Il Camaleonte Fan Fiction

Jesse


Jarod era stanco. Stanco di scappare, stanco di doversi sempre guardare alle spalle e avere sempre il fiato di miss Parker sul collo. Troppe volte era stato vicino alla verità che poi gli era stata sottratta da sotto il naso. Ma aveva deciso. Non sarebbe più scappato. Era meglio vivere una vita senza sapere chi fosse, che non viverla affatto. La porta si aprì con un tonfo. Miss Parker, ansimando, si diresse verso Jarod, che non aveva mosso un muscolo. Gli puntò la pistola alla tempia: "Finalmente ti ho preso, Jarod." A quel punto Will, uno dei sicari di Raines irruppe nella stanza: sia Jarod che miss Parker si voltarono. Miss Parker vide la mano di Will che si avvicinava alla fondina. Ma non fece in tempo a reagire, a opporsi, che Will sparò a Jarod. Miss Parker era incredula: non poteva credere che Raines avesse veramente fatto sparare a Jarod. Si avvicinò a lui per sentire se respirava ancora. Jarod era ancora vivo e cosciente. Fece segno a miss Parker di avvicinarglisi: "Apri...la scatola sul...tavolo..." Miss Parker lo guardò: in quel preciso momento, lui era lì per terra, con una pallottola nel petto che molto probabilmente lo avrebbe ucciso, e le diceva di guardare dentro una scatola? Riluttante, miss Parker si avvicinò al tavolo e prese la scatola: al suo interno c'erano delle foto di un bambino di circa un anno, dei quaderni e un diario. Il diario di Catherine Parker. Miss Parker richiuse la scatola e la riappoggiò sul tavolo.
"Ehm...Will, puoi andare, ci penso io a riportarlo indietro. Anzi, va a chiamare Sidney e digli che deve venire qui. Immediatamente."
Will guardò sospettosamente la donna, ma quando lei accarezzò il calcio della sua Smith and Wesson, uscì dalla stanza. Parker si chinò nuovamente su Jarod, che aveva perso i sensi: non sapeva il perchè o il percome, ma sentiva che, un tempo, lei aveva provato qualcosa per Jarod. Lo sentiva, ma non lo ricordava e non sapeva spiegarlo.
Dopo cinque minuti, Sidney arrivò con la sua borsa in mano. Miss Parker lo guardò e basto quello sguardo per fargli capire che non era stata lei. Sidney sapeva che non ne sarebbe mai stata capace: avrebbe potuto sparare a suo padre, ma mai, per nessuna ragione al mondo, avrebbe sparato a Jarod, ne era certo. Dopo un primo esame, Sidney si rese conto che le condizioni di Jarod non erano delle migliori: "Dobbiamo portarlo in un posto dove tu possa curarlo al sicuro."
Sidney annuì. "Intanto portiamolo via di qui, dove portarlo lo so già." Aiutato da miss Parker, Sidney caricò Jarod in macchina. Lei si sedette dietro, tenendo la testa di Jarod fra le mani. Gli passava le mani sulle guance, sulla fronte e fra i capelli e, ogni volta, le sembrava di averlo già fatto altre volte. Jarod si voltò verso Sidney. "Ora lo sò perchè sono scappato: se non ce la facessi, dille tu la verità." Miss Parker guardò Sidney: che aveva di tanto importante da dirle Jarod? Sidney si sottrasse allo sguardo interrogativo della Parker e partì. Dopo un paio d'ore, arrivarono a una casetta di montagna: era un posto stupendo, immerso nella natura. Dei grandi cedri circondavano la casa, quasi come per nasconderla alla vista degli estranei, mentre un fiume le scorreva accanto.
Cosa che successe spesso quel giorno, miss Parker ebbe un altro deja-vu: una donna...una donna identica a lei, molto probabilmente sua madre, incinta. Un secco richiamo di Sidney la fece tornare bruscamente al mondo reale. Si avvicinò alla macchina, nella quale Jarod giaceva privo di sensi. "Il battito è debole, riesco a malapena  a sentirlo. Se non lo portiamo subito dentro per fermargli l'emorragia, morirà. Dammi una mano a portarlo dentro, Parker!!" Parker prese Jarod per i piedi, mentre Sidney, che lo prese per le braccia, faceva strada. Quando entrarono, la casa si rivelò più accogliente di quanto previsto: sembrava che l'avesse arredata miss Parker in persona. C'era un grande divano al centro del salotto, proprio davanti al caminetto. Le tende erano molto spesse, tanto che bastava chiuderle per creare nel salone una leggera penombra. La grande cucina era divisa in due da un bancone, al di sopra del quale erano appese pentole, tazze e cianfrusaglie varie. Sidney portò Jarod al piano di sopra. Andò a mettere gli strumenti chirurgici in una pentola, in modo da sterilizzarli e chiese a miss Parker di levare la camicia a Jarod. Sidney chiuse la porta della camera, dicendole di sbrigarsi. La sua mano tremava mentre apriva la porta e non ne capiva neanche il motivo: non capiva neanche il motivo per il quale aveva salvato Jarod, nascondendolo al Centro e a suo padre. Lui era steso al centro di un grande letto, immobile. Il respiro era talmente flebile che per sentirlo dovette avvicinare l'orecchio alla bocca. Voltò il viso e si ritrovò a una distanza minima dalla bocca di Jarod. Provava l'irrefrenabile impulso di avvicinarsi ancora di più e baciarlo. Jarod ebbe un sussulto ed aprì gli occhi, trovandosi praticamente miss Parker addosso. Lui non si mosse, quasi per aspettare una reazione di miss Parker. Solo che la donna non si ritirò, ma avanzò ugualmente verso Jarod. Le loro labbra si incontrarono, in un bacio appassionato. Ma non era il classico primo bacio, immaturo e spensierato, era qualcosa di più profondo, come se...si fossero già baciati prima. Lei si alzò, visibilmente imbarazzata, non per ciò che era successo, ma per ciò che sarebbe successo se si fossero lasciati andare se Jarod non fosse stato ferito.
"Kate, io..."
Miss Parker si voltò, guardandolo stupita
"Ma tu...come fai a sapere il mio nome, Jarod?"
Jarod sospirò. "Non è ancora il momento che tu lo sappia. Ma quando starò meglio, saprai tutta la verità, te lo giuro."
"Ma perché non posso saperla ora la verità?"
"Perché, se come penso, dovessi morire, non potrei mai perdonarmi di averti perso. Di nuovo."
Miss Parker era stupita, non sapeva che dire o che pensare. In quel momento, entrò Sidney e percepì immediatamente la tensione che si era creata fra loro due.
"Parker! Esci, devo estrargli la pallottola."
Miss Parker lasciò riluttante la stanza, tenendo lo sguardo su Jarod fino a quando Sidney non chiuse la porta.
"Ma sei impazzito? Sei andato completamente fuori di testa, Jarod? Non glielo avrai detto, spero!"
"Ma certo che non glielo ho detto! Non sono mica così stupido! E poi non voglio che sia tu a spiegarle tutto, devo farlo io. Il bambino dov'è? Dove lo hai portato?"
"Stà tranquillo, Jesse è di sopra. Miss Parker non si è accorta di niente, o almeno credo. Ma non potrà dormire ancora per molto tempo, quindi devo inventarmi qualcosa. Ora devo addormentarti..." Sidney si voltò e si diresse verso il tavolo.
"Sii sincero, Sid. C'è la probabilità che non mi risvegli, giusto?"
Sidney non si voltò per non farsi vedere da Jarod: la possibilità che lui si risvegliasse era praticamente inesistente. Ma doveva tentare di salvarlo.
"Lo so che stò per morire... ho registrato un filmato, faglielo vedere, capirà tutto."
"Ci vediamo fra qualche ora, Jarod"

Il proiettile era vicinissimo al cuore e aveva preso di striscio il pericardio: se poteva essere fatto qualcosa, Sidney lo aveva fatto. Miss Parker telefonò a Broots perchè le portasse dei filmati di lei e Jarod da bambini.
"Broots, sono miss Parker. Senti, vai nel mio ufficio e prendi tutte le videocassette che sono nel cassetto della scrivania e vieni di corsa all'104 di Boulevard road. Siam...sono a Carson City."
"Dico, ma sei impazzita? E' dall' altra parte dell'America, mi ci vorranno quasi venti giorni di viaggio!!"
"Senti, è di vitale importanza che io abbia quelle videocassette, quindi prenditi un mese di ferie, salta sul tuo macinino e vieni qui. Se trovi anche qualche nastro con il mio nome o quello di Jarod in archivio, acchiappalo e portalo qui!!!"
"Subito!"
"Se possibile anche prima"
Broots si precipitò in archivio, prese delle scatole catalogate sotto il nome di miss Parker o di Jarod. Andò nell'ufficio di miss Parker, riempì una borsa con le vhs e partì alla volta dell'indirizzo di Carson City. Era sicuro di avere già sentito quell'indirizzo. Forse era solo un'impressione...

Miss Parker era sdraiata accanto a Jarod nell'attesa che si svegliasse. La luce calda del sole colpiva il viso smunto di Jarod. C'era un silenzio quasi innaturale, perfino gli uccellini avevano interrotto il loro canto. A un certo punto, miss Parker sentì il pianto di un bambino...no, non poteva essere, non c'erano bambini li. Un altro flash-back: la donna che aveva visto poche ore prima non era sua madre, ma lei. Vicino a lei c'era Jarod...stava partorendo.
"E' il nostro bambino, Kate..." Jarod sembrava felice, nei suoi occhi poteva leggere un enorme amore, anche se era tutto molto confuso "E' il nostro bambino...nostro, solo nostro" Tenendo il bambino in braccio, Jarod si era chinato su di lei, baciandole la fronte.
Il pianto del bambino ricominciò. Miss Parker si alzò, accarezzando il viso di Jarod un ultima volta prima di aprire la porta e seguire, insieme al pianto del bambino, il suo cuore e un passato che, per  quanto meraviglioso fosse stato, era stata costretta a dimenticare. Il pianto del bambino proveniva dalla soffitta. Parker salì la rampa di scale che la separava dal bambino e dalla verità.
Al centro della stanza, decorata con coniglietti, orsetti e una carta da parati a nuvolette azzurre, c'era una carrozzina con il bambino dentro. Non appena fu abbastanza vicino da poter vedere al suo interno, il bambino agitò le braccina verso di lei, come se la conoscesse da un mucchio di tempo. Lei non aveva mai avuto un buon rapporto con i bambini, ma prese in braccio quell'esserino mossa da un istinto, un gesto automatico. Non appena lo strinse a se, lui smise immediatamente di piangere e si riaddormentò placidamente. Si sedette su un vecchio baule con il bambino che dormiva fra le sue braccia. Sidney si affacciò dalla porta: guardò prima il bambino che dormiva, poi l'espressione di miss Parker. Jarod gli aveva detto di non dirle niente, ma se lui non si fosse sbrigato a spiegarle ogni cosa, ci avrebbe pensato lui.
"Parker, disturbo? Jarod stà per svegliarsi. Penso che vorrebbe che tu fossi con lui" La Parker si alzò, stando attenta a non svegliare il piccolo "Avete molte cose da dirvi e poco tempo per farlo. Dobbiamo tornare al Centro, o si chiederanno dove diavolo siamo finiti." Miss Parker annuì e andò in camera di Jarod.

Jarod aprì gli occhi e, voltando la testa, vide Kate con Jesse in braccio.
"Ciao"
"Ciao. Come ti senti?"
"Considerando che avevo  un proiettile accanto al cuore, mai sentito meglio. Sidney ti ha parlato?"
"No, ha detto che dobbiamo parlare."
"Già, parlare. Di tante cose."
"Anche di Jesse."
"Te lo ha detto Sidney come si chiama?"
"Sono pur sempre sua madre, lo sò come si chiama mio figlio... nostro figlio, Jarod."
Jarod era felice: finalmente tutto era chiarito. Ora era in una bella casa, con la donna che amava e con suo figlio. Tutto andava bene. Troppo bene per due persone così invischiate nel Centro....

La convalescenza sarebbe durata almeno une mese: la ferita si sarebbe dovuta cicatrizzare e Jarod e miss Parker avrebbero avuto tempo per chiarire molte cose.
Prime fra tutte il loro rapporto. Erano in Nevada, dalla parte parte opposta dell'America rispetto al Centro. I sentimenti fra lui e miss Parker erano tornati più forti di prima, ormai non si limitavano solo più al semplice parlare, anche se non avevano ancora fatto l'amore, anche perchè ora il letto di Jesse era accanto alla porta della loro camera da letto. La ferita di Jarod era praticamente guarita e ormai, la prima volta che Sidney diede il permesso a Jarod di andare a fare una passeggiata con la sua famiglia, erano già passati otto giorni dall'estrazione del priettile. Presero la stradina che portava a valle e si fermarono sulle rive di un grazioso laghetto. Kate stese una coperta sul prato, mentre Jarod si levò il marsupio nel quale dormiva Jesse e lo poggiò amorevolmente sul plaid. Era una grande coperta e, sia lui che Kate potettero comodamente sdraiarsi accanto al bambino.
"Certo che è proprio un bel bambino...come ha fatto ha dimenticarmi di lui e di ciò che c'era stato fra noi?"
"Nella stessa maniera in cui mi hanno fatto dimenticare i miei genitori: eliminazione selettiva della memoria. In poche parole, hanno tagliato dei ricordi specifici dalla nostra mente. Però, non avevano previsto che io avrei iniziato a ricordarmi nuovamente tutto. E neanche che avrei ritrovato Jesse...era in un orfanotrofio, stava per essere adottato. Ma con la prova del DNA si sono convinti a darmelo nuovamente. Tu piuttosto, come hai fatto a ricordarti tutto?"
"Beh non lo so...quando siamo arrivati ho iniziato ad avere dei flahback. Poi, quando ho preso in braccio Jesse, mi è tornato tutto..quasi tutto in mente: lui e soprattutto tu...ma perchè non volevi dirmelo, in macchina? Perchè mi hai tenuto tutto nascosto fino ad ora?"
"Perchè volevo vedere se anche tu, dopo che ti avessi fatto vedere Jesse, avresti ricordato qualcosa. Altrimenti, se non ti fosse venuto in mente niente, voleva dire che per te, noi due eravamo solo due persone normali."
"Già, ma non è successo, giusto?"
Jarod la guardò, le sfiorò una mano "Jesse si è addormentato torniamo a casa."
Miss Parker si alzò e aiutò Jarod ad allacciarsi il marsupio dove Jesse continuava placidamente a dormire. In men che non si dica, arrivarono a casa. Sidney non c'era, aveva lasciato un biglietto attaccato al frigorifero

Sono andato al supermercato a comprare qualcosa di commestibile, altrimenti ci toccherà mangiare bacche e radici. Torno al più presto, nel frattempo fate i bravi.

Miss Parker, che nel frattempo aveva portato Jesse a letto, tornò di sotto. Jarod le fece vedere il biglietto. "A quanto pare siamo soli." Lei si morse il labbro, guardandolo e sorridendo. "Vieni con me, vedremo di ricordare tutto. Insieme e da principio..."
Andarono in camera da letto. Jarod si sedette sul letto, con le gambe incrociate. Miss Parker si inginocchiò di fronte a lui.
"Non mi ricordo molto: come è iniziato, intendo, come mai io e te ci siamo innamorati?"
"Beh, è una domanda piuttosto difficile...penso che fin da ragazzini qualcosa ci sia stato...una volta...mi sembra quattro anni fa...dovevo fare una simulazione e mi portarono qui. Fatto stà che poi mi lasciarono qua, da solo, per vedere che avrei combinato. Solo che non ero solo: tu avevi litigato con tuo padre, avevi preso la macchina ed eri venuta qui. Io gironzolavo per la casa, cercando qualcosa da mangiare e esplorando la casa. Aprii l'armadio di questa camera e tu eri là dentro che piangevi. Ti porsi le mani e ti feci alzare. Ti mi guardasti e mi abbracciasti."
Miss Parker guardò l'armadio e continuò il racconto al posto di Jarod. "Mi passavi le mani fra i capelli. Non mi ero mai sentita così...protetta, al sicuro." Mentre descrivevano un passato ormai ritrovato, si avvicinavano lentamente.
"Penso che la prima volta che abbiamo fatto l'amore, all'inizio io volessi solo dimostrare a mio padre che la mia vita non era sotto il suo controllo. Poi, quando ci siamo baciati, non ero più arrabbiata con nessuno. Volevo solo che il mondo restasse fuori dalla mia...nostra vita."
Jarod le passò la mano fra i capelli, come aveva fatto qualche anno prima: "Ti amo, Kate. E questa volta, nessuno ci separerà. Nessuno, te lo prometto."
Fecero l'amore, ma non fu come nessuno dei due ricordava. Erano felici. Felici di aver ritrovato la persona che amavano e la loro vita.
Jarod si addormentò. Miss Parker rimase un pò di tempo a guardarlo. Poi si alzò e andò in bagno.
La porta d'ingresso al piano di sotto si aprì senza fare alcun rumore. Era Broots. Si aggirava per il piano terra alla ricerca di miss Parker. Trovò il biglietto sul tavolo della cucina e vi riconobbe la calligrafia di Sidney. Alzando lo sguardo vide uno scaldabiberon. Sul momento non ci fece molto caso e si avviò al piano di sopra. Jarod si alzò e prese in braccio Jesse, mettendosi poi a sedere sul letto, con le spalle appoggiate alla testata in legno scolpito. Mentre lo faceva giocare con una collanina di Kate, lei uscì dal bagno. "Tu ora dovresti essere nel tuo lettino a fare la nanna e non a giocare sul letto con papà, Jesse."
Jarod la guardò con uno sguardo a cane bastonato e poi rimise Jesse nel suo lettino. Sdraiandosi nuovamente sul letto, prese Kate per un braccio e la stese sul letto, sotto di sè.
"E tu ora dovresti smetterla di dare ordini e iniziare a fare la mamma."
"Beh, io preferirei fare la moglie..."
"Certo che hai una bella faccia tosta...comunque hai fatto bene a dirlo, stavo quasi per dimenticarmelo..."
"Dimenticarti cosa?"
"Aspetta un secondo" Jarod si alzò e prese qualcosa dal cassetto del comò, sedendosi accanto a Kate "Ora basta giocare, voglio...vorrei che le cose fossero più normali. Non voglio continuare a fuggire, soprattutto ora che ti ho ritrovato."
Da dietro il muro, Broots ascoltava incuriosito e molto, molto geloso, il dialogo fra i due.
"Voglio che a differenza di noi due, nostro figlio abbia una vita normale. Se vivesse con te, sarebbe sottoposto alle restrizioni del Centro. Se vivesse con me, vivrebbe una vita in continua fuga e io...non voglio. Ma se noi due ci sposassimo, potremmo vivere dove vuoi e così Jesse avrebbe una vita normale...che ne pensi?"
"L'unica cosa che penso è che avresti potuto anche chiedermelo prima."
"Allora accetti?"
"Che domande, certo che accetto."
Jarod tirò fuori dalla scatolina che aveva in mano un anello e lo infilò al dito di Kate.
"Appena torna Sidney glielo diciamo?"
Miss Parker guardò l'orologio.
"Già, Sidney.Vediamo un pò... noi siamo tornati da circa un'ora, giusto?" Jarod le annuì "Quindi Sidney sarà qui come minimo fra...mezz'ora?" Jarod le annuì nuovamente, anche se non aveva ancora capito le intenzioni della Parker "Quindi siamo soli per questo lasso tempo, giusto?"
Jarod sorrise, avendo finalmente capito le intenzioni di Kate. "E se Jesse dovesse svegliarsi?"
"Non mi sembra che prima si sia svegliato...siamo stati attenti a non far rumore, ormai siamo pratici, no?" Miss Parker fissò Jarod "E poi non credi che essere figli unici sia triste? Vorrei che Jesse avesse qualcuno con cui giocare."
A quel punto, Broots perse la testa e si scagliò contro Jarod. Non che avesse un fisico da culturista, ma sapeva dove assestare i colpi. Jarod riuscì a bloccarlo e immobilizzò al letto, mentre miss Parker aveva preso Jesse in braccio, dato che era stato svegliato da tutto quel trambusto.
"Ma che diavolo stai facendo?"
Miss Parker fissò Broots, tentando di calmare Jesse.
"Che sto facendo? Sto tentando di evitare di farti commettere l'errore più grande della tua vita: ti rendi conto che stando con Jarod, ti rovineresti la vita? Non puoi stare con lui!!!"
"Troppo tardi...dato che devi essere stato dietro quello stipite per almeno diciamo...un quarto d'ora? avrai capito le nostre intenzioni e...la nostra vita passata!"
"Guarda che della vostra vita passata non mi è sfuggito niente: mi ricordo quando lo hanno mollato qua. Insieme a te. E mi ricordo anche come passavate le vostre giornate. O le notti, che erano più movimentate delle ore diurne." Alzò le mani e si alzò, uscendo dalla porta. Tornò dentro con una valigia che conteneva uno dei computer che leggevano i dischetti-video del centro. Miss Parker guardò Jarod, mettendosi una mano alla bocca per evitare di gridare. Broots aprì la valigia e infilò uno dei tanti dischetti disposti in una scanalatura sulla destra della valigia.  C'era la data in cui miss Parker era scappata, rifugiandosi nella baita.
"Volevate ricordare? Eccovi serviti: tutta la vostra vita semi-coniugale in diretta."
Jarod e Kate guardarono il video. Alla fine, lui chiuse il computer.
"Tutta la mia vita, da quando avevo cinque anni, è stata monitorata e filmata... ma con questo hanno superato il limite. La mia vita ormai è sotto il controllo del Centro, ma lei non possono...non devono toccarla."
"Troppo tardi, ormai durante tutto il tempo che siete stati qui, siete stati registrati, visti, catalogati e visti di nuovo chissà quante altre volte...neanche una parola che vi siete detti è sfuggita al Centro e, soprattutto, al Triumvirato."
Miss Parker guardò Jarod: suo padre era un pezzo grosso al Centro e, considerando che persino Broots sapeva che era successo fra lei e Jarod anni prima, era chiaro che anche suo padre era al corrente di tutto. E ciò la ferì più di ogni altra cosa al mondo. Sapeva che non poteva fidarsi di nessuno al Centro, tanto meno di suo padre o suo fratello Lyle, ma pensava che l'unico segreto della sua famiglia fosse l'omicidio di sua madre. E invece ora veniva a sapere che non solo aveva un figlio che non ricordava di avere, ma oltretutto suo padre non glielo aveva mai detto. 
"E non è finita qua, miss Parker, c'è anche un video del Centro che dovresti vedere: risale a circa dieci mesi fa, quando vi hanno tolto la memoria. Anche se forse non è il caso che tu lo veda..." Nonostante le parole di Broots fossero molto dure e dirette, Jarod sapeva che non lo faceva per ferirli, ma per aiutarli.
"E perchè non dovrei vederlo? Ormai ho sofferto abbastanza, posso sopportare ancora un'altra rivelazione shok: una in più, una in meno, che differenza fa?"
"Ok, ma ricorda che hai insistito tu..." Broots si sfilò un dischetto dalla giacca e lo infilò nel computer. "Non sarà un bello spettacolo, vi avverto."

Il video iniziava in quella stessa camera: tormivano, tutti e tre, nel lettone. Ad un certo punto però, la porta si aprì e gli uomini del     Centro entrarono, prendendo prima Jesse e poi Kate, per evitare la reazione di Jarod. Li caricarono in due macchine diverse e li          portarono al Centro. Appena arrivati, Jarod intravide Kate dalla parte opposta del corridoio d'ingresso del Centro. Tramortì lo scagnozzo che lo accompagnava e corse da lei.
"Che c'è, perchè piangi?
"Mio padre...ha preso Jesse...dobbiamo ritrovarlo, Jarod!"
"Andiamo, lo troveremo!"
"Voi non andate proprio da nessuna parte. Non vi muovete da qui, o vostro figlio ha finito di vivere!"
Raines era appena comparso e già veleggiava su loro lo spettro di morte e paura che portava con sè. Jarod si voltò, guardando Raines: il suo primo istinto fu di saltargli addosso e ucciderlo, ma poi la ragione lo fece calmare.
"Dove l'hai portato?"
"E' in un posto dove tu non puoi prenderlo...gli stanno facendo degli esami."
Solo allora Jarod capì che il solo motivo per il quale non avevano ucciso subito Jesse era che speravano che anche lui, come suo          padre, fosse un simulatore.
"Prendete me! Prendete me, e lasciate andare Jesse!! E' solo un bambino, non può esservi d'aiuto. Io so già tutte le modalità per    essere un simulatore."
Raines fece un mezzo sorriso "Certo che prenderemo te. Ma tuo figlio resterà qua, se è un simulatore. Altrimenti, lo faremo          diventare noi qualcosa di utile al Centro... qualcosa come... Angelo."
Jarod saltò addosso a Raines, scaraventandolo per terra.
"Brutto bastardo, dimmi dov'è mio figlio!!!"
Mentre stava per stringergli le mani attorno al collo, sentì Kate che gridava qualcosa, poi un dolore alla spalla lo fece crollare per    terra: il padre di miss Parker gli aveva sparato una cartuccia di anestetico.

Il video riprendeva poi con Jarod legato ad una sedia. I polsi e le caviglie erano legati con un filo di nylon alla sedia. Accanto a lui c'era Kate, anche a lei era stato riservato lo stesso trattamento. A quel punto entrò il padre di miss Parker. "Tesoro, mi hai deluso molto. Non solo ti sei invaghita di Jarod, ma oltretutto hai fatto un figlio con lui. Capirai che ciò non è ammissibile qua al Centro. Quindi, per il tuo bene, ora entrambi vi dimenticherete del tempo passato insieme." Jarod guardava il pavimento "E Jesse? Lui che     fine farà?" Il signor Parker tirò su violentemente il viso a Jarod "Senti, l'unica cosa che lo manterrà vivo è il sangue dei Parker che ha nelle vene. Senza di quello Raines lo avrebbe già ucciso. Ricordatevi che quel bambino è solo un bastardo, nato da due razze completamente diverse!" Miss Parker alzò lo sguardo e lo puntò su suo padre, in segno di sfida. "Senti papà, quel bambino non è un bastardo, è nato perchè io non mi sono invaghita di Jarod, io mi sono innamorata di lui. Lui è nato per amore, non è nato come me!"   La grinta di Kate, che sembrava persa, si era risvegliata tutta insieme. "E tu potrai cancellare i nostri ricordi, ma sentimenti          torneranno. E tieniti pronto, perchè allora non saremo legati ad una sedia!!" Poi si voltò verso Jarod "Ti amo, Jarod."
"Anch'io. E ti amerò per sempre, qualunque cosa accada."

A quel punto il filmato si interruppe. Jarod chiuse la valigetta e se ne andò alla finestra. Non poteva dire niente. Tutti i suoi pensieri erano confusi, non poteva credere che il padre di Kate avrebbe potuto lasciare uccidere il suo nipotino. E neanche poteva far finta che quel filmato non fosse mai esistito.
"Ora non ho più dubbi" Jarod si sedette davanti a Kate, anche lei visibilmente scossa "Jesse verrà con te. Ma non lo porterai al Centro, nessuno, tranne Sidney e Broots dovranno sapere che Jesse è a casa tua. Quando tornerai a casa, inventati qualcosa, ma non raccontare a nessuno di noi due."
"Ma se io torno al Centro, tu che farai?"
Jarod le sorrise "Continuerò a nascondermi. E tu continuerai a corrermi dietro. Come sempre."
"Ma...come posso far finta di non provare niente per te?"
"Non lo so. Nello stesso modo in cui io fingerò." Miss Parker capiva che per loro due non sarebbe mai potuta esistere una vita libera, alla luce del sole. Ma non poteva accettare di separarsi da Jarod "Credimi, è la soluzione migliore...almeno, è l'unica che ti permetterà di stare con Jesse."
"Ma io non voglio lasciarti..." Miss Parker sentiva che stava per scoppiare a piangere ma non voleva e combatteva con se stessa per non farlo. L'ultima cosa che voleva era apparire fragile agli occhi di Broots. Jarod le si avvicinò e la baciò.
"Neanch'io. Ti amo, Kate." E, detto questo, baciò il piccolo Jesse sulla fronte e uscì dalla porta. "Ci vediamo..."
E a quel punto, Kate iniziò a piangere. Non le importava di distruggere l'immagine che aveva costruito, di donna mangia-uomini. Ma poi smise subito, convincendosi che ora non doveva essere forte per gli altri, ma questa volta doveva esserlo per se stessa e per suo figlio.

DUE MESI DOPO...

Broots entrò trafelato nell'ufficio di miss Parker
"E' arrivata una lettera per te...c'è la calligrafia di Jarod."
Miss Parker afferrò la busta. Stava per aprirla, quando fissò Broots.
"Ho capito, esco."
"Come sei perspicace!"
Non appena l'uomo fu uscito dalla stanza, Kate aprì la busta.

Chicago, 9 dicembre

Pensavo che qua facesse più freddo, invece c'è la bellezza di -2°!!!! Tutto bene? Jesse è cresciuto? Gli ho comprato un orsetto, vedrò di fartelo avere. Ti spiacerebbe mandarmi una sua foto? Mi manchi
JAROD

P.S.- Ti amo

Miss Parker ripigò il foglietto e se lo mise in tasca. Si alzò, prese il cappotto e si avviò all'uscita. Mentre apriva la porta, si trovò suo padre davanti.
"Tesoro, sono solo le 11, dove stai andando?"
"Papà, ho un mal di testa che non ragiono...vado a casa a riposare."
"Ah certo, se ti senti male, vai pure" Miss Parker gli sgusciò accanto, camminando velocemente verso l'uscita "Ti chiamo più tardi per sentire come stai!"
Ma ormai lei non lo sentiva più. Era già entrata in ascensore e aveva premuto il pulsante del sottolivello 1, il parcheggio. Sulla sua auto sportiva rosso ciliegia batteva un fascio di luce che filtrava da una piccola finestrella. Una delle poche che illuminavano quel posto. Era proprio un posto tetro, impersonale. Le pareti non venivano dipinte da almeno venti anni e ormai l'odore dello scarico delle auto si era impregnato da tutte le parti. Nel silenzio, Kate sentì un rumore di passi. Si voltò, ma non vide nessuno. Riprese a camminare, facendo attenzione ad ogni eventuale rumore. Sentì di nuovo dei passi. Si fermò e si voltò di scatto, trovandosi davanti un uomo: non poteva sapere che fosse perché era buio pesto. Lui le tappò la bocca con una mano. Le frugò in tasca e le prese le chiavi della macchina. La trascinò fino là, aprì la portiera del passeggero e ce la spinse dentro. Miss Parker era terrorizzata: al Centro tutto era possibile, anche che la uccidessero proprio sotto i piedi di suo padre e del triumvirato. L'uomo aprì la portiera del guidatore: in testa aveva un passamontagna. Infilò la chiave e partì a tavoletta. Miss Parker non osava guardarlo in faccia. L'unica cosa alla quale riusciva a pensare erano Jesse e Jarod. La macchina fermò in una radura. Lui si girò verso miss Parker, avvicinandosi a lei. Lei cercò di allontanarsi, cercando di aprire la portiera. Lui se ne accorse e chiuse le serrature dal suo posto. Era in gabbia. Lui le si avvicinò ancora di più, fino a che non fu abbastanza vicino da baciarla. Miss Parker, in un primo momento, cercò di sottrarsi. Poi riconobbe qualcosa, in quel bacio. Gli levò il passamontagna. 
"Jarod! Ma quando...come..."
"Shh. Non ora." Lui le sorrise: le era mancato quel sorriso. "Jesse è a casa?"
Lei annuì. "E' con Sid: ha preso le ferie. La mattina stà con Jesse, il pomeriggio và da Nick. Jarod, devo dirti una cosa..."
"Puoi aspettare venti minuti? Vorrei vedere Jesse."
"Si, certo. Andiamo, saranno felici di vederti."

Sidney era in camera di Kate che giocava con Jesse. Sentì la frenata della macchina.
"Sta arrivando la mamma, Jesse!" la porta si aprì ed entrò Jarod "Jarod? Ma che ci fai qui?"
"Beh, vorrei vedere il mio bambino preferito."
"Attento, potrai dirlo ancora per poco!"
"Cosa?"
"Non te lo ha detto miss Parker?"
"Detto cosa? Che deve dirmi?"
"Una cosa molto semplice: Jesse avrà presto un fratellino. E tu sarai di nuovo papà."
Jarod era stupito: ecco che voleva dirgli Kate prima in macchina. Kate entrò e percepì che qualcosa non andava.
"Che c'è?" Sidney la guardò, come per scusarsi di ciò che aveva fatto "Oh mio Dio Sid! Glielo hai detto?"
"Scusa, non volevo, pensavo che glielo avessi già detto."
Jarod si avvicinò a Kate e la strinse forte a sè. "Che c'è di male che me lo abbia detto prima lui?"
"Perchè io non volevo neanche dirtelo!" Una lacrima scese sul suo viso "Io volevo abortire..."
Ci fu un istante in cui il tempo si fermò, quasi come se anche lui fosse rimasto incredulo "Sid, per favore, puoi uscire un secondo?"
Sidney annuì. Prese in braccio Jesse e uscì dalla stanza. Jarod fece sedere Kate sul letto. "Perchè?"
"Perchè mio padre sospetta qualcosa...esco sempre a orari assurdi, con scuse ogni volta più incredibili."
"E tu volevi uccidere il tuo bambino per questo?"
"Io non voglio che crescano come noi due, controllati, senza avere mai un pò di stabilità nella loro vita, dei punti di riferimento."
"Se è questo il problema, allora parliamone." Jarod non riusciva a capire come si poteva uccidere il proprio bambino. Non era ancora nato, neanche aveva il vago aspetto di un bambino, ma c'era. E non si poteva considerarlo come un oggetto. "Senti, con Jesse abbiamo perso i momenti più belli, i momenti che un genitore non dovrebbe mai dimenticarsi." Le poggiò una mano sulla pancia "Non voglio ripetere lo stesso errore."
Kate appoggiò la testa sulla spalla di Jarod e pianse. "Piangi. Piangi, non tenerti tutto dentro."

Il giorno dopo, miss Parker si presentò in ufficio. Ma non era sola: con lei c'erano Jarod e Jesse. Non appena suo padre li vide, tutti e tre insieme, quasi gli venne un infarto per lo stupore.
"Ma voi...quando..."
"Quando? Beh, quando due mesi fa Will gli ha sparato, ricordi? Inizio a credere che sia stato tu a dare l'ordine di ucciderlo."
"Tesoro, ma tu non sai neanche che è successo...non sai la verità su cosa ti ha fatto quell'uomo..."
"Certo che lo so. So che solo grazie a lui avevo trovato la serenità. E so anche che sei stato tu a separarci da nostro figlio! Ma questa volta non te lo permetteremo."
"Come, che intendi dire con questa volta?"
"Intende dire che questo bambino non ce lo toglierà, signor Parker." Jarod non aveva mai provato una grande simpatia per quell'uomo ma mai, come in quel momento, lo aveva odiato così intensamente "Che lei ci creda o meno, Kate è incinta. E il bambino è mio. Come vede, niente può impedirci di stare insieme. Con i nostri bambini."
Il signor Parker guardò sua figlia e Jarod: non voleva credere che la sua bambina fosse andata con il figlio dell'uomo che aveva ucciso sua moglie.
E, pensando che ormai lei se lo fosse dimenticato, prese la volo l'occasione per ricordarglielo.
"Forse ti sei dimenticata che il padre dei tuoi bambini è il figlio dell'uomo che ha ucciso tua madre."
"Papà, è stato suo padre a uccidere la mamma. Lui era un bambino, non è stata colpa sua."
La fermezza di Kate stupì persino Jarod, dato che quello era stato l'argomento di molte sue ricerche, naturalmente senza esito.
"Non è stata colpa sua, neanche sa chi è suo padre... e non vogliamo che né Jesse né quest'altro bambino provino ciò che hai fatto provare a lui."
"Voi credete che con questo discorsetto mi abbiate convinto a lasciarvi andare, vero?"

(scritto da Clelia)


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