Il Camaleonte Fan Fiction

La verità può ucciderti o renderti libero (2^ parte)


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Il Centro
Blue Cove, Delaware

Camminava decisa, facendo ticchettare sul pavimento lucido i 6 cm delle sue costose e italianissime scarpe… sapeva che molti degli spazzini che superava erano divisi a metà tra la paura che incuteva loro e il desiderio di ritrovarsi soli con lei, senza una minaccia reale sulle loro teste, per almeno un paio d’ore.
Beh, che si lustrassero pure gli occhi. Era tutto ciò che avrebbero mai avuto.

Da quando aveva cominciato ad uscire con gli uomini, ed era passato un bel po’ di tempo, non si era mai abbassata a quegli imbecilli che lavoravano al Centro.
Scelti in base al rapporto inversamente proporzionale che c’era tra muscoli e cervello, potevano andare bene per qualche segretaria disperata, in cerca di ginnastica. Non per lei.
I suoi uomini li sceglieva in base allo sguardo che avevano. Da predatore. Le piacevano le sfide. Quelle pericolose oltre misura.
Una smorfia amara le distorse il bel volto.
Mentre entrava nell’ascensore e spingeva il bottone del piano dove si trovava il suo ufficio alzò istintivamente lo sguardo, verso il foro di proiettile. Un memento del Centro. Uno dei tanti.
Mentre scendeva, pensava. Quanti le avevano lasciato il loro numero di telefono? Dozzine. Quanti ne aveva richiamati? Nessuno.
Gli uomini li aveva sempre usati come passatempo. Qualche cena. Più spesso solo un drink. Un po’ di sesso, veloce e senza impegni. E poi di nuovo a ballare, sui carboni ardenti della sua vita. Tutti uguali. Tranne Tommy.
Pensieri come questo scorrevano dietro quegli incredibili occhi di ghiaccio, mentre l’ascensore si fermava. Questi ed altri.

A chi l’avesse vista ora, mentre spalancava le porte di vetro , sarebbe sembrata la solita Miss Parker. La Regina di Ghiaccio. Invece era furiosa. No, meglio era pronta a sgozzare a qualcuno. Uno in particolare. Quel essere sibilante di Raines. Ripensando agli avvenimenti della mattina, sentiva montare la bile.
“Questo è davvero troppo!!! Questo posto maledetto mi sta logorando ogni giorno di più… Ora per vedere mio fratello, sono anche costretta a chiedere il permesso a quel mostro di Raines…”

Da quando lei e Mr. Parker erano tornati al Centro, dopo la nascita del piccolo, lui lo aveva lasciato alle “amorevoli cure” del dottor Raines e da allora se ne era completamente disinteressato. La cosa che le sembrava più assurda è che suo padre aveva fatto di tutto per avere quel figlio…
Il bambino era nato con una insufficienza respiratoria ed era stato subito portato in un sottolivello del Centro dove ora lottava per sopravvivere attaccato ad un respiratore. Quando MP lo aveva visto così fragile, solo, guardato a vista da una nurse, che di umano aveva solo lo stetoscopio, aveva sentito un impulso irresistibile di prendere quel bambino tra le braccia e proteggerlo.
Naturalmente non poteva farlo. Se anche non le fosse stato proibito, non avrebbe potuto mostrare a nessuno quel lato di sé. Perciò, aveva deciso di dargli per lo meno il conforto della sua presenza, anche se solo da dietro una parete di vetro.
Tutti i giorni, durante la pausa pranzo, quando i mastini di Raines si allontanavano qualche minuto, si recava nel SL-22, e rimaneva lì ad osservarlo per un po’.

Il primo atto della farsa, che si era compiuta quel giorno, si era svolto appunto davanti alla finestra della stanza sterile del piccolo P. Quella mattina Raines l’aveva raggiunta.
Si aspettava che prima o poi sarebbe successo. Sapeva che c’erano telecamere dappertutto e che sicuramente il suo atteggiamento non era passato inosservato. Anzi, in un certo senso, la sorprendeva il tempo che c’era voluto prima dell’esplosione.
In ogni caso, quando aveva sentito il cigolio delle ruote  che lo accompagnava, si era voltata ad affrontarlo. Quello che non aveva previsto era, però, un attacco così feroce da parte sua.
L’aveva trattata come una persona qualsiasi, rimproverandole il fatto di essere lì senza autorizzazione. Eppure lei doveva sapere che solo lui poteva avvicinare il piccolo!!!
Non l’aveva neanche lasciata parlare, tanto era furibondo, e aveva ordinato di allontanarla immediatamente, anche con la forza.

A questo punto lei aveva pensato di superare l’ostacolo in un’altra maniera.
Inizialmente, aveva immaginato un supplizio lento e molto doloroso che potesse lasciargli un ricordo permanente di lei. In fin dei conti si poteva vivere anche senza testicoli!!!! O no??!!
Quindi aveva immediatamente deciso di dare un colpo all’ego di quel mostro: il suo nome, come sempre, sarebbe servito a scavalcarne l’autorità. E sapeva che questa era un cosa che odiava .
Si era così rivolta a suo padre, convinta di trovare in lui un valido alleato. Invece, aveva dovuto ricredersi…
Suo padre l’aveva fatta sentire come una bambina capricciosa, che smania per una sciocchezza, rimproverandola e lanciandosi in una lunga orazione sul Centro e le sue gerarchie e poi le aveva dato il colpo di grazia concludendo il suo discorso:

-      …quindi Raines ha perfettamente ragione, ho affidato a lui, e solo a lui la salute di tuo fratello e pretendo che mia figlia mi appoggi e mi obbedisca…e questa, angelo mio, non è  una richiesta.   -

Lei non aveva sopportato oltre. Contenendo a stento la rabbia che l’aveva invasa, e reggendo a fatica alla nuova delusione che il padre le aveva inflitto, aveva preso la sua decisione.
Sarebbe partita, si sarebbe allontanata per qualche tempo dal Centro… Un po’ di giorni lontana da quel posto, che continuava a rovinarle la vita, le avrebbero fatto bene.
Anzi, no, le erano assolutamente indispensabili per riacquistare il suo equilibrio, che minacciava di crollare da un momento all’altro.

Mentre esponeva il progetto a suo padre era rimasta allibita. Non appena aveva pronunciato la parola “vacanza” Mr. P  si era rasserenato e visibilmente sollevato le aveva detto:

      Fai bene, angelo mio, un periodo di riposo è quello che ti ci vuole…    -

Anche Raines, che aveva assistito a tutta la scena, le era sembrato soddisfatto.
Allora, aveva capito di essere stata manipolata. Raines aveva raggiunto il suo scopo, l’aveva esasperata a tal punto che lei stessa aveva volontariamente deciso di andarsene. Beh, se pensavamo che gliel’avrebbe data vinta così facilmente, si  sbagliavano, e anche di grosso!

Strano come le persone non imparino mai dal passato.
Eppure già una volta aveva avvertito Raines di non sottovalutarla.  Sarebbe partita ma avrebbe preso le sue contromisure.

Certo, la sua umiliazione, lì, davanti a suo padre, ma soprattutto davanti a Raines, era stata grande. Non aveva potuto fare altro che andarsene da quella stanza e tornarsene nel suo ufficio, momentaneamente sconfitta. Lì aveva preso a  passeggiare nervosamente per alcuni minuti, imponendosi di pensare.

“ Pensa Parker. Rifletti. Azione. Reazione. Dai e prendi. Non era quello che suo padre le ripeteva fino alla nausea, fin da bambina? Beh, caro papà,  è ora che il tuo angelo ti faccia capire quanto sono state preziose le tue lezioni!”

Afferrato il telefono, aveva composto il numero di un interno e quindi si era accasciata sulla poltrona, esausta, chiudendo gli occhi e massaggiandosi le tempie.

Era ancora in quella posizione, quando sentì un leggero bussare alla porta.

-         Avanti, Broots!!    - ordinò seccamente.

Prima di entrare, lui fece un respiro profondo e, quindi, si decise ad aprire la porta.
Parker, nel frattempo  aveva preso a stipare la sua 24 h di documenti. Era vero che sarebbe stata via solo per pochi giorni ma, per niente al mondo avrebbe lasciato quelle carte incustodite. Non aveva mai rinunciato a trovare il mandante dell’omicidio di Thomas e quei documenti le erano costati troppo per poterli perdere ora. Era vicina alla soluzione, lo sapeva. Alzò lo sguardo:

-        Broots,  santo cielo, non restare lì impalato, entra e chiudi quella dannata porta… o vuoi rendere partecipi tutti gli spazzini in circolazione?   -

Broots obbedì, ormai era un riflesso incondizionato, e quindi la scrutò attentamente. Quel giorno era stupenda, come sempre del resto, anche se indossava un severo tailleur nero che le nascondeva le magnifiche gambe.
Si era già da tempo rassegnato ad ammirarla da lontano. Quando aveva tentato di farle capire cosa provava per lei, si era detta lusingata, ma gli aveva detto, in maniera definitiva, che tra loro non sarebbe mai potuto accadere nulla. I loro rapporti erano rimasti quelli di sempre.

Si riscosse e balbettò:

-       M...mi hai chiamato Miss Parker, ti occorre qualcosa?   - 

-       Vedo che le tue capacità deduttive migliorano di giorno in giorno, Broots!! Certo che ho bisogno di qualcosa, non ti ho mica chiamato per grattarmi la schiena !!!   -

Gli rispose irritata.

Broots la osservava mentre lei continuava imperterrita a raccogliere le sue cose senza nemmeno alzare lo sguardo su di lui.
La detestava quando lo trattava in quella maniera, perché sapeva bene di meritare un po’ di rispetto. In fin dei conti lui si era sempre fatto in quattro quando lei gli aveva dato una missione da compiere. Senza le sue capacità deduttive e la sua abilità con il computer, lei non avrebbe mai potuto portare a termine neanche la metà dei suoi incarichi.
La sua voce, ora più calma, lo riportò alla realtà.

-        Senti,  - riprese stancamente lei -  , è che oggi è stata una pessima giornata…   -

Chiedere scusa era un qualcosa che non apparteneva alla sua natura, e quella concessione era il massimo dello sforzo: di certo non avrebbe ottenuto di più, dovette prendere atto sarcasticamente Broots.

        …perciò vado via per qualche giorno.   – stava continuando lei

-        L’aria, in questo posto, si sta facendo sempre più pesante ed io ho bisogno di staccare…   -

Sentiva che stava per arrivare dell’altro. Le viscere gli si attorcigliarono, mentre assorbiva quello che inevitabilmente lei aggiunse…

-       Ho bisogno che tu faccia delle ricerche…   - lo sapeva, già si vedeva carponi in qualche ufficio, a rischiare il collo come al solito. Avrebbe mai capito quanto era importante per lui? Che solo per lei, violentava la sua natura tranquilla, metteva a repentaglio la vita sua e di sua figlia?

      Devo affidarti un incarico molto delicato e quindi seguimi attentamente   -

L’attimo di debolezza era passato e lei era tornata la donna decisa ed efficiente di sempre. Certe volte sentiva di odiarla.

-         Broots, voglio che ti tenga continuamente aggiornato sulle condizioni di salute di mio fratello, e  inoltre devi ottenere più informazioni possibili sul protocollo terapeutico che Raines sta applicando per curarlo.   - Nel dargli queste direttive finalmente alzò gli occhi e lo guardò.

Broots si aspettava qualcosa di pericoloso, tutto ciò che riguardava il Centro lo era. Ma quelle parole furono ugualmente, per lui, un pugno nello stomaco !
Già sorvegliare il piccolo P. sarebbe stato difficile, perché, nonostante lui fosse il responsabile della sicurezza, e dirigesse il sistema centrale di controllo, non era il solo a supervisionare le  telecamere e, sicuramente avrebbero notato il suo interessamento al piccolo P. Al Centro anche i muri avevano occhi ed orecchie. Inoltre nessuno poteva avvicinarsi al sottolivello dove veniva curato il bambino, tranne i fedelissimi del Dr. Raines e  sudava freddo al solo pensiero di Willie che lo scopriva a ficcanasare dove non doveva.
Ma la seconda richiesta di MP era addirittura improponibile!!

Raines non era un uomo, ma il diavolo personificato!! Era sopravvissuto a incidenti, o meglio ad attentati, che sarebbero risultati immediatamente fatali per chiunque altro. Come avrebbe potuto lui, Broots, trafugargli dei documenti che avevano tuta l’aria di essere dannatamente  importanti? Anche lei doveva rendersi conto dell’assurdità di quanto gli chiedeva. Provò ad obiettare:

-   Ma Miss Parker lo sai che nessuno può avvicinarsi a…  -

Lo fulminò con lo sguardo:

-         Broots, ti sembro una che stava aspettando una risposta? Lo so che è difficile, ma non ammetto proteste, né defezioni… E’ troppo importante per me e tu devi fare il possibile... no, l’impossibile per avere quelle informazioni, capito? Non voglio, per ora, coinvolgere Sydney, merita di avere una famiglia anche lui, quindi tu sei l’unico a cui mi possa rivolgere e di cui mi possa veramente fidare. Ora vai, hai perso fin troppo tempo…

Si girò verso la porta per andarsene, già pensando alle conseguenze di quello che avrebbe dovuto fare:

“ e oltretutto non chiede mai per favore. Ordina lei, Non ho forse una famiglia anch’io? Che farebbe Debbie se dovesse succedermi qualcosa? Chi si occuperebbe di lei? Possibile che non capisca quanto rischio? Quanto …”

-         … ah..  Broots… sta attento e... grazie.  -

Se prima aveva minimamente dubitato, ora non più. Non le avrebbe negato il suo aiuto, come del resto non lo aveva mai fatto fino ad allora. Per quanta paura avesse, avrebbe dato qualsiasi cosa per vederla felice o almeno soddisfatta.  Anche solo per poco.
Sì. Se lei era sopravvissuta tutta la vita dentro quel carcere, lui avrebbe messo in gioco qualcosa per lei. Glielo doveva. Non aveva sempre potuto contare su di lei, dopotutto? Non aveva fatto tutto quello che  poteva per aiutarlo, quando il Centro voleva abbandonarlo a quello psicopatico di Damon?
Era in debito con lei. Sapeva che in fondo lo stimava. Glielo aveva anche detto una volta, anche se a modo suo. E forse gli voleva anche bene. Poteva bastargli.
La stava osservando mentre, a passo deciso si dirigeva verso la porta, quando improvvisamente le chiese:

-         Ehm… aspetta… come faremo a tenerci in contatto? Non mi hai nemmeno detto dove stai andando! Come farò a rintracciarti se dovessi scoprire qualcosa? Come…   -

-         Piano Broots, o ti scoppierà una vena !! Non ho dubbi riguardo al fatto che scoprirai qualcosa! Questo posto è talmente pieno di scheletri che saltano fuori nei momenti più impensati! Bisogna solo saper aspettare. Scoprirai qualcosa e sarà sicuramente terribile, come sempre del resto… In ogni caso non ti preoccupare, chiamerò io. Non so dove sto andando, non ancora!  -

Il tono della voce si ammorbidì un po’.

-   So solo da dove partirò 

E con questo infilò la porta e scomparve.

Broots stava ancora fermo in mezzo alla stanza: se l’era vista sfilare davanti come un ciclone.

Si domandò cosa poteva averla  sconvolta così tanto… Questa volta il Centro doveva avere superato ogni limite.

Di sicuro c’entrava suo padre. Solo lui riusciva a ferirla in quel modo. Lei credeva che lui non lo sapesse. Che non capisse quello che passava dietro quei magnifici occhi. Invece sapeva. Avrebbe voluto essere lui, l’uomo in grado di darle la serenità che meritava. Non era e non sarebbe mai stato così, purtroppo! Ma Dio solo sapeva quanto avesse bisogno di un amico. Questo almeno gli era concesso.

Come del resto sapeva dove stesse andando ora. Dove andava sempre quando aveva bisogno di conforto. Al cimitero. Da Thomas, da sua madre. Era talmente assorto che non si accorse di essere spiato…

Angelo aveva seguito tutta la scena dal condotto di aerazione e ora digitava velocemente sulla tastiera di un portatile. Il suo amico doveva immediatamente essere informato di quello che stava succedendo. Aprì la posta elettronica.

MITTENTE: CJ
DESTINATARIO: PEZ
OGGETTO: RIFUGIO

(To be continued...)  

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(scritto da Lexi e Beba)


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