Streghe Italia

La magia
La storia e le varie pratiche


Ricerca realizzata da Marco Matteoli / NEMESIS per il sito Streghe Italia


INTRODUZIONE
Termine in uso dal IV secolo a.C. e derivato dal nome degli antichi sacerdoti persiani, i magi, che praticavano forme di divinazione ed esorcismo ispirate alla tradizione zoroastriana. Una sua definizione univoca e una spiegazione della diffusione geografica e della costante presenza nella storia del fenomeno sono abbastanza ardue, perché bisognerebbe considerare le strette relazioni che la magia ha intrattenuto con la religione, con la filosofia, con la scienza. Un'ulteriore difficoltà risiede nel fatto che i fenomeni che vengono ricondotti sotto l'etichetta di magia, sono magici soltanto per chi li osserva dall'esterno, e non nella cultura in cui sono inseriti. Tuttavia, si può definire la magia come l'insieme di pratiche (tra cui la divinazione, l'alchimia, l'occultismo, lo spiritismo, la stregoneria) rivolte a influenzare il corso degli eventi o ad acquisire conoscenza. La magia pertanto non sarebbe una semplice tappa dell'evoluzione del pensiero umano (scientifico o religioso o filosofico), né una pseudoscienza, ma una visione del mondo: quindi un sistema, riuscito o meno, di organizzazione della realtà.

LE PRATICHE MAGICHE
Credenze e pratiche magiche esistevano fin dall'antichità nella maggior parte delle culture e in molte permangono tuttora in varie forme, tra cui la predizione del futuro, la comunicazione con i morti, l'astrologia e la credenza nei numeri fortunati e nel malocchio.
Nelle società meno avanzate, la magia è alla base di ogni conoscenza o pratica medica e scientifica, ma anche la chimica, la fisica, l'astronomia moderne traggono la loro origine da tradizioni originariamente magiche quali, rispettivamente, l'alchimia medievale e l'astrologia.
Convenzionalmente si distingue la magia tra una magia bianca, benefica, e una magia nera, malefica, anche se il confine è sfumato: la magia bianca è utilizzata per guarire o respingere gli effetti della magia nera; quella nera è invocata per arrecare danno agli altri, o addirittura per uccidere.
Le pratiche magiche possono essere raggruppate in quattro categorie. Nella cosiddetta magia simpatetica, l'effetto è perseguito tramite la rappresentazione simbolica dell'atto desiderato e l'uso di oggetti associati. Ad esempio, si colpisce un nemico menzionandone il nome in una formula magica, bruciandone unghie o capelli, o trafiggendone l'immagine. Allo stesso modo, si acquisiscono le forze o capacità di un animale utilizzando utensili fabbricati con i suoi resti o mangiandolo, concezione, quest'ultima, sulla quale secondo alcuni si fonderebbe il cannibalismo. Nella divinazione, invece, la conoscenza segreta è acquisita grazie ai presagi (interpretazione di vaticini o prodigi), all'estrazione a sorte, all'astrologia (interpretazione delle posizioni e congiunzioni astrali) e alle espressioni verbali di persone quali oracoli o medium in stato di trance. Alla terza forma di pratica magica, la taumaturgia o capacità di operare miracoli, appartengono l'alchimia e la stregoneria. Quarta forma di magia è l'incantesimo, che agisce tramite la ripetizione di formule magiche o di versi contenenti i nomi di esseri sovrannaturali o delle persone da aiutare o colpire. Di solito i riti magici sono una combinazione di queste diverse forme.

La Stregoneria

Insieme di pratiche tese a influire sul reale facendo ricorso a poteri magici e mediante l'evocazione di forze soprannaturali. Spesso il termine equivale a magia, ma assume significati diversi a seconda dei contesti storici e culturali.
Mentre presso alcuni popoli la stregoneria è praticata dallo stregone o dallo sciamano al servizio della comunità (per guarire le malattie, intervenire sui fenomeni atmosferici o fare da tramite con il divino), nel mondo occidentale il termine viene usato perlopiù in senso negativo, a indicare la magia nera, impiegata per recare danno alle persone o per forzarne la volontà.

LA STREGONERIA NEL MONDO OCCIDENTALE

Le origini  

L'origine etimologica del termine viene individuata nel latino strinx, un uccello rapace notturno cui si attribuivano poteri malefici. Numerosi furono gli accenni alla stregoneria già nell'antichità, dal Codice di Hammurabi all'Antico Testamento, alla letteratura greca e romana. Anche le tradizioni dell'Europa settentrionale riferiscono spesso di individui accusati di compiere malefici tramite filtri e incantesimi, e addirittura di cibarsi di neonati. È stato riconosciuto un legame tra affermarsi di pratiche di stregoneria e decadenza di antiche divinità e culti, soppiantati da credenze religiose nuove o importate da popoli conquistatori. La divinità vecchia si trasforma in entità negativa, in aperto conflitto con le forze magiche dominanti. Questa fenomenologia pare ricorrente in tutta la storia della stregoneria, anche in tempi moderni.

Il Medioevo

Nel Medioevo la credenza nella stregoneria era diffusa in tutta Europa; sorretta da leggende e superstizioni popolari, si accompagnava a riti pagani, talvolta rielaborati alla luce del cristianesimo, e a pratiche magiche che facevano ricorso a erbe medicamentose e psicotrope. Malgrado le leggi li proibissero, tali riti erano molto radicati soprattutto nelle campagne; i casi di repressione severa furono comunque piuttosto rari fino al XII secolo.
Le cose cambiarono verso la fine del XIII secolo, quando si cominciò a considerare la stregoneria come opera del diavolo e si diffuse la credenza nel sabba, riunione periodica di streghe e stregoni caratterizzata da riti orgiastici, omicidi rituali e atti d'adorazione di Satana. Verso la metà del secolo successivo si arrivò a identificare la stregoneria con una forma di eresia, della quale avrebbe dunque dovuto occuparsi l'Inquisizione.

I processi alle streghe

La repressione si fece più dura durante il XV secolo, con l'approvazione di una specifica bolla pontificia nel 1484. I processi si susseguirono per oltre due secoli, aumentando di numero e di frequenza durante il periodo di diffusione della Riforma, e si estesero anche ai paesi protestanti e all'America.
Gli studiosi hanno messo in luce come la persecuzione delle (supposte) forme di stregoneria potesse essere di volta in volta originata da diverse motivazioni. Se da un lato certamente la Chiesa temeva il distacco dal suo corpo di correnti eretiche, dall'altro i processi avevano spesso ragioni economiche, dato che la condanna per stregoneria comportava l'esproprio dei beni; spesso inoltre avevano un peso determinante interessi di carattere politico e desideri di vendetta personale.
I metodi dell'Inquisizione sono tristemente famosi: gli inquisiti, in gran parte donne, erano sottoposti a violenze fisiche e psicologiche, e infine condannati al rogo. I resoconti di numerosi processi testimoniano dell'accanimento dei giudici nell'indagare su alcuni punti ritenuti fondamentali: la fisicità dell'esperienza del sabba, l'avvenuta abiura di Cristo, i rapporti sessuali con il diavolo. Le streghe dovevano inoltre presentare, quale loro segno distintivo, una zona del corpo completamente insensibile, la cui ricerca giustificava ogni tortura.
Il documento che meglio rappresenta le teorie elaborate a sostegno della persecuzione è il Malleus malificarum (1486), redatto da due domenicani, nel quale si elencano i malefici e le pratiche perverse delle streghe. Nonostante alcune voci si levassero fin dall'inizio contro queste credenze e paure, tentando di spiegare gli atteggiamenti incriminati delle streghe come stati indotti da allucinogeni o da malattie nervose, solo nel XVIII secolo riuscì a imporsi un punto di vista razionale (illuministico) sull'argomento; risale soltanto alla seconda metà del XX secolo l'inizio di un'analisi scientifica dei documenti che permetta di leggere l'intero fenomeno su basi storiche ed etnologiche.

La simbologia della stregoneria

 Le testimonianze degli accusati, per quanto inquinate dai metodi con cui venivano estorte, gettano luce su alcuni aspetti delle credenze popolari e sulla simbologia dei riti: questi appaiono in gran parte derivati da rituali pagani della civiltà agricolo-pastorale arcaica, incentrati sulla lotta tra forze del bene e forze del male presenti nella natura. Il diavolo ha spesso le sembianze caprine del dio Pan, e a condurre il sabba è spesso una figura femminile, la Signora del Gioco, che ricorda divinità quali Artemide e Iside. L'accoppiamento sessuale fa parte di molti riti propiziatori di fertilità e la metamorfosi animalesca era ritenuta temibile punizione o segno divino presso diverse culture. Su questo intreccio di credenze si innestò la demonologia dotta, sviluppata soprattutto da intellettuali ecclesiastici, dando vita a diverse contaminazioni.
Sulla realtà dei raduni che originarono la credenza nel sabba non si sa molto, ma è probabile che, più che incontri organizzati di movimenti eretici, fossero eventi sporadici forse di significato sociale, presenti in certe culture popolari. Alcune forme cerimoniali analoghe sopravvissero tuttavia fino ai primi decenni del XX secolo e se ne trovano ancora oggi tracce nel folclore e in alcune nicchie di emarginazione culturale.

La divinazione

Pratica fondata sulla capacità di intuire o di venire a conoscenza di eventi passati, presenti e futuri attraverso il presunto contatto, diretto o indiretto, dell'intelligenza umana con il sovrannaturale. Tra i pagani, gli ebrei e i primi cristiani era strettamente legata alla religione.
Strumento della divinazione è di solito un medium (una persona ritenuta dotata di ricettività paranormale), che nella divinazione diretta ottiene informazioni attraverso il contatto immediato con l'ignoto. Soprattutto presso le popolazioni antiche, e in particolare i babilonesi e i greci, il metodo medianico era posseduto dall'oracolo, che impiegava varie tecniche per stabilire il contatto con la divinità. Alcuni, come quello di Delfi, riportavano, in stato di trance, le comunicazioni provenienti dagli dei; altri praticavano l'oniromanzia (divinazione attraverso i sogni) e la negromanzia (l'arte di evocare rivelazioni delle anime dei morti).
Nella divinazione indiretta, il medium interpreta il comportamento di animali e fenomeni naturali, considerati possibili messaggeri del mondo sovrannaturale. Nell'antica Roma, àuguri, o sacerdoti, compivano la divinazione nel corso di elaborate cerimonie (auguria), leggendo gli auguri, o segni, e utilizzando metodi quali l'aruspicina (l'ispezione delle viscere di animali), l'ornitomanzia (lo studio del comportamento degli uccelli) e l'interpretazione di sogni e visioni. Tra i metodi attualmente più noti di divinazione indiretta vi sono l'osservazione della sfera di cristallo, la bibliomanzia (interpretazione di messaggi celati in alcuni libri, soprattutto la Bibbia), la numerologia (studio dei numeri), la chiromanzia, la cartomanzia e la lettura delle foglie del tè.
In Cina, la divinazione ha seguito un corso diverso. Durante la dinastia Shang, oggetto di interpretazione erano le forme assunte dalle crepe prodotte dall'incisione e dal successivo riscaldamento di scapole di buoi e del fondo di gusci di tartaruga. Si dice che il fondatore della dinastia Zhou abbia codificato l'interpretazione di ciascuna linea e che suo figlio, il duca di Zhou, ne abbia scritto dei commenti. La raccolta delle interpretazioni è nota come Teuan, i commenti come Yao. All'epoca di Confucio, a questi testi ne furono aggiunti altri, denominati Ali. Ne risultò il testo noto come I Ching (Libro dei mutamenti). Le interpretazioni che si trovano negli Ali sono spesso attribuite a letterati della dinastia Han.

L’alchimia

Antica arte, esercitata soprattutto durante il Medioevo, che mirava a trasformare i metalli comuni, in particolare il piombo, in oro o argento. Alla serie di tecniche artigianali impiegate venivano attribuite valenze religiose che simboleggiavano il cammino spirituale verso la meta dell'immortalità. Sebbene i suoi propositi fossero spesso dubbi e illusori, l'alchimia può essere considerata, sotto molti punti di vista, l'antenata della chimica moderna.

LE ORIGINI
Fu praticata nell'antico Egitto, in particolare ad Alessandria, durante il periodo ellenistico e contemporaneamente in diverse scuole sorte in Cina, ispirandosi forse anche agli scritti dei filosofi greci. La teoria proposta nel V secolo a.C. da Empedocle, secondo cui tutti i corpi sono composti da quattro elementi fondamentali (aria, acqua, terra e fuoco), potrebbe effettivamente aver influenzato lo sviluppo dell'alchimia nella ricerca di una materia originaria, matrice di ogni cosa. Si racconta che l'imperatore romano Caligola avesse promosso numerosi esperimenti per ottenere l'oro da solfuro di arsenico e che l'imperatore Diocleziano avesse ordinato di bruciare tutte le opere egizie in cui erano descritte molte tecniche artigianali.
I concetti fondamentali dell'alchimia, che assorbono parte dei contenuti della teoria aristotelica della perfezione, prevedono che il processo naturale secondo cui i metalli comuni venivano trasformati in oro nelle zone più profonde della Terra, e così resi perfetti dalle forze di natura, potesse essere riprodotto dall'attività e dall'esperienza di abili artigiani. I primi tentativi in questa direzione furono solo empirici, ma verso il IV secolo d.C. l'astrologia, la magia e i vari riti cominciarono a prevalere e ad arricchire le ricerche di un contenuto teorico e speculativo.

LA TRADIZIONE ARABA
Dal 750 al 1258 d.C., durante il califfato degli Abbasidi, fiorì in Arabia una scuola di farmacia che ebbe come massimo esponente lo scienziato e filosofo arabo Geber. Gli alchimisti arabi, che lavoravano oro, mercurio, arsenico, zolfo e alcuni composti, in particolare sali e acidi, ritenevano che i metalli contenessero mercurio e zolfo in definite proporzioni. Benché il loro credo scientifico si basasse sulle potenzialità della trasmutazione e il loro metodo su tentativi condotti alla cieca, essi scoprirono diverse sostanze e inventarono nuovi processi fisici e chimici.

L’ALCHIMIA NEL MEDIOEVO E NEL RINASCIMENTO
La diffusione in Europa dell'alchimia è testimoniata dai primi lavori di Ruggero Bacone e Alberto Magno, che descrivono antiche ricerche volte alla scoperta o alla fabbricazione di una sostanza, la cosiddetta pietra filosofale, capace di portare i metalli comuni allo stesso livello di perfezione dell'oro e che contemporaneamente rappresentasse l'elisir di lunga vita.
Seguendo metodi alchemici, il filosofo e mistico catalano Raimondo Lullo e il monaco benedettino Basil Valentine (XV secolo) scoprirono gli usi dell'antimonio, la produzione di leghe di mercurio – la cosiddetta amalgama – e l'alcol etilico, detto lo "spirito del vino".
Importanti raccolte di ricette e tecniche del periodo rinascimentale comprendono La Pirotecnia (1540) dell'italiano Vannoccio Biringuccio; De re metallica (1556) del mineralogista tedesco Georgius Agricola; Alchemia (1597) del chimico e naturalista tedesco Andreas Libavius.
Il più famoso alchimista fu il medico svizzero Paracelso, al quale va riconosciuto il merito di aver fornito, nella prima metà del XVI secolo, una prima impostazione scientifica alle oscure pratiche alchimistiche. Egli riteneva che gli elementi che compongono i corpi fossero sale, zolfo e mercurio, rappresentanti rispettivamente terra, aria e acqua (il fuoco era classificato come imponderabile o immateriale), e credeva nell'esistenza di un elemento non ancora scoperto dal quale derivavano i quattro elementi fondamentali. Questo supremo elemento della creazione, chiamato da Paracelso alkahes, costituiva contemporaneamente la pietra filosofale, la medicina universale e il solvente irresistibile.
Dopo Paracelso, gli alchimisti europei si divisero in due gruppi: i primi si dedicarono alla scoperta di nuovi composti e reazioni con metodi rigorosamente scientifici e possono essere considerati i legittimi predecessori dei chimici moderni; gli altri si occuparono più del lato visionario e metafisico dell'antica alchimia e svilupparono una pratica basata sull'impostura, sulla negromanzia e sulla frode che ha condizionato l'attuale giudizio sull'alchimia.

L’occultismo

Credenza nell'efficacia di una serie di pratiche come astrologia, alchimia, divinazione e magia, che si fondano sulla conoscenza esoterica o "occulta" (dal latino occulere, "nascondere"), della natura dell'universo e delle sue forze misteriose. Secondo i seguaci dell'occultismo questa conoscenza, che implica il concetto di "corrispondenza" fra parti dell'universo – stelle, pianeti, pietre preziose – e parti del corpo umano o eventi della vita umana, consente di influire sulle guarigioni o di conoscere il destino delle persone. Essa può includere anche la credenza in esseri – angeli, dei, spiriti – intermedi fra l'umanità e Dio, con i quali alcuni iniziati possono comunicare. La conoscenza occulta si otterrebbe mediante l'iniziazione o lo studio di testi esoterici.
L'incontro con l'occultismo è presente in ogni civiltà. L'occultismo occidentale affonda le sue radici nell'antica cultura babilonese ed egizia. Arricchito notevolmente dal misticismo della cabala ebraica, l'occultismo fu una presenza peculiare ma importante nel Medioevo, soprattutto nella forma dell'astrologia, dell'alchimia e dei riti magici con cui si invocavano gli spiriti; molti studiosi medievali e rinascimentali, come Ruggero Bacone, Marsilio Ficino, Giordano Bruno e Paracelso, rappresentano, nella complessità della loro opera, l'anello di congiunzione fra l'occultismo e la scienza. Più fosca è la storia della grande persecuzione della stregoneria, che risale ai primi secoli dell'Europa moderna, dal XV al XVIII secolo, periodo nel quale migliaia di donne vennero torturate e uccise con l'accusa di praticare l'occultismo. A partire dal Rinascimento la Chiesa considerò sempre più l'occultismo connesso all'adorazione di Satana.
Nei secoli XVIII e XIX, nonostante l'affermazione della scienza moderna, l'occultismo non scomparve e, anche se non poche furono le figure di imbroglioni e mistificatori, venne apprezzato più per il suo significato spirituale che per le sue applicazioni pratiche. Per un uomo come lo scienziato austriaco del Settecento Franz Anton Mesmer, padre del moderno ipnotismo, l'occultismo fu essenzialmente un modo per affermare la facoltà di interazione dello spirito umano con l'universo; in questa prospettiva l'occultismo suscitò l'interesse di esponenti del romanticismo, dato il rilievo che il movimento conferì al passato, al simbolismo e al potere creativo dell'immaginazione. Questi temi si rivelarono importanti, nel XIX secolo, in "reinvenzioni" dell'occultismo come lo spiritismo o la teosofia.
Nel XX secolo si potrebbe scorgere una nuova rinascita dell'occultismo nella pratica dell'astrologia, della divinazione, del satanismo e dei riti magici, nonché nel diffondersi di sette esoteriche; in effetti, nell'ultimo ventennio del secolo un pensiero alternativo alla scienza ufficiale ha trovato modo di manifestarsi diffusamente, com'è avvenuto con il movimento New Age. Per quanto venga criticato sia dalla Chiesa sia dagli scienziati, l'occultismo pare soddisfare bisogni profondamente radicati nell'animo umano.

Lo spiritismo

Credenza presente fin dall'antichità presso varie culture, secondo la quale gli spiriti dei defunti sopravvivono ai corpi e possono manifestarsi ai vivi, generalmente per il tramite di un medium e con l'aiuto di pratiche specifiche, atte a stabilire tale comunicazione.
Il termine inoltre indica un movimento che si affermò con notevole rapidità e successo in Europa e nell'America settentrionale a partire dalla metà del XIX secolo. L'interesse per le pratiche occulte e le facoltà paranormali sorse verso il 1850, intorno ai fenomeni apparentemente inspiegabili di cui era protagonista una bambina statunitense, Margaret Fox, presunta medium. Contribuirono alla diffusione di tali credenze gli scritti di un altro medium statunitense, Andrew Jackson Davis, il quale affermava di essere in grado di compiere, in stato di trance, attività intellettuali che normalmente gli erano precluse.
Tra le pratiche principali dello spiritismo vi sono le sedute spiritiche, riunioni praticate in luoghi appositi o in case private, in cui il medium, aiutato dalla concentrazione dei convenuti, si mette in contatto con uno "spirito guida", che riferisce i messaggi dei defunti. Durante la seduta si verificherebbero fenomeni di telepatia o chiaroveggenza, episodi estatici o di possessione, o fenomeni fisici, quali la telecinesi o modificazioni della luce e dei suoni.
Gli ultimi decenni del XIX secolo e i primi del XX, gli anni decadenti della Belle Epoque, videro tutto un fiorire di attività e interessi esoterici a vari livelli, fino alla speculazione filosofica e alle applicazioni mediche: si elaboravano teorie teosofiche e antroposofiche e si praticavano sedute spiritiche così come divinazioni astrologiche ed esperimenti con l'ipnosi. Le pratiche esoteriche e spiritistiche esercitarono forte influenza sui letterati e sugli artisti, e provocarono addirittura l'interesse di scienziati, nonché l'istituzione, in Gran Bretagna nel 1882, della Società per la ricerca psichica (Vedi Parapsicologia). Il movimento dello spiritismo finì pubblicamente screditato quando certi presunti fenomeni medianici si rivelarono semplici giochi d'illusionismo; la stessa Margaret Fox, ormai adulta, si decise a confessare i propri trucchi.
Ciononostante, lo spiritismo continua, curiosamente, ad avere credito, non soltanto tra i più sprovveduti, ma anche presso studiosi. Certe aspirazioni "spirituali" si sono trasferite, peraltro, su nuovi movimenti, tra cui, negli ultimi anni, quello della New Age.

La New Age

Amalgama sincretico di istanze spirituali, sociali e politiche che mirano alla trasformazione degli individui e della società grazie alla consapevolezza spirituale. Considerato come una nuova forma di paganesimo o gnosticismo, il movimento affonda le proprie radici nella controcultura statunitense degli anni Sessanta del XX secolo, che rifiutava il materialismo a favore del misticismo orientale e anteponeva l'esperienza spirituale spontanea alla cultura ufficiale e alle Chiese istituzionali. Le tecniche di valorizzazione del sé e l'idea che l'individuo sia responsabile e capace di ogni cosa, dall'autoguarigione alla creazione del mondo, hanno trovato applicazione in ambito artistico, musicale, medico e sportivo, suscitando vivaci dibattiti.
Nel corso degli anni Ottanta il pensiero olistico, a cui si ispira la New Age, ha influenzato l'atteggiamento verso l'ambiente, la famiglia, il lavoro e la pace nel mondo. Idee spesso associate al movimento della New Age includono dottrine e pratiche come la reincarnazione, il biofeedback, l'alchimia, lo yoga, le arti marziali, l'occultismo, l'astrologia, la divinazione, l'agopuntura, i tarocchi, lo zen, la mitologia e la chiaroveggenza.

La reincarnazione

Passaggio dell'anima di un individuo, dopo la sua morte, da un corpo a un altro o da una forma di esistenza a un'altra; "trasmigrazione", "metempsicosi", "reincarnazione" o "rinascita" dell'anima in un corpo nuovo (specialmente un corpo umano) sono pressoché sinonimi. "Metamorfosi" e "resurrezione" non sono invece sinonimi di "trasmigrazione". Metamorfosi è la trasformazione di un essere vivente in un'altra forma o sostanza vivente (ad esempio la trasformazione di una persona in albero); la resurrezione, specialmente nella versione dottrinale cristiana, consiste nel ritorno del corpo alla vita dopo la morte.

 Gli antichi egizi credevano nella trasmigrazione delle anime; essi imbalsamavano i morti per conservarne il corpo in modo da potere accompagnare il ka, la forza vitale omologa al corpo, nell'altro mondo. Tra gli antichi greci la dottrina della trasmigrazione venne accolta dai seguaci di Pitagora che si ispirò alle dottrine dell'orfismo, secondo le quali il ciclo di reincarnazioni successive conduceva l'anima alla purificazione. Si ispirarono alle dottrine orfiche anche Platone e le correnti filosofiche del neoplatonismo e del neopitagorismo.
L'idea della trasmigrazione non venne mai accolta nell'ebraismo ortodosso e nel cristianesimo; tra gli ebrei, solo i cabalisti l'hanno accettata all'interno del loro sistema filosofico; anche gli gnostici e i manichei credevano nella trasmigrazione, ma i cristiani che accolsero dottrine gnostiche o manichee vennero dichiarati eretici dalla Chiesa.
Nel pensiero religioso e filosofico orientale la trasmigrazione non sembra avere fatto parte delle più antiche credenze religiose dei conquistatori ariani dell'India; essa appare per la prima volta in forma dottrinale nella raccolta di testi filosofico-religiosi indiani delle Upanishad. Da allora, tuttavia, il samsara è stato uno dei capisaldi delle tre principali religioni orientali: induismo, buddhismo e giainismo. Così, secondo l'induismo moderno, la condizione in cui l'anima rinasce è determinata dal karma; le anime di coloro che operano il male rinascono in forme inferiori. La liberazione dal samsara e dal karma è raggiunta dopo l'espiazione delle azioni malvage e grazie al riconoscimento dell'identità dell'anima individuale (vedi Atman) e di quella universale (vedi Brahman). Il buddhismo rifiuta l'esistenza dell'atman, ma la sua concettualizzazione secondo il modello di causa ed effetto della catena delle rinascite è di fatto indistinguibile dalla dottrina indù della trasmigrazione.

Lo yoga

Uno dei sei sistemi classici della filosofia indù, caratterizzato da notevoli esempi di controllo del corpo e da speciali poteri che si attribuiscono ai devoti pervenuti ai livelli più alti della meditazione. Lo yoga afferma la dottrina secondo la quale, praticando determinate discipline, è possibile giungere all'unione con l'oggetto di conoscenza. Per la maggior parte degli yogin (coloro che praticano lo yoga) l'oggetto di conoscenza è lo spirito universale, Brahma, mentre una minoranza di yogin atei persegue la perfetta conoscenza di sé in luogo della conoscenza di Dio. In ogni caso la meta perseguita dalle tecniche yoga è la conoscenza: l'esercizio fisico e mentale è unicamente un mezzo per finalità spirituali.

GLI OTTO STADI  
La pratica dello yoga (dal sanscrito, yuga, "giogo") si compone di un cammino in otto stadi verso la perfetta conoscenza. Primo: l'autocontrollo (yama), che comporta la sincerità, l'astinenza dai piaceri corporei, il rifiuto di doni e il divieto di arrecare dolore a esseri viventi. Secondo: l'osservanza religiosa (niyama), che implica l'austerità, la povertà, i riti di purificazione, la declamazione degli inni vedici e la fede devota nell'Essere Supremo. Terzo: le posture del corpo (asana), considerate fondamentali per tutti gli stadi successivi. Quarto: il controllo del respiro (pranayama), che comprende l'alterazione della profondità e del ritmo, la respirazione con l'una o l'altra delle narici e la sospensione virtuale del respiro. Quinto: il ritiro dei sensi (pratyahara), cioè l'impegno a distogliere i sensi dagli oggetti esteriori, volgendo la mente su stessa. Sesto: la concentrazione della mente (dharana), che focalizza l'attenzione su una qualunque parte del corpo e in tal modo rende il praticante insensibile ai fattori esterni di disturbo. Settimo: la meditazione (dhyana), che concentra la mente sull'oggetto di conoscenza, specialmente sul Brahma, fino all'esclusione di ogni altro pensiero. Ottavo: il raccoglimento assoluto (samadhi), ossia il perfetto assorbimento del pensiero nell'oggetto di conoscenza, la sua unione e identificazione con questo oggetto. L'ottenimento della samadhi libera l'individuo dalle illusioni dei sensi e dalle contraddizioni della ragione. Esso è pensiero che, giunto oltre se stesso, si realizza annullandosi e conduce a una sorta di illuminazione interiore, l'estasi prodotta dalla vera conoscenza della realtà.

LIBERAZIONE  
Secondo la dottrina dello yoga accade raramente di pervenire allo stadio finale nel tempo di una sola vita. Si afferma, anzi, che occorra rinascere sette volte prima di ottenere la vera liberazione, la separazione dello spirito dalla materia (Kaivalya).
Si suppone che, dopo aver raggiunto il Kaivalya, gli yogin esperti acquisiscano poteri straordinari come l'insensibilità alle temperature, al piacere o al dolore, una sorta di stato catalettico indotto dall'autoipnosi o la capacità di compiere atti sovrannaturali, psichici e fisici.

PRATICA DELLO YOGA  
Gli aspiranti yogin possono scegliere le pratiche che più si adattano alle loro capacità e all'ambiente in cui vivono: molti yogin e la maggioranza dei devoti occidentali praticano lo hathayoga, "yoga fisico", che si fonda sullo sviluppo del controllo del corpo, da cui discendono le altre pratiche; gli altri sistemi si differenziano principalmente nel sottolineare determinate fasi della pratica dello yoga. Il sistema più popolare in India è probabilmente il bhaktiyoga, "yoga religioso", che dà rilievo ai primi due stadi della disciplina, l'autocontrollo e l'osservanza religiosa. Altri yoga importanti sono il mantrayoga, dedicato al proferimento del nome di Krishna e ad altre pratiche legate al potere della parola; il karmayoga, il sentiero delle opere e del servizio; lo jnanayoga, la via dell'intelletto. La forma che fonde insieme bhaktiyoga, karmayoga e jnanayoga è denominata rajayoga ("yoga reale").

STORIA
Le dottrine e le pratiche dello yoga risalgono al periodo delle Upanishad. Le Maitri Upanishad in particolare delineano le pratiche essenziali dello yoga, che trovarono elaborazione dottrinale e fondamento filosofico nella raccolta di aforismi dello Yogasutra di Patañjali, studioso indiano del II secolo a.C., tradizionalmente considerato il fondatore dello yoga. Patañjali trasse le sue dottrine dal Samkhya, il più antico fra i sistemi classici della filosofia indù, originariamente ateo, che egli modificò aggiungendovi il concetto di Dio (Iœvara). Tale concetto non è tuttavia parte integrante della dottrina; alcune autorità, anzi, lo ritengono contraddittorio con i fondamenti dello yoga. In ogni caso, lo yoga, a differenza di altri sistemi della filosofia indù, ha subordinato la dottrina al perfezionamento della pratica. Lo studio sistematico dello yoga ha influenzato enormemente il buddhismo e ha affascinato e conquistato parecchi seguaci fra gli occidentali.

L’astrologia

Studio dell'influsso degli astri (Sole, Luna, pianeti e stelle) sugli eventi che accadono sulla Terra. Gli astrologi presuppongono che la posizione occupata dagli astri nell'esatto momento della nascita di una persona, così come i successivi movimenti dei corpi celesti, riflettano in qualche modo sia il carattere sia il destino di quest'ultima. Benché ormai da molto tempo la scienza rifiuti i principi su cui si fonda l'astrologia, milioni di persone continuano ad affidarsi ai suoi responsi.

CENNI STORICI
L'astrologia è una pratica molto antica, probabilmente sviluppata in modo indipendente da civiltà diverse. I caldei, abitanti di Babilonia, svilupparono una forma originale di astrologia già nel 3000 a.C.; i cinesi cominciarono a praticare questa "scienza" prima del 2000 a.C. e altre forme si svilupparono nell'antica India e tra i maya del Centro America. Probabilmente queste popolazioni presero spunto dal fatto che il moto di alcuni corpi celesti, e in particolare del Sole, determina il ciclo delle stagioni e il successo dei raccolti; sulla base di questa constatazione vennero forse sviluppati sistemi più ampi nei quali si supponeva che la posizione o il movimento di altri corpi celesti, come ad esempio i pianeti, potessero condizionare o simbolizzare ulteriori aspetti della vita.
Già prima del 500 a.C. l'astrologia era diffusa in Grecia, dove filosofi come Pitagora e Platone la incorporarono nello studio della religione e dell'astronomia. Fu ampiamente praticata in Europa nel corso del Medioevo, nonostante le condanne pronunciate su di essa da autorevoli figure ecclesiastiche. L'astrologia e l'astronomia erano tuttavia considerate scienze complementari fino al XVI secolo, quando le scoperte di astronomi quali Nicolò Copernico e Galileo Galilei ne misero seriamente in crisi i fondamenti. Da allora, ben pochi scienziati hanno dedicato attenzione all'astrologia.

L’OROSCOPO
Gli astrologi elaborano carte, chiamate oroscopi, sulle quali sono riportate le posizioni che i corpi celesti occupavano all'istante della nascita di una persona. Molto importante è la posizione degli astri lungo l'eclittica, il cammino del Sole nel suo moto apparente intorno alla Terra. L'eclittica è suddivisa in 12 sezioni, cui corrispondono altrettante costellazioni, dette segni dello Zodiaco (Ariete, Toro, Gemelli, Cancro, Leone, Vergine, Bilancia, Scorpione, Sagittario, Capricorno, Acquario e Pesci), a ciascuna delle quali gli astrologi assegnano un simbolo cui viene associato un particolare insieme di caratteristiche umane. Quando gli astrologi stabiliscono l'appartenenza di una persona a un determinato segno (al "Leone" o ai "Pesci", ad esempio) si riferiscono al segno che il Sole occupava al momento della nascita di quella persona. L'oroscopo è anche suddiviso in 12 "case", le quali costituiscono il periodo di 24 ore durante il quale la Terra compie una rotazione completa attorno al proprio asse. Ogni casa ha attinenza con un dato aspetto della vita di una persona, come matrimonio, salute, lavoro, viaggi ecc.; gli astrologi elaborano le predizioni interpretando la posizione dei corpi celesti nei segni e nelle case dell'oroscopo.

L’agopuntura

Antica tecnica terapeutica di origine cinese, attualmente diffusa anche in Occidente, in cui aghi estremamente sottili vengono infissi in determinati punti del corpo, collocati lungo 26 linee del corpo, che vengono definite meridiani. La tecnica dell'agopuntura si ricollega alla filosofia taoista, e si basa sulla convinzione che nel corpo vi sia un equilibrio di energie di diverso tipo che regolano i processi vitali. La malattia non sarebbe altro che la manifestazione di un disequilibrio tra le diverse energie; la stimolazione mediante aghi di precisi punti del corpo consentirebbe di ripristinare la condizione di equilibrio e di sbloccare i punti in cui l'energia si è accumulata. L'applicazione dell'agopuntura si estende dalla terapia di malattie psicosomatiche alla cura del dolore come sintomo di diverse patologie (asma, gastrite, colite); inoltre, questa tecnica è risultata efficace come anestetico nel corso di interventi chirurgici con paziente sveglio come parti cesarei e rimozioni di tumori cranici. Un'interpretazione degli effetti positivi ottenuti tramite agopuntura è quella secondo cui gli aghi infissi determinerebbero uno stato prossimo al sonno, come si riscontra dall'analisi di elettroencefalogrammi di pazienti trattati; inoltre, sembra che vi sia un'azione di risposta dell'organismo all'infissione degli aghi che stimolerebbe il sistema immunitario; ancora, vi sarebbe anche un'azione di inibizione della sensibilità al dolore grazie alla stimolazione di alcuni punti del sistema nervoso autonomo.

I tarocchi

Mazzo di carte usato principalmente per predire il futuro, oltre che per un gioco ancora relativamente diffuso in Europa centrale. I tarocchi hanno origine incerta; forse introdotti in Europa dai crociati tra il 1095 e il 1270 o dagli zingari, certamente venivano usati in Italia già all'inizio del XIV secolo.
Un mazzo completo consiste di 78 carte: gli arcani minori (56 carte divise nei quattro semi) e gli arcani maggiori, noti anche come "trionfi" (22 carte illustrate). Gli arcani minori, più o meno un moderno mazzo di carte, contengono i semi di bastoni, cuori, spade e denari, e ogni seme 14 carte: 4 figure (re, regina, cavallo e fante) più quelle numerate dall'asso al dieci. Gli arcani maggiori comprendono un "matto" e delle carte illustrate e numerate da 1 a 21. La serie classica delle 21 carte è la seguente: 1) il bagatto; 2) la papessa; 3) l'imperatrice; 4) l'imperatore; 5) il papa; 6) gli innamorati; 7) il carro; 8) la forza; 9) l'eremita; 10) la ruota della fortuna; 11) la giustizia; 12) l'impiccato; 13) la morte; 14) la temperanza; 15) il diavolo; 16) la torre; 17) le stelle; 18) la luna; 19) il sole; 20) il giorno del giudizio; 21) il mondo.
Alcuni mazzi di tarocchi furono illustrati da artisti come il tedesco Albrecht Dürer, vissuto tra la fine del XV e l'inizio del XVI secolo. Le illustrazioni simboleggiano forze naturali, vizi e virtù. Il futuro viene predetto interpretando le combinazioni che si formano con le carte estratte.

Il buddismo zen

Indirizzo di pensiero sorto in Cina dall'incontro del buddhismo Mahayana con il taoismo e diffusosi prevalentemente in Giappone a partire dal XII secolo: "zen" è la forma giapponese della parola cinese chan, a sua volta connessa con il termine dhyana, che in sanscrito esprime la condizione contemplativa che libera la mente dalla distinzione fra il sé e la realtà esterna. Si tratta del tentativo, comune anche ad altre scuole buddhiste, di superare i condizionamenti delle proprie sensazioni attraverso la consapevolezza del "vuoto" (sunyata) che caratterizza tutte le cose.

LA DOTTRINA  
Le cose di cui l'uomo fa esperienza non possono essere classificate per mezzo dei dati empirici forniti dalla percezione, poiché sono dotate di una realtà propria più profonda e universale. Il mondo deve dunque essere colto nella sua essenza, in uno stato di "non mente" che lasci scorrere i pensieri senza conservarne traccia. A differenza delle altre scuole buddhiste, lo zen sostiene che questo stato, irraggiungibile attraverso le pratiche rituali e devozionali, è frutto di una introspezione diretta e immediata (in giapponese satori) che sottrae alle parole e alle azioni qualsiasi significato simbolico e rappresentativo, impedendo che nella mente si generi una qualsiasi forma di pensiero autonomo. Un esempio di questo approccio può essere colto nell'atteggiamento del maestro Yaoshan, pronto a rispondere, a chi gli chiedesse quale fosse la via dello zen, che essa consiste nel percepire in modo assolutamente libero e distaccato una nube nel cielo o una brocca piena d'acqua, rifiutando quindi di definire una visione filosofica attraverso concetti astratti e simbolici.

L'ARTE  
I monasteri zen, nei quali possono soggiornare anche i laici, sono sostanzialmente scuole di meditazione nelle quali si praticano anche numerose attività manuali e artistiche, come la pittura e la calligrafia e, accanto alla cerimonia del tè, tecniche marziali tipicamente giapponesi, come il kendo e lo ju-jutsu. Apprezzando maggiormente l'azione piuttosto che la teoria, e la contemplazione diretta della natura piuttosto che la sua interpretazione, il pensiero zen intende liberare la mente dai pericoli insiti in ogni processo di elaborazione concettuale, limitandosi a cogliere con distacco le forme della realtà esterna intesa come dato immediatamente circoscrivibile nel momento stesso in cui viene percepito e fatto oggetto di rappresentazione figurativa; la rappresentazione artistica, pertanto, deve unire la perfezione tecnica e formale all'assenza di ogni intento interpretativo.

LA STORIA
Introdotto in Cina, secondo la tradizione, nel 520 dal monaco indiano Bodhidharma, lo zen ebbe nella prima fase della sua storia esponenti di spicco come Huineng, Deshan (782-865) e Lin Ji (?-866); ottenne i migliori risultati in campo artistico all'epoca della dinastia Sung (960-1279) con i capolavori della pittura a inchiostro nero (vedi Arte cinese).
Attraverso i monaci inviati a studiare in Cina, lo zen penetrò in Giappone: la setta Rinzai, introdotta da Eisai (1141-1215) nel 1191, e l'indirizzo Soto, diffuso da Dogen nel 1227, sono tuttora attivi e hanno prodotto pittori del valore di Sesshu e Jasoku, oltre ai maestri della particolare tecnica poetica che trova espressione nei brevi componimenti detti haiku.
Noto al pubblico occidentale soprattutto grazie alla pubblicazione in lingua inglese dei Saggi sul buddhismo Zen dello studioso giapponese Daisetz Suzuki, alla fine della seconda guerra mondiale lo zen suscitò in Europa e negli Stati Uniti l'interesse di artisti, filosofi e psicologi, affascinati dalla suggestività della sua pittura e della sua scultura, e dalla profondità di un pensiero in cui venivano individuate presunte connessioni con alcune correnti della filosofia contemporanea. 

La mitologia

Disciplina che si occupa dello studio e dell'interpretazione del mito; il termine "mitologia" (dal greco mythos e logein, "discorrere razionalmente del racconto poetico") indica anche il corpus dei miti che costituisce il patrimonio di una determinata cultura.

STRUTTURA E FUNZIONE DEL MITO
Il mito è un fenomeno culturale complesso, che può essere esaminato da prospettive differenti; generalmente è costituito dall'insieme di narrazioni orali o letterarie e da rappresentazioni figurative o drammatiche, incentrate sulle vicende di alcuni personaggi e situate al di fuori del tempo storico. Il corpo del mito è formato dall'intersecarsi e dal comporsi di tali vicende, che sono generalmente diverse in ogni narrazione o rappresentazione.
Il mito non interpreta la realtà né la descrive ma, piuttosto, la rappresenta e, attraverso le caratteristiche tipiche (o, secondo alcuni studiosi, simboliche) delle figure che in esso agiscono e degli elementi narrativi che lo compongono, la rende riconoscibile alla comunità che condivide il racconto. In tal modo il corpo mitologico non solo diventa patrimonio comune del gruppo, cui richiama immediatamente il complesso dei codici sociali cui fa riferimento, ma arriva spesso a comprendere la rappresentazione degli elementi fondamentali della cultura cui appartiene, e contribuisce a sua volta a conservarli vivi nelle coscienze e attivi nello sviluppo ulteriore della cultura stessa.
Per tali motivi, il racconto mitico può essere esportato verso altre culture solo se gli elementi che lo compongono sono in esse riconoscibili: ad esempio, nella mitologia romana confluirono solo quegli elementi greci che potevano essere riconosciuti in una cultura che non condivideva con la greca l'inclinazione alla speculazione metafisica, e che aveva una struttura sociale e una storia differenti, le quali favorirono invece l'affermarsi di miti autoctoni indipendenti.
Dal punto di vista formale, i miti differiscono dalle favole e dalle leggende poiché si riferiscono a un tempo che generalmente precede il costituirsi della società all'interno della quale il mito è condiviso (nei miti escatologici ne segue la fine); per questa dimensione spaziotemporale straordinaria che investe esseri e processi sovrannaturali, la mitologia di una cultura è stata spesso interpretata come un aspetto della sua religione, e talvolta a essa sovrapposta: è il caso, ad esempio, della mitologia greca, in cui si fanno confluire indistintamente tanto le figure sacre, ovvero quelle che implicavano un culto e una devozione come gli dei dell'Olimpo, quanto i personaggi dei racconti mitici di origine prevalentemente poetica, ancorché orale, quali ad esempio gli eroi protagonisti della guerra di Troia o delle tragedie del ciclo tebano.

MITO, STORIA E RAGIONE
Per il fatto che il mito arriva a pervadere molti aspetti della cultura e della vita sociale, le sue funzioni non sono percettibili nel tempo e nel luogo in cui sono attive, ma possono essere individuate e decodificate solo dall'esterno, così come una persona che parla non è cosciente dei fenomeni logici e linguistici che mette in atto e delle norme sociali e comportamentali che applica parlando, ma essi sono individuabili solo da chi ascolta (o da chi parlava, ma in un'analisi successiva). Proprio per la sua natura onnipervasiva, dunque, l'analisi del mito è stata spesso usata come strumento atto a gettar luce su molti aspetti della vita dell'individuo e della società; ma l'analisi stessa della comunicazione (colloquiale o mitica che sia), nel momento in cui provoca la coscienza del meccanismo in atto, ne compromette immediatamente la spontaneità.
Mentre nelle altre civiltà la narrazione mitica costituiva e costituisce tuttora un'espressione non mediata della realtà, nella civiltà europea l'eredità culturale greca ha instaurato un'opposizione tra la visione diretta del mythos e la razionalità discorsiva (logos), considerata a partire da Aristotele l'unica via per giungere alla conoscenza della verità. La tradizione ebraico-cristiana ha invece opposto al concetto di mito quello di storia, a partire dal fatto che il Dio degli ebrei e dei cristiani, benché esistente oltre il tempo e lo spazio, si era rivelato all'umanità entro la storia e la società.
Ma le distinzioni tra razionalità e mito, e tra mito e storia, benché fondamentali, non sono mai state assolute: Aristotele giunse alla conclusione che in alcuni primordiali miti cosmogonici logos e mythos coincidevano; Platone utilizzò il mito come un'allegoria e un espediente retorico per sviluppare un argomento; inoltre, mythos, logos e storia si sovrappongono nel Prologo al Vangelo di Giovanni, in cui Gesù è definito come Logos, il Verbo, venuto dall'eternità nel tempo storico.

MITOGRAFIA OCCIDENTALE MODERNA  
Dopo la conversione al cristianesimo dei popoli pagani, alcuni elementi delle loro mitologie vennero a costituire il substrato folclorico di varie culture europee. Inoltre creazioni letterarie moderne, pur sorte secondo modalità differenti rispetto all'anonima tradizione orale e popolare dei miti antichi, hanno rivelato una forte inclinazione a radicarsi all'interno della cultura occidentale e a riprodursi in varianti diverse e articolate. Si ebbero così i cicli di leggende medievali, come quelli che hanno per protagonisti i cavalieri della Tavola Rotonda e la ricerca del Sacro Graal, oppure le opere letterarie, artistiche o musicali aventi per protagonisti Faust o Don Giovanni, o infine, in tempi ancor più recenti, i miti politici sui quali si basarono culturalmente i regimi totalitari del XX secolo. Analoghe creazioni non possiedono il valore religioso e conoscitivo del mito tradizionale, eppure costituiscono un patrimonio comune a comunità specifiche, seppur individuate secondo criteri intellettuali e non storico-geografici, cui forniscono un codice di comunicazione e di interpretazione del reale.

INTERESSE MODERNO PER LA MITOLOGIA  
L'illuminismo e il movimento romantico stimolarono l'interesse per il mito mediante l'attività teoretica e la ricerca accademica. Gli illuministi, cercando una spiegazione razionale per ogni manifestazione umana, comprese quelle apparentemente irrazionali, formularono teorie della storia secondo le quali i miti erano il prodotto dell'ignoranza e dell'irrazionalità delle epoche primitive: si pensava, ad esempio, che i miti fossero un risultato della divinizzazione delle virtù eroiche di un essere umano. Gli intellettuali romantici considerarono il mito come una forma irriducibilmente pura dell'espressione umana: per loro il mito, inteso come modo primitivo di pensare e di sentire, possedeva una dignità pari o superiore a quella della comprensione razionale della realtà.
Tali speculazioni comportarono nello studio della mitologia l'applicazione dei principi di discipline sistematiche come l'antropologia sociale e culturale, la sociologia, la psicologia e la storia delle religioni, che gettarono le fondamenta di una più ampia comprensione dei rapporti tra i fenomeni della cultura e della storia. La mitologia attrasse da allora l'interesse di specialisti di molte discipline: i miti furono analizzati con l'ausilio di strumenti mutuati dalla storiografia, dall'archeologia e dall'antropologia, e viceversa dallo studio dei miti emersero modelli interpretativi che poterono essere analogamente applicati in altri campi di ricerca, come ad esempio la linguistica e la psicologia.

MITOLOGIA E LINGUISTICA  
Poiché la narrazione mitica è una forma di comunicazione, molti tentativi di comprensione si sono concentrati sulla sua struttura linguistica, o meglio sulla struttura dei suoi codici, ipotizzando che il funzionamento e il significato del mito debbano cercarsi per analogia nella storia e nella struttura del linguaggio stesso.
Il principale propugnatore del mito come modello dello sviluppo storico del linguaggio fu l'orientalista tedesco Friedrich Max Müller (1823-1900): egli sosteneva che nei Veda, antichi testi indiani, le figure degli dei e le loro azioni non rappresentavano persone o fatti reali, ma erano piuttosto il frutto di un tentativo di dare espressione a fenomeni naturali come il fulmine o il mare mediante immagini icastiche e sensuali.
Più recente è invece il modello strutturalista, basato sull'opera dei linguisti Ferdinand de Saussure e Roman Jakobson, che concentrarono il proprio interesse sul significato globale del linguaggio come sistema logico, e sul rapporto tra significati effettivamente espressi e la struttura sottostante, comprendente grammatica, sintassi e dinamiche psicologiche. Figura rilevante in questo settore di studi è quella dell'antropologo francese Claude Lévi-Strauss, secondo cui il mito rappresenta un caso particolare di uso semantico, un terzo livello oltre la superficie narrativa e la struttura sottostante, nel quale egli rinviene raggruppamenti di relazioni che, pur espresse nel contenuto narrativo e drammatico, obbediscono all'ordine sistematico della struttura linguistica. Secondo Lévi-Strauss in ogni idioma e cultura opera la medesima forma logica, nelle opere scientifiche così come nei miti tribali.

MITO E CONOSCENZA
Le teorie per le quali il mito costituisce una forma e un veicolo di conoscenza sono antiche quanto l'interpretazione del mito stesso: tanto la cultura filosofica classica quanto la teologia cristiana affrontarono il tema. Nelle formulazioni del rapporto tra mito e conoscenza ricorrono due orientamenti principali: nel primo, il mito è esaminato dal punto di vista intellettuale; nel secondo, è studiato nel suo significato intuitivo e immaginativo, come una modalità percettiva distinguibile dal tipo di conoscenza razionale e logica, oppure come precorritore di questa nell'evoluzione del pensiero umano.
Uno dei padri dell'antropologia britannica, Edward Burnett Tylor, riteneva che il mito nelle culture arcaiche si fondasse su un'illusione psicologica e su una deduzione logica errata, ovvero su una confusione tra realtà soggettiva e oggettiva non priva tuttavia di valore morale. Il linguista francese Maurice Leenhardt spiegava il mito principalmente come l'espressione di un'esperienza comunitaria. Leenhardt, che trascorse gran parte della vita in Melanesia, osservò che gli indigeni reagivano passivamente alle realtà non umane del loro ambiente, che non cercavano di dominare dal punto di vista concettuale o tecnologico, ma alle cui forze cercavano di adattarsi armonicamente. Egli definì questo atteggiamento "cosmografico" e fece risalire i miti dei melanesiani alla loro "esperienza cosmografica" del mondo. Dal canto suo, il filosofo e antropologo francese Lucien Lévy-Bruhl sviluppò la nozione di "mentalità prelogica": egli riteneva che nelle culture arcaiche si avesse esperienza del mondo senza beneficiare di categorie logiche e che questa esperienza si acquisisse mediante la partecipazione mistica alla realtà espressa nei miti. Uno studio esauriente del mito inteso come modo di conoscenza, sia logico-razionale, sia intuitivo-immaginativo, si deve allo storico delle religioni romeno Mircea Eliade. Secondo la sua interpretazione, il mito disvela un'ontologia primitiva: esso esprime simbolicamente una conoscenza completa e coerente che conduce alla scoperta della propria natura. Anche per il filosofo francese Paul Ricoeur il mito, in quanto espresso in simboli, è indispensabile per un serio esame delle origini, dei processi e della complessità del pensiero umano.

MITOLOGIA E ANTROPOLOGIA  
La correlazione tra mito e società fu un problema speculativo rilevante a partire dalla pubblicazione della Scienza nuova (1744) di Giambattista Vico, in cui venne esposta una teoria sullo sviluppo del mito e della religione in Grecia, dalla divinizzazione della natura alla totale umanizzazione degli dei, così come vengono rappresentati da Omero.
Il sociologo francese Emile Durkheim, esaminando il rapporto tra mito e società, si basò su dati delle culture aborigene australiane. Egli affermò che i miti nascono come autorappresentazione sociale dell'umanità e del mondo e che sono elementi di un sistema morale, di una cosmologia e di una storia: essi sostengono e rinnovano le credenze morali e rafforzano la natura sociale degli uomini. Bronislaw Malinowski perfezionò questa concezione antropologica. Per Malinowski nelle società arcaiche e tribali il mito svolge una funzione indispensabile esprimendo, rafforzando e codificando le credenze: esso salvaguarda e rafforza la moralità e contiene regole pratiche che in queste culture fungono da guida per gli individui.
Tra gli antropologi è ormai universale l'accettazione del significato sociologico del mito. Ciò non implica, tuttavia, che il mito venga considerato come una funzione della società umana. Mito e società coesistono; l'ordine sociopolitico può essere considerato un riflesso imperfetto dell'ordine cosmico e sociale presente nei miti, che ne forniscono una legittimazione.
L'antropologo inglese James Frazer suggerì per primo la relazione tra mito e rituale; la sua teoria venne ampliata per spiegare il significato del mito nelle società culturalmente evolute. Il francese Georges Dumézil, che condusse ricerche approfondite sulla mitologia indoeuropea comparandone le tracce persistenti in varie culture, rinvenne in tutte le forme mitologiche indoeuropee una triplice struttura riconducibile alla struttura triadica della società, con una classe di sacerdoti o governanti a capo della gerarchia, i guerrieri al centro e i contadini, i pastori e gli artigiani alla base. Le interrelazioni e gli antagonismi e i conflitti tra queste classi, che sono connesse a divinità cosmiche, secondo Dumézil furono drammatizzate per mezzo della forma narrativa dell'epica.

PSICOLOGIA E MITOGRAFIA
Nel mito gli psicologi trovarono materia per delineare la struttura, l'ordine e le dinamiche sia della vita psichica dei singoli sia dell'inconscio collettivo della società. Sigmund Freud utilizzò i temi delle antiche strutture mitologiche per esemplificare i conflitti e le dinamiche dell'inconscio, elaborando la nozione di complesso di Edipo. Carl Gustav Jung, nelle sue interpretazioni psicologiche del vasto insieme di miti raccolti nelle culture di tutto il mondo, trovò sostegno alla teoria dell'esistenza di un inconscio collettivo condiviso da tutti i popoli e sviluppò una teoria degli archetipi – strutture di forte impatto, al tempo stesso idee ed emozioni – che trovano espressione in campo artistico e religioso. Sia Jung sia Freud concepivano i sogni come espressioni della struttura e della dinamica della vita dell'inconscio. Rilevavano infatti come il sogno, in molte sue caratteristiche, somigli al racconto mitico proprio di culture nelle quali quest'ultimo esprime ancora la totalità della vita.
Uno studio completo dei miti dal punto di vista della psicologia del profondo venne effettuato dallo studioso americano Joseph Campbell che, nel saggio Le maschere di Dio (4 voll., 1959-1967), unì concetti di matrice junghiana a teorie della diffusione storica e all'analisi linguistica formulando, dal punto di vista delle dinamiche rintracciabili nelle forme mitiche di espressione, una teoria generale su origini, sviluppo e unitarietà di tutte le culture umane.

La chiaroveggenza

Forma di percezione extrasensoriale che comprende la capacità, attraverso mezzi psichici, di vedere oggetti e intuire eventi al di là della normale sfera percettiva. A quanto si crede, interviene di solito quando la persona dotata di tali facoltà cade in stato di trance; la maggior parte degli scienziati, tuttavia, nega che esistano prove evidenti a sostegno del fenomeno.
Coloro che vi credono forniscono varie spiegazioni delle cause e delle modalità delle sue manifestazioni. Alcuni pensano che un chiaroveggente giunga alle sue visioni attraverso il contatto con gli spiriti; altri ritengono che queste si manifestino per telepatia (vedi Parapsicologia), la capacità di comunicare attraverso l'uso esclusivo della mente; secondo una terza spiegazione, infine, i chiaroveggenti otterrebbero le informazioni soltanto grazie alle loro speciali facoltà, senza l'intermediazione di altre persone o entità.

La parapsicologia

Studio dei fenomeni cosiddetti “paranormali”, non spiegabili sulla base delle teorie scientifiche convenzionali. La parapsicologia si occupa prevalentemente della percezione extrasensoriale (cioè l'acquisizione di informazioni senza l'uso dei sensi, ad esempio attraverso la chiaroveggenza e la telepatia) e della psicocinesi (la capacità di muovere oggetti senza ricorrere all’applicazione di forza fisica). Questo settore di studi è conosciuto anche come "ricerca psichica", dal nome della Società per la ricerca psichica, fondata prima in Gran Bretagna nel 1822 e poi negli Stati Uniti nel 1884 – sull’onda dell’interesse suscitato dalle sedute spiritiche e medianiche – e tuttora operante in entrambi i paesi.
Negli anni Trenta, Joseph Banks Rhine fondò un laboratorio di parapsicologia alla Duke University, dove fu avviata la ricerca sperimentale al fine di sostituire lo studio basato su resoconti di singoli casi con il rilevamento di correlazioni su base matematica e statistica.
Nei suoi esperimenti sulla percezione extrasensoriale, Rhine utilizzava un mazzo di carte, simili alle comuni carte da gioco, che riportavano ciascuna uno di una serie di cinque segni (stella, cerchio, croce, quadrato e onda). Se il soggetto riusciva a individuare correttamente cinque carte nel mazzo precedentemente mescolato, il fenomeno veniva considerato casuale; se ne individuava da 6 a 10, era considerato una prova a favore della percezione extrasensoriale. Gli esperimenti sulla psicocinesi venivano invece condotti con dadi lanciati da un contenitore o da un congegno meccanico contro un muro. Veniva calcolato il rapporto tra il numero di volte in cui un soggetto si sforzava mentalmente di fare apparire una certa faccia del dado e il numero di volte che la faccia si presentava realmente. I risultati convinsero Rhine e i suoi collaboratori della non casualità di questi fenomeni.
La critica principale alla parapsicologia si basa sulla non riproducibilità delle prove: la probabilità di ottenere nuovamente fenomeni di percezione extrasensoriale e psicocinesi dagli stessi soggetti tende, infatti, a decrescere con il passare del tempo. Questo elemento pone i fenomeni studiati al di fuori dei presupposti della scienza, in quanto soggetti alla legge della casualità.
Gli studi in ambito parapsicologico hanno tentato di fornire maggiore consistenza alle prove, avvalendosi di misurazioni di tipo fisico e matematico, ma è opinione dei ricercatori che il metodo scientifico tradizionale non è adeguato a spiegare fenomeni che non obbediscono alla relazione causa/effetto. Per questi motivi, la validità scientifica della parapsicologia è tuttora oggetto di viva controversia.


La presente ricerca è stata eseguita, scritta e corretta da Marco Matteoli / NEMESIS per il sito Streghe Italia nell'ottobre 2000

P.S. in questa ricerca ho scritto solo l’essenziale della tradizione magica, ciò che un appassionato di magia o uno studioso, dovrebbe sapere prima di buttarsi sulla pratica.
P.P.S. ho impiegato ben 15 giorni per fare tutto, pertanto, tutto ciò che ho scritto dovrà essere utilizzato solo ad uso privato, coloro che vogliono aprire altri siti non dovranno in alcun caso fare pagine fotocopia, e se vedrò da un’altra parte questa pagina, o parte di essa, la mia vendetta sarà TERRIBILE!!!!!!!


© 2000/05 Antonio Genna - Streghe Italia
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