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Realizzazione Antonio Genna

Il mondo dei doppiatori - Zona Cinema

"Amour"

Manifesto originale del film Manifesto italiano del film


PERSONAGGI

INTERPRETI

DOPPIATORI

GEORGES Jean-Louis Trintignant NINO PRESTER
ANNE Emmanuelle Riva VITTORIA FEBBI
EVA Isabelle Huppert ANGIOLA BAGGI
ALEXANDRE Alexandre Tharaud EMILIANO COLTORTI
GEOFF William Shimell GAETANO VARCASIA
IL PORTIERE Ramòn Agirre ANTONIO PALUMBO
LA PRIMA INFERMIERA Carole Franck ROBERTA PALADINI
LA SECONDA INFERMIERA Dinara Drukarova PERLA LIBERATORI

ALCUNE NOTE SUL FILM

RECENSIONE
a cura di Eugenio Riva

In un famoso quanto “sempreverde” film degli anni Quaranta, Citizen Kane (Quarto Potere) ,uno dei personaggi coinvolti nell’intervista del giornalista sul magnate della carta stampata Kane, appunto, affermava che “la vecchiaia era l’unico male che non ci si può illudere di poter curare”. Un’affermazione che, per quanto amara e inaccettabile, costituisce pura verità: invecchiando si perdono le forze,il fisico si rilassa e in taluni casi, oltre al decadimento del corpo, si assiste alla perdita di memoria della mente sino all’irreparabile. Sembra saperlo bene Michael Haneke, regista austriaco di fama internazionale, pluripremiato ai Festival di Cannes che ha “centrato nuovamente il bersaglio” vincendo l’ultima Palma d’Oro con Amour, un dramma da camera dalla reminiscenze bergmaniane.
Protagonisti sono una coppia di ottuagenari, Anne (Emmanuelle Riva) e Georges (J.L. Trintignant), ex insegnanti di musica oramai in pensione, amanti di concerti di musica classica e di libri, esponenti di un universo che ha fatto della cultura il baricentro geostazionario, il pilastro della propria identificazione sociale. La loro vita, tuttavia, cessa di essere serena quando Anne è colpita, improvvisamente, da un ictus cerebrale che, nel giro di breve tempo, ne paralizzerà prima il corpo rendendola inabile di qualsivoglia azione e costringendola ad una sedia a rotelle e, successivamente la mente inibendone l’uso della parola. Solo e privo di un aiuto concreto che possa in qualche modo alleviarne l’enorme peso, se non quello di una negligente infermiera,Georges baderà alla moglie per tutte le azioni quotidiane, lottando con amore appunto, contro la malattia. Una malattia degenerativa che distruggerà quell’armonia, de cristallizzando un’esistenza felice nel giro di poche settimane. Il tempo appunto. All’interno di quattro pareti, quasi dei compartimenti stagni, in cui il grido muto è imprigionato senza mai uscire, il battito dei minuti è scandito dalla terribile agonia di Anne ma soprattutto da quella di Georges, coraggioso esempio di un amore sacrificato, primigenio e lontano esempio dagli stereotipi melò. Perché come Haneke suggerisce, L’Amour è dedizione, condivisione delle sofferenze, unione familiare, forza promotrice di ogni evento che vince ogni bruttura e alienazione fisica.
Con una visione attenta ai drammi della quotidianità familiare, Haneke confeziona un film che in due parole potrebbe essere definito come “amaramente coraggioso”: ci vuole coraggio, infatti, per proporre senza scadere nei retorismi o peggio ancora nel vilipendio, una vicenda di umana tristezza; ci vuole coraggio per affrontare l’inferno a porte chiuse familiare prediligendo scene di “artefatta immobilità” e tappezzandolo di simbolici gesti affettivi (come la potente scena del piccione coccolato come un bimbo da Georges sotto la coperta) ma soprattutto, il grande coraggio è tutto nella scelta finale, certamente discutibile e amara.
L’analessi, le rare comparse, la splendida caratterizzazione psicologica che Emmanuelle Riva, già “abituata” a drammi interni dal polacco Kieslowski in Film Blu, conferisce al suo personaggio, commuove e lascia commuovere grazie anche a una decisa inquadratura eloquente più di mille parole. “L’analista” Haneke svela la ferocia della vita quotidiana comunicando empaticamente allo spettatore la sofferenza della malattia e il massacro che essa genera sul corpo e sulla mente. Una sofferenza, dice il regista, purtroppo, contraddendosi e quasi schierandosi contro la tesi della dedizione amorosa, che può solo sfociare nell’annientamento del corpo e nella fine della propria esistenza.
Tutto senza una lacrima, senza violenza, senza filtri. Con la sola forza delle immagini
Onore al merito.



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