “Max, le bistecche erano perfette.”
“Sono contento che ti siano …” la sua voce salì di un’ottava quando sentì la mano di Liz scendere ancora dalla sua vita al suo sedere, proprio come aveva fatto a tavola, poi terminò “… piaciute.” Dette un’occhiataccia a Liz e si accorse che lei stava cercando di non ridere. Sapeva esattamente cosa stava facendo, quella piccola vipera.
“Dobbiamo rifarlo ancora.” suggerì Rachel. “La prossima volta ci vediamo a casa mia. Tra l’altro,” sorrise e portò lo sguardo sull’uomo accanto a lei. “tra un po’ sarà il compleanno di Carl.”
“Non ricordarmelo!” Carl roteò gli occhi.
“Faremo una festa.” continuò Rachel. “Lo festeggeremo. Palloni, cappellini ed una grossa torta.”
Max e Liz si guardarono. Torta? Aveva detto torta? la mano di lei strizzò ancora il sedere di Max e lui la strinse al suo fianco. Cosa non avrebbe dato Max per una fetta di torta, in quel momento!
“Sarà meglio che andiamo.” disse Carl e si diressero verso la macchina. A mezza strada, si girò per salutare con la mano, ma Max era già scomparso in casa. Carl pensò che era piuttosto insolito. Normalmente stavano nel portico fino a che loro non erano andati via, ma si strinse nelle spalle e ricominciò a camminare. Forse Matthew aveva richiesto la loro attenzione.
Max aveva chiuso la porta, poi vi aveva immobilizzato Liz contro. Lei stava ghignando perfidamente mentre le pulsazioni dell’eccitazione di Max erano tornate, ora che erano rimasti soli. “Cosa pensavi di fare, afferrando il mio sedere in quel modo, quando sapevi benissimo che non avevo modo di difendermi? Ti diverti a tormentarmi, Liz?”
“Ma sarebbe un tormento solo se non avessi intenzione di finire quello che ho cominciato.” disse Liz provocante.
“Ma se sai che non possiamo …”
“Chi lo dice che non possiamo.” lo interruppe Liz.
“Che …” Max cominciò ad incespicare sulle sue parole “… chi … ne hai parlato con Rachel?” lei annuì lentamente e Max le chiese “Cosa ha detto?”
Liz rispose cominciando a sbottonare la sua camicia. Gli occhi di lui cominciarono a seguire i movimenti delle mani di lei, mentre lentamente cominciava a sbottonare il primo. Poté sentire il respiro farsi difficile e le pulsazioni veloci, ed infine le prese le mani tra le sue. “Ha detto che …?”
“Ci ha dato via libera.” Liz sorrise e gli occhi di Max brillarono di desiderio. Poi lei rise di cuore quando lui si tirò via la camicia e la gettò sul pavimento dietro di lui. Le sue labbra coprirono quelle di lei e sospinse Liz contro la porta. Poi si fermò improvvisamente e staccò la sua bocca, guardando in direzione della camera da letto. Liz gli prese il viso tra le mani e lo girò di nuovo nella sua direzione, dicendo “Sta dormendo. E probabilmente continuerà a dormire per le prossime due ore.”
“Ne sei sicura?” mormorò Max. Matthew aveva già dato prova di essere molto inopportuno e aveva solo due settimane di vita.
“Decisamente.” Liz cominciò a sbottonarsi il davanti dell’abito.
Max la guardò, pensando che tranne che per il colore ed il grembiule, quel vestito gli ricordava molto la sua uniforme al Crashdown. certo, era consapevole che non avesse il colletto e che era senza maniche, invece di avere quelle graziose maniche bicolori , ma le metteva in risalto le curve come faceva la sua uniforme. Okay, era pronto ad ammettere che il vestito non aveva nulla in comune con l’uniforme del Crashdown, eccetto che per l’apertura davanti. Inoltre , quello che gli interessava era un accesso svelto.
I suoi occhi si incollavano a lei mano a mano che si cominciava a vedere la pelle nuda. Morbida, bella da vedere. Aveva cominciato a prendere il sole, nel pomeriggio, quando Matthew dormiva, ed aveva un aspetto sano ed incredibilmente sexy, per essere una donna che aveva appena partorito. Era morbida nei punti giusti, curve che Max non vedeva l’ora di toccare. Sentì improvvisamente la mano di lei strofinare la parte davanti dei suoi pantaloni, poi la strinse e Max lasciò andare un udibile gemito. La sua mano corse al bottone dei suoi jeans ed aprì la lampo, lasciandosi scivolare i pantaloni lungo i fianchi. Le sue labbra si impadronirono ancora di quelle di Liz, e la mano di lei si infilò nei suoi boxer, proprio come aveva fatto quella volta che erano insieme nel guardaroba., e gli circondò il membro ormai sveglio, mentre sui si lasciava andare ad un altro gemito di piacere.
Max la spinse ancora contro la porta, baciandola e muovendo i fianchi in sincronia con i movimenti della mano di lei. Lei sapeva regalargli le più incredibili sensazioni. Si sentì il sangue bollire nelle vene , ne sentiva lo scorrere nelle orecchie, che copriva tutti gli altri rumori, ad eccezione di quelli che uscivano dalla sua gola. Avendo bisogno di qualcosa di più le tolse la mano e prese lei, premendo il suo corpo contro quello di lei.

***

“Carl!” Rachel si batté la mano sulla fronte, sentendosi come un’idiota. Dandogli un’occhiata di scusa, disse “Torna indietro. Dobbiamo tornare. Ho dimenticato la borsa medica.”
“Dove?” chiese lui. “Da Max?”
“Si.” annuì lei. “Credo di averla lasciata in camera del bambino.”
“Ti serve?” chiese Carl, guardando l’orologio sul cruscotto. Se fossero tornati indietro, probabilmente avrebbero fatto tardi per il film.
“Forse si, forse no.” Rachel si strinse nelle spalle.”Dipende da …”
“Dalla chiamata di Madre Natura?” tagliò corto lui e risero insieme. Inserì il lampeggiatore e voltò la macchina, girando in direzione della casa degli Evans.

***

Max ansimava pesantemente, proprio come stava facendo Liz. Il suo corpo premeva contro quello di lei, sentendo la sua umidità attraverso la biancheria intima. Le baciò la gola, riprovando l’incredibile sensazione del respiro di lei contro il suo petto. Le aveva tolto il reggiseno con una magica mossa della mano e i capezzoli di lei erano piccole montagne di fuoco contro la sua pelle. Se si spingeva abbastanza contro di lei, poteva sentire il latte che usciva dalla punta e scorreva sulla sua pelle e decise che avrebbe dovuto leccarlo via, ma non ora. Ora aveva altre priorità.
Si sfilò gli shorts e scopri il suo membro eretto, per poterlo strofinare contro la seta delle sue mutandine. Sentiva il calore che lei emanava e quando avvertì l’umidità che trasudava da lei, si rese conto che era più di quanto potesse sopportare. Mosse ancora una volta la sua mano e le mutandine scomparvero, lasciando che i loro sessi si unissero. Scivolò tra le sue labbra umide, strofinando il suo membro eccitato dentro di lei ed immergendosi nella sua essenza. Tenendola contro di sé, reggendola per i fianchi con le braccia, non poteva aspettare molto di più. Combattendo il bisogno di prenderla avidamente, si sforzò di muoversi lentamente dentro di lei, guardandola per scoprire se fosse a disagio. Max era in paradiso, all’interno del corpo caldo di Liz, e voleva che anche lei provasse le stesse sensazioni.
“Stai bene?” le chiese piano, con una voce sensuale, riuscendo a malapena a trovare la forza per pronunciare le parole. Avrebbe smesso se lei avesse provato dolore o disagio, dopo aver avuto il bambino.
“Più che bene.” sospirò lei e strinse le sue gambe intorno a lui ancora più forte. “Meglio che mai.” mormorò contro le labbra di lui e con la bocca coprì quella di Max. Le braccia intorno alle spalle di lui si tennero ancora più strette e lei mosse piano i suoi fianchi, incoraggiandolo a continuare. Lui si spinse di nuovo dentro di lei, sentendo il suo calore che lo circondava, che lo carezzava, che lo portava alle altezze del piacere. Liz staccò le sue labbra e, con voce esitante, gli chiese “Mi senti bene? Sono distesa …”
“Sei perfetta.”Max affondò ancora il lei. Le labbra si posarono sulla sua gola, per baciarle la pelle delicata, poi disse ancora, con passione “Tu sei così incredibilmente perfetta.”

***

Carl si fermò avanti alla piccola casa e strinse la mano di Rachel. “Vado e la prendo. Perché non mi aspetti qui?”
“Okay.” annuì Rachel mentre lui già apriva la portiera e lo vide avviarsi lungo il viale che portava all’ingresso.
Carl si fermò nel portico e allungò la mano per suonare, quando sentì uno strano rumore. Un costante battito contro la porta, che si ripeteva con un ritmo familiare. Cosa diavolo …
“Liz.” un gemito soffocato venne da dietro la porta.
Carl, con la mano ancora sospesa in aria per bussare, la tirò indietro immediatamente e se la passò tra i capelli. Quello che stavano facendo, era quello che lui pensava stessero facendo?
“Max.” disse un’altra voce dal tono più alto della prima, seguita da un lungo “Oh … Max …”
Carl chinò la testa e si allontanò dal portico. Tornò di fretta alla macchina e Rachel lo guardò interrogativamente quando lo vide mettersi al volante. Lei guardò la casa, poi di nuovo lui e chiese “Perché non hai bussato? Perché non hai preso la mia borsa?”
“Um …” lui si fermò, cercando di pensare a qualcosa da dire. Si voltò verso la casa balbettando “Stanno, ah … penso che siano, um … occupati.”
“Occupati?” Rachel andò in confusione. “Cosa …” e poi capì. “Vuoi dire …?” lui tornò a guardarla con gli occhi scintillanti dall’ilarità, mordendosi le labbra per non scoppiare a ridere. Rachel aveva quasi gli occhi fuori dalle orbite, quando disse “Stanno facendo l’amore? Come fai a saperlo? Siamo usciti da appena cinque minuti. Cosa ti fa pensare che stiano facendo sesso?”
“Li ho sentiti.” disse Carl ridendo.
“Li hai sentiti?” Rachel era a bocca aperta. In realtà, non avrebbe dovuto sorprendersi. Si era accorta che Liz stava stuzzicando Max sotto la tavola. Appena le aveva detto che non doveva più aspettare, aveva visto il cambiamento nella ragazza. Liz voleva il suo uomo e l’aveva avuto. “Non posso credere che tu li abbia sentiti.”
“Dunque,” Carl si sentì arrossire. “Ho sentito un ‘Liz!’,” disse imitando una voce bassa. “ seguito da un ‘Oh,Max!’la voce salì in falsetto.
“Dici sul serio?” le spalle di Rachel erano scosse dalle risate.
“Se aspettiamo un minuto,” Carl non riusciva a smettere di ridere. “al ritmo con cui stavano procedendo, dovrebbero aver finito.”
“Carl!” Rachel gli diede una pacca sul braccio e i suoi occhi brillarono in un profondo tono di verde. Fu sufficiente toccare il duro muscolo del suo braccio e Liz non fu più l’unica donna a desiderare il suo uomo. La mano di Rachel scivolò dal braccio alla coscia e all’improvviso Carl smise di ridere. Rimase a bocca aperta per la sorpresa, poi si bagnò le labbra. La mano di lei risaliva la coscia e Carl cercò di arrivare alle chiavi, per mettere in moto la macchina.
“A casa mia?” disse quando il motore riprese vita.
“La mia è più vicina.” rispose calorosamente Rachel.
“Allora a casa tua.” Carl fece andare la macchina. Proprio prima di infilarsi nella strada, guardò Rachel e le chiese “e il film?”
“Vuoi strapparti la camicia per me?” Rachel strinse la mano sulla sua coscia.
“Voglio …?” lui la guardò, sentendo il respiro farsi ansimante. “Se vuoi che lo faccia.”
“Allora tu sei l’unico uomo verde di cui ho bisogno.” disse Rachel soddisfatta e Carl premette l’acceleratore, bruciando le gomme sull’asfalto.

I rumore dei pneumatici passò attraverso la mente di Max, confusa dalla passione e si rese conto di come fosse vicino al culmine. Sentiva già il palpitare dei suoi testicoli e cercò di cambiare direzione, pensando a tutto tranne a quello che stava facendo con Liz. Provò col baseball, ma quello sport era troppo veloce. Provò col golf, ma questo non lo aiutò molto. Allora tornò al baseball, con un uomo al primo tiro e il lanciatore che si preparava.
“Uomo sul monte di lancio, primo tiro … “ mormorò Max quasi impercettibilmente, cercando di rallentare i suoi movimenti dentro Liz. Entrambi erano coperti da un velo di sudore e Max passò un braccio intorno ai fianchi di Liz per sorreggerla meglio. Nella sua mente c’era ancora il campo da baseball, con il lanciatore che aveva appena tirato. La palla stava volando in aria … il corridore cercava di raggiungere la prima … base … devo pensare al baseball …”
“Max?” chiese Liz quasi senza respirare “Che stai facendo?”
“Cosa …vuoi… dire …?” disse lui continuando a spingere. Lei era così calda. Così umida dentro.
“Stai parlando da solo!” cercò di dire Liz mentre lui la spingeva ritmicamente contro la porta. Lei fece un acuto sospiro, quando lui le stimolò un punto particolarmente sensibile. Ancora altre due spinte come quelle e lei sarebbe fluttuata sulla novantesima nuvola.
“Sto cercando di non guadagnare punti prima che tu abbia avuto la possibilità di battere.” ansimò Max al suo orecchio. Ormai era così vicino.
“Tu stai cosa?” disse lei ed un altro gemito le scappò dalla gola, mentre lui si spingeva profondamente dentro di lei.
“Aspetta!” bofonchiò lui, cercando di fermarsi.
“Max?” si lamentò lei all’improvviso cessare dei suoi movimenti.
“Aspetta solo un momento.” Le sue mani afferrarono la soffice carne delle natiche di lei. Di questo passo, non avrebbe più avuto tempo e lui voleva che lei potesse gioire con lui. Guardandosi intorno, si chiese all’improvviso cosa gli fosse passato per la testa. La prima volta che facevano l’amore dopo la nascita di Matthew e dove stavano? All’ingresso! Contro la porta! Cosa c’era di sbagliato in lui? Ansimando, le sussurrò all’orecchio “Non qui. Andiamo sul letto.”
La vide annuire e, cercando di riprendere il suo controllo, si tirò via da lei, rimpiangendo subito la mancanza del suo calore. Sostenendola, mentre lei si stringeva ai suoi fianchi con le gambe, si diresse in corridoio. I pantaloni gli stavano calando sulle gambe e si fermò per sfilarseli, cercando con tutta la sua forza di non cadere, e li lasciò cadere in terra. Le sfilò il vestito, fermandosi un attimo, poi riprese la strada verso la camera da letto.
Una volta dentro, controllò la culla di Matthew. Lui dormiva tranquillo, come un bravo bambino, ma Max non si sentiva tranquillo. Guardò Liz, cercando la sua approvazione che lei diede con un cenno della testa, poi stese la mano puntandola in direzione della culla. Si formò da terra un azzurro strato di energia che fluttuò nella stanza. Max lo guidò verso la stanza di Matthew, poi chiuse a metà la porta della camera da letto.
Girandosi verso Liz disse “Va bene?” Non voleva darle l’impressione di volersi sbarazzare di Matthew.
“certo!” sorrise Liz, con le braccia intorno alle spalle ed il corpo pressato contro quello di lui.
Max si portò sul letto e si poggiò sulle coperte. Si inginocchiò sul letto, con Liz seduta sui suoi fianchi, e guardò il suo bellissimo viso. Aveva promesso di fare l’amore con lei per ore e ora pensò che forse ci sarebbe riuscito. Il suo controllo, sparito fino a qualche attimo prima, era tornato con tutta la sua forza.
Inginocchiato in una posizione comoda, con Liz a gambe divaricate sulle sue, Max alzò i fianchi per entrare di nuovo dentro Liz, lentamente, assaggiando ogni spinta nella profondità di lei. Per la prima volta, dopo mesi, riusciva a fare l’amore con Liz faccia a faccia, pancia piatta contro pancia piatta, petto morbido contro solido torace.
I loro corpi si muovevano insieme, con le braccia di lei intorno alle spalle di lui, con i loro fianchi che si muovevano al ritmo che anni d’amore avevano armonizzato alla perfezione. Le fronti si toccavano e gli occhi scrutavano uno nell’anima dell’altra e guardavano la passione che si dipingeva nei loro volti. Max la voleva vedere in faccia quando facevano l’amore. La voleva vedere quando la faceva gemere, quando la faceva tremare, quando la portava alle altezze del piacere. La voleva vedere quando i primi fremiti dell’orgasmo la attraversavano.
Sentire solo le sensazioni alla reazione del suo corpo non gli bastava. Lui voleva vederla.
La testa di Liz ricadde all’indietro esponendo la sua gola e le labbra di Max segnarono un sentiero di fuoco sulla pelle. Lei si inarcò ancora e la mano di lui le si infilò tra i capelli, posandosi sulla nuca. Spostò la bocca nell’incavo dei seni, con la voglia di toccarla grande quanto quella di lei di essere toccata. I suoi seni ora erano pieni, pesanti del nutrimento per Matthew, e poteva sentire quel dolce nettare quando toccava i capezzoli con la lingua.
Leccò le stille, sentendo la passione crescere accesa dai gemiti che uscivano dalla bocca di lei. Gemiti, intensi e profondi, che gli davano la misura di quello che le faceva provare. Le labbra catturarono il capezzolo che gli riempì la bocca, duro e bagnato di latte. Incapace di resistere, lo succhiò, mentre un grido usciva dalla gola di lei all’esplodere del suo orgasmo e Max guardò in su in cerca dello splendore del suo viso. Aveva gli occhi chiusi e la bocca aperta con i gemiti che accompagnavano le ondate del suo piacere, una ed un'altra ancora. Tremava intorno a lui, e lui lottava ancora contro il proprio sollievo, mentre le pareti interne di lei si stringevano intorno al suo sesso.
Respirava forte, in armonia con ogni spinta, riempiendo la sua morbida femminilità con la sua rigida mascolinità. La sua bocca si spostava da un seno all’altro giocando con le sue punte e circondandole con le labbra affamate, e l’orgasmo di Liz si alzò ancora, facendola urlare con rinnovato vigore. I suoi capezzoli, da sempre fonte di piacere per lei, ora erano eccezionalmente sensibili alle stimolazioni e Max si crogiolava nella consapevolezza di essere lui a darle quel piacere.
Quando l’orgasmo si acquietò, Liz lo guardò e gli prese la faccia tra le mani. Max staccò la bocca dal suo seno e la guardò con gli occhi che brillavano di desiderio. Le bocche si unirono, labbra affamate che si consumavano, lingue che si toccavano gustandosi e accendendo il fuoco. Lei lasciò dolcemente le sue spalle e si girò, allungando le gambe. Non persero una battuta mentre cambiavano posizione e lui le lasciò il controllo. La guardò sospesa sopra di lui, mentre lo cavalcava dapprima lentamente, poi con più abbandono mentre prendeva il ritmo. Le mani di Max vagavano sul corpo di lei, scivolando sulle sue gambe, fermandosi ai fianchi per sincronizzare i loro movimenti. Era bello sentire ancora le sue curve e non doversi preoccupare di ammaccare nessuno.
I capelli di Liz dondolavano, strofinandosi sul suo petto, eccitandolo e tormentandolo. Gli solleticavano la pelle, aggiungendo una sensazione alle miriadi che stava sentendo e le mani di Liz gli esploravano il corpo, toccandogli le spalle, le braccia, i muscoli del torace. La punta delle dita sfioravano il suo stomaco, sottolineando i movimenti dei muscoli ad ogni spinta del suo sesso nel corpo accogliente di lei. Le dita si muovevano piano, tormentando la scura peluria dove i loro corpi si univano e Max fissò lì il suo sguardo, guardando la loro intima danza.
Liz sapeva che gli piaceva vederla toccarsi e ora voleva farlo per lui, per sorridere di soddisfazione alla sua improvvisa mancanza di respiro. Le dita di Liz scivolarono tra i loro corpi, separando le sue labbra umide, toccando la sua collinetta di nervi e lasciandosi andare ad un profondo sospiro. Max la prese per i fianchi e riprese il comando guidando il suo corpo dentro quello di lei. Le dita di Liz si mossero più veloci e lui tenne il passo, con il corpo che ardeva di un fuoco che solo lei sapeva spegnere. Sentiva le sue pareti stringersi intorno a lui e il suo nome, gridato da lei che galleggiava in un altro orgasmo, sembrava una musica che gli carezzava l’anima.
I loro respiri pesanti sostituirono i gemiti e Max si portò la testa di Liz contro il suo petto, passandole le mani tra i capelli, quasi sopraffatto dalla vista dello sguardo rapito di lei. Sollevò la testa dal letto e la spinse in basso, baciandola appassionatamente. Lui si stava avvicinando al suo completamento, e con un movimento fluido si rigirò finendo ora sopra a Liz, divorando la sua bocca mentre la pressava contro il letto.
Si mosse dentro di lei con lunghe, profonde spinte, sentendo la fermezza del suo interno che si arrendeva al suo passaggio, che cedeva senza resistenza alla sua presenza dentro di lei. Il loro sudore si mescolava con i liquidi dei loro corpi e il profumo del loro amore portava Max sempre più vicino al suo appagamento. La guardò negli occhi e le disse calorosamente “Vieni ancora per me, Liz. Voglio sentirti arrivare per me.” Stava ansimando fortemente. “Io ci sono quasi …”
Non l’aveva mai portata a quattro orgasmi, prima, non in una sola volta e voleva più di ogni cosa riuscirci ora. Voleva che questo ultimo momento, quando i loro corpi avrebbero raggiunto l’acme insieme, fosse l’espressione delle più intime sensazioni che un uomo e una donna potessero dividere.
Spinse le ginocchia sul letto, per avere maggiore appoggio e Liz alzò le gambe, per aumentare il contatto. La mano di Max danzava sulla sua pelle, sentendola fremere al suo tocco, salendo sul fianco, sulla curva del collo, per posarsi sul suo viso e toccarle le tempie con la punta delle dita. Lei imitò i suoi movimenti, carezzandogli la guancia e toccandogli la tempia destra. Con gli occhi incollati, la connessione si aprì tra loro e divennero uno, dividendo e sperimentando l’uno le sensazioni dell’altra. I pensieri, le emozioni e le sensazioni di Liz fluirono dentro di lui, e le sue volarono da lei. Il loro vincolo alieno li univa insieme, più vicini di quanto un uomo e una donna umani potessero essere. La calda passione nei loro corpi saliva con l’approfondirsi della loro connessione e i movimenti li portarono proprio alla soglia del paradiso.
Gridarono insieme, mentre un eccezionale acme li sommerse, Max donandole il suo prezioso liquido con ondate di intenso piacere. Il corpo di Liz si strinse intorno a lui, nutrendolo di stille setose, sentendo che lui le concedeva il suo cuore, il suo corpo e la sua anima in una unione che non era solo fisica. Era emozionale e psicologica, in due persone che avevano bisogno l’uno dell’altra per respirare, per esistere, per vivere.
Rabbrividirono insieme per le conseguenze, né l’uno né l’altra pronti a lasciare andare la connessione, mentre il loro amore non conosceva limiti e fluttuava libero tra di loro. Non avevano bisogno di parole e nessuna parola fu detta. I loro corpi erano così in sintonia che i loro cuori battevano all’unisono. Le loro menti avevano diviso ogni pensiero, ogni sensazione e fu solo quando Max si rese conto di pesare sopra di lei, che si decise a separarsi, con grande dispiacere di Liz.
Stendendosi accanto a lei, Max la prese tra le braccia, poggiandosi la sua testa contro il petto e con il corpo di lei che si modellava contro il suo. Con le labbra le sfiorò la testa e sospirò soddisfatto. Quando parlò, le parole gli salirono da dentro, parole che lei aveva già sentito, ma che sembravano nuove ed eccitanti ogni volta che le diceva.
“Ti amo, Liz. Più di quanto possa dire.”
“Lo so.” Liz gli posò una mano sul cuore.”Lo sento dentro di te, qui, ogni volta che mi tocchi, ogni volta che mi guardi, ogni volta che mi baci.” Sollevando la testa per guardarlo, sorrise. “E’ il tuo amore che mi completa. Senza di te, sarei solo l’ombra di me stessa.”
Le labbra di lui cercarono le sue e si baciarono, un bacio dolce e tenero, e quando si divisero, lui si girò nel letto, mettendosi di fianco per poterla guardare meglio. Si allungò, appoggiando la testa sulla sua mano destra, con il gomito poggiato contro la testata, mentre osservava il suo volto raggiante. Un sorriso gli accese i lineamenti e il suo sguardo si spostò dal corpo di lei al proprio.
Liz era distesa accanto a lui, sdraiata sulla schiena, con i corpi che si toccavano, perché non riuscivano ad essere divisi. La sua spalla toccava i duri muscoli del torace di lui, solleticata dai peli della sua ascella, esposta per il modo in cui lui stava. Il suo membro maschile le premeva leggermente sul fianco, morbido ora che la sua passione si era consumata, ma le dava comunque una sensazione erotica. Le loro gambe si toccavano e i loro piedi erano allacciati, con la confidenza di tante notti trascorse insieme.
Guardando il luccichio nei suoi occhi, Liz gli chiese “Cosa c’è? Cosa c’è di così divertente?”
“Guarda.” fu tutto quello che le disse lui e lei seguì con gli occhi la direzione del suo sguardo. Quando mise a fuoco il suo seno, lui le disse “Perdi.”
Liz spalancò gli occhi ed esclamò “O mio Dio!” Era coperta da un sottile strato di latte. Le era uscito mentre facevano l’amore e poteva vedere che aveva ricoperto anche il torace di lui. “Max, abbiamo bisogno di una doccia!”
“Lascia fare a me …” si offrì e stese la sua mano. Brillò di una morbida luce dorata e la passò prima sulla pelle di lei, poi sulla propria, rimuovendo il liquido biancoazzurrognolo e il loro sudore. Non era altrettanto divertente che fare la doccia insieme, ma lo voleva fare. Non voleva ancora alzarsi.
Stettero tranquilli per un po’, persi nei propri pensieri, poi Max ruppe il silenzio. “Liz …”
Fu quasi con un sospiro che disse il suo nome, nella luce tenue della stanza da letto. Le dita della sua mano sinistra tracciavano complicati disegni sul seno di lei, lungo la loro pienezza ed intorno la suo capezzolo, ancora ridestato dal suo tocco.
“Hum …” La loro forzata astinenza era stata dura per lei come lo era stata per lui. Crogiolandosi nella dolcezza dei momenti dopo l’amore, ora si sentiva intensamente soddisfatta.
Lui incontrò gli occhi di lei fuggevolmente, poi tornò a vedere l’effetto che le faceva il suo tocco.
Anche dopo tanto tempo il suo tocco aveva il potere di farla tremare, di far fremere, in risposta, le sue terminazioni nervose. Le sue dita si abbassarono, tracciando la linea delle costole, poi l’ addome ormai piatto, non più pieno di una vita che germogliava. Era bello aver avuto indietro la ‘sua’ Liz, anche se il pensiero di dividerla con Matthew era meraviglioso, per non dire ‘avventuroso’.
Lei scorse il tenue scintillio negli occhi del marito e vide il suo viso rabbuiarsi, quando la mano raggiunse il suo ombellico. Alzò la sua mano per poggiarla sul muscoloso petto di lui e disse “Cosa c’è, Max?”
Qualunque cosa fosse, per lui sarebbe stato difficile dirla. Le sue dita avevano raggiunto la pelle raggrinzita della cicatrice che partiva dal suo ombellico, e la stavano seguendo. Lui deglutì, poi finalmente alzò lo sguardo su quello di lei e disse “Voglio guarirla.”
La mano di Liz coprì la sua e ne fermò il movimento, sulla linea dell’imperfezione, ricordandole quando e come quella cicatrice si era formata, e Max vide una luce triste negli occhi di lei, anche se un sorriso di incoraggiamento cercava di farsi avanti.
“Lo farai.” gli disse.
“Quando?” chiese lui, già sapendo la risposta.
“Quando Ellie sarà tornata a casa.”
Guardando i suoi occhi, Max non vi trovò nessun segno di dubbio. Lei non era tormentata dalle stesse paure che assillavano lui e non lo facevano dormire la notte. Per lei non era questione ‘se’ Ellie fosse tornata a casa, ma semplicemente ‘quando’.
“Come puoi esserne così certa?” Lui la guardò negli occhi, chiedendosi da dove prendesse tutta la sua forza, come facesse a credere in qualcosa che a lui sembrava solo un sogno.
“Lo so, semplicemente.” e posò la mano sulla guancia di Max. “Io credo in te, in noi, nella nostra famiglia. Io credo che un giorno saremo tutti insieme.”
La speranza di Max rifiorì, guardando gli occhi di Liz pieni di fiducia. Si chinò e la baciò, lasciando che la sua fede si riversasse in lui, sollevandogli nuovamente lo spirito. Come poteva dubitare di lei? Dopo tutto, lei aveva sempre ragione.
“Liz …” mormorò ancora una volta, mentre la riempiva di baci.
“Si?” rispose lei, sospirando.
“Quando pensi che si sveglierà Matthew?” la sua voce era velata, mentre la baciava sulla gola.
Lei girò la testa per guardare l’orologio sul comodino, poi fece un profondo respiro, mentre lui era sceso a baciarle il seno. E respirando con ancora maggiore difficoltà, riuscì a dire “Penso … che ci rimane … solo il tempo … per una ‘sveltina’.”
Max alzò la testa e la guardò con gli occhi pieni di un contagioso desiderio. E, prima che le sue labbra si posassero su quelle di lei per un eccitante bacio, disse “Mi accontenterò.”

Capitolo 89

Carl si svegliò con un senso di disorientamento, poi un sorriso apparve sul suo viso quando si resse conto di dove fosse. Il letto dove si era svegliato apparteneva a qualcun altro. Era una strana sensazione per un uomo che aveva dormito solo per gli ultimi dieci anni.
Vicino a lui, Rachel si girò ed il sorriso di Carl si allargò di più quando sentì il suo straordinario profumo. Premette il naso accanto alla pelle dietro il suo orecchio, respirando il profumo dolce e speziato. Forse quel particolare odore nasceva dalle tonnellate di salsa Tabasco che amava mettere sopra i cibi. Anche a lui piaceva il Tabasco, ma l’uso che ne faceva era minimo in confronto a quello di lei. Comunque, qualsiasi ne fosse la causa, lui amava quel profumo. Respirarle accanto, era quasi come inalare un afrodisiaco.
La sua mano si posò sul seno abbondante, sentendo il calore della carne morbida sotto il suo palmo. Spostò il naso sotto la sua gola ed il profumo sensuale eccitò quel desiderio che aveva dormito in lui per tanto tempo. Aveva un sacco di tempo perduto da recuperare. Lei si allungò e lui la sentì premere la schiena contro di lui, mentre dalla bocca le scappava una risatina.
“Carl,” lei stese una mano all’indietro, toccandogli il fianco e la coscia muscolosa. “Credo che tu sia un uomo mattiniero.”
“Cosa ti da questa impressione?” chiese lui, premendo si contro di lei.
“Oh, è solo una sensazione.” sorrise Rachel in apprezzamento.
Lei si voltò sulla schiena e Carl non perse tempo per reclamare le sue labbra. I suoi baci appassionati attizzarono facilmente la passione di lei, mentre la mano di lui gli provare brividi di desiderio. Seguire le forme, stringere, accarezzare le sue parti intime era qualcosa in cui lui era veramente molto bravo.
Lo sgradevole suono del telefono li interruppe e Rachel annaspò per un attimo alla sua ricerca, mentre Carl continuava a stuzzicarla sotto la gola con i suoi baci. Lei afferrò il telefono per il filo e proprio quando stava per rispondere, la lingua di Carl arrivò al suo capezzolo.
“Pronto?” squittì Rachel, poi prese un profondo respiro. La sua lingua le stava facendo delle cose incredibili e le ci volle un po’ per rendersi conto di chi ci fosse all’altro capo della linea. La sua attenzione si focalizzò sul telefono, su quello che stava ascoltando e Carl avvertì l’immediato cambiamento di lei. Le lasciò il suo spazio e Rachel si mise a sedere, girando le gambe oltre il bordo del letto e si allungò per recuperare la penna e prendere appunti.
Quando ha iniziato? …Quanto è dilatata? … Si … Si … Ho il suo indirizzo … Okay, ci vediamo tra poco.”
“Madre Natura al telefono?” chiese Carl vedendola alzarsi.
“Si.” rise lei. “Sembra che Juanita Gonzales abbia intenzione di partorire i suoi gemelli oggi. Carl, mi dispiace.” e gli posò una mano sul petto.
“Non ti preoccupare.” sorrise Carl. “Quando Madre Natura chiama, Rachel risponde. Me lo ricordo.” lei rise alla battuta e il suono di quella risata gli riscaldò il cuore. “Devi andare subito?”
“Ho il tempo di fare una doccia, ma poi devo scappare. Juanita tende ad avere parti veloci.”
“Quanti bambini ha avuto?” chiese Carl curioso.
“Sei!” Rachel rise vedendo i suoi occhi spalancarsi. “E’ così, e con oggi saranno otto!” Lei scostò la coperta e disse “Dannazione! Devo passare a casa di Max e Liz per prendere la borsa che ho lasciato ieri. Ne avrò bisogno.”
“Sbrigati a fare la doccia!” la incitò Carl. “Io vado a prepararti un caffé.” Sapeva che a lei piaceva cominciare la giornata con una calda tazza di caffé.
“Grazie.” lei lo baciò e si alzò dal letto. Carl vide il suo corpo voluttuoso muoversi per la stanza e dirigersi in bagno, e quando fu fuori vista, si lasciò andare ad un sospiro. Cercando di raffreddare il suo desiderio, spostò le coperte e prese i pantaloni dalla sedia dove li aveva appoggiati la sera prima. Li infilò, poi si sedette sul bordo del letto per mettere calzini e scarpe. Ritornò alla sedia e infilò le braccia nella maniche della camicia e, senza nemmeno preoccuparsi di abbottonarla, si diresse in cucina.
Si passò la mano sul petto nudo, ricordandosi quello che aveva provato quando era stata Rachel a toccarlo, qualche minuto prima. Sapeva che lei amava giocare con i peli del suo torace, il che era una cosa buona perché lui era un peloso figlio di un cane.
Mentre preparava il caffé, canticchiò sottovoce qualche sconosciuto motivo e, quando fu pronto, ne versò una tazza.
Aggiunse due cucchiaini di zucchero poi, scuotendo la testa, prese il Tabasco e lo aggiunse. Come facesse a bere il caffé col Tabasco lui non riusciva a capirlo, ma a lei piaceva così. Lo mescolò e si diresse in camera da letto.
“Il caffé è pronto.” chiamò. Sentì che l’acqua scorreva ancora così andò verso il bagno per portarglielo.
Passò la soglia con il suo nome sulle labbra, poi si immobilizzò alla vista di lei. Le sue dita allentarono la presa sulla tazza, che cadde a terra inosservata mentre lui fissava il sangue che copriva il pavimento del bagno.
La tazza si ruppe, spargendo il caffé bollente intorno a lui e le sue scarpe scricchiolarono sui vetri, mentre raggiungeva la figura sdraiata in terra.
“Rachel!” gridò. Gesù! Santa Madre di Dio! Cos’era successo? Lei giaceva distesa per metà dentro la doccia, con una mano sulla testa, ed il sangue le fluiva tra le dita e lungo il braccio gocciolando dal gomito sulle mattonelle del pavimento. Lui cadde in ginocchio accanto a lei, toccandole la faccia e la mano, cercando di spostarla per poter valutare la gravità della ferita.
“Gesù! Rachel, cosa è successo?”
“Ca …” cercò di dire lei, ma si sentiva la lingua troppo pesante. Sapeva di essere scivolata sul sapone e di aver battuto la testa, ma non era capace di dirlo. Era stata un’infermiera specializzata per tanti anni, e sapeva che quella non era una semplice botta in testa. Cercando di mettere a fuoco la faccia di lui, si sforzò di dire “Carl … chiama Max.”
“Rachel.” Carl si sforzò di non lasciarsi prendere dal panico. “Chiamo un’ambulanza. hai perso molto sangue …”
“No.” lei gli strinse il braccio. “ Non l’am … non l’am ..” Le parole non volevano uscire. Non poteva andare in ospedale, ma Carl non poteva saperlo. Doveva fare in modo che lui lo sentisse. “Non l’ambulanza. Chiama Max. Digli di venire … subito.”
“Rachel, tu …”
“Ora!” poi si lasciò scivolare sul pavimento, cercando di non perdere conoscenza. Carl corse in camera da letto ed afferrò il telefono sul comodino, formando il numero che conosceva a memoria.

***

Max scostò pigramente le coperte e si mise a sedere sul letto, stiracchiando soddisfatto le braccia dietro la testa. Poteva sentire Liz che canticchiava nella stanza accanto, mentre si prendeva cura di Matthew, che quella notte era stato proprio bravo. Davvero. Quel piccoletto non li aveva svegliati nemmeno una volta. Max si alzò dal letto e si stirò ancora una volta, prima di passarsi la mano sui muscoli del torace. Probabilmente oggi non sarebbe stato necessario fare ginnastica, non dopo l’allenamento che Liz gli aveva fatto fare la scorsa notte.
A quel ricordo, un sorriso gli brillò sul volto, poi si riscosse per andare nel guardaroba. Si, Liz l’aveva fatto decisamente sudare per avere il suo dessert, la notte passata. S’infilò un paio di boxer e dei jeans puliti e si girò per prendere una camicia. Il telefono squillò proprio mentre stava per rientrare in camera da letto, allacciandosi i bottoni e disse “Rispondo io.”

***

Carl sentì crescere il panico mentre il telefono squillava una, due, tre volte, poi sentì una voce familiare nell’orecchio. “Max! Rachel è ferita!”
“Carl?” Il sorriso di Max si trasformò in cipiglio e si girò verso Liz che stava sulla soglia della camera. “Carl? Sei tu?”
“Max,” Carl cercò di parlare con calma. “Rachel ha sbattuto la testa e sta sanguinando, molto. Vuole te.”
“Dove siete?” Max si allarmò immediatamente, sapendo che era grave. Carl non era mai stato così spaventato prima e sapeva che Rachel non l’avrebbe chiamato se non fosse stata una cosa seria.
“A casa sua. Sbrigati. Porta la sua borsa medica.”
“La sua cosa?” Guardò Liz, confuso e preoccupato.
“La sua borsa.” Carl stava lottando contro il panico. “L’ha dimenticata l’ ieri. Nella stanza del bambino.” Forse era il morivo per cui Rachel voleva Max, perché potesse portarle la sua borsa e lei si potesse curare da sola. Ma c’era così tanto sangue…
“La borsa di Rachel.” disse Max e indicò la stanza di Matthew. Liz scomparve nel corridoio e riapparve un attimo dopo. “L’ho presa.” disse Max nel telefono.
“Max.” la voce di Carl tremava “Sbrigati.”
“Siamo già per strada.”

***

Max entro dalla porta senza bussare, con Liz che correva dietro di lui, cercando di non scuotere Matthew. Una rapida occhiata al soggiorno rivelò che non erano lì e lui si addentrò in casa. “Carl? Rachel?”
La sua voce era alta e rimbalzò sulle pareti. Carl gli rispose gridando “Siamo qui!”
Max seguì il suono in camera da letto, la camera di Rachel, ed avvertì movimenti provenire dal bagno. Vi entrò per vedere una Rachel semi-cosciente distesa sul pavimento del bagno, coperta da un accappatoio. C’era sangue sulle mattonelle attorno a lei e Carl le premeva un asciugamano sporco di sangue sulla testa.
“Che è successo qui?” Max stava quasi gridando, mentre si inginocchiava accanto a Rachel. Guardò negli occhi spaventati di Carl, cercando di pensare ad un modo di farlo uscire dal bagno.
“Stava facendo la doccia,” cercò di spiegare Carl “Ero in cucina a preparare il caffé e credo sia scivolata ed abbia battuto la testa. Non ha voluto che chiamassi i paramedici o un’ambulanza. Ha insistito perché chiamassi te.”
Max spostò la mano di Carl dalla testa di Rachel e mentre la ispezionava, usò i suoi poteri per valutare la gravità della ferita. Sentì l’emorragia interna al cervello, un sanguinamento che necessitava di un intervento urgente e si girò verso Liz, supplicandola silenziosamente di portare Carl fuori dal bagno.
Lei si rese conto dal suo sguardo che la ferita era grave e prese Carl per un braccio tirandolo in piedi. “Carl, aiutami a trovare la cassetta del Pronto Soccorso. Rachel la tiene in cucina.”
“No.” Carl si tirò via dalla stretta di Liz. “Voglio stare con …”
“Carl!” disse Max duramente. “Va ad aiutare Liz.” Quasi urlò quelle parole, volendo disperatamente che Carl uscisse dal bagno. Poteva sentire Rachel che scivolava via. L’emorragia si stava intensificando e le premeva sul cervello. Se non la guariva subito, non sarebbe più riuscito a guarirla.
“Ma …” mormorò Carl, poi Liz lo condusse via dal bagno. Cullò Matthew con un braccio, per tenerlo tranquillo, e strinse la presa su Carl mentre lo guidava verso la cucina. Aprendo una credenza, cercò la cassetta. Sapeva dove fosse, così stette alla larga da quell’armadietto, cercando di dare a Max il tempo di cui aveva bisogno.
“E’ lì.” Carl traversò la cucina ed aprì un’anta. Liz lo vide, impotente, afferrare la cassetta con quello che pesava fosse necessario e correre di nuovo verso il bagno.
“Carl, aspetta!” Urlò Liz e Matthew cominciò a protestare. “Carl, per favore!”
Carl entrò di corsa nel bagno e si immobilizzò impietrito. Max stava passando la mano sopra la testa di Rachel, proprio come aveva fatto poco prima, ma questa volta non stava solamente ispezionando la ferita. La sua mano era appoggiata ad una lato della testa, con le dita infilate nei capelli coperti di sangue ed il suo pollice era premuto contro la fronte.
Una luce gialla irradiava dalla sua mano, una luce che illuminava il bagno di una luminosità soprannaturale. Carl vide gocce di sudore formarsi sulla fronte di Max ed una espressione tesa sulla sua faccia, come se stesse provando un intenso dolore. Che diavolo stava facendo?
“Carl, non dovresti stare qui.” Liz cercò di portarlo via.
“Cosa sta succedendo qui?” chiese lui.
Max vide che gli occhi di Rachel cominciavano a muoversi e tolse la mano, interrompendo la connessione. Crollò seduto al suo fianco, cercando di riprendere il respiro. Guarire, gli costava molto a livello fisico e più estesa era la ferita, più lui esauriva le sue forze.
Rannicchiato sul pavimento, alzò lo sguardo verso Carl, terrorizzato da quello che aveva potuto vedere.
“Cosa diavolo hai fatto, Max?” Carl guardò verso il basso, con gli occhi spalancati. Rachel si mosse e si mise a sedere e Carl si inginocchiò accanto a lei. Con la mano che le accarezzava la testa ed il viso, le chiese “Stai bene? Cosa … cosa …?
Lei afferrò l’accappatoio che Carl le aveva steso sopra per coprire il suo corpo nudo, poi sentì Max alzarsi ed indietreggiare. Carl passava lo sguardo da lei a Max, con un’ovvia confusione dipinta in faccia, e lei non sapeva cosa dire. Non doveva finire così. Guardandolo spaventata, sussurrò “Carl…”
Max uscì dal bagno, prendendo Liz con lui, e passandosi agitato la mano tra i capelli, la condusse in soggiorno. Cullando Matthew con un braccio, appoggiò una mano sulla spalla di Max e disse calma “Cosa farai, adesso?”
“Credo che dovrò dirglielo.” Max si passò la mano sul viso. Cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza, bisbigliando “Quale altra possibilità ho? Voglio dire, ha visto quello che ho fatto. Non c’è modo di inventare una scusa. Non con Carl. E’ troppo intelligente. Devo dirgli la verità …”
“Sarebbe un buon inizio.” disse Carl, che fissava Max dalla soglia della stanza.
Rachel era in piedi dietro di lui e guardava Max con insieme gratitudine e rimorso. Gratitudine perché le aveva appena salvato la vita. Rimorso perché facendo questo, lo aveva costretto a rivelare il suo segreto. “Max … mi dispiace …”
“Non fa niente, Rachel.” Max cercò di consolarla. “Non biasimare te stessa.”
“Cosa hai fatto, Max.” chiese Carl, immobile nell’attesa di una risposta che avesse senso. “Cosa è successo esattamente qui?”
Rachel entrò in soggiorno, mettendosi accanto a Liz, e stringendo la cinta del vestito che ora indossava. Carl era rimasto sulla soglia, con solo i suoi occhi che si muovevano, passando da una persona all’altra. Voleva la verità, e non si sarebbe mosso finché non l’avesse saputa.
“Rachel era ferita.” disse Max con lo sguardo fisso su Carl. “Io l’ho fatta stare meglio.”
“Tu l’hai fatta … Tu l’hai guarita!” Finalmente Carl ammise con se stesso quello che aveva visto. Max annuì lentamente. Liz gli era accanto, protettiva, leggermente davanti a lui. Gli occhi di Carl si spostarono su Rachel e disse “Ti ha guarita.”
“Si.” ammise Rachel.
“Tu puoi guarire le persone.” Carl riportò ancora la sua attenzione su Max.
“Il braccio rotto della piccola Cindy Morgan.” Carl cominciò a mettere insieme i pezzi.
“Si.” Max annuì ancora, per niente stupito che Carl avesse impiegato così poco a collegare le cose.
“E quel giorno al Maryvale Hospital, quando ti sei rotto la mano …” Vide Max annuire ancora e posò allora lo sguardo su Liz prima di riportarlo sul ragazzo “Hai guarito una ferita di pistola in Liz.”
“Si.” Max si portò davanti a lei all’accenno del suo nome, per proteggere lei e Matthew, anche con la sua vita se fosse stato necessario.
“Cosa sei tu, Max?” chiese alla fine Carl. “Tu non sei un chiaroveggente e nemmeno uno di quei capi religiosi. Tu sei qualcosa … d’altro.”
“Sono solo un uomo, Carl. Posso essere differente, ma sono solo un uomo. Amo mia moglie, la mia famiglia e i miei amici. Farò tutto quello che devo fare, per proteggerli.”
“Non si tratta solo di te, vero?” azzardò lui ed un’occhiata alla faccia di Rachel gli disse tutto. “Ecco perché Rachel ha voluto che venissi, perché non mi ha lasciato chiamare un’ambulanza. Perché Liz non è voluta andare in ospedale per avere Matthew. Dio!” i suoi occhi si restrinsero, mentre comprendeva. “Ecco perché hanno preso tua figlia. Perché lei è … differente. Ma come differente? Io non ho creduto loro, ma la guardia, l’inserviente, entrambi hanno detto che lei non era … umana.”
La parola rimase sospesa in aria finché Max non ruppe il silenzio.
“Ellie è umana per metà, proprio come lo è Matthew.”
Carl guardò Liz, cercando di dare un senso a quello che aveva sentito. Nessuna meraviglia che Max desse l’impressione di portare le colpe del mondo sulle spalle quando stava con lei. Le cose che le erano successe, erano successe a causa sua, perché lei aveva scelto di stare con lui, anche sapendo che non era umano.
“Se tu non sei umano, Max …” Carl spostò lo sguardo da Rachel a Max. “… allora cosa sei?”
“Proveniamo da un mondo che è morto.” Max ammise la verità, sperando che Carl fosse l’uomo che lui pensava che fosse. “Non ce ne sono molti di noi e tutto quello che vogliamo è vivere in pace le nostre vite. Non siamo una minaccia per nessuno. Carl, vogliamo solo sopravvivere.”
“Tu sei un …”
La parola ‘Alieno’ esplose nella testa di Carl e con sua ulteriore meraviglia Max annuì. Gesù, Max gli stava dicendo che era un dannato ALIENO!
Involontariamente Carl indietreggiò e senza rendersene conto si guardò intorno in cerca di una via di fuga. per sei mesi aveva lavorato insieme ad un dannato ALIENO! S’infilò nella porta d’ingresso e corse verso la sua macchina.
“CARL!” gridò Max, incurvando le spalle alla sua reazione, ma non cercò di corrergli dietro. Rachel era scoppiata a piangere e Liz stava cercando di confortarla, mentre le urla Matthew erano diventate ancora più alte.
“Sarà meglio che chiami Daniel. Ora siamo tutti in pericolo. Dannazione! Non gli ci vorrà molto per immaginarsi chi altro sia coinvolto. Michael. Isabel, Josh e Annie, tutti. Se ci consegna, se si rivolge all’ FBI …”
“Non andrò all’ FBI.” disse Carl dalla soglia della porta.
Era arrivato fino al viale davanti alla casa, prima di tornare in se stesso. Aveva avuto uno choc, un terribile choc, ma era passato e tutto quello che aveva visto e sentito era tornato al suo posto e aveva realizzato che non era cambiato nulla. Max era sempre Max. Era il fratello minore che non aveva mai avuto. Si sentiva più vicino a Max, che ad ogni altra persona che aveva conosciuto nella sua vita, ad eccezione di Michelle … e di Rachel.
Ora non riusciva nemmeno a guardarla in faccia. Doveva essere rimasta tremendamente ferita, quando lui aveva reagito in quel modo. Era corso via come se l’avesse considerata uno scherzo della natura e poteva ancora sentire l’eco del suo pianto nella sua mente. Ora doveva trovare il modo di rimediare, perché dopo averle aperto il suo cuore e dopo che lei gli aveva aperto il suo, Carl non riusciva più ad immaginare il resto della vita senza di lei.
“Carl …”
“Ho bisogno di parlare con Rachel.” Carl impedì a Max di continuare. Il suo sguardo corse in direzione di lei, timoroso di quello che avrebbe potuto vedere, ma lei stava fissando il pavimento. “Rachel. Abbiamo bisogno di parlare di tutto questo.”
All’inizio lei non si mosse, ancora senza guardarlo, e mancò poco che lui la supplicasse. “Ti prego.”
Lei incontrò brevemente il suo sguardo, ma Carl non riuscì a decifrare la sua espressione. Era come se si fosse nascosta dietro una maschera, per nascondere i suoi sentimenti da lui. Quando ci pensò, Carl si rese conto che lei doveva aver passato la maggior parte della sua vita nascondendosi, in un modo o nell’altro. Lei gli andò vicino, diretta in camera da letto e lui la seguì a distanza di pochi passi.
Quando furono nella stanza, lei finalmente parlò. “Puoi lasciare la porta aperta, se ti senti più tranquillo”. Il tono scoraggiato della sua voce, l’amarezza delle sue parole, gli causò un profondo dolore. Si sentiva in quel modo a causa sua. La sua reazione le aveva fatto questo. Chiuse di proposito la porta e si avvicinò a lei.
“Rachel, per favore, guardami.”
“Non posso.” gli disse con la voce che tremava.
“So che la mia reazione ti ha sconvolto.” Voleva tanto toccarla, prenderla tra le braccia come aveva fatto quella mattina, prima che tutto si sconvolgesse. “Tutto quello che posso dire in mia difesa, è che è stato uno choc.”
“A quanto pare.” disse Rachel sottovoce. “Mi dispiace, Carl. Mi dispiace di non averti detto la verità, ma … ma … non è che potessi dirti “Oh, a proposito, mio padre viene dall’Irlanda e mia madre da Marte.”
“E’ da lì che vieni?” chiese Carl, stupito. “Da Marte?”
“No.” Rachel rise. Non poté trattenersi. “Non vengo da Marte.”
“E allora da dove?” chiese lui. Stava veramente tenendo questa conversazione o era solo un sogno molto vivido?
“Vengo dalla Terra, Carl.” disse lei fissandolo negli occhi. “Sono nata proprio qui. E’ mia madre che non lo è. Lei viene da un posto che tu non ha mai nemmeno sentito nominare, così lontano che non potresti mai vederlo.”
“Rachel,” allungò una mano per toccarla. Al contatto lei si voltò e ancora una volta lui vide solo le sue spalle,
“Posso capire che tu mi trovi ripugnante …”
“Rachel, non …”
“… o uno strano fenomeno …”
“Rachel.” le afferrò la mano e la costrinse a voltarsi. “Tu non sei uno strano fenomeno e io non ti trovo ripugnante.” La guardò negli occhi e poi le disse quello che le avrebbe voluto dire per tutta la settimana. “Io ti amo, Rachel. E non m’importa se tu vieni da Marte, da Plutone o da Alpha Centauri.”
“Ne sei sicuro, Carl? Veramente vuoi qualcuno che non è completamente umano?”
“Rispondi a questa domanda … E’ così che sei veramente?” La sua mano si mosse dalle sue spalle, di lato lungo il torace, per fermarsi sul suo fianco. “Questo è il tuo corpo? O è solo un’ apparenza con dentro qualcos’altro?”
“Tutti hanno qualcos’altro dentro.” rispose seria Rachel. “Ma si, io sono così.”
“Bene!” sorrise Carl. “Perché mi sono abituato a vederti così. Voglio dire, che se tu fossi stata alta un metro e tutta verde, ci sarebbe stato bisogno di un po’ di adattamento.”
Lei rise ancora, una profonda, sensuale risata e Carl la attirò contro il suo petto, baciandola con calore per dimostrarle che per lui non era cambiato niente. Lei rispose allo stesso modo e quando si staccarono lui le chiese “Mi perdoni? Per il modo in cui ho reagito?”
“Si.” sospirò Rachel. “E tu mi perdoni? Per non averti detto subito la verità?”
“Si.” Si baciarono ancora, poi Carl la prese per la mano e tornarono in soggiorno.
Lo sguardo di Max si inchiodò su di loro, quando rientrarono, e la prima cosa che notò era il modo in cui Carl teneva la mano di Rachel, con le sue dita intrecciate a quelle di lei. Con un sospiro di sollievo, Max prese Liz e Matthew tra le braccia. Dopo tutto, aveva avuto ragione su Carl. Lui era in genere di uomo che Max pensava che fosse.
“Credo che ci siano un mucchio di cose che dovrai dirmi, Max.” disse Carl deciso. “Meglio cominciare subito.”

Capitolo 90

Carl e Max erano seduti nella pasticceria davanti alla Stazione di Polizia, con davanti a ciascuno di loro un piatto di carta con una ciambella e una fumante tazza di caffé a fianco. Era l’inizio di un giorno nuovo. L’inizio di una nuova settimana. L’inizio di un nuovo legame ben più profondo che l’essere colleghi nella Polizia. Carl era entrato in un mondo nuovo, un mondo che non aveva mai nemmeno sognato che esistesse, e nella sua mente frullavano una moltitudine di domande.
“Com’è il caffé?” chiese Carl.
“Buono.” rispose Max. Un sorriso gli curvò le labbra e guardò il collega con baleno di consapevolezza negli occhi. “Molto più buono del solito.”
Carl annuì, afferrando il significato di quello sguardo e sapendo a cosa si riferisse. Per la prima volta, da quando si erano incontrati mesi prima, Max stava bevendo il suo caffé nel modo in cui gli piaceva. Un po’ di panna, un po’ di zucchero e tanta salsa tabasco. E questo faceva rivoltare lo stomaco di Carl.
“Mi sembri un po’ verde.” commentò Max e soffiò sul caffé, prima di berne un sorso.
“Posso sopportare la faccenda del Tabasco.” Carl fece un debole sorriso. Si guardò intorno, nel negozio vuoto, e disse “Almeno non sei un alieno come quelli del film ‘V’, che si mangiano i topi, o quelli di ‘Alien Nation’ che bevono il latte inacidito. Pensa che alito cattivo al mattino! Ti piacerebbe svegliarti così?”
“No.” rise Max. Era contento che Carl si sentisse abbastanza a suo agio da scherzarci sopra. Era stato così preoccupato di dover parlare con lui, e ora che tutto era venuto allo scoperto, sentiva come se si fosse tolto un pesante peso dalle spalle. Sollevando un sopracciglio, disse “Credo che non dovresti vedere film di fantascienza.”
“Non lo faccio.” rispose svelto Carl, girando il suo caffé. “Forse dovrei cambiare tipo di film, adesso.” fece una pausa, poi continuò. “Ho sentito Chris e Tully dibattere sui meriti di ciascun film. A Chris piacciono gli alieni cattivi di ‘V’. E a Tully la compassione di quelli di ‘Alien Nation’.”
“Qualche volta …” disse semplicemente Max, con gli occhi fissi sul caffé. “ … qualche volta sono un po’ di tutti e due.”
“Si.” Carl percepì cosa intendeva dire. “Lo immagino.”
“Non è stato qualcosa che volessi fare … o che avessi premeditato … o …” Max stava parlando con un filo di voce, ricordando quella volta che la violenza aveva guidato le sue azioni. Carl sapeva di cosa stesse parlando.
“Io ti credo. Quello che è successo con Sandusky e Miller, non è stata colpa tua. Non potevi fare altrimenti. Stavi cercando di proteggere le persone che ami.”
“Lo sogno ancora, la notte.” Max guardava il suo caffé, ma quello che vedeva era qualcos’altro. “Ho … gli incubi. Vedo Miller puntare la pistola contro se stesso … la sua testa … esplodere … la sua faccia … niente più che …”
“E’ stata legittima difesa.” gli ricordò Carl con delicatezza.
“Ho voluto farlo, Carl.” Max alzò i suoi occhi tormentati sull’uomo più anziano. “Miller aveva fatto provare a Liz tanto dolore e io volevo vederlo soffrire. Volevo vederlo morire.” Max spostò altrove lo sguardo, incapace di sopportare la vista della sua reazione. Carl era un uomo di legge. Nessuno ha il diritto di farsi giustizia da solo. “Avrei potuto fermarmi. Avrei potuto costringerlo a buttare la pistola, così che Jim potesse catturarlo. Avrei potuto … ma non l’ho fatto.”
“Jim Valenti lo ha archiviato come suicidio. Lo avrei fatto anche io.”
“Anche sapendo tutto quello che sai?” Max lo guardò all’improvviso. “Sapendo che avevo il potere di fermarlo?”
“Sapendo tutto quello che mi hai detto.” annuì Carl. “Si.”
Max aspirò profondamente e lasciò uscire l’aria, sentendosi un nodo in gola. Girò la testa, perché Carl non potesse vedere le lacrime che gli stavano salendo agli occhi. Ricevere l’assoluzione di Carl era più di quello che lui sentisse di meritare e lo riempì di un senso di gratitudine. Come al solito, Liz aveva avuto ragione nei suoi riguardi.
Un sorriso passò sul viso di Max e, nonostante tirasse su col naso, si trasformò in un sogghigno. Carl notò l’immediato cambiamento e, incapace a sua volta di trattenere un sorriso, gli chiese “Cosa? Cosa c’è di così divertente?”
“Niente.” Max non smise di sorridere.
“Cosa c’è?” insistette Carl.
“Stavo solo pensando a qualcosa a proposito di Liz.” Max scosse la testa. Vide la domanda non fatta sulla faccia di Carl e lo guardò negli occhi. “Liz. Mi aveva detto che potevo fidarmi di te. Me lo stava dicendo da tanto tempo, spingendomi ad essere completamente onesto con te.”
“Avresti dovuto dare ascolto a tua moglie.” disse Carl, continuando a sorridere.
“E’ quello che mi dice sempre lei.” rise Max.
Stettero un minuto in silenzio, ciascuno immerso nei suoi pensieri, poi Max avvertì un leggero mutamento nel comportamento di Carl. L’uomo più anziano cambiò posizione e posò la tazza del caffé, mentre Max aspettava che rompesse il silenzio.
“Max? Ho bisogno di chiederti qualcosa.” disse serio Carl.
“Va avanti.” replicò Max, sentendosi in apprensione per il suo tono di voce. “Puoi chiedermi qualsiasi cosa. Nessun segreto, Non più.”
“Quel giorno, nel parco.” cominciò a dire Carl. “Coyote Canyon.” guardando fisso negli occhi di Max, gli chiese “Perché l’hai guarita?”
“Cindy Morgan,” ammise Max, ed abbassò lo sguardo.
“Aveva solo un braccio rotto, Max. Non era in pericolo di vita. Perché hai voluto correre il rischio?” Carl pensò di sapere già la risposta, ma la reazione di Max avrebbe rivelato molto su chi fosse, su che genere di uomo fosse realmente.
“Era una bambina.” disse Max sottovoce, con le mani avvolte intorno alla tazza di caffé. “Stava soffrendo e io avevo il potere di far finire il dolore.” Il suo sguardo si alzò lentamente su Carl. “Come avrei potuto non aiutarla?”
“Megan Thompson?” chiese Carl. “Vittima di uno stupro. Era isterica prima che tu la incontrassi.”
“L’ho aiutata a superare quello che le era successo.” disse Max come spiegazione.
“Heather Brooks?” Carl conosceva i nomi a memoria. “Picchiata e violentata.”
“Era così piccola.” disse Max con un nodo alla gola. “L’ho aiutata a dimenticare.”
Carl comprese, valutando il coraggio del giovane uomo seduto davanti a lui. Sapeva che Max gli stava dicendo la verità, non importa quanto fosse dolorosa. Facendosi forza, fece la domanda che aveva in mente fino dal momento della rivelazione, lo scorso sabato. Odiava chiederlo, ma aveva bisogno di sapere.
Max avvertì il suo tormento e quando finalmente Carl si decise, la domanda era così penosa per lui da ascoltare, quanto lo era per Carl farla.
Lo sguardo di Carl, che era fermo sulla tazza davanti a lui, si alzò lentamente su Max “avresti potuto aiutare mia moglie?”
Max guardò l’uomo davanti a lui e pesò con cura la sua risposta. Aveva cominciato a provare per lui un profondo rispetto, come persona, come uomo e come amico. Lo amava come un fratello e sapeva di dovergli dire la verità.
“Si.” rispose Max sottovoce.
Carl fece un respiro profondo poi annuì lentamente. Bevve un sorso di caffé, anche se pensava che la costrizione nella sua gola non gli avrebbe permesso di mandarlo giù. A volte la verità era difficile da digerire, ma ora il passato era il passato, ed era lì che doveva rimanere. Il sapere non l’avrebbe riportata indietro.
“Stai bene?” chiese Max, sapendo quello che Carl provava. Per un lungo periodo, lui era vissuto con la convinzione di aver perso Liz.
“Si.” Carl fece un cenno con la testa e contemporaneamente si spinse all’indietro. Lui avrebbe pianto per sempre la morte della sua prima moglie, la sua bella anima che era sparita così giovane, ma ora aveva di nuovo imparato a vivere. Sapeva che il ragazzo davanti a lui l’aveva riportato sulla strada verso la vita. Dopo tutto, era stato per Max che aveva incontrato Rachel ed era l’amore di lei che gli stava insegnando a vivere di nuovo. Rabbrividì al pensiero del futuro vuoto che l’avrebbe aspettato se Max, quella mattina di gennaio, non fosse entrato nella sua vita.
Un pensiero colpì Carl all’improvviso ed un sorriso si spiegò lentamente sul suo volto. Solo un momento prima, per la prima volta dopo tanti anni, aveva pensato a Michelle come alla sua prima moglie, un segno che finalmente aveva accettato la sua morte e che era pronto per continuare la sua vita. Riferendosi a Michelle come alla sua prima moglie, apriva la possibilità di averne una seconda, e lui sapeva esattamente chi sarebbe stata.
“Cosa c’è?” Max avvertì immediatamente il cambiamento di Carl.
“Niente.” sorrise Carl. L’immagine del bellissimo viso di Rachel gli riempiva la mente e un senso di pace scese sopra di lui. Avrebbe sempre amato Michelle, ma ora sapeva di sicuro che era possibile amare due volte in una sola vita. Alzandosi in piedi, posò la sua tazza di caffé e disse. “Andiamo. Abbiamo un appuntamento a Beardsley Road, e non possiamo sprecare tempo.”

***

“Mary …” disse Johnson entrando in cucina. Quasi scoppiò a ridere alla vista davanti a lui. La sua cara Jenny era china sul bancone, con le guance sporche di farina e le piccole dita infilate nell’impasto dei biscotti. le sue guance brillavano di vita e di energia e questo servì a rinforzare la sua certezza che stava facendo la cosa giusta. Avevano bisogno di partire, di andare lontano, per darle una vita ragionevolmente normale.
Avrebbe potuto portarla al parco, o al lago e semplicemente a fare una passeggiata intorno all’isolato, ma sapeva che non avrebbe potuto fare nulla di tutto questo se avessero continuato a vivere lì. Max Evans era lì fuori, da qualche parte, forse vicino forse no, ma lui non poteva correre il rischio. Aveva bisogno di portare Jenny lontano, dove quel mostro non avrebbe potuto trovarla.
“Mary,” Johnson rimise a fuoco la sua attenzione. “Oggi andrò all’università per intervistare un assistente alle ricerche. Ho in programma quel viaggio in California ed ho bisogno di qualcuno che resti qui e che cominci prima che io parta. Probabilmente starò fuori la maggior parte del giorno.”
“Molto bene, dottore.” annuì Mary. “Io e Jenny staremo bene, non è vero cara?” e sorrise alla bambina.
“Noi faemo i biscotti! esclamò Ellie eccitata. I biscotti di Mary erano i più buoni di tutti.
“Lasciamene qualcuno!” rise Johnson. Jenny non era l’unica a pensare che i biscotti di Mary fossero i migliori. Le sarebbe mancata quando se ne sarebbero andati. Naturalmente lei non sarebbe potuta andare con loro, quando avrebbero cominciato la nuova vita. Mary pensava che Jenny avesse il Morbo di Gunther , che le impediva di esporsi alla luce del sole, ma quando avrebbero lasciato Phoenix, lui avrebbe lasciato quella bugia dietro di sé. Mary faceva parte di quella bugia, così la loro nuova vita non poteva includerla. Lui sperava solo che, quando fosse venuto il momento, avrebbe potuto lasciarla vivere. Sarebbe stato triste per lui ucciderla, ma poteva essere necessario per coprire le loro tracce. Per Jenny sarebbe stato duro vivere senza Mary, ma i bambini sono resistenti e recuperano presto.
“Ci sarà un piatto di biscotti che l’aspetterà al suo ritorno.” gli sorrise Mary. “Sempre che Jenny non se li mangi tutti prima che abbia la possibilità di cuocerli!” Pizzicò il naso di Jenny, e tutte e due si sorrisero affettuosamente.
Per Ellie, Mary era il centro della sua vita da sveglia. Non poteva immaginare la vita senza di lei.

***

Carl strinse le dita sul volante, mentre aspettava che la luce del semaforo cambiasse ed aggiornò Max sull’indagine che dovevano cominciare. Mentre ascoltava, Max diede un’occhiata alla cartella che aveva sulle ginocchia. “Adam Pruett. 2 anni. Sua madre era stata arrestata la scorsa settimana per abbandono di minore. E’ accusata di averlo lasciato solo per giorni interi mentre lei era andata a convivere col suo nuovo boyfriend. Adam è stato trovato d alcuni vicini, che lo avevano sentito piangere. Soffriva di disidratazione, inedia e di un caso gravissimo di dermatite da pannolino con profonde cicatrici sulla pelle.
Il rapporto medico riporta che per lo stress che ha sofferto, il bambino si è rosicchiato il pollice fino all’osso. Non era una bella visione, quando l’hanno trovato.
Carl si arrischiò a guardare Max, sapendo quanto questi casi lo coinvolgessero, specialmente quelli in cui erano coinvolti bambini dell’età di Ellie. Poteva vedere come la sua mascella fosse contratta e gli chiese “Ce la farai, Max?”
“Si.” rispose svelto Max e chiuse la cartella.
“Questo tipo di abbandono può segnare per sempre un bambino.” Carl procedeva con prudenza. “Pensi che ci sia qualcosa che tu possa fare per aiutare Adam?”
“Non posso saperlo finché non l’avrò visto.” Max girò lo sguardo verso Carl. “Ma penso di si.”
“Speriamo.” commentò Carl e riportò l’attenzione sulla strada. la distesa del Coyote Canyon Park si stendeva sulla sinistra e Carl rallentò, cercando un parcheggio. La loro destinazione era vicina.

***

Johnson salì dal piano interrato, diretto al colloquio con l’assistente alle ricerche. Il Professor Rawlings aveva organizzato sei interviste, promettenti studenti, i migliori delle loro classi. Se tutto andava bene, almeno uno di loro sarebbe stato adatto. Rawlings aveva predisposto che le interviste fossero effettuate al College, risparmiandogli di rendere nota la sua dislocazione, e gli era grato per questo. Meno persone sapevano qualcosa di lui, meglio sarebbe stato.

***

Ellie si arrampicò sulla sedia del tavolo della cucina e si mise davanti il suo blocco da disegno. Nella cucina aleggiava l’odore dei biscotti cotti al forno e lei fece un grande sorriso quando Mary mise un piatto di biscotti appena sfornati proprio di fronte a lei. Le diede anche un bicchiere di latte freddo ed Ellie esclamò “Gazie!”
“Di niente, cara.” Mary le carezzò la testa, con un sorriso indulgente sulla faccia. “devo metterne da parte qualcuno da dare alle infermiere, quando domenica andrò a trovare Martha.” Martha poteva non essere lucida abbastanza da apprezzare quello che mangiava, ma le infermiere amavano i suoi biscotti.
“Posso venie con te?” chiese innocentemente Ellie.
“No, cara.” Mary si sedette sulla sedia accanto a lei. Tirò via i capelli di Jenny dalla sua faccia, sentendosi commuovere dalla condizione della povera piccola. Che genere di vita era quella, chiusa tra quattro mura?
“Oh.” sospirò Ellie. Il papà Dottore non voleva che Mary la portasse fuori. Lei portò i suoi pensieri sul suo vero papà e su tutti i posti dove le aveva promesso di portarla. Aprendo il blocco da disegno, prese i suoi pastelli e Mary pensò che aveva cambiato argomento, quando le chiese “Sei mai stata sulle giotte?”
“Oh, si.” sorrise Mary. “I nostri genitori ci hanno portato, Martha e me, quando eravamo piccole.”
Ellie la guardò, con la matita ancora in mano e chiese “Sei stata sulla uota panoamica?”
Mary scoppiò a ridere. “Vuoi dire la ruota panoramica.” la corresse. “Si, sono stata sulla ruota panoramica tutta la notte.” Una parte di lei si chiedeva dove Jenny avesse sentito parlare della ruota panoramica, poi decise che doveva essere stato il Dottore a parlargliene. le parole successive di Jenny glielo confermarono.
“Papà un gionno mi pottea alle giotte.” disse Ellie malinconica. “Me l’ha pomesso”
Mary sorrise tristemente alla bambina, sperando che quella fosse una promessa che suo padre un giorno sarebbe stato in grado di mantenere.

***

Johnson gettò la cartella sul sedile del passeggero della sua macchina e si posizionò dietro al volante. Decise di ricontrollare tutto ancora una volta, per essere sicuro che il materiale che Rowlings gli aveva faxato ci fosse tutto. Nome dei candidati. informazioni familiari. Area di studio. Punteggi. Sulla carta tutti i concorrenti sembravano validi e non vedeva l’ora di sceglierne uno e completare il suo lavoro. Ora che aveva preso la decisione di andarsene, era ansioso di terminare il suo impegno qui.
Avrebbe potuto semplicemente fare i bagagli e andarsene, ma questo voleva dire progetti non finiti, lavori incompiuti, e un’infinità di tracce dietro di sé. sarebbe stato meglio portare a conclusione il progetto governativo e poi scivolare via tranquillamente.
decidendo che tutto era a posto, avviò il motore, mise il lampeggiatore e si infilò nel traffico.

***

“Finalmente.” mormorò Carl sottovoce quando vide una macchina liberare un posto nel parcheggio davanti a lui. Mise la freccia, sperando che nessuno occupasse il posto prima di lui. La fortuna stava dalla sua parte e riuscì a parcheggiare, spense il motore e controllò il traffico prima di aprire la portiera della macchina.
Max poggiò la cartella ai suoi piedi, controllò che il taccuino per gli appunti e la penna fossero nel taschino, poi scese dalla macchina. Si unì a Carl sul marciapiedi e guardò le alte costruzioni che li circondavano. Gli appartamenti che affacciavano sulla strada avevano una bella visuale del parco, ma quello che succedeva in quelle case non era bello. bastava chiederlo al piccolo Adam Pruett. Max si chiese come qualcuno potesse mettere al mondo un bambino, innocente ed inerme, e lasciarlo a difendersi da solo. Il solo pensiero lo faceva star male.
“E’ il palazzo alla fine dell’isolato.” disse Carl facendo strada “Park Vista. Appartamento 512. Cominceremo da lì, controlleremo lo stato della stanza in cui Adam è stato rinchiuso, dopo di che intervisteremo i vicini. Adam è stato dimesso dall’ospedale venerdì ed è stato affidato ad una zia che vive dall’altra parte della città. Ci andremo quando avremo finito qui.”
Max stava camminando accanto a Carl e lo ascoltava attentamente, quando improvvisamente la sua attenzione fu distolta. Rallentò l’andatura e si fermò. Con uno sguardo interrogativo sulla faccia, i suoi occhi controllarono il marciapiedi, le facciate degli stabili per finire in direzione del parco.
“Max?” chiese Carl incerto quando si rese conto che lui si era fermato al centro del marciapiedi.
“Senti anche tu questo profumo?” chiese Max.
“Quale profumo?” Carl si accigliò.
“Biscotti!” sorrise Max. “Senti l’odore di biscotti?” Lui se li sentiva quasi in bocca.
Carl non sentiva nessun odore e si chiese se Max avesse un senso dell’olfatto più acuto a causa della sua fisiologia aliena. “Probabilmente c’è una pasticceria da queste parti.” suggerì Carl.
“Forse.” Max riprese il suo passo misurato e si diressero alla fine dell’isolato. L’odore di biscotti sparì e lui camminò svelto giù per il marciapiedi. Nel poco tempo che impiegarono per giungere alla loro destinazione ed entrare nello squallore dell’appartamento in cui Adam era stato rinchiuso, Max aveva perso completamente l’appetito.

Continua...

Scritta da Debbi aka Breathless
Traduzione italiana con il permesso dell'autrice dall'originale in inglese
a cura di Sirio, con la collaborazione di Coccy85


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