Il Camaleonte Fan Fiction

ISTINTO PATERNO

Jarod chiuse il libro che stava leggendo. Si stropicciò gli occhi, si alzò dalla poltrona e si avviò verso la camera da letto, proprio in quel momento un boato assordante spezzo il silenzio. Istintivamente Jarod si buttò a terra e si rannicchiò su se stesso, passati alcuni minuti si alzò e si affacciò alla finestra per vedere cosa fosse successo. Lo spettacolo che gli si parò davanti agli occhi era orribile, della villetta a due piani che si ergeva di fronte al suo appartamento non erano rimaste che macerie. Scese di corsa in strada mentre in lontananza già si udivano le sirene delle ambulanze. Delle urla giungevano da sotto le macerie, Jarod si avvicinò e con la forza della disperazione cominciò a spostare le macerie, ad un tratto vide sbucare una mano, a quella vista Jarod raddoppiò i suoi sforzi.
Fortunatamente erano giunti i soccorsi e subito fu accerchiato dai pompieri che gli diedero una mano a scavare. Dopo alcuni minuti che sembrarono interminabili riuscirono a liberare il prigioniero, era una bambina di circa 6 anni, piangeva disperatamente chiedendo del suo papà, miracolosamente era quasi indenne, Jarod la prese fra le braccia e la accompagnò all’ambulanza. Quando stava per lasciarla nelle mani dei medici la piccina si strinse disperatamente a lui. Jarod si sentì colmare il cuore da una sensazione che non aveva mai provato prima, se la strinse al petto e sussurrandogli parole dolci le disse che non l’avrebbe lasciata sola e che sarebbe andato con lei all’ospedale. Salì sull’ambulanza la quale partì per il pronto soccorso.
Giunti a destinazione la bambina venne sottoposta a tutti gli accertamenti del caso.  Fortunatamente, a parte qualche ematoma, era in perfetta salute. Jarod non si staccò un attimo da lei, le restò sempre accanto. Quando finalmente si addormentò, Jarod si allontanò dal suo letto e solo in quel momento si rese conto di avere un brutto taglio sull’avambraccio sinistro. Andò a farsi medicare e colse l’occasione per domandare come stava il padre della piccola. Gli fu detto che era in gravi condizione nel reparto rianimazione. Con questo peso nel cuore Jarod ritornò dalla bimba, che aveva saputo chiamarsi Penelope. Prese un sedia e si avvicinò al letto.
Mentre la guardava dormire molti pensieri gli vennero alla mente. Chissà se lui avrebbe mai avuto un figlio. Quante cose gli erano state tolte dal Centro. Chissà dove sarebbe ora se la sua vita avesse preso una piega diversa. Magari sarebbe  sposato, avrebbe dei figli, belli come Penelope. Quanta tenerezza gli faceva quella creaturina, era così indifesa. Si parla sempre e solo di istinto materno ma lui era certo di possedere un forte istinto paterno. Quante volte passeggiando nei parchi aveva invidiato i papà che giocavano con i loro figli. Quanto avrebbe voluto essere nei loro panni. Distratto dai suoi pensieri non si era accorto che Penelope si era svegliata e lo guardava con i suoi occhioni impauriti, Jarod si chinò sul di lei e la rassicurò dicendole che era tutto a posto e che i dottori si stavano prendendo cura del suo papà. Lei si tranquillizzò e riprese il suo sonno.
Jarod lasciò l’ospedale e tornò nel suo appartamento, ne approfittò per fare una doccia e per sistemarsi, si era così preoccupato per la bambina che non si era nemmeno reso conto in che stato pietoso si trovasse. Non si stupiva che mentre tornava a casa tutti lo guardassero in modo strano, era tutto impolverato e la sua camicia era macchiata di sangue. Fatto questo parlò con alcune persone che abitavano li intorno e chiese se qualcuno sapesse come rintracciare la madre di Penelope. Una signora gli rispose che da quello che sapeva lei, la madre della bimba, aveva abbandonato la  famiglia anni addietro e non si era più fatta sentire. Non che fosse una grande perdita, aggiunse, dato che non si era mai occupata molto della bambina, a volte sembrava che Penelope le desse quasi fastidio. Jarod ringraziò per le informazioni e si avviò verso l’ospedale, quella bimba gli era proprio entrata nel cuore e non osava pensare a cosa sarebbe successo se il padre non ce l’avesse fatta.
Ormai erano passati tre giorni dalla disgrazia, Penelope si stava riprendendo e anche le condizioni del padre lasciavano ben sperare. Ma Jarod voleva fare luce su quello che era accaduto. La versione della fuga di gas non lo convinceva del tutto, forse gli anni trascorsi a scappare lo avevano reso paranoico, ma che ci sarebbe stato di male se  avesse fatto qualche indagine? In apparenza sembrava tutto normale, niente conti in sospeso, nessun nemico, l’unica persona che potesse destare sospetti era la madre di Penelope. Ma poteva una madre fare del male intenzionalmente alla propria figlia? Decise di rintracciarla. Dopo alcuni giorni di frenetica ricerca riuscì a trovarla. Alloggiava  in un motel, a una cinquantina di chilometri dalla cittadina dove si trovava la sua famiglia.

L’indomani prese la macchina e si avviò verso il motel. Mentre macinava i chilometri, molti pensieri gli passarono per la mente. Quando si fermò ad un autogrill per fare una sosta, d’istinto prese in mano il telefono e chiamò Broots. A quinto squillo finalmente rispose, dopo il comprensibile stupore iniziale, Broots gli chiese che cosa volesse da lui. Jarod gli domandò come fosse avere una figlia, come ci si sentisse a sapere di aver preso parte ad uno dei più grandi miracoli della vita, Broots gli rispose che non c’era cosa più bella e più gratificante che poter dire “questa è mia figlia”. Gli disse anche che erano sensazioni che non si potevano  descrivere ma solo vivere in prima persona. A quelle parole Jarod gli disse che  era un uomo molto fortunato e che  lo invidiava moltissimo e con questo chiuse la conversazione.
Risalì in macchina e percorse gli ultimi chilometri che, forse, lo separavano dalla verità. Giunto al motel chiese di Jennifer Linsei, gli dissero che occupava il bungalow numero 4, ma che in quel momento non c’era. Jarod ringraziò e disse che l’avrebbe aspettata. Nelle due ore che restò seduto nella sua macchina, fece una minuziosa analisi della propria vita. Non poteva non ritenersi soddisfatto, aveva aiutato molta gente, riunito famiglie e salvato vite umane, ma chissà come, ultimamente, un senso di vuoto non lo abbandonava mai. Non era la solitudine, bene o male a quella c’era abituato, ma era più la certezza di non aver mai fatto nel corso della sua vita qualcosa di veramente grande, qualcosa solo ed unicamente per se stesso. Sentiva spesso parlare di amore, ma lui non si era mai innamorato veramente. Per carità non che non lo avesse voluto, anzi, ma cosa aveva lui da offrire ad una donna, a parte tutto il suo cuore? Solo dubbi e incertezze. Ormai si era rassegnato, aveva accettato il fatto che la sua vita non sarebbe mai stata normale. E in quanto ai figli era meglio toglierseli dalla testa, dato che ogni volta che ci pensava, sentiva una terribile stretta al cuore. Il rumore di una macchina lo riportò con i piedi per terra, allungò il collo per vedere se era lei. Sì era arrivata. Si preparò  ad affrontarla.
Con fare deciso le si parò davanti e la informò di quello che era capitato alla sua famiglia. La totale assenza di una qualsiasi reazione lo lasciò allibito. La signora Linsei gli disse che lei non poteva farci niente se una fuga di gas aveva quasi ammazzato i suoi famigliari. Bruscamente gli disse di farsi da parte. Jarod la seguì e le chiese se proprio non le importasse nulla di sua figlia. Lei si voltò e gli chiese perché fosse così interessato a lei. Cosa gli importava?  Voleva  proprio saperlo? Ebbene lei aveva sempre odiato fare la casalinga e la mamma, aveva sempre odiato suo marito così perfettino e preciso. Appena aveva potuto aveva preferito andarsene da quella vita che non era altro che una serie di preoccupazione dietro l’altra. Gli disse anche di non capire perché destasse tanto scalpore il fatto che fosse stata lei ad andarsene. Se fosse stato suo marito nessuno avrebbe fatto tanto chiasso e con questo aveva finito. Lo pregò di andarsene e di lasciarla in pace.

Jarod era come impietrito, non riusciva a capacitarsi delle cose che aveva appena udito. Gli sembrava così assurdo. Eppure in quello che aveva detto un fondo di verità c’era. Ci si aspetta che ogni donna  abbia l’istinto materno ma forse non tutte lo hanno. Era giusto che lui la giudicasse per  questo?  Se fosse stato l’uomo ad abbandonare la famiglia non sarebbe rimasto così sconvolto. Comunque quella sensazione di profonda tristezza non lo abbandonò nemmeno quando arrivò all’ospedale, solo quando entrò nel reparto pediatrico, il pensiero di rivedere Penelope gli fece ritornare il sorriso. Quando entrò nella stanza e non trovò nessuno ebbe un tuffo al cuore. Cosa le era successo, dov’era finita? In quel momento entrò un infermiera che lo informò con un sorriso che Penelope era andata a trovare il padre il quale si era risvegliato.
Jarod si recò al piano superiore, ed entrò nella stanza 19. Appena Penelope lo vide gli corse in contro e lo abbracciò forte, quando la depose per terra si avvicinò al letto dal quale Tom gli stava sorridendo. Con un filo di voce lo ringraziò per tutto quello che aveva fatto per loro, non sapeva come ricompensarlo, Jarod rispose che la migliore ricompensa sarebbe stato vederli fuori di lì, gli chiese se avessero un posto in cui andare. Tom gli rispose che sarebbero andati ad Atlanta da un suo fratello. Parlarono ancora dell’incidente e Tom si disse stupito che potesse essere stata una fuga di gas poiché l’impianto era stato controllato poche settimane prima. A quelle parole Jarod sbiancò in volto, che stupido era stato come aveva fatto a non ricordarsene prima. Quando era andato dalla signora Linsei lui aveva detto solo che i suoi familiari avevano avuto un incidente, non aveva specificato di che genere ma lei subito aveva nominato il gas, e non poteva averlo saputo dai giornali dato che la stampa aveva parlato solo di un crollo: era stata lei.
Con una scusa lasciò la stanza e andò subito nel suo appartamento, doveva escogitare qualcosa per incastrarla. Il giorno seguente tornò al motel e, con la scusa di essere della compagnia dei telefoni, entrò nella sua stanza. Si mise a rovistare dappertutto e nascoste in fondo ad un cassetto trovò delle fotografie di Tom e Penelope erano centinaia, quella donna era ossessionata da loro. Disseminò la stanza con dei microfoni, era più che sicuro che non avesse potuto fare tutto da sola. Ritornò alla sua macchina e si mise in attesa. Dopo un’ ora la vide rientrare. Non dovette aspettare oltre per avere conferma dei suoi sospetti. Sentì che stava componendo un numero di telefono, prestò tutta la sua attenzione a quella conversazione. Quando la sentì abbassare la cornetta, tutto gli era chiaro. Con l’aiuto di un uomo, che sospettava essere qualcosa di più di un amico, aveva organizzato un piano diabolico per eliminare il marito: avevano manomesso loro le tubature del gas. E questo per cosa? Per entrare in possesso dell’assicurazione sulla vita del marito, ma per ottenere questo dovevano eliminare anche la bambina, che altrimenti sarebbe stata la beneficiaria del malloppo. E non era finita, il complice sembrava molto spaventato e voleva lasciar perdere, mentre lei voleva portare a termine il suo piano. Jarod aveva la pelle d’oca, quasi non credeva alle proprie orecchie. Doveva subito fare qualcosa per impedire a quella squilibrata di commettere qualcosa di irreparabile. Si organizzò per bene e mise in atto il suo piano.
Il giorno dopo, quando la signora Linsei entrò nel suo bungalow, Jarod sprangò la porta, dall’ interno si udirono delle imprecazioni  e gli fu gridato di aprire subito la porta, ma Jarod le spiegò che stava per fare la stessa fine che sarebbe toccata ai suoi famigliari, non sentiva forse un odore di gas? A questo punto dall’interno gli giunsero delle richieste di aiuto, Jarod sentì che stava tentando di aprire gli scuri ma le disse che era inutile dato che erano stati inchiodati. Non aveva scampo  sarebbe morta soffocata, a meno che non avesse confessato di essere stata lei ad organizzare il tentato omicidio di Tom e di Penelope. All’inizio la signora Linsei cercò di fare la dura, ma visto che Jarod non aveva nessuna intenzione di farla uscire, crollò e confessò tutto. A quel punto Jarod  la lasciò in ansia ancora qualche minuto  prima di dirle che lei aveva annusato solo l’odore che si aggiunge al gas per poterlo riconoscerlo, dato che il gas non ha nessun odore. Le chiese se avesse trovato il suo scherzetto divertente. Dall’interno giunsero una serie di ingiurie, a questo punto Jarod le fece notare che quello non era un linguaggio che avrebbe dovuto usare una signora e ridendo se ne andò. In lontananza già si udivano le sirene delle pattuglie che stavano venendo a prenderla. 

Tornò nel suo appartamento, era molto contento che tutto fosse andato a finire per il meglio, ma proprio non riusciva a capacitarsi come si potesse voler fare del male a una figlia la quale era carne della propria carne. Ma forse lui aveva una visione troppo rosea della vita. Con questo pensiero in mente si coricò. Il sonno non tardò ad arrivare. Quella notte Jarod fece un  sogno, nella sua visione era in un parco con due bambini, un maschio e una femminuccia, erano tutti felici scherzavano e giocavano, ma ad un certo punto delle nuvole nere oscurarono il sole, i bambini si strinsero a lui impauriti, lui li avvolse con le sue braccia per proteggerli ma mentre stava per stringerseli al petto svanirono, a quel punto Jarod si svegliò e con occhi umidi si guardò attorno, era stato solo un sogno. Si alzò dal letto con un senso di angoscia e andò in soggiorno, sapeva già che per quella notte non avrebbe più chiuso occhio e che sarebbe restato lì al buio a maledire il suo destino che lo condannava a quella solitudine che ogni giorno che passava si faceva più insopportabile. L’indomani mattina si recò in ospedale, dato che sia Tom che Penelope sarebbero stati dimessi. Quando arrivò vide che c’era anche il fratello di Tom. Il momento dei saluti fu per lui straziante, Penelope gli consegnò un disegno nel quale c’era raffigurata lei con ai suo lati  due uomini, uno le spiegò era suo padre e l’altro era Jarod e sotto aveva scritto “Io con i miei due papà”. Jarod le disse che non aveva mai ricevuto un regalo così bello, la strinse forte e le disse di prendersi cura del suo papà, si avvicinò a Tom e stringendogli la mano si fece promettere che si sarebbero tenuti in contatto. Li guardò salire in auto e li salutò con la mano fino a quando la macchina non fu che un puntino. Lentamente si avviò verso casa. Chissà se anche per lui era in arrivo quella felicità alla quale tanto agognava.  

(scritto da Tamara)


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