ALIAS Italia

ALIAS ITALIA

FANFICTION

Scritto da Articiòch
Riassunto: E se Sloane fosse stato veramente vicino a Sydney durante la sua infanzia?

Data di composizione: settembre-ottobre 2004
Periodo di svolgimento: fra la 1^ e la 2^ stagione.
Adatto a: minorenni accompagnati da genitori.

DISCLAIMER
Si ricorda che tutti i diritti del racconto sono di proprietà del sito "Alias Italia – Il dossier Sydney Bristow", e che tutti i personaggi della serie "ALIAS" utilizzati sono di proprietà ABC, Bad Robot – Touchstone Television e sono utilizzati senza il permesso degli autori e non a fini di lucro.

NOTA DELL'AUTORE: Fra i racconti presenti in questo sito esiste una categoria, piuttosto curiosa ed intrigante, nella quale gli autori, anziché trarre spunto dagli avvenimenti della serie per sviluppare nuove trame, immaginano una serie di realtà alternative dove “invertono il corso di Alias” (per usare le parole di Marcus Stokes) raccontando cosa sarebbe successo se un personaggio della serie avesse avuto un ruolo diverso nell’economia della storia, per esempio se Irina Derėvko si fosse portata Sydney in URSS o se la spia fosse stato Will; io ho scritto il racconto basandomi sull’ipotesi piú estrema, quindi il carattere della protagonista risulterà modificato, fino al contrario di quello che appare nella serie TV. Fra l’altro non ho inventato nuove avventure ma mi son limitato a riscriverle secondo questo nuovo punto di vista, quindi la storia non verrà riscritta per intero ma tratteggiata con brevi pennellate; i capitoli hanno i titoli delle puntate il cui svolgimento è stato modificato.

Triplo gioco (parte 1/2)

“Le informazioni che si ottengono in guerra sono in gran parte contraddittorie, in maggior parte ancora false e quasi tutte incerte."

von Clausewitz, Della guerra

CAPITOLO 1: LA VERITÀ
LOS ANGELES
PARCHEGGIO DI UN LOCALE DOVE SYD VA A BERE QUALCOSA
«L’SD-6 non è una sezione segreta della CIA. L’SD-6 è una branca dell’Alleanza. Tu stai lavorando per il nemico che credevi di combattere.»
«È impossibile.»
«Dimmi perché non sei mai stata a Langley allora. Ti hanno mentito! Loro hanno mentito a tutti gli agenti di livello inferiore. Non capisci che sto cercando di aiutarti?»
«…Così mi stai dicendo che lavoro per il nemico e che sei tu il nemico.»
«Questa è la tua unica chance. Devi andare.»
«Adesso ti comporti come un padre? Con quale coraggio? Se vuoi aiutarmi, stai lontano da me!»
Sydney uscì dall’auto e corse via.
L’SD-6 era un’organizzazione criminale! Suo padre per 7 anni l’aveva vista lavorare per dei terroristi e dei mercenari e soltanto ora glie lo diceva… come aveva potuto suo padre lasciare che lei venisse reclutata da gente del genere? Lui sapeva, lui aveva sempre saputo, ma nonostante ciò aveva lasciato che lei entrasse nell’SD-6 senza dirle niente. Certo, Jack doveva mantenere la sua copertura ma che la verità venisse fuori proprio adesso…
Questa considerazione rendeva meno duro ciò che Syd stava per fare.

UFFICIO DI SLOANE
«Il traditore è Jack.» Syd trovava che l’ufficio di Sloane avesse un’aria particolarmente cupa quel giorno, o forse era solo la sua immaginazione, scatenata dal senso di colpa per stare tradendo suo padre? «Mi ha detto la verità sull’SD-6. Non ti è fedele.»
«Quand’è successo?» Anche la voce di Sloane sembrava piú profonda del solito.
«Ieri sera.»
«Uhmm, non è detto che sia Jack la talpa. Può aver agito solo per amor filiale.»
«Tu sospettavi che non ti fosse fedele e già solo per il fatto che mi abbia detto tutto merita la morte.»
«Avrei preferito sbagliarmi su Jack.» Arvin guardò Sydney con uno di quegli sguardi sinceri che lui sapeva fare a comando, ma che quella volta esprimeva veramente il suo stato d’animo.
«Anch’io avrei preferito che non fosse stato così. Ma lo è stato.» Syd fece una pausa. «Ora lo ucciderai?»
«No. Penso di usarlo per ingannare la CIA, per fornire loro false informazioni.»
«Arvin, lo sappiamo tutti e due che non potrà andare così per sempre. Con me puoi esser sincero. Quando t’ho detto di sospettare che Danny mi sorvegliasse e tu l’hai fatto eliminare, io ho pianto per lui perché sì, lo amavo, ma alla fine sono stata d’accordo con la tua linea di condotta perché era un rischio che l’SD-6 non poteva permettersi di correre.» Syd fece una pausa. «Anche se sbagliavamo a sospettare di Danny non avevamo scelta.»
«Lo so che non potremo ingannare la CIA per sempre. Un giorno o l’altro Jack espierà il suo tradimento, ma per l’intanto tu andrai da Devlin, gli dirai che lui t’ha detto tutto, che mi odi perché ho fatto ammazzare Danny e ti conquisterai la sua fiducia. Poi passerai false informazioni alla CIA ed io farò in modo che tuo padre le confermi in buona fede.»
«Per me va bene.» La ragazza si alzò per uscire.
«Aspetta.» Sloane le sorrise. Syd era la migliore. Indubbiamente l’agente piú bravo della sua organizzazione, tanto bravo da capire che l’SD-6 non era quello che voleva sembrare, cioè una sezione occulta della CIA, ma una cellula dell’Alleanza. Ed aveva anche capito il grande scopo ultimo di Sloane, aveva saputo elevarsi sopra l’ottuso patriottismo, perdonandogli il male che aveva commesso –e che stava commettendo, e che avrebbe commesso in futuro- in virtù della nobiltà delle sue motivazioni, per le quali era disposta a sacrificare l’uomo che lei amava ed il suo stesso padre; era disposta anche a sacrificare la sua stessa vita: il senso di fedeltà di Syd nei suoi confronti era superiore a qualunque altra cosa. Veramente la migliore. In assoluto.
«Sydney, voglio che tu sappia in che casino ti andrai a mettere. Avrai una libertà maggiore rispetto ad una “normale” doppiogiochista, ma non potrai permetterti errori: anche uno solo rischierebbe di screditarti o peggio, di farti scoprire. Avrai non una tripla, ma una quadrupla vita: per i tuoi amici sarai una studentessa che lavora in banca; per gli altri membri dell’SD-6 sarai un’agente segreto; per la CIA e per tuo padre sarai una doppiogiochista –neanche l’Alleanza deve sapere la verità- mentre per me…»
«…una spia votata alla morte.»
«Come?»
«L’arte della guerra, cap. XIII: “ci sono cinque tipi di spie…”»
Sloane sorrise. Uno dei suoi soliti sorrisi da squalo abbozzati su quella faccia rugosa ed indecifrabile. «”…le spie native, gli infiltrati, i doppiogiochisti, le spie destinate alla morte e quelle destinate a sopravvivere.” Era il tuo capitolo preferito di Sunzi [1].» Ed anche il suo. «Sarai una spia che fa finta di essere votata al sacrificio ma che poi tornerà da me a fare rapporto.» Come al solito, Sydney trovava il modo di renderlo compiaciuto di lei. «Ma lasciando stare questi giochetti, te la senti di farlo? Non sarà uno scherzo, ad un certo punto non saprai piú qual è la verità, non saprai piú nemmeno chi sarai. C’è gente che ci è uscita pazza.»
«O che ci è uscita morta. Ma vedere la tomba di Danny mi ha fatto pensare al fatto che anch’io dovrò finire dentro ad una simile e presto o tardi dovrà capitare. Allora tanto vale…»
«Ci sono cose peggiori della morte e tu lo sai perché le hai viste e le hai inferte ad altri. Potresti venire torturata e toccare il fondo di un abisso di dolore ed umiliazione, soffrire tanto da pentirti di esser mai nata. E ci può essere una vita che non è vita. Un piccolo errore e potresti finire i tuoi giorni in carcere, in una cella piú piccola di questa stanza, 30, 40, magari anche 50 anni; potresti rimanere storpiata in un incidente e rimanere su di una sedia a rotelle a vedere gli altri che camminano colle proprie gambe; potresti rimanere paralizzata dalla testa in giù, senza neanche poterti togliere la vita…»
Sloane tendeva a diventare ansioso certe volte. «Arvin, ne abbiamo già parlato quando ho scoperto cosa facevi veramente. Ci ho pensato e ripensato molte e molte volte e faremo come ho deciso.»
«Allora vuoi veramente farti mettere un dente con un ovulo di cianuro?»
«Non voglio correre rischi.»
«Sei eccezionale. Passa da McCullough. Ti farà alcune domande pro forma.»
Mentre usciva, Sydney si voltò: «Ah, come sta Emily?»
«Ieri non si è sentita bene ma oggi stava già meglio.» Povera Emily. Le era toccata quella croce oltre a quella di non poter avere figli. Lui però ammirava come lei sopportasse tutto ed il suo amore per Emily aumentava nel vedere mantenere la sua grande, grandissima dignità, nel vederla non disperarsi mai, non lamentarsi mai, non recriminare mai… recriminare con chi, poi? Emily non era di quelle che imprecavano al vento.
Era per rispetto nei suoi confronti che non c’era mai stato niente fra lui e Sydney. Lei lo amava piú di un padre e se lui avesse voluto avrebbe potuto averla senza problemi… ma era meglio così, che fra loro ci fosse soltanto affetto e stima e niente altro. Syd sarebbe stata fantastica come amante, pensò Sloane guardandola uscire, ma lui voleva che il suo rapporto con lei continuasse a rimanere innocente, una delle poche cose ancora innocenti della sua vita.
«Signor Sloane? Il signor Poole sulla linea 3.»
«Lo prendo subito. Vai pure Syd.»
Sydney uscì dall’ufficio senza avere bene idea di quale fosse in quel momento il suo stato d’animo. Voleva bene a suo padre ma Sloane era stato per lei altrettanto –no, piú importante. Le era stato piú vicino di Jack; suo padre era sempre in viaggio per le sue missioni ma Arvin trovava sempre il tempo per andare da lei, confortarla, farla ridere, insegnarle a crescere e diventare grande, in quella casa vuota per la “morte” di sua madre Laura. Se Syd avesse mai dovuto scegliere fra Jack ed Arvin, avrebbe senza dubbio scelto per il secondo. “E così è successo”, pensò lei malinconica. Ma senza dubbio non voleva dire senza dispiacere: mandare a morte suo padre non era esattamente il tipo di conflitto generazionale che lei si aspettava.

CAPITOLO 2: L’INIZIO
CIMITERO, DAVANTI ALLA TOMBA DI DANNY
«Ho chiesto a Devlin se potevo dirtelo io. Hanno verificato la tua dichiarazione. Sei dentro! Ho letto quello che hai scritto. Ti sono grato per non avermi nominato. Sei stata… gentile.»
«Sei della CIA?!»
«Non sai quanto sia pericoloso, Sydney, fare quello che faccio io. Avrei preferito che tu fossi partita.»
«Come faccio a sapere se mi stai dicendo la verità?»
«Dovremo imparare a fidarci uno dell’altra.»
Il cellulare di Sydney si mise a suonare.
«Pronto?»
«Syd, ti dispiace venire un momento qui da me?»
«Subito.» Syd chiuse. «Papà devo andare.»

UFFICIO DI SLOANE
«La talpa è mio padre.»
«Per questo morirà.» Sloane guardò Sydney negli occhi. «Ma non oggi.»
«Allora Danny Hecht non c’entrava veramente niente?»
«Evidentemente no.»
«Beh, amen per lui.»

CAPITOLO 3: LA TALPA
OSPEDALE DELL’ALLEANZA
«Dixon ha parlato?»
«Sì, ricordava abbastanza bene di esser stato trasportato su di un elicottero in ospedale e che ti facevi chiamare “freelancer” per radio.»
«Lo sapevo! Dovevo lasciarlo morire!»
«Invece è un’ottima notizia: lui adesso crede ancor di piú che noi siamo la CIA… perché la CIA è venuta a prenderlo; all’Alleanza ed alla CIA diremo che non si ricorda di niente.»
«Ma lui potrebbe dirlo a Jack…»
«Ho pensato anche a questo: gli ho detto che, viste le nostre finalità ed i nostri obiettivi –quelli dichiarati, ovviamente- portarlo all’ospedale è stata una violazione del nostro regolamento interno che prevede la massima segretezza; che ho deciso di perdonarti vista la nobiltà del gesto e quindi che lui non deve dire niente a Jack per evitare che tu abbia guai con lui.»
«Così lui dirà a mio padre che non ricorda niente e se anche tu sembrerai convinto, lui ci crederà.» Sydney ridacchiò.
«Esattamente. Vedo che capisci tutto al volo.»
Mentre se ne andava a casa da Francie, Syd si chiese fino a quando Dixon sarebbe servito al loro piano e fino a quando avrebbero dovuto prendere in giro suo padre… perché la cosa iniziava a divertirla!

CAPITOLO 4: LA PAGINA 47
UFFICIO DI SLOANE
Le luci, pur essendo soffuse, scolpivano la faccia di Sloane evidenziando la fitta trama delle rughe del suo volto incupito da un’espressione maledettamente seria; Syd aveva l’impressione che Sloane le stesse per dire qualcosa di estremamente importante. «Sydney, ti ricordi del diario di Rambaldi che hai sottratto al Direttorio K?» Sydney avrebbe dovuto scattarne delle foto come contromissione per conto della CIA ma aveva passato loro le immagini di pagine create a bella posta da Sloane, pagine false che Arvin aveva anche mostrato a Jack per ingannare meglio il nemico.
«Sì, come vanno le analisi?»
«Hai presente la pagina 47?»
«Quella in bianco?»
«Esatto. Usando la stessa fiala di liquido di Rambaldi che McKenas Cole ha tentato di rubare e che ha in mano la CIA.»
«Non ho potuto impedire che lo prendessero.»
«Non fa niente, ne avevamo già fatto l’analisi stechiometrica e l’abbiamo sintetizzato, così siamo stati capaci di rivelare cosa c’era sopra la pagina 47. Voglio che tu la veda.»
Sydney prese in mano il foglio e la sua attenzione fu immediatamente attratta dall’immagine disegnata al centro della pagina. Una donna, un volto familiare… «Ma questa…» Sydney trangugiò, sbuffò e poi si voltò verso Sloane, guardandolo sconvolta. «Questa sono io! Ma che significa?»
«Syd, bambina, significa due cose: che tu sei la Prescelta e che ora ho un nuovo asso nella manica. Credo che dovrò rivedere i miei piani coll’Alleanza.»

CAPITOLO 5: LA PROFEZIA
VIENNA
DI FRONTE ALL’EDIFICIO DOVE I MEMBRI DELL’ALLEANZA HANNO VOTATO
«Non si preoccupi signor Poole. Le restituirò il favore.»
«Arvin, non so proprio di che cosa stia parlando.»
“Certo, razza di maiale.” Pensò Sloane. “Te la farò pagare cara, non solo perché mi hai preso in giro e perché mi hai fatto ammazzare Jean, ma perché ti sei messo col nemico e sarai una minaccia per tutti, me compreso, finché sarai d’accordo con Xasinau… finché sarai vivo.”

LOS ANGELES
UFFICIO DI SLOANE
«Sydney, questo che ti sto per affidare è un incarico molto pericoloso; tu sai quanto tenga a te, non solo perché sei la Prescelta, quindi io te lo esporrò e poi tu mi dirai se sei in grado di farlo.»
«Sai che sono la piú brava qua dentro. Non ti deluderò.»
«Edward Poole. Si è messo d’accordo con Xasinau per tradire l’Alleanza e soprattutto, farmi le scarpe. Voglio che tu le faccia a lui. È importante, fondamentale che l’Alleanza non venga a sapere che sono io il mandante.»
«Se posso chiederti, perché non invii un mercenario?»
«Perché voglio vedere le foto di lui morto e nel consegnarmele un mercenario correrebbe piú rischi di te. Le notizie che ho su Poole sono abbastanza scarne: passa la vita fra Montecarlo e Londra e prende spesso dei voli ma un attentato aereo è da escludersi.»
«Lo so, attirerebbe troppa attenzione.»
«Il suo ufficio a Londra è nella sede centrale dell’SD-9; a Montecarlo ha un alloggio che i suoi uomini sorvegliano questo appartamento 24 ore su 24.»
Sydney ci pensò sopra un momento. «Ho già in mente un piano. Ho bisogno di una squadra.»

UNA SETTIMANA PIÚ TARDI
THE TIMES

MUORE A MONTECARLO CITTADINO BRITANNICO
Intrappolato in un incendio scoppiato per cause accidentali

Edward Poole, 59 anni, nato a Berkhamstead (Hertfordshire) e residente a Londra, facoltoso uomo d’affari, ha perso la vita in un incendio scoppiato nell’edifico di Montecarlo dove possedeva un alloggio. Assieme a lui sono morti due uomini di scorta ed altri due inquilini dello stabile, rimasti anch’essi intrappolati nello stabile. Il suo corpo è stato sottoposto ad autopsia che ha stabilito il soffocamento come causa della morte. La salma verrà portata domani in patria dove l’attendono i familiari.
Secondo le prime dichiarazioni della polizia del Principato la causa della tragedia è stata una vecchia conduttura del metano che si è guastata permettendo al gas di diffondersi nello spazio dell’edificio: da lì è poi bastata una scintilla per innescare l’esplosione. Il proprietario della palazzina tuttavia ha dichiarato che le tubature erano state controllate il giorno prima e che erano state effettuate riparazioni e sostituzioni. La procura ha aperto un’inchiesta.


«Complimenti. L’idea di sostituire una tubatura nuova con una vecchia e rotta è stata geniale.»
«Il difficile era calcolare quanto metano sarebbe stato emesso da una fessura così piccola. Entrare invece non è stato difficile, ci siamo spacciati per quelli del gas.» Sydney ridacchiò e così Sloane. «La polizia non ci metterà molto a scoprire che nessuna azienda ha mandato dei tecnici ma tanto noi non siamo piú rintracciabili.» Syd gli passò il referto autoptico che era riuscita ad impossessarsi senza spender troppo dall’anatomopatologo della polizia del Principato. Sloane lo sfogliò ammirato.
«E gli altri della squadra?»
«Li ho uccisi come mi hai detto tu. Perez e Durden sono finiti in mare, Ovando l’ho avvelenato, è morto all’aeroporto.»
«Bene.» Sloane fece una pausa, guardò in alto e poi si rivolse verso di lei con uno sguardo intenso. «Sydney, c’è una cosa che devi sapere su tua madre.»

CAPITOLO 6: LA FUGA
UFFICIO DI SLOANE
Sydney entrò da Sloane con aria trionfale. «Ecco il giroscopio vero.»
«Come hai fatto ad ottenerlo? Raccontami tutto dall’inizio.» Sloane aveva mandato i suoi uomini in quel ristorante a Nizza ma non aveva capito bene né perché né cosa fosse successo.
«Hai presente il mio supervisore delle CIA? Te l’ho detto che s’è innamorato di me, ci è cascato come una pera cotta.» Sloane con un cenno del capo la invitò ad andare avanti. Sapeva già di come Syd avesse attirato Vaughn per usarlo… e non soltanto Vaughn. «Bene, mi ha invitato a cena, sono arrivati i tuoi sgherri ma siamo riusciti a scappare. Vaughn ha creduto che li avesse mandati Ariana Kane e mi ha chiesto—mi ha supplicato di consegnarti il giroscopio vero per non compromettere la mia copertura.»
«Ottimo. Sedurre il nemico è sempre una mossa vantaggiosa. Riportagli il giroscopio buono e dammi quello falso creato dalla CIA.»
«Come?»
«Sydney, è tempo che la Fase uno abbia termine. Una mia squadra ha assaltato il deposito segreto della NSA dove custodiscono—dove custodivano 24 manufatti di Rambaldi.»
«Alla CIA non mi hanno detto niente.»
«Non mi sorprende, vista la posizione che ricopri qui devono aver creduto che questa notizia avrebbe potuto metterti in agitazione e rischiare di farti scoprire –un rischio che ovviamente non corri, visto che fai il triplo gioco- mentre avresti tentato di sapere dove ho nascosto i pezzi.» Sloane sorrise: Sydney non l’avrebbe mai fatto… perché lui le aveva già detto dove li nascondeva. «Di sicuro lo sa tuo padre.»
«Mio padre?»
«È molto piú dentro di quanto sembri in questa storia, ma non so fino a che punto. Cambiamo argomento: a questo punto l’Alleanza è diventata ingombrante e deve essere distrutta, per portare a termine quest’operazione dobbiamo usare la CIA ed essa deve avere una ulteriore prova di affidabilità da parte tua. Portagli il giroscopio originale dicendo che sei riuscito a scambiarlo, l’Alleanza avrà altro cui pensare nei prossimi giorni.»
«Cosa?» Questa notizia era per lei una sorpresa: anche se Sloane glie l’aveva anticipata Syd non pensava che la Fase Uno finisse così presto. «Come intendi agire?»
«Io mi renderò irreperibile grazie ad un’apparecchiatura che permette di ingannare la trasmittente che l’Alleanza mi ha impiantato nel collo; poi volerò da Emily.» Sydney Bristow era una delle poche persone al mondo a sapere che Emily Sloane fosse ancora viva e dove si nascondesse.
«A proposito, lei come si trova nelle Filippine?»
«Bene. Dice che le manco.»
«Beh, ci credo. Te l’avevo detto che tenere in vita Russek sarebbe stato utile.» Quando l’antivigilia di Natale quel rompic******i di McCullough scoprì l’esistenza di una talpa, Jack fece ricadere la colpa su Anthony Russek per salvare lei: Sloane avrebbe dovuto farlo uccidere altrimenti sarebbe saltata la doppia copertura di Sydney, tuttavia la ragazza lo convinse a salvargli la vita ed usarlo come agente nell’ombra sotto il solo suo controllo, visto che né la CIA né l’Alleanza se lo sarebbero aspettato; quando poi si rese necessario nascondere Emily, Russek fu immediatamente scelto per farle da guardia del corpo. Ora era nelle Filippine con lei. Sloane non aveva dubbi sulla sua fedeltà, soprattutto ora che gli doveva la vita.
«Tu invece dovrai fare intervenire la CIA; bisogna far avere loro i codici di accesso al server 47 di modo che l’Alleanza sia resa vulnerabile. Il piano è piuttosto complicato, quindi seguimi attentamente. Io mi renderò irreperibile e l’Alleanza manderà qualcuno a rimpiazzarmi. Non so chi sarà ma chiunque sia cercherà di accedere ai miei documenti segreti sul server 47; appena ci sarà riuscito troverà una mia lettera elettronica, un indizio che gli avrò lasciato per scoprire che tu e Jack fate il doppio gioco per la CIA» E qui Sloane sorrise sarcasticamente. «…quindi appena il nuovo capocellula arriva tu dovrai farti mandare dalla CIA a recuperare i codici di accesso del server fingendo di averne appena saputo; ti dirò dove si trovano, li tiene un maiale di nome Macor su di un Boeing 747 e non sarà difficile per la CIA rintracciare dove fa scalo il Jumbo.»
«E Jack?»
«Non ci serve piú. Lasciamo che se ne occupi l’Alleanza. Il fatto che io debba eliminare tuo padre non comporta necessariamente che mi piaccia anche farlo.
Comunque, ci sarà bisogno di qualcuno dall’interno che verifichi i tuoi codici e li confermi alla CIA: probabilmente lo vorrà fare Jack ed allora il mio sostituto lo scoprirà.»
«In pratica tu sparisci, io vado a recuperare i codici, papà me li riconferma e la CIA abbatte l’Alleanza.»
«Brava, ragazza, esatto. Appena alla CIA arriverà la conferma dei codici attaccheranno tutte le cellule dell’Alleanza.» Sloane fece una pausa. «E troveranno il cadavere di Jack.»
«Va bene. Quando scatta il piano?»
«Non correre Syd. Fino ad ora sei stata bravissima a muoverti sul filo del rasoio ma questo piano rasenta il pazzesco. Nessuno ha mai tentato una cosa del genere, ci sono mille dettagli che possono variare e mandare a monte i miei disegni. Se riusciremo diverremo una leggenda nel nostro ambiente ma proprio perché far riuscire un tale piano è qualcosa di titanico. Il bello è che potrei collaborare direttamente colla CIA ma se si venisse a sapere che ho tradito l’Alleanza nessuno si fiderebbe di me mentre se si pensasse che stavo scappando per conto mio quando è stata attaccata allora potrei reclutare della gente.»
«C’è un piano di recupero?»
«Questi orecchini. Se giri così uno di loro…» Sloane le mostrò il gesto «puoi metterti in collegamento con me attraverso una rete satellitare nel caso qualcosa vada storto. Allora deciderò il da farsi: come misura estrema, mi metterò in contatto con la CIA e proporrò loro l’immunità per me e per te in cambio di informazioni sull’Alleanza e su Rambaldi.»
«Quando si inizia?»
«Domani. Stasera devo vedermi con uno scienziato che ha creato un anello che risponderà al dispositivo di tracciamento nel mio collo. Appena ti diranno che sono irreperibile, sarà il momento di scattare. Se puoi, stanotte riposati per bene e domani rilassati, ché dopodomani sarà un giorno molto lungo.»
«Dopo aver debellato l’Alleanza cosa dovrò fare?»
«Temporaneamente continuerai a passare false informazioni alla CIA ed a fare da tramite fra me e tua madre; io intanto mi dedicherò a realizzare il mio piano per il quale avrò bisogno del vostro aiuto.»

CAPITOLO 7: FASE UNO
NEL MAGAZZINO ABBANDONATO
Kendall, Jack, Sydney e Vaughn stavano parlando animatamente delle informazioni scaricate dal Server 47.
«Signore, siamo in grado di distruggere l’Alleanza adesso!»
«Agente Bristow, so cosa dicono le trascrizioni, ma un’operazione simile va pianificata perfettamente!»
«Quando l’Alleanza scoprirà che è stato violato il server, queste informazioni non saranno più valide!»
«Vorrei ricordarvi 70 chili di esplosivo C4 murati nelle fondamenta dell’SD-6 e probabilmente in quelle di ogni altra cellula, se le informazioni sono sbagliate e noi entriamo in azione ci saranno centinaia di morti.»
«La risposta è qui dentro. Qui risulta che ogni cellula dell’SD usa un codice di abilitazione dei sistemi di sicurezza diverso ogni settimana, e ci sono i codici attuali.»
«Quindi dovremmo andare all’SD-6 e scoprire qual’è il loro codice attuale.»
«Se corrisponde anche le altre informazioni sono giuste.»
«…E potrei proporre a Langley una retata in tutti gli uffici dell’Alleanza!»
«Abbiamo il codice dell’SD-6?»
«No, ma posso ottenerlo.» Jack sperava che se i due codici combaciassero allora si sarebbe potuti penetrare nella sede dell’SD-6 e di tutte le altre SD dell’Alleanza, così finalmente lui e sua figlia sarebbero stati liberi.
Sydney pensò che in realtà suo padre sarebbe stato preso in consegna da Geiger prima di vedere il suo trionfo.

SEDE DELL’SD-6
«Jack Bristow? Anthony Geiger.»
«Ero ansioso di conoscerla.»
«Anch’io, mi creda!» Gli accessi della sala si chiusero e lo sguardo di Geiger a Jack non piaceva affatto. Chi era quel gorilla che stava con Geiger? Stava succedendo qualcosa.

SEDE DELLA CIA
Il GSM di Sydney squillò. Era suo padre. «Sì?»
«Sydney, sono io! Sono con il signor Geiger, vuole che tu ci raggiunga immediatamente. Ah… non prendere la superstrada, ci sono i lavori in corso.»
Oh no.
«Va bene, sì!»
«A dopo!»

Vaughn si avvicinò a Sydney. «Ti ha dato il codice?» Lei piangeva? «Syd?»
«È stato scoperto!»
«Cosa?»
«Mi ha detto “non prendere la superstrada, ci sono i lavori in corso!”»
«Non capisco.» Non c’era nessun lavoro in corso lungo la superstrada.
«È la frase che abbiamo concordato… un modo per dire all’altro che eravamo stati scoperti; un segnale di pericolo! E ora è con Geiger!»

M***a, questa non ci voleva! E adesso chi confermava i codici? Il tempo stringeva, l’Alleanza oramai sarebbe stata messa in allarme e le probabilità di beccarla colle braghe calate e sbarazzarsene scemavano di ora in ora. Razza di s*****o, doveva proprio farsi beccare adesso? Ma guarda che imbecille di padre. Ma dopotutto non era colpa sua, Sloane gli aveva teso un tranello che però era scattato troppo in fretta. Syd non sapeva cosa fare e girò l’orecchino; dopo alcuni minuti suonò nuovamente il suo telefonino; era un numero sconosciuto.
«Pronto?»
«Sono io, questa è una linea sicura; che ti è successo?» era Sloane.
«Hanno scoperto Jack prima che mi inviasse i codici!»
«Quindi non avete modo di avere la conferma?»
«Esattamente.»
Sloane pensò per un po’. «Mi sembra che Dixon si fidi di te e quindi potresti dirgli la verità e convincerlo a controllare i codici.»
«Potrebbe non credermi.»
«Allora dovrai essere molto convincente.»
«Potrebbe non riuscire a forzare il sistema centrale, potrebbe impaurirsi e scappare. Ha moglie e figli.»
«Syd io conosco Marcus. Non mi ha mai deluso, se è convinto riuscirà a recuperare quel codice e perché lui sia convinto lo devi essere tu. Ricordati che alla peggio…»
«Lo so.»
«Ti devo lasciare. Se non funziona riattiva l’orecchino.»

Sydney telefonò a Dixon chiedendogli di incontrarsi con lei vicino ai pozzi di petrolio, nella periferia nord della città; quindi andò in bagno e si diede una rinfrescata. Era il caso di chiamare Will e dirgli di lasciare la città? No, il suo movimento avrebbe potuto essere notato se tenevano sotto controllo casa sua. Gli spiaceva esporre i suoi due migliori amici al rischio di morire, ma il gioco che lei faceva non conosceva pietà.

PERIFERIA DELLA CITTÀ
Adesso Sydney era in fibrillazione. Questo era il momento piú delicato del piano; tutto dipendeva dalla reazione che avrebbe avuto Marcus Dixon, un elemento esterno il cui comportamento poteva essere imprevedibile; Sydney lo conosceva abbastanza bene per sperare di poterlo convincere ma in questo caso il margine d’errore era enorme: Geiger avrebbe potuto sospettare di lui ed averlo fatto seguire, in questo caso sarebbero morti tutti e due. Oppure Marcus avrebbe potuto pensare di salvare sé ed i suoi fuggendo fuori città ed anche in questo caso il piano di Sloane sarebbe andato a farsi benedire.

«Se segui le istruzioni per recuperare il codice, ti troverai nel cuore della rete informatica dell’SD-6 e vedrai che non è la CIA, è l’Alleanza! Aspetto la tua e-mail, ma devi decidere in fretta!»
Dixon, pensoso, scettico, confuso, si voltò e risalì in macchina mentre Sydney lo guardava andar via. Era la migliore interpretazione che le fosse riuscita, aveva studiato le espressioni da fare davanti allo specchio del cesso della Rotunda prima di partire. A questo punto era probabile che Dixon si accorgesse della verità sull’SD-6 ma non era detto, in questi casi c’era sempre qualche imprevisto.

SEDE DELLA CIA
Alla Rotunda la tensione era talmente fitta che la si poteva tagliare col coltello; tutti aspettavano la lettera di Dixon per andare a salvare Jack anche se collo scorrere dei minuti la cosa era sempre piú difficile. Syd vide che al suo terminale era arrivata una lettera. La aprì mentre tutti la fissavano.
«Il codice è giusto! È giusto!»

SEDE DELL’SD-6
Geiger fissava Jack con uno sguardo compassionevole. Quel vecchio mastino si stava dimostrando un osso davvero duro da rodere. «Jack, tu lo sai come vanno queste cose, il tuo cuore sopporterà non più di un’altra scossa, al massimo due… Ma non ho mai visto nessuno superare le tre volte, e tu?» Ma Geiger di ossi duri ne aveva rosi molti.

Intanto gli agenti della CIA entravano indisturbati nella sede del Crédit Dauphine, ovvero la cellula locale dell’Alleanza dei Dodici, lanciavano delle granate fumogene ed iniziarono a sparare a tutti gli agenti di sorveglianza. Durante la sparatoria Sydney corse verso la tromba delle scale, le scese saltellando, era presa da un istinto irrefrenabile, la sua mente non riusciva a pensare ad altro senza valutare le conseguenze, tutto quello che sapeva era che doveva entrare nella sala torture e doveva farlo subito, si era dimenticata del piano di Sloane, di chi era, di cos’era l’SD-6, di Rambaldi…

«Eeh… Tua figlia è così bella, immagina quello che potrei farle… è la tua ultima occasione Jack, non vuoi salvarti? Salva Sydney! Allora… per chi lavori?»
Sydney corse disperatamente per il corridoio, entrò nella stanzetta sfondando la porta, Geiger fece per estrarre la pistola ma lei fu piú veloce e gli sparò cinque colpi nel tronco.
«Oh mio dio! Papà!» Ma che c***o stava facendo? Doveva lasciarlo morire! Perché si era gettata a salvarlo? Syd aveva improvvisamente riacquistato la coscienza e si era accorta di avere fatto una puttanata pazzesca. Però poteva ancora sparargli…
«Sto bene…»
Un secondo dopo entrò un agente della CIA che scansò la ragazza e si prese cura di Jack; Syd rinunciò ad uccidere il padre sul momento. L’agente raccolse Jack mettendoselo sulle spalle e lo portò via. Sydney era completamente stordita, aveva perso il senso dell’orientamento e del tempo. Dov’era? Che stava facendo? Come spinta dal residuo di quell’automatismo che l’aveva condotta lì sotto risalì negli uffici del piano di sopra e si avvicinò a Vaughn; i due si baciarono appassionatamente.
Arrivò Weiss: «Ehi, ragazzi! È fatta, li abbiamo presi a calci nel culo!» I due non lo stavano a sentire. «Ehi ragazzi, avete sentito? A calci!»
I due continuarono a baciarsi, Weiss sospirò e se ne andò. Per Vaughn era un bacio liberatorio, finalmente poteva scoprire i suoi sentimenti , lasciare che il suo amore venisse alla luce a dispetto di qualunque avversità, per Syd era un bacio isterico, non sapeva come reagire al casino che aveva combinato.

LOCALITÀ SCONOSCIUTA
«In effetti è straordinario, Sydney ha passato le informazioni alla CIA e tutto è andato esattamente come previsto da lei. Congratulazioni signore, l’Alleanza è morta!» Sark era euforico, cioè un po’ meno glaciale del solito.
«C’è ancora molto lavoro da sbrigare.»

CAPITOLO 8: DUPLICAZIONE
LOS ANGELES
CASA SICURA DELLA CIA
«Temi l’uomo che soffre e la sua bottiglia.»
L’agente James Lennox si alzò dalla sedia e si avvicinò a Sydney; disse un paio di cose tristi che lei non stette nemmeno a sentire, rispondendo con banalità dello stesso tenore.
«Oh, Sydney»
Nonostante l’alito pesantemente alcolico, l’aspetto sconsolato, la barba malfatta, o forse proprio per questo, Syd si sentì attratta da lui. Lennox la baciò. Aveva degli occhi splendidi come quelli di Vaughn ma anziché di un intenso verde speranza erano di un bellissimo azzurro chiaro nel quale si vedevano le crestoline dell’iride. Gli occhi di Jim erano diversi anche da quelli di Sark, tanto chiari da esser grigi come l’acqua ghiacciata: in effetti gli occhi di Julian non esprimevano altro che ghiaccio, erano freddi come quelli di un essere senza vita. Syd si tuffò negli occhi color del mare di Jim prima ancora che nel bacio: guardandolo le sembrava di vedere il cielo solcato dalle nuvole, l’oceano increspato dalla schiuma delle onde, la superficie corrugata di un pianeta alieno…

CAPITOLO 9:UN AGENTE LIBERO
CASA DI SYDNEY
Sydney uscì dalla sua stanza da letto col vestito buono per la cerimonia di laurea e raggiunse Will e Francie che chiacchieravano in cucina
«Addensante per gelati, 4 lettere.» Will era alle prese colle parole crociate.
«Agar.»
Il telefono squillò e rispose Francie. «Pronto? Un momento.»
«A-G-A-R.»
«È per te.» Francie passò il telefono a Syd.
«Pronto.»
«Congratulazioni Sydney. Quante cose hai da festeggiare oggi! «
Sydney uscì in giardino. «Arvin, ho fatto una c***ata. Ho salvato mio padre.»
«Cosa?»
«Ehm, l’agente che è corso di sotto e l’ha salvato in extremis… ero io.» Syd fece una pausa. «Non ti so dire perché l’ho fatto. Era iniziata la sparatoria e… mi sono ritrovata a correre per le scale, non sapevo cosa stessi facendo o perché… sono entrata e ho steso Geiger.»
«Questo accesso di amor filiale non mi rende felice. Adesso lo dovrai ammazzare tu.» La voce di Sloane era calma ma Sydney capiva che era arrabbiato.
«Sono pronta. Non si ripeterà piú.»
Sloane parlò dopo un momento di attesa. «Però… a questo punto non è il caso di esser così precipitosi. Ora la CIA si fida di te?»
«Completamente.»
«E come va con quegli agenti che ti scopi?»
«Si fidano di me, tutti e tre. Vuoi sapere i dettagli?» Veramente gli agenti erano due: Jim Lennox Sydney se l’era sbattuto un paio di volte per fargli abbassare la guardia e rendere piú facile la sua eliminazione per coprire Marković. Peccato, perché Jim era così dolce, non come quel fighetto di Vaughn, il tipico esempio di federale borioso; comunque, Marković adesso che era uguale a Lennox non era niente male, chissà se l’avrebbe rivisto…
«No grazie. Sto pensando che forse Jack tornerà ad esserci utile. Devo studiarmi un piano. Che nuove da tua madre?»
«Nessuna. Spero che l’errore che ho commesso potrà esser ripagato in qualche maniera.»
«Mi farò vivo io.» Sloane riattaccò.
Perché aveva salvato suo padre? Perché l’aveva lasciato vivere? Perché s’era gettata nel sotterraneo senza pensare né a sé stessa né al piano per salvare la vita ad un uomo che doveva comunque morire? In quel momento il suo cervello era andato in automatico: laggiù c’era suo padre e lei lo doveva salvare, punto. In quei momenti aveva perso quella freddezza che l’aveva sempre contraddistinta e che piú volte le aveva salvato la vita, come quando aveva ammazzato Hasan o Noah. Ma non sarebbe piú successo.

CAPITOLO 10: BOMBA DI FUOCO
ZURIGO
Sloane era un genio. Colla scusa del C4 era riuscito a lasciare la AMBCORP indisturbato e ad avere un contatto con lei evitando di suscitare dei sospetti.
«Dimmi soltanto sì o no e pensa alla strada. Io volerò a Kandahār per incontrare un “signore della guerra” locale. Voglio tenermelo buono, se la CIA decide di promuovere un’operazione contro di lui sai cosa devi fare.»
«Sì.»
«Mi spiace dover farti fare sempre tutto ma sei l’unico contatto alla CIA che ho. In ogni caso devi sempre salvaguardare la tua sicurezza. Prima tu poi la missione. Ricordati che sei la prescelta.»
«Sì.»
«Rallenta, mi butto giù dalla macchina.»

KANDAHĀR
CASA DI ẠHMAD KABIR
Ạhmad Kabir recitava silenziosamente la preghiera della sera su un tappeto afgano da preghiera in un angolo della stanza. Sydney si avvicinò di soppiatto ed aspettò che Kabir avesse finito sforzandosi di contemplare le figurazioni geometriche del tessuto alla luce della lampada a petrolio che ardeva vicino a Kabir. Appena l’uomo fece per rialzarsi Syd si schiarì la voce.
«A-hem! Mi manda Arvin Sloane: vi prego, mettete [2] via la pistola, o degno signore dei guerrieri, valoroso Ạhmad Kabir di Kandahār.»
«Cosa c’è?» Kabir abbassò la Tokarev ma la teneva ancora in mano.
«Potente signore, il mio padrone manda a dirvi anzitutto che vostra moglie ha espiato il tradimento e l’onta che ha fatto ricadere sulla vostra testa; vi porge quindi l’arma che ha ucciso la fredifraga e rinnegata. L’ho lasciata di sotto.»
«Grande notizia! Ringrazio grandemente un degno amico.»
«Ma la cosa piú importante per la quale sono venuta da voi è che gli americani hanno crudelmente deciso di privarvi della vita.»
«Cani traditori! Così si rimangiano l’accordo che stipularono con me e gli altri capi!?!» Kabir sputò per terra per manifestare la sua ira. «Furono vani i nostri reciproci giuramenti?! Rispettano così la mia canizie e la mia autorità sopra tante famiglie amiche?! Perdona il mio accesso di giusta ira, o valorosa serva di un ancor piú valoroso padrone, e spiegami come essi intendono procedere.»
«Manderanno qui un sicario e se egli fallirà l’attentato alla vostra persona vi uccideranno colle loro forze militari.»
«Infedeli al Libro ed alla loro stessa parola! Per punirli userò la potente spada che il tuo padrone m’ha messo in mano, menerò grande strage fra quei porci! Di’ al tuo signore che abbandonerò la città e mi rifugerò presso i miei potenti cugini del nord.»
«Proprio pensando a questo gli americani hanno disposto pattuglie sulla A1 [3], sui monti, lungo la valle dell’Arġandāb e perfino nel deserto di Xazar.»
«Non preoccuparti per me, dolce fanciulla, ho cento nascondigli e conosco mille vie per giungere presso la forza amica: anzi, fa’ sapere ad Arvin Sloane il grande che i Kabir, gli Humāyūn ed i Sayyid compiranno sanguinose gesta di gloria contro l’invasore infedele nei prossimi mesi e che molti uomini del popolo paštun seguiranno la loro schiera.»
«Agite presto, potente signore, poiché l’ira dell’americano non s’acquieterà finché non berrà il vostro sangue.»
«Verserò al tuo padrone 40.000.000 $ come pagamento pel suo servigio e come ringraziamento gli dono questo prezioso aġat. Quanto a te quale ricompensa vuoi per avermi salvato la vita, o giovane donna la cui bellezza riflette quella celestiale delle vergini del Paradiso?»
«Perdonate se ricuso la vostra liberale offerta, potente signore, e lo faccio con mio dispiacere, ma dovendo evitare i sospetti dell’americano per mezzo d’occulte vie, un vostro generoso dono mi sarebbe soltanto d’impaccio; vi prego affinché vi soddisfaccia che mi basti avere la vostra riconoscenza ed il vostro favore. Dio sia con voi, guidi la vostra mano e vi dia salute e prosperità.»
«Altrettanto anche a te, o bellissima servitrice d’un uomo valoroso: pregherò nonostante adoriate un dio diverso dal mio [4]… oppure nessuno. Possa tu scansare le insidie della tenebra del nemico, o novella Raziyyat [5].»

Sydney uscì all’esterno del complesso abitativo di Kabir ed aprì il GSM chiamando Kendall. «Sono stata da Kabir, dell’arma non c’è traccia e lui si sta preparando ad abbandonare la città.»
«Starà sicuramente tramando qualcosa. Rientri alla base.» Accidentaccio, adesso avrebbero dovuto inviare una squadra dell’esercito a beccare Kabir rischiando di inimicarsi lui ed i capi paštun locali: Kabir era imparentato con diversi signori della guerra ed era alleato del clan Popal Zai, quello cui apparteneva Hamid Karzai; a combattere un pesce grosso come lui si rischiava di farsi nemica tutta quella gente.
Sydney subito dopo aver chiamato Kendall compose un numero sicuro e fu in linea con Sloane.
«Mi ha creduto. Il governo adesso avrà qualche grattacapo in Afganistan e avrai mani piú libere.»
«T’ha dato l’aġat?»
«Sì.»
«Perfetto, è importantissimo che tu me lo porti appena puoi, ti devo anche parlare.»
«Al Kai Tak va bene? Al solito posto.»
«Sarò lì tra cinque ore.»

CAPITOLO 11: UNA SVOLTA NEL BUIO
HONG KONG
AEROPORTO KAI TAK
Sloane aveva calcolato attentamente tutti gli angoli bui dove le telecamere della sorveglianza non potevano vedere chi ci passasse; Syd e Sloane si ritrovarono in uno di questi, facilmente individuabile per la presenza di una scrostatura sul muro. Lei gli consegnò l’aġat.
«Come mai tanto casino per questo pezzo da museo?»
«Al suo interno c’è il pezzo mancante del manoscritto di Rambaldi.»
«Kabir si sta preparando a fuggire nei monti.»
«Si rimetterà a fare il guerrigliero con Akbar Humāyūn e ‘Isā Xān Sayyid, come ai bei tempi dell’invasione sovietica… darà molto filo da torcere ai nostri, con quell’apparecchiatura che gli ho dato è in grado di abbattere gli aerei della NATO. Passando ad altro, il piano per fare uscire Irina è operativo, le devi dire quando e dove: a Panama, tra tre giorni. Inoltre, devi farmi avere alcuni codici genetici di un’azienda di Stoccarda, la Bruckner Biotech.»
«Non preoccuparti, studierò un piano e ti passerò i dati appena possibile.»

LOS ANGELES
SEDE DELLA CIA
Irina Derėvko stava facendo delle flessioni nella sua cella quando entrò sua figlia.
«Ciao Syd.»
«Ciao mamma. C’era una cosa che ti volevo dire.» Sydney fece una pausa. «In tutto questo tempo che ho passato di nuovo insieme a te, dapprima ti ho odiata, poi ti ho disprezzata, ma alla fine ho iniziato ad accorgermi che tu ed io eravamo simili, nonostante tutto. Ho finalmente deciso di ammettere che sebbene tu sia una traditrice ed un’assassina mentre io lavoro per il mio Paese, sebbene fra me e te ci sia una grata d’acciaio, noi due siamo unite da un filo invisibile ma indissolubile. Non farò piú finta di essere figlia di Laura Bristow ma d’ora in poi sarò tua figlia e basta. Condizionata dai miei doveri di servizio ma pur sempre sangue del tuo sangue.» Fino a questo punto Syd era stata sincera: sì, lei era proprio figlia di Irina Vsevolodovna Derėvko. Lo stava dimostrando ampiamente.
«Sono contenta che tu sia finalmente cresciuta.»
«Volevo dirti questo. Volevo che tu lo sapessi.» Dopo questa frase Irina inizò a capire che Sydney le era venuta a dire anche qualcos’altro. «Notizie di Sloane?»
Infatti. Mentre la madre parlava lentamente Sydney sillabò con la bocca “Panama”. «No.» Sydney si appoggiò con la mano lasciando vedere tre dita aperte a forbice. «…Ma sospettiamo che stia organizzando qualcosa.»
«Arvin sta sempre organizzando qualcosa.»
Sydney la salutò ed uscì dalla zona detenzione. Sua madre tra breve sarebbe stata in libertà! Improvvisamente Syd si accorse che la notizia le faceva piacere, perché avrebbe avuto almeno un membro della sua famiglia col quale poter parlare liberamente, una volta ricongiuntasi a lei anche se Irina s’era rivolta a lei e ad Arvin non per amore filiale ma perché già da subito aveva deciso che si sarebbe consegnata per tradire la CIA scoprendo dove erano custoditi la maggior parte dei manufatti di Rambaldi usando i calcolatori dell’Agenzia. Solo durante un controllo a tappeto alla ricerca della falla nel sistema di Echelon Irina avrebbe potuto avere a sua disposizione del livello di accesso necessario per scoprire la posizione del deposito segreto dell’NSA, accesso che di norma non era concesso nemmeno alla stessa Sydney.

CAPITOLO 12: LA VERITÀ HA BISOGNO DI TEMPO
Sydney era riuscita ad accedere al database della Bruckner Biotech ed a recuperare i files chiestile da Sloane ed a piazzare una bomba dopo aver dato l’allarme. Quando poteva evitare di ammazzare inutilmente, senza scoprirsi, lo faceva sempre: “precisi e puliti” era una regola d’oro che gli aveva insegnato Sloane. A questo punto il problema era passare i dati ad Arvin perché lui, Irina e Sark oramai erano supersorvegliati (di Russek la CIA non sospettava ancora niente) e temeva di esserlo anche lei: dopotutto aveva lavorato con tutti e tre ed era figlia di una di loro. Quando però Emily si fece viva per denunciare il marito Syd decise di rischiare e girò uno degli orecchini datigli da Sloane. Questo avrebbe dovuto metterlo in allarme.

TOSCANA
VILLA DI SLOANE
Avrebbe dovuto. Arvin non ricevette o non capì il segnale d’allarme e la CIA lo trovò nella sua villa in Toscana; fortunatamente c’era anche Irina con un elicottero pronto a partire. Appena gli agenti della CIA e dei NOCS fecero irruzione nella casa Irina, Sloane ed Emily (che intanto aveva deciso di seguire il marito) scapparono attraverso un corridoio sotterraneo mentre Russek con gli scagnozzi del capo teneva impegnati gli attaccanti; Sydney, che sapeva dell’esistenza del passaggio, li raggiunse lì sgattaiolando oltre Anthony che fece finta di non accorgersi di lei e continuò a sparare agli altri agenti. Coperta da Russek e dagli altri sgherri Sydney ebbe appena il tempo di dare il disco coi dati ad Irina mentre lei stava uscendo dalla botola; sua madre lo prese con un cenno di ringraziamento. In quel momento arrivarono anche gli altri (dovevano aver messo Russek fuori combattimento) e Sydney estrasse la pistola sparando un colpo a vuoto ma vicino ad Irina. «È scappata, la t***a!»
E poi Dixon fece la c***ata.
Appostato all’esterno con un fucile di precisione, Dixon vide Sloane ed Emily correre verso un elicottero ed Irina seguirli. Dixon prese la mira verso Sloane, ma quando schiacciò il grilletto un elicottero passò sopra di lui disturbando il tiro e facendolo sbagliare. Emily rimase uccisa e Sloane si gettò riverso sul suo corpo, disperato. Irina prese con sé Sloane, schiacciato dal dolore, e i due fuggirono sull'elicottero dove si trovava Sark.
Syd nascose la sua ira perché Emily era una cara amica e perché in quelle situazioni non si tenta MAI il tiro quando ci sono situazioni di disturbo, soprattutto perché una volta che si è sbagliato il colpo l’occasione per metterne a segno un altro è già scappata. Dixon aveva agito preso dall’ira nei confronti di Sloane ed aveva voluto sparare a tutti i costi. Imbecille. Non si fa cecchinaggio a sangue caldo, è la prima cosa che insegnano al corso per tiratori scelti; per questo errore di autovalutazione e per la sua imprudenza Marcus l’avrebbe pagata.
Anche Russek era morto. Era un male perderlo perché era un agente esperto ma non sarebbe stato impossibile rimpiazzarlo; inoltre, da morto non avrebbe potuto dire niente sul conto di Syd. Per ironia della sorte Anthony moriva con Emily dopo che per tutto quel tempo era riuscito a tenerla nascosta ed a proteggerla nelle Filippine.

CAPITOLO 13: FINE DEL GIOCO
LOS ANGELES
SU UNA LINEA SICURA
«Chi è stato?» La voce di Sloane sembrava il sibilo di un serpente infuriato. A Syd sembrava di poter sentire il suo dolore e la sua rabbia: dall’altra parte, la sua faccia doveva essere tutta una ruga.
«Dixon. Ha sparato lui.»
«Bastardo. D-deve soffrire come un porco sgozzato.»
«Ha fatto domanda di trasferimento, potrei ucciderlo subito ma renditi conto che mi esporrei troppo.»
«Non voglio che tu uccida lui. Sarebbe troppo poco. Devi ammazzargli la moglie.»
«Diane?»
«Sì. Devi farla saltare in aria. Voglio che anche lui non possa vedere il corpo della moglie nella sua bara.»
«Così rischio di uccidere anche i suoi figli.»
«Risparmiane almeno uno, deve vederli diventare orfani.»
«Resta il fatto che quello che dici comporta troppa esposizione da parte mia.»
«Ma da che parte stai? Credevo che Emily ti fosse amica!» Arvin si rese conto di aver esagerato e si calmò subito dopo quello sbotto d’ira. «Trova un capro espiatorio.»
«Per metter su un piano un minimo sicuro ci vorrà un po’, intanto cercherò di convincere Dixon a rimanere per guadagnare tempo.»
«Ottimo. Sei bravissima. Scusami per un momento fa.»
«Non fa niente. Dispiace anche a me per Emily.»
Arvin riattaccò. In effetti Emily era stata per Sydney una figura materna ma lei avrebbe preferito vendicarla uccidendo quell’idiota di Marcus, non rivalendosi su Diane che dopotutto non c’entrava per niente.
Ma anche Emily non c’entrava per niente.
Comunque Syd avrebbe evitato di uccidere Steven o Robin… a meno che non fosse stato impossibile colpire Diane senza di loro, ma sarebbe bastato organizzarsi un po’ per evitare la cosa.

AL RISTORANTE COI DIXON
La serata era trascorsa piacevolmente. Dixon e Diane avevano parlato di come avrebbero continuato la loro vecchia vita e Vaughn aveva detto quanto era rimasto ammirato che avessero scelto passare insieme il resto della loro vita eccetera ed altri messaggi non troppo velati a Sydney che significavano “sposami! Sposami!”… che razza di uomo scontato e così ordinariamente sensibile, buono appena a farsi usare per ottenere informazioni e soddisfare un po’ di esigenze fisiologiche. Un po’ ma non tutte, ma questo era meglio che Michael non lo sapesse.
«Io vado a prendere i bambini! A dopo! Buonanotte!» Diane salì in macchina.
«Buonanotte Diane!» Syd mise la mano in tasca dove c’era il telecomando del detonatore, disinserì la sicura ed aspettò il momento giusto. “Addio.” Disse fra sé e sé tirando fuori la mano dalla tasca con noncuranza.
«‘Notte.» Anche Vaughn la salutò.
«Aah, com’è bello fare tutto apertamente! A domani.»
Dixon entrò macchina ma ne uscì subito, forse si era dimenticato di dire qualcosa.
«Ah, a proposito…» Syd colse l’attimo e schiacciò il comando. Si sentì una grande esplosione, la macchina di Diane saltò in aria con una palla di fuoco.
«Diane!» Dixon non aveva capito immediatamente cosa fosse successo.
Si sentì la voce di un uomo dire di stare indietro e di allontanarsi, poi Syd, Michael e Dixon si avvicinarono alla carcassa della macchina. Vaughn avrebbe voluto portar via Marcus perché non vedesse il cadavere ma Sydney gli disse di lasciare che Dixon sfogasse il suo dolore ustionandosi le mani per cercare di tirare fuori dalle lamiere quel corpo senza vita… e che contemplasse cosa succedeva quando si ammazzavano le persone care al signor Sloane. Poi arrivarono i soccorsi colle sirene accese.

CAPITOLO 14: IL DIRE
A questo punto bisognava trovare un colpevole e Sydney ce l’aveva già pronto.
Will Tippin.
Il buon vecchio Will; il capro espiatorio perfetto. Per far quadrare meglio il cerchio gli aveva attribuito la responsabilità sia della morte di Diane Dixon che della fuga di informazioni che si era verificata nella CIA e che aveva permesso a Sloane di scoprire i Bristow, sfuggire all’Alleanza ed alla CIA e fondare una nuova organizzazione, la Convenzione, che gli aveva permesso di continuare a portare avanti le sue operazioni criminali; già che c’era Syd l’aveva anche incolpato di quella strana fuga di informazioni nella quale lei non c’entrava niente e su cui Yager le aveva chiesto di indagare. Era stato così facile incastrare Will per tutto quello, facendo credere che lavorasse per Sloane dall’autunno del 2002 e far sì che fosse trasferito a Campo Harris avvertendo Kendall all’insaputa di Jack; ovviamente nessuno aveva sospettato di lei, nemmeno lo stesso Will. Ma bisognava farlo sparire, il buon vecchio Will, di modo che non potesse scolparsi: così Sydney aveva ordinato a Sark di farlo rapire di modo da far credere che fosse scappato di proposito e renderlo definitivamente compromesso… peccato che nella confusione Will fosse riuscito a sfuggire sia agli uomini dell’FBI che a quegli imbecilli di Sark, così Syd era dovuta intervenire per sistemare la faccenda (sempre a lei le toccavano… chi fa da sé fa per tre). Come era facile immaginarsi, alla CIA nessuno aveva pensato a lei. In un anno e mezzo, nessuno l’aveva mai sospettata.

MOTEL DI M***A
Sydney aveva contattato segretamente Will, latitante, dicendo che lo riteneva innocente a causa di nuove prove appena emerse e così era riuscita a convincerlo ad affidarsi a lei; in serata era passata a raccattarlo con una Toyota rubata e l’aveva portato in una motel di m***a; allora avevano parlato della sua situazione di fuggitivo, lei aveva tirato fuori quell’assurda storia sul duplicato e Will c’era cascato, poi avevano continuato a parlare e s’era creata una strana situazione… come un’alchimia fra di loro… e i due s’erano ritrovati insieme nel letto. Quando un maschio teme di avere le ore contate tende ad essere particolarmente espansivo con l’altro sesso ed ovviamente Sydney c’era stata senza esitazioni per potere avere completamente a sua disposizione la molto malriposta fiducia di lui.
Adesso che s’era tolta lo sfizio, Syd si alzò dal letto, prese la borsa ed entrò nel bagno del motel. Sarebbe stato piú corretto usare i termini “latrina” e “topaia” ma tant’è…
Will guardava fuori dalla finestra sul desolato paesaggio postindustriale dei dintorni del motel.
«Sai, erano otto anni che lo volevo fare.»
Syd non ne dubitava. «Tornando al discorso di prima, non ha alcun senso, non trovi? Stiamo parlando di tutta la CIA e ancora non sanno chi è il duplicato…
Syd prese il rossetto dalla borsa, ne estrasse il contenuto e aprì un coperchio del suo anello.
Will, nell’altra stanza, si stese sul letto. «Questo dimostra che non sono infallibili...sono anche convinti che io sia un assassino il che oltretutto è vero visto che ho ucciso della gente.»
«Gente che voleva uccidere te!» Ma com’era maledettamente compassionevole… un motivo in piú per non avere rimorsi. Sydney versò alcune gocce dal rossetto in un piccolo ago nell’anello.
«Secondo te questo cambia le cose? Syd! Ho ucciso due persone, ho tolto loro la vita! Sono un assassino!»
La donna richiuse il coperchio dell’anello ed uscì dal bagno con un’aria decisamente seducente, almeno per Will.
«Non dovrei dirlo ad alta voce?»
Lei si stese sul letto e lo baciò. “Il bacio della morte!” pensò ironicamente fra sé e sé.
«Sei bollente!»
Sydney rigirò l’anello e punse Will sul collo.
«Ahi!» Tippin si toccò il collo. «Che è stato?»
«Niente, niente.» Sydney lo accarezzò sulla testa, un gesto materno… un gesto di commiato. Poi si alzò ed iniziò a rivestirsi.
Will iniziò a sentire del caldo, poi iniziò a tossire…
«Syd dove vai?» Will si accorse con orrore che la sua voce era spezzata. Ora non riusciva a respirare, come se una forza terribile gli serrasse i polmoni.
«Mi sento… cosa mi sta… S—»
Non poteva piú parlare, non aveva piú aria, vide che Sydney lo guardava indifferente.
«…Y—»
Tutto ruotava attorno a lui mentre Sydney, la sua migliore amica, la sua assassina, metteva a posto le sue cose.
«…D—»
La bocca del povero Will iniziò a schiumare, poi lo sfortunato ragazzo crollò riverso sul letto cogli occhi sbarrati ed ebbe un paio di convulsioni, quindi rimase immobile.
Era morto.
Syd finì di cancellare le impronte digitali con un fazzoletto ed uscì con circospezione. Fuori era notte: nessuno l’avrebbe vista. Aprì il portello posteriore della macchina e tornò dentro, trascinò il corpo senza vita di Will per la stanza, aprì la porta, controllò ancora una volta che fuori non ci fosse nessuno, si caricò sulle spalle Will e lo scaricò nel baule della Toyota. Chiuse il portello, salì sull’auto e partì. Un’ora dopo la berlina con Will era nel Pacifico.

Mentre Syd guidava il suo Grand Cherokee sulla strada del ritorno si chiese se Will avesse capito di stare per morire e se fosse stata lei ad avvelenarlo. Sydney pensò che non avrebbe mai piú visto Will, il dolce simpatico premuroso Will, l’innocente Will, ucciso senza che sapesse il perchè… niente avrebbe potuto riportarlo in vita ora e Syd si ritrovò a voler mille volte dare la sua vita perché Will fosse sano e salvo, a voler tornare indietro nel tempo e rivelargli tutto farlo scappare no consegnarsi baciarlo ancora perdonami no no NO NO! Cosa aveva fatto? Cosa aveva fatto? COSA CAZZO AVEVA FATTO?
Una lacrima le rigò la guancia. Aveva un attacco di rimorso? Lei?
“Consideriamo i fatti oggettivamente. È possibile riparare a quel che ho fatto? No.” Era inutile vivere col rimorso, non sarebbe servito nemmeno a Will, quindi, inutile tormentarsi. Will era un amico, un caro amico, che per giunta non aveva nulla a che fare con quella storia, ma Syd aveva ucciso molte persone che nella loro vita non avevano fatto nulla di male. Se non avesse assassinato Will avrebbero incolpato lei —eliminarlo era un male necessario. Syd si ritrovò a pensare che era molto meglio che il suo piú caro amico dormisse coi pesci piuttosto che lei fosse rinchiusa in un carcere. Meglio uccidere mille, centomila volte piuttosto che farsi scoprire e pagarne le conseguenze.
“Fregatene degli altri. L’unica persona che conta è sé stessi.”
Che gran figlia di puttana che era. Termine quanto mai azzeccato: Irina Vsevolodovna Derėvko, sua madre, era una emerita puttana oltre che una assassina ed una traditrice.
Ci sarebbero venute settimane per ritrovarla ed intanto l’albergatore si sarebbe dimenticato Sydney, che avrebbe potuto cancellare tutte le prove che scagionavano Tippin. Quando l’FBI o la polizia avrebbero scoperto il cadavere del suo buon vecchio amico tutti avrebbero pensato che Sark si fosse sbarazzato di un peso divenuto troppo ingombrante.
Il giorno dopo Sydney entrò nella base della CIA e si avvicinò a suo padre.
«Dov’eri ieri sera?»
«Ho fatto un giro. Notizie di Will?»
«No. Temiamo possa esser morto.»
Sydney simulò un’aria afflitta, scosse la testa in segno di comprensione ed andò al suo terminale informatico.
“La prossima volta toccherà a te.”

CONTINUA…

NOTE
1- Forse in Italia è piú noto nella grafia Sun Tzu –comunque si tratta dello stesso nome (lett. “maestro Tzu”) scritto in due modi diversi.
2- Per rendere meglio il clima arcaico della discussione Sydney si rivolge a Kabir dandogli del voi. Il colloquio in stile da poema si svolgerebbe in pašto ma l’ho scritto in italiano per poter farvelo capire (e soprattutto perché non so una parola di pašto). Fra l’altro, gli afgani parlano così? Penso di no ma ero troppo desideroso di scrivere un dialogo in stile poetico.
3- Così si chiamava in epoca sovietica la principale strada dell’Afganistan che attraversava Kandahār; adesso non so piú se si chiami così. L’Arġandāb è un fiume che lambisce la città; il Dašt-Mir-Xazar credo si scriva così.
4- Teoricamente mussulmani e cristiani (ed ebrei) adorano lo stesso dio, Yahweh, il dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, ma hanno culti, teologia e libri sacri diversi; in ogni caso Ạhmad Kabir, colto in storia ma ignorante in teologia, non lo sa.
5- Unica sultana di Delhi e che io sappia unico capo di Stato mussulmano donna prima del XX secolo, regnò per tre anni dopo la morte del padre Iltutmiš, avvenuta nel 1236 e viene così descritta da una cronaca di quel tempo: «Era dotata di tutte le buone qualità che dovrebbe avere un sovrano. Ma di che utilità potevano esserle, se il destino non l’aveva fatta nascere uomo?» [Tabaqat-i-Nasari cit. in H. Kulke-D. Rothermund, Storia dell’India]. Fu deposta dai suoi cortigiani ed uccisa dopo che tentò di riprendersi il trono.


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