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Realizzazione Antonio Genna |
"La tragedia del Capitano Scott"
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TITOLO ITALIANO: "La tragedia del Capitano Scott"
TITOLO ORIGINALE: "Scott of the Antarctic"
REGIA: Charles Frend
SCENEGGIATURA: Walter Meade, Ivor Montagu e Mary Hayley Bell
MUSICHE: Ralph Vaughan Williams
PRODUZIONE: G.B. 1948
DURATA: 111 minuti
PERSONAGGI |
INTERPRETI |
DOPPIATORI |
CAP. ROBERT F. SCOTT |
John Mills |
SANDRO RUFFINI |
KATHLEEN SCOTT | Diana Churchill | DHIA CRISTIANI |
DOTT. EDWARD 'UNCLE BILL' WILSON | Harold Warrender | AMILCARE PETTINELLI |
ORIANA WILSON | Anne Firth | |
CAP. LAWRENCE OATES | Derek Bond | NINO PAVESE |
TEN. HENRY 'BIRDIE' BOWERS | Reginald Beckwith | CARLO ROMANO |
S.UFF. EDGAR 'TAFF' EVANS | James Robertson Justice | LUIGI PAVESE |
TEN. EDWARD 'TEDDY' EVANS | Kenneth More | ALBERTO SORDI |
CAPOMACCHINA WILLIAM LASHLY | Norman Williams | |
S.UFF. THOMAS CREAN | John Gregson | |
TEN. E.L. ATKINSON | James McKechnie | |
APSLEY CHERRY-GARRARD | Barry Letts | |
CHARLES S. WRIGHT | Dennis Vance | |
P. KEOHANE | Larry Burns | |
DIMITRI | Edward Lisak | |
CECIL MEARES | Melville Crawford |
DOPPIAGGIO ITALIANO: C.D.C.
ALCUNE
NOTE SUL FILM
Nel 2012 cadeva il centenario
della tragica spedizione di Scott al Polo Sud, ma la ricorrenza ha
interessato solo la stampa britannica. Nel resto del mondo, la conquista
dell’Antartico è ricordata come il trionfo dell’ardimento del norvegese
Amundsen, facendo così di Scott un “secondo arrivato”, praticamente un
perdente. Ma dal punto di vista drammaturgico, la vicenda della
spedizione inglese è assai più interessante e coinvolgente. Può
sorprendere il fatto che, dopo questo film del 1948, non ve ne siano
stati altri sullo stesso soggetto, ma in verità quest’opera è da
considerarsi definitiva: nulla di più e di meglio può essere detto sulla
vicenda.
Uno splendido Technicolor regala immagini incantevoli dell’Antartide,
con autentiche “sculture” di ghiaccio dalle forme sorprendenti, e
l’accompagnamento musicale si avvale di una sinfonia composta
appositamente da Ralph Vaughan Williams (la Sinfonia N. 7, “Antartica”).
L’impostazione del film è molto "inglese", nel senso che privilegia l'understatement della nuda historia, basata sui diari della spedizione, piuttosto che l'iperbole eroica e tragica tipica del cinema americano dell’epoca (come per esempio la fine di Custer a Little Big Horn).
La sceneggiatura non fa la minima grinza, se confrontata coi testi più seri e attendibili pubblicati nell'arco di un secolo, compresa la presenza di rudimentali slitte a motore nell’armamentario della spedizione, che potrebbe sembrare un anacronismo, ma effettivamente esse furono utilizzati per poco tempo sui ghiacci, prima che si fermassero per le temperature eccessivamente basse.
Comunque non fu la scelta di
portarsi appresso dei mezzi motorizzati, ben presto inutilizzabili, a
rivelarsi suicida. Fu piuttosto la scelta di rinunciare ai cani a favore
dei pony, la cui spiegazione è affidata nel film a un dialogo tra Scott
e il vecchio esploratore norvegese Nansen (il quale insisteva sui cani,
e a ragion veduta). Nel 1901-1902, infatti, Scott aveva già affrontato
una prima volta l’Antartico, accompagnato dall'altro grande esploratore
polare Shackleton, e aveva dovuto subire la perdita di tutti i cani,
morti di stenti durante il tragitto, o di malattia dopo il ritorno alla
base. Ritenendo che ciò fosse una crudeltà nei confronti di questi
animali, affermò che «Ogni vittoria risulta più nobile e acquista
maggior valore se conquistata senza cani.»
Shackleton d’altronde riteneva i pony più adatti dei cani per il cammino
sul ghiaccio. Con quattro pony, quattro slitte e tre uomini, nel 1909
arrivò a 88° 23' di latitudine, a circa 150 km. dal Polo. Ma i pony
erano morti e Shackleton e i suoi uomini si trovarono nella necessità di
trascinare a mano le slitte, facendo una fatica sovrumana.
Nonostante questo precedente poco confortante, Scott lasciò i cani (che
pure aveva portato) alle prime basi, e continuò con i soli pony, che
naturalmente morirono quasi subito. Gli inglesi amano i cavalli almeno
quanto i cani, ma Scott portò al sicuro macello i pony, pur di
risparmiare i cani. Con l'aggravante che i cavalli, morendo lungo la
strada, costrinsero gli uomini a trainarsi da soli le slitte, mentre i
cani sarebbero sopravvissuti, come la volta precedente, almeno fino al
ritorno.
Amundsen arrivò al Polo un mese prima di Scott, marciando speditamente
con 4 slitte, 5 uomini e 52 cani: di questi ne morirono 18, ma gli altri
se la cavarono e riportarono i norvegesi alla base prima che
sopraggiungesse il maltempo. Scott e i suoi quattro compagni, a piedi e
tirandosi dietro una pesante slitta, andarono invece incontro alla
morte.
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