Jarod il Camaleonte Italia

La Virtual Season
di "Jarod il Camaleonte"

Episodio 2: Droghe e sicari


Racconto appartenente alla Virtual Season di "Jarod il Camaleonte" scritto da Maura e Rossella e pubblicato in esclusiva su Jarod il Camaleonte Italia. Tutti i diritti sono di proprietà del sito "Jarod il Camaleonte Italia", e tutti i personaggi della serie "Jarod il Camaleonte / The Pretender" utilizzati sono di proprietà MTM Productions / 20th Century Fox, e sono utilizzati senza il permesso degli autori e non a fini di lucro.
Quanto compare in questa pagina è soltanto frutto della fantasia delle due autrici e non è stato realmente girato o creato dagli sceneggiatori di "Jarod". Le partecipazioni degli attori indicati in fotografia come "guest-star" non sono reali ma servono soltanto a dare un'idea del personaggio.


IL CAST


JAROD

MISS PARKER

SIDNEY

BROOTS

MR. LYLE

MR. RAINES

GUEST STAR

Clarence Gilyard
DAVID PRESCOTT
David Caruso
SAMUEL RIGHT
Don Rickles
DANIEL ROBERTS
Jason Priestley
SCOTT SHORT
Jensen Ackles
ALAN BARROWS
John McCook
PATRICK SHORT
  Kirstie Alley
ALICIA FORREST
 

L'EPISODIO

DETROIT, ore 9.43 a.m. 

Miss Parker e Sidney entrarono per primi nel negozio “Sports and Hobbies” di Samuel Right. Broots li seguiva, come al solito, con fare curioso e si guardava intorno. Jarod non aveva mai scelto fin ora un negozio sportivo.

" Bene...come al solito il nostro fuggiasco ci lascia le sue tracce...magari una volta trovassimo lui!" sorrise Miss Parker entrando nel negozio.

"Sembra che non ci sia nessuno" notò Sidney guardandosi intorno.

"Scusi? C'è qualcuno?" iniziò a gridare Miss Parker picchiando sul tavolo con insistenza.

Da un'altra stanza si sentì una voce rispondere alla chiamata con voce seccata: "Un attimo...sto arrivando!"

Uscì un uomo non molto giovane, con i capelli castani e un’espressione che faceva capire quanto non volesse essere disturbato così presto.

"Cosa posso fare per voi?" chiese l'uomo, sempre con fare annoiato.

"Stiamo cercando quest'uomo, si chiama Jarod...sappiamo che di recente ha lavorato qui!" rispose Miss Parker mostrando la foto di Jarod.

"Jarod? – sorrise lui cambiando espressione - "Ah, ma potevate dirmelo subito che siete gli amici di Jarod!” disse l’uomo, voltandosi poi verso Miss Parker.

“Allora lei deve essere Miss Parker!” concluse.

"Sì...esatto!" sorrise lei, iniziando a maledire Jarod fra sé e sé.

“Jarod mi ha detto che sareste venuti! Mi ha pregato di darvi questo…" disse dando a Miss Parker un libretto rosso.

"Oh no...ha ripreso l'abitudine dei libretti rossi..." si lamentò Miss Parker prendendo in mano il libretto.

"Che cosa ha fatto Jarod qui?" intervenne Sidney.

"Quel ragazzo mi è stato di grande aiuto. Pensate che avrei potuto perdere questo negozio per colpa di uno strozzino, se non fosse arrivato Jarod!" rispose il proprietario. Sidney sorrise ed incrociò la smorfia di Miss Parker, una specie di sorriso abbozzato.

"Tipico suo...Broots controlla in giro se il nostro "amico" ha lasciato qualche ricordino oltre al libretto!" disse poi lei. Intanto iniziò a sfogliarlo.

"C'è una cosa che voglio farvi vedere – aggiunse il proprietario – Venite con me!”

Li portò in cantina, mentre Miss Parker chiedeva “Di cosa si tratta?”

Il proprietario li portò in una stanza piena di attrezzi da ginnastica, spalliere, sbarre e pesi.

"Jarod passava qui praticamente tutto il tempo! Sempre a fare esercizi, non si stancava mai…" rispose l’uomo.

"Si vuole fare i muscoli...così non diranno più che è tutto cervello e niente muscoli!" sorrise ironica miss Parker.

"Diceva che gli esercizi lo aiutavano a distogliersi dai suoi pensieri"

"Quali pensieri?" intervenne Broots, arrivando dall’altra stanza.

"Non me l'ha mai detto" rispose il signor Right.

"Trovato niente?" chiese Miss Parker a Broots.

"Nessuna traccia, Miss Parker!" rispose quello.

"Scusate, devo tornare in negozio ora…potete stare qua finché volete!” disse l’uomo allontanandosi.

"Per caso le ha detto dove voleva andare?" chiese non troppo speranzosa Miss Parker.

"No, non me l'ha detto" rispose lui.

"Grazie...signor Right!" disse Miss Parker.

"Sidney...cosa dici di questi bei ritagli di giornale? Attrezzi da ginnastica...ti dice qualcosa tutto questo?" chiese poi a Sidney.

"Mi dice che Jarod in questo modo cerca di distogliersi dal fatto che è solo...che gli manca la sua famiglia...e cerca di non pensare al Centro"

"Beh...diamoci da fare o riuscirà a scappare di nuovo senza nemmeno lasciarsi sfiorare dal Centro...andiamo!"

I tre uscirono dal negozio salutando nuovamente il proprietario e risalirono sull’auto che li avrebbe riportati all’aeroporto. 

NEW YORK, ore 2.00 p.m.

"Senti Maggie...se non ci provi nemmeno a fare gli addominali...come pretendi di avere un fisico perfetto come lo vuoi tu? – chiese Jarod ad un’allieva - Gli addominali sono divertenti!!!" e si mise a farne un po'.

"Io li trovo noiosi...e soprattutto difficili!" si disperò in risposta la ragazza.

"Ascolta...so che li puoi fare...fatti coraggio e falli insieme a me! Dai! Uno...due..." e con un grandissimo sorriso coinvolse la ragazza negli esercizi.

"Se me lo chiedi con quel sorriso, Jarod..."

"Oh...brava Maggie..." sorrise di nuovo lui.

In quel momento si sentì un grido proveniente dalla stanza vicina, una ragazza che era appena caduta dalla sbarra.

"Ahi, Jarod.....puoi venire un attimo?" chiamò poi.

"Jules...non potevi chiamarmi prima di salire sulla sbarra da sola?" chiese lui rimproverandola.

"Mi dispiace...mi fa male la caviglia!" disse lei gemendo per il dolore.

"E' rotta??" chiese un’altra ragazza.

"No...è solo slogata, non è niente di grave! - disse lui sorridendo e facendosi perdonare di aver gridato - ...Vieni, andiamo subito in infermeria”

"Grazie Jarod..." rispose Jules dandogli un bacio sulla guancia.

"Ah...Jarod...ho bisogno di una mano!" lo chiamò un’altra allieva subito dopo aver visto la scena.

“Vieni Maggie...portiamola di là...poi chiamiamo sua mamma!"

"Ci penso io a lei...." disse Maggie, permettendo a Jarod di andare dall’altra ragazza. Non appena raggiunse l’altra sala, si accorse che più di cinque allieve erano cadute in terra e fingevano di star male, chiamandolo in coro.

“Beh…una alla volta!” ironizzò lui.

Ci sono simulatori tra noi 
Jarod: “Sono stato tolto alla mia famiglia”
Sidney: “36 ore e sta già dimostrando molto più talento di ogni altro”
Jarod: “Quante persone sono morte per quello che io inventavo?”
            “Da quando sono fuggito ogni momento lo dedico alla ricerca del mio passato”
Miss Parker: “E’ un simulatore… un genio che può diventare chiunque voglia”
Sidney: “Il centro lo vuole vivo”
Miss Parker: “Preferibilmente” 
Miss Parker: “Difende i deboli e i derelitti”
Jarod: “La vita  è un dono”
Paziente: “Lei è un dottore?”
Jarod: “si….oggi si”

Jarod si sistemò la tuta che aveva indosso e preparò sul suo serio volto un vivo sorriso. Bussò alla porta del direttore e si sentì rispondere "Avanti!"

"Salve! Mi ha fatto chiamare?" chiese poi entrando sempre con il sorriso sulle labbra.

L'uomo si alzò: era un signore piuttosto grasso, difficile credere che fosse un proprietario della palestra più in voga della città.

"Jarod, ragazzo, entra pure!" continuò. Jarod si sedette di fronte alla sua scrivania e l’uomo finì di esaminare gli incartamenti che aveva di fronte, li chiuse e volse lo sguardo a Jarod.

"Come mai mi ha chiamato? C'è qualche problema?" domandò lui facendo finta di niente.

"Jarod – rise il proprietario - tu sei una benedizione per questa palestra! Complimenti, stai facendo un ottimo lavoro. A proposito...da quanto sei qui?”

"Da...otto giorni con oggi! Sì, una settimana!" rise lui.

"Ah già...e in otto giorni hai fatto miracoli! Pensa che con il tuo arrivo abbiamo avuto un sacco di iscritti. Hai fascino da vendere…un po’ come ero io quando avevo la tua età!"

"Beh... - Jarod si pavoneggiò fingendo superbia - Me l'hanno sempre detto... comunque sono felice di poterla aiutare..."

Il proprietario si fece più serio e si zittì un attimo, quasi come se gli fossero tornate in mente delle brutte immagini o dei brutti ricordi.

"Sì, beh...quando la scorsa settimana è successo quell'incidente proprio in questa palestra...temevo che ci sarebbe stato un calo di persone. Invece - si rimise a ridere - grazie a te ora abbiamo risollevato le sorti della palestra. Tu hai un sacco di fans...e io più soldi in cassaforte!"

"Sì...ho sentito di quel...ragazzo di 20 anni...mi hanno detto qualcosa a riguardo, devo ammettere che ero indeciso se venire a lavorare per lei o no... So che è morto per uso di sostanze non autorizzate, giusto?"

"Sì...esatto...lo conoscevo da qualche anno...non posso credere che l'abbia fatto, sembrava un ragazzo così responsabile! Mi ha proprio deluso!" rispose quello quasi sospirando.

"Beh...a volte capita di ricevere delusioni dalle persone che più ci sembrano brave...immagino che nessuno sapesse di questi problemi che aveva, vero?" chiese, iniziando a scavare a fondo.

“Io non ne sapevo niente e neanche sua madre...povera donna, lei è quella che è rimasta più sconvolta da tutto questo. A volte mi chiedo se sia più sconvolta del fatto che il figlio sia morto, o che abbia fatto uso di droghe!"

"Immagino un po' entrambe le cose...ma questo ragazzo..."

"Si chiamava Alan barrows" disse l’uomo notando la difficoltà di Jarod.

"...Alan Barrows...era importante, insomma...qualcuno non poteva volerlo incastrare? ...Forse qualcuno sapeva e..."

"Jarod... - lo interruppe l'uomo abbozzando un sorriso "la storia è chiusa... quel ragazzo ha fatto un errore che gli è, purtroppo, costato parecchio. Ora credo che tu debba andare...non vorrai far aspettare le tue...volevo dire le nostre clienti!"

"D'accordo! Le ho fatte aspettare fin troppo, torno al lavoro! Il tempo è denaro, giusto?" sorrise Jarod tornando nella parte.

"Mi piaci, Jarod. Sei proprio quello che volevo per la mia palestra...bravura e soprattutto fascino…" e rise.

"Arrivederci, direttore!" salutò lui uscendo e chiudendo la porta. Ma non appena fu fuori dalla stanza, il sorriso svanì dalla sua faccia che si fece sospettosa.

IL CENTRO, ore 3.00 p.m.

"...Secondo me Jarod sa molto più di quello che vuole farci intendere riguardo a questa storia della bomba...Lui sa sempre tutto quello che succede qui dentro!" sbraitò Miss Parker.

"Miss Parker - intervenne Broots preoccupato - Sai io credo che adesso tu debba preoccuparti più che altro per te stessa… insomma… ti vogliono morta! Questo non significa niente per te?"

"Broots...idiota, quante volte mi hanno quasi ammazzato? Quante volte ho rischiato di morire?...In qualche modo me la cavo sempre..." rise lei.

"Si, ma questa volta se non fosse arrivato Jarod..." intervenne Sidney.

"Sentite...so quello che faccio, d'accordo? Sono grata che Jarod sia venuto ad avvisarmi...ma ora dobbiamo andare avanti, ok? Sistemerò io questa faccenda... Farò due chiacchiere col mio amato gemellino!"

"Sei sicura che sia una buona idea?" chiese Broots.

“Broots ha ragione, dopotutto lui ha tentato di ucciderti" l’interruppe Sidney nuovamente.

"Credo che ci ripenserà due volte prima di provarci di nuovo...ora vado! Questi discorsi mi fanno impazzire..." e uscì dall'ufficio diretta verso quello di Lyle. S’incamminò frettolosamente, ma ripensando a ciò che diceva Sidney: in fondo non aveva tutti i torti, questa volta senza l’aiuto di Jarod si sarebbe sicuramente trovata nell’ufficio da sola e in quel momento certamente non sarebbe stata ancora viva. Ma di fronte agli altri, specialmente a Lyle, doveva dimostrarsi la solita, come se la cosa non l’avesse minimamente scalfita. In verità anche lei aveva paura.

Arrivata di fronte all’ufficio, però, trovò la porta socchiusa e sentì da dentro parlare Lyle e Raines, così si mise ad origliare.

"Raines...allora buone notizie dall'Africa?"

"Ottime direi...ho telefonato questa mattina: il signor Prescott era già in viaggio, e questa sera potremo incontrarlo di persona!"

"Bene...sono felice che abbia accettato questo incarico. Sappiamo tutti e due che Prescott è il migliore" e cominciò a sogghignare.

"Già...dovremo accoglierlo con un caloroso benvenuto! Finalmente sistemeremo tutto insieme a lui!" disse Raines prendendo anche lui a ridacchiare.

Miss Parker, accorgendosi che la conversazione era finita (e soprattutto sentendo il rumore della bombola di Raines), capì che i due stavano uscendo, così si nascose dietro ad un muro.

Raines e Lyle uscirono, senza notare minimamente Miss Parker che sporse di nuovo il volto per vederli andare via ed assicurarsi di non essere stata vista.

NEW YORK, ore 4.30 p.m.

Jarod era di fronte a casa Barrows. Stava guardando gli articoli di giornale inerenti la morte di Alan. Ancora non riusciva a credere alla versione ufficiale trovata dalla polizia, troppe cose erano assurde. Già la casa vista da fuori sembrava piena d’amore, ma ormai quelle sensazioni erano sparite insieme ad Alan. Jarod si avvicinò un po’ di più alla casa e si rese conto che nessuno si avvicinava troppo. In quel momento dei bambini stavano giocando a palla, ma non appena il pallone finì nel giardino dei Barrows, sembrarono ammutoliti, quasi non volessero stroncare il silenzio di quella casa.

Così Jarod recuperò il pallone e lo lanciò ai bambini che lo ringraziarono, poi osservò di nuovo le finestre e notò quella che probabilmente era la madre di Alan. Era seduta vicino alla finestra, guardava senza sosta qualcosa su un tavolo, ma Jarod non poteva vedere cosa fosse.

Poi si fece coraggio e salì sul portico. Un dondolo cigolava per il vento che lo muoveva, delle bottiglie di latte nuovo sostavano di fronte alla porta. Probabilmente la donna non usciva di casa da tutta la settimana.

Jarod bussò e attese con impazienza che gli fosse aperto… 

"Sono contenta che lei, anche se non ha mai conosciuto Alan, sia venuto a farmi una visita, signor Brown!" disse la signora Barrows portando a Jarod una tazza di tè.

"Mi chiami pure Jarod...io non conoscevo suo figlio...ma mi dispiace molto per ciò che gli è accaduto!" rispose lui prendendo un biscotto dalla scatola che si trovava sul tavolo. Era un tipo di biscotti che non aveva mai visto, così li guardò molto attentamente, quasi come se non avesse mai toccato un biscotto in vita sua. La donna, notando questo suo strano interesse, intervenne.

"Sono biscotti di riso orientali…vengono direttamente dalla Cina. Non li ha mai assaggiati?"

"No...sono una novità per me! E sono buonissimi!" sorrise masticandone uno e inghiottendo. Subito dopo ne prese un altro. "Posso?"

"Oh...certo ne prenda pure quanti ne vuole...sa, anche a mio figlio piacevano molto" disse poi incupendosi.

"Lei è convinta della...versione ufficiale riguardo alla sua morte? Crede che abbia preso delle sostanze..."

"...Ormai ne sono convinti tutti! Non riesco ancora a credere che l'abbia fatto!"

"Non deve convincersi...mai, non deve darsi mai per vinta se lei crede in suo figlio! So che era un bravissimo ragazzo...e un ottimo atleta!" cercò di farla sorridere.

"Queste foto sono molto belle...e questo deve essere suo marito..." continuò osservando delle foto sulla scrivania.

"Già...mio marito – sospirò - mi ha lasciato anche lui...un anno fa è morto in un incidente stradale..."

“Lei deve farsene una ragione, andare avanti!”

"Me lo dicono tutti, Jarod...ma non credo di potercela fare…" si interruppe perché delle lacrime stavano solcando il suo viso, così triste e pieno di dolore.

"Forse la mia storia potrebbe esserle utile...io non avevo mai conosciuto i miei genitori, ero cresciuto da solo – e sorrise amaramente pensando al Centro e alla successiva fuga - Eppure non ho mai perso la speranza di trovarli...e infatti ho conosciuto mio padre e persino i miei fratelli...lei non deve smettere di sperare, loro vogliono che si faccia forza e vada avanti!" concluse porgendole un fazzoletto  e indicando le foto.

Lei lo prese e si asciugò le lacrime cercando di riprendersi. In quel momento il  campanello suonò e la donna si scusò per andare ad aprire.

Una volta di fronte alla porta, aprì e si trovò di fronte un ragazzo che doveva avere all’incirca l’età di Alan.

"Oh, ciao Scott!" sorrise lei.

"Buongiorno signora Forrest" rispose lui.

"Vuoi entrare? Ho appena preparato del tè!"

"No, grazie, sono passato solo per darle questo – disse porgendole un libro - Era di Alan...evidentemente deve averlo dimenticato a casa mia...una settimana fa. Me ne sono accorto solo oggi..." si interruppe perché notò che la donna aveva le lacrime agli occhi. Però cercò di non far notare che l’aveva visto, mentre la donna cercava di contenersi.

"Grazie Scott...sei sicuro di non voler entrare?"

"No, non ho tempo, devo correre in palestra. A presto!” e si avviò per il vialetto, uscendo dal cancellino. Sembrava che stesse quasi scappando.

Alicia Barrows rientrò nel soggiorno dove c'era Jarod che l’attendeva.

"Che caro ragazzo Scott...da quando Alan mi ha lasciata, viene qui quasi tutti i giorni...sa, erano molto amici!"

"Scommetto che era molto legato anche a lei e suo marito..." disse lui notando una foto con loro tre e Scott.

"Era come un fratello per Alan, però in questi giorni si sta comportando stranamente...ma forse sarà per quello che è accaduto…"

"Sono convinto di sì...ora credo che andrò anch'io, ma le prometto che verrò ancora a trovarla...se lei mi promette che si farà forza!" sorrise lui alzandosi

Lei sorrise per compiacerlo, poi lo scortò alla porta e la aprì, ansiosa di rientrare nella sua solitudine.

"E’ stato un piacere conoscerla, signor Brown – ma notando che lui la guardava per correggerla - ...Jarod!"

Lui, dopo essere uscito di casa ed aver superato il vialetto, si voltò verso la fine della strada dove notò Scott che camminava velocemente, quasi nervosamente. Si ritrovò a pensare e capì che non diceva tutto… 

IL CENTRO, ore 08.58 p.m. 

Sidney, Broots e Miss Parker stavano parlando di quello che la donna aveva sentito nel pomeriggio. I due erano piuttosto preoccupati per lei.

“Quindi hai sentito Raines e Lyle che parlavano di questo Prescott… E cos'altro si sono detti?" chiese Sidney curioso.

"Che Prescott avrebbe risolto tutti i loro problemi...perché era il migliore! Non so a cosa alludessero, ma non mi dice nulla di buono!" rispose lei.

Sidney sospirò nervoso "Che intendi fare?"

"Beh...penso che non starò con le mani in mano! Se quell'uomo c'entra con me e l'ordine del Triumvirato...allora dobbiamo scoprire cosa vogliono fare!" sorrise, poi il suo sguardo si spostò verso Broots, mentre lui cominciò ad innervosirsi per l’ennesimo compito che gli stava per essere affidato.

"Broots, voglio che tu scopra tutto il possibile su quest'uomo...ormai dovrebbe essere arrivato, sono già le nove di sera...devi indagare, mettere il naso in tutto quello che trovi!"

"Farò del mio meglio!" sospirò lui.

"Bene...e ora me ne vado di qui...sono un po' stanca. Mi sdraierò nel mio ufficio mentre tu scopri dov'è il nostro uomo! A dopo Sidney!" disse lei mentre usciva insieme a Broots.

“Questa storia non mi piace!” sussurrò Sidney. In quel momento il telefono suonò e lui rispose, convinto di sapere chi fosse.

“Sono Sidney!"

"Come vanno le cose al mattatoio? Vi divertite?" chiese Jarod ironicamente.

"Niente affatto jarod...siamo molto preoccupati!"

"Cosa c'è, è sparito di nuovo qualcuno? O c'è qualche finto cadavere in circolazione?" continuò Jarod.

"Ho paura che Miss Parker sarà la prossima...Raines e Lyle stanno architettando qualcosa e c'è di mezzo lei!"

"Cos'è successo?" chiese lui cambiando immediatamente tono e tornando serio.

"Lei ha sentito una conversazione tra Lyle e Raines. Dicevano che un certo Prescott sarà a Blue Cove molto presto e hanno aggiunto che lui è il "migliore"

"Immagino che sarà il migliore...come sicario...avete pensato alla sicurezza di Parker? Deve stare molto attenta, quella gente non scherza!"

"Si, lo sappiamo jarod...adesso Broots sta effettuando delle ricerche"

"Bene...speriamo che le scoperte arrivino in tempo...non vorrei fosse troppo tardi quando saprete cosa stanno architettando. Comunque mi terrò in contatto" e chiuse la chiamata. Sidney riappese il telefono pensieroso.

IL CENTRO, ore 10.00 p.m.

Le informazioni che aveva trovato Broots erano molto chiare: Raines e Lyle si sarebbero incontrati con il nuovo arrivato nel sottolivello 15. Broots aveva scovato un messaggio sulla segreteria telefonica di Lyle lasciato proprio da Raines, che lo avvisava che avrebbe accolto lui il signor Prescott nel SL, voleva dargli il “suo” benvenuto. Così, alle nove e mezza passate, i tre si erano messi alle calcagna di Raines e lo avevano seguito per vedere il misterioso signor Prescott.

Una volta giunti al sottolivello notarono l’uomo, che arrivava scortato da uno dei collaboratori di Raines, che si stava avvicinando. Era molto alto e nero, si notava la sua provenienza africana.

Sidney fu il primo a commentare la scena.

"Guardate...c'è quell’uomo con Raines!"

"Sono contento che sia arrivato!” disse Raines a Prescott stringendogli la mano.

"Abbiamo capito che sei felice, vecchia serpe, non leccare troppo i piedi, arriva al dunque! Cosa vuoi da lui?" bisbigliò Miss Parker quasi alzando la voce per la rabbia.

"Basta con i convenevoli Dr. Raines...lei mi ha detto di venire per un problema molto urgente! - rispose Prescott - Di che si tratta?" continuò quasi annoiato.

"Beh...abbiamo un problema con l'ordine che ci è stato dato...ci serve il suo aiuto per sistemare quella faccenda che il signor Lyle deve averle accennato per telefono..."

"Si...ricordo...comunque non si preoccupi Dr. Raines...a Miss Parker penserò io!" concluse ridacchiando.

"Bene...vedo che io e lei ci intendiamo con poche parole! Ci vedremo qui a lavoro compiuto...fra due sere a quest'ora. Allora avrà i suoi soldi!"

"Perfetto...e sia puntuale...altrimenti..." sorrise accarezzando la sua pistola

che in quel momento giaceva inutilizzata nella fondina.

"Io sono sempre puntuale, signor Prescott...e le consiglio caldamente...di esserlo anche lei nel suo lavoro, lo prenda come un avvertimento!" sorrise e si mosse per andare via. Miss Parker lo guardò nauseata.

"E quello dovrebbe essere il mio ipotetico padre naturale? Ma stiamo scherzando?"

"Miss Parker...cosa vorrà dire tutto questo???" chiese Broots.

"Broots, brutto imbecille! Vuol dire che dobbiamo immediatamente parlare con quest'uomo...prima che usi la sua stupenda pistola contro di me!" rispose lei arrabbiata. I tre si allontanarono subito dopo che tutti se ne erano andati dal corridoio.

NEW YORK, il giorno dopo, ore 11.00 a.m.

Scott stava eseguendo un esercizio ad una delle macchine e Jarod notò che era in difficoltà, ma mentre stava per avvicinarsi, un’altra ragazza richiese il suo aiuto.

"Jarod...allora ho fatto dieci addominali e dieci flessioni...e ora?"

"E ora fai un altro giro sulla cyclette...dopo direi che è abbastanza per oggi!" rispose sorridendo mentre lei sorrideva a sua volta.

Poi ritornò ad osservare Scott che non riusciva a tenere il ritmo.

"Accidenti..." si lamentò.

"Che succede, Scott?" chiese Jarod accorrendo.

"Ho dei problemi con questo...coso!" si lamentò lui.

"Si chiama vogatore...e comunque non è così difficile da usare! Basta tenere il ritmo..." disse lui fermando la macchina e facendola ripartire.

"Credo...di non essere dell'umore adatto per allenarmi…" continuò sedendosi.

"Scommetto che Alan ti manca moltissimo, vero?" disse Jarod sedendosi al suo fianco.

Lui sorrise amaramente.

"Prima mi aiutava lui con gli esercizi...io sono una frana! Voleva diventare un Personal Trainer, io ero la sua cavia preferita!” sorrise poi ricordandolo.

"Ma tu non trovi strano quello che è accaduto...voglio dire, io so che Alan era un ottimo sportivo, che motivo avrebbe avuto per..."

"...Non lo so – lo interruppe alzandosi in piedi - In quei giorni era molto agitato...doveva sostenere una gara importante di sollevamento pesi!”

"E tu credi che per una semplice gara di sollevamento pesi...lui avesse bisogno di aiuti non autorizzati? Io non credo...la sua scheda dice che aveva una gran forza sia negli arti superiori che inferiori!" replicò Jarod mentre Scott iniziava ad innervosirsi di più.

"Non so trovare una spiegazione, comunque...forse è uscito di testa! Può capitare a noi ragazzi...o forse temeva di non farcela e..."

"E tu non pensi che magari sia stato qualcuno a istigarlo, a dargli quelle sostanze, magari anche di nascosto?" chiese ancora.

"Può darsi...tutto è possibile, ma Alan non aveva nemici..."

"Forse qualcuno che era geloso di lui, o che non lo amava particolarmente..."

In quel momento lo sguardo di Scott andò oltre Jarod e si rabbuiò, quasi diventando terrorizzato.

"Oh...papà sei arrivato presto stasera! Devo ancora finire..." disse Scott non appena lo vide arrivare verso di lui, con uno sguardo quanto mai severo.

"Dobbiamo andare...vai a vestirti!" ordinò il padre seccato, guardando male Jarod.

"Aspetta papà...ti devo presentare il nuovo Personal Trainer...questo è Jarod Brown, Jarod, questo è mio padre, Patrick Short!"

"Tanto piacere signor..." tentò Jarod porgendogli la mano.

Il padre non rispose; continuò, invece, a guardare malissimo Jarod e poi si rivolse nuovamente al figlio: “Cosa ti ho detto? Vai a prepararti, muoviti!"

Scott annuì e se ne andò verso gli spogliatoi.

"Ho fatto qualcosa che non va? E' mio dovere come insegnante indagare su ciò che è successo, non pensa?"

"Indagare??? Lei pensi a fare il suo lavoro e non secchi mio figlio con le sue stupide domande...ma chi si crede di essere? Un poliziotto?”

"Beh...ogni tanto sì..." sorrise Jarod.

"Mi sta prendendo in giro? - chiese il padre ancora più seccato - E comunque sappia che quel ragazzo, Alan, si è cercato quello che gli è accaduto! Si è ucciso... quindi le consiglio di dimenticarsi di questa storia, mi sono spiegato?"
In quel momento tornò Scott.

"Finalmente… coraggio, andiamo!" disse Patrick. Poi diede un’ultima occhiata maligna a Jarod e si mosse verso l’uscita.

"Ci vediamo Jarod" lo salutò scott andandosene.

"A domani Scott...e mi raccomando con quegli esercizi...!". Lo salutò con la mano mentre usciva.

"Non te la prendere, Jarod" intervenne un ragazzo che aveva visto e sentito tutto. Jarod si voltò verso di lui.

"Quello è un pessimo soggetto, anche Alan, che voleva bene a Scott, lo diceva sempre!"

"Sì...ho avuto già a che fare con gente come lui. Non preoccuparti Mike! Ora riprendiamo gli esercizi!". Ma intanto guardava male l'uomo che stava salendo in macchina. Il suo sguardo si fece per un attimo sospettoso.

RIFUGIO DI JAROD, NEW YORK, 3.00 p.m.

Jarod era al computer e stava mangiucchiando i nuovi biscotti appena scoperti. Era incredibilmente preso dalle sue ricerche: entrando negli archivi della polizia aveva scoperto un settore dedicato ai ragazzi messi dentro per possesso di sostanze stupefacenti. Continuò per un bel po’ a controllare ogni singolo volto che gli capitasse davanti, finché non trovò quello che stava cercando: Scott Short. Le sue schede dicevano che era stato arrestato per possesso di droga ed era un presunto spacciatore. Era poi stato scagionato e liberato via cauzione dal padre. Ora il caso si faceva molto più chiaro: ovviamente era ormai logico che Scott non la raccontasse giusta riguardo alla morte del suo amico Alan.

NEW YORK, IL GIORNO DOPO, ore 11.00 a.m.

Jarod, nuovamente chiamato dal proprietario della palestra, bussò alla porta del suo ufficio. Si sentì chiamare all’interno e, ovviamente, sapeva già che doveva essere per la storia del pomeriggio precedente.

"Salve signor Roberts, mi ha fatto chiamare?" disse entrando e sorridendo.

"Siediti!" tuonò lui.

Jarod obbedì quasi intimorito, ma fingendo di essere un po’ dubbioso.

"Ma che ti è saltato in mente, Jarod?"

"Mi faccia indovinare...qualcuno ha fatto la spia, eh?" disse lui cercando di continuare a sorridere.

"Già...hai proprio azzeccato...e quel "qualcuno" è Patrick Short. E sai chi è quest'uomo?"

"Il padre di Scott?" chiese lui.

Il signor Roberts accennò un sorriso, però era ancora visibilmente arrabbiato. "Sì...bravo, il famoso Patrick Short, uno degli avvocati più importanti di questa città… nonché uno dei nostri migliori clienti! In due anni non è mai venuto una volta a lamentarsi! Vuoi farmi andare in rovina?"

"No, signor Roberts...ma pensavo che fosse giusto scoprire qualcosa riguardo ad Alan. Pensi anche a quello che sta passando sua madre! Non pensa che potrebbe non essere stato un semplice incidente? Forse qualcuno ha causato la sua morte..." disse lui iniziando ad arrabbiarsi.

"Ancora con questa storia! Il signor Short è venuto a lamentarsi proprio riguardo al fatto che hai letteralmente interrogato suo figlio con domande pressanti. Santo Cielo...era il suo migliore amico, non credi che aprire vecchie ferite lo farà sentire ancora peggio di come stia adesso?"

"Io penso solo che chiudere il caso in quel modo non sia giusto...volevo solo cercare di spiegare cosa sia successo davvero! Non crede che sarebbe più giusto?"

"Jarod! Tu sei un personal trainer...il tuo compito qui è di allenare quel ragazzo non a tormentarlo. E comunque il caso è chiuso anche per la polizia!"

"Va bene...farò come vuole..." mentì alzandosi e dirigendosi verso la porta.

"E cerca di sorridere....hai molte fans là fuori" concluse accennando un sorriso.

Jarod si voltò e finge a sua volta una risata d'apprezzamento

"Non si preoccupi!"

Poi uscì, ma appena fuori dall’ufficio, di nuovo, si ritrovò a pensare.

NEW YORK, ore 6.00 p.m.

Jarod stava tornando a casa, gustando qualcuno dei suoi biscotti, quando sentì delle voci provenire dal parcheggio di fronte alla palestra. Si nascose dietro un muro e restò in ascolto.

"Ti ho detto di smetterla!"

Quando i due uomini furono visibili, notò che erano proprio i due Short.

"Ascolta Scott...ormai non possiamo più tornare indietro, quello che è stato è stato. Quindi per favore, non tornare più sull'argomento, siamo intesi?"

"Ma tu non capisci papà... Io ho un peso sulla coscienza, e mi rimarrà per sempre e dovresti averlo anche tu!" rispose Scott quasi in lacrime.

"Ora basta – gridò il padre - Alan è morto...fattene una ragione!"

"Oh Dio...se solo quella sera avessimo..." iniziò Scott.

Ma il padre lo interruppe dandogli uno schiaffo che si impresse sulla sua guancia.

"Basta...parlarne...chiaro?" sussurrò a denti stretti. Poi se ne andò verso la macchina, mentre Scott, abbassando la testa, iniziò a piangere…

IL CENTRO, ore 10.00 p.m.

Miss Parker, Broots e Sidney, stavano aspettando in penombra l’arrivo di Prescott e Raines. La donna aveva passato il giorno prima e quel pomeriggio a nascondersi e non era mai stata da sola, così il “cacciatore” non aveva potuto trovarla. Ora attendevano il suo arrivo: l’avevano attirato lì con un inganno mentre Broots fingeva un ipotetico ritrovamento di Jarod per sviare Raines e Lyle, che erano partiti immediatamente per andare a prenderlo. Poi Miss Parker si era fatta vedere scendere da sola nel sottolivello 15, così l’uomo l’aveva seguita.

Broots era piuttosto nervoso.

"Questa storia non mi piace...ma che ci facciamo qui? Io a quest'ora dovrei essere a casa mia con mia figlia e non qui con il rischio di farmi uccidere da quello psicopatico!"

"Oddio, è ancora presto per fare i conigli, Broots! Ormai siamo qui, vediamo di non farci prendere dal panico, ok?" rispose Parker stufa delle sue lamentele.

"Mi sembra che stia arrivando...sì! E' prescott! E ora?" intervenne Sidney.

"E ora...aspettate e venite dietro a me: Broots, niente crisi isteriche, ok?"

Ma prima che Broots potesse rispondere, lei era già uscita allo scoperto e si era messa dietro a Prescott.

"Bene, sembra che il cacciatore sia stato prevenuto dalla sua preda, dico bene?" disse puntandogli la pistola alle spalle.

"Miss Parker!" esclamò lui tranquillo.

"Scommetto che è tutto il giorno che mi cerchi, ma non sono certo rimasta qui a farmi ammazzare da te! Dimmi immediatamente cosa ci fai qui, cosa dovevi farmi?"

Lui cominciò ad innervosirsi, poi rispose: “Non posso dirtelo!".

"Oh...la mia pistola puntata al tuo cervello striminzito dice il contrario! - caricò l'arma - Ti do cinque secondi per rispondermi! Dopo di che ti sparerò!" sorrise lei.

Lui rise sonoramente "Se mi uccidi non lo saprai mai!".

"Hai ragione, ma di sicuro io vivrò ancora per un po', mentre tu non potrai più nemmeno dire "bah"! Uno, due, tre...". Lui sospirò.

"E va bene, d'accordo...io mi chiamo David Prescott...sono un sicario del Triumvirato in Africa e sono stato mandato qui per ucciderti!”.

"Perché hanno dato questo ordine? Parla!"

"Tu sei pericolosa...molto pericolosa per il Centro!"

Sidney intervenne immediatamente: "Per quale motivo è pericolosa?"

In quel momento si sentì uno sparo e Prescott cadde a terra, grondando sangue dal torace. Subito dopo Lyle e Raines comparvero dall’oscurità e misero via le pistole.

"Siamo arrivati in tempo a quanto pare!" disse Lyle.

"In tempo per cosa?" chiese Miss Parker che stava guardando il corpo di Prescott ancora incredula.

"Ma per salvarti, sorellina! Spero tu stia bene! - continuò Lyle preoccupato -   Meno male...sei salva!”.

"Non mentire con me! So benissimo che voi eravate in combutta con questo... Voglio sapere adesso cosa vuole il Triumvirato da me, perché mi ritengono pericolosa?" gridò lei ormai arrabbiatissima.

Lyle e Raines si guardarono.

"Non sappiamo il motivo sorellina...ma noi ti proteggeremo!".

"Sì...e magari mi aiuterete a finire in un fosso con la macchina...questa è la vostra protezione!" rispose lei sarcasticamente. "Andiamocene!" disse poi agli altri due.

"Forse sono state le voci interiori a dirti che eravamo d'accordo con Prescott?"

chiese Lyle ironicamente.

Lei si voltò e sussurrò riavvicinandosi minacciosamente: "Non finisce qui...".

"Dobbiamo tenerla d'occhio!" disse Raines a Lyle una volta che Parker, Broots e Sidney furono usciti. Lyle annuì, poi chiamò uno spazzino per venire a sistemare e a portare via il corpo inanimato di Prescott.

NEW YORK, IL GIORNO DOPO, ore 1.30 p.m.

Jarod stava controllando i suoi allievi in palestra, quando notò Scott che stava facendo gli addominali alla spalliera e aveva ancora un po’ di difficoltà.

"Ciao Scott!!! Tutto bene? Ti vedo ancora affaticato..."

"No...sto bene, ma ora voglio fare una pausa!" rispose lui alzandosi.

"Senti Scott...possiamo parlare un attimo tu ed io? Ho scoperto un po' di cose sul tuo conto...e per sbaglio ieri ho sentito parlare te e tuo padre fuori di qui...ora parli tu, o ti faccio parlare io?"

Lui fece un piccolo sorriso fingendo sicurezza. "Non so di che parli!" rispose allontanandosi verso la stanza dei pesi, che era deserta.

Jarod però, che voleva sapere ad ogni costo la verità, lo seguì.

"Ne sei così sicuro? Scommetto che se parlassi alla polizia dei tuoi precedenti non ci metterebbero un secondo ad incolparti di ciò che è successo ad Alan!" gridò sbattendolo seduto mentre lui cercava di scappare.

"Ehi... - protestò Scott alzandosi e guardandolo dritto negli occhi - Se credi che io c'entri con il suo incidente ti sbagli!"

"Se mi sbaglio...voglio che tu mi dica la verità...perché so che tu sai cosa è successo...aiutami a farlo ricordare per quello che era, Scott...un ottimo atleta, un bravo figlio...ed il migliore degli amici!" disse con occhi dolci.

Dieci minuti dopo camminavano fianco a fianco nel parco di fronte alla palestra; almeno una ventina di bambini stavano giocando o sui dondoli, o sulle altalene o a nascondino.

"Molto spesso, di sera, il signor Roberts lasciava ad Alan le chiavi della palestra. Voleva allenarsi da solo!" iniziò a spiegare sorridendo. Ma subito dopo il suo volto si fece molto più serio.

"Quella sera anche io andai lì...nessuno lo sapeva, neanche lui, gli feci una sorpresa! Volevo aiutarlo perché avrebbe avuto un'importante gara tre giorni dopo!"

In quel momento Scott iniziò a ricordarsi tutto ciò che era successo.

Lui ed Alan stavano facendo degli esercizi con i pesi, quando Scott notò la stanchezza dell’amico.
"Ehi Alan, tutto bene?" chiese Scott.
"Sì… sì sto bene, ma questo esercizio è molto faticoso. Mi riposerò un attimo!"
"So che tra pochi giorni ci sarà la gara. Sei pronto?" chiese Scott.
Alan, sospirò "Non lo so Scott...il fatto è che dovrei allenarmi di più, ma il tempo è poco e in questi giorni mi stanco facilmente! In più passo molto tempo con mamma, in questo periodo sta molto male per via di papà!" rispose.
Scott si avvicinò ad Alan.
"Ehi, amico, io posso aiutarti!". Tirò fuori una scatoletta, l’aprì e prese una pastiglia.
"Se prendi una di queste sarai in perfetta forma per la gara!"
"Scott, ancora con quella roba? Lo sai che la odio, quindi falla sparire!" si lamentò Alan.
"Ehi, non scaldarti! Il mio era solo un aiuto, ma se proprio non la vuoi..."
"No… non la voglio!" aveva ripetuto.

Scott tornò alla realtà "Maledizione, perché ho voluto a tutti i costi che la prendesse?" si disperò.

"E poi cosa successe? Prese le pillole???" chiese Jarod, che cominciava finalmente a vederci chiaro; ma Scott fece cenno di no con la testa.

"Alan ad un certo punto si è allontanato un momento per andare a prendere il suo asciugamano...ed è a quel punto che... – si interruppe un attimo - Che gli ho messo la pastiglia nella sua bottiglietta dell'acqua, ma non pensavo che..."

Poi tornò a ricordare...

Alan bevve dalla bottiglia, ma dopo pochi minuti cominciò a non respirare più.
"Scott...non riesco...a..."
"Alan...ma che ti succede?" chiese allarmato l'amico.
"Non...respiro..."
"Maledizione...ma perché reagisci così? Non pensavo che una semplice pastiglia..." si disperò Scott, mentre prese di corsa il suo cellulare.

"Fammi indovinare...proprio mentre stavi per chiamare è arrivato qualcuno... vero?" chiese Jarod sapendo già di chi si trattasse.

Scott annuì: "Mio padre..."

"Ma che sta succedendo?" chiese il padre allarmato.
"Alan...sta male non respira...papà dobbiamo subito chiamare l'ambulanza!"
"Non dirmi che gli hai dato una pastiglia stupefacente? Ti avevo detto di liberartene!" lo rimproverò il padre.
"Questo non è il momento di discutere, devo chiamare subito l'ambulanza!"  gridò Scott. Ormai era agitatissimo e con le mani tremanti stava per comporre il numero, mentre Alan stava ancora accasciato al suolo cercando di respirare.
"No aspetta... - lo aveva interrotto il padre prendendogli il cellulare – Ma non capisci? Se chiami l'ambulanza finirai di nuovo nei guai!"
"Non mi importa, papà...io devo salvarlo! E’ colpa mia se sta così male!"
"Beh, ma io non voglio che la mia reputazione venga di nuovo rovinata per un tuo guaio. Ho già rischiato due anni fa, ricordi? Quando ti hanno beccato con la droga!"
"E preferisci sacrificare la vita di Alan?...Io no di certo e ora..."
"...Ora verrai via con me e non voglio sentire altre scuse!"
"Vuoi lasciarlo morire?" chiese il figlio stupito e sconvolto.
"Preferisci la galera?" domandò a sua volta il padre. Poi lo trascinò via.
“Scott...non...lasciarmi...qui...” mugugnò Alan.
“Alan!” gridò Scott cercando di divincolarsi.
“Lascialo stare, non puoi fare più nulla per lui!”
“Papà, lasciami!”
“Piantala ho detto!” ordinò il padre.
E così uscirono dalla palestra, senza ascoltare più nessuna invocazione da parte di Alan.

Scott iniziò a piangere.

"Io non volevo...non volevo lasciarlo!"

"Lo so Scott...ma ora è tempo che il vero colpevole di questa storia...venga smascherato!" rispose Jarod con uno sguardo pieno di volontà di vendetta... 

Quel pomeriggio Jarod si fermò in palestra anche dopo l’orario di chiusura, trovò la scusa che doveva sistemare un po’ di apparecchiature. Prima andò in farmacia, dove trovò tutto l’occorrente per sistemare la sua idea per far confessare il padre di Scott, poi preparò il campo per giocare a squash.

Si avviò nell’ufficio e sorridendo cercò il numero di Eric Short e lo compose con calma.

"Cosa c'è?" rispose quello alzando la cornetta.

"Signor Short, sono Jarod Brown...si ricorda di me?"

"Sì...il Personal Trainer...cosa vuole?" chiese nervoso.

"Volevo chiederle scusa per la mia intromissione nella faccenda... e volevo invitarla a fare due tiri a squash in palestra oggi, suo figlio mi ha detto che lei è molto bravo!"

"Si...me la cavo. D'accordo allora, facciamo stasera alle otto d'accordo?? Mi farò lasciare le chiavi dal signor Roberts, cosi non saremo disturbati!"

"Bene...l'aspetto!" concluse Jarod chiudendo la chiamata e sorridendo. Poi guardò la bottiglia drogata che aveva appena preparato e la mise nella sua sacca, pronta per l’uso. 

NEW YORK, ore 9.30 p.m. 

Era ormai passata mezz’ora dall’inizio della partita e Jarod si stava battendo con una notevole bravura contro Short.

Ad un certo punto quest’ultimo chiuse il game e così potè nascere il momento adatto per far scattare la trappola.

"Beh...Scott mi aveva avvisato che mi battevo contro il migliore! Ora mi ci vuole proprio un break...sono un po' stanco!" disse Jarod sedendosi sulla panca. Poi, mentre Short si avvicinava, scambiò senza farsi vedere la sua bottiglia con quella appena preparata. Eric si sedette, ignaro dello scambio, e la prese.

"Eh già...però devo ammettere che l'ho sottovalutata Jarod, anche lei se la cava" sorrise bevendo.

"Grazie! detto da lei è davvero un complimento!" rispose Jarod; poi bevve anche lui guardando Short con aria maliziosa...e proprio in quel momento lui iniziò a star male. Si accasciò a terra e cominciò a respirare affannosamente.

"Oh...si sente male signor Short?" chiese mentre lui non riusciva a rispondere.

“Jar...non riesco a re...spirare!"

"Ah...credo di aver fatto un piccolo errore! Avevo messo delle sostanze per aiutarla nella sua bottiglia...ma credo di avere esagerato un pochino con le dosi!" sorrise lui.

"Cosa?" chiese Short ansimando.

"Già...oh ma...non è un problema...l'effetto è molto veloce...cinque minuti e via!"

“Non...startene lì...impalato...chiama l'ambulanza!" ordinò.

"Perché? Lei l'ha chiamata quando Alan si è sentito male? Risponda!!! Lei l'ha chiamata?" urlò Jarod, ormai nero per la rabbia.

"Ma di cosa parli?"

"Ha lasciato da solo il povero Alan, che stava malissimo, proprio come lei ora! Lo sente il dolore, signor Short? Ma Alan non poteva fare nulla, e lei aveva troppa paura per la sua reputazione...E così se n’è andato, trascinando via suo figlio...lasciando da solo Alan...che andava incontro al suo destino! Completamente indifeso!"

"Tu vaneggi...chiama subito..." si interruppe.

"Oh no...io non vaneggio...ma forse lei può aiutarmi a vedere chiaro in questa faccenda! Se confessa subito... chiamerò l'ambulanza... andiamo!" sussurrò avvicinandosi e sorridendo.

"Sei pazzo - sussurrò lui - Io non...ho niente...a che vedere...con la morte di...quello stupido...”

"Bene...allora me ne vado...penso che Alan avrà molte più cose di me da chiederle...". Jarod fece per andarsene.

"No...no...non andartene...E va bene sono stato io...d'accordo maledizione...ma l'ho fatto per mio figlio..."

"Dubito che lei l’abbia fatto per questo, non sa pensare ad altro che a se stesso! E così ha sacrificato la vita di un ragazzo amato da tutti! Bene signor Short..." sorrise stoppando la cassetta nel registratore che aveva nascosto.

Poi fece per andarsene verso la porta d’uscita.

"Ora chiama l'ambulanza..."

"Se fosse successo a me...lei non l'avrebbe fatto! Così come con Alan! Addio!" e uscì dalla porta fra le urla di Short.

Subito fuori c’erano Scott, il signor Roberts e la mamma di Alan che avevano sentito tutto. Jarod si mosse verso di loro.

"Ora è tutto finito..." disse rivolto alla mamma di Alan.

Poi guardò il proprietario: "Ci pensi lei a Short!"

"Ma gli hai dato veramente delle pastiglie stupefacenti, Jarod?” chiese Roberts preoccupato.

"No... - disse guardando Scott - fra circa sette minuti l'effetto dei farmaci che gli ho somministrato svanirà...giusto in tempo per far arrivare la polizia! O l'ambulanza..." rispose scoppiando a ridere.

"Grazie Jarod" disse Scott.

"Stai lontano dai guai...e prenditi cura di lei!" sussurrò per non farsi sentire dalla madre di Alan.

"Non preoccuparti… lo farò"

E poi Jarod se ne andò; guardò il cartellino che aveva al collo, lo staccò e lo gettò in cestino subito fuori dalla palestra. Poi sorrise e si mosse verso la macchina parcheggiata lì davanti.

APPARTAMENTO DI MISS PARKER, ore 11.30 p.m.

Parker era seduta sul divano e stava guardando la televisione facendo uno zapping continuo fra i vari canali. Non trovava niente che riuscisse a distrarla dal pensare alla sua vita e al sicario. Continuava a chiedersi cosa volesse il Triumvirato da lei.

Il telefono squillò, così lei lo prese per rispondere.

"Pronto!"

"Tutto bene Miss Parker?"

"Certo...come al solito la gente in questo posto, muore prima di poterti dire qualcosa di importante...ma ormai ci ho fatto l'abitudine!"

"Ho saputo del sicario...devi stare molto attenta in futuro"

"Tu credi che ne troveranno un altro? O che ci proveranno di nuovo?"

"Temo proprio di si...non sei più sicura al Centro...dovresti andartene da lì!"

"Già...fuggire, come hai fatto tu, giusto? E cosa risolverei? Passerei la vita in fuga, proprio come fai tu! Senza contare che non riuscirei mai a scappare, non conosco l'arte...dovresti insegnarmi qualcosa..." rise sarcastica. Jarod, nel frattempo, rideva sotto i baffi.

"E poi...come farei a catturarti se me ne andassi da qui?” continuò Parker.

"Sempre a caccia, Miss Parker!" Jarod sorrise.

"Beh...dopo che ho scoperto di essere anch’io una preda...l'unica cosa per distrarmi è far finta di essere sempre la cacciatrice numero uno, non credi?"

"Già...Benvenuta nel club". E con questo chiuse la chiamata appendendo il telefono. Miss Parker ritornò nei suoi pensieri, mentre lui cercava di non pensare ai pericoli che lei stava correndo al Centro…


Jarod il Camaleonte Italia - Virtual Season © 2004 Antonio Genna

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