Jarod il Camaleonte Italia

La Virtual Season
di "Jarod il Camaleonte"

Episodio 8: Tempeste in arrivo


Racconto appartenente alla Virtual Season di "Jarod il Camaleonte" scritto da Maura e Rossella e pubblicato in esclusiva su Jarod il Camaleonte Italia. Tutti i diritti sono di proprietà del sito "Jarod il Camaleonte Italia", e tutti i personaggi della serie "Jarod il Camaleonte / The Pretender" utilizzati sono di proprietà MTM Productions / 20th Century Fox, e sono utilizzati senza il permesso degli autori e non a fini di lucro.
Quanto compare in questa pagina è soltanto frutto della fantasia delle due autrici e non è stato realmente girato o creato dagli sceneggiatori di "Jarod". Le partecipazioni degli attori indicati in fotografia come "guest-star" non sono reali ma servono soltanto a dare un'idea del personaggio.


IL CAST


JAROD

MISS PARKER

SIDNEY

BROOTS
 

GUEST STAR


JAMES FORD

JEFFREY WILLIAMS

MATTHEW CAMERON

L'EPISODIO

CASA DI MISS PARKER, ore 8.00 a.m.

Miss Parker si svegliò di malavoglia; aveva sentito dolori alla pancia tutta notte e non aveva dormito bene.

Notò che erano già le otto, così decise di alzarsi e andò di fronte all’armadio pronta a vestirsi.

Proprio mentre si stava infilando la camicia, però, si sentì male e corse in bagno. Dopo qualche minuto, quando ne uscì, capì di essere colta da nausee già da un paio di giorni.

Ma che diavolo mi sta succedendo?

Ci sono simulatori tra noi 
Jarod: “Sono stato tolto alla mia famiglia”
Sidney: “36 ore e sta già dimostrando molto più talento di ogni altro”
Jarod: “Quante persone sono morte per quello che io inventavo?”
            “Da quando sono fuggito ogni momento lo dedico alla ricerca del mio passato”
Miss Parker: “E’ un simulatore… un genio che può diventare chiunque voglia”
Sidney: “Il centro lo vuole vivo”
Miss Parker: “Preferibilmente” 
Miss Parker: “Difende i deboli e i derelitti”
Jarod: “La vita  è un dono”
Paziente: “Lei è un dottore?”
Jarod: “Sì… oggi sì”

HAWAII, ore 11.00 a.m.

Jarod stava camminando sul ponte della nave; mentre attendeva l’arrivo del Capitano, notò i due ragazzi che già da un paio di giorni lo facevano disperare. I due, James Ford e Matthew Cameron, stavano guardando delle riviste invece di svolgere i loro compiti come Jarod gli aveva ordinato pochi minuti prima.

"Guarda questa!" disse Ford a Cameron ridacchiando.

"Tenente! Sergente! Vi sembra questo il momento di tenervi occupati in questo modo?" gridò prendendo la rivista dalle mani di Ford mentre i due si misero subito in riga.

"Ci scusi Maggiore..." rispose Cameron

"Siete scusati...riposo ragazzi!" commentò lui.

"Torniamo al nostro lavoro!" disse Ford. Poi i due si allontanarono e Jarod sorrise notando di averli spaventati abbastanza.

In quel momento fu chiamato da un ufficiale.

"Maggiore Philips?"

"Buongiorno Signore!" gridò lui mettendosi sull'attenti.

"Sono il capitano Jeffrey Williams, felice di darle il benvenuto a bordo!"

gli porse la sua mano e Jarod la strinse.

"Il piacere è tutto mio, Capitano... sono il sostituto del Maggiore Thompson"

"Si...mi avevano avvertito che sarebbe arrivato un sostituto. Solo non credevo cosi presto..."

"Immagino debba essere stato molto doloroso per lei... mi hanno detto che il maggiore era un grande militare..."

"Ed era anche un bravo marito e un ottimo padre... pensi che doveva essere promosso di grado pochi giorni fa. E invece... ha lasciato la moglie e due figli piccoli"

"Eppure, da quando me ne hanno parlato, mi chiedo se lui avesse qualche motivo per voler andare al largo durante la tempesta..."

"In realtà sì... abbiamo visto in lontananza una nave che si trovava immersa nella tempesta e lui ha voluto intervenire a tutti i costi... purtroppo non ce l'ha fatta a salvare la donna che chiedeva aiuto: è caduto in acqua e la nave è affondata..."

"Sembra incredibile..." sussurrò Jarod quasi fra sé e sé.

"Già... io ero lì e ho cercato di salvarlo quando è caduto in acqua ma...le onde erano troppo alte... in pochi secondi è sparito dalla mia vista" concluse il capitano addolorato.

"E non è stato ritrovato? Voglio dire...se fosse annegato forse avrebbero trovato il corpo..."

"Infatti abbiamo cercato, ma non abbiamo trovato nessuna traccia di lui!"

"Non avete fatto scandagliare i fondali? Così avreste trovato anche la nave..."

"Capitano Williams?" chiamò un soldato giungendo dal ponte.

"Si vengo subito... a più tardi maggiore!"

"A dopo, Capitano!" rispose Jarod con il saluto. Williams se ne andò e Jarod cominciò a pensare all’incidente.

IL CENTRO, ore 11.30 a.m. 

Parker entrò nel suo ufficio, dove ad attenderla c’erano già Broots e Sidney che parlavano fra loro ridacchiando.

"Buongiorno Miss Parker!" salutò Broots sorridendo.

"Ciao... allora, scoperto niente di nuovo?" lei sembrava quasi in bilico, non riusciva a reggersi in piedi. Era già tanto che fosse arrivata da sola fino al Centro.

"Ma ti senti bene Miss Parker?" chiese Broots.

"Già, sembri pallida!" gli fece eco Sidney.

"Certo che sto... bene, Broots! Non scocciatemi con le solite prediche, ok?"

"Noi due usciamo... se troviamo qualche informazione ritorniamo!" rispose Sid notando che Parker era in luna storta.

"Bene... a dopo..." Parker fece per sedersi, ma cadde a terra svenuta non appena ebbe pronunciato questa frase.

"Parker!" gridò Sidney. Lui e Broots corsero vicino a lei.

"Presto Broots, vai a prendere un tè caldo... sembra sia solo svenuta!"

"Vado subito!" rispose lui uscendo correndo dall’ufficio.

Sidney le diede qualche sberletta per farla riprendere e lei dopo qualche secondo riprese i sensi.

“Buongiorno di nuovo, Parker!” disse aiutandola ad alzarsi. La fece sedere sul divano e poi le chiese: "Tutto bene?"

"Sì... almeno credo... mi fa male il braccio! Ma che diavolo mi sta succedendo? E' tutta la notte che non sto bene..."

"Che vuoi dire?" chiese Sid curioso.

"Ho continue nausee... e adesso sono anche svenuta..."

"Nausee... svenimenti... accidenti Parker, non sarai mica incinta!" domandò ridendo. Ma quando lei lo guardò preoccupata senza rispondere, Sid capì che doveva esserci sotto qualcosa. L’aiutò ad alzarsi e proprio prima che le chiedesse qualcos’altro squillò il cellulare di Parker.

"Pronto?" chiese un po' impaurita e uscendo dall’ufficio per non farsi sentire.

"Sempre a lavorare?" sentì chiedere Jarod dall’altra parte.

"Lo sai com'è qui... non smettiamo mai di darti la caccia..." rispose sorridendo.

"Tutto bene? Mi sembri preoccupata!"

"No... - mentì lei - Va tutto bene..."

"Mi dispiace se non mi faccio sentire ultimamente, ma sono molto impegnato...sai la gente da salvare non manca mai!"

"E tu non manchi mai nel dare loro una mano..." rispose lei.

"Già... e spero che tu non ti metta a darmi la caccia, anche se vorrei rivederti, devo ammetterlo..."

Parker sorrise pensando che mai come in quel momento desiderava la stessa cosa.

"Non credevo che te l'avrei mai detto ma... mi manchi..."

Jarod rimase notevolmente sorpreso dalla sua dichiarazione, ma poi riprese il colloquio.

"Mi manchi anche tu"

Riattaccò subito dopo e Parker vide Broots tornare con il tè.

"Chi era al telefono Miss Parker?" chiese Broots.

"Sentite... ora basta, ho avuto solo un piccolo capogiro, va bene? Andate a cercare Jarod voi due, fuori di qui!"

"Passerò più tardi Parker... e credo che avremo molto di cui parlare..."

Parker rimase un po' sorpresa, ma poi annuì e fece cenno a Sid di uscire.

HAWAII, ore 4.00 p.m.

Ford e Cameron stavano sistemando alcuni soldati che dovevano pulire il ponte, quando Jarod li raggiunse.

"Agli ordini signore!" dissero quasi all’unisono e mettendosi in riga.

"Riposo ragazzi... vorrei parlare un po' con voi se è possibile..."

I due si guardarono quasi preoccupati.

"Non abbiamo fatto nulla!" disse Cameron.

"Farò finta di non sapere niente di quella bottiglia di whisky che vi ho visto passarvi... - sorrise lui - Mi sorprende che voi siate già un tenente e un sergente, ragazzi!"

"E' venuto qui per dirci questo?" domandò Ford.

"Veramente no... volevo sapere qualcosa sulla sera dell'incidente del maggiore... so che tu eri addetto al diario di bordo, Cameron..."

"Già... infatti quella sera tutti i marinai erano in licenza, quindi c'eravamo solo io, Thompson e il capitano Williams a bordo!"

"Puoi spiegarmi cos’è accaduto?"

"Il capitano disse che aveva avvistato una nave al largo...a causa di quella tempesta io però non vedevo niente. Williams e Thompson si sono precipitati a salvarli su una vedetta, poi non ho visto più nulla... solo mezz'ora dopo il capitano è tornato... senza Thompson!"

"Cosa gli era successo?"

"Williams mi ha raccontato che Thompson si era buttato in mare per cercare di salvare una donna che era caduta dalla nave... ma non è riuscita a salvarla... e non è neanche riuscito a salvarsi, malgrado il capitano abbia tentato"

"Bene Cameron... a dopo ragazzi, ci vediamo a cena!"

Salutò i suoi ufficiali e poi tornò in cabina.

CENTRO, ore 5.00 p.m.

Parker era seduta e continuava a pensare. Non capiva se quello che aveva pensato Sid fosse vero, eppure era la più logica delle ipotesi. Ed anche la più plausibile.

Sidney entrò senza bussare, interrompendo il suo macchinoso pensare.

"Beh, non si usa più bussare prima di entrare?"

"La porta era semi aperta..."

"Sì, va bene, va bene... che ci fai qui? Notizie di Jarod?"

"No... purtroppo ancora nessuna notizia. Ma credo che tu sappia il motivo per cui sono qui"

"Non... non capisco Sid... cosa c'è? Mi sento molto meglio ora, e..."

"Tu nascondi qualcosa... e io non vorrei immischiarmi, ma vedo che questo influisce anche sul tuo fisico e..."

"Senti Sid... non mi va di parlarne... ho avuto qualche nausea, ieri ho mangiato pesante, e stamattina non stavo bene, tutto qui... qualche postumo della mia ulcera mai svanita..."

"Parker..."

Lei sospirò e si alzò, si voltò verso il muro per non farsi vedere nervosa.

"E' evidente che qualcosa ti preoccupa... parlarne con qualcuno ti aiuterà... ma se non vuoi parlare con me, me ne andrò!"

Sidney si alzò e fece per uscire, ma Parker lo bloccò.

"Sid, aspetta..."

Sidney allora si bloccò e si voltò.

"D'accordo... va bene... ma siediti, perchè la cosa ti sconvolgerà..."

Lui obbedì e restò in ascolto.

"Si tratta di me e Jarod... vedi... un po' di tempo fa lui ed io... è nato qualcosa fra noi!"

"Non posso dire che la cosa mi lasci sorpreso, ho sempre pensato che sarebbe potuto accadere... quindi mi stai dicendo che avete..."

"Sì... credo che se si trattasse di due persone normali, potremmo definirla una relazione... ma vedo che non sei per nulla spaventato!"

"No... a dire il vero sono contento... " confessò sorridendo "ma tu non lo sei. Hai paura del centro,  vero?" chiese seriamente

"E come non potrei averne? Se avevano proibito la mia relazione con Thommy... figuriamoci fra me e Jarod... ci ucciderebbero entrambi se lo sapessero... senza contare quello che farebbero a lui..."

"Ti capisco... ma non preoccuparti, io e Broots vi proteggeremo se servirà. E poi non vedo come possano scoprirlo... siete molto bravi voi due a tenere i segreti, non ci sono... tracce della tua relazione con Jarod!"

Lei sorrise: "Andiamo Sid... dopo questa rivelazione...avrai capito benissimo che cos'ho... è una traccia, come dici tu, più che... visibile... - sussurrò toccandosi la pancia - E fra qualche mese lo sarà ancora di più..."

Sidney tornò serio e questa volta rimase colpito da ciò che Parker aveva detto.

"Co...come Parker? Mi stai dicendo che..."

"Sì Sid... sono incinta..."

Dopo qualche secondo in cui lui rimase in silenzio, Parker continuò.

"E' la prima volta in 30 anni che ti vedo senza parole..."

"D'accordo...sei sicura di esserlo?"

"Più che sicura...Non ho mai ritardi, e non vomitavo da quando avevo 15 anni... ma non posso tenere questo bambino, Sid!"

"Aspetta un attimo...cosa vuoi dire con questo? Vuoi abortire?" chiese sconvolto.

"E come potremmo crescere un figlio? Lontani l'uno dall'altra, oppure inseguiti perchè lo sequestrino per fargli quello che hanno fatto a Jarod...non potrei sopportare nulla di tutto questo...non merita una vita da emarginato!"

"Io credo che tu debba parlarne con Jarod prima di prendere questa decisione...insomma, lui è il padre!"

"Grazie del consiglio Sid...ma credo che la decisione spetti solo a me... comunque...mi ha fatto bene parlare con te, davvero..."

Parker gli fece praticamente capire che voleva rimanere un po’ da sola, così Sidney la salutò.

"Ne ero sicuro...pensaci va bene? Non prendere decisioni affrettate!"

Poi uscì e chiuse la porta dietro di sé, lasciando Parker a riflettere solitaria.

HAWAII, il giorno dopo, ore 10.30 a.m.

L’indomani la nave era in mare aperto e tutti si stavano godendo il vento fresco sul ponte; Jarod era deciso a compiere qualche indagine, così cercò Cameron per farsi dare una mano.

"Buongiorno Cameron!" gridò per coprire il rumore del mare.

Lui, che era appoggiato alla ringhiera, si mise in riga: "Buongiorno Signore!"

"Mi servirebbe il tuo aiuto per una faccenda un po'...diciamo personale..."

"Se posso aiutarla...volentieri signore!"

"Riguarda il maggiore Thompson...vedi, io vorrei fare luce su quello che gli è accaduto...e per farlo la prima cosa da fare è scandagliare i fondali...vorrei cercare la nave inabissata...che il capitano dice di aver visto!"

"Mi sta dicendo che non crede alle parole di Williams?" domandò stupefatto.

"Sto dicendo che vorrei provarle...e magari vorrei scoprire cosa gli è accaduto veramente...e ciò che dice Williams mi suona un po' menzognero..."

"Ho avuto anch'io quest'impressione. Ma non credo che abbia mentito, il capitano è un uomo giusto, ne sono sicuro"

"Beh...c'è solo un modo per scoprirlo...e per farlo, tu mi devi aiutare...sai indicarmi - e guardò il mare aperto - il luogo dove il capitano dice di aver visto la nave? E' segnato sul giornale di bordo, no?"

“Sì...la condurrò là, signore!"

Dieci minuti dopo, con una navetta e senza dir niente a nessuno, i due erano arrivati al punto segnato sul diario e Cameron si ritrovò perfettamente.

"E’ proprio questo il punto, ne sono sicuro!"

"Benissimo...io ora mi immergo, spero di non metterci troppo! A dopo"

"Stia attento signore!" disse Cameron salutandolo.

"Non temere, ci sono abituato..." rispose Jarod. Poi gli fece l'occhiolino, mise il boccale delle bombole e si immerse.

Jarod, già in tuta da sub, si gettò in acqua provvisto di ogni cosa gli potesse essere utile. Accese una torcia e iniziò a vagare fra i fondali che, fortunatamente, in quel punto non erano troppo profondi.

Restò negli abissi per più di mezz’ora, vagando e cercando anche un minimo segno della nave affondata, ma non trovò nulla, solo un mucchio di pesci e di razze.

Decise, allora, di risalire in superficie per dire tutto a Cameron.

Jarod si tolse il boccaglio e cominciò a parlare convinto che Cameron fosse dietro di lui.

"Cameron...non crederai mai a quello che ho scoperto...sai che..." in quel momento si voltò e vide Williams di fronte a sé.

"Maggiore Philips...che diavolo stava combinando?" gridò visibilmente arrabbiato.

"Oh...capitano...ho pensato di coinvolgere Cameron in una mia iniziativa..."

"E cioè?"

Jarod, pronto ad ogni evenienza, tirò fuori un retino dall'acqua: era legato al suo braccio con una corda.

"Pesca subacquea!"

Infatti, intrappolato nella rete c’era un enorme pesce che si dimenava.

"Philips, le sembra il momento? Abbiamo molto lavoro da fare qui e lei cosa fa? Perde tempo con la pesca?"

"Mi scusi capitano...non succederà più, glielo garantisco..." rispose con tono malizioso.

Williams salì nuovamente sulla seconda navetta e tornò alla nave.

Jarod, notando che il pesce era ancora vivo, lo rigettò in acqua facendolo tornare a respirare.

Allora Cameron si avvicinò e lo aiutò a togliersi le bombole.

"Allora signore?"

"Non c'è nessuna nave qua sotto...nessuna nave è affondata...Williams non dice la verità..."

"Ma com'è possibile? Aspetti ci dev'essere un errore...forse...non era il punto giusto...vado subito a ricontrollare!"

"Non c'è niente da controllare, Cameron...ma non temere, scoprirò presto cos'è successo realmente...te lo prometto!"

BLUE COVE, ore 7.00 p.m.

Parker era in macchina e si dirigeva verso casa. Non era mai stata così stanca di guidare, ma entro pochi minuti avrebbe raggiunto il suo letto.

Aveva in mano il cellulare e stava chiamando il numero della sua ginecologa per fissare un appuntamento: era determinata ad abortire.

Si fermò ad un semaforo, maledicendo chiunque l’avesse inventato, poi attese in linea che la dottoressa rispondesse.

Mentre aspettava si voltò e al lato destro della strada notò qualcosa che la turbò: di fronte ad un gelataio, c’era un uomo con in braccio una bambina piccola. Vicino a lui, sua moglie stava mangiando un gelato appena comprato e faceva ridere la piccola. I due sembravano molto felici, e il padre non faceva altro che sorridere.

La dottoressa rispose al telefono: “Pronto, signorina Parker?” domandò.

“Sì...mi scusi dottoressa, mi è venuto in mente che...non ho bisogno di nulla. Mi scusi se l’ho disturbata...”

“Di niente, si figuri!”

Parker riattaccò e nel frattempo scattò in verde. Accelerò sorridendo. Ora aveva preso la giusta decisione.

HAWAII, il giorno dopo, ore 4.00 p.m.

Jarod era nella sua cabina e stava facendo le sue solite indagini al computer: era convinto che Williams avesse a che fare con qualcosa di più che la Marina ed era determinato a scoprire in quali giri fosse implicato. Si ricordava bene di quella volta che, allo stesso modo, aveva trovato un capitano colpevole per spaccio di droga e voleva controllare se i suoi sospetti fossero fondati.

“Bingo!” sorrise dopo qualche minuto.

Nel database della polizia, infatti, scoprì che anche Williams era collegato ad uno spaccio di droga, ma non era mai stato incriminato per mancanza di prove.

Cercò i nomi dei suoi “presunti” contatti fra i criminali del posto e scoprì un gruppo di pescatori che aveva visto al porto proprio il giorno prima, su un peschereccio di nome Vanity.

In quel momento capì che probabilmente Thompson aveva scoperto tutto e stava per spifferare tutto alla polizia, così Williams lo aveva messo a tacere per sempre. 

HAWAII, ore 11.30 p.m.

Quella sera si era sollevata una tempesta incredibile e Jarod ne era felice: avrebbe facilitato il suo piano per smascherare Williams.

Al segnale stabilito, entrò nella cabina di Williams senza bussare e spalancò la porta.

"Capitano! - salutò - Mi scusi se la interrompo così, ma c'è un problema!!!"

"Philips...nessuno le ha insegnato a bussare? – rispose alzandosi - Di che si tratta?"

"Una nave signore...hanno chiesto soccorso a noi perché sono troppo lontani dalla costa...la nave sta affondando..."

"Ne è sicuro? Sa a volte c'è gente che si diverte a mandare falsi allarmi...non è la prima volta che..."

"Ne sono più che sicuro...guardi lei stesso!" lo interruppe Jarod indicando fuori dall'oblò. Lì c'era una nave e si notava un faro che faceva segni di S.O.S.

"Accidenti! Chiami Cameron e Ford...avremo bisogno d'aiuto!" rispose avviandosi, seguito da Jarod, sul ponte.

"Non ci sono signore, li ho mandati in licenza perché Cameron aveva problemi di famiglia..."

"Dannazione Philips!" gridò.

Salirono in fretta su una navetta e in meno di dieci minuti raggiunsero la nave che però, nel frattempo, smise di lanciare segnali col faro.

"Dannazione! Perché hanno spento il faro? Ora non riusciremo a vederla..."

Williams si sporse fuori dal bordo e allora Jarod lo spinse in acqua.

Il capitano cadde come un peso morto e dopo qualche attimo riemerse fra il fragore delle onde e del vento.

"Philips....ma che ti è saltato in mente?" gridò tenendosi a galla a stento.

"Oh niente, capitano...solo che volevo far provare anche a lei la sensazione di essere in acqua durante una tempesta..."

"Tu sei impazzito Philips! Aiutami subito ad uscire dall’acqua, altrimenti ti faccio arrestare!"

"Oh nossignore, non finchè non dirà tutta la verità...lei ha attirato al largo il povero Thompson..."

"Ti sbagli...non sono stato io. E' caduto in mare e ho tentato di salvarlo"

"Non è vero...lui aveva scoperto dei suoi traffici di droga con la Vanity, così ha colto la prima occasione per liberarsi di lui...scommetto che proprio mentre ne parlavate ha fatto finta di vedere la nave in pericolo..." gridò Jarod arrabbiatissimo.

“Jarod, non sono stato io...sto affogando! Dammi una mano!”

“E poi una volta sulla navetta l’ha spinto in acqua...condannato a morire e a lasciare da sola la sua famiglia! Non è così?”

Il capitano continuava a riemergere e riaffondare; era ormai giunto all’estremo delle sue forze.

"Oh dannazione è vero...non potevo permettere che qualcuno sapesse dei miei traffici! Sono stato io, ma adesso aiutami!" gridò lui.

"Spiacente, signore...ma ora tocca anche a lei subire la stessa, dolorosa... morte...Addio!"

Jarod mise in moto la navetta fra le urla di Williams e poi si allontanò per andare ad affiancarsi alla seconda nave, quella su cui si trovavano Ford e Cameron, che avevano aiutato Jarod in quel finto salvataggio.

"Ottimo lavoro ragazzi...avrete un futuro da attori, forse!" disse Jarod sorridendo.

"Grazie signore" rispose Ford amichevolmente. Poi gli fece il saluto.

"Riposo ragazzi...e grazie a voi...finalmente la famiglia di Thompson avrà un po' di giustizia..."

“Signore, cosa ne sarà di Williams?” chiese Cameron.

“Guarda laggiù... – gli gridò Jarod indicando dietro di loro – Quella è una nave della polizia, stanno arrivando ed hanno ordine di arrestarlo, come hanno già fatto anche con gli spacciatori!”

“Sei un asso Jarod...” si azzardò a dire Cameron.

Poi Jarod gli fece il saluto e corse via, verso il porto e una nuova avventura...

HAWAII, IL GIORNO DOPO, ore 4.00 p.m.

Jarod era di fronte alla casa di Thompson: i due figli erano in giardino e si divertivano a giocare con delle navi giocattolo nella piscina di gomma.

Jarod immaginò che fosse stato proprio il padre a regalargliele...

In quel momento uscì la madre, che ricevette il pacco che Jarod aveva lasciato a Cameron. Gli aveva ordinato di andare da lei il giorno dopo e spiegarle ogni cosa. Lui rimase ad osservare in silenzio, nascosto dietro ad un albero.

“E chi è stato a scoprirlo?” la sentì chiedere a Cameron.

“Un amico... – rispose lui sorridendo – “E mi ha anche detto di darle questa...come simbolo di riconoscimento! Arrivederci signora Thompson!”

“Grazie mille, sergente...”

Cameron salì in macchina diretto alla nave e la donna aprì il pacco: dentro c’era un assegno che le avrebbe permesso di mantenere i suoi bambini per molto tempo...sorrise sorpresa e guardò in cielo, quasi a salutare il marito.

Jarod guardò un’ultima volta quella madre che era corsa ad abbracciare i suoi piccoli; si sentì immensamente triste, ma poi lasciò quel posto e se andò.

CENTRO, ore 9.00 p.m.

"Devo dirtelo Sidney...vedere il sorriso di quei bambini...mi ha davvero fatto una strana sensazione...Per la prima volta ero contento di averli aiutati, ma ero anche triste per loro...dovranno crescere senza un padre..." raccontò Jarod.

"Dev'essere stato molto difficile per te...specie perché anche tu sei cresciuto senza padre"

"Sì, ma...inizio a pensare al futuro...a ciò che mi sta succedendo..."

"Che vuoi dire Jarod?"

"Sid...in tutti questi anni ti ho sempre detto tutto...ma ultimamente ti ho nascosto una cosa..."

"Cioè?" domandò Sidney curioso.

"Io...vedi...c'entra Parker...io e lei...abbiamo una relazione..."

"Cosa? Ho capito bene? Tu e..." fece finta di essere sorpreso.

"Sì, hai capito benissimo...e io non so davvero cosa augurarmi per il futuro...non so cosa pensare...anche se sono sicuro di quello che provo, che ho...sempre provato..."

"Beh...io l'ho sempre saputo che tra voi due c'era qualcosa di più...che una semplice amicizia...c'è qualcos'altro che devi dirmi?"

"No...si trattava solo di questo, ecco tutto...penso che le rivelazioni per stasera bastino...e comunque..."

Sid aspettò silenzioso.

"Sono contento di poter trovare sempre il mio Rifugio...in te..."

Jarod riattaccò e Sidney pensò al significato profondo di quella frase...Rifugio.

Si appoggiò allo schienale della sedia e si scoprì arrabbiato con Parker: per quale motivo non aveva detto nulla a Jarod? Voleva veramente abortire?

CASA DI PARKER, ore 11.00 p.m.

Parker era seduta sul divano e assaporava un succo di arancia: sapeva che avrebbe dovuto abituarsi a rinunciare all’alcool.

Verso le undici il telefono squillò. Sapeva benissimo chi fosse, così decise di non rispondere: non se la sentiva ancora di confrontarsi con lui.

Il telefono squillò muto, poi si spense la chiamata.

Lei strinse il bicchiere e bevve ancora un po’ di succo.


Jarod il Camaleonte Italia - Virtual Season © 2004 Antonio Genna

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